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Feb 23, 2013 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Luoghi, Personaggi, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Jacopo Sansovino, l’impronta di una grande architetto ed artista a Venezia.

Jacopo Sansovino, l’impronta di una grande architetto ed artista a Venezia.

biblioteca marciana 1.jpgbiblioteca marcina 3.pngDurante il Cinquecento a Venezia dominarono tre architetti: Jacopo Sansovino (1486-1570) , Michele Sammicheli (1484-1559) Andrea Palladio(1509-1580). L’opera di Sansovino, insigne scultore ed architetto toscano, sarà la più determinante per l’architettura veneziana del cinquecento, tanto che la su urbanistico della città.

Con la nomina a “proto” di S. Marco, primo architetto, cioè, del governo, egli diviene una personalità politicamente molto in vista, accanto ad un pittore , Tiziano, e ad un letterato come l’Aretino.

Biblioteca Marciana.jpgloggetta del Sansovino.jpgSansovino riuscì a fondere il classicismo romano con l’ambiente e l’atmosfera di Venezia, rendendola aerea, leggera e spesso anche pittorica la potenza strutturale delle sue costruzioni.  Architetto e scultore nato il Sansovino è sensibile anche alla pittura di Venezia, al suo carattere, alla sua classicità, interpretata in una atmosfera del tutto particolare.

loggia derl sansovino.jpgLa scultura risale in superficie nei suoi edifici: dalle sinuosità grafiche della decorazione lombardesca, essa ora acquista un nuovo valore, che è in carattere con la scenografia della città in stretto legame con i grandi pittori del tempo. I suoi capolavori , Libreria, Zecca e Loggetta in Piazza S. Marco sono edifici emblematici della Venezia rinascimentale in stretto rapporto all’ambiente e alle soluzioni spaziali che essi prospettano con l loro inserimento in Piazza S. Marco.

Dal momento in cui opera Sansovino a quello in cui lavorano Coducci e Lombardo sono passati pochi anni, circa una trentina, ma ci troviamo in due epoche differenti divise da una evoluzione politica di grande importanza dopo la lega di Cambrai e la nuova posizione della _Serenissima  di fronte all’Europa.

Sansovino venne a Venezia dalla città natale  del Sanmicheli,Verona dove ha potuto confrontarsi con le opere del grande architetto dell’epoca, la cui classicità è sobria e robusta sul modello dell’architettura militare di cui è maestro come possiamo vedere dalle fortificazioni che si possono ancora ammirare nell’isola di S. Andrea.

dolfin-manin_m.jpgUn altro meraviglioso esempio dell’architettura del Sansovino vi è anche il palazzo Dolfin-Manin.

Le caratteristiche dell’architettura del Sansovino sono esempi lampanti e splendidi di un artista straordinario che diede a Venezia opere splendide, e che dalla Serenissima ottenne grandi riconoscimenti e fama, tutta meritata!

 

Feb 22, 2013 - Arte, Arte e mistero, Misteri, Tradizioni    Commenti disabilitati su inaspettate tracce della clavicola di re Salomone

inaspettate tracce della clavicola di re Salomone

imagesCAD03B75.jpgCi troviamo  nella calle dei Preti o del Pistor, ed  andiamo a cercare un esempio di una traccia precisa legata ai templari, ai rosacroce, alla clavicola di re Salomone.

200px-The_Martyrdom_and_Apotheosis_of_St_Pantalon_-_Gian_Antonio_Fumiani_-_San_Pantalon_-_Venice.jpgPassiamo il campiello dei preti o del pistor, su cui troneggia una meravigliosa vera da pozzo: sappiamo che nella chiesa di S. Pantalon ci aspetta l’immagine straordinaria dello spettacolare dipinto su tela, di grandissime dimensioni, forse il più grande in Italia e nel mondo,eseguito nell’arco di ventitrè anni (1680-1704) dal pittore veneziano Gian Antonio Fumiani che qui fu sepolto nel 1710.

imagesCA1UIRY9.jpgAll’interno di una prospettiva di notevole efficacia si narrano i momenti più salienti della vita e del martirio di San Pantaleone.

imagesCA54CKRR.jpgimagesCA223F0J.jpgimagesCAZVOZLO.jpgMa ora torniamo indietro ed entriamo in Campiello Cà Angaran e troviamo una delle sculture erratiche più affascinanti della città: L’Imperatore bizantino (arte imagesCATCMMZU.jpgimagesCAEA5JA2.jpgcostantinopolitana del XII° secolo).

Nella collezione Dumbarton a Washington ne esiste uno quasi eguale e, secondo gli studiosi, si tratterebbe di Isacco II° Angelo (1185-1193 e 1203 – 1204) o del fratello Alessio (1195-1203).

Altre la datano addirittura al X° secolo e sostengono trattarsi di Leone VI° detto  il Saggio Filosofo.

Alessio.jpgLasciamo quindi questo campiello, ma non con il cuore e l’emozione, in quanto il mistero rimane tale: come sia finito appeso ad un muro questo tondo magnifico che  in qualche modo rientra,  nelle numerose tracce lasciate dai Rosacroce per chi, seguace ed introdotto è ancora alla ricerca dell’arcano che cela il tesoro legato alla clavicola (piccola chiave) di Re Salomone, che non è una vera chiave, ma appunto una serie di simboli e significati per portare l’affiliato alla pietra filosofale: cioè all’opera finita: un percorso umano ed alchemico insieme in questo mondo, nei suoi elementi, nella ricerca del divino…e dell’essenza stessa della vita.

imagesCAZVOZLO.jpgimagesCAE3TNV0.jpgimagesCA8GJP36.jpgimagesCAZ18IO8.jpgE Venezia è una fonte di risorse e di scoperte.

 

Feb 13, 2013 - Arte, Leggende, Misteri, Tradizioni    6 Comments

La sirena Melusina, Orio ed il cuore incastonato nella pietra. San Valentino a Venezia

Barena.jpgSan Valentino a Venezia ha tutto un suo scenario particolare: la città sembra fatta apposta per accogliere e innamorati-235x300.jpgVenezia di sera.jpgscandire i tempi degli innamorati, svela, passeggiando, piccole calli nascoste dove potersi baciare al riparo da occhi indiscreti, accompagnati dallo sciabordio della laguna, dallo sfilare leggero delle gondole, dalla foschia che unisce il paesaggio delle barene, l’acqua che si unisce al cielo in un orizzonte lontano ed unico..e la sera, con l’accensione dei primi lampioni un mondo incantato dove tutto è luce e riflesso.

San Valentino, l’amore e la leggenda tutta Veneziana della dolcissima Melusina e il giovane Orio:

Si racconta che una notte Orio, un pescatore che abitava alla Bragora ( Castello) uscì in mare per svolgere il suo lavoro quando, arrivato alle bocche di Malamocco gettò le sue Malamocco-2.jpgreti; all’improvviso udì una voce femminile implorare aiuto: il giovane si spaventò moltissimo, pensando si trattasse di una strega caduta in mare, ma dalle onde sorsero due mani e poi un viso incantevole di fanciulla: allora il giovane spostò la rete, ed una splendida coda di sirena si mosse, finalmente libera: l’incantevole creatura disse di chiamarsi Melusina.

Sirena[1].jpgI due giovani si innamorarono immediatamente l’uno dell’altra e stabilirono di rivedersi ogni sera, tranne il sabato per volere di Melusina. Passarono le settimane ed Orio si innamorò sempre di più della dolcissima fanciulla fino a quando, sfidando la sua promessa, andò al luogo di incontro un sabato notte; ansioso attese fino a quando vide l’acqua agitarsi e gli apparve una serpe marina..Orio si ritrasse ma il serpente gli parlò con la voce della Sirena, e gli raccontò di essere vittima di un maleficio, per cui ogni sabato veniva trasformata in serpente.

Gli incontri continuarono e finalmente Melusina uscì dall’acqua, e la sua coda si trasformò in due gambe. Poco dopo gli innamorati si sposarono ed ebbero tre figli. La serpente d'acqua.jpgloro vita scorreva felice ed armoniosa fino a quando la dolce sirena si ammalò e morì.

Orio si disperò, ma aveva i tre figli da custodire ed il suo lavoro di pescatore. Ogni notte andava a gettare le sue reti, ed al mattino, al suo ritorno, ritrovava la casa pulita ed i figli accuditi e nel cuore continuava a percepire l’amore della sua Melusina.

Un sabato ritornò prima del solito e vide al centro della cucina una serpe: spaventato prese un’ascia e l’uccise. Passarono i giorni e Orio si accorse che la casa non veniva più accudita, così come i suoi figli, ed allora si accorse con orrore che la serpe non era altri che Melusina, vittima dell’orribile maleficio.

Bragora e cuore di pietra.jpgPer ricordare il grande amore che li aveva uniti e che aveva permesso alla sirena di continuare a rimanere accanto alla sua famiglia Orio, che abitava proprio sopra il sotoportego della Bragora, incastonò sulla sommità dell’arcata all’ingresso un cuore rosso in pietra.

Chiunque può andarlo a vedere e ricordare un amore dolcissimo, magico e sfortunato ma unico e bellissimo.

Buon San Valentino a tutti gli innamorati!!!

Feb 5, 2013 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Lo sfarzo, l’eleganza e la bellezza della Basilica nata dalla laguna: S. Marco a Venezia

Lo sfarzo, l’eleganza e la bellezza della Basilica nata dalla laguna: S. Marco a Venezia

basilica.jpgS. Giorgio a Venezia.jpgL’opulenza e la ricchezza di S. Marco, paragonata alla nitidezza della rinascimentale S. Giorgio del Palladio, si ha l’impressione che la vecchia Basilica sia in posizione opposta : quanto S. Giorgio è nitida, come un purissimo cristallo in tutti gli incastri e gli spazi, tanto S. Marco è invece trasfigurata per la ricchezza delle decorazioni. S. Giorgio non ammette alcuna decorazione se non quella determinata secondo il piano unitario dell’architetto.

S. Marco.jpgcupola_san_marco.jpgS, Marco ne è invece carica, straripante, è divenuta scrigno , un cofanetto orientale, entro cui per una paziente opera di abbellimento la stessa materia è stata sublimata ed ha assunto un altro aspetto.

Da un punto di vista architettonico si arriva a S. Marco fino all’equivoco, con quella strana parvenza di un’opera singolare che esce dalle regole che è propria dei capolavori assoluti.

gerusalemme9.jpg300px-Basilica_de_San_Marco.jpgTra le trasformazioni più ardite c’è stata quella di alzarla un pò alla volta, mano a mano che crescevano gli edifici intorno; prima, (XII secolo) si sono innalzate le cupole , che invece del modello bizantino  hanno preso quello della ” Moschea della Roccia” a Gerusalemme, costruita sui resti dei templi di Salomone; poi venne levata il più possibile la facciata mediante le statue, le cuspidi e le decorazioni gotiche di coronamento dei grandi archi sopra il loggiato.
La decorazione riesce a dilatare lo spazio e a sciogliere il senso plastico delle forze mediante lo splendore dei fondi d’oro , la lucentezza cromatica dei mosaici d’oro, la varietà e la leggerezza delle modanature e delle decorazioni , che non sottolineano ma dissimulano il poderoso aggetto delle volte.

2038-Santi_Apostoli_Exterieur_.jpgLa predilazione che Venezia sente per la pià romana delle chiese costantinopolitane,come quella dei SS Apostoli , ha una ragione palese , in quanto racchiude la tomba d un apostolo a cui si aggiunge la sensibilità cromatica e la riccherzza dgli oggetti che sono adibiti al servizio della chiesa  stessa e concepiti anche nelle parti formali a quella sublimazione della materia , così profondamente espressa nella estetica bizantina,

Al tempo del doge domenico Contarini nel 1071, quando fu ultimata dal doge Vitale Falier, nel 1094, quando fu consacrata, la chiesa si presentava in gran parte in mattone cotto. con cinque grandi archi mella parte inferiore, e interno basilica.jpgInterno_della_basilica_di_san_marco,_venezia.jpgcinque in quella superiore, nella facciata verso la Piazza.

Solo in alcune parti essa ci appare nell’aspetto primitivo, nell’abside, ad esempio, rimasta incastonata tra le pareti del Palazzo Ducale , oppure in alcuni arconi del lato esterno verwso la Scala dei Giganti.
Già a quell’epoca comunque, era già ricca di ornamenti, come alcune colonne e preziosi capitelli fanno parte dell’impianto primitivo dell’edificio, furono costruiti assieme, cioè alle volte e alle impostazioni delle cupole, e non aggiunti posteriormente a scopo di ornamento, come è avvenuto per la gran parte di quelli esistenti.

caorle.jpgS. Ambrogiio a Milano.jpgAlcuni di questi elementi decorativi appartenevano alle prime due chiese primitive alcuni dei quali portati perfino dalla Sicilia, in occasione della guerra di Giustiniano Partecipazio contro i Saraceni. L’aspetto esterno in mattoni poteva far pensare ad altre chiese romaniche coeve, come ad esempio S. Ambrogio a Milano o il Duomo di Caorle.ma il materiale era spesso raccolto in fretta da altri edifici in demolizione, e di S. Marco si pensa che siano stati adoperati mattoni e pietre del convento di S. Ilario, oppure di edifici di Torcello o di Jesolo(dal testamento di Angelo Partecipazio in cui si afferma che le pietre usate furono quelle di S. Ilario, Torcello e Jesolo).

Basilica di S. MJarco a Venezia.jpgL’opera di decorazione di S. Marco si concluderà a grandi linee secono il gusto della tradizione locale quattro secoli dopo, nel coronamento gotico degli archi della facciata, mentre ad un’epoca precedente si possono annoverare le preziose sculture incastonate nelle pareti esterne ed interne della chiesa.

S. Marco, a prima vista, sembra fatta di getto in un momento di felice illuminazione da un architetto-pittore, perchè la prima immagine ci sembra obbedisca alle leggi aeree della fantasia e della musica: S. Marco , nata dall’acqua, conserva unh carattere di roccia marina nel suo interno e la fragile preziosità della conchiglia nell’aspetto esterno.

Basilica_di_S_Marco_spaccato_Basilica_Venezia_Veneto_Italia_I_Ch_VEN_Venezia2.jpgVenezia-SanMarco.jpgEppure San Marco è stata costruite con l’opera lenta e paziente di un popolo che ha lavorato per generazioni intere attorno a questo edificio, con un processo che ricorda quello della natura che rifinisce la forma fino all’ultimo cristallo. meraviglia, bellezza, leggerezza, arte, amore di un popolo che di arte si è nutrita, e continua a nutrirsi, e la morbidezza delle onde, della laguna, la leggerezza delle ali dei suoi colombi e dei gabbiani!

 

 

 

Feb 5, 2013 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Luoghi, musica, Personaggi, Tradizioni    Commenti disabilitati su Venezia dal 1400 al 1500 capitale indiscussa della cultura umanistico-scientifica d’Europa.

Venezia dal 1400 al 1500 capitale indiscussa della cultura umanistico-scientifica d’Europa.

San giovanni Elemosinario.jpgven-ve-smarco1.jpgDal 1454 si avvertì a Venezia la necessità di adeguare a questo Stato, sempre più raffinato e attento alle arti, la preparazione della sua classe dirigente. Su questa graduale conquista di pensiero che si attuò dal quattrocento al cinquecento, si pose la Scuola di retorica presso la Cancelleria di San Marco, nell’orbita quindi dello stesso governo, e la Scuola di Logica,filosofia naturale e le matematiche, con sede nella Chiesa di san Giovanni Elemosinario a Rialto, nel pieno centro quindi dell’attività commerciale di Venezia.

venezia_chiesa_di_santo_stefano_3.jpgve-frari.jpgSS. giovanni e Paolo.jpgDue scuole fondamentali, una con un netto carattere umanistico, l’altra scientifico che Università di Padova.jpgintegravano e preparavano a Venezia gli Studi dell’Università di Padova, giustamente definita ” la Oxford del padova.gifS. Francesco della Vigna.jpgpatriziato Veneziano”, a cui si affiancavano le attività culturali dei più noti conventi, come S. Giovanni e Paolo, I Frari, S. Stefano, S. Francesco della Vigna, S. Michele in isola e S. Giorgio in Alga.

sanmichele.jpgDurante il Medio Evo l’Università san_giorgio_in_alga.jpgdi Padova era diventata uno dei centri più importanti relativi alla cultura araba, e divenne comunque importante per l’apertura di Venezia dell’involucro che la San Giorgio in alga.jpgcollegava a Bisanzio , determinando una problematica più vasta della cosmotologia tolemaica e la metafisica aristotelica, che erano gra parte della filosofia medievale.

Le famiglie aristocratiche che reggevano il governo compresero che la cristallizzazione della cultura entro schemi prestabiliti avrebbe portato alla chiusura della città anche nel campo politico ed economico, nei quali la Repubblica da secoli aveva acquisito una sua precisa autonomia.

A ciò seguì anche il medesimo sviluppo nell’arte figurativa poichè Venezia assunse come proprio lo stile architettonico gotico, ma lo trasformò in forme originali dalla ferma struttura spaziale bizantina.

Alessandro%20Vittoria%20-%20Il%20Doge%20Nicolo%27%20da%20Ponte%20(Venezia,%20Galleria%20del%20Seminario).jpgfrancesco_petrarca.jpgLa venuta di Francesco Petrarca a Venezia ed il suo dono di una grande biblioteca determinò un punto fondamentale della cultura che si sviluppava nel mondo veneto, ed a questo si aggiunse il contatto con la tradizione umanistica toscana. Secondo Bruno Nardi,in base ad una sua relazione nel Corso di Studi tenuto a Venezia nel 1960 ” Umanesimo veneziano e umanesimo europeo”(diretto da Vittore Branca) i grandi maestri delle due scuole di indirizzo umanistico e scientifico furono Paolo della Pergola, insegnante dal 1451 al 1454, Domenico Bragadin ( dal 1453 al 1483) quindi Antonio Corner, Antonio Giustinian, Sebastiano Foscarin e il futuro Doge Nicolò da Ponte.

17-leonardo-da-vinci-autoritratto.jpg270px-Hermolaus_Barbarus.jpgNel 1471 entrò nel Maggior Consiglio un Tetraedro_Pacioli.jpgluca-pacioli%5B1%5D.jpggiovanissimo Ermoalo Barbaro, il più grande umanista veneziano ed appassionatissimo della cultura antica sul piano dell’artge e della scienza. A questi si aggiunse Luca Pacioli, autore del ” De divina proportine”, matematico, geometra ed astronomo, grande amico di Piero della Francesca e di Leonardo da vinci (oltre che Leon Battista Alberti), del quale modellò i disegni dei “poliedri in prospettiva”( da cui si ricavò il famoso numero aureo): tutti geni che si dedicarono alla “secretissima scientia”cultori di filosofia, architettura, scultura, musica ed altre “matematice suavissimae”.

Negli ultimi trent’anni del 1400 vennero curate anche la botanica e la medicina, scienze di cui rimangono a Venezia preziosi testi miniati ed incunabili conservati presso la Biblioteca Marciana.

Cardinale Bessarione.jpgNel 1513, dopo un furioso incendio la Scuola di Rialto si trasferì a San Marco, ed infine, la preziosa donazione del Cardinale biblioteca-marciana-venezia.jpgBessarione da Trebisonda , nel 1468, arricchì ulteriormente la fantastica biblioteca.

Insomma entro il 1500 quasi tutti i testi importanti della Grecia antica che erano stati salvati dal Medio Evo bizantino vennero resi accessibili ai più grandi grecisti europei dell’epoca, per cui Venezia e le sue biblioteche divennero meta incessante di studiosi, uomini di cultura e studenti provenienti da tutti gli Stati d’Europa: Venezia, con le sue grandissime ricchezze culturali ed editoriali fu, in quel periodo, l’astro fulgido della cultura e delle scienze per il resto del mondo!

Gen 30, 2013 - Arte, Mestieri, Musica venexiana, Società veneziana    Commenti disabilitati su Le Compagnie della calza: Teatro, arte e Carnevale a Venezia.

Le Compagnie della calza: Teatro, arte e Carnevale a Venezia.

campiello.jpgLa cultura teatrale del cinquecento e del seicento non poteva prescindere dall’ambiente naturale ed urbanistico della città, fatto di “interni” e di “esterni” che sembrano sorti per il Teatro. Per cui tutto ciò è naturalmente collegato alle arti figurative.

Gli interni ed esterni non obbediscono necessariamente al significato letterale dei termini: si possono considerare “interni” alcuni campielli che raccolgono verso il centro vari punti di vista, dalle angolature delle finestre, dalle case poste tutto intorno, mentre esterni si possono considerare i loggiati di Palazzo Ducale, come se fossero una strada sospesa.

Piazza San Marco.jpgUn interno-esterno ambivalente è Piazza San Marco, definita un “salotto” per i suoi caratteri di intimità ed aperta nello stesso tempo verso il Bacino in uno spazio infinito.
Su questo spazio naturale la scena si compone e si caratterizza immediatamente con l’apparire di un personaggio sul balcone, di un rematore sulla gondola, lo sciamare dei passanti lungo la fondamenta o l’alternarsi sui ponti di una folla varia, colorata, pronta al “gioco delle parti”, spesso partecipe compiaciuta della scena e consapevole di far spettacolo di se stessa.

Ed ecco che i veneziani, consapevoli di questo continuo entrare ed uscire dalla scenografia fantastica di calli, dalle Storie di S. Orsola delle Gallerie dell'Accademia due gentiluomini della Compagnia della Calza.jpgfondamente, campielli e palazzi si riunirono in “Fraglie” (fratellanze, confraternite, termine prettamente massone!), per cui istituirono le ” Compagnie della Calza “, gruppi di giovani bene della Venezia cinquecentesca che si riunivano per recitare e per organizzare feste mascherate ed altro.

Di questo era convinto Carpaccio che aveva dipinto, qualche decennio prima le  scuole minori, perchè le sue storie romanzate sulle vite dei Santi si adattavano più all’ambiente teatrale che a quello delle chiese.

Le sue immagini infatti erano più accostabili a quelle contemporanee  degli amici che recitavano nelle compagnie della calza, che a quelle della chiesa legate all’iconografia liturgica.

Compagnia della Calza 1.jpgLo storico del 700 Anton Maria Zanetti fa un’annotazione sulla Scuola di S. Orsola ( a SS. Giovanni e Paolo) tutta rivestita all’interno di dipinti del Carpaccio che è molto indicativa: Io mi sto in questa cappella ( Sant’Orsola) – egli dice – inosservato alcuna volta, e veggo entrare certe buone persone, che dopo una breve orazione rivolgono gli occhi a queste pitture, restano sospese, il volto e la mente…Mostrano d’intendere ogni rappresentazione, ragionando in suo cuore e non possono nascondere l’interno movimento che provano. Gran forza ha la verità imitata e dipinta con la sola ragione anche senza gli aiuti dell’arte, sul senso d’ogni spettatore.La verità imitata, ed i “teleri” di Carpaccio sono da vedere ( ora sono stati trasferiti alle Gallerie dell’Accademia a Venezia), oltre a tutto in uno stretto parallelo tra costume, azione teatrale e documentazione del tempo.

All’epoca quindi alcuni giovani, per lo più gentiluomini veneziani incominciarono, come detto, ad unirsi allo scopo di creare mmbro di una compagnia dela calza.jpgeventi, feste, rappresentazioni, dando così allegria e vivacità alla città.
Ed a questo scopo, per dare un significato di appartenenza ad ogni “fraglia” si distinsero per l’uso di “pantaloni” di colore diverso il destro dal sinistro, chiamati calze, e coll’insegna della “Compagnia” ricamata in oro, perle e pietre preziose.

Usavano inoltre un mantello di panno d’oro o damasco, con un lungo cappuccio, ed un berretto di stoffa preziosa con la punta ornata da un gioiello, che ricopriva in genere una chioma lunga e folta, a volte legata da un nastro di seta.

A questi si aggiungevano anche le mogli o altre gentildonne, le quali portavano i simboli della Compagnia sopra una delle maniche.

img140.jpgPer formare una Compagnia della Calza  occorreva una licenza del Consiglio dei dieci, quindi i soci compilavano uno statuto, dove, oltre alle altre regole si determinava la durata della compagnia, e venivano eletti un priore, un camerlengo, un segretario, due consiglieri, un cappellano, un nunzio ; a questi si aggiungevano un poeta, un architetto  ed un pittore.

I membri della Compagnia che si sposavano dovevano organizzare due banchetti: uno in casa con musica e momarie (mascherate) , l’altro in casa della sposa dove doveva pagare il notaio, il cappellano ed il messaggio.

Diverse furono le compagnie della Calza dal 1400 al 1562 ( arrivarono ad essere 43). I Pavoni, gli Accesi, i Fedeli, i Concordi, i Floridi, i Reali e i Sempiterni. A questa compagnia furono legati il Ruzante, Pietro Aretino che per loro scrisse la Commedia ” La Talanta”, il Vasari come scenografo, Tiziano ed il Palladio  che per loro costruì un teatro in legno.

immagine di un membro delle compagie della calza.jpgE alla Compagnia della Calza si possono attribuire spettacoli all’aperto, rappresentazioni, caze de toro, e  le momarie, dove ci si vestiva in cazza-ai-tori.jpgmaschera e si svolgevano processioni lungo i canali dove venivano presentati i vizi e le virtù.

un compagno di una compagnia della Calza.jpgmascherate delle compegnie della Calza.jpgteatro delle compagnie della calza.jpgTutto ciò, legato alla musica, all’architettura, alla pittura ed all’arte in genere rese questa città un grande teatro, una grande scenografia che si avvale tutt’ora, per opera di sette famiglie veneziane, di una Compagnia della Calza ( dal 1972) che presta il suo fantastico impegno nell’occasione del Carnevale, e per continuare in una tradizione dell’arte a tutto tondo che è la culla della cultura vera e profonda.

 

Gen 24, 2013 - Arte, Carnevale, Leggende, Luoghi, Misteri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Tra la Gnaga , le Baute e il Matasin: lo straordinario Carnevale di Venezia.

Tra la Gnaga , le Baute e il Matasin: lo straordinario Carnevale di Venezia.

mostra-a-venezia-di-francesco-guardi_122876_big.jpgbauta femminile.jpgbaute-veneziane.jpgIl l 27 dicembre di ogni anno  iniziava ufficialmente il Carnervale nella Serenissima. Le autorità concedevano  così il permesso di utilizzare la maschera….che non poteva essere indossata da persone armate e dalle prostitute.

Nel settecento quindi tutti i mesi invernali erano caratterizzati da feste in cui si pavoneggiavano e danzavano coppie con la bautta, deliziose damigelle con la moretta (o servetta muta, una maschera che lascisava liberi solo gli occhi, seguendo l’ovale del viso)) la classica Furlana o il minuetto, ed altre danze antiche, e queste immagini vennero immortalate dal grande Pietro Longhi e dal Francesco Guardi: “le moretta.jpgla furlana 3.jpgLa Furlana del Longhi.jpgmaschere al ridotto”,” l’ippopotamo,” scene della vita gioiosa nei nobili, ma anche delle persone più umili. Non a caso, incontrandosi per le calli era buona educazione se non un dovere, salutare le persone mascherate con un: ossequi, Siora Maschera, o Servo suo, Siora Maschera. In genere questi scambi avvenivano moretta1.jpgla_furlana.jpgminuettotiepolo.jpgtra persone ricoperte dalla bautta, creata dai maschereri prima con il gesso, poi con cartapesta, a completata dall’uso di un mantello: le bautte erano bianche o nere, e non avevano assolutamente espressione, ricoprendo il volto in modo inquietante…assolutamente imperscrutabile, e per la loro forma e la costruzione, modificavano anche la voce.

ridotto.jpgLonghirinoceronte.jpgbautta nera.jpgbauta1.jpgbaute 6.jpgcodega.jpgcodega1.jpgE’ facile quindi immaginare queste figure così indefinite, coperte dalla testa ai piedi (in genere veniva utilizzato il tricorno come copricapo sopra uno “zendale” , una sorta di sciarpa preziosa, che nel tempo divenne lo scialle per le donne)) aggirarsi per calli e campielli illuminati, si fa per dire, dalla luce dei lumini che rischiaravo gli stretti passaggi ) i” cesendali” che venivano accesi dai parroci di fronte alle immagini sacre, illuminando le rive, le callette strette e completamente immerse nel buio. Le coppie più abbienti si avvalevano dell’opera della codega, il portatore di lanterne che illuminavano il cammino ( da questo il modo di dire :reggere il moccolo). Altre coppie si appartavano nelle gondole, sotto il felze , a scambiarsi effusioni o consumando amori a volte illeciti, come narra Casanova, con monache che vivevano quella condizione come qualcosa di imposto e non sentito, o vivendo tradimenti o amori impossibili.

GNAGA.jpggnaga3.jpggnaga 2.jpgMa la maschera più inquietante ed allusiva era quella della gnaga: camminando sui masegni, attraversando i ponticelli, entrando in un sottoportego si poteva incontrare questo strano essere : un muso da gatto, l’aspetto tozzo di un maschio con vesti femminili che reggeva un cesto carico di micini, che miagolava e sospirava frasi al limite dell’osceno invitando e provocando le bautte che la incrociavano…..espressione di uno dei disagi che venivano provocati nella Serenissima dall’omosessualità, mal sopportata dal Doge e dal maschera del mataccino.jpgmataccino.jpgmondonovo di Pietro Longhi.jpgPatriarca, che comunque a Venezia non veniva perseguita ma nemmeno accettata più di tanto.

Un altro personaggio mascherato poteva apparire e scomparire nel giro di un attimo: il berretto a sonagli a strisce variopinte, il tipico Jolli delle carte: il Matasin o Mataccino! E’, assieme a Pantalon dei Bisognosi, una delle più antiche maschere veneziane.

Francesco-Guardi,-un-invito-al-Museo-Correr001big.jpgBisogna immaginare questa Venezia, questo girovagare di persone che , come attori in uno scenario fiabesco, cercavano  la propria collocazione e avventure, magari di una notte, in una eterogeneità di ceti…li dove la verità, con la semioscurità delle calli, a volte non illuminate dalla luce della luna, o avvolte nella nebbia (caligo) veniva vissuta appieno,,,in un erotismo carnale e forte….la bellezza di una Venezia tenebrosa, misteriosa e straordinaria.

 

 

S. Nicolò dei Mendicoli: anima di un sestiere tra la semplicità esterna e la raffinatezza interna!

dorsoduro a Venezia.gifcampanile-san-nicolo-mendicoli.JPGNell’isola mendigola, facente parte di una delle sette che costituiscono  il sestier de Dorsoduro venne elevata, si dice addirittura prima di quella di S. Giovanni Elemosinario, per poi essere rinnovata nel 1600, la chiesa di S. Nicolò dei Mendicoli.

E’ una chiesa esternamente umile, che ha conservato di originale ancora l’impianto veneto-bizantino del 200, con una semplice facciata, le bifore piccole ed il portico, ricomposto con materiale originale, dove, secondo una tesi si dice  che li sotto si riparassero i mendicanti ed i senza tetto: molto più probabilmente invece il suo nome si rifà all’isola su cui sorge.

chiesa di S. Nicolo 3.jpg2 s. nicolo.jpgchiesa-s-nicolo-dei-mendicoli-6.jpg3 s. nicolo.jpgL’aspetto esterno è quindi povero, semplice, anche se arricchito dal campanile romanico, ma è invece l’interno che lascia senza fiato: il soffitto completamento decorato da dipinti di allievi del Veronese, e l’illustrazionbe della vita di Cristo di Alvise del Friso. Le colonne decorate in oro, e conserva il pastorale vescovile di S. Nicolò., mentre le sue spoglie sono ricoverate presso la chiesa di S. Nicolò chiesa-s-nicolo-dei-mendicoli-4.jpgS. Nicolò interno 1.jpgdel Lido.

ponjte dei pugni 1.jpgponte dei pugni 2.jpgGli abitani dell’isola Mendigola erano i famosi Nicolotti, contadini e soprattutto pescatori, che avevano comunque il privilegio poter eleggere un “Gastaldo del Doge” che era il capo dei pescatori attraverso un’assemblea dei parrocchiani con l’intervento di un rappresentate del dogado.

Questo “piccolo” Doge si presentava vestito con una veste di panno e di raso rosso, paludato con una parrucca ed un berretto da gentiluomo dal Doge il giorno della sua investitura, accompagnato dai suoi sostenitori, e ne riceveva un abbraccio.

ponte dei pugni quadro.jpgponte dei pugni2.jpgImportanti quindi sia per la società, per il loro ruolo, ma anche , fin dal 300, avversari estremi dei Castellani ( gli abitanti del Sestier di Castello) quasi tutti arsenalotti, altra categoria di somma importanza per Venezia, i costruttori delle navi, dei cordami, di tutto ciò che riguardava la formazione della potenza più grande della Serenissima; una categoria molto rilevante per il Dogado, e per questo ritenuta e considerata di molto riguardo: Per risolvere queste divergenze ecco che un ponte senza spallette, come tutti gli altri a Venezia, a S. Barnaba, diventava il “ring” dove risolvere, senza spargimento di sangue queste dispute: la prima, la Mostra vedeva in disputa i due migliori delle due squadre, e per questo ai quattro lati della sommità del ponte vennero infisse delle orme per regolare le posizioni: lo scopo era quello di far cadere l’avversario in acqua e diventare così padrone del ponte.

ponte-pugni.JPGnicolo_mendicoli.jpgLa Frata era invece formata da due fazioni in cui potevano essere anche usate armi da taglio, e la terza, la più diffusa era la Guerra ordinata dove le due squadre davano l’assalto al ponte e a forza di di spinte vinceva chi riusciva a dominare il ponte appunto.

A tale scopo, per evitare ferimenti o danni maggiori, il fondo del canale sotto il ponte veniva fatto pulire ogni anno dal Doge, che lasciava così sbollire i violenti ardori di tali antagonisti.

Un controllo a distanza che la guida illuminata della Serenissima riusciva ad incanalare in una disputa organizzata e regolata, che lasciava infine i vincitori felici e gli sconfitti pronti a ricominciare, la volta successiva, ma che al momento opportuno sapevano unirsi senza remore per sviluppare e rendere sempre più grande questa città stato straordinaria che aveva a cuore l’ordine, la serenità e la salute dei suoi cittadini, poichè questi erano e sono stati i veri artefici di
quella fama e dominio straordinario  che ha portato a tutta Europa ricchezza, novità, cultura e conoscenze innovative.

 

 

 

Dic 22, 2012 - Arte, Chiese    7 Comments

Da Venezia: Auguri di Buon Natale

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Cima da Conegliano . Chiesa ai Carmini: Natività

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Domenico Tintoretto : Adorazione dei Magi, 1587 – Chiesa di S.Trovaso

natività del Tiepoloo a San Marco.jpg

Natività di Giovan Battista Tiepolo –Paolo Veneziano 1333, chiesa di San Trovaso.jpgBasilica di San Marco

Paolo Veneziano ( 1333 circa) chiesa di San Pantalon: Natività

 

 

Girolamo Savoldo, natività 1540 . Chiesa di S. Giobbe Savoldo_Nativita_ok1_38183.jpg

tintoretto.jpg

Jacopo Robusti “Tintoretto”: Natività nella Scuola Grande di San Rocco

Presepe della Chiesa dei Frari Presepio-Chiesa-Frari.JPGPresepe Veneziano.jpg

Presepio Veneziano.jpg

Presepi venezianiNeve a Venezia.jpg       

Natale a VeneziaNatale in Campo S. Stefano a Venezia.jpgNatale a Venezia.jpg                                   

                         TANTI AUGURI SINCERI DI BUON NATALE, E DI UN SERENO NUOVO ANNO, CON TANTO AFFETTO,

                                                                   PIERA

Dic 19, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Luoghi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La quadriga veneziana tra lo splendore dei mosaici di s. Marco.

La quadriga veneziana tra lo splendore dei mosaici di s. Marco.

basilica di s. Marco.jpgquadriga-marciana-venezia-basilica.jpgUn’immagine classica di Venezia è la famosa quadriga di S. Marco, la cui copia sta ora innanzi all’arcone di ingresso di S. Marco (l’originale è conservata all’interno e si può ammirare in tutta la sua bellezza, attorniata dai bagliori d’oro e di smalti dei mosaici che  si possono sfiorare con gli occhi talmente da vicino che sembra di essere immersi in un mondo dorato, luminoso e fantastico.

ippodromo costantinopoli_color+copy.jpgCostantino.jpgI quattro cavalli fanno parte di un bottino di guerra della IV croiciata, come la famosa icona della Nicopeia (cioè vincitrice)incastonata solennemente nell’altare che  porta il suo nome , a sinistra dell’Altare Maggiore. Le quattro statue, ricoperte d’oro stavano sopra l’ingresso dell’ippodromo di Costantinopoli, decorato in modo fastoso e superbo dall’imperatore Costantino, con una serie di opere d’arte provenienti da tutto l’impero romano.

Amche l’imperatore aveva razziato questa scintillante quadriga nel IV secolo da un altro arco di Traiano.jpgisola di Chio.jpgcentro dell’impero . Sulla provenienza le opinioni sono diverse, una che da Corinto sia stata portata a Roma per ornare l’arco di Trionfo di Nerone prima e poi di Traiano. Un’altra tradizione dice che i cavalli siano provenienti dall’isola di Chio, quale opera dello scultore Lisippo, alcuni critici infine ritengono la quadriga del tardo impero.

Da S. Sofia, presso la grande piazza dell’Ippodromo in cui si trovavano i cavalli, a S. Marco, dove li abbiamo inteerno di S. Sofia a Istambul.jpgS. Sofia.jpggiustiniano 1.jpgconosciuti, la distanza, almeno idealmente, non è immensa. La Basilica di S. Sofia dedicata , cioè, alla Divina Sapienza dall’imperatore Giustiniano ha, come si è visto, la sua continuazione più immediata nella Basilica di S. Marco, costruita dai Dogi di Venezia.

Detto questo della storia, sarebbe interessante Gattamelata-Jun04-D1846sAR.jpgosservare la sua funzione estetica ed in particolare quella classica, che questi cavalli ebbero nel cuore di Venezia, quando la città era ancora bizantina , romantica, gotica; prima della lezione rinascimentale cioè di Donatello a Padova, alla metà del quattrocento dove proprio un monumento equestre , il Gattamelata , imponeva con una visione del tutto originale la nuova classicità di Atene e Roma.

Siu faceva questo quesito un giorno anche Roberto Longhi, raffrontanto lo stile della scultura romanica a S. Marco che sta sotto gli zoccoli dei cavalli, quadriga originale.jpgInterno_della_basilica_di_san_marco,_venezia.jpgquello dei mosaici bizantini della chiesa e l’armonica esaltazione derl “reale” imposta dalla famosa quadriga. Si tratta di parametri diversi di vedere la realtà e di trasformare mentalmente in momenti diversi della nostra storia  in un luogo come S. Marco, che aveva entusiasmato lo stesso Petrarca .

Petrarca ritratto_m.jpgIl poeta dalla Loggia, presso i cavalli, aveva assistito il 4 giugno 1364 ad un torneo in Piazza S. Marco : ” io pregato , e questa è spesso della cortesia del Doge”, dice il Petrarca,” gli sedetti sulla destra e stetti due giorni a vedere dove sono quei quattro cavalli di bronzo indorati, opera antica ed illustre”.

 

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