Lug 19, 2010 - Tradizioni    5 Comments

Il mitico Caffè Florian a Venezia

Procuratie a Venezia.jpgMolti furono (e ne abbiamo già parlato) i caffè famosi nell’antica Venezia, nei quali si incontravano persone nobili e benestanti, professionisti ed intellettuali. Le botteghe del caffè venivano nominate anche “botteghe da acque”. In città, nel 1683 fu aperta la prima bottega sotto le Procuratie in Piazza San Marco e dopo poco ne sorsero a centinaia.

Il primo veneziano a nominare il caffè fu Gian Francesco Morosini, negli anni in cui era Bajlo (console) a Costantinopoli.

Francesco Morosini.jpgporta ottomana.jpgSulla ” Relazione della Porta Ottomana” letta e descritta nel 1585 in Senato si racconta che il popolo Turco raccontava alla Signoria Veneziana che era in uso bere sovente la nera bevanda bollente, nelle botteghe o nelle strade, ricavata da semi macinati.

Pianta del caffè.jpgcaffè.jpgPiantagioni di caffè.jpgI Turchi affermavano che questa bevanda aveva delle qualità energetiche per cui, chi la assumeva, non sentiva necessità di dormire. Il nome deriva dall’arabo “qhahau”pronunciato alla Turca “Kalvè”, per altri il nome deriva dalla località Etiope nominata Caffa, e in Etiopia ci sono le migliori piantagioni di caffè.

Caffè Florian 1.jpgNel 1653 fu introdotto a Venezia ed in tutta Europa, anche perchè i turco.jpgsultano ottomano.jpgveneziani si erano accorti che per i turchi era facile rimanere svegli durante la notte, per cui c’era il detto “noi veneziani semo svegi perchè i turchi no i dorme mai”.

 Caffè Florian 2.jpgA Venezia questo chicco venne chiamato caffè e fu diffuso dagli Arabi, trasportato nel fondaco dei Turchi, sestier de Santa Crose, e servito tramite le prime botteghe.
Nel 1720 il Caffè Florian divenne il più famoso luogo in Venezia e in tutta Italia, ubicato nelle Procuratie, davanti a Palazzo Ducale, in Piazza San Marco.

Rimase per molto tempo in gestione allo Stato della Repubblica di Venezia, Il primo gestore fu Valentino Floriano Francesconi, detto il ” caffeter” il quale veniva stipendiato mensilmente dallo stato.

Caffè Florian.jpgcaffè Fllorian 3.jpgcaffè a Venezia.jpgIl gestore denominò il locale “Caffè Venezia Trionfante”.

Dopo la caduta della Repubblica Floriano lo denominò ” Caffè Florian”. Qui si ebbe il centro della intellighentia e della cultura caffè florian 8.jpgCarlo Goldoni.jpgCarlo Gozzi.jpginternazionale: frequentatori dal 1700 in poi furono Giacomo Casanova, Carlo Goldoni, Carlo e Gaspare Gozzi, Lord Byron, Goethe, Moore, Parini e Silvio Pellico.

Goethe.jpgNel 1858 il Caffè Florian venne restaurato e le decorazioni delle Caffè in Etiopia.jpgsalette furono ispirate ai diversi cicli della vita, delle scienze, delle arti, delle stagioni e degli uomini illustri.

Silvio Pellico.jpgStorico caffè Florian.jpgGaspare Gozzi.jpgCaffè Florian 10.jpgcaffè florian 5.jpgcaffè Florian 4.jpgCasanova.jpgAll’interno del Caffè Florian , nella calda atmosfera delle sale lussuose ed affrescate, rimangono i ricordi dei Grandi Personaggi passati tra queste mura per godere dell’atmosfera del salotto – caffè nel salotto più bello del Mondo.

Lug 14, 2010 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Calle dei Mori

Calle dei Mori


Scopriamo i misteriosi personaggi che animano il Campo dei Mori a Venezia

Lug 11, 2010 - Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia: la struttura del dogado

Venezia: la struttura del dogado

Il doge.jpgIl Doge viveva nel suo dorato appartamento al centro di Palazzo Ducale. Egli era un principe in apparenza assoluto,ma in pratica limitato da una serie di norme che restringevano il suo potere ad un simbolo di sovranità cui competeva di diritto ogni alto onore.

Palazzo Ducale.jpgLa sua carica era a vita, e all’elezione doveva fare una ” promissione ducale”cioè il giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità. Solo in poche circostanze il Doge usciva dal Palazzo Ducale, doveva viveva nella ricchezza, circondato da opere d’arte, dai procuratori di San Marco, magistrati, consiglieri, senatori, provveditori e singoli rappresentanti del vastissimo dominio sparso nel mediterraneo.

La sua vita era inoltre regolata da una severa etichetta che stabiliva le pregorative della sua alta dignità di ” serenissimo principe”, secondo alcune tradizioni che anche nell’importanza religiosa della sua autorità risalivano all’Imperatore di Bisanzio.

scala d'oro 1.jpgLa Scala d'oro.jpgEgli, attraverso la “Scala d’oro” (che passa accanto all’appartamento privato del Doge) si avviava nella Sala del Collegio (una sorta di Consiglio dei Ministri) , nella quale sedeva al centro, tra i suoi sei consiglieri, i Savi e i tre Capi del Consiglio dei Dieci. La sala è decorata con dipinti del Veronese dai motivi allegorici che ricordano la ricchezza di cui era stata dotata Venezia, ma anche la severità che si adottava verso chi osava andare contro le leggi:” Giove stesso scende dal cielo per fulminare la Ribellione”.

Più avanti la Sala degli Inquisitori dello Stato, ed infine, più vasta di tutte la sala del Maggior Consiglio.

Il Doge, quindi, Capo dello Stato, eletto a vita, presiedeva tutte le Magistrature della Repubblica, quindi il Maggior Consiglio, assemblea di Patrizi Veneziani con età superiore ai venticinque anni, che Dipinti nella Sala del Maggior Consiglio.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgraccoglieva le varie Magistrature ed eleggeva il Doge.
Il Maggior consiglio era formato esclusivamente da soli nobili eletti ogni anno, il numero dei componenti nel 1264 era di 317, poi, dopo la Congiura di Baiamonte Tiepolo, nel 1310, di 900.Esso raggiunse il massimo di8 1700 persone.

Il Consiglio dei Senatori (pregadi), scelti dal Maggior Consiglio erano circa 120, e duravano in carica un anno.

Il Consiglio dei Dieci: sorto nel 1310 dopo la famosa congiura, aveva il compito di vigilare contro i delitti dello Stato sui comportamenti dei nobili e sull’osservanza delle Leggi: era composto da dieci patrizi titolari, con l’aggiunta del Doge, sei consiglieri (uno per sestiere che formavano il consiglio privato del Doge, e un avogadore (un avvocato con mansione di accusatore contro chiunque del Consiglio avesse operato al di fuori dei principi statutari.

il Consiglio dei Dieci.jpgIl Consiglio dei Dieci era quindi composto da dieci membri di diritto (non rieleggibili dopo un anno trascorso  in carica) ed altri otto aggiunti.

Questa Magistratura divenne con il tempo il più tipico e severo organo di vigilianza inquirente e giurisdicente della Repubblica di Venezia, la polizia di Stato che aveva i massimi poteri anche nel controspionaggio.

Gli Inquisitori erano tre eletti del Maggior consiglio a partire dal 1200, e formavano commissioni di inchiesta su particolari indicazioni del Consiglio dei Dieci, come “Inquisitori alle acque”, “Inquisitori sopra le arti”, “Inquisitori sui suoli pubblici”.

Sala del Consiglio dei dieci.jpgLe Quarantie erano tre tribunali supremi che giudicavano cause criminali e civili: c’era il Consiglio dei Quaranta al Criminal, quello al Civil vecchio e quello al Civil nuovo. Compito loro era anche curare la polizia di Stato, l’economia delle Imposte, le Monete e altre mansioni in campo giuridico.

Consilio Minore, (detto pure Signoria), formato da 6 nobili, uno per ogni sestiere della Città, che dovevano assistere il Doge, non essere in alcun modo imparentati con lui, ai quali sdi unirono nel 1200 i tre capi della Quarantia criminal, e tutti insieme formavano la Signoria.

Collegio dei Savi 1.jpgcollegio dei Savi.jpgIl Collegio dei Savi, Assemblea prima di tre, poi di cinque ed infine di sei Senatori, con incarichi particolari di studio e di inchiesta, che col tempo divennero dieci.

quarantia criminal sala.jpgpieno collegio.jpgIl Collegio, più propriamente “Pieno Collegio” aveva la funzione di Consiglio dei Ministri ed era composto dal Doge, dai sedici savi, dai sei consiglieri del Doge e dai tre Capi della Quarantia Criminal.

 La struttura dello Stato era quindi composita ed i poteri venivano equilibrati e suddivisi tra diverse istituzioni: tutto questo per garantire ai veneziani un governo democratico, ed in cui, uin seguito racconterò, al centro venivano le esigenze dei cittadini e il loro benessere. Venezia, una vera Repubblica ricca ed illuminata!

Lug 8, 2010 - Società veneziana    1 Comment

I Dogi a Venezia

Primi tribuni a Venezia.jpgLe istituzioni politico-amministrative interne della Repubblica di Venezia si maturarono nei “primi tribuni” che ressero la “cosa pubblica” ai dogi, quali espressioni di una autorità basata sulla propria indipendenza di  diritto e di fatto.

Il Doge fu sempre scelto da famiglie patrizie, e quindi entro una cerchia di persone che dovevano di norma seguire un particolare tirocinio prima di giungere alla suprema magistratura.:tanto più che la sua posizione investiva sempre un carattere religioso, secondo il modello bizantino di considerare l’Imperatore al disopra del Patriarca.

A Venezia l’evoluzione della massima autorità politica e i contatti con quella religiosa ebbero numerosissimi legami nei primi secoli sul piano del reciproco scambio.

Elezione dei magistrati.jpgelezione di un doge.jpgDoge.jpgL’investitura del doge si compiva nei primi tempi per diretta partecipazione popolare, alla quale seguiva il conferimento delle dignità bizantine, attraverso il Governo di Bisanzio, da cui i popoli che avevano creato questa repubblica dipendevano, che intendeva ribadire la sua preminenza anche se lontana e sempre più formale.

Nell’XI secolo vennero creati dei “giudici” che succedevano ai “tribuni”  con un compito amministrativo nel centro della nuova città che veniva formandosi vicino a Rialto. Essi già dall’inizio assunsero un carattere di magistratura che collegava insieme  le singole isole dell’unità del Governo.

il doge.jpgImmagini di dogi.jpgelezione del Doge.jpgLa prima e più originale forma di delimitazione del potere ducale fu ” la promissione ducale” la richiesta cioè, da parte degli elettori che il Doge , nell’atto di assumere la carica, compisse un solenne giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità.

Queste norme, riunite in singoli codici determinarono il pensiero costante della Repubblica e rafforzarono sempre più la posizione del “Consiglio” affiancata al Doge.

 

Ogni doge ebbe  la sua ” promissione ducale” ed una delle prime e fondamentali fu Premjissione del doge.jpgelezione di un doge.jpgConsiglio dei dieci 1.jpgEnrico °Dandolo doge.jpgquella appunto di Enrico Dandolo, fatta all’atto della sua i dogi a Venezia.jpgelezione nel 1193 nella quale il suo potere venne bene limitato:non poteva  intromettersi nella nomina del patriarca, ad esempio, non poteva  disporre di beni pubblici nè trattare direttamente con il Papa o con altri principi.

La “promissione” in uso anche in altri comuni italiani, divenne un atto pubblico fondamentale nella storia della Repubblica di Venezia, tanto che i testi, redatti dai Dogi, uno per volta, costituirono un’importante partecipazione del Consiglio di Stato al governo del Sovrano: Il suo Palazzo del Doge.jpgvalore era di tale gravità da richiedere ben presto, a partire dal 1229, la nomina di una commissione di cinque membri  “correttori della promissione dogale”.

Sala del Piovago.jpgAl momento della morte del Doge venivano eletti immediatamente tre inquisitori per indagare sul comportamento politico del doge defunto, la cui salma veniva esposta  in un salone del Palazzo Ducale, sotto alla sala del Maggior Consiglio, chiamata la Sala ” del Piovago”.

I correttori della promissione dogale proponevano al Maggior Consiglio le direttive ritenute utili per la nuova promissione del nuovo Doge. Finito entro tre giorni questo strano rito di inchiesta e di proposte , si davano solenni onoranze funebri al Doge nella Chiesa SS. Giovanni e Paolo.jpgChiesa di San Giovanni e Paolo, a partire dalla metà del 1300.

Morte del doge a Venezia.jpgSala del Maggior Consiglio 1.jpgil consiglio dei dieci.jpgPalazzo Ducale 1.jpgLe immagini di tutti i Dogi sono ritratte sulla parete, vicino al soffitto della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale: ve ne è solo uno, coperto da uno strato di pittura nera, con sopra una scritta. Di questo personaggio cancellato vi racconterò al più presto.

 

 

 

 

Hypnerotomachia Poliphili, alle basi dell’ Alchimia a Venezia

pagine di Hypnerotomachia 2.jpgAlchimia.gifimagesCAOK6GS1.jpgUno dei più  importanti libri che fanno  parte del ricco tesoro dei beni della Biblioteca Marciana edito  in due volumi da Aldo Manuzio nel 1499 è Hypnerotomachia Poliphili, corredato da 196 xilografie,la maggior parte opera del Mantegna, e decorato con glifi di Francesco Griffo. E’ uno dei libri base dell’alchimia, in cui, attraverso la storia narrata l’autore cerca di guidare l’alchimista attraverso le varie trasformazioni per raggiungere con successo “l’Opera compiuta”: la pietra filosofale.

hyp.jpgL’autore è anonimo, e cercando e desumendo è stato attribuito di volta in volta a Pico della Mirandola, Leon Battista Alberti, Lorenzo de Medici ed infine, grazie ad un acrostico contenuto nel testo, formato dalle iniziali dei 38 capitoli, a Francesco Colonna, una frate della Chiesa di SS. Giovanni e Paolo  (Venezia, 1439 – 1527),

Il racconto descrive il sogno fatto da Polifilo che tratta di un combattimento amoroso. Si tratta della metafora della trasformazione che avviene in Polifilo per tramutare l’amore carnale nella purezza Pagine di Hypnerotomachia Poliphili.jpgdell’amore Illustrazione 2.jpgplatonico.

E’ il percorso che ogni uomo deve fare per avere contatto con se stesso e le proprie capacità di interagire con la spiritualità, con il divino e con il  misterioso.

Il sarcofago di Marte e Venere e Adone.jpgillustrazione.jpgEcco che egli descrive la morte di Adone, amato da Venere, ed una xilografia rappresenta il suo sarcofago, particolarmente emblematico: da una parte è rappresentata Venere che viene punta da una rosa, il combattimento di Adone con Marte, la morte di Adone e lo svenimento di Venere.

Dall’altra parte è rappresentata invece Venere seduta che allatta Cupido, il suo piede viene baciato da Polifilo , indice di adorazione. Due frasi sono iscritte sui due lati del sepolcro: ADONIA in riferimento alle feste annuali che Venere dedicava al giovane morto, e IMPURA SUAVIAS, che potrebbe riferirsi alla lettura morale del morto in riferimento all’exemlpum libidinis, che è Adone, in contrasto con il purissimo sangue versato da Venere per quell’amore.

l'amante.jpgLa lettura in chiave neoplatonica ha orientato parte della critica a fare del sarcofago descritto da Colonna un riferimento alla lettura delle scene analoghe rappresentate nel sarcofago dipinto da Tiziano, quello L'amor Sacro e l'amor Profano di Tiziano.jpgdell’Amor Sacro e dell’Amor Profano.

le trasformazioni in alchimia.jpgMetamorfosi di Ovidio edizione di Venezia.jpgL’attinenza con le Metamorfosi di Apuleio, nel racconto contenuto, della storia di Amore e Psiche, dove l’unione tra Amore (il corpo) e Psiche (la mente) comporta sofferenze e dolori a Psiche, e le  Metamorfosi di Ovidio è quanto mai evidente.

Apuleio, metamorfosi, l'asino.jpgAmore e Psiche dalle metamorfosi di Apuleio.jpgLa aracna dalle Metamorfosi di Ovidio.jpgmetamorfosi quindi prima  dell’uomo e poi degli elementi naturali.

dalle Metamorfosi di Ovidio.jpg06f439b19ff89b185523f36986dd9ee3.jpgDa qui il riferimento dell’Hypnerotomachia Poliphily e la  Tempesta di Giorgione, rosacrociano (Gallerie dell’Accademia a Venezia),Quadro di cui vi avevo appena accennato,alla simbologia così legata, e  la relazione del quadro con il libro risulta quasi stupefacente .

Adorazione di Venere con Cupido.jpgVi sono rappresentati tutti gli elementi della natura, in cielo e in terra, e la donna che allatta può essere Iside, Venere, Demetra, Cerere, la Grande Madre insomma, tanti nomi con cui viene definita la dea MyriaYme, che ricorda da vicino Myriam, il nome Maria, sacro per i Cristiani, vergine e madre.

Giu 24, 2010 - Leggende, Luoghi, Misteri    13 Comments

L’isola della Donna Vampiro

la donna vampiro.jpgLinea per ragigiungere l'Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSe chi vuol fare un’esperienza diversa, percorre a piedi la Strada Nuova, ed arriva alle Fondamente Nuove, proprio di fronte al Cimitero Monumentale di S. Michele, qui prendendo la linea 13 del vaporetto, scegliendo come fermata a richiesta  l’Isola del Lazzaretto Nuovo, ecco che può sbarcare in un luogo molto particolare, ricco di verde, di siti archeologici, e luogo misterioso dove il 7 marzo dello scorso anno  venne ritrovato il famoso teschio della “donna vampiro”, quello con la mattonella infissa nella bocca ( a cui ho dedicato un mio post).

Posta all’ingresso della laguna, a nord-est di Venezia, e posta proprio di fronte all’isola di S. Erasmo, nell’antichità ebbe una funzione strategica a controllo delle vie acquee verso l’entroterra.

Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSembra che i primi reperti archeologici risalgano all’età del bronzo, tra il 1200 e il 1000 A.C.
Castello est del Lazzaretto Nuovo.jpg
Isola del Lazzaretto nuovo 1.jpgREcentemente sono state rinvenute varie monete raffiguranto Zeus ed Apollo, collocabili tra il 238 ed il 168 A. C. Il primo documento riferentesi all’isola, denominata Vigna Murada, è un atto notarile.

Nel Medio Evo fu proprietà dei Monaci di San Giorgio Maggiore che vi edificarono una chiesa intitolata a San Bartolomeo.

Nel 1468 l’isola divenne un lazzaretto, denominato nuovo, a differenza di quello già esistente, dove venivano inizialmente ricoverati i contagiati da peste conclamata, mentre in quello nuovo si cercava Hospitaler al Lazzaretto Nuovo.jpgL'isola nel secolo XVI-XVII dall'isolario di Antonio visentini.jpgdi attuare un’opera di prevenzione, e l’efficacia delle misure preventive portò ad avere un successo enorme, visto che l’epidemia si concluse due anni prima che negli  altri paesi europei.

Qui venivano ricoverate le navi e gli equipaggi di quelle navi sospette di portare contagio, perchè provenienti da zone contaminate o che trasportavano merci possibili ricettacoli di virus.

Per questo motivo vennero costruiti parecchi edifici, tra cui il Teson Grando, un enorme edificio, che come scrisse il Sansovino nel 1576 era dotato di 100 stanze, e cento camini alla veneziana, ognuno per ogni stanza, poste a ridosso delle mura di cinta, e costruite pozzxo nel lazzaretto nuovo.jpgTeson Grande.jpgtettoie (teze) per la purificazione delle merci, per cui si usavano fumi di erbe aromatiche, quali ginepro e rosmarino.

priore.jpgL’organizzazione faceva capo ad un priore, dipendente dal Magistero della Sanità, dai guardiani, che scortavano i passeggeri delle navi alle camere, e che prendevano nota (sapevano leggere e scrivere) delle varie operazioni di sbarco.

Le merci invece erano trasportate dai “bastazzi” chiamati così perchè trasportavano i pesi (basti), ed erano facilmente riconoscibili per il loro vestiario: casacca, braghe e camicia di tela ruvida, nei colori azzurro cenere o giallino pallido, e larghe bretelle rosse o bianche incrociate sul petto o sulla schiena.

Per ricordare dove riportare le merci “disinfettate” i bastazzi usavano scrivere sulle pareti del Teson Grando sigle ed annotazioni utilizzando un colore rosso bastazzi_tezon.jpgiscrizioni sul muro del Teson.jpgsul muro del teson altre iscrizioni.jpgbrunastro a base di ossido di ferro.

Quando si verificarono le prime morti per peste in quel lazzaretto, divenne una figura presente e considerata di malaugurio di un “medico della peste” (di cui ho gìà raccontato).
Pestilenza dopo pestilenza l’isola divenne un gran cimitero, ed a testimonianza di ciò si ritrovarono migliaia di reperti archeologici, scheletri, teschi, medagliette, monete, murrine.

medico della peste a Venezia.jpgNella epidemia del 1575 morirono cinquantamila persone, e la maggior fosse nell'isola del Lazzaretto nuovo.jpgCampi didattici estivi al Lazzaretto Nuovo.jpgparte vennero sepolte qui, a circa 60 centimetri di profondità dal piano di calpestio, persone povere, ceto medio ed anche nobili. All’epoca la sepoltura nei cimiteri dietro le reperto 1.jpgchiese o nelle chiese venivano operate soltanto per i Nobili morti di cause naturali e non certo per il terribile morbo.

Tutt’ora, per chi volesse passare una vacanza in un luogo strordinario, partecipando a scavi archeologici è possibile aderire a tali iniziative.

Giu 13, 2010 - Templari e Rosa Croce    1 Comment

Vittore Carpaccio: il Miracolo di San Trifone, il basilisco ed il demonio a San Giorgo degli Schiavoni

Scuola di San Giorgio degli Schiavoni.jpg200px-Vittore_carpaccio,_figlia_dell%27imperatore_Gordiano_esorcizzata_da_san_Trifone_02.jpgSan Trifone, protettore della città di Cattaro, secondo alcune tradizioni viene raffigurato come un santo giovinetto che compie i miracoli in virtù della sua innocenza, per altri è un guerriero romano  convertitosi al cristianesimo e poi martirizzato.

A Venezia, in seguito allo stanziamento della popolazione dalmata (schiavoni) e la conseguente costruzione della Scuola Grande di San Giorgio e Trifone degli Schiavoni, venne chiamato, come già da me illustrato nel mio Post ” Scuola Grande degli Schiavoni etc…, il grande Vittore Carpaccio: pittore e direi “illustratore ” straordinario, di storie ed eventi, di cui ci fece e continua a farci dono con dei teleri, presso la Scuola summenzionata, di straordinaria efficacia: tra questi, il (purtroppo) peggio conservato è il quadro dedicato al “Miracolo di San trifone”;

In base alla leggenda San Trifone venne chiamato dall’imperatore romano Gordiano  per liberare con il suo potere, universalmente riconosciuto ed unico, la figlia invasata dal demonio;

miracolo di San Trifone.jpgEd il quadro, una delle vere e meravigliose  “storie illustrate ” ” mostra l’attimo successivo in cui il Santo, giovinetto, ha liberato la fanciulla dal demonio, e tra il Santo ed il Demone  vinto avviene un colloquio sulla natura del peccato: solo defilati, sulla destra, appaiono l’imperatore e sua figlia.

Nell’interpretazione del pittore, rosacrociano, ecco che il demonio che si palesa a tutti, assume l’aspetto del Basilisco, animale fiabesco rappresentato con il corpo di serpente, la testa di gallo, ali e zampe da aquila, che conservava, secondo Fulcanelli, la sua triplice natura infernale.

emblema dei Rosacroce.jpgBASILISCO.jpgNelle numerose riproduzioni iconografiche del XV e XVI secolo il Basilisco appare anche come un dragone che sputa fuoco, capace di uccidere chiunque anche con lo sguardo ( miticamente sembra sia nato dal sangue di Medusa) o con il suo alito.

Sant’Agostino lo definì “il re dei serpenti” cioè il demonio. Ecco perchè i Rosacroce presero questa immagine, il demonio dei demoni, cioè la parte più vile dell’uomo e dello spirito, che è la materia prima da trasformare, l’elemento da modificare per raggiungere, passo su passo, la perfezione e la vicinanza quasi perfetta a Dio!.

Il Basilisco infatti, per i Rosacroce, è così malefico guardiano che deve essere battuto per aver accesso al tesoro,  il simbolo di Mercurio filosofale , emblema della germinazione del mondo,  il leviatano che dimora nelle acque, demone che nell’antico testamento viene (Isaia 27.1) creato da Dio per scherzare con esso, il quale dimora San Trifone ed il demonio.jpgil leviatano.jpgnelle acque, manifestazione della tempesta, segnale dell’attività celeste.( Termine che venne utilizzato da Melville per il suo famoso libro ” Moby Dick”), ma che con i mostri non ha nulla a che vedere.

Meravigliose storie, straordinari pittori, tesori universali conservati nei palazzi della nostra Venezia.. tutta ancora da scoprire!

 

 

Giu 8, 2010 - Tradizioni    10 Comments

Venezia e le sue navi: la potenza d’Europa!

Arsenale%20di%20Venezia%20XVI%20Secolo.jpgL’Arsenale: imponente e alacre laboratorio per la produzione della flotta veneziana, e non solo, anche delle navi mercantili già nel 1100 riuscì ad allestire in cento giorni cento galere da utilizzare nelle guerre con l’Impero d’Oriente.

Nel xv secolo il Doge Mocenigo scrisse nel suo testamento: (4 aprile 1423): 3.000 navigli da carico, tra grandi e piccoli, con 17.000 marinai, 300 navi con 8.000 marinai……” voi avete veduto tra galere grosse e sottili ogni anno 45, marinai 11.000″.

Data la necessità di avere sempre pronta una flotta per ogni evenienza, si costruì un certo numero di navi già arsenale-di-venezia.jpgarmate. A questo scopo, verso la fine del 400 , fu cinto di mura lo specchio d’acqua a nord dell’ARsenale nuovo, come si può osservare da una pianta di Jacopo de Barbari.

Non si vedono navi in sosta, come nel Bacino di San Marco, ma la celebre raffigurazione dell’incisore, sempre esatta per tutte le altre zone della citta, per l’Arsenale non presenta inesattezze, ma una certa qual reticenza, dovuta naturalmente a necessità legata da segreto militare.

Per la costruzioni delle varie parti delle navi la Serenissima aveva costante bisogno di diversi tipi di legno: la montello3.jpgForesta del Cansiglio.jpgboschi del Cadore.jpgquercia per l’ossatura ( albero che venne definito “colonna sacra del mare”, il larice e l’abete per il fasciame, gli alberi ed il pennone, il faggio ed il frassino per i remi, il noce per i timoni.

Per l’approvvigionamento del legname la Repubblica potè usufruire della sua espansione in terraferma, e dell’acquisizione dei boschi del Montello e del Cansiglio nelle prealpi venete, e nelle numerose vallate del Cadore.

I boschi venivano curati e controllati, sorvegliati da ” I Provveditori” e “Sovraprovveditori” nominati tra i Patroni dell’Arsenale: la scelta degli alberi da abbattere era compito dei “proti”, e per gli  alberi abbattuti  venivano piantati nuovi alberi da far crescere: i tronchi venivano fatti scorrere lungo il Piave, fino ad arrivare in laguna.

Le principali navi costruite nell’Arsenale erano di due tipi principali: navi a remi e navi a vela.

galera bastarda.gifgalera immagine.jpggalera.jpg800px-modello di Galera sottile.jpgTra le navi a remi vi erano le galere, e tra queste diverse versioni: galere sottili, galere grosse, Galere del Capitano General, o quelle da “Provveditore d’Armata, quindi le galere “bastarde” dette galeotte, alle galere da mercanzia.

Convogli di galere da mercanzie ( mude) erano conosciuti già dal 1200. Le galere erano fornite di due o tre vele triangolari, ma la loro velocità galere.jpgera costituita dai remi che prima erano governati da un solo vogatore, ma a partire dal 500 , diminuendo i remi, vennero affidati comunque a tre vogatori.

Un nuovo tipo di nave a remi venne costruito, in gran segretezza, tra il 1526 al 1529, in un apposito reparto dell’Arsenale: denominata “Quinquireme Faustina” la nave era dotata di 200 remi su cinque ordini, aveva una lunghezza di oltre 28 passi (circa 50 metri)ed era armata con trecento tra cannoni ed armi di vario genere.

Nonostante le buone prove date in mare queste navi vennero cancellate dalla produzione perchè troppo costose.

navi-grosse-2-navi-tonde-e-2-galee-da-jacopo-de-barbari-p.jpguna galeazza e due galee.jpgLa nave tipica da trasporto invece era la “cocca”, una nave rotonda che andava esclusivamente a vela, e disponeva di un equipaggio estremamente ridotto (circa 15 uomini), ed aveva una capacità di carico notevolmente superiore a quella delle galere.

Molte cocche si vedono ormeggiate nel Bacino di San Marco nelle stampe di Jacopo de Babari, una si vede in costruzione all’Arsenale, e nei quadri del Carpaccio si nota spesso un tale tipo di nave che presentava tra l’altro una particolare bellezza costruttiva, una vera architettura sul mare.

lA-bATTAGLIA-DI-lEPANTO.jpgBattaglia di Lepanto.jpg1lepanto.jpgGaleazza.jpgLe più famose ed osannate comunque furono le Galere grosse, o ” Galeazze”, per le quali venne costituito un reparto apposito all’Arsenale, chiamato “vasca delle Galeazze” le cui possibilità, efficacia e potenza vennero utilizzate nella Battaglia di Lepanto, in prima fila, pronte a combattere contro il nemico, La Battaglia di Lepanto.jpge uscite vincitrici come forte e predominante era il valore navale della Serenissima.

Giu 5, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

La mummia egizia, gli Armeni e Venezia

Tra le varie comunità che fanno parte del tessuto della popolazione veneziana, fanno parte anche gli Armeni.

COLLAR9.gifLa loro è una presenza connotata nella città, a partire dal Collegio, uno dei più grandi del mondo, frequentato quasi totalmente da armeni, di elevatissima difficoltà per cui, una volta licenziati, gli studenti possono frequentare qualsiasi università nel mondo.487296.jpg

imagesCA2SJQ3H.jpgLa lingua è difficilissima, anche perchè ogni fonema ha un simbolo; e da questo si può benissimo capire che queste persone sono in grado di parlare perfettamente diverse lingue.

Il popolo è cristiano dall’inizio del cristianesimo (erano infatti armeni gli Apostoli Taddeo e Bartolomeo), ed il culto cristiano è stato adottato come religione nazionale molte tempo prima che nell’Impero Romano.imagesCAXO6DW3.jpg

TKmag46667e4d7cda5.jpgcale e sotoportgo.jpgPoco distante una calle, la Calle degli Armeni è il cuore del nucleo abitativo (composto principalmente da commercianti), e in fondo il “sotoportego de Armeni” fatto di legno, da cui, attraverso una porticina, sempre in legno, si accede alla Chiesa di S. Croce degli Armeni.imagesCAIPO7OV.jpg

Esternamente pare un’abitazione qualunque, l’unica cosa che si nota è il campanile, fatto a cippolletta. L’edificio fu concesso agli armeni nel 200, e poi venne ampliato nel 600, ed è l’unica chiesa rimasta funzionante nel medio evo a Venezia.

imagesCAJQQSKR.jpgNel 1700 cominciò in Armenia una persecuzione contro i cattolici, tanto che il monaco Manug de Pierre, detto il Mechitar (il consolatore), che in terra natale aveva fondato molti monasteri, dovette fuggire prima in Grecia e poi, nel 1715 a Venezia.

imagesCAAJFN2P.jpgQui la Serenissima gli destinò un’isola precedente adibita a lebbrosario, e abbandonata già da due secoli circa: l’isola di S. Lazzaro, poco distante dal Lido

imagesCA1EIT2N.jpgimagesCA2CXBKG.jpgChiesa.jpgQui venne fondato un nuovo convento dalla congregazione Mechitarista, nel 1717, sulle rovine degli edifici preesistenti, ed al convento si unì un importante centro culturale armeno.

Nelle librerie del convento sono contenuti più di un milione tra libri e manoscritti, alcuni decorati con pietre preziose, di valore inestimabile, e nella biblioteca detta Europea i vetri delle finestre sono quelli originali, fatti a mano.

imagesCALTXSRU.jpgMa in assoluto i manoscritti più importanti sono un papiro indiano, il Corano di Murzad il Sanguinario (un sultano turco), e l’unica copia al mondo del libro di Colistene, sulla vita di Alessandro Magno; l’originale in lingua greca andò distrutto durante l’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto.

Splendidi anche alcuni reperti non armeni, come un trono indiano del 1350 intarsiato in avorio, una palla d’avorio cinese formata da 14 sfere, l’una nell’altra, e la statuetta del terzo millennio a.c. di un vecchio curvo, proveniente dal nord dell’Iran.

mumm,ia.jpgMa l’orgoglio dei sacerdoti è la mummia egizia del sacerdote Nemenkot, avvolta in un telo di perline originale.

Lord Byron fu spesso ospite in questo convento, deliziato sembra dalla marmellata di rose che i monaci producevano.

Tutt’oggi i visitatori vengono accolti con gentilezza e simpatia, e possono così ammirare un luogo splendido con bellissimi giardini.

 

 

Mag 26, 2010 - Tradizioni    1 Comment

Lo sfoggio della potenza a Venezia: le Processioni religiose.

Particolare della Processione del Doge nella domenica delle palme.jpgNell’apparato legato alla liturgia ma anche allo sfoggio di potenza e di ricchezza, le processioni a Venezia costituivano per la nobiltà ed il popolo veneziano momenti di gran giubilo: spettacoli in cui le scuole, gli ordini religiosi, il patriziato, la Signoria e lo stesso Doge potevano far sfoggio di quanto più prezioso possedevano in un’aria di festa e di composta solennità, quasi un rituale che si inquadrava nelle architetture nel fasto e nel colore tutto orientale della città.

Numerosi sono i quadri che immortalano questi momenti, dipinti da grandi pittori come Gentile Bellini e Giovanni Mansueti.

diari di Marin Sanudo.jpg200px-Marin_Sanudo_Inscrizione.jpg250px-Gentile_Bellini_004.jpgMa molto meglio è poter seguire la descrizione tramandataci da Marin Sanudo, attraverso i suoi diari, di una solenne processione svoltasi in Piazza San Marco, che ebbe luogo il 10 ottobre 1511, in occasione della Lega Santa , promossa da Giulio II di Spagna, l’Inghilterra, gli Svizzeri e Venezia, contro il re di Francia.

Piazza San Marco appariva animata dagli stendardi al vento, in un tripudio di colori sullo sfondo di Palazzi ornati da ricche stoffe appese alle finestre, da gonfaloni sgargianti e tappeti orientali.

Marin Sanudo.jpgPersino le statue degli Apostoli nella Basilica di San Marco  erano adornate di paramenti sacri, tra il luccichio dorato delle coperture di festa delle balaustre, i velluti rossi decorati in oro e di broccato sui pulpiti, ed i tesori più preziosi della chiesa bene in vista.

Mariegola della Scuola S. Giovanni Evangelista.jpgNella processione appariva prima la Scuola grande della Misericordia, con i candelieri dorati ed il baldacchino di velluto posto sopra il porta reliquie, tra le quali la famosa icona d’argento donata dal Cardinale Bessarione; seguiva la Scuola della Carità con il cappello di porpora del Cardinale sul vassoio, poi la Scuola di San Giovanni Evangelista, quella di San Rocco, che aveva come emblema il 59__mariegola.jpgCrocefisso e non lo stendardo, ultima la Scuola di San Marco.

dono del Cardinale Bessarione a Venezia.jpgCardinale Bessarione.jpgLo storico narra che per decreto del consiglio dei dieci non potevano sfilare più di cinquecento confratelli popolari per scuola, a parte quella di San Marco (600) secondo la concessione fatta in seguito all’incendio della sede nel 1485.

Il corteo di ogni scuola era  preceduto da ventisette bambini: ” putini piccoli vestiti in modo de anzoleti, quali tutti portavano arzenti in mano”.

Un altro personaggio sfilava davanti ad un’altra scuola, e rappresentava la Giustizia, con la spada nella mano destra e la bilancia d’argento in quella sinistra. Altri portavano doni fatti alla Scuola, come il piccolo trono d’argento donato dalla duchessa Beatrice Sforza a Gian Antonio Dandolo.

portatori dei vessilli nella processione.jpgAl centro, sotto il baldacchino, spiccava la croce astile delle scuole, accanto alle immagini ed alle reliquie dei protettori, perfino la Pace e la Misericordia  erano personificate da due fanciulle che recavano due motti in latino.

Facevano seguito le immagini dei re di Inghilterra e Spagna, del Papa con due cardinali, mentre il re di Francia era circondato dalle fiamme e portava una scritta che recitava: Signore aiutami perchè sono bruciato in questa fiamma.

Dopo le Scuole grandi era la volta degli ordini religiosi che recavano reliquie, argenti ed immagini con iscrizioni, tra cui un “San Marco” che dice: ” Son Marco Evangelista tuo tutore, ch’è sempre davanti a Dio e Protetore. Non creder figlia mia m’abi smendicato: la tua corona illesa t’ho servito cessa i sospir, cessa li to pianti che felice ti farò più ch’a inanti”

Giovanni+Bellini+-+Doge+Leonardo+Loredan+.jpgProcessione reliquia della Santissima croce a S. Lio.jpgProcessione dell'XI secolo a Piazza San marco.jpgIntanto suonavano le campane, mentre gli artiglieri delle navi alla fonda sparavano a salve ( “soni di tromba e pifari e trazer di artillerie da li nobili erano in porto”).

Naturalmente quello vestito più lussuosamente era il Doge, Leonardo Loredan (vestito di un manto di ristagno d’oro fodrà di armellini e con il bavero di armellini el soto vesta de veludo cremixi e in capo havìa bareta di restagno d’oro, ma avanti li era portata una confeteria, la bareta ducal di zoie”).Lo seguivano i procuratori, i membri del Consiglio dei Quaranta e del Consiglio dei Dieci e centocinquanta patrizi (“s’chè fu bellissimo veder tanta nobiltà”).

Processione con il Doge a Venezia.pngProcessione in Piazza San Marco.jpgLa Processione, iniziata alle 16 finì alle 21 ( ” et con gran jubilo et leticia di tutta la terra et a confusion de rebelli”).

Tutto lo sfoggio di una Repubblica allora solidissima, ricca e potente che poteva ostentare tanto sfarzo ed opulenza, a metà tra occidente ed oriente: uno spettacolo imponente e magnifico.

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