Dic 13, 2012 - Arte, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Un grande pittore tra le grandi famiglie di artisti veneziani: Francesco Guardi

Un grande pittore tra le grandi famiglie di artisti veneziani: Francesco Guardi

canaletto3.jpgGiovanni_Battista_Tiepolo_061.jpgA Venezia vissero, lavorarono e prosperarono famiglie di pittori: basta pensare ai Tiepolo, padre e figli, e la stessa era imparentata con i Guardi: Antonio Pellegrini aveva sposato una sorella di Rosalba Carriera, Sebastiano e Marco Ricci erano zio e nipote, come pure il Canaletto e Bernardo Bellotto, e Pietro ed Alessandro Longhi erano padre e figlio.

Gian Antonio Guardi 1.jpgGian Antonio Guardi.jpgTra tutte queste famiglie, in onore anche alla mostra che viene ora Gian Antonio Galli 3.jpgprorogata al Museo Correr, desideravo parlare dei Guardi: figli di Domenico, pittore,  lavorarono presso la sua bottega Gian antonio (1699-1762) e Francesco(1712-1793). Dei due il più famoso e conosciuto fu Francesco, a cui la mostra è dedicata, ma non è giusto trascurare il primogenito.

Giovanni_Antonio_Guardi_002.jpgDivenuto a diciassette anni erede della bottega del padre, e nominato, nel 1753 Socio dell’Accademia delle Belle Arti e muore nel 1760. Tipico rappresentante dell’arte rococò, al tramonto alla metà del settecento, in cui i personaggi si alternano nel quadro in un’atmosfera irreale, suggerita dall’invenzione decorativa dove ogni sentimento viene declamato con con arcadica tenerezza e sottile languore.

Il suo capolavoro sono i pannelli che coprono il parapetto dell’organo della Chiesa dell’Angelo Raffaele, meraviglia per la forza di concentrazione di ogni elemento stilistico e la fusione con l’atmosfera, tuttsa vibrante e vaporosa nell’esaltante accostamento del paesaggio con la figura, tra i toni rosa dorato  e azzurro cielo, lacche rosse e bleu cobalto fusi in una sensibilissimma gamma cromatica.

I personaggi non sono plastici, anzi, come tutto il paesaggio sono esse stesse atmosfera, liberate del loro peso, della propria struttura , tutte, fino all’ultima figuretta del quadro sulla linea dell’oriuzzonte in una irreale lontananza.

Francesco Guardi 4.jpgFrancesco Guardi -ritratto di Pietro Longhi.jpgFr_Guardi_Fiori_.jpgfrancescoguardi1.jpgFrancesco Guardi, durante il tirocinio nella bottega del fratello guarda con occhio attento gli altri pittori dell’epoca, in particolare Marco Ricci, Michele Marieschi e il Canaletto. Attraverso le loro opere ha un’indicazione per scoprire una realtà nuova mediante una osservazione diretta della natura che il Guardi sa trasfigurare volta per volta secondo un inconfondibile estro creativo, portato ad una liricità aerea, vibrante ed emotiva.

Francesco Guardi 5.jpgFrancesco Guardi Il ridotto.jpgPoco tempo dopo il 1750 si avverte una svolta nella pittura veneziana: nel 1747 Bellotto era partito per Dresda, nel 1755 Canaletto tornava dopo un lungo soggiorno a Londra, nel 1762 Tiepolo partiva per la Sopagna, in questo tempo si matura una crisi che era nell’aria e che investe oltre che il costume anche l’arte.

Francesco-Guardi.jpgFrancesco Guardi vive a modo suo questa evoluzione prediligento Francesco_Guardi_042.jpginterpretazioni tutte proprie delle luci e delle gamme cromatiche più impensate per afferrare le vibrazioni atmosferiche più intime e sognanti.

Le vedute di Francesco Guardi si distinguono nell’inquadratura, nei rapporti prospettici, nell’intenswità lirica del colore che assume rispetto alla nitida lucidità e alla cristallina compostezza di quelle del Canaletto. D’altro canto il fluire della fantasia è serrato e conciso, non si perde nel sogno , è peerfettamente composto entro la forma, specchio del proprio tempo , come nelle opere di Scarlatti e di Vivaldi.

Francesco-Guardi,-un-invito-al-Museo-Correr001big.jpgFrancesco Guardi Concerto di Dame.jpgNel 1782, già settantenne, riceve l’incarico dall’Ispettore alle Belle Arti di documentare, attraverso una serie di quadri le cerimonie svoltesi ai SS. Giovanni e Paolo  in onore di Pio VI e le feste in onore dei principi russi Paolo Petrovitz e Maria Teodorowna, parenti dello zar, chiamati i Conti del Nord.

D’una grazia mondana e da minuetto ci appare il noto “concerto”(ora alla Pinacoteca di Monaco): sulla sinistra, sotto un palco, scorgiamo un’orchestra d’archi composta da donne e al di sopra un coro femminile con le partiture in mano. Nel centro, sullo sfondo rosso del pavimento , appaiono le figure delineate con la stessa grazia con cui è concepita la decorazione della sala, daI lampadari, dalle specchiere, e dagli ornamenti ed affresco al soffitto.

francescoguardi1.jpgIn tutto ciò si può notare un soffio di sentimento, quasi una sorta di capriccio e di estro di espressione nata li per li , ed espressa senza nessun diaframma, per cui la pittura si compiace di sè stessa staccandosi dagli schemi obbligati, diviene “divertimento” in senso mozartiano, suggerito dal tema di Venezia, pieno di magie ed incanti.

 

 

Banchetti nella Venezia del 500

Con la scoperta dell’America, con le nuove rotte  il declino della Serenissima era già iniziato, ma forse per questo motivo ,l’apice della cultura, a  Venezia , simbolo e modello  in Europa , è al massino. Siamo nel 1500.

E questa città, questo modo di vivere e di pensare fa legge in Europa, dal mondo dell’arte, della cultura, del gusto e del saper vivere.

banchetto.jpgattreezzi del rinascimento in cucina.jpgConvito in casa Levi.jpgLe nozze di Cana.jpgI suoi artisti riprendono nelle tele la magnificenza ed il lusso, quasi sfrenato, della vita veneziana: Paolo Veronese, nelle due tele oggi al Louvre di Parigi, rappresentanti le ” Nozze di Cana, ed il ” Convito in Casa Levi” nelle Gallerie all’Accademia di Venezia, mostra non solo lo sfarzo dei costumi dell’epoca ma anche la grande eleganza della tavola  imbandita.

Doge Andrea Gritti.jpgmARIN SANUDO.jpgMarin Sanudo, nominato storiografo ufficiale della Repubblica ad honorem,.non esita ad elevare alla dignità della storia alcune liste conviviali. Ecco come riferisce la lista vivande servita per un banchetto  offerto dal Doge Andrea Gritti (doge dal 1523 al 1538):

” data l’acqua delle mani …vennero li servi con lo scalzo et comenzò il pranzo: Colombini et figadelli con con il suo saor in taze; polastri a guazeto in scudele; rosto de polastri; cavreti et nomboli in piati et limoni in acqua in scudelini: fasani rosti con fava et bisi; do man de torte, una nera e l’altra bianca taiate su li taieri d’arzento; caponi lessi con apparecchiar tavole a Venezias.jpgbanchetti a Venezia.jpglingue salade; vedelo et cavreto leso, con salami et herbe oliose; un’altra man de rosto de vedelo et caponi; ovi batui con late, scalete et marzapani<, formazo parmesan, naranze, ceriese, mandole, pignocade….”

pentole a Venezia nel 1500.jpgmenu del 500 asVenezia.jpgfagiani.jpgPompeo Molmenti.jpgAnche il Molmenti sottolinea queste caratteristiche dei banchetti cinquecenteschi: ” E pari allo sforzo delle feste, scrive, erano quelle dei banchetti.

medievali banchetti.jpgPaolo Paruta.jpgElena Lucreza Cornario Piscopia.jpgsalumi.jpgcucina nel rinascimento a Venezia.jpgInsegnava Paolo Paruta, che la magnificenza che è nobile virtù, non fa di sè degna qualunque operazione, onde ella non ha occasione di spesso dimostrarsi,  ma in quelle cose solamente si adopera, le quali raramente si fanno. E tra le cose ove convienensi spendere, senza avere considerazione della spesa, Paruta annovera  i conviti, ” che a pranzo.jpgPernici.jpgquesto tempo possono reputarsi feste magnifiche, giacchè l’arte raffinata della cucina si univa al lusso della tavola, in modo che non soltanto si riusciva a di Paolo Paruta.jpgHistoria Veneziana di Paolo Paruta.jpglibro di Paoo Paruta.jpgsolleticare il palato, ma altresì si appagava l’occhio dei commensali.

 

 

Dic 6, 2012 - Arte, Arte e mistero, Chiese, Leggende, Luoghi, Misteri, Personaggi, Religione a Venezia, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il miracolo di S. Marco a Venezia: il ritrovamento delle reliquie!

Il miracolo di S. Marco a Venezia: il ritrovamento delle reliquie!

23-Tintoretto-il-trafugamento-del-corpo-di-San-Marco.jpgtrafugamento_corpo_san_marco.gifTutti, bene o male, conoscono la storia del’arrivo delle reliquie di S. Marco a Venezia: furono due mercanti, Rustico da Torcello e Bono da Malamocco, che trafugarono le spoglie ad Alessandria, e celato in una cesta contenente carne di maiale, considerata impura dai musulmani, venne portato a Venezia.

Sembra comunque che Venezia fosse la meta finale del corpo di questo Santo, che giunto a Roma assieme all’Apostolo Pietro venne da questi inviato in Italia Settentrinale: ad Aquileia Marco convertì Ermagora, che poi divenne primo vescovo di quella città, quindi, partito per destinazione Alessandria d’Egitto venne costretto da una tempesta ad approdare alle isole Realtine, il fulcro della nascente Venezia. Addormentatosi egli sognò un angelo che gli diceva ” Pax tibi Marce, evangelista meus”, e gli promise che in quell’isola egli avrebbe riposato fino all’ultimo giorno.

L'arrivo dell spoglie di S . Marco a Venezia.jpgIn seguito raggiunse Alessandria ,dove dopo essere diventato vescovo, subì il martirio che lo portò alla morte il 25 aprile  de 78 circa. Ed è qui, appunto, che i mercanti veneziani presero il suo corpo e con astuzia, lo portarono a Venezia.

Era l’829, e l’onore di poter ospitare le spoglie di un evangelista spinse lo stato veneziano a costruire una degna chiesa per poterlo ospitare ed esporre al culto di tutti i veneziani: S. Marco è quindi anche il patrono dei cestai, visto l’insolito mezzo con cui venne portato nella Serenissima.

Nel 1063 ebbe inizio la costruzione della chiesa, che subì, purtroppo, un incendio, tanto che l’edificio venne ricostruito….e nel 1094 era finalmente pronto per essere consacrata a Dio e a S. Marco.

300px-Basilica_de_San_Marco.jpgPurtroppo però, durante i lavori di restauro, si scoprì che la teca contenente la preziosa reliquia era scomparsa: questo provocò grande cordoglio dal Doge alla popolazione veneziana: vennero organizzate novene, preghiere, processioni e invocazioni al Divino per poterla ritrovare.

Il 25 giugno 1098, giorno della consacrazione, accadde un miracolo rimasto negli annali di Venezia, ma raccontato in modo diverso: sembra che nel momento culminante della celebrazione da una colonna della Basilica apparve un braccio, ad indicare il luogo tanto cercato; altri raccontarono che apparve il Santo in persona, ma Giacomo Casanova racconta, nelle sue memorie, che sulla colonna contenente i sacri reperti apparve l’immagine del Leone alato, simbolo proprio di S. Marco.

Tintoretto il rirovamento delle relkiqie.jpgSan Marco.jpgComunque sia, subito dopo si provvedette a forare la colonna indicata, e miracolosamente le reliquie  riapparvero: come racconta Casanova, fu così che la Serenissima salutò S. Todaro, per affidare le sue fortune e il suo orgoglio all’evangelista. Per secoli S. Marco venne così festeggiato il 25 Aprile, (giorno della morte) e il 25 giugno, giorno del suo miracoloso ritrovamento, con la medesima pompa ( Venezia curava con fasto e con solennità le proprie cerimonie).

Ora si festeggia soltanto il 25 aprile, ma con entusiasmo e con una tradizione straordinaria, dolce e romantica che rendeva e tutt’ora rende omaggioi alle donne veneziane, ma di questo vi parlerò il 25 aprile.

L’alchimia e la mitologia in Chronos a Venezia a Palazzo Bembo-Boldù.

Campiello S. Maria Nova.jpgChronos.jpgNella serie meravigliosa di costruzioni e chiese che si possono ammirare a Cannaregio, , dopo avere visitato  S. Maria dei Miracoli, proprio poco più avanti, subito dopo il ponte di S. Martia Nova,  girando nella prima calle a sinistra ci troviamo in Campo di S. Maria Nova,luogo delizioso , e, se alziamo gli occhi , ci accoglie festosa la magnificenza di Palazzo Bembo-Boldù : Splendida la costruzione che sorprende chi lo guarda con una statua , in una nicchia a forma di conchiglia di S. Giacomo , segnale tra gli alchimisti rosacrociani della ricerca della conoscenza e da questa dell’evoluzione della natura e dello spirito umano,  di un uomo tozzo, peloso e quasi animalesco, che regge davanti a se il disco del sole.

saturno-01.jpgE’ l’immagine di Chronos ( o Saturno), il Dio del tempo, quello stesso Dio che mangiava i propri figli appena nati, a cui Rea, sorella e moglie nascose Zeus. Questi,  una volta cresciuto lontano, tornò dal padre, gli fece bere una pozione per cui Chronos vomitò tutti i figli mangiati ( gli altri dei), per poi ucciderlo.

Il simbolismo è chiaro: la nascita del tempo, ma anche l’evoluzione che viene cadenzata dal sorgere del sole, ed al suo tramonto, per poi rinnovarsi ancora ed ancora, in una sorta di eternità nel cambiamento e nel procedere con l’evoluzione.

La statua venne ordinata e posta da Giammatteo Bembo, nipote del celebre Pietro Bembo, che fece inscrivere in latino questa frase: Finchè girerà questo (cioè il sole) Zara, Cattaro,Capodistria, Verona, Cipro, Creta, culla di Giove, faranno testimonianza delle mie azioni.

3579293-Basement_of_the_statue_three_faces_Venice.jpgPalazzo Bembo Boldù in Campiello S. Maria Nova.jpgLa mitologia, i simboli alchemici, e le tre teste, sotto i piedi di Saturno -Cronos , a ricordare l’egemonia di Venezia sui popoli del mediterraneo legata proprio alla concezione rosacrociana che dal primitivo ( l’uomo peloso come viene raffigurato Saturno) con l’evoluzione del tempo ha portato e avrebbe continuato a portare l’espansione non solo politica, ma anche  e sopratutto culturale di questa Repubblica che fu culla delle comunicazioni, della scienza, delle arti e del culto della giustizia!

Nov 26, 2012 - Chiese, Misteri    Commenti disabilitati su La chiesa dei Miracoli a Venezia

La chiesa dei Miracoli a Venezia

imagesCAODXSM5.jpgA metà del 1440 un tale Francesco Amadi, abitante nel circondario di S. Marina aveva fatto appendere nei pressi della sua abitazione, in una località chiamata La Corte Nova un’immagine della Beata Vergine che aveva fama di di virtù prodigiose, tanto che nel 1400 il nipote Angelo la trasportò in Corte Amadi, e costruì una cappella lignea per conservare un quadro così miracoloso, che venne così esposto alla pubblica venerazione.

Nello stesso anno il pievano di S. Marina, Marco Tozzo, gettò le prime fondamenta. col concorso degli Amadi ed altre famiglie, di un tempio, che compì nel 1486 , in cui collocò la sacra immagine, e vicino al quale fece costruire un convento di monache francescane.

imagesCAU34O0T.jpgL’incarico del progetto e della costruzione di quella che viene considerata una delle più belle chiese di Venezia, venne affidato a Pietro Lombardo (1435-1515) uno dei più sensibili architetti-scultori alla tradizione bizantina che proviene dalla Basilica di S. Marco.

S. Maria dei Miracoli (così venne denominata la chiesa) divenne il capolavoro dell’artista, dei suoi figli e dei lapicidi che lavorarono con lui.

Costruita nell’arco di otto anni (dal 1481 al 1489) sembra, come S. Marco, essere stata edificata di getto da un pittore che non da un architetto, tale è l’importanza del colore sugli elementi architettonici e la finezza grafica degli ornamenti a imagesCA32X4IB.jpgbassorilievo.

imagesCA4LBUDL.jpg391343269_b368d947d5_s.jpg391341169_1856cbc9cf.jpgArchi, finte colonne, capitelli, cornici, fregi, costituiscono fantasiosi pretesti decorativi  in cui l’ornamentazione della pietra si inserisce con incastonature sapienti ad un preciso effetto cromatico.

Gli archi si restringono o si allargano sull’esigenza di questo ritmo ornamentale che non compenetra il muro, ma lo adorna in superficie e la impreziosisce come uno smalto  sul contrappunto dei lucidi toni  dei porfidi rosso cupo e verde antico, incastonati come pietre dure in un gioiello sulle distese superfici oro – madreperla dei imagesCAAAWULR.jpgmarmi screziati.

imagesCAMSDW90.jpgimagesCAHA3SE2.jpgSi avverte una misura ed un disegno compositivo, rinascimentali, in una fattura che è ancora tutta bizantina, specie nella cupola presso l’abside, modellata come quella di S. Marco.

Anche l’interno risponde a questa suprema eleganza di colore e di decorazione, estremamente semplificata, che prende ispirazione dalla forma stessa ad arco dell’unico quadro della chiesa, una tavola con l’immagine miracolosa della imagesCAJ9X8SS.jpgMadonna dipinta da Nicolò di Pietro.

imagesCAH7AB3J.jpgimagesCABY3S9E.jpgimagesCASNJEU4.jpgLa chiesa è quindi una teca raffinata e preziosa, come un reliquiario, un cofano che ha per centro ideale l’alto presbiterio, meraviglioso gioiello ed esempio di arte veneziana.

 

Il segreto della Basilica della Salute e Baldassarre Longhena

Domani  si celebra a Venezia la festa della ” Madonna della Salute”, in ricordo della peste che uccise cinquantamila abitanti della Serenissima nel biennio 1630 – 31, e per cui il Doge ed il Consiglio dei Dieci ordinarono l’erezione di una chiesa come voto e ringraziamento per la sua cessazione. Oggi, attravero il ponte di barche migliaia di Veneziani andranno nella meravigliosa chiesa barocca per testimoniare la loro fede per quanto riguarda la possibilità di preservarsi dalle malattie, o a chiedere un sostegno, un aiuto concreto per guarire le persone malate.

Della  Basilica dedicata al culto della Madonna della Salute ho parlato madonna-salute.jpgin più occasioni, ma ora è arrivato il momento di raccontare alcune interessantissime cose che riguardano Baldassarre Longhena, l’architetto di cotanta meraviglia e scrigno di segreti che, via, via, vennero svelati, oltre che da un professore tedesco, anche da tanti piccoli particolari che spiegherò un pò per volta.

Baldassarre Longhena (Venezia, 1598-1682) era figlio di Melchisedec (nome chiaramente ebraico) nativo di Morezza (Valtellina), per cui il Longhena apprese dal padre i segreti della Kabbalah. Accanto alla chiesa venne costruito anche un convento, sempre su disegno del Longhena, dove, nel 1742 Casanova studò fisica.

Sembra comunque che l’ispirazione per il progetto della chiesa sia stata tratta dall’immagine del Tempio di Venere Physizoa descritta nell’opera precedentemente presentata, Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, un chiaro riferimento ad un legame tra madre pagana e quella cristiana, un una sorta di protocristianesimo ideale.

220px-Pizzofalconecad.jpgUna straordinaria intuizione spinse il professore tedesco Gherard Geber-Shilling che verificò le misure dell’edificio sulle planimetrie e sul campo, con il piede veneziano ( cm,. 35,09), ed ecco che scoprì che due numeri ricorrono come una costante: l’8 (gli ottagoni stessi che formano la base della chiesa simbolizzano la rinascita) e l’11 con i suoi multipli.

L’8 appartiene alla simbologia cristiana (la corona mistica della Vergine, la chiesa del Santo Sepolcro, la resurrezione e la vita eterna) ma l’11 ha valore negativo, infatti rimanda ai 10 comandamenti e precisamente al peccato capitale; diversamente, nella Kabbalah giudaica, questo inizia proprio l’origine dei 10 comandamenti, cioè Dio attorniato dalle sue dieci sefiroth, cioè le proprietà che ha Dio per proiettarsi nel mondo degli uomini, chiamate anche l’albero della vita.L’11 è la metà dell’alfabeto ebraico (kaf) e dei 22 arcani dei Tarocchi, anche lo stesso Dante usò  l’endecasillabo per la sua Commedia.

Da qui si deduce che Longhena volle cifrare con la numerologia insita nella costruzione stessa del Tempio un messaggio preciso: la chiesa sorgeva come ringraziamento per la fine della peste e doveva nascere su fondamenta per così dire ecumeniche, tale era la condizione dell’uomo davanti alle pestilenze.200px-Sefirot.png180px-Tree_of_Life%2C_Medieval.jpgrosacroce.jpg

Ai fianchi della scalinata, dall’acqua, emergono due angeli. Nel pavimento, al centro, sotto la grande cupola c’è una corona di rose ed una seconda, più grande di altre 10 rose ed una piastra in metallo (forse l’unidicesima rosa?) con l’scrizione “unde origo indi salus” che arricchiscono questo capolavoro anche con il mistero iniziatico dei Rosacroce.

Ma non è finita qui, all’esterno, tutto intorno sorge un fregio con delle svastiche (la parola sanscrita “svastica” significa salute), e la rivelazione più grande: la pianta di tutta lo costruzione non è altro che I Grande Pentacolo di Re Salomone, facente parte della Clavicola di Re Salomone.

La clavicola di re Salomone è il più diffuso manuale pratico di magia diffuso in tutta l’area del Mediterraneo. Forse di origine caldea, babilonese o ebrea non ha nulla a che fare con Salomone, ma è stato attribuito prima allo storico ebreo Giuseppe Flavio,  poi ad Alberto Magno.clavicola1.gif

imagesCAXOD19F.jpgQui sono contenute alcune formule attribuite ad un tale Aronne Isacco, mago di corte del primo imperatore Bizantino Manuele I Comneno.

 

 

Alchimisti e Maestri Vetrai a Venezia

 

imagesCAJ0YBL9.jpglibro alc.jpgE’ esistito un intreccio tra l’alchimia dei Rosacroce e la filosofia, fin dal medio evo.

 imagesCAYYPXFT.jpgimagesCAUSKY0D.jpgMolto probabilmente i primi alchimisti che esercitarono a Venezia fecero parte della Corporazione dei Vetrai. Questa si era costituita a Venezia nel 1255, e poi fu trasferita a Murano per evitare incendi che, con i imagesCAEYTK50.jpgtetti in paglia, imagesCA5BDT15.jpgimg_sforzinda.gifsarebbero potuti essere  numerosi.imagesCAEVEI22.jpgimagesCAIQO47M.jpgimagesCAGUCW0M.jpg Amico e frequentatore di uno dei più noti vetrai, Angelo Barovier, era Paolo Godi, un alchimista famoso Specchio.jpgil quale gli insegnò diverse formule per la formazione della pasta di vetro, dei colori, delle luminescenze ed opacità.

Più avanti gli altri componenti della corporazione si cimentarono anche nella costruzione di specchi, legati anch’essi ad una tradizione rosacrociana.

 

John22.jpgNel 1317 venne emanata da Papa Giovanni XXII la bolla “Spondent Pariter” che ammoniva contro l’esercizio e l’uso dell’Alchimia , la quale rimase comunque oggetto di conoscenza anche per il Papa, del  quale venne pubblicato  postumo, nel 1557 il  trattato “Ars Trasmutatoria”.

Nel frattempo, nonostante la legge promulgata dal Consiglio dei 10 il 17.12.1488 che vietava severamente lo studio e la pratica dell’Alchimia, venne creata a Venezia una società segreta alchemica, chiamata Voarchadumia, attiva tra il 1450 e il 1490. Questa aveva ramificazioni internazionali, tra i membri più conosciuti Sir George Ripley.

 Il  sacerdote veneziano Giovanni Agostino Pantheus pubblicò il trattato “Voarchadumia, l’oro dei due rossi e della cementificazione perfetta, dedicandolo al doge Andrea Gritti. Pantheus dedicò inoltre un trattato ad un suo amico polacco Hierosky, grande conoscitore di testi alchemici.

Le opere di Pantheus crearono per la prima volta un sincretismo tra Alchimia e Kabbalah.

Nel 1585 il nobile veneziano Francesco Malipiero venne condannato a morte per magia, stragoneria ed alchimia.

Nello stesso periodo un alchimista al servizio di Enrico I di Buglione ottenne dallo stesso, dopo avergli trasmesso una ricetta per fare l’oro, un finanziamento per andare ad un convegno di alchimisti a Venezia.

lavorazione del vetro di Murano.jpgbotiglie.jpgUomini all’avanguardia, artigiani attenti e chimici sopraffini che conservarono per secoli i loro misteri, gettando nella laguna le prove mal riuscite di colori o lavorazioni: tutt’ora, nonostante lo svilimento di certe “cose che nanche lontanamente si avvicinano agli originali” vengono proposte da qualche bancarella (magari abusiva), opere d’arte di incredibile raffinatezza ed eleganza vengono prodotte ancora a Murano, proseguendo un’arte che è unica e che deve essere protetta ed aiutata.

 

Nov 11, 2012 - Arte e mistero, Esoterismo, Leggende, Luoghi, Misteri, Personaggi, Templari e Rosa Croce, Tradizioni    Commenti disabilitati su La drammatica storia del cavaliere templare e la corte Morosina-

La drammatica storia del cavaliere templare e la corte Morosina-

corte-morosina.JPGcorte-morosina-venezia.JPGsangiorgioinalga2.jpgIsola-San-Giorgio-in-Alga-2.jpgCorte Morosina: una corte dove sorge Palazzo Morosini, e che fa parte di un percorso che porta alla Corte del Milion ed alla casa di Marco Polo (ora attuale Teatro Malibran)…sembra conservare il dramma di un giovane Cavaliere templare che, al ritorno da una Crociata incontrò un erede dei Morosini.

Il cavaliere, orgoglioso ed ardimentoso, aveva nascosto nell’elsa della sua spada une reliquia , un pezzo del legno della Santissima Croce che voleva Corte_morosini_01-thumb.jpgla vera storia dei cavalieri templari.jpgportare al prevosto di Colonia, sua città natale.

Nella nave che li riportava in occidente  dalla terra santa egli strinse amicizia con il nobile veneziano Morosini,  ed al loro approdo a Venezia il Morosini invitò il cavaliere presso il suo palazzo per riposare prima di raggiungere la sua meta. Le fece così conoscere sua sorella, donna di grande bellezza, dolce ed affascinante. Ci volle poco perchè il cavaliere si corte-morosina-arco-bizantino.JPGinnamorasse di lei, ed a lei confidasse il suo segreto ed il suo orgoglio.

Ma un mattino , al risveglio, scoprì che il nobile era fuggito con quella che non era sua sorella ma la sua amante, portandosi via la reliquia. Il giovane impazzì quasi dal dolore e dalla delusione, e si racconta che ogni notte il giovane si aggirasse per quelle calli ed i campielli alla ricerca forsennata dei traditori e della reliquia che con tanto amore e non senza rischi aveva portato con sè, per donarla alla sua città.

Poi, un mattino, davanti all’arco del portale vennero ritrovati l’elmo, lo scudo, l’armatura vuota e la spada (senza elsa) dello sfortunato cavaliere templare, e da allora non si seppe più nulla di lui.

Se entrate in corte Morosina, sopra l’arco di ingresso potete osservare una patara corte-morosini-bas-relief-francesca-zambon.jpgraffigurante un elmo ed uno scudo…si dice  a ricordo del coraggioso cavaliere, così crudelmente tradito e scomparso misteriosamente!

Un simbolo delle varie, possibili vicende umane che hanno percorso nei hotel luna baglioni.pnghotel-luna-baglioni-venezia_large.jpgluna-hotel-baglioni-venezia_051120091430116341.jpgsecoli una città simbolo dell’incontro tra oriente ed occidente, porto sicuro per i cavalieri templari che, raggiunto il suo Porto,crearono una sede importante, come la scuola che divenne poi locanda della Luna, per diventare poi albergo baglioni, ed ora è uno dei più importanti hotel veneziani chiamato Hotel Luna Bagloni, e dopo aver custodito un tesoro (così si dice) nell’isola di S. Giorgio in Alga,  presero diverse strade per raggiungere i conventi da cui, come consacrati come corpo militare, erano legati dal giuramento d’onore.

 

 

La Misericordia a Venezia: uno spettacolo tutto da gustare!

250px-Chiesa_di_S_Marziale_Facciata.jpgSacca della Misericordia.jpgHo raccontato del viaggio miracoloso della statua della Madonna, da Rimini a Venezia, ed ho accennato al suo approdo: un luogo veramente magico,la Sacca della Misericordia, nella quale erano state erette, in poco spazio e per pochi abitanti, ben quattro chiese: quella di S. Marziale, appunto, ma anche quella che è ora la Parrocchia di questa zona, la Madonna dell’Orto, (il cui nome ha tutto un suo significato, e di cui parlerò a parte ), la chiesa della Misericordia, legata alla Scuola relativa, e quella del Sacro Volto, facente parte di un grandissimo convento dei Servi di Maria.

Invito chiunque ad andare ad esplorare, perdendosi nella meraviglia delle facciate, in 260px-Chiesa_dell%27Abbazia_della_Misericordia_(Venezia).jpgScuola Vecchia della Misericordia.jpgcotto, gotiche, affascinanti e fascinose, li dove anche il grande Hugo Pratt, attraverso Corto Maltese si sofferma ammirato e stupito di fronte alla bellezza del piccolo Campo dell’Abazia della Misericordia: pavimentazione straordinaria in cotto, dove i mattoni sono posti a spina di pesci e suddivisi, attraverso l’inserimento della pietra d’Istria, in quadrati, e la vera da pozzo, decorata e splendida.

Simile pavimentazione si trova in Campo davanti alla Chiesa della Madonna dell’Orto: anche Piazza San Marco era stata pavimentata in questo modo, ma sopra è stato posto un nuovo strato di trachite, pietra durissima di origine vulcanica proveniente dai colli Euganei.

Scuola vecchia ed Abbazia della Misericordia.jpgE veniamo all’Abazia della Misericordia: il suo primo nome fu Santa Maria di Val Verde, e se ne hanno prime notizie dal 936, la cui costruzione, secondo il Sansovino, venne attribuita a Cesare de Giuli detto Andreani.L’aristocratica famiglia Moro fu l’artefice devota di questo edificio che nel dodicesimo secolo venne ristrutturato dallo stile bizantino al gotico.

La scuola accanto nel 1330 venne adibita ad ospedale e ad abitazioni.

Santa Maria della Misericordia ora è sede di mostre, che si susseguono e continuano a rendere viva questa zona di Venezia, in pieno Cannaregio, dove ogni particolare rievoca bellezza e l’intimità mistica di una città molto particolare.

Cimitero di S. Michele.jpgVenezia_-_Cappella_del_Volto_Santo.jpgE la bellezza e la suggestione prosegue in questo meraviglioso percorso, posto a fronte del Cimitero monumentale di S. Michele, con quel che resta del Convento di Santa Maria dei Servi, di origine senese, a cui faceva capo la Confraternita dei lavoratori della lana. Alla sua istituzione, dal 1309 al 1317 circa, venne consentita la costruzione del Convento, di cui ora rimane solo il portale, e della cappella, consacrata nel 1376 al Santo volto, e che è rimasta come ultimo ma suggestivo e meraviglioso cimelio, a ricordare questa Venezia delle Chiese, dello spirito libero ma dedicato al Sacro, li dove ad ogni passo si unisce, in un meraviglioso connubio, il sacro con le scienze, in un equilibrio che solo una Repubblica veramente laica poteva armonicamente rendere, e tutt’ora rimane. Città unica, Repubblica unica…e gente aperta di pensiero, di spirito e di cuore.

Nov 1, 2012 - Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Le ore ai tempi di Casanova: un metodo tutto veneziano di calcolare il tempo.

Le ore ai tempi di Casanova: un metodo tutto veneziano di calcolare il tempo.

Giacomo Casanova 4.jpgJereome Laland.jpgBasta leggere attentamente l’autobiografia di Giacomo Casanova per scoprire usanze diverse da quelle attuali, ed alcune anche molto simili, ( la descrizione del letterato, imbroglione, mezzo stregone e anche istinitivamente medico, antesignano dell’uso dei preservativi che utilizzava all’epoca), per rendersi conto della differenza che fino alla fine del 1700 c’era nel calcolo e la denominazione delle ore a Venezia ed anche in Italia.

La testimonianza più sconosciuta ma curiosa si deve a Jerome Laland che nel suo “Vojage d’un francois en Italie (vol.7) (1755-1756) racconta dell’usanza di contare le ore in Italia, nonostante gli orologi, che probabilmente si lalande.jpgadeguavano a tali usanze, visto che consideravano  visibilmente dall’una alle ventitre, e trovò una logica in tutto questo poichè venivano considerate come ore valide alla società quelle che, grazie alla luce del sole, erano destinate al lavoro delle persone.. ore di luce, ore di lavoro,,e poi la notte, senza orari e senza limiti..per poi rinnovarsi i lividi bagliori  dell’alba.

orologio di Venezia.jpgIl segreto stava nel considerare da quando partiva l’una, e quando finivano le ventiquattrO: il concetto di orario veniva definito in base alle ore di luce, quando era possibile vedere, e lavorare. Dopo il tramonto del sole, da mezz’ora a quarantacinque minuti dopo , in base alle stagioni, calavano le tenebre: ed ecco che allora venne considerata l’ora zero da questi momenti, legati al tramonto, e conseguentemente al battere delle campane l’Ave Maria”.

Casanova 1.jpgCasanova.jpgtorre-orologio2.jpgPer cui, regolandoci a Venezia spesso il mezzogiorno odierno veniva considerato alle ore 19. Capitava che la mezzanotte veneziana veniva battuta alle nostre attuali 7,45. Ecco che allora l’ora zero cambiava  continuamente : a Gennaio veniva considerata alle 17 attuali, a Febbraio alle 17,45, a marzo alle 18,30, aD aPRILE ALLE 19,30, MAGGIO, 19,45. gIUGNO 20,15, luglio alle 20,17, AD Agosto 19,30, a Settembre 18,30. ottobre 18.50. novembre 16,50 e a Dicembre alle 16,45.

Poi, alla fine del 700 anche l’Italia e Venezia, nella fattispecie, si adeguarono ad un nuovo calcolo del tempo codificato, con ventiquattr’ore suddivise in dodici diurne e dodici notturne, denomonato sistema europeo.

Tanto c’è ancora da conoscere e da scoprire delle consuetudini e della cultura di questa meravigliosa città-Stato che, attraverso i suoi straordinari artisti, scrittori, poeti, musici ci ha lasciato una testimonianza della sua eclettica, unica e fantastica capacità di codificare e vivere la sua vitsa e quella dei suoi abitanti.

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