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Apr 23, 2012 - Architettura, Arte, Luoghi, Mestieri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Palazzo Vendramom Calergi.jpgFacciata dell'attuale ospedale S. Giovanni e Paolo del Coducci.jpgPalazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgfsansovino.jpgGli edifici più importanti del primo cinquecento sul Canal Grande, come Palazzo Vendramin Calergi di Coducci a S. Marquola, quello Grimani di Sanmicheli a S. Luca, e sopratutto il Corner del Sansovino a S. Maurizio costituirono i nuovi parametri per dare alla città in Palazzo Corner del Sansovino.jpgsenso rinascimentale e barocco.

casinoveneziaesterno.jpgLungo il Canal Grande,  in particolare, si accentua la valorizzazione di elementi scenografici delle facciate, dando alla grande via d’acqua un lussuoso aspetto da parata su cui predomina il richiamo del teatro nella sequenza dei vari prospetti decorati con pitture e con sculture.

Gli “itinerari” di Venezia e del Canal Grande nel settecento sono gli stessi descritti dalla “guida” di Francesco Sansovino nel 1581, ma molti edifici si sono sostituiti nel frattempo: è aumentata la ricerca del decoro , la funzione rappresentativa, l’amore per il fasto, la meraviglia delle decorazioni e quindi l’apparenza spettacolare e celebrativa.

220px-Scamozzi_portrait_by_Veronese.jpg220px-Palladio.jpgAndrea Palladio.jpgIl legame tra Sansovino, Scamozzi e Palladio rimane costantemente presente anche dopo la loro scomparsa.Il Longhena nella basilica della Madonna della Salute manifesta una profonda comprensione della poetica del Palladio e del Sansovino. La Basilica dellsa Salute presenta una soluzione tipicamente veneziana dello stile barocco, tradotto con quella libertà di fantasia che è La Salute del Longhena.jpg250px-Salute01.jpgconnaturale a questa città, prevale in essa infatti laa componente plastico-decorativa, così palese già dalle origini bizantino-lagunari di Venezia, e alla quale la città è rimasta sempre coerente, libera dalla stretta regola degli ordini classici.

Nell’architettura barocca era venuto a mancare lo spazio in una città chiusa e bloccata nei suoi limiti. La Salute era stata commissionata dal Senato nel 1630 a seguito di un voto di tutta la Repubblica alla Vergine per la liberazione dslla peste.

La Basilica, per questo motivo, venne eretta sui resti di un convento-lazzaretto, in un terreno proteso a prora di nave sul bacino di S. Marco, tra il Canale della Giudecca e il Canal Grande , su diversi specchi d’acqua che formano una iridescente corona all’edificio.

Le strette misure consentite dalla vecchia sistemazione urbana tutta intersecata da canali, pretende per quasi ogni edificio la demolizione di un altro più vecchio, e tutto a prezzo di cause legali tra la Magistratura del Proprio ed il nuovo propietario.

La facciata quindi è frutto dei gusti personali del proprietario, di quello dei capimastro, e dal piacere decorativo degli scultori.

ponte dei sospiri.jpgfacciata-chiesa-santa-maria-giglio.JPGpontedeisospiri-300x225.jpgIl Ponte dei Sospiri, tra il palazzo ducale e le prigioni è l’esempio più noto di questa abilità artigiana, con quella libertà compositiva di materia , di struttura, di invenzione suggerita dalla stretta composizione degli spazi.

Il Ponte è costruito in pietra d’istria ai primi del Seicento, ma per la morbidezza del taglio e il gusto decorativo, sembra un soprammobile, creato su suggerimento dei ponti che si costruiscono sulla tolda delle navi, più di quelli che vennero edificato tra le rive dei canali.

Tremignon S. Moisè.jpg1313_scalzi.jpgCome scenografia teatrale ecco la facciata della chiesa di S. Moisè, eretta con il lascito del patrizio Vincenzo Fini da Alessandro Tremignon, molto criticata per un gusto veneziano-barocco, anche troppo ornato e ricco, con quella sua sovrabbondanza di decorazioni.

L’origine di tale pittoricismo si spiega mediante la modellazione tutta veneziana del marmo, molte volte ispirata dall’opera dergli intagliatori in legno più che dalla tecnica propria dei lavori in marmo. Legno e marmo, decorazioni, artigiani sopraffini , ecco le immagini di una Venezia sfaccettata, ricca di decorazioni di stili diversi, ogni angolo di questa città nasconde uno stile diverso, angoli gotici, angoli incantati, canali luminosi, iridescenze….tutta da vedere e da vivere.

Apr 4, 2012 - Arte, Carnevale, libri e fumetti, Mestieri, Musica venexiana, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

220px-Carlo_Goldoni.jpgdell'abate Chiari.jpglibro dell'abate chiari.jpgCarlo Goldoni, il “narratore” della Venezia settecentesca fu molto amato ed apprezzato dal pubblico e da altri artisti famosissimi dell’epoca, come Goethe, ma venne bersagliato da critiche e da polemiche prima da parte dell’abate Chiari, modesto letterato convinto, a torto, del proprio valore, ed in seguito da Carlo Gozzi.

Bisogna considerare che all’epoca bmarcello.jpgil teatro a Venezia era vivo e si collegava in modo determinantre alla vita della Società del tempo: basta pensare al sottotitolo del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello per considerare il gran numero di persone che vi lavoravano “Metodo facile, sicuro per ben comporre, ed eseguire Opere italiane in  musica all’uso moderno, nel quale si danno avvertimenti utili e necessari a Poeti, , Compositori di Musica, musici dell’uno e dell’altro sesso , Impresari, Suonatori, ingegneri, pittori di scene, parti buffe, Sarti, Paggi, Comparse, suggeritori, copisti, protettori e Madri di virtuose, ed altre persone appertenenti al Teatro”.

Tutti questi consigli sono dati in tono ironico all’epoca del libro del 1721 e illuminano una zona della vita veneziana del tempo che trova corrispondenze precise nella vita sociale e artistica un pò comune alla situazione del Teatro italiano del 700.

i rusteghi.jpgla triologia della villeggiatura.jpgLe Baruffe chiozzotte.jpgPer Goldoni la polemica si inasprisce negli anni in cui compie alcuni suoi capolavori come ” I Rusteghi”, ” Le smanie per la villeggiatura”, ” Sior Todaro Brontolon”, ” Le Baruffe Chiozzotte”, dal 1760 al 1762, anni nei quali viene dato un riconoscimento sempre più ampio della sua arte comica.

Carlo Gozzi.jpgIl Conte Carlo Gozzi, uomo legato al passato critica e disprezza le opere di Goldoni perchè nella sua natura di conservatore ritiene , che la struttura sociale in cui viene ambientata l’opera del suo rivale non sia più quella della Repubblica di Venezia, non tanto come riforma teatrale la peculiarità delle opere di Goldoni, qwuanto un preavvertimento della precarietà del mondo che lo circondava, la sofferta sensazione di disgregamento d’un sistema di vita che testimoniava nella seconda metà del settecento i segni del declino della Serenissima.

Il Gozzi, nei suoi lavori letterari, è dotato di ironia e ama il mordente della satira, e mentre può trovare un facile bersaglio nelle modeste opere dell’Abate Chiari, non può criticare così Carlo_Goldoni.jpgCmpiello del Goldoni.jpgapertamente ed aspramente l’arte di Goldoni, che aveva invece resi sempre più corali i nessi compositi delle sue commedie, fino al capolavoro “Le baruffe Chiozzotte”, in una cerchia popolare e borghese.

Il nuovo teatro, secondo Gozzi, aveva tradito le invenzioni di fantasia e quell’anelito di evasione che erano sempre stati ansiosamente ricercate negli spettacoli di creazione Veneziana, specie nell’opera lirica, che di adattavano perfettamente a quella suggestione poetica e favolistica, cercando di ottenere l’illusione teatrale di indirizzo elegiaco ed arcadico.

Carlo Gozzi opere.jpgl'amore delle tre melarance 1.jpgProkopfiev.jpgE’ questa l’espressione precisa dei lavori di Carlo Gozzi: il teatro di fiaba come l’amore delle tre melarance” e “Turandot”porta il pubblico in un mondo ironico, divertente, sul filo della commedia dell’arte, delle maschere, della rappresentazione di un Turandot 1.jpgTurandot.jpgpuccinigiacomo.jpgOriente favoloso e di una comicità che si libera del realismo quotidiano, mentre da Ruzzante a Goldoni le commedie riflettono saldamente la realtà e portano il timbro della voce del popolo.

“Turandot” venne rappresentata a Venezia nel 1762, fu tradotta in tedesco da Sciller e messa in scena al teatro di Weimar da Goethe (che molto ammirava Gozzi) Nel novecento venne musicata da Ferruccio Busoni, ed infine Giacomo Puccini espresse uno dei suoi massimi capolavori.

“L’amore delle tre melarance”, rappresentata nel 1761 al Teatro S. Samuele, venne musicata nel 1921 da Serghey Prokofiev, con un adattamento del libretto fatto dallo stesso musicista.

Goethe.jpgGoethe racconta dettagliatamente del suo incontro con il teatro veneziano, con le opere ed i balletti. L’incontro che il poeta ricorda con più entusiasmo è quello con “Le baruffe chiozzotte” di Goldoni, la sera del 10 ottobre rappresentata al Teatro S. Luca dalla compagnia di Antonio Sacchi: ” Non ho mai assistito, dice Goethe, in vita mia ad un’esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con tanta naturalezza. E’ stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine”.

In seguito a Roma il poeta tedesco ebbe modo di assistere alla rappresentazione della “Locandiera”: ” anche qui la base su cui si regge lo spettacolo è il pubblico; gli spettatori sono a loro volta attori e così la folla si fonde completamente con lo spettacolo”.

l'ultima sera di Carnevale.jpgCarlo  Goldoni 2.jpgPurtroppo, amareggiato dalle polemiche il più amato dei commediografi Veneziani, voce del popolo decise di trasferirsi a Parigi, e lasciò al suo pubblico come congedo la figura allegorica nella sua opera d’addio ” Una delle ultime sere di Carnevale”. ” Anzoletto, disegnatore per ricami chiamato in Russia da suoi clienti, e non è tanto una venatura di nostalgia preventiva, di commozione aperta, quanto la maniera con cui si concreta in una scena festosa e variopinta, in una cena di ultima sera di carnevale, e dunque non in forme patetiche, ma in un rinnovato omaggio alla vitalità sderena di una società attiva e fiduciosa, in una replicata prova della simpatia poetica del Goldoni per il suo mondo più vero” ( W. Binni in Storia della letteratura italiana – il Settecento- Milano 1968).
 

 

La breve luce brillante di Marietta Robusti: la Tintoretta!

0211_autoritratte_int1G.jpg220px-Tintoretto_-_Self-Portrait_as_a_Young_Man.jpgNel novero delle innumerevoli donne notevoli figlie della Serenissima, legate alla politica, alla pittura, alla letteratura, musica e all’arte in genere, lascia la scia quasi di una “cometa” brillante, fulgida ma presto scomparsa, Marietta Robusti, detta ” la Tintoretta”.

Figlia illegittima del famoso Jacopo Robusti (il Tintoretto), nacque a Venezia (la data non è certa, nel 1554 o nel 1560). Il talento pittorico era scritto nei suoi geni, nondimeno assorbì tutto sull’arte del padre, ancora piccolina, quando il Tintoretto, che con la figlia ebbe una rapporto quasi simbiotico di profondo amore e stima, la portò ancora piccolissima nel suo studio, si dice vestita con abiti maschili.

autoritratto della -tintoretta.jpgautoritratto.jpgCrescendo si dedicò ed eccelse anche nella musica e nel canto, esprimendo così un’artisticità poliedrica che la accomunò ad altre artiste veneziane, come ad esempio Rosalba Carriera. Certo Venezia era la fucina dell’arte, l’humus giusto per esaltare le capacità non solo maschili ma anche e forse sopratutto femminili in questo settore.

Crescendo ” la Tintoretta” divenne famosa presso la società veneziana ed i suoi nobili, che consideravano un privilegio farsi ritrarre dalla maestria di questa artista. Sicuramente collaborò il vecchio e il giovane.jpgalla realizzazione di alcuni quadri paterni, visto che Marietta aveva così assorbito la pittura paterna da poter rivaleggiare con lui.

Purtroppo però delle sue opere ci rimane “Il ritratto del giovane e il vecchio”, talmente vicino allo stile paterno  da rivaleggiarne come potenza, stile e profondità. Anche i suoi autoritratti, uno dei quali la ritrae con uno spartito in mano ed una spinetta accanto, (un modo di rappresentare sè stessa e le sue inclinazioni).

La sua arte venne apprezzata anche da corti Straniere come quella di Filippo II di Spagna e di Massimiliano II d’Austria, che la invitarono a lavorare presso quei regni, ma l’attaccamento quasi morboso che la legava al padre la convinse a non allontanarsi da Venezia.

ritratto di donna.pngautoritratto tintoretta.pngSi sposò con un gioielliere, Marco d’Agusta, da cui ebbe un figlio, Giacometto, la cui morte ad appena undici mesi la lasciò distrutta e senza alcuna velleità artistica. Si spense nel 1590, e venne sepolta nella meravigliosa chiesa °Gotica della Madonna dell’Orto, dove, dopo alcuni anni venne tumulato anche il padre, ormai vecchio…rimasti uniti così anche dopo la morte.

Storia struggente di un’artista di rare qualità, di una donna bella, intelligente e ricca di qualità che dovrebbe comunque essere ricordata un pò di più, ad onore delle donne veneziane, di tutte le donne che cercano di capire ed apprendere avidamente quanto di bello fa parte della ritratto della figlia Marietta del Tintoretto.pngTintoretto autoritratto.jpgMadonna dell'orto 1.jpgcultura, della bellezza e delle risorse che appartengono a qualsiasi donna!

 

Mar 22, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La Venezia del Medio Evo: la città del futuro secondo Le Courbusier

La Venezia del Medio Evo: la città del futuro secondo Le Courbusier

debarb.jpgjesolo.jpgLio Maggiore.pngConvento di S. Giorgio in -Alga.jpgLa laguna nell’anno mille , quando Venezia aveva già acquisito l’aspetto di una città stato, con i grandi centri di Rialto e S. Marco, già tracciati, arricchita di numerose chiese e palazzi , mentre nelle isole sorsero i grandi complessi conventuali dei benedettini, appare descritta come un vasto comprensorio agricolo, ricco di vigne ( spesso circoscritte da mura), mulini, pescherie, particolarmente nella zona dell’estuario nord, tra Jesolo e Lio Maggiore.

Estese furono le pinete lungo il litorale , e di queste rimane una traccia tra Jesolo e Cortellazzo: purtroppo una parte venne distrutta nei secoli per ottenere legname necessario per combustibile  e per la costruzione di edifici e di imbarcazioni.

Burchio.jpgAbbazia di S. Ilario a Fusina.jpgIl Brenta era il grande fiume della Laguna, anche dal punto di vista delle comunicazioni tra Venezia e Padova , tanto che si stabilì alle sue foci presso Fusina la grande abbazia di S. Ilario.

Lo stesso canale di S. Secondo tra Cannaregio e S. Giuliano ne costituiva probabilmente un suo ramo, infatti protava il nome di flumen e pure il  Canal Grande appare all’inizio come di origine fluviale.

4921_venezia_canal_grande.jpgCanale dei Marani.jpgInterventi sia fluviali che lagunari vennero posti in essere sin dall’anno 1000, con le costruzioni degli argini, lo scavo di canali e di “scomenzere” ( che uniscono artificialmente bacini separati)  anche se le vie d’acqua lagunari restarono tortuose come i “ghebbi” tra le barene, con il loro caratteristico andamento “vermicellare”.

Al centro di questo ambiente naturale si formò Ghebbi a Venezia.jpgScomenzere.jpgla città compatta nel suo tessuto urbano, con tutte le sue importanti funzioni economiche e sociali, connesse alla produzione di beni e di servizi, alle attività portuali e a qauelle di difesa, che si estesero in tutto il territtorio lagunare.

Quella vasta distesa di acque costituì lo spazio urbano essenziale per la città, ed una difesa naturale contro i nemici: le vere mura di Venezia.

vigne.jpgcarta della laguna di Sabbadino.jpgRiferendosi ai problemi connessi alla difesa idraulica della laguna il grande ingegnere Cristoforo Sabbadino parlò di mura invece che di laguna in un suo sonetto: “Quanto fur grandi le tue mura il sai, Venetia, hor come le s’attrovan vedi: e s’al periglio lor tu non provvedi, deserta e senza mura rimarrai. Li fiuli, l’mar e gl’huomeni tu hai che inimici….

Questa laguna allora appariva come un’enorme campagna, grandi orti e pescherie.

I veneziani infatti inventarono un nuovo tipo di città basato sulle differenziazioni e Venezia dall'alto.jpgtb_venezia%20dall'alto.jpgVENEZIA_INCISIONE.jpgsulle zonizzazioni delle funzioni urbane, separate da vie di traffico e spazi aperti: quella città che Le Courbusier definì la città del futuro.

Le Scuole di Venezia

270px-Scuola_nuova_della_Misericordia_%28fianco%29.jpg270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgA Venezia con il termine Scuola si intendeva sia un’antica istituzione di carattere associativo – corporativo, sia la costruzione stessa che tale corporazione ospitava.

Dall’undicesimo secolo si erano formate delle confraternite laiche che eleggevano un Santo protettore, ed alle quali aderivano cittadini di ceto medio.

Le corporazioni o confraternite dei nobili invece venivano chiamate Scuole Grandi.Nel 1261 la Repubblica istituì due magistrature, che oltre ad altri compiti, avevano anche quello di approvare le Mariegole, ossia gli atti istitutivi delle Scuole stesse.

mariegola in archivio storica.jpgmariegola.jpgA presiederle erano i Guardian Grandi, il Capitolo era l’organo che riuniva i confratelli, la Banca e la Zonta erano organi con incarichi direttivi, ed erano formati da quattordici persone circa.

Scuola Dalmata di SS Giorgio e Trifone.jpgEsistevano quindi le Scuole dei lavoratori stranieri, Albanesi, Dalmati, Schiavoni,Greci ed altri, che fornivano ai loro confratelli aiuti spiriturali e materiali nelle difficoltà.

Scuola Dal.jpgScuola dalmata.jpgLa Scuola Dalmata, per la completezza ed il buono stato di conservazione oltre che per la presenza della  Storia dei Santi Giorgio, Gerolamo e Tritone e due vicende evangeliche dipinte dal Carpaccio, si distingue per bellezza.

Mariegola della Scuola Grande dei Carmini.jpgmariegola -galeone.jpgMariegola della Scuola di S. Michele Arcangelo.jpgle mariegole.jpgMariegola dei bocaleri.jpgLe Scuola formate dagli artigiani, di alcune delle quali abbiamo già parlato,  la Mariegola era una sorta di albo professionale ( ad esempio la Scuola dei calegheri, dei mureri o muratori, dei battiloro (orafi).

Le Scuole Grandi invece si dedicavano per lo più alla devozione di un Santo, o alla Penitenza ( dei Battuti) e, dopo la metà del 400 la differenza di importanza venne sancita dal Consiglio dei Dieci. Le Scuole grandi infatti erano composte da nobili ricchi, ed erano finalizzate alla beneficenza e scritta.jpgall’assistenza, ed il notevole afflusso di denaro rendeva gli edifici ricchi di opere di pittori e scultori importanti come il Tintoretto (Scuola Grande di S. Rocco) Paolo Veronese (Scuola GRande di S. Marco, ora l’attuale ospedale dei SS. Giovanni e Paolo )e Jacopo Palma il Giovane, ed erano arricchite misticamente da reliquie.

Le Scuole dei Battuti ebbero un ruolo fondamentale nel sostenere gli sforzi bellici della Serenissima.

Nel XVI secolo si elencavano sei Grandi Scuole:

270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgScuola Grande id San Giovanni Evangelista.jpgScuola Grande di San Marco.jpgScuolas grande di S. Maria della Carità.jpgScuola Grande di S. Teodoro2.jpgScuola Grande di S. Teodoro, del 1258
Scuola Grande di S. Maria della Carità, del 1260
Scuola Grande di S. Marco del 1261
Scuola Grande di San Rocco.jpgScuola Grande di S. Giovanni Evangelista del 1261
Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia  del 1308
Scuola Grande di S. Rocco del 1478.

Secondo Marin Sanudo il Giovane (1466 – 1536) grande cronista dell’antica Venezia, le Scuole minori, veri laboratori di apprendistato dove si insegnavano i vari mestieri erano 210, altre fonti parlano addirittura di 400.

I regolamenti per la costruzione delle Scuole erano molto precisi, e gli architetti vi si dovevano assolutamente attenere: Il Palazzo doveva avere due grandi stanze, una a piano terra, dove si svolgevano le funzioni, e l’altra al primo piano, dove si riunivano i confratelli, e da questa stanza si poteva accedere attraverso una porticina alla stanza detta dell’Albergo, dove veniva conservata la Mariegola.

Scuola grandde ca.jpgscuola fdei Carmini.jpgScuoa Carmini.jpgCarmini.jpgUn discorso a parte per la Scuola Grande dei Carmini ( Confraternita dei Pizzoccheri dei Carmini) che ebbe vita travagliata per la costruzione dell’edificio, certo non una delle migliori opere del Longhena, del 1594, ma che ebbe il sospirato ricoscimento dal Consiglio dei Dieci nel 1767, anche per merito di uno dei più bei quadri mai dipinti da Tiepolo: la Madonna del Carmelo che consegna lo scapolare al Beato Simone Stock.

Le Schole erano quindi le sedi delle corporazioni, con regole precise, ed erano alla base della vita di questa città Stato fondata sull’opera ed il lavoro degli artigiani, veri artisti, che furono gli artefici della sua bellezza e ricchezza, in armonia con i mercanti che procuravano   merci e materiali pregiati che la resero internazionale ed aperta alle idee di importanti scenziati, artisti ed intellettuali italiani ed europei, in un fervore di idee e conoscenza.

Mar 12, 2012 - Arte, Donne venexiane, Leggende, Mestieri, Società veneziana, tecnologia    Commenti disabilitati su Le meravigliose scie delle barche veneziane: i merletti!

Le meravigliose scie delle barche veneziane: i merletti!

sirena.jpgsirena005.jpgA raccontare la nascita dell’arte del merletto a Venezia vi sono due leggende: una racconta di un pescatore innamoratissimo della sua bella fidanzata che , inoltrandosi in mare aperto verso oriente udì il canto delle sirene: stravolto dall’impeto che provava verso questa musica ammaliatrice si fece forza e resistette: questa sua forza colpì molto la regina di questi esseri marini, che, volendolo premiare per il suo amore così intenso e perseverante decise di fargli un dono: con un colpo di coda sfiorò la chiglia della barca, e la schiuma del mare che si formò divenne un velo nuziale.Il giorno del matrimonio del pescatore e della sua fidanzata tutte le donne ammirarono con meraviglia quel velo leggero come una schiuma del mare, e decisero di cercare di riprodurre tale meraviglia.

fiori di merletto.jpgL’altra leggenda narra di un vogatore che, dovendo partire per la guerra, donò alla sua amata una pianta marina da lui colta, una sorta di fiore che si sviluppava in petali, arabeschi, strano ed irreale, fiabesco!.
In attesa del suo amato la fanciulla passò il tempo realizzando una rete da pesca per il suo bel rematore che, in tempo di pace era pescatore. Al ritorno del suo uomo la fanciulla, le mani tremanti, fece cadere la tela appena finita, e questa si dispiegò facendo vedere il fiore marino da lui donatole.

Si sa comunque, al dilà di queste due romantiche leggende, che l’arte del merletto nacque del 1400, e si espanse quando la dogaressa Dandola Dandolo Malipiero.jpgmerletti.jpgMalipiero fondò una vera e propria scuola: si ebbe così la prima tecnica, denominata “punto in aria” eseguita con ago e filo e che realizzava disegni geometrici, fiori, volatili e ricami.

Da queste scuola ecco che la tecnica le Zitelle a Venezia.jpgchiesa di S. Zaccaria.jpgCosimo III de Medici.jpgvenne realizzata e insegnata anche presso gli ospizi come quello delle Zitelle, alla Giudecca o il Convento di Monache a San Zaccaria che ricevette la visita da Cosimo de Medici, Granduca di Toscana, dove le religiose che li dirigevano davano l’opportunità alle fanciulle più sfortunate di essere alloggiate e nutrite, oltre che ad imparare un mestiere. meerletto ad ago.jpg03_%20ventaglio%20Pellestrina%20sm.jpglamerlettaia1-150x150.jpgNel 1600 nacque anche la tecnica di “punto a rosette”.

Questa preziosa arte venne coltivata poi con maggiore impegno a Burano, a Pellestrina ed anche a Chioggia, e faceva parte della corporazione dei Merciai.

Sicuramente le trine di meerlettaia venezianja.jpgmrerlettaie.jpgmerletto 1.jpgBurano sono tra le più preziose, delicate e fantastiche, anche se col tempo si perse un pò la passione e la voglia di questa forma creativa, ma ora, fortunatamente, sembra che ci sia da parte di alcune donne la curiosità, l’interesse e la voglia di rinnovare dei capolavori, trine delicate, spume di laguna, fiori  preziosi talmente belli e delicati da stupire chiunque li veda: basta andare al museo del merletto di Burano.jpgmerlettaia di Pellestrina.gifmerletto in un abito.jpgmerletto-venezia_large.jpgmerletto3.jpgmerletto veneziano ad ago.jpgmerlettaie veneziane 1.jpgMerletto a Burano e si potranno ammirare capolavori leggeri come nuvole, e come tali, capaci di far sognare!

 

 

Desdemona, il suo palazzo e la casa di Otello!

Palazzo Contarini Fasan.jpgDesdemona_othello.jpgotello.jpgAl grande respiro del bacino di S. Marco davanti alla chiesa della Salute,  , oltre ai meravigliosi palazzi e ponti universalmente conosciuti, si aggiunge  un palazzo alto, riccamente ornato: si tratta del Palazzo Contarini-Fasan ( dalla grande passione del proprietario per la caccia al fagiano).

Questo palazzo è legato alla storia di Desdemona, raccontata da Shakespeare, il quale trasse l’idea dalla novella  “Il moro di Venezia” di G. B. Cinzio, tratta dalla sua raccolta Ecatommiti, nel 1565, un drammaturgo ferrarese morto nel 1573, che si rifece a sua volta alla storia del nobile veneziano Nicola Contarini, in prima linea contro i turchi per salvaguardare le proprietà della Serenissima.

Sembra che fosse scuro di pelle ( i Mori facevano parte della vita di Venezia), ed i matrimoni misti erano frequenti  nella nobiltà veneziana. Ma la storia , rispetto alla tragedia del grande commediografo inglese , finì con la morte del Contarini, che finì assassinato, mentre la bellissima moglie fuggì, prima di questo evento, trovando riparo dalla morbosa gelosia del marito presso la propria famiglia.

Palazzo Civran Grimani.jpgIn campo dei Carmini si trova quindi la casa del geloso “Otello”.

Storia, letteratura, racconti che non si sarebbero potuti scrivere se non ci fosse stata la storia vera di una Serenissima aperta, senza inutili provincialismi, già globale e libera da pregiudizi….la mia amata Venezia.

La splendida isola di Mazzorbo, la campana tra le più antiche d’Europa e le deliziose castraure.-

Mazzorbo.jpgNell’epoca romanica, a parte Torcello  molto conosciuta era una località conosciuta comne ” Majurbum urbs” o ” Maiurbo”un’isola adiacente a Burano, ed ora collegata anche con un ponte, dove gli altinati avevano costruito numerose ville destinate alle vacanze estive.

Il periodo di maggior splendore dell’isola fu dal 1300 al 1400, era la più grande isola del nord laguna . ed un canale la divide in due parti: nel periodo più aureo una parte vennero consacrate delle chiese dedicate a Santo Stefano Protomartire la cui fondazione risaliva al 785 d.c, dato che dimostra Mazzorbo_-_Canale.jpgche Mazzorbo è ancor più antica di Burano, dei Santi Cosma e Damiano e quella di S. Michele Arcangelo.

Campanile antico di Mazzorbo.jpgNel 1500 le ultime due chiese vennero soppresse, mentre quella dedicata a S. Michele Arcangelo venne demolita nel 1800, lasciando soltanto il campanile. Nell’isola vennero edificati anche tre monasteri:  nel 1300 Quello di Santa Maria di Valverde, nel 1630 il monastero e la chiesa dedicati a S. Maria delle Grazie, di cui non rimsne più alcuna trasccia, mentre rimane quello di S. Caterina da Siena: campana antica.jpgchiesa di S. Catyerina e il suo campanile.jpgMonastero di S. Maffio a Mazzorbo.jpgla Chiesa edificata nel 1300 in stile romanico-gotico, e la campana del suo campanile, costruito nel 1318 è tra le più antiche d’Europa.

L’Isola di fronte era suddvisa in due parrocchie: nel 1298 venne costruito il Monastero di S. Matteo, concesso alle monache Cistercensi provenienti dal convento di Costanziaca, trasferite poi nel 1806 alla Celestia; nel 900 venne costruito da una nobile Portale di S. Caterina.jpgpadovana, chiamata Margherita. Nel 1438 vi si trasferirono le benedettine provenienti da Sant’Angelo d’Ammiana.

antiche  ville a Mazzorbo.jpgBuranoMazzorbo3.jpgMazzorbo era quindi un’isola, antica, popolata da agricoltori (famose sono le deliziose castraure) e pescatori, e , come già detto, i nobili del centro di Venezia castraure 1.jpgcastraure.jpgChiesa di S. Caterina a Mazzorbo.jpgcostruirono diverse bellissime ville, per trascorrervi le vacanze. Tutt’ora qualcosa dei vecchi monasteri è rimasto e alcune antiche ville sono ancora da visitare ed ammirare. Una gita nella gita per chi a  Venezia viene o a Venezia vive!

 

 

 

Gen 21, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Misteri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Guariento-ncoVerginegrande.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgNel 1903 gli addetti alla conservazione delle opere artistiche di Palazzo Ducale a Venezia, consapevoli dell’usura a cui era sottoposto l’enorme quadro del “Paradiso”  del Tintoretto, decisero di rimuoverlo per poterlo restaurare; una volta rimossa l’enorme tela ai loro occhi apparve un affresco: un assoluto capolavoro della pittura gotica di Venezia: l’incoronazione della Vergine del Guariento.

Egli era il più noto artista di Padova, pittore di corte dei Carraresi. Nato verso il 1310, già nel 1338 era riconosciuto “maestro”, in un’epoca in cui era ancora vivissimo il ricordo di Giotto, che aveva ultimato in quella città la Cappella degli Scrovegni nel 1306. 

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_01.jpgNel 1351 aveva già dipinto un affresco di “Incoronazione della Vergine” nella chiesa di S. Agostino  a Padova e poco dopo avrebbe decorato la Cappella dei Carraresi, di cui resta una bellissima schiera di Angeli sulla tavola, nella quale, distaccandosi da Giotto, l’artista è ancora più sensibile alla pittura veneziana di antica tradizione bizantina.

L’affresco di Palazzo Ducale è di circa venti metri di larghezza, doveva avere un’incantevole profusione di ornamenti d’oro e d’argento, che culminavano in un’immensa costruzione di figure di Santi, di aureole, di schiere angeliche, di vari colori secondo il grado gerarchico, legate assieme oltre che dagli stalli anche dai grandi cartigli nei quali i profeti, i santi e gli angeli indicavano i motivi di gloria della Vergine, secondo la cultura del tempo, con profusione di lussuosa eleganza nelle vesti, in un’atmosfera di liricità composta e pensosa.

L’affresco era stato nominato anche dal Sansovino ” Il cielo compartito a quadretti d’oro ripieni di stelle”; il Pallucchini commentava: dopo la Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_03.jpgdecorazione musiva di San Marco , è questo il primo gaudioso tentativo di decorare a Venezia una grande superficie, e non più a mosaico, ma ad affresco”.

tintoretto_paradiso1.jpgL’opera venne compiuta dal 1365 al 1368, e ricopriva la parete di fondo della Sala, nella medesima posizione dove fu appunto posto(dopo l’incendio del 1577 che in parte lo danneggiò) il Paradiso del Tintoretto, nel 1590.

Il soggetto del Guariento è lo stesso preso due secoli più tardi dal Tintoretto e rappresenta ” L’incoronazione della Vergine e la corona celeste”. Sotto  il Trono della Vergine vi erano dei versi, ora quasi illeggibili, che Dante Alighieri avrebbe dettato per questo tipo di composizione tanto diffuso nel trecento:

“L’Amor che mosse già l’eterno Padre
Per figlia haver de sua deità trina
Chostei che fu del Suo Figliol poi madre
De l’universo qui fa la Regina”

stampa del Guarienti.jpgI versi richiamano l’inizio del Canto XXXIII del Paradiso del Sommo Poeta, e sono a commento dell’incoronazione della Vergine da parte di Cristo in un alto trono, attorno al quale si trovano gli evangelisti con angeli, musicanti, serafini, cherubini, profeti, apostoli, martiri e santi in una speciale distribuzione di scanni a schiera, secondo gli ordini delle varie gerarchie.

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_07.jpgCiò che si è potuto salvare di tale capolavoro si trova in una stanza adiacente alla Stanza del Maggior Consiglio, e si può ammirare in tutto il suo splendore, enigma ed arte unica a Palazzo Ducale..piccola parte di tutti i tesori artistici che rendono unico questo Palazzo e la città di cui è emblema.

Ruga Giuffa a Venezia: prima sede della comunità Armena.

Ruga Giuffa verso S. Maria Formosa.jpgIngresso a Ruga Giuffa.jpgRuga Giuffa.jpgNella toponomastica dell’antica Venezia il termione Ruga stava ad indicare una calle contornata, nei suoi due lati di transito delle file di botteghe, poste l’una di fronte all’altra e preposte alla vendita di beni commerciali.

Per ordine dello Stato i mercanti non potevano proporre prodotti slealmente concorrenziali, addirittura anche nella presentazione dei prodotti.

La famosa Ruga Giuffa, a Castello, aveva preso questo nome 220px-Julfa_armenischesViertel.jpgANTICA jULFA.jpgda Collegio Armeno.jpginterno del Collegio Ameno.jpgCIMITERO DI jULFA.jpgJulfa, città Armena, e i negozianti erano tutti di quell’etnia, che si propagò e divenne corpo unico della Serenissima anche attraverso la costruzione di un collegio, il più isola di S. Lazzaro.jpgS. Lazzaro.pngmummia di S. Lazzaro degli Armeni con poerline di Turchese.jpggrande di Europa, e un convento, di cui già ho raccontato, nell’isola chiamata S. Lazzaro degli Armeni, in cui è conservata una mummia egizia rivestita di perline di turchese.

san%20lazzaro.jpg

Schiah Abas.jpgCIMITERO DI jULFA.jpgDONNA ARMENA DI jULFA.jpglibro di S. Lazzaro degli Armeni.jpgDa Julfa, collocata nel territtorio di Arasse gli armeni dovettero fuggire dalla loro patria distrutta e saccheggiata da Schiah Abas, re di Persia. Essi trovarono asilo sereno e possibilità di commerciare , per cui denominarono questa calle, che venne loro concessa ” Julfa “.

Nel 1253 il Senato decise di rendere libero tutto il territtoio della Serenissima ai profughi i quali divennero in tutto e per tutto cittadini veneziani con i medesimi obblighi e doveri. Il decreto venne stemma di Marco Ziani.jpgemanato da Patrizio Nobile Marco Ziani, figlio del doge Pietro Ziani.

42%20pietro%20ziani.jpgmoneta di Pietro Ziani.jpgLa Serenissima, evoluta, aperta, accogliente diede l’opportunità a tante etnie diverse di integrarsi nella Repubblica e di arricchire con la loro cultura e con le loro tradizioni una città -Stato appunto multietnica, all’avanguardia..un popolo libero, con regole ben precise, ma senza alcun pregiudizio…..un’eccezione anche per il mondo attuale.

 

 

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