Browsing "Tradizioni"

Le Scuole di Venezia

270px-Scuola_nuova_della_Misericordia_%28fianco%29.jpg270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgA Venezia con il termine Scuola si intendeva sia un’antica istituzione di carattere associativo – corporativo, sia la costruzione stessa che tale corporazione ospitava.

Dall’undicesimo secolo si erano formate delle confraternite laiche che eleggevano un Santo protettore, ed alle quali aderivano cittadini di ceto medio.

Le corporazioni o confraternite dei nobili invece venivano chiamate Scuole Grandi.Nel 1261 la Repubblica istituì due magistrature, che oltre ad altri compiti, avevano anche quello di approvare le Mariegole, ossia gli atti istitutivi delle Scuole stesse.

mariegola in archivio storica.jpgmariegola.jpgA presiederle erano i Guardian Grandi, il Capitolo era l’organo che riuniva i confratelli, la Banca e la Zonta erano organi con incarichi direttivi, ed erano formati da quattordici persone circa.

Scuola Dalmata di SS Giorgio e Trifone.jpgEsistevano quindi le Scuole dei lavoratori stranieri, Albanesi, Dalmati, Schiavoni,Greci ed altri, che fornivano ai loro confratelli aiuti spiriturali e materiali nelle difficoltà.

Scuola Dal.jpgScuola dalmata.jpgLa Scuola Dalmata, per la completezza ed il buono stato di conservazione oltre che per la presenza della  Storia dei Santi Giorgio, Gerolamo e Tritone e due vicende evangeliche dipinte dal Carpaccio, si distingue per bellezza.

Mariegola della Scuola Grande dei Carmini.jpgmariegola -galeone.jpgMariegola della Scuola di S. Michele Arcangelo.jpgle mariegole.jpgMariegola dei bocaleri.jpgLe Scuola formate dagli artigiani, di alcune delle quali abbiamo già parlato,  la Mariegola era una sorta di albo professionale ( ad esempio la Scuola dei calegheri, dei mureri o muratori, dei battiloro (orafi).

Le Scuole Grandi invece si dedicavano per lo più alla devozione di un Santo, o alla Penitenza ( dei Battuti) e, dopo la metà del 400 la differenza di importanza venne sancita dal Consiglio dei Dieci. Le Scuole grandi infatti erano composte da nobili ricchi, ed erano finalizzate alla beneficenza e scritta.jpgall’assistenza, ed il notevole afflusso di denaro rendeva gli edifici ricchi di opere di pittori e scultori importanti come il Tintoretto (Scuola Grande di S. Rocco) Paolo Veronese (Scuola GRande di S. Marco, ora l’attuale ospedale dei SS. Giovanni e Paolo )e Jacopo Palma il Giovane, ed erano arricchite misticamente da reliquie.

Le Scuole dei Battuti ebbero un ruolo fondamentale nel sostenere gli sforzi bellici della Serenissima.

Nel XVI secolo si elencavano sei Grandi Scuole:

270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgScuola Grande id San Giovanni Evangelista.jpgScuola Grande di San Marco.jpgScuolas grande di S. Maria della Carità.jpgScuola Grande di S. Teodoro2.jpgScuola Grande di S. Teodoro, del 1258
Scuola Grande di S. Maria della Carità, del 1260
Scuola Grande di S. Marco del 1261
Scuola Grande di San Rocco.jpgScuola Grande di S. Giovanni Evangelista del 1261
Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia  del 1308
Scuola Grande di S. Rocco del 1478.

Secondo Marin Sanudo il Giovane (1466 – 1536) grande cronista dell’antica Venezia, le Scuole minori, veri laboratori di apprendistato dove si insegnavano i vari mestieri erano 210, altre fonti parlano addirittura di 400.

I regolamenti per la costruzione delle Scuole erano molto precisi, e gli architetti vi si dovevano assolutamente attenere: Il Palazzo doveva avere due grandi stanze, una a piano terra, dove si svolgevano le funzioni, e l’altra al primo piano, dove si riunivano i confratelli, e da questa stanza si poteva accedere attraverso una porticina alla stanza detta dell’Albergo, dove veniva conservata la Mariegola.

Scuola grandde ca.jpgscuola fdei Carmini.jpgScuoa Carmini.jpgCarmini.jpgUn discorso a parte per la Scuola Grande dei Carmini ( Confraternita dei Pizzoccheri dei Carmini) che ebbe vita travagliata per la costruzione dell’edificio, certo non una delle migliori opere del Longhena, del 1594, ma che ebbe il sospirato ricoscimento dal Consiglio dei Dieci nel 1767, anche per merito di uno dei più bei quadri mai dipinti da Tiepolo: la Madonna del Carmelo che consegna lo scapolare al Beato Simone Stock.

Le Schole erano quindi le sedi delle corporazioni, con regole precise, ed erano alla base della vita di questa città Stato fondata sull’opera ed il lavoro degli artigiani, veri artisti, che furono gli artefici della sua bellezza e ricchezza, in armonia con i mercanti che procuravano   merci e materiali pregiati che la resero internazionale ed aperta alle idee di importanti scenziati, artisti ed intellettuali italiani ed europei, in un fervore di idee e conoscenza.

Venezia e la meravigliosa”strega” della mia infanzia!

canaletto_canalgrande.jpglaguna%20venezia-300.jpgMeravigliosa l’infanzia di ua bambina, una qualsiasi che è nata a Venezia; legata alla meraviglia di questa luce unica, tersa, variegata dai mille bagliori dell’acqua che languidamente accoglie queste isole e che rende un unicum, tra terra ed acqua, coscienziosamente e laboriosamente un insieme di stati; liquido e solido, per dare a chi la vive e a chi l’ha vissuta una serie di esperienze che nessuna persona che non le ha vissute sono comprensibili soltanto attraverso la fantasia.

Campo dei Gesuiti.jpgCampo dei Gesuiti a Venezia.jpgE in questa infanzia io ho avuto il privilegio di accostarmi a persone e a reltà che fanno parte viscerale del mio essere, e che creano nei miei ricordi una sorta di insieme fiabesco che mi ha arricchita e resa ancor più legata ai più piccoli particolari di un ambiente assolutamente unico, sia fisico che culturale.

Nei miei primi ricordi l’immagine, spiata da me e dalle mie sorelle di una donna, una donnina qualsiasi, piccola, magra, i VEcchia di Giorgione.jpgvecchiacon fuso.jpgcapelli ingrigiti , i vestiti lunghi e neri riparati da un grembiule grigio, che abitava a piano terra della casa in cui viveva mia nonna: La porta di ingresso, la penombra delle scale che alla sera diventava buio completo, e sulla destra, prima di salire i gradini alti e faticosi per le gambe piccole di una bimba, ecco una porta socchiusa:

Niente di meglio per attrarre la curiosità, ed ecco che, con il cuore in tumulto, la voglia di scappar via ed insieme di vedere, ai miei occhi appariva l’immagine di questa donna seduta accanto ad un camino che a me appariva enorme, ed al gancio appeso un paiolo che lei rimestava con un cucchiaio di legno, quasi assente, mentre nell’aria si spandeva un intenso odore di tabacco.

camino.jpgCucina%20veneta%201.jpgPer le mie sorelle e per me era l’immagine vera della strega, e così la chiamammo, rendendola in qualche modo oggetto delle nostre superstizioni, delle nostre fantasie e catalizzatrice delle nostre paure..la porta semichiusa, l’immagine, alla luce tremula della lampadina e l’intensa fiamma che scaldava il paiolo.

Per noi sorelle è rimasta “la Strega”, ma nei nostri cuori è stata l’emblema di un modo di vivere Venezia da persone sole, da donne sole che hanno saputo creare attorno a loro un’aurea di mistero..condivisa con quelle piccole giovani donne ( noi sorelle) attraverso la fessura Cucina%20veneta%202.jpgcamino2.jpgdi una porta di ingresso lasciata volutamente semichiusa, dall’ammiccare di un gatto a volte pacioso ed altre volte scontroso,  e riparata dalla vista degli indesiderati dalle foglie delle aspidistre che occultavano le finestre…quante emozioni ci donò quella “strega”, e quante fantasie..e credo strega al paiolo.jpggatto della strega.jpgAspidistra_elatior_pianta.jpgstreghe.pngproprio che ne fosse talmente cosciente da sorridere li, dove ora si trova, di questa complicità e di questa esperienza unica nella vita di una bambina veneziana!
Grazie “strega”!.

 

Le ali volanti di Venezia: cocài e magòghe!

gabbiani.jpggabbiani 1.jpgNon solo la vita acquatica, ma anche quella aerea rendono ancor più composito l’ambiente di Venezia: fantastici i cani i gatti i passeri, i colombi, ma anche una parte della popolazione “aerea” è caratterizzata, come tante città di mare, da diverse specie: le popolazioni fornite di ali si differenziano tra la città, il primo entroterra, e la laguna: questa ospita anatre, aironi, etc. mentre la città vera è sede di “abitazioni” di gabbiani.

coca.jpgcocae.jpgcocai.jpgMa non si tratta di un’unica specie: ci sono i “cocài” (cocàl al singolare) che è di stazza media, bianco e un pò grigio, volatili abbastanza tranquilli, non voraci come i “”magòga”, chiamato “gabbiano reale” è spesso più grande di una gallina, tutto bianco e con il becco giallo.

magoghe 1.jpgmagoghe.gifQuest’ultimi amano creare il proprio nido sui tetti dei palazzi più alti, il becco sempre rivolto al vento, quasi a controllare, con arrogante sicurezza, tutta la vita aerea dei cieli veneziani: non pochi passeri sono stati vittima dei loro becchi voraci.

I luoghi aperti , come la Riva degli Schiavoni o le Zattere, questi gabbiani, decollando dai tetti dei meravigliosii ed alti palazzi sfruttano le correnti d’aria che, che , sfruttando i venti della laguna che rimbalzano sulle facciate ricche ed decorate, formando un cudcinetto d’aria , volano in linea retta senza perdere un centimetro di quota, “galleggiando” sulla linea delle case e, come alianti, senza battere le ali.

50-gabbiani.jpgQuesto tipo di volo viene chiamato “in dinamica”, unendo a questa tecnica lo sfruttamento delle correnti d’aria calda che esalano dalle case e dal selciato e che salgono girando in torno , sempre con le ali distese e leggermente piegati verso il centro di questa corrente “termica”, in modo da fare un sorta di elica.

Tutti abitanti, residenti, essenze di questa città che, come ogni città di mare ha vissuto e continua a vivere questa meravigliosa realtà di un’essenza legata alla sua culla ,il mare ed i suoi abitanti naturali.

L’affascinante e dissoluto mondo di Giacomo Casanova: il gioco d’azzardo!

Casanova.jpgridotto a Venezia.jpggiocatori.jpgDalla seconda metà del 1400 nacque a Venezia, nei suoi Casinò o ridotti, uno dei primi giochi d’azzardo, discendenti dal “biribiss”, un misto della lotteria e della roulette , e chiamato “basseta”; questo era un gioco il%20gioco.jpgcarte da Faraone.jpgestremamente d’azzardo, in cui venivano utilizzate cinque carte “italiane”, e lo scopo era di indovinare l’uscita delle successive carte tra  più basse o giocatrici.jpgpiù alte. Si racconta che tale gioco venne poi portato in Francia dall’ambasciatore della Serenissima Giulio Ascanio Giustiniani nel 1674, per poi dilagare in tutta Europa.

A Venezia, culla delle case da gioco valeva il detto: al mattino una messeta, dopo pranzo una basseta, dopo cena una donneta! ( messa, bisca e amante). Questo divenne lo spirito e la consuetudine della Serenissima nel 1700, gli anni di Giacomo Casanova, giocatore incallito e inventore del gioco del lotto ridotto del Guardi.jpgCasanova 1.jpg     che venne divulgato in tutta Europa.
In ogni Ridotto, in ogni gondola coperta dal suo felze e attigua in laguna ad altre gondole venivano fatte puntate su numeri, su carte in raduni concordati per coltivare questa abitudine che faceva parte delle abitudini e delle “febbri” dei veneziani, abbienti o no, che vivevano queste consuetudini coltivando speranze di vincita.

Giacomo Casanova stesso testimonia nelle sue memorie la consuetudine al gioco del “Faraone” , in gioco d'azzardo.jpgRidotto_pietro_longhi_Venezia.jpgcui , rispetto ad un numero illimitato di giocatori uno teneva il banco ed in base alle sue carte c’era chi poteva vincere e chi no!  naturalmente tutto ciò era soggetto ad imbrogli e all’opera di bari, ma la vertigine della giocata era molto, molto più forte!.

E’ suggestivo raccogliere le testimonianze di giocatori di così alto livello come appunto Giacomo Casanova, personaggi assai discutibili, fCasanova-1.jpgurbi, disincantati..abituati ad affrontare il destino, ad affrontare le conseguenze del proprio spirito distaccato ed avventuroso…………in un’epoca in cui i costumi erano molto liberi e una notte passata a giocare diventava il divertimento consueto dei nobili ed anche delle corti europee!

Un’invenzione tutta veneziana: la Cassa Peòta.

Ville-Venete-da-Stra-a-Malcontenta-la-Riviera-del-Brenta-andrea-palladio-tiepolo-mira-3-550x365.jpg1203601812villa-malcontena.jpgI nobili veneziani passavano normalmente le loro vacanze estive in ville che facevano costruire lungo il fiume Brenta, o lungo il fiume Sile, ( descritte sapidamente da Goldoni con commedie come “le smanie della villeggiatura”) e si alternavano in visite reciproche, chiacchierando, sparlando e amoreggiando!

Ma tutte le popolane veneziane cercavano di divagarsi, almeno un giorno una volta l’anno Carlo_Goldoni.jpgCampoielloi.jpgPeota%20nella%20regata%20del%201628.jpgcon gite n barche chiamate “peòte” che risalivano i fiumi, concedendo il divertimento di una gita in luoghi aperti e ricchi di verde…la campagna appunto: queste gite venivano chiamate “garanghelli”: il termine garanghello venne chiaramente spiegato proprio dal fantastico Carlo Goldoni attraverso Anzoleto, nel mitico Campiello: Ghe lo spiegherò mi: se fa un disnar: “uno se tol l’insulto de pagar e el se rimborsa dopo delle spese a vinti soldi o trenta soldi al mese.”

peota.jpgCerto erano donne che non avevano molti mezzi, per cui, per finanziare questi svaghi inventarono un sistema geniale e profiquo per poter risparmiare denaro: La cassa peòta. Era un’organizzazione in cui veniva designata una cassiera la quale versava una piccola somma  iniziale, veniva quindi stabilita una quota che le componenti della Cassa dovevano versare per formare il capitale iniziale di questa piccola “banca”.

Ogni socia era poi impegnata a chiedere un prestito dalla Cassa, restituibile in rate settimanali entro circa sei mesi, versando un piccolo interesse, fianziandosi così il sospirato “garanghello” o per utilizzare la cifra per spese impreviste o per piccole spese voluttuarie e contribuendo ad umentare il capitale della Cassa; qualora non avessero avuto disponibilità sufficiente di denaro per la rata, veniva pagata una piccola multa, per restituire quanto dovuto in seguito.

Campoielloi.jpgLe riunioni in cui venivano consegnate alla Cassiera le rate o le multe tutte le componenti della Società mangiavano e bevevano in compagnia. Alla fine dei sei mesi i  denari ricavati dagli interessi e dalle multe venivano spesi per gite o per pranzi gioiosi in cui tutte si divertivano, in attesa di riprendere questo ingegnoso sistema per finanziare svaghi o per affrontare momenti particolari di necessità.

Le Casse Peòte sono continuate per secoli e dimostrano l’inventiva, lo spirito pratico e le capacità manageriali dei veneziani,  specialmente delle donne che erano le vere amministratrici dei salari dei mariti e con loro volevano comunque godere dei piccoli piaceri della vita, donne consapevoli del proprio acume, allegre e fornite di inventiva e intelligenza!

 

 

La splendida isola di Mazzorbo, la campana tra le più antiche d’Europa e le deliziose castraure.-

Mazzorbo.jpgNell’epoca romanica, a parte Torcello  molto conosciuta era una località conosciuta comne ” Majurbum urbs” o ” Maiurbo”un’isola adiacente a Burano, ed ora collegata anche con un ponte, dove gli altinati avevano costruito numerose ville destinate alle vacanze estive.

Il periodo di maggior splendore dell’isola fu dal 1300 al 1400, era la più grande isola del nord laguna . ed un canale la divide in due parti: nel periodo più aureo una parte vennero consacrate delle chiese dedicate a Santo Stefano Protomartire la cui fondazione risaliva al 785 d.c, dato che dimostra Mazzorbo_-_Canale.jpgche Mazzorbo è ancor più antica di Burano, dei Santi Cosma e Damiano e quella di S. Michele Arcangelo.

Campanile antico di Mazzorbo.jpgNel 1500 le ultime due chiese vennero soppresse, mentre quella dedicata a S. Michele Arcangelo venne demolita nel 1800, lasciando soltanto il campanile. Nell’isola vennero edificati anche tre monasteri:  nel 1300 Quello di Santa Maria di Valverde, nel 1630 il monastero e la chiesa dedicati a S. Maria delle Grazie, di cui non rimsne più alcuna trasccia, mentre rimane quello di S. Caterina da Siena: campana antica.jpgchiesa di S. Catyerina e il suo campanile.jpgMonastero di S. Maffio a Mazzorbo.jpgla Chiesa edificata nel 1300 in stile romanico-gotico, e la campana del suo campanile, costruito nel 1318 è tra le più antiche d’Europa.

L’Isola di fronte era suddvisa in due parrocchie: nel 1298 venne costruito il Monastero di S. Matteo, concesso alle monache Cistercensi provenienti dal convento di Costanziaca, trasferite poi nel 1806 alla Celestia; nel 900 venne costruito da una nobile Portale di S. Caterina.jpgpadovana, chiamata Margherita. Nel 1438 vi si trasferirono le benedettine provenienti da Sant’Angelo d’Ammiana.

antiche  ville a Mazzorbo.jpgBuranoMazzorbo3.jpgMazzorbo era quindi un’isola, antica, popolata da agricoltori (famose sono le deliziose castraure) e pescatori, e , come già detto, i nobili del centro di Venezia castraure 1.jpgcastraure.jpgChiesa di S. Caterina a Mazzorbo.jpgcostruirono diverse bellissime ville, per trascorrervi le vacanze. Tutt’ora qualcosa dei vecchi monasteri è rimasto e alcune antiche ville sono ancora da visitare ed ammirare. Una gita nella gita per chi a  Venezia viene o a Venezia vive!

 

 

 

Le vispe vecchiette veneziane: foresto e baìcoli

vecchina.gifvecchie erbivendole.jpgI veneziani conservano nella propria memoria l’immagine delle nonne o bisnonne: vecchiette con il viso fresco, con lineamenti ancora belli, gli occhi sempre vivi, i capelli bianchi raccolti in crocchie sulla nuca. E le vecchiette veneziane vivevano, almeno fino agli anni sessanta, un realtà fantastica, retaggio dell’essere donna delle veneziane, vive, brillanti, guduriose e aperte al mondo.

AL mattino, verso le dieci, ecco che le nonnette aspidistre.jpggatto-venezia.JPGuscivano dalle proprie case in cui imperavano i “rami” (pentole di rame luccicanti e sempre curate dalle loro mani rapide e laboriose) dopo aver aperto gli oscuri alla luce del sole che veniva in qualche modo nascosto dalle aspidistre sui balconi, utilizzate, specialmente per i piani bassi, per impedire la vista dell’interno ai curiosoni che passeggiavano in calle., A dar la mano alle aspidistre c’erano i gatti, che gareggiavano con queste piante per catturare i raggi del sole, e si impigrivano li, con il loro sguardo enigmatico, seguendo con sonnolento interesse tutto ciò che avveniva nel campiello o nella calle, leccandosi ogni gatto su davanzale.jpggatto Venezia.jpgtanto, con aria distaccata, per poi cambiare leggermente posizione: nulla sfuggiva ai loro occhi!

Ed ecco che le vecchierelle, avvolte nei loro scialli neri, di lana grossa o di seta, secondo la stagione, si avviavano verso Rialto…dire Rialto voleva dire mercato. Prima però di raggiungere la meta prefissata c’era una tappa obbligatoria: vecchie al mercato.jpgcaschimpetto.jpgl’osteria o la pasticceria dove, adornate dal loro caschimpetto d’oro (lunga collana di maglia d’oro con in genere una croce come pendaglio), i “recìni” ( gli orecchini) in genere con rosette di diamanti, ornamenti perfetti che facevano concorrenza alle scìone, classici anelli d’oro veneziani, si fermavano a prendere il marsala (chiamata foresto, perchè vino proveniente da lontano) in cui intingevano i baìcoli, classici biscottini veneziani.

Poi, ciacolando (chiacchierando) sciamavano come api laboriose verso i vari banchetti della orecchini scìone.jpgbaicoli.jpgfrutteria o della pescheria, donne cariche di anni si, ma anche cariche di vita, di allegria, di gioia: i veneziani conservano nella loro memoria l’immagine di queste donne straordinarie, uniche, aperte al mondo, allegre…ora sono rimaste le loro nipoti e pronipoti, che hanno sostituito al marsalino e baìcoli lo spritz, rigorosamente all’aperol, ma sempre donne che non hanno avuto bisogno di vivere il 68 per sentirsi libere, autonome senza ipocrisie e senza remore, donne bellissime e vive, di cui mi sento felicemente nipote, non so se degna…ma l’esempio insegna!

 

 

Venezia ed i suoi gondolieri!

i remeri.jpggondolieri.jpgDapprima definiti barcaioli quando la gondola divenne il mezzo di trasporto più usato dai ricchi e nobili veneziani,  venne coniato il termine “gondolieri”. Ogni famiglia aristocratica aveva fra i suoi dipendenti il “gondoliere de casàda”, che era ben pagato e che comunque era stabilmente a disposizione in ogni ora del giorno e della notte . Si prendeva cura della Remeri.jpgtraghetto 3.jpggondola, e conosceva segreti  ed incontri di ogni componente della famiglia, comprese le relazioni ed i vizi ( gli incontri romantici avvenivano spesso sotto il “felze” chiuso, con soltanto un lumicino a rischiarare gli amanti clandestini e i giocatori incalliti).

Altri gondolieri invece si dedicavano al traghetto, trasportando da una riva all’altra del “Canalazzo” mercanti ed avventori, artigiani e lavoratori.

S.Silvestro.jpgAlla-chiesa-di-San-Silvestro-Papa-a22869037.jpgBarcaioli e gondolieri si ritrovavano sotto ua medesima organizzazione, chiamata “Fraglia dei barcaioli” (fratellanza dei barcaioli), che era suddivisa al suo interno da varie faglie di traghetto, ed i loro rappresentanti venivano chiamati “gastaldi “, i quali dovevano tenere i conti della fratellanza e presentarli alle autorità, oltre a far rispettare le regole stesse della fraglia.

La Mariegola (insieme di regole che guidavano le confraternite di tutti i mestieri) definiva ad esempio le disposizioni per il soccorso ai gondolieri poveri o malati, le varie tariffe sui trasporti, o le disposizioni in materia di ordine pubblico.

canaletto 1.jpggondolieri.jpgLe fraglie avevano anche il compito di affittare i “posti barca” ai gondolieri, e per questo dovevano pagare una piccola tassa  allo Stato, chiamata “insensibile”, e contribuire alla manutenzione ed allo scavo dei canali; la categoria inoltre doveva garantire una sorta di “protezione civile”, ed alcuni dei suoi membri erano autorizzati a portare armi con licenza del Consiglio dei Dieci.

Vittore_Carpaccio_002.jpggondoliere.jpggondliere.jpgLa corporazione dei gondolieri aveva come Scuola la chiesa di S. Silvestro, sotto la protezione di S. Giovanni Battista, luogo di riunione per discutere delle tariffe, delle assunzioni e della vita sociale della categoria, ed il mestiere generalmente era trasmesso di padre in figlio.

Mestiere unico ed i suoi protagonisti immortalati da grandi pittori in una realtà che era ed è unica al mondo: uno Stato che ha fatto partecipe della propria vita e della propria crescita ogni persona ed ogni categoria, creando una coscienza civile che non è sicuramente comune in qualsiasi altro Stato nel mondo. Fantastica Serenissima!

 

Gen 21, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Misteri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Guariento-ncoVerginegrande.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgNel 1903 gli addetti alla conservazione delle opere artistiche di Palazzo Ducale a Venezia, consapevoli dell’usura a cui era sottoposto l’enorme quadro del “Paradiso”  del Tintoretto, decisero di rimuoverlo per poterlo restaurare; una volta rimossa l’enorme tela ai loro occhi apparve un affresco: un assoluto capolavoro della pittura gotica di Venezia: l’incoronazione della Vergine del Guariento.

Egli era il più noto artista di Padova, pittore di corte dei Carraresi. Nato verso il 1310, già nel 1338 era riconosciuto “maestro”, in un’epoca in cui era ancora vivissimo il ricordo di Giotto, che aveva ultimato in quella città la Cappella degli Scrovegni nel 1306. 

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_01.jpgNel 1351 aveva già dipinto un affresco di “Incoronazione della Vergine” nella chiesa di S. Agostino  a Padova e poco dopo avrebbe decorato la Cappella dei Carraresi, di cui resta una bellissima schiera di Angeli sulla tavola, nella quale, distaccandosi da Giotto, l’artista è ancora più sensibile alla pittura veneziana di antica tradizione bizantina.

L’affresco di Palazzo Ducale è di circa venti metri di larghezza, doveva avere un’incantevole profusione di ornamenti d’oro e d’argento, che culminavano in un’immensa costruzione di figure di Santi, di aureole, di schiere angeliche, di vari colori secondo il grado gerarchico, legate assieme oltre che dagli stalli anche dai grandi cartigli nei quali i profeti, i santi e gli angeli indicavano i motivi di gloria della Vergine, secondo la cultura del tempo, con profusione di lussuosa eleganza nelle vesti, in un’atmosfera di liricità composta e pensosa.

L’affresco era stato nominato anche dal Sansovino ” Il cielo compartito a quadretti d’oro ripieni di stelle”; il Pallucchini commentava: dopo la Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_03.jpgdecorazione musiva di San Marco , è questo il primo gaudioso tentativo di decorare a Venezia una grande superficie, e non più a mosaico, ma ad affresco”.

tintoretto_paradiso1.jpgL’opera venne compiuta dal 1365 al 1368, e ricopriva la parete di fondo della Sala, nella medesima posizione dove fu appunto posto(dopo l’incendio del 1577 che in parte lo danneggiò) il Paradiso del Tintoretto, nel 1590.

Il soggetto del Guariento è lo stesso preso due secoli più tardi dal Tintoretto e rappresenta ” L’incoronazione della Vergine e la corona celeste”. Sotto  il Trono della Vergine vi erano dei versi, ora quasi illeggibili, che Dante Alighieri avrebbe dettato per questo tipo di composizione tanto diffuso nel trecento:

“L’Amor che mosse già l’eterno Padre
Per figlia haver de sua deità trina
Chostei che fu del Suo Figliol poi madre
De l’universo qui fa la Regina”

stampa del Guarienti.jpgI versi richiamano l’inizio del Canto XXXIII del Paradiso del Sommo Poeta, e sono a commento dell’incoronazione della Vergine da parte di Cristo in un alto trono, attorno al quale si trovano gli evangelisti con angeli, musicanti, serafini, cherubini, profeti, apostoli, martiri e santi in una speciale distribuzione di scanni a schiera, secondo gli ordini delle varie gerarchie.

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_07.jpgCiò che si è potuto salvare di tale capolavoro si trova in una stanza adiacente alla Stanza del Maggior Consiglio, e si può ammirare in tutto il suo splendore, enigma ed arte unica a Palazzo Ducale..piccola parte di tutti i tesori artistici che rendono unico questo Palazzo e la città di cui è emblema.

Vittore Carpaccio e la testimonianza del primo esorcismo a Venezia

il miracolo della croce di Carpaccio.jpgNel famoso quadro del 1494 di Vittore Carpaccio ” il miracolo della Santissima Croce”viene raffigurata “la guarigione dell’Ossesso” , cioè la prima rappresentazione di un esorcismo a Venezia, svolto dal Patriarca di Grado Francesco Querini, attraverso l’imposizione delle reliquie della Croce sull’impossessato.

Nel tempo si ebbero notizie di diversi altri esorcismi effettuati in maggior numero su donne, a cui “la possessione” era stata causata da “fatture”, (possessione negativa) o su quelle che venivano possedute da spiriti benefici che donavano facoltà divinatorie o la capacità di guarire le malattie.
 
esorcismo4_2.jpgTra quest’ultime famosa era Elena Drago , che diceva di essere invasa da molti spiriti, ed in seguito alla peste del 1582 ne rimasero soltanto due, uno dei quali conosciuto come Faraon Drago. La guaritrice venne processata per stregoneria due volte, nel 1571 e nel 1582, e raccontava di soffrire di dolori terribili allo stomaco, alla gola e alle gambe, e provava un forte impulso suicida, tanto che nascose tutti i coltelli che aveva in casa.

Anche nei conventi di monache si ebbero casi di indemoniate, come quello di Suor Mansueta, rinchiusa all’età di diciotto anni nel Convento delle Clarisse a S. Croce, dopo la morte del fidanzato, e dopo dodici anni cominciò a demonio.jpgmostrare disperazione e deliri provocati da un demone da lei chiamato Romito. Nel processo che ne seguì lei chiese con intensità e insistenza di poter lasciare il convento, ma dopo cinque giorni di esorcismo tornò ad essere la Suor Mansueta di prima.

Fra gli esorcisti conosciuti vi furono Fra Fabrizio Aldriventi nel 1581, frate Fidenzio nel 1589, e frate Francesco Amici nel 1610. Quest’ultimo , nella sua relazione agli inquisiori veneziani raccontò dell’esorcismo operato sulla veneziana Angelina Frangipane scrisse che gli spiriti cacciati erano tredici, e che raggiunse il suo scopo di liberare la donna facendola vomitare, (chissà con quali mezzi).

demone.jpgI metodi, le preghiere e le invocazioni usate non vengono raccontati, ma certo i “rimedi” erano parecchio discutibili se non pericolosi, e vennero praticati anche per guarire malattie, come ad esempio quello operato da Frate Bartolomeo dei Frari, che cercò di curare il male alle gambe di un bambino , imponendogli bagni caldi di zolfo e olio.

monache.jpgparlatorio delle monache.jpgQueste informazioni vennero trascritte e catalogate nei registri dell’inquisizione a Venezia, e si possono ancora trovare questi documenti all’Archivio di Stato di Venezia. convento.jpgInformazioni importanti legate ad un’epoca che per altri paesi fu accompagnata da episodi orribili e cruenti, come roghi e terribili torture, ma che a Venezia venne vissuta con una giusta dose di disincanto, non trascurando certo il fenomeno, ma senza procurare sofferenze asssurde, se non si calcolano quelle di quelle povere monachelle costrette alla vita di Convento quando le loro aspirazioni erano un matrimonio ed una serena vita familiare.