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Gli straordinari numeri di Venezia!

panoramica.jpgVenezia_laguna_vista_satellite-1200.jpgVenezia è stata una grande Repubblica di cui hanno fatto parte tante terre dell’interno del Veneto, della Dalmazia, dell’Istria, ma di per sè è una città piccola per estensione, e frammentata in tante piccole isole: la sua lunghezza da est ed ovest si estende per 4.630 m. e la larghezza, da nord a sud è di 3240 m.. Per cui la sua superfice è di 412,6 Kmq.

dorsoduro a Venezia.gifSestier di S. Croce.jpgS. Polo a Venezia.jpgCittà piccola ma molto complessa: divisa in sei sestieri: Dorsoduro, S.Croce, Cannaregio, S.Polo, Castello e S. Marco , e la numerazione civica inizia e finisce per ogni sestiere, iniziando dal n. 1, e continuando progressivamente, insinuandosi nelle calli, nei campi, nei campielli fino al confine del sestiere: ogni numero è inscritto in una forma ovoidale bianca, circondato da un bordino nero.
5520_venezia_ca_d__oro_cannaregio.jpg5362_venezia_riva_degli_schiavoni_castello.jpgS. Marco.jpgImpossibile, per chi non abbia un punto di riferimento:, il nome di una calle, di un campiello, di un sottoportego, di una fondamenta, conoscendo comunque il sestiere, altrimenti …tutto è perduto..ma si può sempre porre come riferimento un Palazzo famoso, una chiesa, un bacàro od una trattoria, o più semplicemente chiedere aiuto ad un autoctono che, con molta gentilezza, si offrirà addirittura di accompagnarvi all’indirizzo richiesto!

200px-Civico_Venezia.jpgNessuna meraviglia se ogni tanto si vede un numero non corrispondente ad un ingresso: a volte si riferisce ad una finestra o a una porta murata: non si tratta di errori, ma significa che un tempo più o meno lontano li c’erano degli ingressi poi chiusi.

A volte tali numeri sono accompagnati da una lettera, per non modificare la numerazione in corrispondenza di nuove aperture.

Castello arriva al numero 6828, Cannaregio 6419, S. Polo al 3144, Santa Croce, il piùà piccolo dei sestieri al n. 2359, e Dorsoduro 3964, ai quali Schermata-03-2455989-alle-22_56_52.pngnizioleti.jpgbisogna però aggiungere i 971 della Giudecca, , che ha una sua propria numerazione, mentre S, Marco conclude la sua numerazione al 5562.

Ogni numero finale del sestiere viene segnalato come ultimo del sestiere stesso, sempre attraverso un nizioleto. Non a caso, vicino al n: 1  del sestiere di S. Marco, c’è anche l’ultimo, il 5562. Cose da far girare la testa.

Burano ha una numerazione simile a quella di Venezia centro, ma divisa in cinque parti corrispondenti a San Martino destra, San Calle_amor_dei_amici.jpgMartino sinistra, Terranova, Giudecca, e San Mauro, mentre a Murano la numerazione va di calle in calle.

Quindi Venezia è appunto la città delle isole, 416, di cui 24 a Castello, 13 a S. Marco, 7 a S, Polo, 13 a S. Croce, 32 a Cannaregio, 17 a Dorsoduro e 10 alla Giudecca; i ponti che collegano le varie isole e i sestieri sono 416, ed i rii che scorrono tra le isole 176….e nei vari campi svettano 170 Campanili , Toponomastica-Venezia.jpgVENEZIA-PONTE-DELLE-TETTE.jpgquello di S. Marco è alto 100,060 m….
E non dimenticate di osservare i nizioleti, di cui ho già parlato che, nel loro rettangolino bianco raccontano la “Calle dell’amor degli Amici” Ponte della donna onesta”, ” ponte della cortesia” o ” Rio terà degli Assassini”, ed altre innumerevoli indicazioni , e sono un tutt’uno con la storia, i mestieri e la vita dei veneziani che quelle indicazioni, quei numeri civici (da perdere la testa) ce l’hanno nel cuore: città unica, sempre e comunque!

 

Arte ed esoterismo a Venezia: il magico Vittore Carpaccio

quadro di Carpaccio.jpgDi Carpaccio si notano i primi quadri verso il 1490, e i veneziani lo seguono, appassionati, fino al 1525, data della sua morte: sono 35 anni di espressione trasognata, incanto contemplativo, umanesimo del pensiero, ansia di conoscenza ed illuminazione della fantasia del Quattrocento (benchè sia vissuto così a lungo nel nuovo secolo) al potere di astrazione rispetto alle  crisi e di rinnovamento, che ebbe invece il primo cinquecento, ai tempi del Tiziano ( e successivamente del Giorgione).

L’opera di questo pittore apriva alla cultura dell’epoca un’ansia di conoscenza che offre imprevedibili implicazioni Storia di S. Orsola 1.jpgStorie dei S. Orsola.jpgrispetto ai simbolismi da lui usati.

Già dai primi teleri di Sant’Orsola, eseguiti dal 1490 al 1495 si avverte un taglio compositivo, una inquadratura spaziale e prospettica, un gusto inventivo, una verve figurativa aristocratica e popolare allo stesso tempo, per cui si è portati a far spaziare anche al dilà di Venezia la cultura formativa dell’artista.

In questo senso le ipotesi non sono mancate, e tutti i dati che ne conseguono coinfermano che l’artista aveva un’avidità culturare eccezionale, in una Venezia che alla fine del quattrocento si apriva alla cultura, alle scienze, alle arti ed all’universo esoterico che non ha alcun confronto con nessun’altra epoca della sua storia.

Storie di S. Orsola 4.jpgStorie di S. Orsaola 3.jpgEcco allora la predilezione per le leggende medievali e le vite dei santi, racconti aperti ai ricorsi più importanti della fantasia, in cui si avverte una ricerca esoterico spirituale.

Carpaccio sicuramente era a conoscenza della “leggenda aurea” scritta dall’Arcivescovo di Genova  Jacopo da Varagine nel tredicesimo secolo, nella traduzione italiana di Nicolò Manerbi,molto interessante seguire lo svolgersi del racconto letterario: il primo episodio del Leggenda aurea.jpgJaciopo da Varagine.jpgJacopo da Varagine 1.jpgleone , che ferito ad una zampa da una spina si reca al Convento, ove S. Gerolamo Jacopo da Varaginre 2.jpgviveva ritirato, per farsi togliere la spina. Il tema presenta due motivi semplici: la serena tranquillità del Santo , portato a fare il bene degli animali, ed i timore dei frati che fuggono spaventati( S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia).

Tra gli altri animali si riconosco la faraona, il pappagallo, il pavone ( tipico del bestiario rosacrociano) il cervo, la lepre, il capriolo, il castoro e l’antilope: sembrano studiati dal vero, e probabilmente è così: ed anche le piante raffigurate fanno parte di un mondo e di una simbologia tipicamente esoterica, legata alla natura, all’uomo, alla vicinanza, nella santità, dell’uomo a Dio.

S. Agtostino.jpgSan Gerolamo e il Leron.jpgAltro documento importante è il quadro “le visioni di S. Agostino”( telero nella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale a Venezia) e S. Agostino nello Studio (S. Giorgio degli Schiavoni) in cui sembra che il Carpaccio abbia raffigurato con l’immagine del Santo il Cardinale Bessarione, il quale aveva donato alla Scuola del Carpaccio una ambito privilegio riguardante una bolla episcopale, che appare quindi in evidenza dipinta in primo piano. Ma il quadro pù importante del Carpaccio, una lunghezza di tre metri e sessanta, che richiama, proporzionalmente, i cassoni di Paolo Uccello di cinquant’anni prima, come ci suggerisce il Longhi, è ” S. Giorgio colpisce il Drago” a  S. Giorgio degli Schiavoni.

Cardinale Bessarione.jpgSimbolicamente il terreno dove avviene lo scontro  è studiato dal vero con indagine minuziosa, e si tratta di frammenti d’uomo, la giovinetta sembra che respiri ancora, e le  carcasse del cavallo, della pecora, ognuno con i suoi peculiari caratteri, in un orrido che si accresce per la visione dei ramarri, dei rospi, dei corvi, dergli avvoltoi e perfino della biscia d’acqua che ingoia una rana. Anche l’albero è ammorbato dal fiato del drago e proprio dalla sua parte presenta rami secchi, perchè la presenza del drago, dice il racconto, è pestifera.

E questo ed altri quadri che richiamano la natura, la bassezza della bestia, la debolezza dell’uomo nel poter affrontare le cattiverie, ed arrivare al sublime, al massimo, a ciò che tutti i santi che si sono battuti contro i draghi, e che li hanno distrutti, sono riusciti a fare con la forza della fede.

San Giorgio colpisce il Drago.jpgStorie di S. Orsaola 3.jpgStorie di S. Orsola 4.jpgOvunque l’artista, l’arte, e specialmente a Venezia, erano legati all’esoterismo, alla volonta ed alla capacità di andare oltre all’uomo, a trasfigurarsi e a trasfigurare per arrivare al divino, e raggiungendolo, perpetrare il “grande cambiamento” il cammino perfetto per la pietra filosofale.

 

Gli intriganti ingressi della Basilica di San Marco: dall’esterno all’interno un susseguirsi di spirali, simbolo di nascita, evoluzione ed infinito di una strordinaria città che, assieme alla laguna e il mare rimane sempre unica e misteriosa!

300px-Basilica_de_San_Marco.jpgGli intriganti ingressi della Basilica di San Marco sono legati alla struttura stessa della costruzione: innanzi tutto non esiste una vera e propria facciata, poichè non presenta una fronte che abbia una prevalenza sulle altre: a guardar bene non esiste una vera facciata intesa come  piano riconoscibile e delimitato. Le varie fronti sono un complesso di piani e di volumi , più o meno avanzati, snodati dalle nicchie e dagli sguanci a ripetizione.

Il corpo della chiesa è immerso ed avanza negli spazi della Piazza. della Piazzetta dei Leoncini, e  della piazzetta, gli ingressi della chiesa non Porta deri fiori su  Piazzetta dei leoncini.jpgPiazzetta S. Marco.jpgpiazza-san-marco.jpgrisultano simmetrici, esiste infatti una varietà di accessi davvero insolita, con una distribuzione assimetrica rispetto all’asse della chiesa.

Questi due fatti, assai significativi, l’assenza di un fronte principale e la varietà degli accessi, sono tra loro indipendenti e sono una caratteristica di questa architettura.

Cappella Zen.jpgNel 1504-21 per costruire la Cappella Zen,è stato ostruito l’ingresso nell’atrio direttamente dalla Piazzetta : l’ingresso dalla Piazzetta era infatti uno dei più importanti, se non il più importante: era l’ingresso dall’acqua che per tradizione a Venezia è quello principale.

Per necessità liturgiche l’asse della chiesa  risulta orientato est-ovest, ma l’arrivo dell’acqua è a sud: in tal modo la fronte verso la Piazza perde di colpo la sua importanza, e il cosidetto fianco verso il molo diventa  la fronte porta della cappella Zen.jpgprincipale e più decorata.

L’attuale cappella Zen non è coperta a cupola, ma da volta di botte, e diventa quasi un un portico, più profondo di quelli verso la piazza, diventando come una grande bocca spalancata verso la laguna.Sembra quindi che le due entrate principali alla -Basilica dovevano essere quella dalla piazzetta (cappella Zen) e quella dalla piazza (porta di S. Alipio): due percorsi porta de mar.jpgportaledi S. Alipio.jpgporta_sant_alipio_mosaico.jpgscentrati o tangenziali, con andamento a “turbina”.

Da un’antica stampa di Giac. Franco (XVII secolo) si può osservare che il baldacchino fissato per una delle tante processioni rientra in chiesa proprio per la porta di S. Alipio e non per la porta centrale.

E’ evidente che gli altri ingressi fossero si importanti, ma per la gente che arrivava alla spicciolata, così pure la porta dei fiori sul lato nord, che sembra però essere ricavata in un periodo posteriore alla costruzione dell’atrio.

venezia_san_marco_basilica_pianta_02.gifPorta del frumento.jpgGli ingressi quindi dalla Piazzetta e di S. Alipio erano destinati alle processioni: solo a queste infatti corrisponde all’interno tutto un lungo spazio di un intero braccio dell’atrio; è questo spazio che è per di più cadenzato dallo snodarsi delle campate coperte alternativamente a volta e a cupola e affiancate dalle nicchie. <un ritmo continuo, : ogni braccio è quasi una piccola chiesa basilicale.

Un ingresso alla chiesa più riservato era quello interno al Palazzo ducale: esso è collocato al piano terra, all’inizio del portico dell’ala dei Pregadi, di fianco alla scala dei giganti.

Nel cortile di Palazzo Ducale, in linea con la Porta del Scala dei giganti a Venezia.jpgArco Foscari.jpgArco Foscari 1.jpgfrumento  sul molo, esiste tutt’ora il tracciato di una corsia, affiancata dai fori dei montanti di un lungo baldacchino o padiglione…il prolungamento di questo tracciato passa ai piedi della scala dei Giganti, sfiora l’Arco Foscari, che prima della decorazione gotica doveva lasciare più spazio libero verso il cortiletto, e conduce ai gradini rotondi della porta della chiesa.

L’allineamento non era certamente casuale, ma era il segno di un percorso ben definito legato al rituale che accomunava il Palazzo alla Chiesa.

palazzo_ducale_001_arco_foscari.jpgProcessione di Giacomo Franco.jpgDalla stessa stampa del Franco si può notare che il baldacchino per la processione esce appunto dalla porta del Frumento del Palazzo °Ducale, E’ da supporre quindi che la porta nel cortiletto dei Senatori servisse per l’uscita della processioni della chiesa.

Un altro ingresso laterale, più importante anche se meno appariscente, risulta al centro dell’Arco Foscari, in corrispondenza dell’arco sotto all’orologio nel cortile, ed è Cappella di S. Isidoro in mappa.gifCaoppelklka di S. Isidoro.jpgCappella di S. Isidoro 1.jpgtagliato sul muro tra il tesoro e gli altri piccoli ambienti ad est. Questo passaggio risulta perfettamente in asse con il transetto, sotto il rosone, di fronte alla Cappella di S. Isidoro: immette quindi in uno spazio simile a quello della porta centrale dalla Piazza.

E’ evidente  che esiste quindi una corrispondenza tra i vari percorsi esterni della Basilica, visti in relazione ai vari ingressi, che avvolgono la chiesa e vi convergono con un andamento  a Colonne di Marco e Todaro.jpgPilastri acritani.jpgpili portastendardi a  S. Marco.jpgspirale ( la spirale, un simbolo dell’infinito, ma anche della crescita e dell’espansione, ed elemento comune e unico a Venezia, come ad esempio l’anagrafica di porta dei fiori.jpgquesta straordinaria città!)e sono accompagnati da elementi spaziali come le due colonne del molo ( Marco e Todaro) che accompagnano il percorso dal Ponte della Paglia alla Piazzetta, l’edicola sporgente al lato sud della Basilica, verso il molo, che accomnpagna e indica il percorso verso l’ingresso d’acqua (il più solenne ed importante) , e verso l’atrio (la cappella Zen); i due pilastri acritani , allineati con l’antica torre del tesoro, che indicano un percorso da o per la Porta della Carta; i tre pili portastendardi sulla Piazza davanti alla chiesa, che definiscono uno spazio altrimenti troppo vasto fino in fondo alla Piazza e che suggeriscono un percorso tangenziale alla facciata.

Tali elementi sono riscontrabili anche nelle logge e nelle gallerie sovrastanti: queste si sviluppano solo su lato ovest, sulla Piazza, o sul lato nord; sul lato sud, verso il molo , la loggia ha solo un piccolo risvolto di una campata; questo lascia supporre battistero.gifBattistero della Basilica di S. Marco.jpgBattistero.jpg(come dice >Il Cattaneo) che il Battistero sia sempre stato fin dall’origine dove è ora: luogo quindi di origine della Basilica, da dove essa si è espansa a spirale, con le sue nicchie, le sue asimmetrie, i suoi ingressi strani la sua meravigliosa originalità di chiesa ibrida….tra il bizantino più estremo e la sua interfaccia di una città che aveva come referente unico e principale il mare…a cui era dedicato tutto: le lampade della giustizia, gli ingressi delle chiese, i progetti del futuro, l’orgoglio e il dominio commerciale, culturare e militare, ma sopratutto la libertà di pensiero e l’immenso amore per l’equilibrio così delicato e meraviglioso con la sua laguna, fragile, misteriosa, calma a volte, a volte aggressiva…ma parte indissolubile della natura di Venezia e dei Veneziani.

 

 

 

 

Mag 8, 2012 - Architettura, Arte, Chiese, Luoghi    3 Comments

Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello: tra simboli alchemici e Giudizio Universale

Panoramica Torcello.jpgTorcello, colonia romana e primo insediamento veneziano può vantare una delle più straordinarie chiese che si conoscano, quella dedicata a Santa Maria Assunta.

Primo tempio di riferimento bizantino, che in qualche modo trova dei punti in comune con quella di S. Apollinare nuovo di Ravenna: ” La coincidenza felice per Venezia, dice Sergio Bettini, è che si trattava di un gusto più di ogni altro adatto ad una città sorgente dalle acque: e acquorea  è infatti nell’arte tardoromana e paleocristiana, con loggiati, peristili, pannelli marmorei, i mosaici alle pareti e l’opera tassellata del pavimento che reca un carattere marino nella trasparenza traslucida e come lavata”.

800px-Torcello_Basilica_di_S__Maria_Assunta.jpgE, proprio similmente alla chiesa di Ravenna, la sua pianta è basilicale: abside centrale maggiore e absidi laterali minori corrispondenti alle tre navate di cui si compone la chiesa.

Essa, anche nelle parti aggiunte nel IX ed XI secolo porta tracce di tre momenti dell’architettura veneto-esarcale, che in gran parte precedono la Basilica di San Marco, la vera grande costruzione bizantina a Venezia.

L’interno di Santa Maria Assunta è molto semplice: nove colonne di marmo greco, sormontate da bellissimi capitelli veneto bizantini dividono le tre navate, di cui la centrale, così alta rispetto alle laterali, da l’immagine di una nave. A compattare la struttura vi sono dei tiranti, travature longitudinali e trasversali particolarmente 120px-CattedraleTorcello.jpgtiranti.jpgnecessarie per un edificio che poggia su un terreno lagunare.

Importante è l’iconostasi racchiusa da sei colonne e da un largo architrave in cui sono incastonati dei dipinti fondo oro con immagini della Madonna e degli Apostoli, eseguiti da artisti di Murano alla metà del Quattrocento.

Accanto all’iconostasi uno straordinario pulpito costruito con antichissimi marmi lavorati in diverse epoche ed adattati gli  uni agli altri, la qual cosa pone un interessantissimo problema archeologico per poter definire tali epoche.

Il motivo principale della Chiesa è la Madonna: la sua immagine è al centro dell’edificio, Madonna.jpgaltissima ed azzurra in un cielo d’oro creato dalla conca dell’abside sotto cui sono posti gli Apostoli.

Importanti e altamente simbolici i quattro plutei di origine bizantina, risalenti all’XI secolo che racchiudono appunto il presbiterio, di cui due di particolare interesse: quello con due pavoni che si abbeverano ad una fonte, simboli cristiani di grazia, ma che hanno anche un corrispondente alchemico: “distruttori di serpenti” ed i colori cangianti delle code avevano il doppio significato di tramutare il veleno in sostanza solare, e gli “occhi”  erano simbolo dell’onniscenza di Dio.
Vi era inoltre un riferimento all’ “albedo” (  da bianco, che è la somma di tutti i colori), segno visibile nel “processo alchemico” di un’altra tappa della “grande opera”: le sostanze vili che vengono trasformate in sostanze superiori. Un pluteo Iconostasi e Plutei.jpgmolto simile ( dell’inizio dell’VIII secolo)  è conservato al Museo Malaspina di Pavia, dopo essere stato asportato dall’oratorio di San Michele alla Pusterla.

Il secondo pluteo, particolarmente interessante è quello che raffigura due leoni, uno a destra e l’altro a sinistra di una pianta, che si fronteggiano: i Leoni simboleggiano la luce, la regalità, la conoscenza la forza ed il coraggio.
Dal punto di vista esoterico essi erano posti dagli antichi egizi a guardia della nave del faraone defunto, ed in base al “fisiologus” (testo gnostico del II° secolo d. C) vennero loro attribuite tre nature:

La prima: egli cancella le proprie impronte quando è sulla montagna e sente l’odore dei cacciatori, la seconda: Quando dorme i suoi occhi vegliano, ed infine la terza: la leonessa partorisce i piccoli morti, ma il terzo giorno il maschio li resuscita con il proprio respiro.

Giudizio universale a Santa Maria Assunta a Torcello.jpg28-08%20Giudizio%20duomo%20di%20Torcello.jpgImportante ed imperdibile è infine il mosaico del Giudizio Universale, sulla parete d’ingresso della chiesa; esso fu fatto e rielaborato dal XII al XIII secolo: il dramma inizia dalla crocefissione tra la Madonna e S. Giovanni, poi Cristo risorto scende al Limbo, spezza le antiche catene e libera le anime di coloro che l’attendevano, poi Cristo siede tra la Madonna , S. Giovanni ed i Santi per giudicare. Il giudizio si svolge nelle zone inferiori; gli Angeli richiamano i morti dalla terra e dal mare, ed aviene quindi la separazione tra i dannati ed i beati.

E’ un’immensa pagina apocalittica per la lettura immediata per tutti i credenti. Chiara è qui l’analogia, specie nella suddivisione delle pene, con la Divina Commedia di Dante, che venne scritta però circa  un secolo dopo: in sette comparti stanno i condannati per i sette vizi capitali, che corrispondo ai gironi della Commedia, con le pene stabilite  per la legge del contrappasso, per primi infatti appaiono i lussuriosi avvolti nelle fiamme che si agitano ai venti della passione.

Basilica Torcello.jpgUn luogo silenzioso, luminoso, splendente e sorprendente, da visitare con calma, da gustare nella pace e nella tranquillità dell’Isola di Torcello da cui prese vita Venezia, città che continuò a mantenere le sue promesse di arte, di insolente bellezza ed unicità, adagiata  sulla sua laguna , delizioso incontro tra occidente ed oriente!

 

 

Massoni e la Basilica di S. Marco a Venezia

imagesCAL51VDN.jpgAvevamo parlato dei taiapiera veneziani, della loro corporazione legata prima ai templari e poi alla Massoneria.

E proprio i muratori, i costruttori (come i tagliapietra) lasciarono una loro evidente traccia sulla facciata della Basilica di S. Marco.

Ma come i tagliapietra si sono riuniti in confraternita, divisa poi in gradi, così come i regolamenti massoni (cioè i grandi muratori) sappiamo che i loro santi protettori erano i quattro coronati, cioè liberi muratori che si erano rifiutati di scolpire statue di divinità pagane per l’imperatore Diocleziano. I loro nomi erano Claudio, Nicostrato, Sinfroniano e Simplicio. e per il rifiuto vennero martirizzati.

Essi vennero rappresentati nell’arca di S. Agostino da Pavia, eretta intorno al 1370 da fratelli Comacini (Bonino, Matteo e Zeno).

imagesCA2RZ64L.jpgNell’introduzione del regolamento dell’ordine dei tagliapietra tedeschi si legge: IN nome del Padre, del figliolo, dello Spirito Santo, della Gloriosa Vergine Maria ed anche dei quattro tagliatori giustiziati sotto Diocleziano.

Vi è comunque un’altra versione, la più accreditata dai Massoni, che riguarda i quatuor coronati, e che comunque è una sovrapposizione di due leggende:

Quattro fratelli Severus, Severinus, Cerfophorus e Victorius era soldati agli ordini di Diocleziano, ma all’ordine dell’Imperatore di adorare gli idoli pagani si rifiutarono per cui vennero uccisi e i loro corpi dati in pasto ai cani.

Ma le spoglie rimasero intatte, per cui la gente pietosa li raccolse e li seppellì nelle tombe di Claudius, Nicostratus, 4.jpgimagesCAL6F9FY.jpgSinphronius, Castorius e Simplicius, scalpellini messi a morte dall’imperatore qualche tempo prima per essersi rifiutati di scolpire statue pagane.

Da questa sovrapposizione ecco l’immagine dei quatuor coronati con gli attrezzi tipici dei muratori. Nel “Poema Regius dell’Ars Massonica” (1390) vi è l’aggancio con l’arte massonica classica : ” affinchè possiamo apprendere bene questi articoli e questi punti tutti insieme, come fecero questi quattro Santi martiri che diedero grande onore a questa arte, che furono così buoni massoni come non ce ne saranno nella terra.

imagesCAXEI8UT.jpgimagesCAHCODRC.jpgimagesCALQEUOI.jpgIl più antico documento massonico è chiamato regio perchè si trovava alla Royal Librery, poi venne trasferito al British imagesCA5U6B5V.jpgMuseum.

Il regolamento comacino formò quindi il quadro di ciò che fu poi la corporazione.

I comacini, maestri ed allievi, avevano necessità per l’autodifesa in un ambiente estraneo e parzialmente avverso, di una unione che sopravvivesse, ad un ordinamento prettamente artigianale, con un legame personale e partecipativo.

Benedetto Antelami, uno degli allievi dei maestri comacini venne a Venezia, contattando così i tagliapietra veneziani i quali si riunirono appunto in confraternita, recependo ed accettando le regole massoniche, sotto l’egida  dei quattro coronati. Rimangono inoltre tracce documentate della presenza a Venezia, verso la metà del 14° secolo, degli architetti Pietro Baseggio e Enrico Tajapiera che sembra abbiano collaborato alla costruzione di palazzo Ducale.

imagesCATCHTWG.jpgUno dei simboli più importanti di questa appartenenza alla Massoneria era rappresentata, oltre che da altri simboli, anche da dei nodi di Salomone raffigurati, disegnati, incisi, su mosaici, o su colonne: il significato di questi nodi è sia il legame di fratellanza e di unione, tipico dell’iconografia massonica che il concetto della Santissima Trinità, e sulle colonne rappresentano un legame che va dalla terra al cielo.

Colonne_annodate_2_small.jpgColonne_annodate5.jpgColonne_annodate3.jpgColonne_annodate_Venezia.jpgSulla facciata della Basilica di S. Marco vi sono quattro colonne legate da nodi, inframmezzate da finestrelle graziosasmente ornate, e sopra ogni nodo appare il simbolo degli evangelisti, da sinistra a destra il Bue, simbolo di Luca, il Leone, Marco, l’Aquila, Giovanni (il santo più venerato dai Massoni) e l’uomo Alato per Matteo.

Non solo, ma anche una parte della balaustra, sempre al piano superiore, è ornata da colonne “annodate”.

imagesCA624KVK.jpgcolonna_annodata_Verona.jpgDiverse colonne col nodo si trovano in altre città italiane, come a S. Zeno, a Verona, costruite in marmo rosso, a MIlano ecc.

 

 

 

Apr 30, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Chiese, Leggende, Luoghi, Misteri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Torcello e le : parecchie Venezie!

Torcello e le : parecchie Venezie!

Torce3llo3.jpgS. Maria Assdunta 1.jpgLa zona lagunare veneziana all’epoca di Eraclio (circa 600 d.c) imperatore di Costantinopoli, era un angolo di territtorio bizantino, che faceva parte della provincia di Venezia a capo della quale (sulla base di varie testimonianze storiche) c’era un “magister militum” (governatore), alle dirette dipendenze dell’Esarca di Ravenna.

La Chiesa di S. Maria Assunta di torcello fu costruita per ordine dell’esarca Isaac, e a lui dedicata per “volere di Dio”, a ricordo dei suoi meriti e a quelli del suo esercito.

Torcello.jpgparco-sile.jpgL’opera venne compiuta dal magister militum Maurizio, governatore appunto della provincia di Venezia, mentre risiedeva in quel luogo di sua proprietà! Torcello fu una vera città, nobile e ricca di monumenti, un’altra Venezia che noi non conosciamo ; poi fu abbandonata perchè il corso del fiume Sile, non ancora regolato definitivamente nel suo letto, aveva reso insalubre ed inabitabile il luogo.

La città, abbandonata, divenne una cava di pietre e di frammenti preziosi per la vicina Venezia nascente, che sempre più si ingrandiva e più necessitava di pietre provenienti da qualsiasi luogo. Le maree portarono via altra terra e l’isola di Torcello rimase nelle dimensioni attuali, con poche case, un piccolo prezioso palazzo del Consiglio, un altro per la Podestà e l’antica cattedrale anteriore alla Basilica di S. Marco.

280px-Venezia_-_Torcello_01.jpgtorcello2.jpgAccanto ad essa una chiesa dedicata a S. Fosca, martire di Ravenna, contemporanea a S. Marco, che trasse l’ispirazione dallo stesso ceppo bizantino.

Vista dall’alto l’isola di torcello è al centro del grande arco segnato dal bordo dell’acqua della laguna sul litorale della terraferma, a poca distanza dalle dighe ove la laguna si incontra con il mare e nella costellazione delle varie isole che fanno corona a Venezia.

Chiesa nave.jpgAttorno alle due vecchie chiese, miracolosamente rimaste intatte, una di quattordici e l’altra di nove secoli tutto venne distrutto: è rimasta qualche semplice casa , avvolta nella lucentezza ferma ed estatica della luce.

L’opera dell’uomo appare immensa come in pochi luoghi della terra nel respiro largo e solenne della natura. La si avverte ovunque, nel salmastro del vento che giunge dalle maree che lambiscono la poca terra dell’isola, nelle piante che si nutrono vicino all’acqua, nella commovente fragilità delle cose umane a paragone dell’esaltazione che ne da il cielo, al suo continuo tramutarsi nello specchio dell’acqua nelle varie ore del giorno.

Per comprendere l’essenza di Venezia bisogna prima comprendere questa originaria struttura, come la videro i primi abitanti che dovettero rassodare con le mani la terra per costruire le proprie case, dopo aver abbandonato le antiche e fiorenti città romane della costa verso zone più protette dalla natura e più vicine al traffico marinaro che legava con un nuovo vincolo più attuale rispetto a quello dell’epoca romana, le città dell’alto adriatico.

Maurice Barrès.jpgSi formò così la nuova civiltà degli abitanti di Venezia: popolazioni che rinnegavano la terraferma scegliendo le nuove avventure sul mare. l’Occidente , considerato come terraferma, non interesserà più per molti secoli. Il centro di Torcello si costituisce prima di Rialto, da cui sorgerà Venezia: sembra che intervengano forze mitologiche  che si tramandano nelle leggende, come nell’antica Roma, a determinare infine il luogo della città, a scapito anche di Eraclea e Malamocco,, oltre ad altre isole di cui ora è rimasto soltanto il nome.: Maurice Barrès dice: “gli uomini tentarono parecchie venezie prima di riuscire a formare quella che amiamo”.

S. MariA aSSUNTA A tORCELLO.jpgjohn_ruskin.jpgL’immagine che John Ruskin dà della cattedrale di Torcello, come di una grande nave, novella arca di Noè, che si è salvata intatta dal naufragio . è perfetta e, ” chi vuole imparare” continua Ruskin, “con quale spirito cominciò l’impero di Venezia e con quale forze essa riuscì vincitrice in avvenire, non cerchi di stimare le ricchezze dei suoi arsenali e il numero delle sue armate, non guardi la pompa dei suoi palazzi, nè entri nel segreto dei suoi consigli, ma salga la più alta fila dei severi gradoni ad anfiteatro che circondano l’altare di Torcello e allora riporti il ponte della benigna nave-chiesa  dei suoi marinai e cerchi di sentire in sè la forza di cuore che fu accesa in loro”.

lastra nel duomo di Torcello.jpgTorcelloi1.jpgil trono di Attila.jpgscalinata.jpgAlla spontaneità e bellezza della natura corrisponde l’autenticità dell’arte, fedele alle origini paleocristiane e bizantine della città di Venezia; Torcello è stato  un anello di sintesi di civiltà così diverse: sembra che il tempo si sia fermato su queste testimonanze. Nella piccola piazza del luogo sono fiorite le leggende più antiche, come quella che circonda il presunto trono di Attila, blocco di marmo possente che, unico, avrebbe avuto il privilegio di sostenerne la terribile violenza.

 

 

La splendida isola di Mazzorbo, la campana tra le più antiche d’Europa e le deliziose castraure.-

Mazzorbo.jpgNell’epoca romanica, a parte Torcello  molto conosciuta era una località conosciuta comne ” Majurbum urbs” o ” Maiurbo”un’isola adiacente a Burano, ed ora collegata anche con un ponte, dove gli altinati avevano costruito numerose ville destinate alle vacanze estive.

Il periodo di maggior splendore dell’isola fu dal 1300 al 1400, era la più grande isola del nord laguna . ed un canale la divide in due parti: nel periodo più aureo una parte vennero consacrate delle chiese dedicate a Santo Stefano Protomartire la cui fondazione risaliva al 785 d.c, dato che dimostra Mazzorbo_-_Canale.jpgche Mazzorbo è ancor più antica di Burano, dei Santi Cosma e Damiano e quella di S. Michele Arcangelo.

Campanile antico di Mazzorbo.jpgNel 1500 le ultime due chiese vennero soppresse, mentre quella dedicata a S. Michele Arcangelo venne demolita nel 1800, lasciando soltanto il campanile. Nell’isola vennero edificati anche tre monasteri:  nel 1300 Quello di Santa Maria di Valverde, nel 1630 il monastero e la chiesa dedicati a S. Maria delle Grazie, di cui non rimsne più alcuna trasccia, mentre rimane quello di S. Caterina da Siena: campana antica.jpgchiesa di S. Catyerina e il suo campanile.jpgMonastero di S. Maffio a Mazzorbo.jpgla Chiesa edificata nel 1300 in stile romanico-gotico, e la campana del suo campanile, costruito nel 1318 è tra le più antiche d’Europa.

L’Isola di fronte era suddvisa in due parrocchie: nel 1298 venne costruito il Monastero di S. Matteo, concesso alle monache Cistercensi provenienti dal convento di Costanziaca, trasferite poi nel 1806 alla Celestia; nel 900 venne costruito da una nobile Portale di S. Caterina.jpgpadovana, chiamata Margherita. Nel 1438 vi si trasferirono le benedettine provenienti da Sant’Angelo d’Ammiana.

antiche  ville a Mazzorbo.jpgBuranoMazzorbo3.jpgMazzorbo era quindi un’isola, antica, popolata da agricoltori (famose sono le deliziose castraure) e pescatori, e , come già detto, i nobili del centro di Venezia castraure 1.jpgcastraure.jpgChiesa di S. Caterina a Mazzorbo.jpgcostruirono diverse bellissime ville, per trascorrervi le vacanze. Tutt’ora qualcosa dei vecchi monasteri è rimasto e alcune antiche ville sono ancora da visitare ed ammirare. Una gita nella gita per chi a  Venezia viene o a Venezia vive!

 

 

 

Nov 10, 2011 - Architettura, Arte, Chiese, Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

CANALETTO.jpgI metodi costruttivi di Venezia come quelli distributivi sono diretta conseguenza della particolare topologia della città, della sua doppia viabilità (acquea e terrestre) e della speciale organizzazione sociale e politica della Serenissima. Tutti questi fattori sono rimasti pressochè inalterati nel tempo.

Per giustificare questa permaanenza attraverso i secoli occorre far presente altri due fattori: uno consiste nella difficoltà e nel conseguente alto costo per il trasporto alla città dei materiali da costruzione, l’altro è il carattere alieno dagli sprechi e qualche volta tenacemente conservatore dei veneziani; i due fattori sono in parte conseguenza l’uno dell’altro.

Grado.jpg001ItaliaVeneziaTorcello.jpgPer edificare Venezia sono stati portati non solo tutti i materiali occorrenti, ma all’inizio sono stati adottati anche i metodi costruttivi già sperimentati in altri centri lagunari che hanno formato nel medio evo il Ducato Veneto (Grado, Caorle, Jesoplo, Torcello, Malamocco, Chioggia) . Da questi centri più antichi della Repubblica sono giunti, assieme alle popolazioni, anche dei materiali di recupero e addirittura intere parti costruttive o deorative, come capitelli, colonne,  architravi etc. che formavano edifici costruiti altrove.

Cansiglio.jpgMontello.jpgCome dice E. Bassi, Venezia è una città  nata adulta, e tutto ciò che è stato usato per la sua costruzione è stato portato da altre località spesso molto lontane: il legname per gli edifici e per le navi veniva dalla foresta del Cansiglio e del Montello, in seguito anche dal Cadore e addirittura dalla Dalmazia.

L’argilla per i mattoni, le tegole e altri elementi Colli Euganei.jpgburchi sul Brenta.jpgBurchio.jpgin terracotta veniva dalle cave della terra ferma e veniva cotta all’interno della città: vicino alla Salute si trovano ancora Calle della Crea (calle della fondamenta della foirnace 1.jpgFondamenta della Fornace.jpgcreta)e Rio e Fondamrnta della Fornase (della Fornace). La sabbia silicea veniva trasportata, come accade tutt’ora sui ” burchi ” delle grosse imbarcazioni che navigavano lungo il fiume Brenta.

La pietra da taglio era di due tipi: il marmo rosso di Verona (dal XIV al XV secolo),e la pietra d’Istria che era estratta nella zona di Rovigno. In seguito , per i masegni, venne utilizzata la trachite o selce Canale dei Marani.jpgproveniente dai colli euganei. Altri marmi di uso comune erano il grigio  del Carso ed il marmo greco.

Dall’Istria e dal Carso provengono anche i grossi massi usati per la costruzione dei Murazzi e di tute le altre difese alberoni_murazzo.jpgmurazzi.jpglitoranee: queste pietre venivano trasportate costeggiando il litorale adriatico e percorrevano i canali interni della laguna con barche dette ” Marani” (dalla località di Marano sulla laguna di Grado); vi è ancora il Canale dei Marani tra Murano e Venezia.

I metalli come il ferro ed il rame provenivano dalle montagne e da località come Feltre ed Agordo.

muri romani a Venezia.jpgaltinelle come pavimentazione.jpgPalazzo_Michel_delle_colonne_VE.jpgIn una città in cui tutto veniva importato tutto veniva utilizzato e se necessario riutilizzato, seppure con qualche adattamento.Si può notare infatti come certi materiali siano stati reimpiegati in costruzioni di epoche successive, anche più volte a distanza di secoli. E’ il caso dei piccoli mattoni romani, le “altinelle” provenienti da Altino.

venezia_palazzo_giustiniani.jpgVenezia-Palazzo_Malipiero.jpgAlcuni edifici tra i più importanti sono stati riedificati sopra vecchie fondamente e con planimetrie sostanziamente invariate, come ad esempio Palazzo Michiel, Palazzo Giustinian e Palazzo Malipiero, tutti affacciati sul Canal Grande, e  edifici sacri come 250px-Venice_-_Chiesa_di_S__Maria_Formosa_01.jpggiovanni_crisostomo.jpgsan-polo12.jpgla stessa basilica di S. Marco, le chiese di S. Maria Formosa, S. Giovanni Crisostomo, S. Polo, S. Sofia, ecc.

Venezia, una Repubblica ed una città nata già antica, in un miracolo di varie tecniche, conoscenze, capacità e forte volontà dei veneziani che di questo miracolo hanno fatto un luogo fiabesco, quasi sospeso sulla sua laguna e meravigliosamente e riccamente decorata, unica al 4943_venezia_chiesa_di_santa_sofia_torcello.jpg5680_venezia_chiesa_di_s_eufemia_giudecca.jpgmondo.

 

Ago 8, 2011 - Arte, Chiese    2 Comments

I mosaici d’oro a San Marco: una Bibbia aperta a Venezia

basilica_di_san_marco_a_venezia.jpgDoge Domenico Selvo.jpgI mosaici più antichi nella Basilica di San Marco sono databili dalla fine dell’anno 1000. La prima decorazione risale al Doge Domenico Selvo (1071-1084) e continua fino agli inizi del 400, con l’avvento nella Serenissima di artisti chiamati dalla Toscana che elaborarono una nuova tecnica. La propensione dei veneziani per il colore aveva portato gli artisti a decorare le facciate dei palazzi e delle chiese che davano sul Canal Grande, e formavano perciò uno straordinario strumento cromatico, abbinato al riflesso sulle acque dela canale,e tutto ciò creava uno spettacolo straordinario e fiabesco.

Per i mosaici di San Marco  è importante segnare il punto dal quale il mosaico veneziano si distacca da quello Bizantino e nell’onda inventiva che parte sempre dall’antica tecnica dell’affresco, esso non diventa occidentale ma veneto, intriso cioè di una liricità e di un’invenzione che nascono da una paziente meditazione di Bisanzio da parte di artisti che non parlano più greco, ma veneto.

Gesù.jpgDopo il Diluvio.jpgmos_genesi.jpgEcco che si attua prima la tecnica dell’affresco come base, per poi riempire il disegno con le tessere.

A San Marco la superfice dei mosaici ammonta a quattromila metri quadri. Essi costituiscono la rappresentazione dell’antico e del nuovo testamento, dalla Creazione del Mondo, al Diluvio Universale, alla Caduta della manna nel deserto. All’interno le Sacre scritture sono disposte cronologicamente, ad iniziare dalla cupola sopra l’altar maggiore, in cui appare l”Emanuele” predetto dai Profeti, poi verso la cupola centrale in cui, dopo gli episodi della vita terrena di Gesù viene celebrata lAscensione di Cristo in Cielo, segue quindi nella stessa navata la Discesa dello Spirito Santo, nella Cupola delle Pentecoste, ed infine il Trionfo della Chiesa nell’arcone del Paradiso sopra la porta d’ingresso.

Nelle cupole laterali e nelle zone adiacenti sono celebrati alcuni Santi particolarmente venerati a Venezia.

mosaico 1.jpgDiluvio Universale.jpgMosaici della Basilica di San Marco.jpg28-07%20Mosaico%20Genesi%20San%20Marco.jpgmosaici.jpgGli episodi riguardanti la vita di San Marco e il suo trasporto a Venezia si trovano tanto nella facciata quanto nell’interno della Orazione nell'orto degli ulivi.jpgChiesa, lungo il transetto.

Bagliori d’oro, raffigurazioni raffinate, uno spettacolo splendido, un enorme “film” lussuoso e suggestivo da San Tommaso.jpgammirare, guardare e leggere.

I medaglioni alchemici di S. Marco

imagesCANA7XLG.jpgimagesCANA2SEB.jpgLa Basilica di S. Marco nasconde mille segreti, come abbiamo visto legati ai rosacroce, ai massoni, ed anche agli alchimisti.

Si può verificare la traccia di questa relazione  nei quattro bassorilievi circolari, chiamati medaglioni alchemici, che ornano la sua facciata rivolta a nord, cioè quella antistante la piazzetta dei leoni.

Vi sono rappresentati nel primo in alto a sinistra un pavone, in quello in basso a sinistra medaglioni Alchemici.jpgc’è un leone che azzanna un uomo armato di spada, in quello in alto a destra un uomo che cavalca un leone suonando il flauto in una foresta di quercie, nell’ultimo, in basso a destra un uomo che cavalca un animale con due teste, una di cane ed una di ariete.

In alchimia alcuni animali trovano corrispondenza con minerali e con le varie interpretazioni anche con il procedimento della grande opera (la mutazione) che deve portare alla conclusione del procedimento.

bestiario alchemico -pavoner.jpgimagesCA2W0AQO.jpg180px-CaudaPavonis.jpgIl pavone, o la sua coda, rappresenta una fase in cui appaiono molti colori. La maggior parte degli alchimisti collocano questa fase prima dell’Albedo, la bianchezza. Gerhard Dorn (XVI secolo) ebbe a dire: questo uccello vola durante la notte senza ali. Alla prima rugiada del cielo, dopo un ininterrotto processo di cottura, ascendendo e discendendo prende la forma di corvo, poi di una coda di pavone: le sue piume diventano bianchissime e profumate, e finalmente diviene rosso fuoco, mostrando il suo carattere focoso.

I colori si riferiscono ai tre stadi della Grande Opera, con la Rubedo per la rossezza per ultima.

La fase dei tanti colori era anche simboleggiata dall’arcobaleno, o dalla dea berstirio.jpgbestiario 2.jpgdell’arcobaleno, Iris, la messaggera degli Dei, che in particolare faceva da tramite tra Zeus e i mortali. Nella Grande Opera la coda di pavone può avere due significati. Può essere la raccolta e la totalità di tutti i colori nella luce bianca.

Il secondo significato è che rappresenti il fallimento del processo alchemico. L’alchimista cerca l’unità espressa dalla luce bianca, ma durante la meditazione possono verificarsi sentimenti di esaltazione e osservazioni inusuali. Può accadere che l’oggetto della meditazione cominci ad irradiare meravigliose luci e colori, o si espanda e si contragga ritmicamente.

bestiario salchemico.jpgNell’antichità il simbolismo del leone ebbe un ampio impiego. Il colore e la fulva criniera lo fecero associare al sole, che con la sua energia dona la vita. Nell’iconografia egiziana il leone veniva ritratto in coppia, con lo sguardo rivolto all’orizzonte.

I filosofi alchemici affidarono all’immagine del leone giovane il simbolo dell’alba, ed al leone vecchio, il tramonto.

Questa distinzione si tradusse nella descrizione alchemica del Leone verde, rosso, che materealizzavano l’uno l’inizio, l’altro la fine dell’opera(cioè la mutazione alchemica).

imagesCAMISXWQ.jpgL’oro era quindi il leone rosso che divora quello verde, ed era in definitiva il percorso che avrebbe dovuto compiere l’alchimista per raggiungere la perfezione attraverso la lavorazione della materia cruda, il fuoco iniziatore, lo zolfo imagesCAPG6FWF.jpgleone.jpgsegreto alchimisti.jpgimagesCAW7FCM0.jpgfilosofico e finendo con il re dei metalli, la polvere di proiezione: la Pietra filosofale.

 

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