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Mag 4, 2012 - Arte, Arte e mistero, Leggende, Misteri, Personaggi, Tradizioni    Commenti disabilitati su Le tracce del mito di Antenore a Torcello, prima della nascita di Venezia.

Le tracce del mito di Antenore a Torcello, prima della nascita di Venezia.

1-Nave-greca.jpgGiancarlo Ligabue.jpgStoria_antica_Torcello.jpgMolto prima della nascita di Venezia la laguna era molto trafficata dalle navi di mercanti greci che a loro volta seguivano  le tracce dei propri antenati ,i Micenei.

Molte erano le tracce che testimoniavano questi viaggi, ma proprio a torcello il grande esploratore ed antropologo veneziano, Giancarlo Ligabue fece, nel 1982 delle eclatanti scoperte come reperti di vasi micenei antichi, antecedenti e di molto, museo_archeologico_1.jpgmuseoarcheologico-venezia.jpgreperto ad Adria.gifquindi, l’inizio della storia di Venezia. Ora questi preziosi reperti sono conservasti presso il Museo Archeologico di Venezia, al primo piano delle Procuratie nuove a S. Marco.

p%20Antenore%20mitico%20fondatore%20di%20Padova.jpgtroia3Big.jpgrovine-di-troia_447021.jpgTutto questo avvalora il mito di Antenore, il guerriero fuggito da Troia sconfitta assieme ai suoi compagni Enetoi (o Veneti) provenienti da Plafagoria in Asia Minore.

Il loro percorso è descritto da Virgilio nell’Eneide: Antenore, sfuggito dalle mani degli Achei partì addentrandosi nei golfi dell’Illiria, spingersi nel cuore del Regno dei Liburni, e superare la foce del Timavo. In questa terra egli fondò la città di Padova e stabilì la sede dei Troiani…qui diede il nome alla Mar Adriatico.jpgTomba di Antenore.jpgsua gente, appese le armi di Troia e qui riposa sereno nella tranquillità della pace (Eneide I 242-249).

E a Padova, in Piazza Antenore , proprio davanti al Palazzo della Provincia, c’è la tomba dell’eroe.

Seguendo quindi le medesime rotte, i greci di Siracusa decisero di fondare Adria, in una zona malsana e nebbiosa, così distante dai canoni paesaggistici e logistici a loro tanto cari, e la città divenne così importante da dare il nome al nostro meraviglioso mare (Adriatico), proprio perchè Adria era logisticamente il luogo di incontro di carovaniere provenienti dal centro Europa, ed altre in epoca protosdtorica avevano come capolinea la foce del Timavo, il caput Adriae , raggiungibile da Adria attraverso la navigazione protetta entrolagunare.

Adria.pngantica nave greca.jpgFossa filistina 1.pngNon a caso ad Adria fanno capo il canale scavato dagli Etruschi da Spina, (anche nell’epoca del primo millennio a.c le opere idrauliche costavano e non pellestrina%2024.jpgchioggia e sottomarina.pngchioggia.jpgci sarebbe stato motivo farlo se non ci fossero stati interessi economici)  quello costruito dai Greci fino alla  laguna, è la cosidetta fossa Filistina, che ha dato nome a Pellestrina, poi divenuta sotto i romani fossa Clodia, dando il nome a Chioggia.

Lo stesso generale Cleonimo, principe spartano arriva con una flotta da guerra in laguna, la riconosce perchè vede in lontananza i colles (ovvero i colli Euganei), e vi si avventura senza problemi. Solo avendola conosciuta precedentemente e apprezzandone il valore strategico ed economico, una armata greca si sarebbe avventurata con tanta dimestichezza. E ciò avveniva nel quinto secolo a.c.

Ci sono quindi tutte le premesse perchè la misteriosa, leggendaria storia della laguna di Venezia trovi finalmente puntuale riscontro.

Apr 30, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Chiese, Leggende, Luoghi, Misteri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Torcello e le : parecchie Venezie!

Torcello e le : parecchie Venezie!

Torce3llo3.jpgS. Maria Assdunta 1.jpgLa zona lagunare veneziana all’epoca di Eraclio (circa 600 d.c) imperatore di Costantinopoli, era un angolo di territtorio bizantino, che faceva parte della provincia di Venezia a capo della quale (sulla base di varie testimonianze storiche) c’era un “magister militum” (governatore), alle dirette dipendenze dell’Esarca di Ravenna.

La Chiesa di S. Maria Assunta di torcello fu costruita per ordine dell’esarca Isaac, e a lui dedicata per “volere di Dio”, a ricordo dei suoi meriti e a quelli del suo esercito.

Torcello.jpgparco-sile.jpgL’opera venne compiuta dal magister militum Maurizio, governatore appunto della provincia di Venezia, mentre risiedeva in quel luogo di sua proprietà! Torcello fu una vera città, nobile e ricca di monumenti, un’altra Venezia che noi non conosciamo ; poi fu abbandonata perchè il corso del fiume Sile, non ancora regolato definitivamente nel suo letto, aveva reso insalubre ed inabitabile il luogo.

La città, abbandonata, divenne una cava di pietre e di frammenti preziosi per la vicina Venezia nascente, che sempre più si ingrandiva e più necessitava di pietre provenienti da qualsiasi luogo. Le maree portarono via altra terra e l’isola di Torcello rimase nelle dimensioni attuali, con poche case, un piccolo prezioso palazzo del Consiglio, un altro per la Podestà e l’antica cattedrale anteriore alla Basilica di S. Marco.

280px-Venezia_-_Torcello_01.jpgtorcello2.jpgAccanto ad essa una chiesa dedicata a S. Fosca, martire di Ravenna, contemporanea a S. Marco, che trasse l’ispirazione dallo stesso ceppo bizantino.

Vista dall’alto l’isola di torcello è al centro del grande arco segnato dal bordo dell’acqua della laguna sul litorale della terraferma, a poca distanza dalle dighe ove la laguna si incontra con il mare e nella costellazione delle varie isole che fanno corona a Venezia.

Chiesa nave.jpgAttorno alle due vecchie chiese, miracolosamente rimaste intatte, una di quattordici e l’altra di nove secoli tutto venne distrutto: è rimasta qualche semplice casa , avvolta nella lucentezza ferma ed estatica della luce.

L’opera dell’uomo appare immensa come in pochi luoghi della terra nel respiro largo e solenne della natura. La si avverte ovunque, nel salmastro del vento che giunge dalle maree che lambiscono la poca terra dell’isola, nelle piante che si nutrono vicino all’acqua, nella commovente fragilità delle cose umane a paragone dell’esaltazione che ne da il cielo, al suo continuo tramutarsi nello specchio dell’acqua nelle varie ore del giorno.

Per comprendere l’essenza di Venezia bisogna prima comprendere questa originaria struttura, come la videro i primi abitanti che dovettero rassodare con le mani la terra per costruire le proprie case, dopo aver abbandonato le antiche e fiorenti città romane della costa verso zone più protette dalla natura e più vicine al traffico marinaro che legava con un nuovo vincolo più attuale rispetto a quello dell’epoca romana, le città dell’alto adriatico.

Maurice Barrès.jpgSi formò così la nuova civiltà degli abitanti di Venezia: popolazioni che rinnegavano la terraferma scegliendo le nuove avventure sul mare. l’Occidente , considerato come terraferma, non interesserà più per molti secoli. Il centro di Torcello si costituisce prima di Rialto, da cui sorgerà Venezia: sembra che intervengano forze mitologiche  che si tramandano nelle leggende, come nell’antica Roma, a determinare infine il luogo della città, a scapito anche di Eraclea e Malamocco,, oltre ad altre isole di cui ora è rimasto soltanto il nome.: Maurice Barrès dice: “gli uomini tentarono parecchie venezie prima di riuscire a formare quella che amiamo”.

S. MariA aSSUNTA A tORCELLO.jpgjohn_ruskin.jpgL’immagine che John Ruskin dà della cattedrale di Torcello, come di una grande nave, novella arca di Noè, che si è salvata intatta dal naufragio . è perfetta e, ” chi vuole imparare” continua Ruskin, “con quale spirito cominciò l’impero di Venezia e con quale forze essa riuscì vincitrice in avvenire, non cerchi di stimare le ricchezze dei suoi arsenali e il numero delle sue armate, non guardi la pompa dei suoi palazzi, nè entri nel segreto dei suoi consigli, ma salga la più alta fila dei severi gradoni ad anfiteatro che circondano l’altare di Torcello e allora riporti il ponte della benigna nave-chiesa  dei suoi marinai e cerchi di sentire in sè la forza di cuore che fu accesa in loro”.

lastra nel duomo di Torcello.jpgTorcelloi1.jpgil trono di Attila.jpgscalinata.jpgAlla spontaneità e bellezza della natura corrisponde l’autenticità dell’arte, fedele alle origini paleocristiane e bizantine della città di Venezia; Torcello è stato  un anello di sintesi di civiltà così diverse: sembra che il tempo si sia fermato su queste testimonanze. Nella piccola piazza del luogo sono fiorite le leggende più antiche, come quella che circonda il presunto trono di Attila, blocco di marmo possente che, unico, avrebbe avuto il privilegio di sostenerne la terribile violenza.

 

 

Venezia: leonessa d’Europa ed artefice della vittoria di Lepanto

Massimiliano II d'Asburgo.jpgSelim II.jpgcornaro_regina_cipro.jpgCipro veneziana.jpgI motivi di attrito tra Venezia e Turchia divennero sempre più pesanti: il sultano Selim, una volta firmato il trattato di pace con Massimiliano II d’Asburgo, nel 1568, rivendicò la proprietà dell’isola di Cipro.

Come primo atto il Sultano imprigionò il bailo della Serenssima a Costantinopoli, Marcantonio Barbaro, e preparò ingenti Marcantonio Barbaro.jpgforze per l’assedio ed il successivo possesso del’Isola.

la sublime Porta.jpgVenezia, informata dal suo ambasciatore delle intenzioni della Sublime Porta si trovava in difficoltà ad allestire una flotta a causa di un furioso incendio all’Arsenale, nel 1569, che aveva distrutto alcune tra le più importanti strutture che servivano alla costruzione delle navi.

La lega degli Stati cristiani, formata dalla flotta spagnola, capitanata da Gian Andrea Dandolo, una pontificia capitanata da Marcantonio Colonna, e quella Marcantonio Colonna.jpgveneziana, con a capo Giuliano Zane non riuscirono a concretizzare una forze omogenea a causa delle mai sopite rivalità, a causa soprattutto degli Spagnoli, per cui l’impresa fallì prima ancora di iniziare.

famagosta_1571.jpgNel frattempo Cipro cadde, dopo un feroce assedio ed i feroci supplizi per i veneziani, e quello di Marcantonio Bragadin, di cui abbiamo già parlato, ne fu l’esempio più raccapricciante.

Una nuova Lega venne quindi promossa dal Papa Pio V, che riuniva il fiore della nobiltà europea, venne allora preparata per una nuova guerra contro i Turchi comandati da Giovanni d’Austria, fratello del re Filippo II di Spagna.

La compagine europea comprendeva l’armata veneziana, quella spagnola e quella della Santa Sede accanto agli alleati che aveva risposto all’appello di Papa Pio V: il duca di Savoia, Pio_V.jpgl’Ordine di Malta, il Granducato di Toscana, la Repubblica di Genova, il duca di Urbino e quello di Parma.

mappa_lepanto.jpgsebastiano%20venier.jpgSi era così formata una delle più poderose flotte dell’epoca con duecentootto galee e un complesso di ventiseimila uomini. Oltre metà delle galee erano veneziane, al comando di Sebastiano Venier, che riuscì a convincere gli alleati ad attaccare con decisione la flotta turca nelle acque di Lepanto, presso il golfo di Patrasso e lo stretto di Corinto, in una delle più famose battaglie di tutto il secolo.

La vittoria della flotta cristiana il 7 ottobre 1571 venne ottenuta grazie a furiosi combattimenti che portarono alla distruzione della flotta nemica e numerose perdite da ambo le parti.

L’armata veneziana aveva contribuito in modo determinante alla vittoria, che suscitò una grande risonanza in tutta Europa e coronò l’attività politica di Venezia contro l’impero ottomano, dopo tanto tempo e numerosi sacrifici.

Battaglia di Lepanto 1.jpgBattaglia di Lepanto.jpgLa vittoria per la Serenissima assunse un valore  superiore a qualsiasi altra impresa militare, e vedeva così sfatata la leggenda dell’invincibilità del nemico più pericoloso che essa abbia avuto.

L’arte e la Letteratura di Venezia celebrarono a lungo la data di quella vittoria, dalla prima orazione per i nobili veneti che avevano perso la vita dello storico e politico Paolo Paruta, detta dinnanzi al doge Alvise Mocenigo, ai famosi dipinti in Palazzo Ducale, dalla costruzione della Cappella del Rosario a S. Giovanni e Paolo e a tutte le altre numerose opere sparse per la città a ricordo dell’avvenimento la cui data fu una delle più esaltanti nella Storia di Venezia.

Battaglia-di-Lepanto-1572.jpgBattaglia%20di%20Lepanto%20(Venezia-Galleria%20dell%27Accademia).jpgBattaglia di Lepanto 3.jpgWolfgang Goethe nel suo viaggio in Italia ruicorda di aver assistito a cerimonie in ricordo della battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1786. Egli vide arrivare le barche dorate a Santa Giustina, il vecchio doge, e senatori, la nobiltà negli antichi costumi della Repubblica: ” A me fuggitivo esule nordico” egli annota ” questa cerimonia fece molto piacere . Da noi, nota, dove tutte le cerimonie si svolgono in abiti succinti, dove le più importanti che si possa immaginare hanno luogo tra fucili a spalla, una cerimonia simile sarebbe fuori posto. Ma qui, questi abiti a coda e questa tranquilla solennità stanno bene”.

Con questa vittoria la Serenissima mostrò a tutti la propria potenza ed il proprio Stemma di Paolo Paruta.jpgDoge-Alvise-Mocenigo.jpggoethe.jpgpredominio nei mari, avendo finalmente sconfitto l’antico nemico e diventando l’esempio della capacità navale e potenza bellica in tutta Europa.

Apr 23, 2012 - Architettura, Arte, Luoghi, Mestieri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Palazzo Vendramom Calergi.jpgFacciata dell'attuale ospedale S. Giovanni e Paolo del Coducci.jpgPalazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgfsansovino.jpgGli edifici più importanti del primo cinquecento sul Canal Grande, come Palazzo Vendramin Calergi di Coducci a S. Marquola, quello Grimani di Sanmicheli a S. Luca, e sopratutto il Corner del Sansovino a S. Maurizio costituirono i nuovi parametri per dare alla città in Palazzo Corner del Sansovino.jpgsenso rinascimentale e barocco.

casinoveneziaesterno.jpgLungo il Canal Grande,  in particolare, si accentua la valorizzazione di elementi scenografici delle facciate, dando alla grande via d’acqua un lussuoso aspetto da parata su cui predomina il richiamo del teatro nella sequenza dei vari prospetti decorati con pitture e con sculture.

Gli “itinerari” di Venezia e del Canal Grande nel settecento sono gli stessi descritti dalla “guida” di Francesco Sansovino nel 1581, ma molti edifici si sono sostituiti nel frattempo: è aumentata la ricerca del decoro , la funzione rappresentativa, l’amore per il fasto, la meraviglia delle decorazioni e quindi l’apparenza spettacolare e celebrativa.

220px-Scamozzi_portrait_by_Veronese.jpg220px-Palladio.jpgAndrea Palladio.jpgIl legame tra Sansovino, Scamozzi e Palladio rimane costantemente presente anche dopo la loro scomparsa.Il Longhena nella basilica della Madonna della Salute manifesta una profonda comprensione della poetica del Palladio e del Sansovino. La Basilica dellsa Salute presenta una soluzione tipicamente veneziana dello stile barocco, tradotto con quella libertà di fantasia che è La Salute del Longhena.jpg250px-Salute01.jpgconnaturale a questa città, prevale in essa infatti laa componente plastico-decorativa, così palese già dalle origini bizantino-lagunari di Venezia, e alla quale la città è rimasta sempre coerente, libera dalla stretta regola degli ordini classici.

Nell’architettura barocca era venuto a mancare lo spazio in una città chiusa e bloccata nei suoi limiti. La Salute era stata commissionata dal Senato nel 1630 a seguito di un voto di tutta la Repubblica alla Vergine per la liberazione dslla peste.

La Basilica, per questo motivo, venne eretta sui resti di un convento-lazzaretto, in un terreno proteso a prora di nave sul bacino di S. Marco, tra il Canale della Giudecca e il Canal Grande , su diversi specchi d’acqua che formano una iridescente corona all’edificio.

Le strette misure consentite dalla vecchia sistemazione urbana tutta intersecata da canali, pretende per quasi ogni edificio la demolizione di un altro più vecchio, e tutto a prezzo di cause legali tra la Magistratura del Proprio ed il nuovo propietario.

La facciata quindi è frutto dei gusti personali del proprietario, di quello dei capimastro, e dal piacere decorativo degli scultori.

ponte dei sospiri.jpgfacciata-chiesa-santa-maria-giglio.JPGpontedeisospiri-300x225.jpgIl Ponte dei Sospiri, tra il palazzo ducale e le prigioni è l’esempio più noto di questa abilità artigiana, con quella libertà compositiva di materia , di struttura, di invenzione suggerita dalla stretta composizione degli spazi.

Il Ponte è costruito in pietra d’istria ai primi del Seicento, ma per la morbidezza del taglio e il gusto decorativo, sembra un soprammobile, creato su suggerimento dei ponti che si costruiscono sulla tolda delle navi, più di quelli che vennero edificato tra le rive dei canali.

Tremignon S. Moisè.jpg1313_scalzi.jpgCome scenografia teatrale ecco la facciata della chiesa di S. Moisè, eretta con il lascito del patrizio Vincenzo Fini da Alessandro Tremignon, molto criticata per un gusto veneziano-barocco, anche troppo ornato e ricco, con quella sua sovrabbondanza di decorazioni.

L’origine di tale pittoricismo si spiega mediante la modellazione tutta veneziana del marmo, molte volte ispirata dall’opera dergli intagliatori in legno più che dalla tecnica propria dei lavori in marmo. Legno e marmo, decorazioni, artigiani sopraffini , ecco le immagini di una Venezia sfaccettata, ricca di decorazioni di stili diversi, ogni angolo di questa città nasconde uno stile diverso, angoli gotici, angoli incantati, canali luminosi, iridescenze….tutta da vedere e da vivere.

Trame oscure ed agenti segreti di Venezia, dal medio evo al diciottesimo secolo.

palzzo-ducale-venezia.jpgconsiglio10.jpgLa Serenissima, proprio per la sua specificità, nella sua organizzazione ha sempre affidato grandissima importanza ai propri segreti: prima di tutto per quanto riguardava la costruzione delle navi, quindi agli armamenti ed infine alle politiche espansionistiche ma sopratutto dal punto di vista commerciale.

Una grandissima importanza ebbe quindi l’attività spionistica, legata naturalmente al Giacomo Casanova.jpgI servizi segreti di Venezia.jpgcontrospionaggio; gli agenti venivano definiti con i termini di spia, esploratore, confidente, ..ed anche consulente, referendario, delatore ed emissario. La prima espressione, dopo quattro secoli, di agente segreto venne coniata da Giacomo Casanova, che, come antico James Bond, si dedicò anche a questa esperienza a favore della sua Venezia, naturalmente ben remunerato, assieme a Michelangelo Bozzini e Giovanni Cattaneo.

Le delazioni hanno fatto parte di questo sistema, ma, attraverso le boche de leon non Bocca_di_leone_02.jpgbocca-leone-chiesa-san-martino.JPGvennero accettate così, incondizionatamente, ma attentamente vagliate: per cui se si ebbero processi questi furono supportati da testimonianze vere, comprovate, per cui a possibili condanne (a morte) vi furono anche diverse assoluzioni.

La Spagna fu lo stato che cercò di inserire le proprie spie, o di corrompere dal punto di vista ideologico o anche soltanto vilmente per denaro. baili, nobili o viaggiatori corrotti o resi corruttibili da inganni e conseguenti ricatti.

Tra i casi spinistici più famosi, quello più imnportante e cupo fu quello relativo al nobile Girolamo Lippomano alla fine del 1500, e poi Angelo Badoer e Girolamo Grimani.

immagine di rapporto di Missier grande.jpgbaili veneziani.jpgComunque determinanate per il funzionamento di questi “servizi” vi fu la fattiva collaborazione dell’apparato dello stato  e dei cittadini, e rievoca un originale metodo di comunicazione tra governo e sudditi: “il memoriale sottoscritto personalmente o da terza persona per conto dell’interessato che un privato cittadino presentava al Consiglio dei Dieci (nel caso di privilegi industriali anche al Senato) su una materia rilevante importanza per lo Stato e richiamava l’attenzione, inoltre, su una figura poco conosciuta nella storia di Venezia: quella del Capitan Grande o Missier Grande, cioè il capo degli sbirri alle dirette dipendenze del Consiglio dei Dieci, una sorta di coordinatore dell’attività dei confidenti o degli informatori ( una sorta di capo della CIA) , A questo si aggiungeva l’attività spionistica all’estero  dei diplomatici veneziani, documentate, che spesso si svolgevano alle dirette dipendenze del Consiglio dei Dieci.

consiglioX_01.jpgcrittografia e decifrazioni.jpgEd in questo ambito si ebbe la nascita e l’evoluzione di codici segreti e della scrittura cifrata, vero a proprio inizio della crittografia moderna.

La sopravvivenza di Venezia, la sua natura di Stato esposto, proprio attraverso la sua peculiarità di Repubblica legata per la sua vita, la sua espansione e la sua essenza alla crittografia medievale.jpgcrittografia.jpgcrittografia08.gifconoscenza delle strategie di altri Stati amici ma al contempo rivali , era legata al segreto, alla conoscenza dei segreti altrui ed alla previsione delle mosse politiche e strategiche degli altri paesi europei, senza far trapelare le proprie evoluzioni tecnologiche e quelle diplomatiche!

 

 

 

Da Venezia: Auguri di Buona Pasqua!

pasqua-a-venezia.jpg220px-Diego_Valeri.jpgVenezia-Ponte-dei-Sospiri.jpgUn caloroso augurio di buona Pasqua da Venezia e da me, figlia ed erede, con migliaia di veneziani, legati a questa meravigliosa antenata, di suoi passati splendori, ma anche soltanto del suo essere unica: una città unica, viva, vera, con i suoi problemi particolarmente delicati perchè tale è l’equilibrio che regge questo sogno fatto di pietra, legno, giardini,ponti, arte, passato, e cultura, che rimane tutt’oggi come elemento imprescindibile e che la rende  assolutamente inimitabile e fantastica.

Vorrei donare a questa mia meravigliosa culla una poesia che Diego Valeri, valente poeta veneto, nativo di Piove di Sacco, veneto ma anche facente parte per un certo periodo di tempo della sua elite intellettuale:

C’è una città di questo mondo
ma cos’ bella, ma così strana
che pare un gioco di fata Morgana
e una visione del cuore profondo.

Aviluppata in un roseo velo,
sta con le sue chiese, palazzi, giardini,
tutta sospesa tra due turchini.
quello del mare, quello del cielo.

Così mutevole! A vederla
nelle mattine di sole bianco
splende di un riso pallido e stanco,
d’un chiuso lume, come la perla

ma nei tramonti rossi affocati
è un’arca d’oro, ardente, raggiante,
nuova innocenza, veleggiante
a lontani lidi incantati

Quando la luna alta inargenta
torri snelle e cupole piene
e serpeggia per cento vene
lìacqua cupa e sonnolenta

non si puà dire quel ch’ella sia
tanto è nuova e mirabile cosa:
isola dolce, isola misteriosa,
regno infinito di fantasia.

Cosa di sogno, vaga e leggera,
eppure porta nell’anni di storia,
e si corona della gloria,
d’una gran vita guerrieera.

Cuor di leonessa, viso che ammalia,
e tra veneti due volte sovrana,
pianta di forte virtù romane
fiore di tutta la gloria d’Italia.

 

focaccia veneziana2.jpgpasqu 1.jpgEd infine, nei miei ricordi di bambina, e sicuramente in quelli di tanti altri bambini veneziani la filastrocca:

Xe Pasqua, xe Pasqua
che caro che go
se magna a fugassa e anca il cocò
se vado in cusina
e trovo l’agneo
 se vede e se usa
magnar anca queo;
H_Pasqua_a_Venezia_Ristorante_Terrazza_Danieli.jpgpulcino.jpgse bevo un tantin de Marsala
vusto che non salta e che bala?
Si, si, papà caro
se tutti i putèi fusse come mi
voria che Pasqua fusse ogni dì.

Carissimi amici miei, tanti affettuosi e sinceri auguri di Buona Pasqua, Pasqua di serenità, di amore, di amicizia di affetti profondi, di salute, Pasqua a Venezia 3.jpgVenezia a Pasqua.jpgVenezia a Pasqua1.jpgvenezia.jpgvenezia14.jpgdi sostegno e di solidarietà!

Con tanto amore, vostra Piera !!!!!!!!

 

 

 

Apr 4, 2012 - Arte, Carnevale, libri e fumetti, Mestieri, Musica venexiana, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

220px-Carlo_Goldoni.jpgdell'abate Chiari.jpglibro dell'abate chiari.jpgCarlo Goldoni, il “narratore” della Venezia settecentesca fu molto amato ed apprezzato dal pubblico e da altri artisti famosissimi dell’epoca, come Goethe, ma venne bersagliato da critiche e da polemiche prima da parte dell’abate Chiari, modesto letterato convinto, a torto, del proprio valore, ed in seguito da Carlo Gozzi.

Bisogna considerare che all’epoca bmarcello.jpgil teatro a Venezia era vivo e si collegava in modo determinantre alla vita della Società del tempo: basta pensare al sottotitolo del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello per considerare il gran numero di persone che vi lavoravano “Metodo facile, sicuro per ben comporre, ed eseguire Opere italiane in  musica all’uso moderno, nel quale si danno avvertimenti utili e necessari a Poeti, , Compositori di Musica, musici dell’uno e dell’altro sesso , Impresari, Suonatori, ingegneri, pittori di scene, parti buffe, Sarti, Paggi, Comparse, suggeritori, copisti, protettori e Madri di virtuose, ed altre persone appertenenti al Teatro”.

Tutti questi consigli sono dati in tono ironico all’epoca del libro del 1721 e illuminano una zona della vita veneziana del tempo che trova corrispondenze precise nella vita sociale e artistica un pò comune alla situazione del Teatro italiano del 700.

i rusteghi.jpgla triologia della villeggiatura.jpgLe Baruffe chiozzotte.jpgPer Goldoni la polemica si inasprisce negli anni in cui compie alcuni suoi capolavori come ” I Rusteghi”, ” Le smanie per la villeggiatura”, ” Sior Todaro Brontolon”, ” Le Baruffe Chiozzotte”, dal 1760 al 1762, anni nei quali viene dato un riconoscimento sempre più ampio della sua arte comica.

Carlo Gozzi.jpgIl Conte Carlo Gozzi, uomo legato al passato critica e disprezza le opere di Goldoni perchè nella sua natura di conservatore ritiene , che la struttura sociale in cui viene ambientata l’opera del suo rivale non sia più quella della Repubblica di Venezia, non tanto come riforma teatrale la peculiarità delle opere di Goldoni, qwuanto un preavvertimento della precarietà del mondo che lo circondava, la sofferta sensazione di disgregamento d’un sistema di vita che testimoniava nella seconda metà del settecento i segni del declino della Serenissima.

Il Gozzi, nei suoi lavori letterari, è dotato di ironia e ama il mordente della satira, e mentre può trovare un facile bersaglio nelle modeste opere dell’Abate Chiari, non può criticare così Carlo_Goldoni.jpgCmpiello del Goldoni.jpgapertamente ed aspramente l’arte di Goldoni, che aveva invece resi sempre più corali i nessi compositi delle sue commedie, fino al capolavoro “Le baruffe Chiozzotte”, in una cerchia popolare e borghese.

Il nuovo teatro, secondo Gozzi, aveva tradito le invenzioni di fantasia e quell’anelito di evasione che erano sempre stati ansiosamente ricercate negli spettacoli di creazione Veneziana, specie nell’opera lirica, che di adattavano perfettamente a quella suggestione poetica e favolistica, cercando di ottenere l’illusione teatrale di indirizzo elegiaco ed arcadico.

Carlo Gozzi opere.jpgl'amore delle tre melarance 1.jpgProkopfiev.jpgE’ questa l’espressione precisa dei lavori di Carlo Gozzi: il teatro di fiaba come l’amore delle tre melarance” e “Turandot”porta il pubblico in un mondo ironico, divertente, sul filo della commedia dell’arte, delle maschere, della rappresentazione di un Turandot 1.jpgTurandot.jpgpuccinigiacomo.jpgOriente favoloso e di una comicità che si libera del realismo quotidiano, mentre da Ruzzante a Goldoni le commedie riflettono saldamente la realtà e portano il timbro della voce del popolo.

“Turandot” venne rappresentata a Venezia nel 1762, fu tradotta in tedesco da Sciller e messa in scena al teatro di Weimar da Goethe (che molto ammirava Gozzi) Nel novecento venne musicata da Ferruccio Busoni, ed infine Giacomo Puccini espresse uno dei suoi massimi capolavori.

“L’amore delle tre melarance”, rappresentata nel 1761 al Teatro S. Samuele, venne musicata nel 1921 da Serghey Prokofiev, con un adattamento del libretto fatto dallo stesso musicista.

Goethe.jpgGoethe racconta dettagliatamente del suo incontro con il teatro veneziano, con le opere ed i balletti. L’incontro che il poeta ricorda con più entusiasmo è quello con “Le baruffe chiozzotte” di Goldoni, la sera del 10 ottobre rappresentata al Teatro S. Luca dalla compagnia di Antonio Sacchi: ” Non ho mai assistito, dice Goethe, in vita mia ad un’esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con tanta naturalezza. E’ stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine”.

In seguito a Roma il poeta tedesco ebbe modo di assistere alla rappresentazione della “Locandiera”: ” anche qui la base su cui si regge lo spettacolo è il pubblico; gli spettatori sono a loro volta attori e così la folla si fonde completamente con lo spettacolo”.

l'ultima sera di Carnevale.jpgCarlo  Goldoni 2.jpgPurtroppo, amareggiato dalle polemiche il più amato dei commediografi Veneziani, voce del popolo decise di trasferirsi a Parigi, e lasciò al suo pubblico come congedo la figura allegorica nella sua opera d’addio ” Una delle ultime sere di Carnevale”. ” Anzoletto, disegnatore per ricami chiamato in Russia da suoi clienti, e non è tanto una venatura di nostalgia preventiva, di commozione aperta, quanto la maniera con cui si concreta in una scena festosa e variopinta, in una cena di ultima sera di carnevale, e dunque non in forme patetiche, ma in un rinnovato omaggio alla vitalità sderena di una società attiva e fiduciosa, in una replicata prova della simpatia poetica del Goldoni per il suo mondo più vero” ( W. Binni in Storia della letteratura italiana – il Settecento- Milano 1968).
 

 

Mar 28, 2012 - Alchimia, Esoterismo, Luoghi, Mestieri, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I ciarlatani a Venezia

I ciarlatani a Venezia

ciarlatani.jpgciarlatani 0.jpgNella Venezia cinquecentesca iniziò il fenomeno dei ciarlatani, che dilagò poi in tutta Italia, e chiamati in dialetto: “monta in banco”. Il termine di ciarlatano, un misto di di imbroglione, medico-stregone, venditore di polveri magici, elisir, curatore e espositore di mostri.

Il termine “ciarlatano” nasce dal paese in cui per la prima volta si è creata questa professione: Cerreto di Spoleto: l’Accademia ciarlatano_09.jpgIl casotto del Leone di Pietro Longhi.jpgil re dei ciarlatani del Longhi.jpgdella Crusca così definì nel 1612 questa categoria come:” coloro che per le piazze spacciano unguenti od altre medicine, cavano i denti e fanno giochi di mano che comunemente dicesi Ciarlatani ..da Cerreto, paese dell’Umbria da cui soleva in antico venir siffatta gente, la quale con varie finzioni andava facendo denaro”.

Sull’argomento vennero composte alcune opere come ” ciarlatani_pag75a_l.gifciarlatano_16.jpgSpeculum Cerretanorum”di Teseo Pini e il ” vagabondo ovvero sferza de i vagabondi” di Raffaelel Frianoiro. Cipriano Piccolopasso così descrisse: “esercitano questi uomini d’andar pel mondo vendendo il Zafferame, il pepe et altre spezierie, coralli come anco una certa sorte d’herba che chiamano corallina, qual, ridotta in polvere vendono per dar ai putti per scacciar i vermi…non si dilettano, pare a me , nè d’armi nè di lettere , si ben d’andar per biri …….quel costume che hanno di andare a torno accattando e cialtronando”.

Anche Macchiavelli utilizzò il termine “Cerretano” come sinonimo di medico ciarlatano nella sua famosa commedia ” la Mandragola”.

ciarlatano01.jpgciarlatano05.jpgA i ciarlatani in piazzetta.jpgVenezia i ciarlatani salivano su un palco, e , accompagnati da danzatori e giocolieri, iniziavano a declamare le virtù prodigiose di unguenti, elisir, creme, polveri, cerotti, sciroppi, acque di bellezza ed altro. Nella Piazza più famosa d’Europa ( Piazza San Marco) si davano quindi appuntamento diversi di questi personaggi, e che sono rimasti nella memoria della città per la loro dialettica
 e la capacità di convinzione: Il Cieco da Forlì, Zan della Vigna, Mastro Paolo di Arezzo, il Moretto da Bologna, l’Alfier Lombardo ( Giuseppe Colombani da Parma)cavadenti, Monsù Guascon,  mestro Leone       , ma tutti i suoi preparati e i suoi elisir nulla valsero contro la pestilenza del 1576 che se lo portò via assieme alla moglie .

ciarlatani in Piazza.jpgUno degli oggetti per cui rimase famoso il suo banchetto fu la carcassa di un pesce, opportunamente essiccato e ripiegato, che acquistò un orribile aspetto e che venne spacciato come un terribile e orrido mostro.   

 

La breve luce brillante di Marietta Robusti: la Tintoretta!

0211_autoritratte_int1G.jpg220px-Tintoretto_-_Self-Portrait_as_a_Young_Man.jpgNel novero delle innumerevoli donne notevoli figlie della Serenissima, legate alla politica, alla pittura, alla letteratura, musica e all’arte in genere, lascia la scia quasi di una “cometa” brillante, fulgida ma presto scomparsa, Marietta Robusti, detta ” la Tintoretta”.

Figlia illegittima del famoso Jacopo Robusti (il Tintoretto), nacque a Venezia (la data non è certa, nel 1554 o nel 1560). Il talento pittorico era scritto nei suoi geni, nondimeno assorbì tutto sull’arte del padre, ancora piccolina, quando il Tintoretto, che con la figlia ebbe una rapporto quasi simbiotico di profondo amore e stima, la portò ancora piccolissima nel suo studio, si dice vestita con abiti maschili.

autoritratto della -tintoretta.jpgautoritratto.jpgCrescendo si dedicò ed eccelse anche nella musica e nel canto, esprimendo così un’artisticità poliedrica che la accomunò ad altre artiste veneziane, come ad esempio Rosalba Carriera. Certo Venezia era la fucina dell’arte, l’humus giusto per esaltare le capacità non solo maschili ma anche e forse sopratutto femminili in questo settore.

Crescendo ” la Tintoretta” divenne famosa presso la società veneziana ed i suoi nobili, che consideravano un privilegio farsi ritrarre dalla maestria di questa artista. Sicuramente collaborò il vecchio e il giovane.jpgalla realizzazione di alcuni quadri paterni, visto che Marietta aveva così assorbito la pittura paterna da poter rivaleggiare con lui.

Purtroppo però delle sue opere ci rimane “Il ritratto del giovane e il vecchio”, talmente vicino allo stile paterno  da rivaleggiarne come potenza, stile e profondità. Anche i suoi autoritratti, uno dei quali la ritrae con uno spartito in mano ed una spinetta accanto, (un modo di rappresentare sè stessa e le sue inclinazioni).

La sua arte venne apprezzata anche da corti Straniere come quella di Filippo II di Spagna e di Massimiliano II d’Austria, che la invitarono a lavorare presso quei regni, ma l’attaccamento quasi morboso che la legava al padre la convinse a non allontanarsi da Venezia.

ritratto di donna.pngautoritratto tintoretta.pngSi sposò con un gioielliere, Marco d’Agusta, da cui ebbe un figlio, Giacometto, la cui morte ad appena undici mesi la lasciò distrutta e senza alcuna velleità artistica. Si spense nel 1590, e venne sepolta nella meravigliosa chiesa °Gotica della Madonna dell’Orto, dove, dopo alcuni anni venne tumulato anche il padre, ormai vecchio…rimasti uniti così anche dopo la morte.

Storia struggente di un’artista di rare qualità, di una donna bella, intelligente e ricca di qualità che dovrebbe comunque essere ricordata un pò di più, ad onore delle donne veneziane, di tutte le donne che cercano di capire ed apprendere avidamente quanto di bello fa parte della ritratto della figlia Marietta del Tintoretto.pngTintoretto autoritratto.jpgMadonna dell'orto 1.jpgcultura, della bellezza e delle risorse che appartengono a qualsiasi donna!

 

Mar 22, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La Venezia del Medio Evo: la città del futuro secondo Le Courbusier

La Venezia del Medio Evo: la città del futuro secondo Le Courbusier

debarb.jpgjesolo.jpgLio Maggiore.pngConvento di S. Giorgio in -Alga.jpgLa laguna nell’anno mille , quando Venezia aveva già acquisito l’aspetto di una città stato, con i grandi centri di Rialto e S. Marco, già tracciati, arricchita di numerose chiese e palazzi , mentre nelle isole sorsero i grandi complessi conventuali dei benedettini, appare descritta come un vasto comprensorio agricolo, ricco di vigne ( spesso circoscritte da mura), mulini, pescherie, particolarmente nella zona dell’estuario nord, tra Jesolo e Lio Maggiore.

Estese furono le pinete lungo il litorale , e di queste rimane una traccia tra Jesolo e Cortellazzo: purtroppo una parte venne distrutta nei secoli per ottenere legname necessario per combustibile  e per la costruzione di edifici e di imbarcazioni.

Burchio.jpgAbbazia di S. Ilario a Fusina.jpgIl Brenta era il grande fiume della Laguna, anche dal punto di vista delle comunicazioni tra Venezia e Padova , tanto che si stabilì alle sue foci presso Fusina la grande abbazia di S. Ilario.

Lo stesso canale di S. Secondo tra Cannaregio e S. Giuliano ne costituiva probabilmente un suo ramo, infatti protava il nome di flumen e pure il  Canal Grande appare all’inizio come di origine fluviale.

4921_venezia_canal_grande.jpgCanale dei Marani.jpgInterventi sia fluviali che lagunari vennero posti in essere sin dall’anno 1000, con le costruzioni degli argini, lo scavo di canali e di “scomenzere” ( che uniscono artificialmente bacini separati)  anche se le vie d’acqua lagunari restarono tortuose come i “ghebbi” tra le barene, con il loro caratteristico andamento “vermicellare”.

Al centro di questo ambiente naturale si formò Ghebbi a Venezia.jpgScomenzere.jpgla città compatta nel suo tessuto urbano, con tutte le sue importanti funzioni economiche e sociali, connesse alla produzione di beni e di servizi, alle attività portuali e a qauelle di difesa, che si estesero in tutto il territtorio lagunare.

Quella vasta distesa di acque costituì lo spazio urbano essenziale per la città, ed una difesa naturale contro i nemici: le vere mura di Venezia.

vigne.jpgcarta della laguna di Sabbadino.jpgRiferendosi ai problemi connessi alla difesa idraulica della laguna il grande ingegnere Cristoforo Sabbadino parlò di mura invece che di laguna in un suo sonetto: “Quanto fur grandi le tue mura il sai, Venetia, hor come le s’attrovan vedi: e s’al periglio lor tu non provvedi, deserta e senza mura rimarrai. Li fiuli, l’mar e gl’huomeni tu hai che inimici….

Questa laguna allora appariva come un’enorme campagna, grandi orti e pescherie.

I veneziani infatti inventarono un nuovo tipo di città basato sulle differenziazioni e Venezia dall'alto.jpgtb_venezia%20dall'alto.jpgVENEZIA_INCISIONE.jpgsulle zonizzazioni delle funzioni urbane, separate da vie di traffico e spazi aperti: quella città che Le Courbusier definì la città del futuro.