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Lug 31, 2010 - Società veneziana    1 Comment

La Corporazione dei Barbieri a Venezia: artigiani ed eroi

barbiere-cerusico.jpgMedici_della_Peste.jpgA Venezia erano molto studiate e curate la medicina e la chirurgia: diversi libri importanti vennero pubblicati su questi argomenti, ed esisteva pure un teatro anatomico. Ma per la cura della salute dei Veneziani, in pace ed in guerra, ebbero un ruolo veramente importante i barbieri-cerusici ( o Ceroici).

Lo statuto dell’arte dei Medici e degli Speziali risale al 1258, quello dei barbieri al 1270.
Esso , oltre che alla rasatura della barba, delimitava  il campo di cura dei barbieri alla cura ed alla cavatura dei denti ed al salasso (extraendo et aptando dentes et sanguinare minuendo).

Vi erano due diverse corporazioni che riguardavano i Medici ed i Chirurghi che mantennero sempre il privilegio di creare maestri nelle loro arti, e di poter concedere licenze di chirurgia minore (cosidetti chirurghi ignoranti) ai barbieri. Questi inoltre dovevano sostenere un esame per poter dimostrare di conoscere la composizione di alcuni medicinali, ed altri esami per avere il privilegio di:  medicar bruschi, sgrafiature,machadure, ferite et casi lezieri et non in pericolo di morte.

Santi Cosma e Damiano.jpgI Santi patroni di tutte e tre le categorie furono comunque dall’inizio i Santi Cosma e Damiano, noti come medici.

Ai barbieri-cerusici Venezia dovette molto per il loro impegno nella Sanità comune, ed anche in quei presidi in cui queste figure rischiavano la vita, come ad esempio i luoghi in cui parevano profilarsi epidemie di peste, o durante le guerre, in cui affiancavano sia i medici che i chirurghi.

Barbieri-cerusici a sostegno dei chirurghi.jpgDall’archivio di Stato Venezia, una modifica della Mariegola, datata 1646  aggiunse: ” Negli aggravi dell’arte dei barbieri avendone somministrati nel corso della guerra presente fino al n. di 53, che fino alla fine della guerra occorrerà spedire in armata, o in Dalmazia per la peste siano corrisposti etc.).

Nel 1646 infatti il Magistrato preposto ricorse alla precettazione di otto barbieri chirurghi al servizio del Generale di Palma barbiere-cerusico 2.jpgper seguire da vicino l’Armata ed affiancare il medico ed il chirurgo nella loro opera. Altri barbieri si unirono all’armata volontariamente.

Proprio per l’importanza del sostegno e della presenza di questi artigiani per il bene comune della Repubblica, nelle fastose processioni in cui sfilavano tutti i rappresentati di tutti i mestieri ed arti, partecipavano tutte le botteghe dei barbieri da un numero di tre ad un numero di sette, cantori di laudi, che costituivano quindi gruppi polifonici, Barbieri- cerusici.jpgParticolare della Processione del Doge nella domenica delle palme.jpgProcessione a Venezia con Madonna Nicopeia.jpgimm39%20GENTILE%20BELLINI-processione%20a%20s_marco.jpgaccompagnati anche dai musicanti:  suonatori di viola, liuto e Arpa, a cui, in quelle più solenni, si aggiungevano anche i pifferi, ciaramelli, trombe e tromboni.

250px-Venezia_-_Chiesa_dei_Servi_%28Portale%29.jpgNel frattempo, dal 1453 questa corporazione si era allargata ai parrucchieri, e la sede cambiò, come pure i Santi Patroni, a SS. Filippo e Giacomo. Tre anni dopo vi fu un nuovo trasferimento alla chiesa di S. Maria dei Servi, dove eresse una nuova schola, e fece costruire un altare presso la Chiesa di S. Giovanni Novo.

L’arte dei Barbieri ebbe quindi una 250px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Giovanni_Novo.jpgdignità riconosciuta da tutti i Veneziani, agevolazioni da parte della Serenissima che a questa corporazione risparmiò il divieto di fare fuochi in centro della città , e la riconoscenza di tutto un popolo.

Gli artigiani veneziani, con le loro corporazioni, con le loro schole che erano state create per formare nuovi adepti alle loro arti ma anche per dare un contributo di solidarietà ai più poveri in modo costruttivo, erano la vera ossatura di Venezia, ed erano loro, con le loro voci a indirizzare la classe dirigente verso una politica fatta per il popolo e indirettamente dal popolo.

 

 

 

Sfiorando la laguna

gondola.jpgcanal grande.jpgVenezia, proprio per le sue caratteristiche peculiari, ha dovuto usare le via acquee per i trasporti. La gondola, per le sue caratteristiche di manovrabilità e velocità è stata, fino all’avvento dei mezzi motorizzati, il mezzo più adatto per il trasporto delle persone.

E’ l’unica imbarcazione al mondo lunga ben 11 metri e pesante più di 600 Kg. e a poter essere manovrata con leggerezza e apparente facilità da una sola persona e con un solo remo, ed è diventata il simbolo più  divulgato della città di Venezia.

Ed è unica come la città che rappresenta: innanzi tutto è asimmetrica, il suo lato sinistro è di 24 cm. più lungo di quello destro, per cui naviga sempre inclinata su di un fianco. Ha il fondo piatto che le consente di superare anche fondali di pochi centimetri.

imagesCAHELXJD.jpgimagesCA658MJT.jpgPer la sua esecuzione sono adoperati ben otto tipi di legno diversi, e sono ben 280 le parti che la compongono.
I soli elementi di metallo sono “il fero”: sei denti di prora (davanti) la cui forma ad S dovrebbe simulare la sinuosità del Canal Grande, e la lunetta posta sotto uno stilizzato corno dogale il ponte di Rialto, mentre i sei denti rappresentano i sei sestieri in cui è divisa Venezia, quello che volge all’interno della gondola simboleggia la Giudecca, ed il ferro di poppa , chiamato “risso” (cioè riccio).

Questa barca così particolare è stata il mezzo per ottenere uno sviluppo commerciale, una opportunità di imagesCAUY800D.jpgestendere il tessuto più intimo di Venezia, Infatti la nascita, l’edificazione e la crescita di questa città sono stati possibili solo risolvendo  in maniera ottimale il problema del trasporto acqueo: da sempre con barche si è approvvigionata la città, da sempre il mezzo acqueo ha consentito i commerci, e tutt’ora la viabilità acquea è essenziale per la vita cittadina.

Già nella prima metà dell’XI secolo  il prefetto Cassiodoro, rivolgendosi ai tribuni marittimi della Venezia, le massime autorità civili della laguna, usa queste parole: ..e mentre di solito si legano alle porte di casa gli animali, voi, alle vostre case di vimini e canna, legate le vostre barche…”

imagesCAWD3JIQ.jpgSi può azzardare l’ipotesi che il veneziano dei primordi prima di essere pescatore o commerciante debba essere costruttore e carpentiere navale. Poco a poco questo abitante di laguna, che costruisce e utilizza la sua imbarcazione per pesca e commercio, elabora e perfeziona la tecnica costruttiva.

Ed ecco il mestiere dello Squerarolo, che negli appositi luoghi, chiamati squeri, nome derivato  da un attrezzo utilizzato per la costruzione, la squadra, detta in dialetto “squera”  costruivano  tutti i tipi di imabarcazione, comprese le navi che contribuirono a far di Venezia la Serenissima Repubblica; in seguito queste furono imagesCA8CHGEJ.jpgrealizzate  all’interno dell’Arsenale che divenne il fulcro e la sede della cantieristica veneziana.

imagesCAQW01SN.jpgLa gondola nacque come mezzo privato per gente di un certo rango, e veniva utilizzata per imagesCAJUI7X5.jpgspostarsi da una parte all’altra della città, per prendere il fresco nelle notti estive, sfoggiare la propria eleganza, conversare con i passeggeri delle gondole vicine, oltre a compiere tutta una serie di usi che rendevano questa barca silenziosa e meravigliosa un territtorio privato fungente da casa, ma anche da bisca, ambasciata, nido d’amore e altro ancora. Nei secoli passati veniva usato anche il “felze” una copertura notturna o invernale, o soltanto per starsene in privato, che era dotato di una porta, una finestra scorrevole con veneziana e tendina, di specchi e di uno scaldino.

Ci sono diverse versioni sul motivo del loro colore: il nero; una narra che dopo l’epidemia di peste del 1500 il Senato le facesse dipingere tutte di quel colore in segno di lutto, ma bisogna sapere che allora per la Serenissima il lcolore del lutto era il rosso, un’altra, e la più probabile riguarda una sorta di gara, di escalation tra i nobili per rendere la propria barca più ricca e sfarzosa delle altre: fu il 18 aprile del 1633 che il Magistrato alle Pompe decretò che queste venissero rese molto più essenziali e tutte uguali, di colore nero. 

images.jpgNon tutti potevano permettersi una gondola, per cui esistevano gondole adatte per attraversare il Canal Grande, molto imagesCAGXP4JF.jpgsimili ai gondoloni da parada, che si usano anche oggi per il traghetto. Ancor oggi, con poca spesa, i veneziani si fanno traghettare da queste barche, molto simili alle gondole.

Una barca  fuori dal comune per una città unica che convive e condivide la propria vita con l’acqua, città magica, misteriosa, fatta anche di silenzi, luoghi appartati, calli strette e buie da cui si esce in un campo meravigliosamente assolato, l’orizzonte lontano ad intuire isole, campanili..suoni di voci, odori di cibo che inondano i campielli….

 

 

Lug 11, 2010 - Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia: la struttura del dogado

Venezia: la struttura del dogado

Il doge.jpgIl Doge viveva nel suo dorato appartamento al centro di Palazzo Ducale. Egli era un principe in apparenza assoluto,ma in pratica limitato da una serie di norme che restringevano il suo potere ad un simbolo di sovranità cui competeva di diritto ogni alto onore.

Palazzo Ducale.jpgLa sua carica era a vita, e all’elezione doveva fare una ” promissione ducale”cioè il giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità. Solo in poche circostanze il Doge usciva dal Palazzo Ducale, doveva viveva nella ricchezza, circondato da opere d’arte, dai procuratori di San Marco, magistrati, consiglieri, senatori, provveditori e singoli rappresentanti del vastissimo dominio sparso nel mediterraneo.

La sua vita era inoltre regolata da una severa etichetta che stabiliva le pregorative della sua alta dignità di ” serenissimo principe”, secondo alcune tradizioni che anche nell’importanza religiosa della sua autorità risalivano all’Imperatore di Bisanzio.

scala d'oro 1.jpgLa Scala d'oro.jpgEgli, attraverso la “Scala d’oro” (che passa accanto all’appartamento privato del Doge) si avviava nella Sala del Collegio (una sorta di Consiglio dei Ministri) , nella quale sedeva al centro, tra i suoi sei consiglieri, i Savi e i tre Capi del Consiglio dei Dieci. La sala è decorata con dipinti del Veronese dai motivi allegorici che ricordano la ricchezza di cui era stata dotata Venezia, ma anche la severità che si adottava verso chi osava andare contro le leggi:” Giove stesso scende dal cielo per fulminare la Ribellione”.

Più avanti la Sala degli Inquisitori dello Stato, ed infine, più vasta di tutte la sala del Maggior Consiglio.

Il Doge, quindi, Capo dello Stato, eletto a vita, presiedeva tutte le Magistrature della Repubblica, quindi il Maggior Consiglio, assemblea di Patrizi Veneziani con età superiore ai venticinque anni, che Dipinti nella Sala del Maggior Consiglio.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgraccoglieva le varie Magistrature ed eleggeva il Doge.
Il Maggior consiglio era formato esclusivamente da soli nobili eletti ogni anno, il numero dei componenti nel 1264 era di 317, poi, dopo la Congiura di Baiamonte Tiepolo, nel 1310, di 900.Esso raggiunse il massimo di8 1700 persone.

Il Consiglio dei Senatori (pregadi), scelti dal Maggior Consiglio erano circa 120, e duravano in carica un anno.

Il Consiglio dei Dieci: sorto nel 1310 dopo la famosa congiura, aveva il compito di vigilare contro i delitti dello Stato sui comportamenti dei nobili e sull’osservanza delle Leggi: era composto da dieci patrizi titolari, con l’aggiunta del Doge, sei consiglieri (uno per sestiere che formavano il consiglio privato del Doge, e un avogadore (un avvocato con mansione di accusatore contro chiunque del Consiglio avesse operato al di fuori dei principi statutari.

il Consiglio dei Dieci.jpgIl Consiglio dei Dieci era quindi composto da dieci membri di diritto (non rieleggibili dopo un anno trascorso  in carica) ed altri otto aggiunti.

Questa Magistratura divenne con il tempo il più tipico e severo organo di vigilianza inquirente e giurisdicente della Repubblica di Venezia, la polizia di Stato che aveva i massimi poteri anche nel controspionaggio.

Gli Inquisitori erano tre eletti del Maggior consiglio a partire dal 1200, e formavano commissioni di inchiesta su particolari indicazioni del Consiglio dei Dieci, come “Inquisitori alle acque”, “Inquisitori sopra le arti”, “Inquisitori sui suoli pubblici”.

Sala del Consiglio dei dieci.jpgLe Quarantie erano tre tribunali supremi che giudicavano cause criminali e civili: c’era il Consiglio dei Quaranta al Criminal, quello al Civil vecchio e quello al Civil nuovo. Compito loro era anche curare la polizia di Stato, l’economia delle Imposte, le Monete e altre mansioni in campo giuridico.

Consilio Minore, (detto pure Signoria), formato da 6 nobili, uno per ogni sestiere della Città, che dovevano assistere il Doge, non essere in alcun modo imparentati con lui, ai quali sdi unirono nel 1200 i tre capi della Quarantia criminal, e tutti insieme formavano la Signoria.

Collegio dei Savi 1.jpgcollegio dei Savi.jpgIl Collegio dei Savi, Assemblea prima di tre, poi di cinque ed infine di sei Senatori, con incarichi particolari di studio e di inchiesta, che col tempo divennero dieci.

quarantia criminal sala.jpgpieno collegio.jpgIl Collegio, più propriamente “Pieno Collegio” aveva la funzione di Consiglio dei Ministri ed era composto dal Doge, dai sedici savi, dai sei consiglieri del Doge e dai tre Capi della Quarantia Criminal.

 La struttura dello Stato era quindi composita ed i poteri venivano equilibrati e suddivisi tra diverse istituzioni: tutto questo per garantire ai veneziani un governo democratico, ed in cui, uin seguito racconterò, al centro venivano le esigenze dei cittadini e il loro benessere. Venezia, una vera Repubblica ricca ed illuminata!

Lug 8, 2010 - Società veneziana    1 Comment

I Dogi a Venezia

Primi tribuni a Venezia.jpgLe istituzioni politico-amministrative interne della Repubblica di Venezia si maturarono nei “primi tribuni” che ressero la “cosa pubblica” ai dogi, quali espressioni di una autorità basata sulla propria indipendenza di  diritto e di fatto.

Il Doge fu sempre scelto da famiglie patrizie, e quindi entro una cerchia di persone che dovevano di norma seguire un particolare tirocinio prima di giungere alla suprema magistratura.:tanto più che la sua posizione investiva sempre un carattere religioso, secondo il modello bizantino di considerare l’Imperatore al disopra del Patriarca.

A Venezia l’evoluzione della massima autorità politica e i contatti con quella religiosa ebbero numerosissimi legami nei primi secoli sul piano del reciproco scambio.

Elezione dei magistrati.jpgelezione di un doge.jpgDoge.jpgL’investitura del doge si compiva nei primi tempi per diretta partecipazione popolare, alla quale seguiva il conferimento delle dignità bizantine, attraverso il Governo di Bisanzio, da cui i popoli che avevano creato questa repubblica dipendevano, che intendeva ribadire la sua preminenza anche se lontana e sempre più formale.

Nell’XI secolo vennero creati dei “giudici” che succedevano ai “tribuni”  con un compito amministrativo nel centro della nuova città che veniva formandosi vicino a Rialto. Essi già dall’inizio assunsero un carattere di magistratura che collegava insieme  le singole isole dell’unità del Governo.

il doge.jpgImmagini di dogi.jpgelezione del Doge.jpgLa prima e più originale forma di delimitazione del potere ducale fu ” la promissione ducale” la richiesta cioè, da parte degli elettori che il Doge , nell’atto di assumere la carica, compisse un solenne giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità.

Queste norme, riunite in singoli codici determinarono il pensiero costante della Repubblica e rafforzarono sempre più la posizione del “Consiglio” affiancata al Doge.

 

Ogni doge ebbe  la sua ” promissione ducale” ed una delle prime e fondamentali fu Premjissione del doge.jpgelezione di un doge.jpgConsiglio dei dieci 1.jpgEnrico °Dandolo doge.jpgquella appunto di Enrico Dandolo, fatta all’atto della sua i dogi a Venezia.jpgelezione nel 1193 nella quale il suo potere venne bene limitato:non poteva  intromettersi nella nomina del patriarca, ad esempio, non poteva  disporre di beni pubblici nè trattare direttamente con il Papa o con altri principi.

La “promissione” in uso anche in altri comuni italiani, divenne un atto pubblico fondamentale nella storia della Repubblica di Venezia, tanto che i testi, redatti dai Dogi, uno per volta, costituirono un’importante partecipazione del Consiglio di Stato al governo del Sovrano: Il suo Palazzo del Doge.jpgvalore era di tale gravità da richiedere ben presto, a partire dal 1229, la nomina di una commissione di cinque membri  “correttori della promissione dogale”.

Sala del Piovago.jpgAl momento della morte del Doge venivano eletti immediatamente tre inquisitori per indagare sul comportamento politico del doge defunto, la cui salma veniva esposta  in un salone del Palazzo Ducale, sotto alla sala del Maggior Consiglio, chiamata la Sala ” del Piovago”.

I correttori della promissione dogale proponevano al Maggior Consiglio le direttive ritenute utili per la nuova promissione del nuovo Doge. Finito entro tre giorni questo strano rito di inchiesta e di proposte , si davano solenni onoranze funebri al Doge nella Chiesa SS. Giovanni e Paolo.jpgChiesa di San Giovanni e Paolo, a partire dalla metà del 1300.

Morte del doge a Venezia.jpgSala del Maggior Consiglio 1.jpgil consiglio dei dieci.jpgPalazzo Ducale 1.jpgLe immagini di tutti i Dogi sono ritratte sulla parete, vicino al soffitto della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale: ve ne è solo uno, coperto da uno strato di pittura nera, con sopra una scritta. Di questo personaggio cancellato vi racconterò al più presto.

 

 

 

 

Giu 5, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

La mummia egizia, gli Armeni e Venezia

Tra le varie comunità che fanno parte del tessuto della popolazione veneziana, fanno parte anche gli Armeni.

COLLAR9.gifLa loro è una presenza connotata nella città, a partire dal Collegio, uno dei più grandi del mondo, frequentato quasi totalmente da armeni, di elevatissima difficoltà per cui, una volta licenziati, gli studenti possono frequentare qualsiasi università nel mondo.487296.jpg

imagesCA2SJQ3H.jpgLa lingua è difficilissima, anche perchè ogni fonema ha un simbolo; e da questo si può benissimo capire che queste persone sono in grado di parlare perfettamente diverse lingue.

Il popolo è cristiano dall’inizio del cristianesimo (erano infatti armeni gli Apostoli Taddeo e Bartolomeo), ed il culto cristiano è stato adottato come religione nazionale molte tempo prima che nell’Impero Romano.imagesCAXO6DW3.jpg

TKmag46667e4d7cda5.jpgcale e sotoportgo.jpgPoco distante una calle, la Calle degli Armeni è il cuore del nucleo abitativo (composto principalmente da commercianti), e in fondo il “sotoportego de Armeni” fatto di legno, da cui, attraverso una porticina, sempre in legno, si accede alla Chiesa di S. Croce degli Armeni.imagesCAIPO7OV.jpg

Esternamente pare un’abitazione qualunque, l’unica cosa che si nota è il campanile, fatto a cippolletta. L’edificio fu concesso agli armeni nel 200, e poi venne ampliato nel 600, ed è l’unica chiesa rimasta funzionante nel medio evo a Venezia.

imagesCAJQQSKR.jpgNel 1700 cominciò in Armenia una persecuzione contro i cattolici, tanto che il monaco Manug de Pierre, detto il Mechitar (il consolatore), che in terra natale aveva fondato molti monasteri, dovette fuggire prima in Grecia e poi, nel 1715 a Venezia.

imagesCAAJFN2P.jpgQui la Serenissima gli destinò un’isola precedente adibita a lebbrosario, e abbandonata già da due secoli circa: l’isola di S. Lazzaro, poco distante dal Lido

imagesCA1EIT2N.jpgimagesCA2CXBKG.jpgChiesa.jpgQui venne fondato un nuovo convento dalla congregazione Mechitarista, nel 1717, sulle rovine degli edifici preesistenti, ed al convento si unì un importante centro culturale armeno.

Nelle librerie del convento sono contenuti più di un milione tra libri e manoscritti, alcuni decorati con pietre preziose, di valore inestimabile, e nella biblioteca detta Europea i vetri delle finestre sono quelli originali, fatti a mano.

imagesCALTXSRU.jpgMa in assoluto i manoscritti più importanti sono un papiro indiano, il Corano di Murzad il Sanguinario (un sultano turco), e l’unica copia al mondo del libro di Colistene, sulla vita di Alessandro Magno; l’originale in lingua greca andò distrutto durante l’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto.

Splendidi anche alcuni reperti non armeni, come un trono indiano del 1350 intarsiato in avorio, una palla d’avorio cinese formata da 14 sfere, l’una nell’altra, e la statuetta del terzo millennio a.c. di un vecchio curvo, proveniente dal nord dell’Iran.

mumm,ia.jpgMa l’orgoglio dei sacerdoti è la mummia egizia del sacerdote Nemenkot, avvolta in un telo di perline originale.

Lord Byron fu spesso ospite in questo convento, deliziato sembra dalla marmellata di rose che i monaci producevano.

Tutt’oggi i visitatori vengono accolti con gentilezza e simpatia, e possono così ammirare un luogo splendido con bellissimi giardini.

 

 

Apr 27, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

I vecchi di Venezia, Giobbe e l’ ospizio di Zuanne

Ponti di S. Giobbe.jpgChiostro poi Orto botanico.jpgAll’Oratorio di San Giobbe in Cannaregio, affacciato sull’omonimo Campo, detto di S. Agiopo, all’altezza del Ponte dei Tre Archi (unico ponte a tre arcate di questa città) si compì la prima vera esperienza dell’ospizio per anziani che si conosca.

Giovanni Contarini.jpgNell’anno 1378 il Nobile Zuanne ( Giovanni ) Contarini, dopo essere rimasto vedovo, e fattosi frate, decise di impegnare i suoi averi nel poter dare una collocazione ed un aiuto alle persone anziane e povere della Serenissima, dedicando questa sua iniziativa a Giobbe ed alla sua pazienza nel sopportare le drammatiche prove a cui venne sottoposto.

Venne quindi costruito questo primo ospizio, con annesso un piccolo oratorio, ancora presente. In questo egli fu aiutato e sostenuto dalla figlia Lucia, ed anche con l’appoggio degli altri figli. Qui le persone bisognose e vecchie trovavano sostegno ed alloggio, e fu loro data anche l’opportunità altra sede dell'Ospizio.jpgConfraternita.jpgSan giobbe.jpgSan Giobbe, pala.jpgdi coltivare degli orti per potersi rendere in qualche modo indipendenti per quanto riguardava le verdure, orto che ora è diventato un Giardino Botanico.

Nel 1407 il Contarini morì, ma lasciò all’ospizio tutti i suoi beni. La figlia Lucia si rivolse alle autorità per poter ottenere anche l’eredità materna, ed affidò la conduzione e la responsabilità dell’Ospizio ad un Priore che nel frattempo ( siamo nel 1422) viene affiancato da nove governatori.

Per essere sicura della buona conduzione di tale opera decise di affidarla ad un Ordine Monastico, chiamati ” Gli eremiti di San Girolamo”. Essi accettarono volentieri l’offerta, ma dopo tre anni i “Gerolomini” adducendo l’esiguità di spazio decisero di lasciare l’incarico.

chiesetta di San Giobbe.jpgI Governatori si rivolsero allora ai frati minori osservanti, che con il beneplacito di Papa Martino V accettarono. Il 24 Novembre 1420 Frà Marco Querini ricevette in uso l’ospizio e la chiesetta: Lucia Contarini morì il 10 ottobre 1447, lasciando all’ospizio quanto suo padre aveva originariamente lasciato.

Due personaggi furono i promotori alla costruzione della Chiesa di San Giobbe: il frate francescano San Bernardino da Siena, che operò nella città prima di morire nel 1444, ed il futuro doge Cristoforo Moro, grande benefattore Veneziano.

Quest’ultimo nel 1471, tre mesi prima della morte, donò 10.000 ducati d’oro per il suo completamento.

L’opera ebbe inizio nel 1450 e venne consacrata nel 1493. La struttura della Chiesa venne progettata dagli architretti Antonio Gambello e Lorenzo di Gian Francesco, ed il campanile, dalle eleganti bifore in pietra d’Istra venne completato nel 1464, sempre con una struttura gotica.

Chiesa di S. Giobbe.jpgAd abbellire l’interno venne chiamato Pietro Lombardo: sul portale d’ingresso l’allegoria dell’apoteosi dello spirito chiesa con campanile.jpgfrancescano.

I decori degli stipiti invece partono dal basso e mutano: da cespi spinosi a fiori e frutti circondati da animali che si nutrono, nella tradizione dell’allegoria cristiana fino all’aquila, simbolo biblico della rinascita e della resurrezione.

Sull’arco tre statue di santi rappresentanti lo Spirito Francescano: S. Bernardino da Siena, San Ludovico da Tolosa, detto Sant’Alvise a Venezia, e Sant’Antonio da Padova.

I patrizi veneziani sepolti in questa chiesa sono il patrizio Francesco Marin, (1502) Pietro Cornaro stemma di Domenico Selvo.jpgChiesa di San Giobbe, portale.jpgChiesa di San Giobbe.jpgCristoforo Moro.jpg(1586) ed ai piedi dell’altare San Bernardino da Siena. Troviamo anche la tomba del Cardinale Marco Antonio da Mula (1570) e Domenico Moro , sepolto scalzo e con il saio Francescano.

Ospitale di San Giobbe.jpgOspizio di San Giobbe.jpgComunque l’Ospizio si articola in due edifici, un tempo chiamati ” Il Borghetto” e ” delle Vecchie”. Oltre alle abitazioni in zona San Giobbe, l’ospizio ha alloggi anche in Calle del Magazen, ( a Santa Margherita) in corte della Vida ( a San Francesco della Vigna a Castello)a San Giuseppe di Giovanni8 Contarini e sua figlia.jpgCastello, S. Tomà, in Porta di Chiesa di San Giobbe.jpgSan Bernardino da Siena.jpgSan Bernardino 2.jpgfondamenta del Forner dove al civico 2902 si trova l’immobile detto comunemente Palazzetto Madonna ( per il bassorilievo della Vergine sulla facciata), sede dell’Opera Pia Zuanne Contarini.

Come si può notare i veneziani avevano a cuore i derelitti, i deboli,e gli abbienti  si facevano carico, anche privatamente , delle loro necessità: La Serenissima, nobile, attenta ai suoi cittadini, solidale e  ricca di sostegni, generosità e rispetto civile!

Apr 8, 2010 - Architettura, Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia e le Procuratie: quinte perfette per la Basilica di San Marco e Palazzo Ducale

Venezia e le Procuratie: quinte perfette per la Basilica di San Marco e Palazzo Ducale

mosaici della Basilica.jpgMosaic9 Basilica.jpgBasilica.jpgbasilica_di_san_marco_a_venezia.jpgChi entra dalla Bocca di Piazza a Venezia, oltre a sentirsi mancare il fiato dallo spettacolo della Basilica, specialmente in un giorno di sole, quando la luce si rifrange sui fantastici mosaici d’oro che danno il benvenuto dei 4.000 mq. di mosaici, d’oro e di raffigurazioni meravigliose dell’antico e Nuovo Testamento, che, come ebbi 120px-Procuratie_Vecchie.jpg120px-Procuratie_Nuove.jpga definire, sono una Bibbia a cielo aperto, pronta ad essere letta, goduta e decifrata dai fortunati che  entrano  in questa basilicia unica al mondo, trova, a contorno di cotanto splendore, dei palazzi che fanno da ali, da quinte in questo palcoscenico naturale e creato dall’uomo con passione, scienza ed arte.Si tratta dei palazzi delle Procuratie: vecchie, a sinistra in chi trova di fronte a sè il bagliore orientale e dorato della Basilica, ed alla sua destra le Procuratie Nuove.

Questi edifici furono i più importanti per quanto riguardò la Magistratura che sopraintendeva alla fabbrica della Basilica, ed alla quale competeva la sorveglianza e la tutela dei lasciti patrimoniali.

La carica di ” Procuratore” era tra le più prestigiose  e la più ambita dopo quella del Doge; molti celebri dogi furono Procuratori di San Marco prima di essere eletti alla suprema Magistratura.

Procuratori di San Marco del Guardi.jpgTra essi ricordiamo Sebastiano Ziani, che diresse come Procuratore le trasformazioni della Piazza e della Piazzetta, che portò a termine come Doge; a proposito delle vicende per la costruzione della Sala del Maggior Consiglio  si è visto come fu determinante l’azione del Doge Andrea Dandolo, Michele Steno e Giovanni Mocenigo che agirono anch’essi prima come Procuratori e poi come Dogi.

Anticamente vi era un solo Procuratore che tutelava la fabbrica della Chiesa di San Marco: successivamentge aumentarono le mansioni che si estendevano alla sovraintendenza dell’edificio ducale  e di altre costruzioni di pertinenza statale.

Giovanni Mocenigo.jpgdocumento di un Procuratore di SanMarco.jpgCon l’accrescersi dei compiti e dell’importanza della Magistratura , crebbe anche il numero dei Procuratori che salì fino a nove, divisi in tre distinti uffici: i ” Procuratori de Supra” i più importanti che avevano in cura i problemi legati alla Basilica, il Palazzo Ducale ed altri edifici pubblici, i ” procuratori ” de citra” i cui compiti si estendevano a nord del Canal Grande, ed i ” procuratori de ultra” che si occupavano dei problemi a sud del Canal Grande.

Le Procuratie non erano che un gran ufficio amministrativo che si occupava delle amministrazioni dei lavori pubblici della Repubblica.

Vicino, anzi, attorniando in qualche modo il Centro vero del Potere di Venezia, ma esercitando un potere determinante nello sviluppo urbanistico-amministrativo della
Serenissima, gli uffici dell Procuratie furono elemento determinante ed inmprescindibile per la solidità di una Repubblica ricca, fiorente, potente,.

Guardi - Procuratie nuove.jpgProcuratori de Supra.jpgProcuratie viste dalla Basilica.jpgDoge Andrea Dandolo.jpgTutt’ora, anche dopo la caduta della Repubblica, un ruolo importante viene sostenuto dela procuratore , che ora è nominato ” Proto di San Marco” cioè l’ingegnere o l’architetto cui è affidata la direzione tecnica degli edifici , in conformità alle esigenze del culto e alle disposizioni dell’Autorità ecclesiastica : dalla Procuratia dipende tutto il personale amministrativo, custodia e vigilanza della Basilica.

stemma di Michele Steno.jpgL’ultimo procuratore è stato l’avv. Giorgio Orsoni, freschissimo ed attuale Sindaco di Venezia.

I calegheri a Venezia

artecalzolaio.jpgIl mestiere dei calzolai è assai antico a Venezia, e viene ricordato con un ponte, un campiello ed un ramo.

Venne fondata una scuola del 1278, per cui una corporazione con il  suo sigillo -stemma,  ed era composta da calegheri,( calzolai )e zavateri ,(ciabattini): i primi non potevano lavorare il cuoio usato per confezionare scarpe e stivali, i secondi non potevano utilizzare il cuoio nuovo per confezionare ciabatte e zoccoli; in questo modo si evitava di creare una situazione di concorrenza.

Questa regola era motivo per accese discussioni a proposito della maggiore o minore abilità necessaria per lavorare l’uno o l’altro materiale.

A fornire di pellame entrambe le categorie era il Magistrato delle Beccarie.

imagesCA9WWGOQ.jpgimagesCAX14H9Q.jpgimagesCAGY08ZQ.jpgimagesCA5AZVP7.jpgLa sede della scuola era inizialmente ubicata a S. Samuele nel Sestiere di S. Marco, ma nel 1383 si stabilì nelle vicinanze anche la ” Confraternita dei calegheri tedeschi” che fissò la sua sede in Calle delle Botteghe, lì è ancora visibile un rilievo trecento in pietra d’Istria riproducente delle calzature, e che si ripete all’angolo c he la stessa calle forma all’incrocio con la salizada S. Samuele.

Sempre nei paraggi esiste una corte detta “della pelle”, nella quale si trovavano i depositi di pellame.

imagesCAITN20E.jpgcalegheri.jpgCosì dalla metà del XV secolo l’arte si trasferì in Campo S. Tomà, dove aveva fatto costruire l’edificio che tutt’ora si chiama ” Scuola dei calegheri”; il portone d’ingresso è sormontato da una lunetta a sesto acuto con una scultura di Pietro Lombardo che raffigura S. Marco che guarisce il ciabattino Aniano, il quale, divenuto Santo a sua volta è diventato il protettore dei calzolai e le sue reliquie sono conservate nella chiesa di S. Maria della Carità.

Si trattava di un’arte molto fiorente, e alla fine del  XVIII secolo si contavano 340 botteghe per un totale di 1172 persone occupate.

imagesCACGX0M8.jpgimagesCA3CE3ZD.jpgimagesCA3T1ACE.jpgimagesCAORQBIJ.jpgimagesCA630VL5.jpgchiesa_calegheri.jpgOra purtroppo quest’arte artigianale è scomparsa, ed a Venezia si contano poche botteghe di questo tipo, una si trova a S. Tomà, vicino alla Scuola, l’altra, dove vengono esposte in vetrina scarpe straordinarie, orientali, decorate, per tutte le misure ( una enorme )si trova in Calle dei Fuseri, a S. Marco.

Mar 20, 2010 - Mestieri, Società veneziana    6 Comments

Gli Arsenalotti: artefici della sicurezza e della potenza navale di Venezia, unica al mondo!

flotta veneziana.jpgL’organizzazione interna dell’Arsenale aveva una rigida fisionomia gerarchica.La direzione veniva divisa nei due rami amministrativo e tecnico. Presiedeva e controllava tutto l’apparato produttivo una speciale Magistratura permanente detta “eccellentissima banca” una sorta di consiglio di amministrazione composto da ” tre provveditori dell’Arsenale” membri del Senato a cui dovevano periodicamente riferire, e da tre ” Patroni” scelti tra i membri del Maggior Consiglio.

La parte amministrativa era retta da uno ” Scrivano Grande” o ” Nodaro, da un Avvocato fiscale, e da un ” Nodaro Criminale”;

galea 4.jpgAlle loro dipendenze essi avevano ” Il Masser della Cassa”, vari ragionieri e contabili.

Il Masser doveva essere un personaggio piuttosto importante e con incarichi di estrema fiducia se doveva riferire, sotto giuramento nei primi giorni del mese , al Consiglio dei Dieci se i”Patroni” avessero compiuto il loro dovere.

Uno dei Patroni. divenendo una specie di ufficiale di picchetto, doveva a turno di 15 giorni dormire in Arsenale, galea veneziana 2.jpgcustodirne le chiavi d’ingresso, dei magazzini, delle officine e doveva eseguire una ronda notturna per ispezionarne le guardie: egli non poteva assentarsi nemmeno durante una seduta del Maggior Consiglio.

Dal lato tecnico ed industriale dirigeva l’arsenale il ” Magnifico Ammiraglio”; nominato per concorso egli proveniva dalle maestranze tecniche  più qualificate, cioè i “protomaestri dell’arte”.

Tutta una geriarchia prevedeva quindi: Protomaestri, Capitani, Proti, marangoni (carpentieri), calafati, remeri, alboranti, fabbri, taglieri, mureri, segatori, dei salnitri”.

galera e arsenalotti.jpggalea veneziana 3.jpgGrande attenzione veniva posta ai giovani, che all’interno potevano usufruire di una scuola: essi erano figli di arsenalotti, o giovani che venivano dagli istituti di carità.

Comunque tutte le istituzioni dei lavoranti in arsenale (arsenalotti) godevano di una grande prestigio nella Repubblica e costituivano una specie di casta privilegiata rispetto ad altri prestatori d’opera.

All’interno dell’Arsenale vennero anche costituite la Casa del Canevo ( corderia), la costruzione di cannoni e polvere di sparo: non a caso,  per ulterore sicurezza, vennero costruite due porte: Porta di Artiglieria, costruita alla fine del 500 , che costuiva un aspetto solenne all’ingresso del “Parco dell bombarde” dove si conservavano i trofei guerreschi artisticamente disposti per essere esibiti ad illustri visitatori, e nell’ottocento, la Torre di Porta Nuova.

galera veneziana.jpgCome sempre, all’utilità si univa anche la capacità di unire l’arte, vera, formalmente fantastica ..perchè questo è stata ed è sempre venezia: intelligenza, capacità, praticità ed arte…città bella, difficile ma che ha saputo e continua a sapere unire la praticità, l’esigenza della vita moderna alla bellezza artistica e formale..unica al mondo!!!

Agli Arsenalotti venivano affidati incarichi di particolare fiducia: oltre alla Guardia dell’Arsenale, la Guardia a Palazzo Ducale, al Maggior Consiglio(il corpo di guardia era nella loggetta del Campanile) essi erano posti alla guardia della Zecca e del Tesoro, a San Marco.

Durante la festa annuale dello “Sposalizio del Mare” a ricordo del fallito ratto da parte dei pirati delle Marie, essi vogavano nel Bucintoro, ed il galera veneziana 1.jpgMagnifico Ammiraglio ed i Proti sedevano accanto al Doge, come ospiti d’onore.

nav in arsenale.jpgnavi tonde.jpgGli Arsenalotti lavoravano dall’alba al tramonto, con un’interruzione per il pranzo; le retribuzioni non erano altissime, ma essi potevano godere di numerose agevolazioni, come gratifiche straordinarie, benefici sussidiari, alloggi gratuiti per gli impiegati ed i capi maestranze, elargizioni di vino; potevano anche asportare i ritagli della lavorazione delle navi per uso proprio.

Essi comunque erano specializzati nella costruzione non solo delle navi, come le galere. ma si occupavano anche del cordame e della polvere da sparo.

Corderie_3.jpgCasa del Canevo.jpgcannoni e polvere da sparo.jpgarsenalotti 1.jpgarsenalotti.jpgTutte persone preparate, addestrate, con un eccellente livello di intelligenza e preparazione, facenti parte di un corpo unico, arsenalotti e loro famiglie, che collaboravano con entusiasmo, capacità ed esperienza, trasmettendo le Porta Artiglieria.jpgloro conoscenze ai giovani che di volta in volta si presentavano, per perseguire con tutte le proprie capacità e potenzialità allo scopo di rendere la Serenissima la più grande potenza europea, e così fu per secoli.

Le maschere, tradizioni e magia del Carnevale a Venezia

imagesCAAZZUJ7.jpgLa Venezia del 700 aveva la fama di essere la più gaia e contraddittoria delle capitali euopee.

I carnevali in cui uomini e donne andavano mascherati e indulgevano alle libertà rese possibili dalla finzione, creavano uno spirito durante tutto l’anno, un’aria di festa di cui era intrisa tutta la città. (F.C. LANE ).

Si dice che il termine carnevale nasca da “carnem levare”, togliere la carne: Nel medio evo infatti si usava, dopo un lungo periodo di festa, imbandire un banchetto per annunciare l’allontanamento della carne dalle mense (mercoled’ delle ceneri).

Nel XII secolo si hanno le prime tracce sulle origini del carnevale a Venezia. Tramite le  cronache del tempo si apprende che il giovedì grasso si celebrava la vittoria del doge Vitale Michieli II sul patriarca Ulrico di Aquileia, nel 1162.

In memoria di questa sconfitta il patriarca Ulrico ed i suoi successori dovevano inviare al Doge 1 toro, 12 pani e 12 maiali.

La caccia ai tori.jpgcaccia dei tori.jpgcaccia ai tori.jpgimagesCA8CAI6P.jpgNel cortile di Palazzo Ducale si svolgeva una corrida, poi gli animali venivano macellati e cucinati, e la carne veniva divisa tra nobili, clero e popolo, mentre i pani venivano dati ai prigionieri.

Il Giovedì grasso veniva chiamato scherzosamente “berlingaccio”. Dal 1296 il Senato dichiarava festivo anche il martedì grasso.

rappresentazione in piazzetta S. Marco.jpgimagesCA4YQLDP.jpgDalla metà del 400 al 500 l’organizzazione della festa era affidata alle Compagnie della Calza, associazioni di giovani patrizi che indossavano calze con i colori del proprio Sestiere. Tutt’ora questa associazione esiste ed è molto attiva.

imagesCAIXDE9B.jpgDurante i festeggiamenti venivano usati  i fuochi artificiali, si svolgeva poi una gara tra Castellani (abitanti dei sestieri di Castello, Dorsoduro e S. Marco)e Nicolotti (abitanti degli altri tre sestieri) in una prova di forze tra due piramidi umane. Nel 600 e nel 700 si eseguiva la moresca, una danza fatta con le spade in modo da simulare i combattimenti tra cristiani e mori; quindi il volo della colombina o Angelo, che si svolge tutt’ora, ma che nacque nel 1500 quando un acrobata turco fece stendere una fune da una barca ancorata alla darsena di San Marco fino alla cella campanaria del Campanile di S. Marco imagesCA2EGCH4.jpg. La sua performance entusiasmò i veneziani ed il doge che lo remunerò con una somma di denaro. In seguito furono gli arsenalotti a voler eseguire questo pericoloso esercizio, ma quando , nel 1759, l’acrobata di turno cadde e morì, venne sostituito con una colomba fata di legno, da qui volo della Colombina, quindi dell’Angelo.. che tutt’ora da inizio ufficiale al Carnevale veneziano.

imagesCAHPX19C.jpgimagesCAV3YY0H.jpgAl fondaco dei tedeschi si lasciavano liberi i tori, e i giovani facevano come a Pamplona la corsa dei tori per cui , una volta aperto il portone, gli animali si riversavano da S. Giovanni Crisostomo fino imagesCA7CIC6M.jpgimagesCAEOONUC.jpga S. Polo, rincorsi dai ragazzi.

A Venezia il carnevale aveva inizio dal giorno di S. Stefano, quando il governo dava la licenza di portare le maschere.

fenice.jpgimagesCAJI3D4W.jpgimagesCADLDSQH.jpgFra l’altro si svolgevano varie manifestazioni teatrali, visto il gran numero di Teatri che c’erano a Venezia: il S. Salvador , oggi Goldoni, S. Cassiano, S. Angelo, S. Moisè, S. Giovanni Crisostomo , ora Malibran, il S. Samuele ed il S. Benedetto, ora La Fenice.

imagesCAFDXAGB.jpgIndossando la Bauta, la tipica maschera veneziana, si annullavano le differenze sociali, si intrecciavano idilli e relazioni, i giocatori d’azzardo potevano giocare tranquillamente perchè non venivano riconosciuti. Ma la maschera regina non fu solo la Bauta: nota era la ” Gnaga” un travestimento da donne per gli uomini, che La gnaga.jpgla moretta.jpgmaschera della gnaga.jpgindossavano questa maschera di muso di gatto e reggevano un cesto che avrebbe dovuto contenere gatti..la maschera si aggirava miagolando movendosi con  gesti vezzosi. Altra maschera di moda era ” la Moretta” che doveva essere sostenuta con la mano davanti al volto, e la persona che la reggeva non parlava (non a caso veniva chiamata “la Servetta muta”) A realizzare queste maschere erano degli artigiani che vennero conosciuti come tali dalla Serenissima, con atto del 10 Aprile 1436 (l’atto è tutt’ora conservato presso l’Archivio di Stato). 

Il carnevale per i veneziani era così importante da non poter essere interrotto. Il doge Paolo Renier morì il 13 febbraio 1789, ma la notizia venne diffusa solo il 3 marzo, al termine dei festeggiamenti.

arte dei mascareri.jpgTra le varie usanze quella importante della festa delle Marie risalente addirittura al 943, all’epoca del Doge Pietro III Canduano. Il 2 febbraio di ogni anno, dedicato alla purificazione della Vergine era usanza che le spose di Venezia si recassero presso la Basilica di S. Pietro di Castello dove venivano benedette, per poi raggiungere S. NIcolò del Lido dove le attendevano i futuri mariti, poi insieme raggiungevano S. Marco, quindi, salite sul Bucintoro, raggiungevano la Chiesa di S. Maria Formosa.

Quell’anno invece a S.Pietro di Castello fecero un’incursione i pirati istriani che le rapirono con le loro doti, ma questi vennero prontamente inseguiti dagli “Arsenalotti” che li raggiunsero e li uccisero tutti tra le isole della laguna di Caorle, proprio vicino al compagnia teatrale.jpgIl rinoceronte.jpgmolo delle Donzelle (tutt’ora così chiamato).  Questa vittoria contro i pirati venne celebrata ogni anno con la festa delle 12 Marie, in cui dodici fanciulle particolarmente meritevoli in virtù venivano fornite di dote dalle famiglie nobili veneziane.

Nel 1349 le fanciulle vennero sostituite da pupazzi di legno che vennero spregiativamente chiamate dai veneziani Marie de Tolla (legno), e sembra che derivi da qui il termine marionette. Ultimamente questa ricorrenza è stata ripristinata anche con  una regata.

galani o crostoli.jpgfrittole.jpgNaturalmente queste tradizioni veneziane furono e tutt’ora sono accompagnate dalla degustazione dei dolci tipicamente veneziani: le fritole ed i crostoli (o galani).

Il Carnevale a Venezia è sempre stato ed è speciale: tra i Campi e i Campielli, nei Teatri, nei sontuosi palazzi e nelle piccole calli complici, ovunque sia si aggiravano e si aggirano tutt’ora maschere imperscrutabili, sfuggenti e …senza tempo..il tempo in questo periodo si ferma e lascia libero spazio allo spirito veneziano, al desiderio di allegria, all’uso della maschera per le piccole, innocenti e frizzanti ” trasgressioni”.