Browsing "Religione a Venezia"

La reliquia della Santissima Croce

imagesCAZC9EYY.jpgimagesCA8M6IGZ.jpgimagesCAH8SZ12.jpgQuesta scuola è indubbiamente considerata la più grande istituzione laica di Venezia. Contemporanea alla più antica Scuola della Carità, il cui anno di fondazione è il 1261, la Scuola di S. Giovanni Evangelista  ricevette la massima notorietà  allorquando, nel 1360 il Guardian Grande della Confraternita, Andrea Vendramin, ricevette da uno dei massimi funzionari del Regno di Cipro , la reliquia della SS. Croce  a lui pervenuta dal patriarca  di Costantinopoli.

Grazie a questa donazione la Confraternita assunse un prestigio ed una fama fino ad allora sconosciute, tanto che i fedeli presero il pubblico impegno morale di rendere l’edificio all’altezza del tesoro in esso conservato,

imagesCASDW2GZ.jpgimagesCA16XN2E.jpgimagesCA3Z0E6N.jpgLe straordinarie sale delle gallerie dell’Accademia ospitano  alcune delle meravigliose opere dedicate alla SS. Croce: Processione della Croce in P,zza S.Marco, il Miracolo della Croce di Ponte di S. Lorenzo, di Gentile Bellini, ed il miracolo della reliquia della croce di Vittore Carpaccio, le quali, oltre che al significato profondamente religioso che esprimono, impressionano per l’estrema nitidezza  con cui ci regalano spaccati della vita veneziana di allora.

Parimenti alle vicende artistiche procedettero quelle architettoniche ed intorno al 1415 la Scuola era praticamente finita.

imagesCAY7DZPW.jpgimagesCAWSDS2H.jpgA Bartolomeo Bon è da accreditarsi il magnifico portale marmoreo sormontato da un lunettone con l’Aquila, simbolo  proprio di S. Giovanni Evangelista, portale appunto che dava accesso al cortile privato, delimitato dall’edificio della Scuola, e della vecchia Chiesa sulla sinistra.

imagesCAA0P3G2.jpgNel 1498 Mauro Codussi, straordinario architetto ( membro della Scuola del Tajapiera) redige il progetto del sontuoso salone che porta ai piani nobiliari, e lo realizza caratterizzandola con la classica bifora  al piano intermedio, elemento da sempre presente ed emblematica dell’architettura Codussiana.

imagesCABQIS51.jpgimagesCAOEL9YQ.jpgimagesCA0JX7T8.jpgAi giorni nostri una parte della Scuola è diventata albergo, ma la reliquia della croce è sempre li, e per la gentilezza dei proprietari è accessibile alla vista dei visitatori.

 

La Serenissima: lungimiranza e regole incise su pietra!

canaletto_venezia_piazza_smarco_sudest.jpgMurazzi a Pellestrina.jpgLa Serenissima doveva la sua potenza e la sua attrattiva per tutti gli altri stati europei per la qualità dei propri artigiani, l’abilità dei comandanti delle navi, la credibilità dei suoi mercanti: queste caratteristiche erano vanto dei suoi governatori, che promulgavano leggi precise e inderogabili.

Oltre alla cura e all’attenzione continua dei suoi ingegneri ed architetti per le fortificazioni, il Murazzi a Cà Roman.jpgmagistrato alle acque vegliava sul delicato equilibrio della laguna, in perenne controllo, lavori di arginatura ( murazzi) in cui si sperimentavano sempre nuove tecniche.

A questi controlli si aggiungevano regole ben precise anche per il commercio interno: per la lavorazione dell’oro esistevano ispettori che controllavano continuamente il titolo dell’oro, la qualità delle lavorazioni, insomma, una sorta di protezione del consumatore rispetto gli artigiani, che in questo modo eccellevano nelle loro qualifiche ottenendo così prodotti sempre di alta qualità.

misure pesci.jpgtarga pesci.jpgLe leggi insomma, le regole per quanto riguarda la vita quotidiana dei veneziani, venivano inscritte sulla pietra, a conferma che il rispetto verso i cittadini consumatori veniva prima di tutto, e rimaneva stabile nel tempo.

Al mercato di Rialto, in Pescheria, si trova una lapide con su scritte le misure minime dei pesci che venivano venduti, in modo da salvaguardare la pesca, e , contemporaneamente rendere uniforme il prezzo di questo cibo tanto consumato a Venezia.

Leone_in_moeca_cippo ai SS. Apostoli.jpgUn’altra lapide, che si trova in Campo SS. Apostoli, con una grande “leone in moleca” inciso alla sommità determinava le qualità di pane e le farine che dovevano venire usate, dando così qualità precise e definite a questo alimento base: tutt’ora il pane a Venezia è di una bontà assoluta.

Altre targhe in pietra vennero quindi utilizzate anche per la vita morale dei cittadini, esortando a non bestemmiare,( la Serenissima era si di matrice cattolica, ma il suo governo era laico!).

E’ meraviglioso tutt’ora rileggere quelle regole su queste targhe, a perenne ammonizione serenissima 003.jpgricordo di una Repubblica molto attenta alla propria essenza, al suo ambiente, alle  caratteristiche di questa terra, e ai suoi cittadini che di buon grado accettavano regole e leggi che assicuravano a loro stessi un vivere armonico, sano , e dove non era permesso cercare di imbrogliare gli altri!

Feb 16, 2013 - Alchimia, Angeli e demoni a Venezia, Esoterismo, Leggende, Personaggi, Religione a Venezia, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La mistica di Venezia, Suor Chiara.reclusa per le proprie visioni e Francesco Giorgi! il più famoso alchimista veneziano.

La mistica di Venezia, Suor Chiara.reclusa per le proprie visioni e Francesco Giorgi! il più famoso alchimista veneziano.

monastero a Venezia.jpgsuora-clarissa.jpgCelata nelle “Cronache dell’ordine dei Frati minori instituito da S. Francesco” di Bartolomeo Cimarelli, si nasconde la vita di una suora, abadessa del Monastero del Santo  Sepolcro a Venezia , distrutto dalle truppe di Napoleone, i cui resti, si trovano  alle °Zattere”.

Il monastero era controllato dal Padre Guardiano di S. Francesco della Vigna, Grancesco Giorgi ( o Zorzi), conosciuto come grande studioso di scienze, alchimista e per questo in qualche modo legato ai Rosacroce.

La monaca, Suor Chiara Bugni, donna completamente dedita alla fede, tanto che Marin Sanudo così scrisse di lei: L’abbadessa di Sepulcro, qual non manza, vive di comunion, à auto sangure, late, acqua di cristo in una “impoleta” si che è santa.”
Le consorelle narravano  che avesse una ferita mai cicatrizzata al costato, che sanguinava continuamente, e che si nutrisse appunto solo dell’ostia consacrata e del liquido contenuto in un’ampolla che Dio stesso le avrebbe mandato.

Francesco Giorgi.jpgFrancesco Giorgi_ hombre vitrubiano.JPGFrancesco_Zorzi_De_Harmonia_Mundi_totius.pngChiara, che dal 1504 divenne priora del Convento, in osservanza all’ordine a cui apparteneva, non raccontò a nessuno le visioni che aveva, e che pose per iscritto, visioni apocalittiche e terribili, di cui fece parte soltanto a Francesco Giorgi.

La fama della suora divenne sempre più ampia a Venezia, anche perchè le sue profezie vennero trascritte sempre nel Monastero del Santo Sepolcro che nel frattempo era stato modificato da Tullio Lombardo, con uno straordinario monte di marmo che simboleggiava la grotta in cui Gesù venne sepolto.

vite e rivelazioni di Chiara Bigni a Venezia.jpgPurtroppo, ascoltate e lette le terribile profezie il consiglio dei Dieci decise che non era il caso di comunicarle al popolo, per cui Chiara Bugni venne deposta dal suo ruolo e segregata im un’ala del convento, senza poter comunicare con nessun’altra persona. Morì il 7 settembre 1514, nel giorno esatto delle stimmate di S. Francesco d’Assisi.

Francesco Zorzi scrisse le visioni e le profezie di questa monaca, vissuta nell’ombra, donna sofferente e meravigliosamente mistica. Ora, finalmente, tali profezie vengono pubblicate ed in seguito mi dedicherò al loro contenuto.

Dopo cinquecento anni , finalmente, si apre uno spiraglio su questa donna totalmente dedita alla fede , per cui un’umile suora ha sacrificato la propria vita per cercare di comunicare ( a torto o a ragione) la voce intensa che percepiva dentro di sè, e che la sollecitava nell’urgenza di comunicare quello che per lei era un messaggio divino…oltre alle rivelazioni che l’hanno soverchiata e costretta per tutta la sua vita a seguire un’urgenza intensa di trasmettere messaggi e visioni che lei riteneva, come tanti altri che si sono ritenuti “mezzi” attraverso i quali il Divino ha trasmesso moniti e dsollecitaziomni all’umanità intera!

S. Nicolò dei Mendicoli: anima di un sestiere tra la semplicità esterna e la raffinatezza interna!

dorsoduro a Venezia.gifcampanile-san-nicolo-mendicoli.JPGNell’isola mendigola, facente parte di una delle sette che costituiscono  il sestier de Dorsoduro venne elevata, si dice addirittura prima di quella di S. Giovanni Elemosinario, per poi essere rinnovata nel 1600, la chiesa di S. Nicolò dei Mendicoli.

E’ una chiesa esternamente umile, che ha conservato di originale ancora l’impianto veneto-bizantino del 200, con una semplice facciata, le bifore piccole ed il portico, ricomposto con materiale originale, dove, secondo una tesi si dice  che li sotto si riparassero i mendicanti ed i senza tetto: molto più probabilmente invece il suo nome si rifà all’isola su cui sorge.

chiesa di S. Nicolo 3.jpg2 s. nicolo.jpgchiesa-s-nicolo-dei-mendicoli-6.jpg3 s. nicolo.jpgL’aspetto esterno è quindi povero, semplice, anche se arricchito dal campanile romanico, ma è invece l’interno che lascia senza fiato: il soffitto completamento decorato da dipinti di allievi del Veronese, e l’illustrazionbe della vita di Cristo di Alvise del Friso. Le colonne decorate in oro, e conserva il pastorale vescovile di S. Nicolò., mentre le sue spoglie sono ricoverate presso la chiesa di S. Nicolò chiesa-s-nicolo-dei-mendicoli-4.jpgS. Nicolò interno 1.jpgdel Lido.

ponjte dei pugni 1.jpgponte dei pugni 2.jpgGli abitani dell’isola Mendigola erano i famosi Nicolotti, contadini e soprattutto pescatori, che avevano comunque il privilegio poter eleggere un “Gastaldo del Doge” che era il capo dei pescatori attraverso un’assemblea dei parrocchiani con l’intervento di un rappresentate del dogado.

Questo “piccolo” Doge si presentava vestito con una veste di panno e di raso rosso, paludato con una parrucca ed un berretto da gentiluomo dal Doge il giorno della sua investitura, accompagnato dai suoi sostenitori, e ne riceveva un abbraccio.

ponte dei pugni quadro.jpgponte dei pugni2.jpgImportanti quindi sia per la società, per il loro ruolo, ma anche , fin dal 300, avversari estremi dei Castellani ( gli abitanti del Sestier di Castello) quasi tutti arsenalotti, altra categoria di somma importanza per Venezia, i costruttori delle navi, dei cordami, di tutto ciò che riguardava la formazione della potenza più grande della Serenissima; una categoria molto rilevante per il Dogado, e per questo ritenuta e considerata di molto riguardo: Per risolvere queste divergenze ecco che un ponte senza spallette, come tutti gli altri a Venezia, a S. Barnaba, diventava il “ring” dove risolvere, senza spargimento di sangue queste dispute: la prima, la Mostra vedeva in disputa i due migliori delle due squadre, e per questo ai quattro lati della sommità del ponte vennero infisse delle orme per regolare le posizioni: lo scopo era quello di far cadere l’avversario in acqua e diventare così padrone del ponte.

ponte-pugni.JPGnicolo_mendicoli.jpgLa Frata era invece formata da due fazioni in cui potevano essere anche usate armi da taglio, e la terza, la più diffusa era la Guerra ordinata dove le due squadre davano l’assalto al ponte e a forza di di spinte vinceva chi riusciva a dominare il ponte appunto.

A tale scopo, per evitare ferimenti o danni maggiori, il fondo del canale sotto il ponte veniva fatto pulire ogni anno dal Doge, che lasciava così sbollire i violenti ardori di tali antagonisti.

Un controllo a distanza che la guida illuminata della Serenissima riusciva ad incanalare in una disputa organizzata e regolata, che lasciava infine i vincitori felici e gli sconfitti pronti a ricominciare, la volta successiva, ma che al momento opportuno sapevano unirsi senza remore per sviluppare e rendere sempre più grande questa città stato straordinaria che aveva a cuore l’ordine, la serenità e la salute dei suoi cittadini, poichè questi erano e sono stati i veri artefici di
quella fama e dominio straordinario  che ha portato a tutta Europa ricchezza, novità, cultura e conoscenze innovative.

 

 

 

Dic 6, 2012 - Arte, Arte e mistero, Chiese, Leggende, Luoghi, Misteri, Personaggi, Religione a Venezia, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il miracolo di S. Marco a Venezia: il ritrovamento delle reliquie!

Il miracolo di S. Marco a Venezia: il ritrovamento delle reliquie!

23-Tintoretto-il-trafugamento-del-corpo-di-San-Marco.jpgtrafugamento_corpo_san_marco.gifTutti, bene o male, conoscono la storia del’arrivo delle reliquie di S. Marco a Venezia: furono due mercanti, Rustico da Torcello e Bono da Malamocco, che trafugarono le spoglie ad Alessandria, e celato in una cesta contenente carne di maiale, considerata impura dai musulmani, venne portato a Venezia.

Sembra comunque che Venezia fosse la meta finale del corpo di questo Santo, che giunto a Roma assieme all’Apostolo Pietro venne da questi inviato in Italia Settentrinale: ad Aquileia Marco convertì Ermagora, che poi divenne primo vescovo di quella città, quindi, partito per destinazione Alessandria d’Egitto venne costretto da una tempesta ad approdare alle isole Realtine, il fulcro della nascente Venezia. Addormentatosi egli sognò un angelo che gli diceva ” Pax tibi Marce, evangelista meus”, e gli promise che in quell’isola egli avrebbe riposato fino all’ultimo giorno.

L'arrivo dell spoglie di S . Marco a Venezia.jpgIn seguito raggiunse Alessandria ,dove dopo essere diventato vescovo, subì il martirio che lo portò alla morte il 25 aprile  de 78 circa. Ed è qui, appunto, che i mercanti veneziani presero il suo corpo e con astuzia, lo portarono a Venezia.

Era l’829, e l’onore di poter ospitare le spoglie di un evangelista spinse lo stato veneziano a costruire una degna chiesa per poterlo ospitare ed esporre al culto di tutti i veneziani: S. Marco è quindi anche il patrono dei cestai, visto l’insolito mezzo con cui venne portato nella Serenissima.

Nel 1063 ebbe inizio la costruzione della chiesa, che subì, purtroppo, un incendio, tanto che l’edificio venne ricostruito….e nel 1094 era finalmente pronto per essere consacrata a Dio e a S. Marco.

300px-Basilica_de_San_Marco.jpgPurtroppo però, durante i lavori di restauro, si scoprì che la teca contenente la preziosa reliquia era scomparsa: questo provocò grande cordoglio dal Doge alla popolazione veneziana: vennero organizzate novene, preghiere, processioni e invocazioni al Divino per poterla ritrovare.

Il 25 giugno 1098, giorno della consacrazione, accadde un miracolo rimasto negli annali di Venezia, ma raccontato in modo diverso: sembra che nel momento culminante della celebrazione da una colonna della Basilica apparve un braccio, ad indicare il luogo tanto cercato; altri raccontarono che apparve il Santo in persona, ma Giacomo Casanova racconta, nelle sue memorie, che sulla colonna contenente i sacri reperti apparve l’immagine del Leone alato, simbolo proprio di S. Marco.

Tintoretto il rirovamento delle relkiqie.jpgSan Marco.jpgComunque sia, subito dopo si provvedette a forare la colonna indicata, e miracolosamente le reliquie  riapparvero: come racconta Casanova, fu così che la Serenissima salutò S. Todaro, per affidare le sue fortune e il suo orgoglio all’evangelista. Per secoli S. Marco venne così festeggiato il 25 Aprile, (giorno della morte) e il 25 giugno, giorno del suo miracoloso ritrovamento, con la medesima pompa ( Venezia curava con fasto e con solennità le proprie cerimonie).

Ora si festeggia soltanto il 25 aprile, ma con entusiasmo e con una tradizione straordinaria, dolce e romantica che rendeva e tutt’ora rende omaggioi alle donne veneziane, ma di questo vi parlerò il 25 aprile.

Il segreto della Basilica della Salute e Baldassarre Longhena

Domani  si celebra a Venezia la festa della ” Madonna della Salute”, in ricordo della peste che uccise cinquantamila abitanti della Serenissima nel biennio 1630 – 31, e per cui il Doge ed il Consiglio dei Dieci ordinarono l’erezione di una chiesa come voto e ringraziamento per la sua cessazione. Oggi, attravero il ponte di barche migliaia di Veneziani andranno nella meravigliosa chiesa barocca per testimoniare la loro fede per quanto riguarda la possibilità di preservarsi dalle malattie, o a chiedere un sostegno, un aiuto concreto per guarire le persone malate.

Della  Basilica dedicata al culto della Madonna della Salute ho parlato madonna-salute.jpgin più occasioni, ma ora è arrivato il momento di raccontare alcune interessantissime cose che riguardano Baldassarre Longhena, l’architetto di cotanta meraviglia e scrigno di segreti che, via, via, vennero svelati, oltre che da un professore tedesco, anche da tanti piccoli particolari che spiegherò un pò per volta.

Baldassarre Longhena (Venezia, 1598-1682) era figlio di Melchisedec (nome chiaramente ebraico) nativo di Morezza (Valtellina), per cui il Longhena apprese dal padre i segreti della Kabbalah. Accanto alla chiesa venne costruito anche un convento, sempre su disegno del Longhena, dove, nel 1742 Casanova studò fisica.

Sembra comunque che l’ispirazione per il progetto della chiesa sia stata tratta dall’immagine del Tempio di Venere Physizoa descritta nell’opera precedentemente presentata, Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, un chiaro riferimento ad un legame tra madre pagana e quella cristiana, un una sorta di protocristianesimo ideale.

220px-Pizzofalconecad.jpgUna straordinaria intuizione spinse il professore tedesco Gherard Geber-Shilling che verificò le misure dell’edificio sulle planimetrie e sul campo, con il piede veneziano ( cm,. 35,09), ed ecco che scoprì che due numeri ricorrono come una costante: l’8 (gli ottagoni stessi che formano la base della chiesa simbolizzano la rinascita) e l’11 con i suoi multipli.

L’8 appartiene alla simbologia cristiana (la corona mistica della Vergine, la chiesa del Santo Sepolcro, la resurrezione e la vita eterna) ma l’11 ha valore negativo, infatti rimanda ai 10 comandamenti e precisamente al peccato capitale; diversamente, nella Kabbalah giudaica, questo inizia proprio l’origine dei 10 comandamenti, cioè Dio attorniato dalle sue dieci sefiroth, cioè le proprietà che ha Dio per proiettarsi nel mondo degli uomini, chiamate anche l’albero della vita.L’11 è la metà dell’alfabeto ebraico (kaf) e dei 22 arcani dei Tarocchi, anche lo stesso Dante usò  l’endecasillabo per la sua Commedia.

Da qui si deduce che Longhena volle cifrare con la numerologia insita nella costruzione stessa del Tempio un messaggio preciso: la chiesa sorgeva come ringraziamento per la fine della peste e doveva nascere su fondamenta per così dire ecumeniche, tale era la condizione dell’uomo davanti alle pestilenze.200px-Sefirot.png180px-Tree_of_Life%2C_Medieval.jpgrosacroce.jpg

Ai fianchi della scalinata, dall’acqua, emergono due angeli. Nel pavimento, al centro, sotto la grande cupola c’è una corona di rose ed una seconda, più grande di altre 10 rose ed una piastra in metallo (forse l’unidicesima rosa?) con l’scrizione “unde origo indi salus” che arricchiscono questo capolavoro anche con il mistero iniziatico dei Rosacroce.

Ma non è finita qui, all’esterno, tutto intorno sorge un fregio con delle svastiche (la parola sanscrita “svastica” significa salute), e la rivelazione più grande: la pianta di tutta lo costruzione non è altro che I Grande Pentacolo di Re Salomone, facente parte della Clavicola di Re Salomone.

La clavicola di re Salomone è il più diffuso manuale pratico di magia diffuso in tutta l’area del Mediterraneo. Forse di origine caldea, babilonese o ebrea non ha nulla a che fare con Salomone, ma è stato attribuito prima allo storico ebreo Giuseppe Flavio,  poi ad Alberto Magno.clavicola1.gif

imagesCAXOD19F.jpgQui sono contenute alcune formule attribuite ad un tale Aronne Isacco, mago di corte del primo imperatore Bizantino Manuele I Comneno.

 

 

Ott 29, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Mestieri, musica, Musica venexiana, Personaggi, Religione a Venezia, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La cappella di S. Marco a Venezia e la nascita del melodramma.

La cappella di S. Marco a Venezia e la nascita del melodramma.

cappella a San Marco.jpgcantgori a San Marco.jpgNel 1500 il teatro, assieme all”architettura, la pittura e  la scultura, erano le arti più seguite ed amate a Venezia, alla quale, verso la fine del secolo si aggiunse anche la musica.

L’immagine del Giorgione suonatore di liuto nei concerti campestri  delle Veneri di Tiziano accanto alle melodie dell’organo restano emblemi della civiltà del Rinascimento a Venezia:il legame delle arti con la musica , nella composizione unitaria del melodramma, costituisce la sintesi Giovanni_Gabrieli.jpgGiorgione-tre-filosofi.jpgmusica.jpgdeterminante di tutto lo sviluppo del Rinascimento a Venezia: le arti figurative, la scenografia e la letteratura fatta sopratutto di immagini e di sentimenti, si trasformano d’incanto nell’unità suprema, inafferrabile e aerea della musica, nella tendenza sopratutto a trasfigurare la passione nell’esaltazione lirica più sognante che realistica, nella declamazione che si abbandona con piacere all’oinda del sentimento e delle tenerezze affettive.

La musica a Venezia aveva il proprio centro nella Basilica di San Marco : il servizio più curato e costoso per la basilica era quello della cappella ducale, ritenuta sempre il centro più importante artistico della Repubblica.

Angelo mnusicante di Giovanni Bellini.jpgangelo musicante.jpgI libri delle spese della basilica di S. Marco riportano delle cifre enormi per i maestri di cappella, per i cantori ed i suonatori di strumenti. Gli asrtisti che ne facevasno parte eerano alle dirette dipendenze dei tre più importnti procuratori  di S. Marco che avevano la responsabilità della Piazza e della Basilica, tanto più che il doge era las suprema autorità di questi luoghi che gli appartenevano di diritto.

La regolazione diretta del governo dogale  anche dello stesso servizio liturgico, diede alle composizioni sacre di S. Marco
una larga indipendenza di cui la Serenissima era gelosa e che era riconosciuta in parte anche da Roma.

La storia della musica nel contesto della storia della civiltà di Venezia e fu veramente importante e determinata dalla scuola marciana per la musica strumentale e per la creazione di un nuovo genere tanto fortunato a Venezia: il melodramma.

Giorgione-tre-filosofi.jpgsuonatrice.jpgLa presenza frequentissima degli angeli musicanti nella pittura veneziana su tavola e ad affresco dal trecento al quattrocento proviene dalla costante rappresentazione della musica in quest’epoca, essa viene intesa con un senso soave di magia e quindi per la sua dolcezza trasferita agli angeli, come qualcosa che non appartiene alla sfera terrestre ma la sfiora appena e ha il potere di avere un’immagine di quella celeste.

Quando la musica è investita dalla forza del pensiero umanistico , alla fine del quattrocento, s’avverte il trapasso anche in pittura:  “S. Agostino 1806-Giovanni_Bellini_-_Pala_di_St_Giobbe.jpgmusica 1.jpgnello studio” nella Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni , eseguito da Carpaccio nel 1502 è circondato da preziosi manoscritti miniati, dalle statue rinadscimentali e gli innumeerevoli oggetti che denunciano la disposizione della mente alla ricerca umanistica, ed ha i suoi piedi due partiture musicali, di cui una di carattere profano e l’altra di carattere sacro. Quella di carattere profano , che cominciava già a diffondersi nelle prime opere di stampa di Ottavio Petrucci, potrebbe coinsiderarsi una primizia del genere strumentale tipicamente veneziano.

musica 2.jpgmusica.jpgVittore_Carpaccio_Agostino-1024x677.gifArte, pittura e musica alla base della cultura del popolo veneziano e che ha permeato completamente la natura di questa città.

 

 

Maria Maddalena, Giuseppe d’Arimatea e le tracce della Passione di Cristo a Venezia

Maria_Maddalena.jpgMeravigliosi misteri e storie da valutare: lascio a chiunque la possibilità di fare le proprie scelte! Venezia e la sua reliquia, mistica, del Sangue di Cristo: come già scrissi , nella Basilica dei Frari c’è il reliquario con i resti del sangue di Gesù Crocefisso, si dice raccolti da Maria Maddalena, quando il corpo, seguendo le tradizioni ebraiche, venne ripulito e cosparso di oli, ed appunto la teca “contenente questa reliquia” , conservata presso la Basilica dei Frari è stata vagliata, e questa valutazione ha portato alla consapevolezza che in quella teca è conservato sangue essiccato misto ad oli.

Il prezioso reperto venne trafugato dalla Chiesa di S. Cristina a Costantinopoli dal condottiero, Provveditore del Senato della Serenissima e capitano di terra e di mare Melchiorre Trevisan, nel 1479.

Chiesa dei Frari a Venezia.jpgAltareReliquie.jpgRitornato in patria il condottiero donò la preziosa reliquia, nel 1480 ai frati minoriti della Chiesa dei Frari. E qui da allora è conservata, contenuta in una boccetta di cristallo, racchiusa in un reliquario realizzato da uno dei più grandi orafi, Evangelista Vidulich, che, nativo di Zara, si era trasferito a Venezia (da Committenze Artistiche di Nikola Jaksic). Il tutto contenuto in un preziosissimo ed enorme porta reliquie.

Monumento a Melchiorre Trevisan ai Frari.jpgPer i suoi servigi alla Serenissima a Melchiorre Trevisan venne donato il Palazzo Cappello Trevisan in Canonica, dietro San Marco, decorato splendidamente con marmi policromi, e venne eretto un monumento funebre consistente in una statua che lo rappresenta , scolpita da Lorenzo Bregno e collocata nella Cappella a lui dedicata ,nella Basilica dei Frari.

Il Trevisan morì nel 1500 a Cefalonia.

AndreaDandolo.jpgDoge Andrea Dandolo.jpgSi presume che anche a San Marco, nella gloriosa Basilica, vi sia un’altra teca contenente il prezioso liquido: tutto ciò nasce dal racconto di Andrea Dandolo (1306-1354), il Doge bellissimo, uomo estremamente colto, laureato a Padova, nipote di quell’Enrico Dandolo che, per diversi motivi ( e ne parleremo in seguito) fece parte della quarta crociata.

San Longinio.jpgNella sua “Cronaca di Venezia”, il doge racconta che il celebre avo avrebbe ottenuto l’autorizzazione a portar via da Costantinopoli ben quattro reliquie: una croce d’oro appartenuta a Costantino, un braccio di San Giorgio martire, una parte della testa di Giovanni il Battista ed un’ampolla contenente il sangue di Gesù, raccolto da Giuseppe d’Arimatea quando il centurione Longino colpì al costato Gesù crocefisso, e ritrovata da Elena, madre di Costantino, imperatore d’Oriente. Si sa inoltre che altre “testimonianze” della passione di Cristo vennero portate a Venezia in quell’occasione: un chiodo con cui era stato trafitto Gesù,( un altro si trova custodito nella chiesetta gotica all’interno delle Gallerie Giuseppe d'Arimatea.jpgEnrico Dandolo.jpgdell’Accademia) due spine della corona con cui crudelmente venne “incoronato”e una parte dell’asta con cui era stata porta la spugna imbevuta d’aceto al moribondo. Ultima, ma importante e “moltiplicata” la reliquia della santissima croce, custodita sia col tesoro di San Marco, sia nella Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista.

L’intenzione di rendere onorevole la razzìa di Enrico Dandolo nelle chiese di Costantinopoli con un atto di omaggio a lui dedicato è alquanto curiosa, ma comprensibile visto che l’autore parla di un antenato, uomo all’avanguardia e straordinario che con la sua politica aveva reso la Serenissima potente ed ammirata.

Comunque sia dell’ampolla contenente il sangue di Cristo si parla, sempre nelle Cronache in occasione di un furioso incendio che nel 1231 distrusse parte del “Santuario”, dove venivano conservate le reliquie da cui miracolosamente si salvarono i frammenti della Santissima Croce e l’ampolla contenente il sangue che recava un cartoncino legato al collo Spina della Corona nel Tesoro di S. Marco.jpg250px-Scuola_di_San_Giovanni_Evangelista.jpgnel quale era scritto:” Sanguinis Christi”.

Gallerie dell'Accademia.jpgIn seguito, grazie ad un inventario compilato nel 1283 in cui erano descritte le reliquie viene menzionata una ” ampulla una de cristallo in qua est sanguis Salvatoris nostri Jesus Chirsti ornata auro et una perla desuper et est in quadam ecclesia argenti”.

O tramite le mani amorevoli della Maria Maddalena, o per il gesto pietoso di Giuseppe d’Arimatea, comunque sia, chi crede non può fare a meno di avvicinarsi un pò di più al mistero del figlio di Dio fatto uomo, e che ha donato il suo sangue per l’umanità.

Il Redentore a Venezia

la peste a Venezia.jpg
medico_peste.jpgPeste a Venezia 1.jpgpeste.jpg180px-Chiesa_Redentore_sezione_1_Bertotti_Scamozzi_1783.jpgTra il 1575 ed il 1577 vi fu un altro episodio di peste a Venezia. Circa cinquantamila persone ( quasi un terzo della popolazione) morirono a causa di questo terribile morbo.

Chiesa del Redentore.jpgIl 4 settembre del 1576 il Senato della Serenissima decretò di erigere una chiesa intitolata a Cristo Redentore, e la prima pietra fu posta il 3 maggio 1577. IL progetto venne affidato al Palladio, che dal 1570 era ” proto” ovverosia architetto capo della Repubblica di Venezia e  che seguì le direttive dei cappuccini ai quali la futura chiesa venne affidata.

Interno Redentore.jpgredentore.jpgEgli scelse per questa  chiesa posta nell’isola della Giudecca un’architettura rinascimentale, un tentativo insomma di conciliare la chiesa cristiana con tutti gli elementi del tempio classico: Un frontone classico infatti domina la facciata, resa proprio per i canoni di povertà e sobrietà dei cappuccini molto schematica, con materiali poveri cotto e mattoni, rifuggendo da marmi pregiati ed altre decorazioni.

180px-Chiesa_Redentore_pianta_Bertotti_Scamozzi_1783.jpgNel rispetto della griglia funzionale dei cappuccini, per la definizione della planimetria il Palladio si rifà alle strutture termali antiche, specialmente alle Terme di Agrippa come fonte delle sequenze degli Terme di Agrippa.jpgstruttura delle Terme di Agrippa.jpgspazi che si susseguono l’uno all’altro.

E la cupola, che funge da canone per l’intera costruzione, ha il diametro uguale all’ampiezza della scala con i suoi quindici scalini, che simboleggiano la salita al tempio di Gerusalemme.

Il progetto del Palladio, morto nel 1580, fu portato a termine da Antonio da Ponte  Andrea Palladio.jpg180px-Chiesa_Redentore_sezione_2_Bertotti_Scamozzi_1783.jpgnel 1592.

Heintz_Joseph_La_Processione_del_Redentore.jpgBasilica del Redentore.jpgLa ricorrenza del Redentore è una delle feste più sentite dai veneziani. Nella serata  del sabato della terza settimana di luglio viene creato un ponte di barche che collega le Zattere all’Isola della Giudecca,quindi i veneziani salgono sulle barche decorate con fronde e palloncini colorati si radunano nel canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco.

Sulle rive illuminate e sui balconi dei palazzi si assiepa una gran folla per assistere a questa festa di suoni e luci  che trionfa con un grande spettacolo Processione del Redentore stampa.jpgPonte di barche per il Redentore.jpgfuochi Redentore.jpgpirotecnico che rinfrangesull’acqua giochi cromatici altamente suggestivi.

I veneziani nelle barche appositamente apparecchiate mangiano l’oca e l’anitra arrosto, quindi attendono il sorgere del sole sulla spiaggia del Lido.

fuochi redentore 1.jpgRedentore a Venezia - festa.jpgRegata di gondole per il Redentore.jpgLa domenica si svolgono le regate di gondole e riti di ringraziamento officiati dal Patriarca. Una festa in cui tutti i veneziani si riconoscono e si ritrovano, per cui…AUGURI A TUTTI !!!!
 

 

Gli intriganti ingressi della Basilica di San Marco: dall’esterno all’interno un susseguirsi di spirali, simbolo di nascita, evoluzione ed infinito di una strordinaria città che, assieme alla laguna e il mare rimane sempre unica e misteriosa!

300px-Basilica_de_San_Marco.jpgGli intriganti ingressi della Basilica di San Marco sono legati alla struttura stessa della costruzione: innanzi tutto non esiste una vera e propria facciata, poichè non presenta una fronte che abbia una prevalenza sulle altre: a guardar bene non esiste una vera facciata intesa come  piano riconoscibile e delimitato. Le varie fronti sono un complesso di piani e di volumi , più o meno avanzati, snodati dalle nicchie e dagli sguanci a ripetizione.

Il corpo della chiesa è immerso ed avanza negli spazi della Piazza. della Piazzetta dei Leoncini, e  della piazzetta, gli ingressi della chiesa non Porta deri fiori su  Piazzetta dei leoncini.jpgPiazzetta S. Marco.jpgpiazza-san-marco.jpgrisultano simmetrici, esiste infatti una varietà di accessi davvero insolita, con una distribuzione assimetrica rispetto all’asse della chiesa.

Questi due fatti, assai significativi, l’assenza di un fronte principale e la varietà degli accessi, sono tra loro indipendenti e sono una caratteristica di questa architettura.

Cappella Zen.jpgNel 1504-21 per costruire la Cappella Zen,è stato ostruito l’ingresso nell’atrio direttamente dalla Piazzetta : l’ingresso dalla Piazzetta era infatti uno dei più importanti, se non il più importante: era l’ingresso dall’acqua che per tradizione a Venezia è quello principale.

Per necessità liturgiche l’asse della chiesa  risulta orientato est-ovest, ma l’arrivo dell’acqua è a sud: in tal modo la fronte verso la Piazza perde di colpo la sua importanza, e il cosidetto fianco verso il molo diventa  la fronte porta della cappella Zen.jpgprincipale e più decorata.

L’attuale cappella Zen non è coperta a cupola, ma da volta di botte, e diventa quasi un un portico, più profondo di quelli verso la piazza, diventando come una grande bocca spalancata verso la laguna.Sembra quindi che le due entrate principali alla -Basilica dovevano essere quella dalla piazzetta (cappella Zen) e quella dalla piazza (porta di S. Alipio): due percorsi porta de mar.jpgportaledi S. Alipio.jpgporta_sant_alipio_mosaico.jpgscentrati o tangenziali, con andamento a “turbina”.

Da un’antica stampa di Giac. Franco (XVII secolo) si può osservare che il baldacchino fissato per una delle tante processioni rientra in chiesa proprio per la porta di S. Alipio e non per la porta centrale.

E’ evidente che gli altri ingressi fossero si importanti, ma per la gente che arrivava alla spicciolata, così pure la porta dei fiori sul lato nord, che sembra però essere ricavata in un periodo posteriore alla costruzione dell’atrio.

venezia_san_marco_basilica_pianta_02.gifPorta del frumento.jpgGli ingressi quindi dalla Piazzetta e di S. Alipio erano destinati alle processioni: solo a queste infatti corrisponde all’interno tutto un lungo spazio di un intero braccio dell’atrio; è questo spazio che è per di più cadenzato dallo snodarsi delle campate coperte alternativamente a volta e a cupola e affiancate dalle nicchie. <un ritmo continuo, : ogni braccio è quasi una piccola chiesa basilicale.

Un ingresso alla chiesa più riservato era quello interno al Palazzo ducale: esso è collocato al piano terra, all’inizio del portico dell’ala dei Pregadi, di fianco alla scala dei giganti.

Nel cortile di Palazzo Ducale, in linea con la Porta del Scala dei giganti a Venezia.jpgArco Foscari.jpgArco Foscari 1.jpgfrumento  sul molo, esiste tutt’ora il tracciato di una corsia, affiancata dai fori dei montanti di un lungo baldacchino o padiglione…il prolungamento di questo tracciato passa ai piedi della scala dei Giganti, sfiora l’Arco Foscari, che prima della decorazione gotica doveva lasciare più spazio libero verso il cortiletto, e conduce ai gradini rotondi della porta della chiesa.

L’allineamento non era certamente casuale, ma era il segno di un percorso ben definito legato al rituale che accomunava il Palazzo alla Chiesa.

palazzo_ducale_001_arco_foscari.jpgProcessione di Giacomo Franco.jpgDalla stessa stampa del Franco si può notare che il baldacchino per la processione esce appunto dalla porta del Frumento del Palazzo °Ducale, E’ da supporre quindi che la porta nel cortiletto dei Senatori servisse per l’uscita della processioni della chiesa.

Un altro ingresso laterale, più importante anche se meno appariscente, risulta al centro dell’Arco Foscari, in corrispondenza dell’arco sotto all’orologio nel cortile, ed è Cappella di S. Isidoro in mappa.gifCaoppelklka di S. Isidoro.jpgCappella di S. Isidoro 1.jpgtagliato sul muro tra il tesoro e gli altri piccoli ambienti ad est. Questo passaggio risulta perfettamente in asse con il transetto, sotto il rosone, di fronte alla Cappella di S. Isidoro: immette quindi in uno spazio simile a quello della porta centrale dalla Piazza.

E’ evidente  che esiste quindi una corrispondenza tra i vari percorsi esterni della Basilica, visti in relazione ai vari ingressi, che avvolgono la chiesa e vi convergono con un andamento  a Colonne di Marco e Todaro.jpgPilastri acritani.jpgpili portastendardi a  S. Marco.jpgspirale ( la spirale, un simbolo dell’infinito, ma anche della crescita e dell’espansione, ed elemento comune e unico a Venezia, come ad esempio l’anagrafica di porta dei fiori.jpgquesta straordinaria città!)e sono accompagnati da elementi spaziali come le due colonne del molo ( Marco e Todaro) che accompagnano il percorso dal Ponte della Paglia alla Piazzetta, l’edicola sporgente al lato sud della Basilica, verso il molo, che accomnpagna e indica il percorso verso l’ingresso d’acqua (il più solenne ed importante) , e verso l’atrio (la cappella Zen); i due pilastri acritani , allineati con l’antica torre del tesoro, che indicano un percorso da o per la Porta della Carta; i tre pili portastendardi sulla Piazza davanti alla chiesa, che definiscono uno spazio altrimenti troppo vasto fino in fondo alla Piazza e che suggeriscono un percorso tangenziale alla facciata.

Tali elementi sono riscontrabili anche nelle logge e nelle gallerie sovrastanti: queste si sviluppano solo su lato ovest, sulla Piazza, o sul lato nord; sul lato sud, verso il molo , la loggia ha solo un piccolo risvolto di una campata; questo lascia supporre battistero.gifBattistero della Basilica di S. Marco.jpgBattistero.jpg(come dice >Il Cattaneo) che il Battistero sia sempre stato fin dall’origine dove è ora: luogo quindi di origine della Basilica, da dove essa si è espansa a spirale, con le sue nicchie, le sue asimmetrie, i suoi ingressi strani la sua meravigliosa originalità di chiesa ibrida….tra il bizantino più estremo e la sua interfaccia di una città che aveva come referente unico e principale il mare…a cui era dedicato tutto: le lampade della giustizia, gli ingressi delle chiese, i progetti del futuro, l’orgoglio e il dominio commerciale, culturare e militare, ma sopratutto la libertà di pensiero e l’immenso amore per l’equilibrio così delicato e meraviglioso con la sua laguna, fragile, misteriosa, calma a volte, a volte aggressiva…ma parte indissolubile della natura di Venezia e dei Veneziani.

 

 

 

 

Pagine:«1234»