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Set 2, 2011 - Cucina venexiana, Leggende, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il pan de Megio e il doge Megioto a Venezia

Il pan de Megio e il doge Megioto a Venezia

Fondamenta del Megio con fondaco.jpgFontego del Megio.jpgIl sestiere di S. Croce conserva tra i suoi edifici il fontego del megio: era una magazzino costruito nel 1300 con approdo adiacente al Fondaco dei Turchi. Questo magazziono era destinato inizialmente allo stoccaggio del grano, ma in seguito vennero conservati anche cereali di meno valore destinati a riserva in caso di carestie, proprio per il pericolo delle truppe turche, tra cui il miglio (megio in veneziano).

A stivarlo nel fondaco ci pensò il Doge Pietro Loredan, uomo giusto,  giunto anziano al dogado, e persona di per sè semplice e pragmatica. Nel 1570 i Turchi Doge Pietro Loredan.jpgCalle del Megio.jpgarrivarono fino alle porte di Treviso, ed allora il Doge decise che per l’uso comune del popolo si dovesse confezionare pane di miglio.

miglio.gifpane di miglio 1.jpgLe restrizioni di questo tipo colpirono proprio la fascia più povera della popolazione che affibbiò l’appellativo di Doge paner di miglio.jpgMegioto al Loredan, il quale non visse certo a lungo. Morì infatti quello stesso anno, ed allora il popolo imventò un detto: “El Dose del Megioto che fa vendere el pan de megio ai pistori (panettieri) xe morto. Viva San Marco e la Signoria, xe morto el Dose de la carestia”.

Così la povera gente riuscì ad esorcizzare la paura dei Turchi, e a mangiare pane più buono: i veneziani ironici, sempre di buon umore e con la voglia di guardare avanti, scherzando anche sugli eventi più seri, e la storia dette loro battaglia di Lepanto 2.jpglepanto-1571.jpgragione: il 7 ottobre 1571 sconfissero i Turchi nella battaglia di Lepanto: il più grande vanto della Serenissima!

Ago 29, 2011 - Architettura, Arte, Luoghi, Mestieri, Società veneziana    Commenti disabilitati su Il Ponte della Paglia a Venezia

Il Ponte della Paglia a Venezia

immagine del ponte derlla Paglia.jpgponte della paglia 1.jpgIl ponte che dal molo di S. Marco collega Riva degli Schiavoni e corre parallelo al ponte dei sospiri,venne costruito nel 1100 , era largo circa tre metri, e la sua parte più antica è proprio quella prospicente il Ponte dei sospiri: si tratta del Ponte della Paglia.

Esso trasse il suo nome dalla Stazione di sosta ubicata in quel luogo per permettere il carico e lo scarico delle barche cariche di paglia e fieno. Anticamente la paglia da vendere era usata per i pagliericci, per coprire i tetti delle case più povere impastata con fango ( e per questo motivo tanti incendi si sviluppavano nella antica Venezia), oltre ad altri usi domestici; veniva usata nelle stalle, ubicate a Castello,  e il fieno veniva utilizzato per nutrire i cavalli e gli asini.

proigioni.jpgL’impiego della paglia era abbondantemente utilizzato per i pagliericci delle carceri.

ponte della paglia del canaletto.pngAi piedi di questo ponte erano poste le garitte (piccole casette in legno) , una ubicata vicino a Palazzo Ducale e l’altra vicino alle carceri, ed i soldati della Serenissima che stavano all’interno controllavano l’entrata e l’uscita dei cittadini in transito sul Ponte; oltre a questo compito essi dovevano vigilare sul commercio e far pagare i dazi dovuti allo Stato per lo scarico di questo materiale così importante e necessario per la vita della Serenissima.

Ponte-della-paglia-02.jpgIn certi giorni davanti alle carceri e presso la garitta venivano esposti i cadaveri degli annegati per il dovuto riconoscimento.

Il Ponte della Paglia quindi, ampliato nel 1854 e diventato così com’è ora era un luogo importante e nevralgico di questa città, che fa parte della sua storia quotidiana, dei cittadini più semplici e della loro vita: Venezia e i suoi cittadini, Venezia e le loro necessità ..meraviglioso pensarla anche così!

Ago 20, 2011 - Società veneziana    1 Comment

I Baili: artefici della cultura e dell’espansione della Serenissima

basilica_di_san_marco_a_venezia.jpgLa vocazione naturale di Venezia fu subito chiara, vista la sua posizione geografica, proiettata verso l’est Europa, e destinata a far fiorire il commercio con le popolazioni di tali zone.

Il problema Adriatico fu quindi il primo che la neonata Serenissima si trovava ad affrontare, legata com’era anche a Bisanzio, alla sua cultura, al suo fascino; nei primi secoli l’azione del Governo cercò di rendere sicura la navigazione mediante punti di appoggio contro i focolai di pirati narentani e saraceni, perciò le conquiste territtoriali non furono mai vistose, solo quanto bastava ed era indispensabile ad una strategia di dominio che si affidava soprattutto alla sicurezza delle rotte che portavano ad Oriente.

Genetile Bellini, ammiraglio turco.jpgPietro Orseolo II.jpgImperatore Basilio.jpgTra i vantaggi e la strategia basata sul dialogo e sulle alleanze, ebbe molta importanza la Bolla d’Oro, un accordo fondamentale stipulato con l’Imperatore Basilio nel 992, che garantiva la strada aperta per i commerci e la navigazione verso Costantinopoli, ottenuto dal doge Pietro Orseolo II a riconoscimento del suo aiuto contro i Saraceni.

In questo modo Venezia ebbe la strada aperta per i commerci con la Siria, l’Egitto e l’Africa del Nord, e con banchine oltre che a Costantinopoli nel Corno d’Oro, e fondaci a Gerusalemme, Alessandria, Acri, Beirut, Aleppo, Damasco, il Cairo.

Occupò anche isole del sud, e porti dell’Egeo. Grazie ai mercanti come Marco Polo ed altri, Solimano Agostino di Gentile Bellini.jpgcreò una profonda penetrazione mercantile anche in Asia minore, e creando addirittura servizi di linea che si estendevano, alla fine del 1300 all’Inghilterra e alle Fiandre.

Sultan_Mehmed_II.jpgBaili veneziani.jpgambasciatore turco.jpgGrazie alla conquista ed ai buoni rapporti con la Dalmazia La Serenissima era la regina del commercio in tutto il Mediterraneo.

Lo strumento più usato dalla Repubblica fu quindi la diplomazia, arte delicata a cui Venezia dedicò estrema attenzione e preparazione: allo scopo vennero preparati personaggi particolarmente abili, pronti a studiare le lingue e le abitudini dei luoghi dove darebbero stati inviati per creare un ponte “diplomatico”, e a governare quei veneziani che in quei luoghi si erano trasferiti: si tratta dei Baili, persone di grande Dogre con ambasciatori arabi.jpgBaili Veneziani in Islam.jpgcultura e di mente aperta, così come aperta era la civiltà Veneziana pronta a cercare di capire, ad adeguarsi, più che a imporre religione, usi, anzi, traendo da queste diversità possibilità di ampliare la propria cultura e, per quanto riguarda i commerci, le proprie informazioni: non a caso dalla Siria vennero le prime informazioni per la lavorazione del vetro, e dall’Islam la lavorazione dei tappeti e dei velluti.

I lavori orafi importati da Damasco, con relativi metalli preziosi, e le lacchi indiane, per l’abbellimento delle ceramiche. Ma il maggior apporto culturale fu quello legato alla filosofia  ed alle scienze, tra cui l’algebra, parola araba, come arabi sono i numeri tutt’ora utilizzati, e lo zero, grande scoperta di qualcosa Istambul di Gentile Bellini.jpgche è nulla ma che posta prima o dopo un numero ne accresce o ne diminuisce il valore.

Istambul.jpgGentile Bellini, donna turca.pngBaili veneziani in oriente.jpgNon a caso a Venezia venne pubblicato il primo Corano (inteso come libro) nel 1537 ,le opere astronomiche di Tolomeo , il compendio medico di  Avicennia e le opere filosofiche di Avennoè.

Questa è stata la ricchezza di Venezia e dei governanti che si sono susseguiti nei secoli, dando lustro, potere e predominio culturale, letterario, filosofico, I Baili di Venezia.jpgmusicale e scientifico: una cultura aperta e pronta a recepire e capire!

 

Ago 16, 2011 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Leggende, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I grotteschi vecchietti di Venezia e il Ponte di Rialto

I grotteschi vecchietti di Venezia e il Ponte di Rialto

dei-camerlenghi_m.jpgVecchi.jpgIl Palazzo dei Camerlenghi, sede della Sezione Regionale della corte dei Conti conserva sulla sua facciata prospicente il Ponte di Rialto due capitelli, uno a destra, l’altro a sinistra, raffiguranti due immagini grottesche e alquanto strane: l’una sembra raffigurare una vecchia con delle fiamme tra le gambe, e l’altra un vecchio stranamente “fornito”di un sesso molto particolare.

DeBarbari_1.jpg

Carpaccio1.jpgcsapitello della vecchia.jpgLe leggende legate a queste immagini sono diverse, ma ce n’è una che rappresenta lo spirito ironico  e a volte un pò sboccato della gente veneziana, del popolo. Si racconta che vecchio.jpgProgetto del Palladio per il Ponte di Rialto.jpgquando il Consiglio dei Dieci decise di costruire, dopo vari incidenti, il Ponte di Rialto in pietra( prima era in legno ) le cose andavano veramente per le lunghe: i vari progetti presentati (compreso  quello del Palladio) sembravano non andare bene e si sentiva forte per praticità e commercio  l’esigenza di ripristinare l’unico ponte che collegava le due rive del Canal Grande.

Vecchi.jpgIl tempo passava e la costruzione non iniziava, e allora il popolo cominciò a diffidare, a temere che il progetto non venisse effettuato o che la costruzione cedesse e crollasse;  fu allora che (per voce del popolo) si raccontò di una coppia di vecchi i quali, dopo averne viste tante, fecero una scommessa: la vecchia scommise ” che me brusa la mona se il ponte non casca” ( dialetto veneziano per dire: che prenda fuoco il mio sesso se il ponte non cadrà), ed il vecchio, di rimando ” che me cresca un’ongia sull’oseo se il ponte non casca”.

Ponte di rialto.jpgPonte di Rialto con Palazzo dei Camerlenghi.jpgNel 1591 il Ponte di Rialto, su progetto di Antonio da Ponte venne ultimato, ed è ancora li, splendido, meraviglioso anche se bisognoso di restauri, ma solido con le sue botteghe: ecco che allora scattò l’ironica vendetta della Repubblica che effigiò i due vecchi proprio di fronte al ponte tanto vituperato e deriso , con le loro imbarazzanti deformità: a sagacia ed ironia popolare rispose quella divertente , grottesca dei governanti , che sarebbe comunque servita a monito per  chi non aveva fiducia nelle istituzioni.

Venezia ed i veneziani: popolo disinibito, sempre divertente, battuta pronta, che sapeva, ridendo, pungolare i propri politici, e questi, di rimando sapevano rispondere tono a tono, e questa leggenda ne è un esempio.

 

Carlo Goldoni: il narratore dello spirito veneziano

Carlo Goldoni.jpgIl più grande narratore ed interprete della Venezia del 700 nacque nella Serenissima il 25 febbraio  del 1707, e morì a Parigi il 6 Febbraio 1793.
Figlio di Giulio Goldoni e di Margherita Salvioni andò a vivere a Perugia dove il padre faceva il medico e studiò Filosofia a Rimini.

Scelse di laurearsi a Padova in Legge a causa dell’improvvisa morte del padre, quindi tornò a Venezia, intraprendendo la carriera forense.

Nel 1734 incontrò a Verona il Capocomico Giuseppe Imer, e, attratto com’era dal Teatro, ottenne dal ” San Samuele” di Venezia di scrivere i testi per il Teatro della famiglia Grimaldi. Stando a seguito della Compagnia della Commedia dell’Arte incontrò Nicoletta Conio, e la sposò.

Commedia di Carlo Goldoni.jpg225px-Casa_Goldoni.jpgE qui ebbe inizio la sua avventura di narratore di Venezia, della venezianità, del sapido gusto per la battuta pronta, della valorizzazione della donna che nella Repubblica era rispettata e tenuta in considerazione.

La prima commedia che scrisse per il Teatro San Samuele fu il Momolo Cortesan, a cui fece seguito ” La donna di Garbo”.Dopo l’abbandono della città  per via dei debiti che aveva accumulato, potè rientrare nel 1748, ed iniziò a scrivere commedie come; L’uomo prudente, la  Vedova Scaltra, La putta onorata, La buona moglie, La famiglia dell’antiquario ecc.

Ebbe modo di realizzare diverse Commedie per i Teatro Comico come: La Bottega del Caffè, ed altre. Non voglio fare un elenco di titoli, enorme e ricco, ma volevo soffermarmi sulla sua capacità di descrivere la realtà di una Venezia e dei veneziani, scritta con il linguaggio che i La Bottega del Caffè.jpgIl Campiello.jpgLe Baruffe Chiozzotte.jpgveneziani usavano tutti i giorni, e di utilizzare varie situazioni che si potevano riscontrare quotidianamente: meravigliose la sua “Bottega del Caffè”, il ” Campiello” le Baruffe Chiozzotte, scritte nel periodo in cui ha vissuto a Chioggia,” Una delle ultime sere di Carnevale”  ma in assoluto il suo descrivere la donna veneziana, il suo “morbin”, cioè quella vivacità di rispondere battuta a battuta, di sapersi destreggiare con le avances degli uomini, non facendo le bacchettone, ma districandosi con tatto, vivacità ed allegria, dando all’uomo stesso la sensazione di essere comunque conquistato e gradito: ” e lor Signori ancora profittino di quanto hanno veduto in vantaggio e sicurezza del loro cuore, e quando mai si trovassero in occasione di dubitare, di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della “Locandiera”, queste sono La locandiera.jpgle parole di Mirandolina, la protagonista di questo capolavoro.

200px-Baldassare_Galuppi_Memorial.jpg300px-Chioggia-Casa_Goldoni-DSCF0140.jpgNelle sue commedie furono utilizzati i personaggi della Commedia dell’Arte, ma non come improvvisatori (come Antonio Sacchi, che nell’Arlecchino, servitore di due padroni intepreta Truffaldino) ma gli attori iniziarono allora a seguire un testo, una trama ben precisa.

Le sue maschere preferite furono Pantalon de Bisognosi, Arlecchino e Brighella, che esprimevano proprio le varie sfaccettature dei personaggi che vivevano a Venezia, e che ne formavano il tessuto sociale.

Triologia della Villeggiatura.jpgSior Todero Brontolon.jpgGoldoni si espresse anche come librettista per opere serie, Come “Gustavo I° Re di Svezia, musicata da Galuppi, allievo di Benedetto Marcello e nato a Burano nel 1706, ed altre, mentre molte furono le opere giocose, sempre musicate dal Galuppi, come ” Il mondo alla roversa ossia Le donne che comandano” o il Paese della Cuccanga. Tra Galuppi ed altri musicisti scrisse circa 45 libretti di opere giocose, e quattro di opere drammatiche.

Da non dimenticare la triologia della Villeggiatura, gustosa e sapida “testimonianza” dei personaggi veneziani nelle ville della Riviera del Brenta.

carlo gozzi.jpgIl suo nemico feroce ed estremamente critico fu Carlo Gozzi, che lo accusava di volgarizzare e di distorcere la realtà veneziana, ma i veneziani, in cuor loro, sapevano e sanno benissimo che questo testimone, narratore..ironico, divertente ha colto l’anima di quella città e di quell’epoca, che comunque per alcuni versi rimane tale e quale ancor oggi…ad esempio LE DONNE VENEZIANE.

monumento a Carlo Goldoni 1.jpgmonumento a Carlo Goldoni.jpgDall’alto della sua statua, in Campo San Bartolomio, egli sorride a  coloro che  passano, magari con un colombo sul tricorno, ed ogni veneziano che passa li sotto, in cuor suo, gli sorride complice e gli strizza l’occhio!”

 

 

 

I più curiosi lavori a Venezia: codega e pittima!

venezia repubblica marinara.jpgVenezia, città e Repubblica straordinaria ed unica, per il proprio modo di concepire i valori dell’etica in tutti i settori della vita dello Stato e delle persone rappresentative che ne facevano parte, ebbe modo, per questo motivo ed anche per altre necessità , di creare nuovi mestieri, curiosi ma particolarmentre interessanti.

Uno dei lavori particolari che veniva offerto a persone povere e senza alcuna preparazione particolare fu quello del ” codega”: in una città poco illuminata, codega.jpgel codega.jpgin cui calli e campielli potevano offrire angoli oscuri e particolarmente pericolosi a causa di malfattori o potenziali assassini nascosti nel buio, i codega attendevano con pazienza che persone che si erano attardate, magari a giocare nei “ridotti”, o gentiluomini che si erano soffermati, magari in compagnia di una dama, per offrire i propri servigi, illuminando con la loro lanterna il loro cammino: da qui il detto ” reggere il lume” o ” reggere il moccolo”.

pittima.jpg

Un altro lavoro commissionato e pagato dallo stato era quello della “pittima”. Vestito di rosso, quell’uomo perseguitava letteramente coloro i quali erano creditori rispetto ad altre persone, mercanti, armatori o anche solo creditori di gioco:  la Serenissiuma sceglieva quella persona tra i più poveri, ed assicurava il vitto e l’alloggio presso ostelli.pretendendo comunque che il perseguitato venisse seguito e che gli venisse richiesto in ogni momento il saldo del debito, magari con grida e strepiti, ed il creditore non poteva assolutamente reagire alla pittima, pena prigione ed ignominia.

Per Venezia l’etica e la correttezza tra mercanti venivano considerate primarie e facenti parte della struttura stessa dello stato-

roicostruzione di scena con pittima.jpgTutt’ora a Venezia ci sono i detti” non fare la pittima”, per accusare una persona di lamentarsi continuamente, o ” ma ti xe proprio una pittima!

Venezia era straordinaria ed unica anche in questo, con tutte le curiosità e i suoi mestieri, che avevano una loro valenza forte per la sicurezza e l’etica di uno Stato.

Fantastici canali e rii sinuosi della magica Venezia

Canale di Cannaregio 3.jpgCanale di Cannaregio 1.jpgCanale di Cannaregio.jpgCanale della Giudecca 2.jpgCanale della Giudecca 1.jpgCanale della Giudecca.jpgDelle  vie Canal Grande 2.jpgd’acqua di Venezia i Canali, sono quelli esterni alla città, che solcano la Canale di Cannaregio 4.jpgCanal Grande 1.jpglaguna aperta e all’interno sono quelli più Canal Grande 3.jpgCanal Grande 4.jpgCanal Grande 5.jpglarghi ed importanti, come il Canale della Giudecca, il Canal Grande e il Canale di Cannaregio. Tutte le altre Canal Grande 6.jpgvie d’acqua si chiamano rio; a volte assumono il diminutivo di “riello” o addirittura di “rio menuo” (rio minuto).

Rio 1 a Venezia.jpgI rii sono in genere canali molto stretti e spesso con andamento sinuoso, data la loro derivazione fluviale, ed è per questo motivo che la forma di Venezia è stata condizionata nel suo sviluppo fin dalle origini, e ciò per ragioni costruttive.
Infatti tutti gli edifici di Venezia sono poggiati direttamente o attraverso palificazioni  su uno strato particolarmente resistente formato di argilla e sabbia compresse chiamato “caranto”, che si trova a qualche metro di profondità.

rio 3.jpgrio 2.jpgE’ stato accertato che nell’alveo dei canali lo strato di caranto molto spesso viene eroso, parzialmernte o del tutto, dall’alternarsi delle maree e, un tempo, dalle correnti fluviali; al posto del caranto allora si deposita della melma o altro materiale “incoerente”, non adatto perciò a portare carichi.

rio 4.jpgEcco perchè le costruzioni sul terreno lagunare debbono rispettare l’andamento irregolare dei rii che sono stati talvolta interrati per migliorare la viabilità, ma non certo per costruirvi sopra.

Di conseguenza le facciate di molti palazzi hatto una linea decisamente curva, come ad esempio i palazzi gotici di Campo San Polo (un tempo fiancheggiati da un rio) o come il Palazzo Palazzi in Campo San Polo.jpgPalazzo Soranzo in Campo San Polo.jpgQuerini Stampalia a Santa Maria Formosa, o il fianco di Cà Pesaro.

Per la medesima ragione si sono formate certe labirintiche sistemazioni stradali, soprattutto nelle zone più antiche, come nelle zone di San Marco, S. Polo e Santa Croce: esse sono il risultato di un ingegnoso adattamento per sfruttare al massimo il poco e irregolare terreno disponibile.

Alcuni canali o rii sono fiancheggiati solo da edifici che sorgono direttamente dall’acqua, come il Canal Grande, e numerosi rii interni come Rio Laterano o Rio S. Polo, altre volte Palazzo Querini.jpgPalazzo Pesaro.jpgvista dall'alto di San Marco.jpgda una parte vi sono palazzi e dall’altra una via pedonale chiamata “fondamenta”, come Rio S. Alvise, Rio della Sensa, S. Lorenzo.

rio 6.jpgrio 5.jpgAltri invece sono fiancheggiati su entrambi i lati da fondamente ed edifici, come il Canale di Cannaregio, Rio Marin, Rio S. Trovaso. In questi rio 7.jpgcaso la via d’acqua non è altro che una parte di un complesso di differenti viabilità e di un unico sistema urbano a rio a Venezia.jpgcarattere lineare (edifici, fondamente, rio, ponti) molto razionale e fra i più diffusi in città.

Lo stretto intreccio tra le costruzioni e l’acqua, su cui e di cui vive Venezia è fonte di questi ingegnosi adattamenti, frutto dell’intelligenza e della capacità dei Veneziani di  vivere pienamente il proprio territtorio, in un delicato e meraviglioso equilibrio.

 

 

 

I Ponti di Venezia e la loro origine : quando si andava a cavallo!

ponte di barche 1.jpgDalle origini di Venezia (421)  fino al 700 d.c., come avevamo già visto, la città era formata da isole, e l’attraversamento dei canali e dei rii era effettuato tramite traghetti con barche, oppure, se i rii erano particolarmente stretti , venivano legate delle barche e sulla loro sommità (olmi) veniva posata un’asse di legno per permettere l’attraversamento a piedi o a cavallo.

Nell’800 vennero realizzati i primi ponti in legno che nel corso dei secoli venneero costruiti in pietra. All’inizio erano senza balaustra denominata anche “guardia ponte di barche.jpgFederico III d'Asburgo.jpgCampanile_di_San_Marco.jpgcorpo” o parapetto. Prima del medio evo erano pochi i ponti dotati di protezione in quanto i trasporti avvenivano appunto con carri trainati da cavalli o da muli: nel 1287 un decreto del Senato proibiva alle persone di cavalcare per le Mercerie fino a San Marco, esclusi i forestieri appena giunti in città: clamorosa ed unica fu l’impresa di Federico III d’Asburgo che percorse a cavallo la scala interna del campanile di S. Marco, fino ad arrivare alla sommità.

Le persone che arrivavano a Rialto dovevano lasciare i loro mezzi o cavalcature legati alla “focaia”, che era un legno di stallo , poi dovevano proseguire a piedi per arrivare in piazza.

ponte della moneta.jpgponte di rialto inb legno.jpgImmagini di ponti di barche ci vengono tramandate da antiche stampe, e la storia del ponte di Rialto (già ponte della moneta) è stata illustrata da geni della pittura come Vittore Carpaccio, nel miracolo della croce a Rialto, e la visione dei progetti del Palladio, a cui venne preferito Da Ponte.

il miracolo della Croce di Gentilre Bellini e il ponte di San Lorenzo.jpg

ponte_chiodo_def.jpgcarpaccio_venezia.jpgPochi sanno che, percorrendo la Strada Nuova, alla fine della Fondamenta che costeggia la chiesa di S. Felice si può trovare l’unico ponte di Venezia ancora senza parapetto.

ponte-chiodo.jpgAltri ponti sono famosi, come il Ponte dei Sospiri, un vero gioiello architettonico gotico dove transitavano i condannati alla prigione che da Palazzo Ducale, ponte_sospiri.jpgsede delle sentenze, venivano condotti alla sede della loro espiazione di condanna.

Progetto del Palladio per il Ponte di Rialto.jpgPonte dei pugni.jpgAltro ponte famoso e curioso è il Ponte dei Pugni, uno di alcuni che si trovano a Venezia dove i Castellori ingaggiavano terribili risse contro i nicoloti, risse comunque indolori in quanto i contendenti colpiti finivano in canale, dragato sempre per evitare ferite mortali. In quello a S. Barnaba (dorsoduro) vi sono i segni delle orme, ai quattro lati della sommità, dove i orma sul ponte dei pugni.jpgpugni sul ponte.jpgcontendenti si dovevano posizionare prima delle scazzottate!

venezia_ponte_accademia_3.jpg

tre-archi-DSCN5922-bis-si-1.jpgE di ponti di tutti i tipi, di legno (come quello dell’Arsenale) o di ferro ve ne sono in quantità: uno, l’unico a tre arcate è una meraviglia.e a percorrerli, gradini cadenzati, passo dopo passo, diventa un’armonia di movimento, quasi un danzare in questa città che è arte, luce, suono, armonia………meravigliosa Venezia.

Il piccolo e grande mistero della comparsa e della scomparsa della Madonna Nera a Murano

8319680-chiesa-di-san-pietro-martire-church-in-murano-venice-venezia--italy.jpgMadonna nera di Murano.jpgUna mattina del 1810 venne ritrovata a Murano una statua della Madonna con il bambin Gesù in braccio: era scolpita in legno nero e per questo motivo venne chiamata la Madonna Nera. Nulla si conosceva di come fosse arrivata in quel luogo, si conosceva solo la data di costruzione incisa sull basamento: 1612.

Subito dopo il rinvenimento la sacra immagine venne portata presso la chiesa di San Pietro Martire, ma il mattino murano.jpgSanPietroMartireMuranoDEF.jpgsuccessivo al ricovero, aperta la Chiesa, la statua era sparita! Nemmeno il tempo di accorgersi della scomparsa che alcuni pescatori avvisarono il parroco di aver ritrovato il simulacro nel medesimo luogo in cui era stata rinvenuta.

Il parroco stesso andò a riprendere la statua, ma il fenomeno si ripetè per i due giorni consecutivi: a quel punto tutti capirono che la postazione della statua era in quella riva dove era stata rinvenuta: venne innalzato allora un altare con sopra la Madonna nera, e il luogo venne recintato. Li rimase per anni, moltissimi, e a chi andava a pregarla donò numerosissime grazie!

miniatura della Madonna nera di Murano.jpgPer i Muranesi ed anche per tutti gli altri veneziani divenne meta di pellegrinaggio, alla ricerca di conferme di fede  e di piccoli o grandi miracoli. Nel 1975 si ravvisò la necessità di allargare la fondamenta, per cui la miracolosa statua venne spostata, ma da allora non si trovò alcuna traccia: scomparsa? trafugata? o semplicemente aveva portato a termine il suo scopo?

Anche questo è uno dei misteri non svelati di Venezia, dove la vita si intreccia alla religione ed alle mille malie e stranezze che fanno di una città di mare, in simbiosi con il mare  un luogo in cui le statue sacre arrivano, compiono miracoli e poi, magari tornano nelle profondità della natura, dei misteri miracolosi di un mare cre è un tutt’uno con la città: meravigliosa simbiosi!

 

 

 

 

Le Boche de Leon a Venezia

ricordo della congiura.jpgDal 1310, dopo la congiura di Baiamonte Tiepolo furono costruite a Venezia diverse Bocche di Leone  ( Boche de Leon) o Bocche per le denunce segrete (boche de le denuntie), simili alle nostre cassette postali, distribuite almeno una in ogni sestiere, vicino a collocazioni della Magistratura, a Palazzo Ducale o  alle chiese, e servivano a raccogliere notizie, delazioni o segnalazioni contro coloro che si macchiavano dei crimini più vari.

Si chiamavano così perche attorno alla fessura creata per “impostare” i fogli con le denunce scritte veniva scolpita l’immagine di un muso di leone, dall’espressione spaventosa e truce.

Solo i Capi del Sestiere potevano accedere al retro del muro dove erano poste le varie cassette, le cui chiavi venivano tenute dai Magistrati, ed ognuna di esse raccoglieva le delazioni per un tipo diverso di reato: dalle accuse di evasione delle tasse, a quelle che   riguardavano i bestemmiatori, e varie altre.

Consiglio dei dieci 1.jpgb11salabussola.jpgBocca di Leone sul muro della chiesa alle Zattere.jpgBocca di leone per le tasse a Venezia.jpgMolto spesso si trattava di delazioni prive di ogni fondamento, dovute all’invidia o all’odio di una persona verso l’altra, altre volte invece queste segnalazioni salvarono anche la stessa sicurezza della Serenissima.

I Savi dei Dieci e i Consiglieri dei Dieci accettavano le denunce anonime solo se si trattava di affari di Stato, con l’approvazione dei cinque sesti dei votanti.

Non era però così facile, come si può pensare, il consiglio dei dieci.jpgaccusare qualcuno. Nel 1387 il Consiglio dei Dieci ordinava che le accuse anonime inviate tramite lettera, senza firma dell’accusatore e senza attendibili testimoni d’accusa sulle circostanze segnalate, dovevano essere bruciate senza tenerne minimamente conto.

Nel 1542 fu decretata una legge che stabiliva l’accettazione delle denunce  solo se venivano citati almeno tre testimoni presenti  al fatto.

Anticamera Consiglio dei 10 Boca de Leon Palazzo Ducale.jpgSan%20Martino%20bocca.jpgPalazzo Ducale loggia orientale bocca de leon.pngIl Consiglio dei Dieci applicava con scrupolosità la legge stabilita dagli Avogadri dello Stato.Era necessario indagare scrupolosamente per stabilire la verità, con giustizia e chiarezza, non giudicare nessuno in base ai sospetti, ma ricercare le prove concretamente, ed alla fine pronunciare una sentenza pietosa.

Palazzo Ducale 4.jpg250px-Venice_-_St__Martin%27s_Church.jpg250px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Mois%C3%A8.jpgPalazzo Ducale 3.jpgS. Maria della Visitazione.jpgPalazzo Ducale.jpgTutt’ora si  possono ammirare, per la loro spettacolarità a Palazzo Ducale, sul muro della chiesa di S. Maria della Visitazione alle Zattere, sulla Chiesa di S. Martino a Castello,  e quella di S. Moisè a San Marco.

I delatori, come dappertutto cercavano di ottenere vendette o vantaggi rispetto a qualche rivale, ma la saggezza e la coerenza di uno Stato che faceva della giustizia uno sei suoi cardini (basta vedere tutte le statue che la raffigurano) era garanzia per i cittadini della Serenissima che si sentivano tutelati, e che vantavano con orgoglio il loro essere figli della Repubblica di Venezia.