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Venezia ed i suoi gondolieri!

i remeri.jpggondolieri.jpgDapprima definiti barcaioli quando la gondola divenne il mezzo di trasporto più usato dai ricchi e nobili veneziani,  venne coniato il termine “gondolieri”. Ogni famiglia aristocratica aveva fra i suoi dipendenti il “gondoliere de casàda”, che era ben pagato e che comunque era stabilmente a disposizione in ogni ora del giorno e della notte . Si prendeva cura della Remeri.jpgtraghetto 3.jpggondola, e conosceva segreti  ed incontri di ogni componente della famiglia, comprese le relazioni ed i vizi ( gli incontri romantici avvenivano spesso sotto il “felze” chiuso, con soltanto un lumicino a rischiarare gli amanti clandestini e i giocatori incalliti).

Altri gondolieri invece si dedicavano al traghetto, trasportando da una riva all’altra del “Canalazzo” mercanti ed avventori, artigiani e lavoratori.

S.Silvestro.jpgAlla-chiesa-di-San-Silvestro-Papa-a22869037.jpgBarcaioli e gondolieri si ritrovavano sotto ua medesima organizzazione, chiamata “Fraglia dei barcaioli” (fratellanza dei barcaioli), che era suddivisa al suo interno da varie faglie di traghetto, ed i loro rappresentanti venivano chiamati “gastaldi “, i quali dovevano tenere i conti della fratellanza e presentarli alle autorità, oltre a far rispettare le regole stesse della fraglia.

La Mariegola (insieme di regole che guidavano le confraternite di tutti i mestieri) definiva ad esempio le disposizioni per il soccorso ai gondolieri poveri o malati, le varie tariffe sui trasporti, o le disposizioni in materia di ordine pubblico.

canaletto 1.jpggondolieri.jpgLe fraglie avevano anche il compito di affittare i “posti barca” ai gondolieri, e per questo dovevano pagare una piccola tassa  allo Stato, chiamata “insensibile”, e contribuire alla manutenzione ed allo scavo dei canali; la categoria inoltre doveva garantire una sorta di “protezione civile”, ed alcuni dei suoi membri erano autorizzati a portare armi con licenza del Consiglio dei Dieci.

Vittore_Carpaccio_002.jpggondoliere.jpggondliere.jpgLa corporazione dei gondolieri aveva come Scuola la chiesa di S. Silvestro, sotto la protezione di S. Giovanni Battista, luogo di riunione per discutere delle tariffe, delle assunzioni e della vita sociale della categoria, ed il mestiere generalmente era trasmesso di padre in figlio.

Mestiere unico ed i suoi protagonisti immortalati da grandi pittori in una realtà che era ed è unica al mondo: uno Stato che ha fatto partecipe della propria vita e della propria crescita ogni persona ed ogni categoria, creando una coscienza civile che non è sicuramente comune in qualsiasi altro Stato nel mondo. Fantastica Serenissima!

 

Gen 21, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Misteri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Guariento-ncoVerginegrande.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgNel 1903 gli addetti alla conservazione delle opere artistiche di Palazzo Ducale a Venezia, consapevoli dell’usura a cui era sottoposto l’enorme quadro del “Paradiso”  del Tintoretto, decisero di rimuoverlo per poterlo restaurare; una volta rimossa l’enorme tela ai loro occhi apparve un affresco: un assoluto capolavoro della pittura gotica di Venezia: l’incoronazione della Vergine del Guariento.

Egli era il più noto artista di Padova, pittore di corte dei Carraresi. Nato verso il 1310, già nel 1338 era riconosciuto “maestro”, in un’epoca in cui era ancora vivissimo il ricordo di Giotto, che aveva ultimato in quella città la Cappella degli Scrovegni nel 1306. 

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_01.jpgNel 1351 aveva già dipinto un affresco di “Incoronazione della Vergine” nella chiesa di S. Agostino  a Padova e poco dopo avrebbe decorato la Cappella dei Carraresi, di cui resta una bellissima schiera di Angeli sulla tavola, nella quale, distaccandosi da Giotto, l’artista è ancora più sensibile alla pittura veneziana di antica tradizione bizantina.

L’affresco di Palazzo Ducale è di circa venti metri di larghezza, doveva avere un’incantevole profusione di ornamenti d’oro e d’argento, che culminavano in un’immensa costruzione di figure di Santi, di aureole, di schiere angeliche, di vari colori secondo il grado gerarchico, legate assieme oltre che dagli stalli anche dai grandi cartigli nei quali i profeti, i santi e gli angeli indicavano i motivi di gloria della Vergine, secondo la cultura del tempo, con profusione di lussuosa eleganza nelle vesti, in un’atmosfera di liricità composta e pensosa.

L’affresco era stato nominato anche dal Sansovino ” Il cielo compartito a quadretti d’oro ripieni di stelle”; il Pallucchini commentava: dopo la Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_03.jpgdecorazione musiva di San Marco , è questo il primo gaudioso tentativo di decorare a Venezia una grande superficie, e non più a mosaico, ma ad affresco”.

tintoretto_paradiso1.jpgL’opera venne compiuta dal 1365 al 1368, e ricopriva la parete di fondo della Sala, nella medesima posizione dove fu appunto posto(dopo l’incendio del 1577 che in parte lo danneggiò) il Paradiso del Tintoretto, nel 1590.

Il soggetto del Guariento è lo stesso preso due secoli più tardi dal Tintoretto e rappresenta ” L’incoronazione della Vergine e la corona celeste”. Sotto  il Trono della Vergine vi erano dei versi, ora quasi illeggibili, che Dante Alighieri avrebbe dettato per questo tipo di composizione tanto diffuso nel trecento:

“L’Amor che mosse già l’eterno Padre
Per figlia haver de sua deità trina
Chostei che fu del Suo Figliol poi madre
De l’universo qui fa la Regina”

stampa del Guarienti.jpgI versi richiamano l’inizio del Canto XXXIII del Paradiso del Sommo Poeta, e sono a commento dell’incoronazione della Vergine da parte di Cristo in un alto trono, attorno al quale si trovano gli evangelisti con angeli, musicanti, serafini, cherubini, profeti, apostoli, martiri e santi in una speciale distribuzione di scanni a schiera, secondo gli ordini delle varie gerarchie.

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_07.jpgCiò che si è potuto salvare di tale capolavoro si trova in una stanza adiacente alla Stanza del Maggior Consiglio, e si può ammirare in tutto il suo splendore, enigma ed arte unica a Palazzo Ducale..piccola parte di tutti i tesori artistici che rendono unico questo Palazzo e la città di cui è emblema.

L’origine degli occhiali e i maestri vetrai a Venezia

nobile veneziano con occhiali.jpgocchiali 1.jpgLa prima descrizione degli occhiali nacque a Venezia, esattamente nel 1284, e si tratta del Capitolare, cioè dello statuto dell’arte dei Cristalleri, in cui si definiva testualmente che gli “oglarios” dovevano essere fatti di buon cristallo e non di vetro.

Seguì un successivo documento , datato 1301 , in cui si ribadisce l’attenzione e la cura con cui le lenti venivano controllate e approvate in base alla qualità, elemento determinante, e la costruzione dei supporti di cui tali lenti dovervano  essere inserite.

occhiali antichi 4.jpgocchiali%20vista.jpglente diingrandimento.jpgSembra che i grandissimi maestri vetrai, ancor prima di locarsi nell’isola di Murano per la sicurezza contro gli incendi ( situazioni abbastanza frequenti considerati i tetti in paglia delle abitazioni e che queste fossero accostate le une alle altre) avessero scoperto e verificato che il cristallo puro, leggermente arquato, potesse ingrandire gli oggetti osservati.

astuccio per occhiali del crivelli a Parigi.jpgocchiali con swtanghetta.jpgA questo seguì la consapevolezza che si dovesse costruire un supporto con cui reggere queste lenti di cristallo, e magari farle reggere da sole, senza doverle portare agli occhi con un manico, ma costruendo strutture che scavalcassero il naso, e si posassero sopra le orecchie.

Nel capitolato del 1284 venne anche coinsiderata la differenza tra gli occhiali “roidi da ogli”, e le lenti di ingrandimento: lapides ad legendum.

Seguirono altri capitolati, come quello del 1330 , in cui vennero definite le dizioni: rodoli de vero per gli ogli da leser, e lapides ad legendum.

Calle della occhialeria.jpgSS. Pietro e Paolo con occhiali.jpgSi sa che l’ultima fabbrica di occhiali chiuse a Venezia nel 1788, e di questa è rimasta la denominazione della Calle: Calle delle occhialerie”.

E gli artisti, attenti alle realtà da cui traevano ispirazione, ebbero modo di testimoniare questi nuovi elementi, trasportati anche con episodi del passato, come il quadro dei SS. <Pietro e Paolo, in cui fa bella foggia di sè uno splendido e direi attualissimo paio di occhiali.

Venezia, città stato quasi levantina, strana, orientale e unica, è unica anche nell’aver apportato tanti elementi moderni ed attuali quando ancora altri stati occhiali%20vista.jpgpersona con occhiali.jpgastucci per occhiali a Venezia.jpgmonocolo-con-ingrandimento-10x-con-supporto-reggente.jpgeuropei ed altri comuni erano rimasti legati al passato, frutto, questo , dell’apertura completamente laica al pensiero scientifico e religioso, e aperta a qualsiasi pensiero o idea! città che si pensa antica, ma che è nata e rimarrà moderna ed attuale!

 

Nov 29, 2011 - Luoghi, Mestieri, sport, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su La caccia in Laguna a Venezia ed i noccioli di ciliegia.

La caccia in Laguna a Venezia ed i noccioli di ciliegia.

archibugio.jpgA Venezia era molto diffusa la caccia in laguna, per cui gli archibugi erano largamente utilizzati da ricchi e poveri. L’unica differenza tra le due categorie era il costo del piombo: i nobili e ricchi potevano acquistare le “palle di piombo” dei vari calibri per le pistole, gli schioppi a pietra focaia ad avancarica e per i moschetti.

Le armi ed i proiettili venivano acquistati presso le “Armerie” controllate dalla “Quarantia Criminal” (l’attuale Polizia di Stato) e registrati come laguna%20venezia-300.jpgcaccia inb laguna 1.jpgLA%20caccia%20in%20Laguna.jpgproiettili.jpgacquisto di proprietà individuale: durante il periodo di caccia, visto il largo consumo, i nobili potevano far colar il piombo per le munizioni, contrassegnandole con un apposito stampino personale.

Ma i poveri, che ben potevano ricavare dalla caccia, venuti in uomo con moschetto.jpgnoccioli di ciliegia.jpgpossesso di un’arma da fuoco ma non avendo la possibilità di acquistare le munizioni si ingegnarono alla grande: ebbero la geniale idea di creare proiettili dai noccioli di ciliega, ben puliti ed idonei per “calibro” ad essere utilizzati con la polvere da sparo.

palle%20archibugio.jpgproiettili in terracotta.jpgIl nocciolo molto duro della ciliegia divenne quindi il più economico ed il meno controllabile da parte della Quarantìa Criminal. Per le cacce in laguna si crearono quindi noccioli di ciliegia, proiettili in terracotta, per i calibri più grandi gli ossi delle pesche, normalmente utilizzati per lo schioppo, denominato in dialetto “schioppeton”.

Il fucile, che assomigliava molto all’archibugio, lungo fino a 2,70 metri veniva posizionato e ben legato alla prua della barca, aveva un avancarica con una grossa canna, all’estremità era a tromba, con l’accensione a miccia o a pietra focaia. Per caricarlo serviva polvere nera e poi una gran quantità di proiettili o di terracotta, o noccioli di ciliegia o di pesca o di sassi.

Disegni-Caccia-in-Laguna.jpgcacciatore.jpgIl suo sparo era micidiale per il bersaglio a peli d’acqua per la caccia palustre. Dalle descrizioni storiche con un colpo di schioppeton ben mirato si poteva uccidere un intero stormo di anatre, arrivando a raccogliere da un minimo di quindici ad un massimo di trenta volatili.

Per i ricchi e nobili la caccia era un divertimento, mentre per i poveri era un modo come un altro per sbarcare il lunario: come si suol dire la fame aguzza l’ingegno, per cui per loro questa attività diventava veramente una necessità e non certo uno sport …l’unica scusa reale per arrivare ad uccidere delle creature libere ed indifese.

 

 

Le prime camere oscure a Venezia e i vedutisti: meraviglioso Canaletto

Carlevaris.jpgNel 1700 nasce a Venezia, legata all'”epoca dei lumi” una modifica sostanziale della pittura: la veduta. Fra i vari indirizzi della pittura veneziana del 700  nasce dal proposito di un’osservazione più intima ed immediata della realtà, e per primo Luca Carlevaris (1663-1729) fece uso della “camera oscura”.

Carlevaris, ritenuto insigne matematico  “mathematicae cultor egregius”nel suo ardore scientifico di ricerca.

La camera oscura era un apparecchio molto carlevaris-carlevarijs-luca-ca-le-fabricche-e-vedute-di-venez-1885493.jpg02-01_camera2.jpgrudimentale eseguito sui principi di quella che sarebbe stata in futuro la macchina fotografica, per ottenere mediante un gioco di specchi la visione prospettica il più possibilmente esatta.

La “veduta” del settecento nasce dall’antica predilezione del paesaggio che è costante lungo tutto il corso della pittura veneta; basta pensare alla Madonna di Giovanni Bellini , di Giorgione o di Tiziano senza un particolare camera oscura.giftaglio paesistico, che conserva dei precisi caratteri nell’incontro tra figura e ambiente naturale . In questa concezione tipica dell’epoca rinascimentale e barocca la figura umana è predominante, mentre il paesaggio assume il valore di una partecipazione corale della natura al significato umano e religioso dell’intera visione del quadro.

La “veduta” nasce come documento della realtà e cerca di cogliere una Carlevaris.jpgcarlevaris-carlevarijs-luca-ca-venice-a-view-of-the-molo-with-1144144-500-500-1144144.jpgillimitata profondità panoramica suggerita dalla illusione ottica della prospettiva, mentre la stessa figura umana è assorbita e diventa un modulo di misura della vastità spaziale ( P. Zampetti : i vedutisti veneziani nel 700″, catalogo della mostra a Venezia nel 1967).

Nel 1703 Luca Carlevaris pubblica un bel volume di centoquattro incisioni all’acquaforte di vedute veneziane : “Fabbriche veneziane ” che costituiscono 1586-piazza-san-marco-with-jugglers-luca-carlevaris.jpgMarco °ricci 1.jpgun documento prezioso per la città e per la storia della pittura veneziana del settecento. Il paesaggio di Venezia si presenta sotto angoli visuali diversi come pagine di un lungo racconto in cui partecipano le feste, i ricevimenti , le regatr, le partenze e gli arrivi del Bucintoro nel bacino di S. Marco.

Di poco posteriore è il bellunese Marco Ricci (1676-1730) nipote di Sebastiano Ricci. Qui al paesaggio Marco ricci.jpgMarco ricci 1.jpgsi aggiungre la passione per le antichità romane e le memorie che esse suscitano attraverso i monumenti. Le rovine classiche appaiono assieme al paesaggio in un’unità tra uomo ed evocazione della storia, frammenti palpitanti di vita inseriti nella natura.

Ma il vedutista simbolo di Venezia è Antonio Canaletto, che nasce nel 1697, soggiorna a Roma tra il 1719 e il 1720, poi dipinge le prime canaletto 1.jpgvedute che vanno moltiplicandosi per ordinazioni del console inglese Joseph Smith, e personaggi della nobiltà inglese. Dal 1740 al 1744 esegue le celebri incisioni, dal 1746 al 1753 soggiorna a lungo in Inghilterra, dove i suoi quadri ottengono grasnde successo.

Dal 1753 al 1768, anno della sua morte, risiede a Venezia ed è proprio durante quest’epoca che le sue vedute sono riprese da Francesco Guardi.

“Quanto al Canaletto”, scrisse Charles de Brosses nelle Lettere Familiari del 1739,” la sua specialità è di Canaletto 4.jpgCanaletto,_San_Cristoforo,_San_Michele_and_Murano.jpgdipingere le vedute di Venezia, e in questo genere supera supera tutto ciò che è mai esistito. La sua maniera è luminosa, gaia, viva, trasparente e mirabilmente minuziosa.”

La sua opera va osservata tutta insieme, pittura, disegno, incisione, per intendere la varietà e l’unità dei motivi, di tecniche, di esperienze che gradualmente e con sorprendente sicurezza conducono l’artista a questa nitidezza di visione così assoluta, specie CANALETTO.jpgCanaletto_(1697-1768),_Venezia,_campo_Santi_Giovanni_e_Paolo,_1741.jpgper quella felicità solare che egli sa dare alla veduta nelle angolature più diverse.

Venezia, nella tavolozza di Canaletto assume un aspetto ideale, illuminata da una luce tersa, lucida e penetrante in un’astmosfera che sembra purificata da una potenza nascosta che ha illimpidito ogni cosa, rese più espressive e ancor più incidenti le ombre , più largo e dispiegato l’arco del cielo.

canaletto_bucintoro.jpgPassano sotto i nostri occhi le sue immagini della laguna, di S. Marco, della riva degli Schiavoni, di S. Giorgio, del Canal Grande, della Salute, del Palazzo ducale, campi, palazzi, chiese, feste, regate, mercantili, botteghe, tutto immerso in questa incantata luce.

Nel 1700 nasce a Venezia, legata all'”epoca dei lumi” una modifica sostanziale della pittura: la veduta. Fra i vari indirizzi della pittura veneziana del 700  nasce dal proposito di un’osservazione più intima ed immediata della realtà, e per primo Luca Carlevaris (1663-1729) fece uso della “camera oscura”.

Carlevaris, ritenuto insigne matematico  “mathematicae cultor egregius”nel suo ardore scientifico di ricerca.

La camera oscura era un apparecchio molto rudimentale eseguito sui principi di quella che sarebbe stata in futuro la macchina fotografica, per ottenere mediante un gioco di specchi la visione prospettica il più possibilmente esatta.

canaletto-regatta.jpgLa “veduta” del settecento nasce dall’antica predilezione del paesaggio che è costante lungo tutto il corso della pittura veneta; basta pensare alla Madonna di Giovanni Bellini , di Giorgione o di Tiziano senza un particolare taglio paesistico, che conserva dei precisi caratteri nell’incontro tra figura e ambiente naturale . In questa concezione tipica dell’epoca rinascimentale e barocca la figura umana è predominante, mentre il paesaggio assume il valore di una partecipazione corale della natura al significato umano e religioso dell’intera visione del quadro.

La “veduta” nasce come documento della realtà e cerca di cogliere una illimitata profondità panoramica suggerita dalla illusione ottica della prospettiva, mentre la stessa figura umana è assorbita e diventa un modulo di misura della vastità spaziale ( P. Zampetti : i vedutisti veneziani nel 700″, catalogo della mostra a Venezia nel 1967).

carlevaris-carlevarijs-luca-ca-le-fabbriche-e-vedute-di-venez-1765357-500-500-1765357.jpgNel 1703 Luca Carlevaris pubblica un bel volume di centoquattro incisioni all’acquaforte di vedute veneziane : “Fabbriche veneziane ” che costituiscono un documento prezioso per la città e per la storia della pittura veneziana del settecento. Il paesaggio di Venezia si presenta sotto angoli visuali diversi come pagine di un lungo racconto in cui partecipano le feste, i ricevimenti , le regatr, le partenze e gli arrivi del Bucintoro nel bacino di S. Marco.

Di poco posteriore è il bellunese Marco Ricci (1676-1730) nipote di Sebastiano Ricci. Qui al paesaggio si aggiungre la passione per le antichità romane e le memorie che esse suscitano attraverso i monumenti. Le rovine classiche appaiono assieme al paesaggio in un’unità tra uomo ed evocazione della storia, frammenti palpitanti di vita inseriti nella natura.

Guardi.jpgMa il vedutista simbolo di Venezia è Antonio Canaletto, che nasce nel 1697, soggiorna a Roma tra il 1719 e il 1720, poi dipinge le prime vedute che vanno moltiplicandosi per ordinazioni del console inglese Joseph Smith, e personaggi della nobiltà inglese. Dal 1740 al 1744 esegue le celebri incisioni, dal 1746 al 1753 soggiorna a lungo in Inghilterra, dove i suoi quadri ottengono grasnde successo.

Dal 1753 al 1768, anno della sua morte, risiede a Venezia ed è proprio durante quest’epoca che le sue vedute sono riprese da Francesco Guardi.

Charles_de_Brosses_Comte_de_Tournai_et_de_Montfaucon_by_Charles-Nicolas_Cochin.jpg“Quanto al Canaletto”, scrisse Charles de Brosses nelle Lettere Familiari del 1739,” la sua specialità è di dipingere le vedute di Venezia, e in questo genere supera supera tutto ciò che è mai esistito. La sua maniera è luminosa, gaia, viva, trasparente e mirabilmente minuziosa.”

La sua opera va osservata tutta insieme, pittura, disegno, incisione, per intendere la varietà e l’unità dei motivi, di tecniche, di esperienze che gradualmente e con sorprendente sicurezza conducono l’artista a questa nitidezza di visione così assoluta, specie per quella felicità solare che egli sa dare alla veduta nelle angolature più diverse.

Venezia, nella tavolozza di Canaletto assume un aspetto ideale, illuminata da una luce tersa, lucida e penetrante in un’astmosfera che sembra purificata da una potenza nascosta che ha illimpidito ogni cosa, rese più espressive e ancor più incidenti le ombre , più largo e dispiegato l’arco del cielo.

canaletyto 1.jpgPassano sotto i nostri occhi le sue immagini della laguna, di S. Marco, della riva degli Schiavoni, di S. Giorgio, del Canal Grande, della Salute, del Palazzo ducale, campi, palazzi, chiese, feste, regate, mercantili, botteghe, tutto immerso in questa incantata luce.

 

Venezia e la sua edilizia popolare del 500: le prime case a schiera!

Sestiere-CastelloVenezia-a23591478.jpg250px-Ca'_d'Oro_facciata.jpgUno dei riflessi più importanti del 500 nell’urbanistica veneziana furono le case a schiera che raccoglievano un gruppo d appartamenti costruiti per diverse famiglie che si impose con una modernità di concezione. La struttura e la razionalità di queste case in serie supera per interesse architettonico la costruzione del grande palazzo classico modellato da secoli  sullo schema dell’antica pianta del salone centrale e dei vani laterali in una sistemazione suggerita dalla vecchia casa foindaco,ma posta sempre lungo un canale.

250px-PCà d'oro 1.jpgEssa sorgeva sull’acqua nella ornata modulazione degli elementi costruttivi, come appare in uno degli esempi più illustri, la Cà d’oro, sul Canal grande.

A questa casa , immaginata nell’eleganza lineare e decorativa che si scioglie nel colore, propria degli stili bizantino e gotico , viene a sostituirsi la necessità  della città e al suo carattere unitario.

Le case in serie moltiplicavano lo spazio in vari piani in un serarato blocco di vani interni: esse furono frutto di uno spirito di collaborazione e di vita comunitaria suggerite già alla fine del trecento dalle “scuole>” , grandi o img214.jpgimg215.jpgpiccole di aspirazione assistenziale o corporativa di lavoro:

L’edificio divenne per esigenze sociali  una costruzione più complessa e articolata per singoli nuclei familiari, fatta il più delle volte con sovvenzione dello Stato o delle “Schole Grandi”: Caratteristiche sono ad esempio le case a schiera di Proprietà di S. Rocco, o della  Schola della carità, che portano bene in mostra lo stemma delle confraternite.

Ciò che distingue subito a prima vista queste dalle altre case costruite dal governo , o da facoltosi mercanti che trovarono nella costruzione un redditizio impiego.sono  le piante di questi edifici in cui si nota  una  razionale distribuzione degli spazi interni rispetto alla indipendenza degli ingressi e delle scale che conducono ai vari appartamenti.

campo-ghetto-nuovo.JPGghetto 2.jpgTra le più interessanti case costruite in serie nel seicento vi sono quelle edificate nel ghetto, in cui raggiungono anche otto piani di altezza in una fitta sequenza di finestre tra i piani relativamente bassi, per guadagnare spazio . In questo campo le case veneziane, alcune più alte e altre più bassde, creano un delizioso effetto scenografico.

Nella convivenza a volte dura della Serenissima con la sua laguna una giusta e razionale edificazione divenne un elemento determinante per la giusta vivibilità di questa città che ghetto.jpgghetto2.jpgGhetto_di_Venezia_4.jpgancora conserva, vive ed abitate, queste dimore, che nei piani alti si riempiono di luce e di bagliori riflessi dall’acqua da cui Venezia sembra ergersi, come venere dalla sua conchiglia.

Ott 18, 2011 - Mestieri, Società veneziana, tecnologia    Commenti disabilitati su La politica sanitaria a Venezia: esempio di lungimiranza e modernità.

La politica sanitaria a Venezia: esempio di lungimiranza e modernità.

620-LAZZARETTO-NUOVO.jpgTezonGrande.jpgLa Repubblica di Venezia pose sempre una estrema attenzione alla situazone igienica e sanitaria della popolazione, mediante un attento controllo delle navi, merci e stranieri che venivano fatti stazionare nell’isola del Lazzaretto Nuovo e qui, si provvedeva a misure di disinfezione sia delle persone che delle merci,( anche se nonostante queste misure si verificarono due grandi epidemie di peste).

rio a Venezia.jpg

Il governo veneziano incoraggiava l’istituzione di impianti ospedalieri che talvolta assunsero destinazioni funzionalmentre specializzate.  Naturalmente per le case di Venezia le condizioni igieniche dell’agglomerato urbano venivano facilitate da una specie di  lavaggio nasturale dato dal flussoi e riflusso della marea lunbgo la fitta rete di rii e canali interni : questo fenomeno veniva tenuto in efficienza provvedendo al periodico scavo dei canali, per cui venivano destinati fondi impegnativi.

pozzo.jpgacquaroli.jpgEra inoltre favorita la costruzione e la manutenzione di pozzi che venivano installati in ogni campo o corte, e quando c’era siccità venivano riforniti di acqua dolce proveniente dai fiumi della vicina terraferma trasportata per mezzo di speciali barconi .

Nel campo specifico delle scienze mediche e naturale vennero pubblicati dall’editoria veneziana del 500 numerosi trattati che risveglavano l’interesse e la necessità di informazioni sulla materia stessa. Studi di anatomia venivano svolti a Venezia fin dal 1368; nei pressi di S. Giacomo dell’Orio la corte e il pontre dell’Anatomia indicano ancor oggi dove fosse ubicata la ponte dell'anatomia 1.jpgPonte dell'anatomia.jpgsede degli studi ed esperimenti, e nel 1507 fu costruito un vero e proprio teatro anatomico tra i più antichi d’Europa.

immagine dal ponte dell'anatomia.pngUn vicino edificio fu sede del “Collegio dei Medici”, e questo testimonia come in quella località fossero venute concentrandosi gran parte delle istituzioni di interesse medico.

Ponte delle Tette 1.jpgAnche il fenomeno della prostituzione veniva attentamente sorvegliato dalle autorità delimitando le zoner cittadine la cui denominazione toponomastica ancora oggi porta il ricordo di tale sorveglianza: il ponte e la calle delle tette a S. Polo, e qui le prostitute esibivano il proprio corpo col preciso scopo di attirare i marinai e gli stranieri, sostenute in questo dalle massime autorità che pensavano in quel modo di frenare la piaga dell’omosessualità diffusa tra gli equipaggi delle navi.

Alla fine del 500 la famosa cortigiana onesta e poetessa Veronica Franco fondò ai Carmini l’Ospizio del Soccorso, espressamente adibito a rifugio ed veronica-franco.jpgVeronica Franco.jpgOspizio del soccorso 1.jpgasilo delle donne che si erano date alla prostituzione, e che erano finite in miseria: l’edificio, di grandi dimensioni, tutt’ora esistente, ci fa desdumere che per tale istituzione vennero impiegati notevoli mezzi economici divenendo così una seria oprea assistenziale di permanente necessità sociale.

Non furono quindi solo gli ospizi, numerosissimi e importanti ad occuparsi della salute dei veneziani, l’unico elemento di Ospizio del soccorso ai Carmini.jpgtutta una politica veneziana intesa a salvaguardare la salute pubblica, ed i mezzi che vennero impiegati a questo scopo furono ingenti ed i criteri per metterla in pratica estremamente avasnzati per l’epoca: un altro esempio di quanto fosse moderna ed illuminata la Serenissima.

 

Ott 6, 2011 - Luoghi, Mestieri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il sale di Venezia: la prima risorsa per i commerci di una Repubblica ricca ed illuminata nascente.

Il sale di Venezia: la prima risorsa per i commerci di una Repubblica ricca ed illuminata nascente.

plan-lagunedevenise.jpgL’inizìo della Repubblica di Venezia fu caratterizzato dal fiorente commercio tra le due sponde dell’Adriatico che distano in media tra di loro circa un centinaio di miglia. Il primo scambio di merci avvenne, conosciamo dalle antiche documentazioni si svolgeva tra il litorale e le isole della laguna mediante piccole imbarcazioni, adatto alla navigazione tra i canali di basso fondale.

Comacchio 1.jpgComacchio.jpgDa questo traffico ebbe origine un primo collegamento con Comacchio e Ferrara a sud, con Grado ed Aquileia a nord, ed infine il retroterra attrverso le vie naturali dei fiumi.

Ferrara.jpg

Grado.jpgIl commercio con le materie prime in un’area più vasta si svolse poi con Ancona e le Puglie nella costa occidentale e con i numerosi porti della costa orientale.

Ancona, con il suo porto naturale costituiva una base allo sbocco di un’antica strada romana, che attraverso l’Appennino giungeva fino a Roma.

Dalle Puglie la Venezia nascente importava derrate alimentari come grano, Aquilieia.jpgvino ed olio che poi venivano esportate ai vari centri della pianura padana. Venezia deteneva quindi il monopolio del sale ed aveva una speciale magistratura a sovrintendere questa risorsa così fruttifera nei secoli.

La principale forma di ricchezza per Venezia nell’XI secolo era costituita dal commercio dell sale , ricavato dai giacimenti di acqua salata, le cosiddette saline in gran parte, all’inizio, di proprietà delle grandi abbazie. Lo Stato era intervenuto in questo commercio con un interessamento diretto, allo scopo non solo economico ma anche politico nell’assunzione di un monopolio così fondamentale per la vita della città. ” questo popolo” si diceva dei veneziani “non ara, non semina, nè vendemmia, eppure ha tanta ricchezza”.

05_Magazzini-del-sale.jpgbarche per trasporto sale a Venezia.jpgPoteva sembrare un paradosso per un’economia basata sui prodotti agricoli, com’era in genere quella medioevale. Venezia nello scambio e nel monopolio di alcuni prodotti essenziali ebbe un innato fiuto mercantile, una concezione così deterninata dalla coscienza delle sue forze ma anche delle sue debolezze ” il difetto di altre risorse naturali” dice Michel Mollot ” costuituiva in sostanza un incitamento saline a Venezia.jpgsaline-di-comacchio.jpgpressante a fornire al traffico vivacissimo un carico di sale disponbibile sul posto ad una clientela sempre assicurata.

magazzini del sale 2.jpgimmagine di saline a Venezia.gifmagazzini del sale Venezia.jpgLo sviluppo del commercio del sale a Venezia verso il mille non  aveva equivalente in tutta Europa: questo fu l’inizio della  grande storia di una grande, unica città Stato che divenne in seguito la fiera Serenissima.

 

Le meraviglie degli ingegneri Veneziani e l’equilibrio della Laguna.

ponte della moneta.jpgcarta della laguna di Sabbadino.jpgLa storia di Venezia si spiega nel connubio tra mare e terra, che costituisce un privilegio ma anche un impegno a ragione della sua singolarità, per cui il mare è amato e temuto come una forza che presiede alla vita stessa della città.

La laguna di Venezia si estende dalle foci del fiume Brenta a sud, quelle del Sile a nord, su una lunghezza di oltre quaranta Km. ed una larghezza variabile dagli otto ai dodici Km. Essa comunica al mappa.jpgLaguna_di_Venezia.jpgmare attraverso tre porti, Lido, Malamocco e Chioggia., cher distano tra loro poco più di dieci Km. Essi si trovano ai due estremi dell’isola lunga e stretta chiamata appunto Lido, che fa da contrafforte al mare, e dell’isola di Pellestrina.

Dall’apice del campanile di S. Marco si puo ammirare la posizione di Venezia nella laguna: da un lato le varie isole di Venezia che fanno corona e dal lato opposto lo stendersi della campagna veneta che inizia al bordo della laguna e giunge, a vista d’occhio fino al profilo lontano delle montagne,

Venezia dall'alto.jpg4921_venezia_canal_grande.jpgCanal Grande mappa.gifLa struttura urbana è rimasta intatta  il Canal Grande predomina sugli altri e si snoda a forma di “S” dividendo la città in due parti per quasi quattro chilometri, e corre probabilmente nell’antico alveo del Brenta che giungeva fino all’isola di Rialto.

Piave.jpg

La regolazione del corso dei fiumi costituì uno degli impegni più ardui e di difficile attuazione: Immediatamente a sud della laguna sboccano due dei maggiori fiumi italiani: il Po e l’Adige, e la loro sistemazione necessitò di imponenti opere idrauliche. Il Brenta, il Bacchiglione il Sile e il Piave, che 400px-Wiki_1610_Taglio_Nuovissimo_Brenta.jpgsboccano sulla laguna, furono convogliati in un alveo opportunamente costruito oppure furono fatti defluire attraverso canali interni.

Tra le opere idrauiliche più imponenti è da ricordare la deviazione del Brenta e del Bacchiglione attuata alla metà del 500 dal famoso ingegnere idrauliuco Cristoforo Sabbadino, che ideò altresì lo spostamento del mappa del Piave.jpgSile.jpgcorso di una delle foci del Po, allontanandolo così da Venezia attraverso “il taglio di Porto Viro”, finito nel 1604.

Col Sabbadino collaborò il cartografo Giacomo Gastaldi, il maggiore cartografo italiano del 500, e al Sabbadino si deve il progetto delle due grandi dighe su mare a Malamocco e al Lido, che venne attuato tre secoili dopo la sua morte.

1565-_Giacomo-Gastaldi-Univ.jpgBacchiglione.jpgtaglio di porto viro 2.jpgIn quest’alveo naturale i maggiori ingegneri della Serenissima dovettero battersi per secoli con coraggiose opere idrauliche che taglio di Porto viro.jpgpermisero alla grandissima Repubblica di mantenersi in un equilibrio terra-mare straordinario, uomini illuminati, competenti e straordinari….la Serenissima , esempio di scienza, capacità e volontà che tutti i veneziani rimpiangono.

 

 

Set 8, 2011 - Architettura, Arte, Mestieri, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su I mobili del settecento veneziano e i loro autori: i geniali artigiani della Serenissima.

I mobili del settecento veneziano e i loro autori: i geniali artigiani della Serenissima.

palazzo-zenobio-sala-ballo.JPGI palazzi veneziani avevano una propria conformazione: grandi saloni di rappresentanza, e poi piccoli salotti riccamente decorati ed arredati con mobili particolari e famosi in tutta Europa, lampadari e specchi (naturalmente in vetro di Murano).

Nel settecento si facevano sentire profondamente a Venezia l’eleganza, lo stile, il senso di misura, la ricercatezza, in una parola dell’alta società europea che frequentava le corti e le ambasciate.

01_tavolo_dorato956.jpg22432-armadio-veneziano-del-xviii-secolo-laccato-con-decorazioni-floreali-e-decori-a-mascheroni-big.jpgIl riflesso fu immediato anche nelle opere di arte applicata, eseguite per quelle classi privilegiate che vivevano nelle dorate cornici dei salotti veneziani. La qualità artigianale dei mobili laccati, dei lampadari di Murano, delle specchiere, dei velluti rasati, le maioliche e porcellane che si collegavano armonicamente con l’alta qualità degli stucchi degli arredi e perfino dei pavimenti “alla veneziana” che si ottenevano con un impasto di frammenti lapidei e lucide scaglie di marmo variamente colorate.

I più bei mobili del settecento erano decorati dalle straordinarie colorazioni delle lacche e tecniche carezzonico.giffalegnami veneziani.jpgdiverse nelle quali trovava sfogo un estro decorativo pittorico popolare ed aristocratico a un tempo che apparteneva alla corporazione dei “depentori”.

Tra i mobilieri veneziani non si trovano grandi nomi, ma gli artigiani furono stimolati ad inventare nuovi tipi di colori e nuove decorazioni.

Il laccatore ” dice il Morazzani ( mobili veneziani laccati), doveva accuratamente levigare la superficie lignea sulla quale stendeva un velo di mobil leccato.jpgmobile barocco.jpgpastiglia ottenuta sciogliendo nella colla di guanto del gesso sottilissimo , anzi, impalpabile.

mobile laccato.gif

Questo sottilissimo strato , sotto il quale scomparivano le connessure a sua volta era coperto da altri strati di mobile veneziano.jpgmobili a Cà Rezzonicol.jpgstucco caldo avendo cura, che la sovrapposizione di strato a strato avvenisse solo quando l’antecedente fosse secca: questa preparazione, una volta ben levigata rivestiva come una tenace epidermide tutto l’oggetto: una volta ben essiccato, con fine carta vetrata e con l’agata veniva lisciato e levigato in modo da togliere ogni minima asperità a fargli acquistare al tatto una caratteristica morbidezza”

Allora si iniziava l’opera di decorazione, prima col dar la tinta di fondo poi con dipingere i motivi e le decorazioni ornamentali, usando colori a tempera.

cassettiera del 700 veneziano.gifpoltyrona dorata.jpgOttenuta la completa essiccazione della pittura, il laccatore la difendeva sotto molteplici strati di “sandracca”che aveva praticamente la stessa funzione della invetratura delle maioliche e delle porcellane, essendo essa compatta, liscia, brillante e morbida al tatto.

Ecco infine l’opera dell”indoratore”, artigiano di grande tradizione in quanto le dorature venivano usate un pò su tutto, tanto che anche sui contratti per le commesse dei quadri erano previste anche le cornici si richiedeva esplicitamente ” l’uso di oro zecchino”.

Sedia in ebano di Brustolon.jpgribalta-veneta.jpgNel settecento i “depentori” dei mobili ebbero la classificazione della loro arte, distinta da quella dei pittori e da quella degli indoratori: la grazia del mobile laccato veneziano nasceva quindi dall’armonica collaborazione delle varie arti, ambientata tra i campielli della città che vedeva insieme nomi di illustri artisti e di oscuri ma abilissimi e geniali artigiani che sono sempre stati alla base della ricchezza, della cultura e delle risorse della Serenissima.

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