I medaglioni alchemici di S. Marco
La Basilica di S. Marco nasconde mille segreti, come abbiamo visto legati ai rosacroce, ai massoni, ed anche agli alchimisti.
Si può verificare la traccia di questa relazione nei quattro bassorilievi circolari, chiamati medaglioni alchemici, che ornano la sua facciata rivolta a nord, cioè quella antistante la piazzetta dei leoni.
Vi sono rappresentati nel primo in alto a sinistra un pavone, in quello in basso a sinistra c’è un leone che azzanna un uomo armato di spada, in quello in alto a destra un uomo che cavalca un leone suonando il flauto in una foresta di quercie, nell’ultimo, in basso a destra un uomo che cavalca un animale con due teste, una di cane ed una di ariete.
In alchimia alcuni animali trovano corrispondenza con minerali e con le varie interpretazioni anche con il procedimento della grande opera (la mutazione) che deve portare alla conclusione del procedimento.
Il pavone, o la sua coda, rappresenta una fase in cui appaiono molti colori. La maggior parte degli alchimisti collocano questa fase prima dell’Albedo, la bianchezza. Gerhard Dorn (XVI secolo) ebbe a dire: questo uccello vola durante la notte senza ali. Alla prima rugiada del cielo, dopo un ininterrotto processo di cottura, ascendendo e discendendo prende la forma di corvo, poi di una coda di pavone: le sue piume diventano bianchissime e profumate, e finalmente diviene rosso fuoco, mostrando il suo carattere focoso.
I colori si riferiscono ai tre stadi della Grande Opera, con la Rubedo per la rossezza per ultima.
La fase dei tanti colori era anche simboleggiata dall’arcobaleno, o dalla dea dell’arcobaleno, Iris, la messaggera degli Dei, che in particolare faceva da tramite tra Zeus e i mortali. Nella Grande Opera la coda di pavone può avere due significati. Può essere la raccolta e la totalità di tutti i colori nella luce bianca.
Il secondo significato è che rappresenti il fallimento del processo alchemico. L’alchimista cerca l’unità espressa dalla luce bianca, ma durante la meditazione possono verificarsi sentimenti di esaltazione e osservazioni inusuali. Può accadere che l’oggetto della meditazione cominci ad irradiare meravigliose luci e colori, o si espanda e si contragga ritmicamente.
Nell’antichità il simbolismo del leone ebbe un ampio impiego. Il colore e la fulva criniera lo fecero associare al sole, che con la sua energia dona la vita. Nell’iconografia egiziana il leone veniva ritratto in coppia, con lo sguardo rivolto all’orizzonte.
I filosofi alchemici affidarono all’immagine del leone giovane il simbolo dell’alba, ed al leone vecchio, il tramonto.
Questa distinzione si tradusse nella descrizione alchemica del Leone verde, rosso, che materealizzavano l’uno l’inizio, l’altro la fine dell’opera(cioè la mutazione alchemica).
L’oro era quindi il leone rosso che divora quello verde, ed era in definitiva il percorso che avrebbe dovuto compiere l’alchimista per raggiungere la perfezione attraverso la lavorazione della materia cruda, il fuoco iniziatore, lo zolfo filosofico e finendo con il re dei metalli, la polvere di proiezione: la Pietra filosofale.