Ott 6, 2010 - Esoterismo, Leggende, Misteri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La leggenda dell’usuraio e la sua anima fiammeggiante a Venezia

La leggenda dell’usuraio e la sua anima fiammeggiante a Venezia

Fondamenta Antonio Canal.jpgUna piccola storia,ma che fa parte delle leggende di Venezia: Bartolomeo Zenni era un vecchio usuraio che viveva in fondamenta Canal a Cannaregio. La notte del 13 Maggio 1437, durante un furioso incendio (uno dei tanti che tormentò Venezia) egli cercò di salvarsi, recando con sè una pesante borsa carica d’oro e gioielli: tutti gli averi che l’usuraio si era procurato lucrando sulle persone in necessità.

Tutta la zona era in fermento, e Bartolomeo venne chiamato in aiuto dai vicini per salvare i propri figli, ma invece di accorrere in soccorso dei bambini preferì cercare di mettere in salvo i suoi averi.

Ma il sacco era talmente pesante che non riusciva a sollevarlo, e fu costretto a trascinarlo fino al vicino Canale, per salvarsi dalle fiamme: ma il sacco cadde in acqua e con esso lo stesso Zenni: entrambi scomparsero nelle acque.

Dopo qualche giorno i superstiti videro l’usuraio che trascinava il suo prezioso e pesantissimo carico : egli repirava a malapena e chiedeva a chiunque di dargli una mano per portare con lui l’oneroso fardello: alcuni lo evitarono, altri si allontanarono, e solo quelli che pensarono di dargli comunque, per pietà e carità, una mano, fuggirono alla vista  di quel corpo che mentre camminava bruciava.

Campo dell'Abazia.jpgCampo S. Fosca.jpgChiesa di Santa Fosca.jpgSi narra che l’anima di Bartolomeo Zenni finirà di bruciare e sarà liberata soltanto quando qualcuno lo aiuterà a portare il sacco pieno dei suoi preziosi, sul percorso che va dal Campo dell’Abazia alla Chiesa di S. Fosca, per donare tutti i suoi averi ai poveri!

Chiunque di notte si trovi a passeggiare in quella zona, e incontri un’anima disperata e in preda alla fiamme potrà capire e decidere se porre fine a quel tormento, o lasciare per secoli che lo Zenni paghi la sua colpa!

Ott 1, 2010 - Chiese, Misteri, Religione a Venezia, Tradizioni    Commenti disabilitati su La commovente e taumaturgica Madonna dell’Orto a Venezia: tra misticismo ed arte!

La commovente e taumaturgica Madonna dell’Orto a Venezia: tra misticismo ed arte!

Chiesa della Madonna dell'orto.jpgNel magico luogo della Misericordia a Venezia, oltre che alla Vergine arrivata da Rimini, in barca, vi è un’altra statua taumaturgica, e famosa per i veneziani: la mitica Madonna dell’Orto.

Nel 1355 fra Tiberio da Parma, generale dell’ordine degli Umiliati fece costruire una chiesa, dedicata a S. Cristoforo martire. Nel frattempo, nel 1377 allo scultore Giovanni de Santi, facente parte della parrocchia di Santa Margherita, venne commissionata una statua raffigurante la Vergine con il Bambino dal Parroco di Santa Maria Formosa.

Lo scultore lavorò una pietra tenera, e ne trasse un’immagine molto delicata ma semplice, ed il committente la rifiutò. Fu stemma_Umiliati.gifmadonna_miracolosa.jpgcosì che il De Santi decise di mettere la statua nel suo giardino.

Poco dopo, ogni notte prima la moglie dell’autore, poi anche gli altri abitanti li vicino si resero conto che l’immagine emanava strani bagliori: naturalmente tutti accorsero per richiedere grazie e miracoli, e così avvenne: la Statua si era dimostrata miracolosa, e per richiesta popolare il vescovo decise che il De Santi avrebbe dovuto cedere l’immagine miracolosa ai frati della Chiesa di San Cristoforo, che l’acquistarono per centocinquanta ducati d’oro, offerti dai confratelli della Scuola.

Nel 1414 il Consiglio dei Dieci concesse alla Chiesa di San Cristoforo, l’uso, ormai comune , della dedica alla Madonna dell’Orto.

Attualmente questa semplice e commovente statua si trova a fianco dell’altare della Cappella di San Mauro, dove è conservato il SS. Sacramento.

interno 2.jpgAll’ingresso della cappella, sull’architrave della porta è esposta una piccola Madonna col Bambino, autore sempre il De Santi: il Bambino reca un cartiglio con la scritta:” Abie in mente fra de dir ognio di una mesa per lanema de quelo che mese mia mar equa”, una esortazione ai frati di ricordarsi con una messa dello scultore che li è stato sepolto, oltre che a Tiberio da Palma.

S. Lorenzo Giustiniani di Gentile Bellini.jpgDopo gli umiliati, nel 1461, subentrarono alla guida della Chiesa i Canonici Regolari di San Giorgio in Alga ( isola dove si dice che sia conservata una parte del tesoro dei Templari), di cui faceva parte San Lorenzo Giustiniani, che divenne il primo patriarca di Venezia nel 1451.

Nel 1483 fu collocato il portale opera di Bartolomeo Bon e nel 1503 il Campanile, unico nel suo genere, Madonna dell'Orto.jpgsormontato dalle Statue del Redentore e dei quattro Evangelisti, opera di Pietro Lombardo.

interno Madonna dell'Orto.jpgIl Tintoretto, che abitava poco distante dalla Chiesa, dette il suo contributo con dieci opere, e, alla sua morte, venne qui sepolto.

Nel 1622 il Patriarca Tiepolo commissionò il ciclo raffigurante i Santi e Beati veneziani, unica raccolta iconografica di questo tipo.

Nel 1668 ai Canonici vennero sostiutiti i Cistercensi di Torcello, e tintoretto_self.jpgVerrocchio-Madonna.jpgquando anche questo ordine venne allontanato la Canonica venne affidata al Clero secolare divenendo rettoria della Parrocchia di San Marziale Vescovo.

Attualmente, oltre che la Chiesa, di tutto quello che fu l’edificio del Monastero rimanse il meraviglioso Chiostro formato da tre lati, costutuiti da dieci arcate sui lati lunghi e nove su quello corto, ritmati da 26 colonnine di pietra d’Istria e in marmo di Verona la cui base è analoga alla lavorazione delle dieci colonne che fomano la navata della Chiesa.

Misteri della fede, strane statue, due Madonne miracolose a poca distanza, anzi, nella stessa Parrocchia, bellezze architettoniche…per chi ha voglia di vedere, di bearsi gli occhi e l’anima: ecco un’altra meta legata al misticismo ed alla bellezza dell’arte: misticismo, arte….sono elementi elevati e meravigliosi dello spirito umano.

Set 20, 2010 - Misteri, Religione a Venezia, Templari e Rosa Croce    Commenti disabilitati su Il Sangue di Cristo a Venezia

Il Sangue di Cristo a Venezia

Miracolo delle Reliquie.jpgVenezia, luogo di incontro e scambio tra occidente ed oriente divenne, tra le varie crociate, crocevia di una solida e vivace compravendita di reliquie. E tra queste, moltissime vennero conservate nelle varie chiese della città.

Basilica di San Marco.jpgInnanzi tutto il corpo di San Marco, trafugato da due mercanti e portato alla Serenissima, ed a cui è dedicata la famosa Basilica, in cui è conservato anche il corpo di S. Isidoro di Chio. San Rocco, a cui è stata edificata la omonima chiesa, e qui riposa ancora.

Mosaico della chiesa di Santa Fosca.jpgcoperchio del sarcofago di Santa Fosca.gifchiesa di Santa Fosca.jpgSanta Fosca, anche a lei una chiesa dedicata, bellissima e ricca di opere Santo Stefano.jpgd’arte, Santo Stefano Protomartire, il cui corpo riposa nella chiesa sul Rio, la chiesa appunto di Santo Stefano.

San Donato a Murano.jpgCriupta con corpo di San zaccaria.jpgchiesa di San Zaccaria.jpgNella chiesa di San Zaccaria, oltre al padre del Giovanni il Battista riposa anche San Tarasio e sono conservate le reliquie di Sant’Atanasio di Alessandria, mentre il corpo di San Donato viene venerato nella chiesa omonima di Murano.

San Giovanni Elemosinario a San Giovanni in bragora.jpgPortale della Chiesa di San Giovanni in Bragora.jpgChiesa di San Giovanni in Bragora.jpg08-sgiovannielemosinario.jpgNella chiesa di San Giovanni in Bragora sono venerate le reliquie di San Giovanni il Battista, ed il Corpo di San Giovanni l’elemosinario.

Reliquie di Santa Barbara a Torcello.jpgIl corpo di Santa Barbara, patrona dei vigili del fuoco, è conservato presso la chiesa di San Martino di Burano, mentre i bellissimi resti di Santa Lucia possono essere venerati presso la Chiesa di San Corpo di S. Lucia.jpgGeremia e Lucia.

Oltre i corpi esistono i reliquiari in cui venivano inseriti piccoli pezzi del corpi dei Santi, fatti a forma di gamba, di braccio: su questo esiste una leggenda a Burano, riguardante il reliquiario fatto per un osso del braccio di Sant’Albano, tutto d’oro e prezioso, ma poi venne la peste, ed i buranelli decisero di fondere l’oro per affrontare le difficoltà della pestilenza, per cui il braccio venne rifatto in rame, ma ossidandosi, divenne nero, per cui venne chiamato “brasso de pègoa”, braccio di reliquie.gifpece.

A parte questo, la reliquia più preziosa viene conservata nella Chiesa dei Frari, in un altare di una bellezza e lavorazione straordinaria è conservata una piccola parte del Sangue di Cristo, mescolato agli unguenti con cui il corpo, dopo la morte, era stato trattato.

AltareReliquie.jpgBasilica dei Frari.jpgOltre che inebriarsi per la bellezza della fantastica chiesa gotica, visitando Santa Maria Gloriosa dei Frari sarà possibile avvicinarsi un pò di più al mistero di Cristo!

Doge Pietro II Orseolo e l’inizio dello “Stato de Mar” – Venezia, Regina dell’Adriatico

150px-Doge_Pietro_OrseoloII.pngAlla fine del decimo secolo Venezia cominciò a perseguire una via espansionistica legata all’Adriatico. Questa strada non venne più abbandonata, accompagnata in seguito da una politica espansionistica anche continentale.

Basilio II di Bisanzio.jpgOttone_3.jpgBasilio e Costantino -Crisobolo.jpgIl Doge Pietro II Orseolo , giovane ed intelligente dette il via ad un suo progetto, dopo aver composto i dissidi interni e pacificate le diverse famiglie nobili in nome della dignità nazionale. Egli comprese che soltanto la potenza economica, sussidiata dall’azione militare nei limiti imposti dalle necessità, poteva dare sicurezza, prosperità e grandezza allo Stato.

Con gli Imperi di Occidente e di Oriente stabilì rapporti amichevoli, normalizzandoli con Ottone III (diploma del 992) e regolarizzandoli con Bisanzio mercè il “crisobolo”( sigillo d’oro) di Basilio e Costantino, che stabiliva condizioni di favore nel commercio marittimo.

Pietro II Orseolo.jpgUna volta assicurata la pace interna, con una legge promulgata nel 997 che condannava ogni sedizione, e regolati i rapporti internazionali per il libero sviluppo dell’espensaione veneziana nel continente e in Adriatico, Pietro II Orseolo si prese cura della sicurezza della navigazione, per agevolare gli scambi mercantili.

L’egemonia economica sull’Istria, stabilita dagli accordi del 933 era fino ad allora molto precaria e ridotta a ben poca cosa, mentre la pressione della Croazia sulla Dalmazia rendeva difficile la vita ai Veneziani che vi risiedevano.

fiume Narenta.jpgIl disimpegno di Bisanzio per quest’ultima regione significava libertà d’azione per Venezia che, tra l’altro, era in continua lotta con i Pirati Narentani che infestavano le coste, per cui solo con la forza si poteva raggiungere il necessario equilibrio adriatico, raggiungendo una fattiva e concreta fedeltà delle genti rivierasche.

dalmazia1.jpgAgli inizi del 1000 l’Orseolo allestì una flotta che partì da Equilio, diretta a Pola. Era la risposta veneziana alle popolazione Dalmate che volevano liberarsi della servitù slava.

Dopo aver sostato a Grado e a Parenzo il doge Orseolo raggiunse Pola, e proseguì verso sud-est, toccando Ossero, Veglia, Arbe, Zara, Traù, Spalato, Curzola, Lagosta e Ragusa.

anfiteatro romano a Pola.jpgLe città istriane resero omaggio a Pietro II e giurarono fedeltà a Venezia. La spedizione non si svolse, tuttavia, del tutto incontrastata: vi furono resistenze armate da parte degli abitanti di Curzola e Lagosta, dove si annidavano i pirati narentani.

Con questa fortunata spedizione, approvata da Bisanzio, Pietro II Orseolo prese il titolo di ” Duca di Dalmazia” che integrava quello di “Doge di Venezia”.

Istria e Dalmazia.jpgMa non si era trattato di una vera e propria conquista territoriale, perchè i veneziani miravano solamente a raggiungere il dominio del mare. Sotto il profilo giuridico gli ordinamenti rimasero quelli locali, e si raggiunse così l’unità della costa dalmato-bizantina, con l’estromissione dell’influenza slava, per cui una modifica era avvenuta soltanto dal punto di vista politico-militare.

La supremazia di Venezia dell’Adriatico era così assicurata, con l’acquiescenza dell’Impero greco per il quale il dogado dell’Orseolo era diventato un potente alleato.

Per riconoscenza verso Bisanzio il doge inviò nel 1002 una spedizione in soccorso di Bari, assediata dai Saraceni, ristabilendo l’equilibrio nel basso Adriatico. A sancire l’alleanza tra Venezia e Bisanzio il figlio del Doge, Giovanni, sposò Maria, la nipote dell’Imperatore Basilio II.

il doge Pietro II Orseolo.jpgLe imprese dalmata e Pugliese contribuirono a portare alla città uno sviluppo demografico e urbanistico e alla prosperità e splendore.

Ottone Orseolo.jpgGiovanni e Maria Orseolo.jpgAlla morte di Pietro, nel 1008, gli succedettero i figli Giovanni ed Ottone.

Con Pietro Orseolo scompariva una singolare figura di capo a cui, tra l’altro, va attribuita l’istituzione della cerimonia detta “benedizione  del mare”, nel giorno dell’Ascensione: una festa nazionale durante la quale il Vescovo di Olivolo tracciava, davanti ai dignitari , al clero e al popolo, il segno della Croce sulle acque della Laguna, a testimonianza della potenza e della grandezza di Venezia.

Questa festa diverrà in seguito quella più completa e significativa dello “sposalizio del Sposalizio del Mare del Guardi.jpgmare” quando il Doge dal Bucintoro getterà in acqua l’anello d’oro pronunciando la formula rituale: ” desponsemus te, mare, in signum veri perpetuique dominii”.

Da allora Venezia diverrà una forte e temuta potenza, attribuendosi il titolo di Serenissima, Repubblica forte ed illuminata.

S. Giovanni elemosinario, scrigno di tesori nascosti dalle bancarelle di rialto a Venezia

Pala di S. Giovanni del Tiziano.jpgchiesa S. Giovanni Elemosinario.jpgNascosta tra le bancarelle del mercato di Rialto, a S. Polo, Ruga Vecchia S. Giovanni, e chiusa da un cancello è edificato uno straordinario scrigno per opere d’arte importanti e fantastiche: la Chiesa di S. Giovanni Elemosinario.

Una chiesa dedicata ad un Santo modesto, un uomo nato ad Amatunte nel 556 e li morto, nel 619: grande devoto della Madonna e di S. Giovanni il Battista. La sua fede e la sua vita dedicata alla sua missione di benefattore dei poveri e dei diseredati.

Ed a lui dedicarono la loro fede la città di Casarano (nel Salento) , e i Cavalieri Ospitalieri, facenti parte dell’Ordinazione  dei Templari.

Antonio Abbondi detto Scarpagnino.gif08-sgiovannielemosinario.jpgdipinto nella chiesa di S. Giovanni elemosianrio.jpgI dodici poveri cavalieri di Cristo.jpgNel 1249 Lorenzo Bragadin, generale della flotta della Serenissima, portò a Venezia il suo corpo, e, seppure esistesse già nella zona di Rialto una chiesa a lui dedicata, proprio per la sua devozione al San Giovanni Battista le sue spoglie vennero tumulate, ed ancora si possono venerare, nella chiesa di S. Giovanni in Bragora, dedicata appunto al Battista.

Ma quella piccola chiesa, tra le bancarelle, a lui dedicata, venne arricchita da autentiche opere d’arte, che tutt’ora la ornano, e che risplendono ancor più dopo 25 anni di restauri.

La data dell’erezione dela chiesa rimane incerta, anche se si può riferire al 1071 circa, Affresco a S. Giovanni elemosinario del Pordenone.jpgcommissionata dalla famiglia Trevisan. Fu ceduta in ionterno S. giovanni Elemosinario.jpgcommenda nel 1391, e, con privilegio papale venne affidata al” Collegio dei dodici poveri di Cristo”, discendenti diretti dei Cavalieri Templari; ma questo affido durò poco, perchè la delega fu duramente osteggiata dai parrocchiani stessi, e quindi, nel 1546 venne affidata al Primicerio di San Marco, e stabilita nelle stesse prerogative della basilica di San Marco.

Venne purtroppo distrutta da un incendio (uno dei tanti che ha tormentato Venezia ed i suoi monumenti ) nel 1513, e venne ricostruita su disegno di Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino, e consacrata da Daniele Vocazio, vescovo dalmata, nel 1572.

La ricostruzione venne ultimata nel 1531, durante i primi anni del dogado di Andrea Gritti: e fu subito abbellita da opere dei più grandi artisti allora esistenti a Venezia, come Tiziano, Jacopo Palma il giovane, Giovanni Antonio del Sacchis detto il Pordenone.

300px-San_Giovanni_Battista_in_Bragora_Venezia.jpgCampanile di S. Giovanni elemosianrio.jpgsimbolo dei 12 Poveri cavalieri di Cristo.jpgIl suo Campanile è originario del 1300, la pianta è a croce greca inscritta in un quadrato ed il suo aspetto interno è prettamente rinascimentale  e classicheggiante.

Qui ebbero sede le corporazioni dei biavaroli, corrieri, gallineri e telaroli, che fecero a gara per abbellirla con opere d’arte: Il Vasari racconta che fu commissionata al Tiziano la Pala dell’Altar Maggiore, e questi, impegnato com’era, dopo essersi assentato da Venezia, non appena rientrato, vide la Pala del Pordenone, che raffigura i Santi Caterina, Rocco e Sebastiano ed andò su tutte le furie, e fece di tutto per soppiantare in bellezza ed abilità il rivale.

san-giovanni-elemosinario.jpgSanti Caterina, Sebastiano e Rocco del Pordenone.jpginterno Chiesa S. Giovanni elemosianrio.jpgDopo venticinque anni di restauri ora la chiesa è tornata al suo massimo splendore, e durante questi restauri sono state scoperte una tomba con affreschi, è stata riportata alla luce la decorazione straordinaria della cupola centrale dipinta dal Pordenone.

S. Giovanni Elemosiario.jpgUno scrigno, come ho detto, di opere d’arte immerso nella vita più intensa di Venezia, città dove ogni angolo è un tesoro di architettura, ogni palazzo conserva opere d’arte, dove i migliori S. Giovanni elemosinario - reliquia.jpgartisti hanno lavorato ed espresso il meglio  di sè, ispirati dalla magnificenza e dall’unicità della Serenissima.

 

 

 

Ago 29, 2010 - Angeli e demoni a Venezia, Arte e mistero, Chiese, Leggende    Commenti disabilitati su Il miracoloso viaggio della Beata Maria Vergine delle Grazie

Il miracoloso viaggio della Beata Maria Vergine delle Grazie

250px-Chiesa_di_S_Marziale_Facciata.jpgUna chiesa squadrata, semplice e senza decorazioni, contrariamente alla maggior parte delle innumerevoli altre di Venezia conserva al suo interno una statua miracolosa: La chiesa è quella di San Marziale ( San Marcilian per i Veneziani) e la statua ha una sua straordinaria storia:

Nel 1286, sotto il Pontificato di Nicolò IV viveva a Rimini(Stato pontificio) un pastorello, chiamato Rustico, ragazzo molto devoto alla Madonna, semplice e gentile. Un giorno d’estare Rustico, mentre riposava al fresco sotto i faggi trovò ” uno sterpo, ovvero un tronco d’albero che in gran parte aveva l’apparenza di figura femminile, per uno scherzo prodotto dalla natura. Quantunque  però di scultura altri principi non avesse, che per fare zampogne pastorali e rustiche tazze, con tutto ciò si sentì dalla propria devozione di formar di quel tronco una statua niccoloIV.gifRimini.jpgrappresentante Nostra Signora.”

Il pastorello quindi iniziò la sua opera che procedette spedita, per quanto riguardava il corpo, ma quando si trattò di scolpire i tratti del volto il giovane si accorse che, durante la notte, il demonio sfigurava i lineamenti.

Il giovane era disperato, quando un giorno avanzarono sul sentiero due giovani che gli chiesero di aiutarli nel ritrovare la strada, e notarono la statua ed il suo viso, non ancora definito, per cui si offrirono di finire loro il lavoro. Ma Rustico rifiutò e li invitò a proseguire.

I giorni passavano ma il viso scolpito di giorno, al mattino risultava sfigurato, ed ecco allora che riapparvero i due giovani che convinsero Rustico a lasciar fare a loro: in pochi minuti ed utilizzando i rozzi attrezzi del pastorello ecco che il volto venne ultimato.

barca.jpgFu allora che i giovani si rivelarono a lui come angeli che erano stati inviati direttamente dalla Madonna, grata al ragazzo per la sua opera, ma gli diedero anche alcune disposizioni: doveva andare dal Vescovo di Rimini  ed al suo Governo, e imporre loro che la Statua fosse imbarcata in una piccola imbarcazione, senza alcuno al suo governo, ma lasciata alla provvidenza.

I Riminesi, venuti a conoscenza della vicenda accorsero ad ammirare la statua che già cominciava a compiere dei miracoli, e per volere del Vescovo cercarono di portarla in processione. Ma arrivati che furono al porto ” con così nobile accompagnamento fermossi con tanta forza la statua della Madre di Dio, che non vi fu sforzo valevole a muoverla, onde conobber esser precisa ordinazione di Dio, che riposta fosse su una navicella senza condotta di uomo, ed abbandonata direttamente alla direzione del cielo”.

misericordia.jpgSacca della Misericordia.jpgE la barca cominciò a navigare raggiungendo e superando il porto di Malamocco, per arrivare quindi alla Sacca della Misericordia (Cannaregio), vicino ad un’Abazia dedicata a Nostra Signora con il nome di S. Maria della Misericordia.

” Ritrovavansi per loro buona sorte allora in vicinanza dell’Abbazia due miserabili, cioè un vecchio cieco con in braccio un suo bambino di sette anni, nato mutolo, per questuare della pietà dè fedeli elemosima a loro sostentamento. Al primo comparire della fortunata barchetta sciolse miracolosamente per la prima volta la lingua il mutolo fanciullo, ed eccitò il padre a riverir genuflesso quella maestosa Patrona, che in seno aveva un vaghissimo bambino, e per di cui beneficio ottenuto aveva la favella. Attonito il vecchio padre al non più inteso parlar del figliolo, sentissi riempir d’allegrezza egualmente che di fiducia, e spargendo dà ciechi lumi devote lacrime, implorò dalla santissima Vergine, che ruiconobbe accennata nella veneranda matrona, la grazia di voler a suo favore raddoppiati i miracoli. Non aveva per anco terminato la sua fervorosa orazione, quando ad un tratto gli si apersero gli occhi, ed ottenne perfettamente la vista”.

Chiesa S. Marziale.jpgEd allora a Venezia si diffuse la notizia di quella statua miracolosa, e tutti accorsero, ed i miracoli si moltiplicarono. Il Vescovo di Castello diede ordine di portarla a quella che era allora la Basilica di Venezia, cioè S. Pietro di Castello, ma come cercarono di spostarla quella non si mosse.

La Statua venne quindi portata, con una solenne processione a cui partecipò il Doge Giovanni Dandolo, nella chiesa di S. Marziale ” con l’accompagnamento della nobiltà e di numerosissimo popolo, lodando ognun il Signore, che avesse in quella miracolosa immagine voluta dar a Venezia una nuova testimonianza della protezione di Maria Santissima principal sua avvocata e Madre”.

A questa statua è legato, tra gli altri anche un altro miracolo: costituita la Confraternita a lei dedicata, i suoi rappresentanti si recarono dal Pontefice per richiedere l’opportunità delle indulgenze plenarie per chi si recasse a pregarla; il Papa, che era molto severo in questo senso, cacciò gli inviati, ma nella notte: “apparve di notte tempo in Papa Niccolò IV.jpgBeata Vergine delle Grazie.jpgDoge Giovanni Dandolo.jpgcandida veste col divin suo figliolo fra le braccia al Pontefice, ed esortollo ad esaudire le fervorose istanze dè buoni Confratelli, comecchè avevano per oggetto al dilei culto, ed il vantaggio spirituale delle anime. A tale celeste avviso il cuore del Papa mutossi, e fatti a sè chiamare quei buoni uomini, manifestò loro la visione e ricercò di veder quel fortunato pastorello, il quale aveva incominciata un’opera perfezionata dagli Angeli. “

Il povero Rustico venne ritracciato presso le carceri di Rimini, nelle quali era stato ingustamente rinchiuso, e la Confraternita ebbe quindi la sua indulgenza.

Ora l’opera è esposta presso l’altare dedicato alla Vergine, racchiusa in una teca. Gli Angeli soprastanti reggono un cartiglio metallico che ricorda il interno chiesa S. Marziale.jpgLa scultura della statua.jpgleggendario autore  ed il suo completamento da parte dei due Angeli, con scritto:” Rustico incepta, a nobis perfecta” ( iniziata da Rustico , da noi compiuta).

Ho voluto riportare alcuni brani tratti direttamente da un opuscolo devozionale della Scuola che rendono nella loro semplicità, entusiasmo e fervore l’importanza di questa semplice e un pò rozza statua di legno, arrivata via mare, l’elemento di Venezia, la città delle Madonne, e che tante speranze e tanti “miracoli” , anche solo di fede, ha compiuto.

 

 

Ago 11, 2010 - Società veneziana    Commenti disabilitati su La pace di Venezia:la grande diplomazia della Serenissima.

La pace di Venezia:la grande diplomazia della Serenissima.

Papa_Alessandro_III.jpgFederico Barbarossa.jpgdoge Ziani.jpgUn evento che diede molto lustro ed importanza a Venezia fu, nell’anno 1177, la pace che il Doge Sebastiano Ziani, abile diplomatico, fece stringere tra il Papa Alessandro III e l’imperatore Federico Barbarossa.

Venezia in un primo tempo era stata neutrale con l’imperatore tedesco, poi, dovendo entrare nella Lega dei Comuni Italiani contro il Barbarossa, sancita con il Giuramento di Pontida, dovette prendere decisamente le parti del Papa, che nel frattempo era stato deposto da Federico, il quale aveva cercato con il Concilio di Pavia di eleggere un antipapa, ed in seguito, sconfitti i romani ad insediare nella Cattedra di S. Pietro l’antipapa Pasquale III.

Federico Barbarossa 1.jpgalessandro-iii.jpgLa rivolta dei comuni Italiani aveva posto l’Imperatore di fronte ad un’improvvisa resistenza alla sua aspirazione di  ricostruire l’universalità del Sacro Romano Impero, ereditato direttamente da Carlo Magno.

Marin Sanudo nella “Vita dei Dogi”ci tenne a sottolineare la sicurezza di Venezia: ” Papa Alessandro III” disse appunto “dopo essere passato per la Dalmazia capitò in incognito a Venezia   a l’unico domicilio di libertà dove si tiene più securo che in niuna altra terra de Italia”.

Il racconto leggendario del Papa che la prima notte dormì accanto al capitello, il suo successivo riconoscimento presso il Convento della Carità dell’Accademia e il suo trasferimento in trionfo presso il Palazzo del Doge è molto piaciuto ai pittori che riprodussero Alesandro III e Sebastiano Ziani.jpgi vari episodi nella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale. Esso si lega certamente a quell’elogio della sicurezza della Serenissima che è tramandato dalle antiche cronache a coronamento del grande avvenimento.In seguito Alessandro III si reinsediò a S. Pietro.

La Pace di Venezia ebbe dunque queste premesse: ma essa assunse così vasta risonanza da passare dalla storia alla leggenda.

Il racconto storico dell’incontro dice che il Papa Alessandro III giunse a Venezia il 24 marzo 1177 con grande seguito e che qui si incontrò con i vescovi di Germania vicini all’Imperatore e direttamente con il re normanno dell’Italia meridionale per trattare la pace tra Impero, Comuni e Normanni che erano stati alleati del Papa contro il Barbarossa.

Alessandro III consegna la spada al Doge.jpgLe trattative durarono tre mesi con incontri con rappresentanti dei Comuni di Ferrara e a Chioggia dove il Barbarossa aveva preso alloggio. Si arrivò ad un compromesso stabilito il quale l’imperatore veniva invitato a incontrarsi ufficialmente con il Papa a Venezia.

“Il 23 luglio il Barbarossa, scrive Roberto Cessi, si trasferiva da Chioggia al Monasteero di S. Nicolò del Lido di Venezia. La domenica successiva otteneva l’assoluzione, e nella stessa giornata, scortato dal Doge e dai cardinali si portava a S. Marco. L’attendeva sul trono eretto sul fronte della Chiesa il Papa, circondato dai patriarchi e dai vescovi.

Papa,imperatore e Doge.jpgil Papa con il Doge.jpgApprodato alla fondamenta, adornata con due grandi pennoni con il simbolo di S. Marco, l’imperatore si accostò al soglio pontificio e fu ammesso al bacio del piede e all’abbraccio delle ginocchia.

E’ celebre la frase, riportata dal Sanudo, che il Barbarossa avrebbe detto al Papa nell’atto di baciargli il piede: “non tibi sed Pietro cui successor es” (non a te do il bacio di sottomissione, ma a Pietro di cui sei il successore), a cui il papa rispose “et mihi et Petro” (e a me e a Pietro). Poi il Papa, continua il Sanudo “si levò et in mezo dilo imperator e dil doxe intrò in chiexia de San Marco cantando tutto il clero Te Deum laudamus.

L’Imperatore rimase a Venezia tre mesi, regolando con un’intensa attività diplomatica le numerose questioni che s’erano innestate tra papato  ed Impero: Alessandro III veniva riconosciuto come Pontefice, e come tale gli veniva reso onore; con i Comuni veniva stabilita una tregua di sei anni e con i Normanni di quindici anni.

Papa Alessandro III e il Doge.jpgScaduta la tregua con i Comuni nel 1183 venne firmata a Costanza la pace tra i Comuni e l’Impero, con pieno riconoscimento della loro libertà.

Il Barbarossa morì durante il suo viaggio come Crociato in Terrasanta nel 1190.

Tutti questi avvenimenti fanno parte dei meriti che la Repubblica acquisì attraverso la propria capacità di mediazione e di una lungimirante politica equilibratrice tra i contendenti: straordinaria Serenissima!

 

 

Lug 31, 2010 - Società veneziana    1 Comment

La Corporazione dei Barbieri a Venezia: artigiani ed eroi

barbiere-cerusico.jpgMedici_della_Peste.jpgA Venezia erano molto studiate e curate la medicina e la chirurgia: diversi libri importanti vennero pubblicati su questi argomenti, ed esisteva pure un teatro anatomico. Ma per la cura della salute dei Veneziani, in pace ed in guerra, ebbero un ruolo veramente importante i barbieri-cerusici ( o Ceroici).

Lo statuto dell’arte dei Medici e degli Speziali risale al 1258, quello dei barbieri al 1270.
Esso , oltre che alla rasatura della barba, delimitava  il campo di cura dei barbieri alla cura ed alla cavatura dei denti ed al salasso (extraendo et aptando dentes et sanguinare minuendo).

Vi erano due diverse corporazioni che riguardavano i Medici ed i Chirurghi che mantennero sempre il privilegio di creare maestri nelle loro arti, e di poter concedere licenze di chirurgia minore (cosidetti chirurghi ignoranti) ai barbieri. Questi inoltre dovevano sostenere un esame per poter dimostrare di conoscere la composizione di alcuni medicinali, ed altri esami per avere il privilegio di:  medicar bruschi, sgrafiature,machadure, ferite et casi lezieri et non in pericolo di morte.

Santi Cosma e Damiano.jpgI Santi patroni di tutte e tre le categorie furono comunque dall’inizio i Santi Cosma e Damiano, noti come medici.

Ai barbieri-cerusici Venezia dovette molto per il loro impegno nella Sanità comune, ed anche in quei presidi in cui queste figure rischiavano la vita, come ad esempio i luoghi in cui parevano profilarsi epidemie di peste, o durante le guerre, in cui affiancavano sia i medici che i chirurghi.

Barbieri-cerusici a sostegno dei chirurghi.jpgDall’archivio di Stato Venezia, una modifica della Mariegola, datata 1646  aggiunse: ” Negli aggravi dell’arte dei barbieri avendone somministrati nel corso della guerra presente fino al n. di 53, che fino alla fine della guerra occorrerà spedire in armata, o in Dalmazia per la peste siano corrisposti etc.).

Nel 1646 infatti il Magistrato preposto ricorse alla precettazione di otto barbieri chirurghi al servizio del Generale di Palma barbiere-cerusico 2.jpgper seguire da vicino l’Armata ed affiancare il medico ed il chirurgo nella loro opera. Altri barbieri si unirono all’armata volontariamente.

Proprio per l’importanza del sostegno e della presenza di questi artigiani per il bene comune della Repubblica, nelle fastose processioni in cui sfilavano tutti i rappresentati di tutti i mestieri ed arti, partecipavano tutte le botteghe dei barbieri da un numero di tre ad un numero di sette, cantori di laudi, che costituivano quindi gruppi polifonici, Barbieri- cerusici.jpgParticolare della Processione del Doge nella domenica delle palme.jpgProcessione a Venezia con Madonna Nicopeia.jpgimm39%20GENTILE%20BELLINI-processione%20a%20s_marco.jpgaccompagnati anche dai musicanti:  suonatori di viola, liuto e Arpa, a cui, in quelle più solenni, si aggiungevano anche i pifferi, ciaramelli, trombe e tromboni.

250px-Venezia_-_Chiesa_dei_Servi_%28Portale%29.jpgNel frattempo, dal 1453 questa corporazione si era allargata ai parrucchieri, e la sede cambiò, come pure i Santi Patroni, a SS. Filippo e Giacomo. Tre anni dopo vi fu un nuovo trasferimento alla chiesa di S. Maria dei Servi, dove eresse una nuova schola, e fece costruire un altare presso la Chiesa di S. Giovanni Novo.

L’arte dei Barbieri ebbe quindi una 250px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Giovanni_Novo.jpgdignità riconosciuta da tutti i Veneziani, agevolazioni da parte della Serenissima che a questa corporazione risparmiò il divieto di fare fuochi in centro della città , e la riconoscenza di tutto un popolo.

Gli artigiani veneziani, con le loro corporazioni, con le loro schole che erano state create per formare nuovi adepti alle loro arti ma anche per dare un contributo di solidarietà ai più poveri in modo costruttivo, erano la vera ossatura di Venezia, ed erano loro, con le loro voci a indirizzare la classe dirigente verso una politica fatta per il popolo e indirettamente dal popolo.

 

 

 

Lug 28, 2010 - Donne venexiane, Personaggi    4 Comments

Caterina Cornaro, Regina di Cipro e diletta figlia di Venezia

Giacomo II di Lusignano.jpgCarlotta.jpgNel 1400 regnava a Cipro la dinastia dei Lusignano. Il re Giovanni da Lusignano aveva avuto due figli, e tra questi due, alla sua morte, si svolse una vera e propria disputa per l’eredità del Regno.

stemma dei Lusignano reali di Cipro.jpgduca di Savoia marito di Carlotta.jpgCarlotta, sposata con il duca di Savoia si appoggiava a Ferdinando I° d’Aragona, re di Napoli, mentre Giacomo II° preferì allearsi con la Repubblica di Venezia.

Giacomo II di Lusignano 2.jpgPer questo motivo venne combinato un fidanzamento prima ed un matrimonio poi con la figlia di una delle famiglie più ricche ed influenti di Venezia: la famiglia Corner.

 

 

Caterina giovane.jpgLa piccola Caterina Corner, poi corretto in Cornaro, nacque il 7 novembre 1454. Venne cresciuta ed educata presso un monastero di Padova, ed all’età di 14 anni vene promessa sposa, con tanto di matrimonio per procura il 30 luglio 1468,  con il re di Cipro ed Armenia
Caterina Cornaro.jpgGiacomo II° di Lusignano.

il matrimonio di Caterina Cornaro.jpgLa fanciulla era figlia di Marco Corner e Fiorenza Crispo, famiglia nobile e ricchissima, appunto. Il Senato della Caterina Cornaro 3.jpgRepubblica la nominò “diletta figlia della Repubblica” onore mai tributato ad alcuna donna prima di lei.

Lo sbarco di Caterina Cornaro.jpgNel 1472 Caterina Cornaro si recò a Famagosta, dove vennero celebrate sontuose e solenni nozze. La ragazza era una giovane e timorata 18enne, ma il suo carattere si dimostrò forte e temprato. L’anno successivo infatti rimase vedova, incinta del primo ed unico figlio.

Nella notte del 13 novembre 1475 dei nobili catalani, con l’approvazione del vescovo di Nicosia rapirono l’erede al trono, trucidando ferocemente tutti i parenti della giovane sovrana.

Caterina Cornaro 2.jpgCaterina Cornaro 1.jpgLa Serenissima inviò immediatamente una flotta ed un esercito che catturarono i catalani, al soldo del Re di Napoli e del Duca di Savoia.

Il piccolo Giacomo III° venne ritrovato, poco tempo dopo, nel 1474 il piccolo morì a causa della malaria. Per la giovane Caterina si sommarono sciagure su sciagure, ma lei, con il sostegno e l’aiuto della Repubblica di Venezia, continuò a guidare il suo Stato.

Caterina Cornaro cede Cipro alla Serenissima.jpgNell’ottobre del 1488 fu sventata un’altra congiura, sempre dei nobili Catalani sobillati dal solito re di Napo0li e del duca di Savoia. Fu allora che la Repubblica di Venezia chiese alla REgina di firmare la sua abdicazione a favore della Serenissima

Caterina Cornaro si rifiutò, ma venne minacciata di venire spogliata dei suoi privilegi, e considerata una ribelle.

Il 28 Febbraio 1489 la sovrana firmò l’abdicazione, ed il 18 marzo, vestita a lutto, lasciò Cipro.

la corte di Caterina Cornaro ad Asolo.jpg300px-Asolo_Il_Castello.jpgCastello di Asolo 1.jpgCà Corner della Regina 1.jpgTrasportata nel Bucintoro.jpgVenezia la accolse trionfalmente, ed il doge Agostino Barbarigo la ospitò nel Bucintoro per farla scendere con tutti gli onori a San Marco: venne nominata Signora di Asolo, conservando comunque tutte le prerogative e il titolo di Regina.

Nel suo castello, nell’incantevole paese di Asolo, tra i colli trevigiani, Caterina Cornaro si contornò di artisti, come Giorgione, Lorenzo Lotto, e Castello di Asolo 1.jpgCà Corner della Regina.jpgscrittori, come Pietro Bembo, e gli asolani l’amarono molto.

Palazzo di caterina Cornaro a Venezia.jpgAlla sua morte avvenuta il 10 luglio 1510 il corpo venne trasportato a Venezia e tumulato per la prima volta nella chiesa dei SS. Apostoli; la gente accorse ad onorare questa donna forte e sfortunata, tanto che per facilitare lo scorrimento venne creato un ponte di barche che collegava Rialto a S. Sofia; Nel 1575 il suo corpo venne trasportato nella chiesa di San Salvador, dove tutt’ora riposa.

tomba di Caterina Cornaro.jpgchiesa di San Salvador.jpgCaterina Corner o Cornaro, donna che si dedicò alla causa della Repubblica di Venezia, patì lutti terribili, ma donna che ha dato e continua a dare lustro a tutte le donne, molto particolari, competenti, colte, ricche di interessi della Serenissima.

 

 

 

 

Sfiorando la laguna

gondola.jpgcanal grande.jpgVenezia, proprio per le sue caratteristiche peculiari, ha dovuto usare le via acquee per i trasporti. La gondola, per le sue caratteristiche di manovrabilità e velocità è stata, fino all’avvento dei mezzi motorizzati, il mezzo più adatto per il trasporto delle persone.

E’ l’unica imbarcazione al mondo lunga ben 11 metri e pesante più di 600 Kg. e a poter essere manovrata con leggerezza e apparente facilità da una sola persona e con un solo remo, ed è diventata il simbolo più  divulgato della città di Venezia.

Ed è unica come la città che rappresenta: innanzi tutto è asimmetrica, il suo lato sinistro è di 24 cm. più lungo di quello destro, per cui naviga sempre inclinata su di un fianco. Ha il fondo piatto che le consente di superare anche fondali di pochi centimetri.

imagesCAHELXJD.jpgimagesCA658MJT.jpgPer la sua esecuzione sono adoperati ben otto tipi di legno diversi, e sono ben 280 le parti che la compongono.
I soli elementi di metallo sono “il fero”: sei denti di prora (davanti) la cui forma ad S dovrebbe simulare la sinuosità del Canal Grande, e la lunetta posta sotto uno stilizzato corno dogale il ponte di Rialto, mentre i sei denti rappresentano i sei sestieri in cui è divisa Venezia, quello che volge all’interno della gondola simboleggia la Giudecca, ed il ferro di poppa , chiamato “risso” (cioè riccio).

Questa barca così particolare è stata il mezzo per ottenere uno sviluppo commerciale, una opportunità di imagesCAUY800D.jpgestendere il tessuto più intimo di Venezia, Infatti la nascita, l’edificazione e la crescita di questa città sono stati possibili solo risolvendo  in maniera ottimale il problema del trasporto acqueo: da sempre con barche si è approvvigionata la città, da sempre il mezzo acqueo ha consentito i commerci, e tutt’ora la viabilità acquea è essenziale per la vita cittadina.

Già nella prima metà dell’XI secolo  il prefetto Cassiodoro, rivolgendosi ai tribuni marittimi della Venezia, le massime autorità civili della laguna, usa queste parole: ..e mentre di solito si legano alle porte di casa gli animali, voi, alle vostre case di vimini e canna, legate le vostre barche…”

imagesCAWD3JIQ.jpgSi può azzardare l’ipotesi che il veneziano dei primordi prima di essere pescatore o commerciante debba essere costruttore e carpentiere navale. Poco a poco questo abitante di laguna, che costruisce e utilizza la sua imbarcazione per pesca e commercio, elabora e perfeziona la tecnica costruttiva.

Ed ecco il mestiere dello Squerarolo, che negli appositi luoghi, chiamati squeri, nome derivato  da un attrezzo utilizzato per la costruzione, la squadra, detta in dialetto “squera”  costruivano  tutti i tipi di imabarcazione, comprese le navi che contribuirono a far di Venezia la Serenissima Repubblica; in seguito queste furono imagesCA8CHGEJ.jpgrealizzate  all’interno dell’Arsenale che divenne il fulcro e la sede della cantieristica veneziana.

imagesCAQW01SN.jpgLa gondola nacque come mezzo privato per gente di un certo rango, e veniva utilizzata per imagesCAJUI7X5.jpgspostarsi da una parte all’altra della città, per prendere il fresco nelle notti estive, sfoggiare la propria eleganza, conversare con i passeggeri delle gondole vicine, oltre a compiere tutta una serie di usi che rendevano questa barca silenziosa e meravigliosa un territtorio privato fungente da casa, ma anche da bisca, ambasciata, nido d’amore e altro ancora. Nei secoli passati veniva usato anche il “felze” una copertura notturna o invernale, o soltanto per starsene in privato, che era dotato di una porta, una finestra scorrevole con veneziana e tendina, di specchi e di uno scaldino.

Ci sono diverse versioni sul motivo del loro colore: il nero; una narra che dopo l’epidemia di peste del 1500 il Senato le facesse dipingere tutte di quel colore in segno di lutto, ma bisogna sapere che allora per la Serenissima il lcolore del lutto era il rosso, un’altra, e la più probabile riguarda una sorta di gara, di escalation tra i nobili per rendere la propria barca più ricca e sfarzosa delle altre: fu il 18 aprile del 1633 che il Magistrato alle Pompe decretò che queste venissero rese molto più essenziali e tutte uguali, di colore nero. 

images.jpgNon tutti potevano permettersi una gondola, per cui esistevano gondole adatte per attraversare il Canal Grande, molto imagesCAGXP4JF.jpgsimili ai gondoloni da parada, che si usano anche oggi per il traghetto. Ancor oggi, con poca spesa, i veneziani si fanno traghettare da queste barche, molto simili alle gondole.

Una barca  fuori dal comune per una città unica che convive e condivide la propria vita con l’acqua, città magica, misteriosa, fatta anche di silenzi, luoghi appartati, calli strette e buie da cui si esce in un campo meravigliosamente assolato, l’orizzonte lontano ad intuire isole, campanili..suoni di voci, odori di cibo che inondano i campielli….

 

 

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