Apr 24, 2010 - Chiese, Leggende, Personaggi    2 Comments

San Marco a Venezia: i Tetrarchi e gli improbabili ladroni

San Marco - I tetrarchi e Pilastri Acritani.jpgNella parte di Piazza San Marco che dà sul Bacino viene rappresentata la forza e la potenza di Venezia: a parte le colonne di Marco e Todaro, emergono, nella loro singolarità i pilastri acritani, e nell’angolo della Basilica di San Marco, che internamente racchiude il Tesoro di San Marco c’è una statua  in porfido rosso egiziano raffigurante quattro personaggi, due su un angolo e due sull’altro : un elemento della coppia posa la sua mano sulla spalla destra dell’altro, con un gesto di protezione: le figure sono riccamente decorate e ricoperte da un ampio mantello sorretto da una fibbia  sulla spalla destra, e recano dei bassi copricapi calati sulla fronte.

La mano sinistra posata sull’elsa della spada: il materiale utilizzato, dedicato in genere alla raffigurazione di dei o di imperatori e loro familiari ed i volti solenni fanno immaginare immediatamente a personaggi imperiali: si tratta dei Tetrarchi.

galerio.jpgNiocomedia.jpgdiocleziano.jpgTetrarchia, derivante dal greco tettares (quattro) e àrchein (governare) è una forma di governo risalente all’antica Grecia, e consiste nella divisione del territtorio in quattro parti, ognuna retta da un amministratore distinto.

Senza essere riusciti ancora a chiarire il mistero della primitiva provenienza di questa statua, gli studiosi hanno riconosciuto nei quattro personaggi i quattro tetrarchi che nel 293 d.c. governarono l’impero d’Oriente:

Diocleziano (Augusto) controllava le province orientali e l’Egitto ( capitale Nicomedia)
Massimiano.jpggalerio_costanzo.jpgSirmio.jpgGalerio (Cesare) le province balcaniche ( capitale Sirmio)
Massimiano (Augusto) governava l’Italia e l’Africa Settentrionale (capitale Milano)
Costanzo Cloro era governatore della Spagna, la Gallia e la Britannia (capitale Treviri).

Nell’immagine quindi del blocco di porfido incastonato Costanzo Cloro.jpgall’esterno della Basilica di San Marco, ecco che Diocleziano pone la sua mano sulla spalla destra di Galerio, e Massimiano su quella di Costanzo Cloro.

Il complesso è perfettamente integro, a parte il piede e la caviglia sinistra della figura posta all’estrema destra del gruppo, che venne ovviata con l’aggiunta di porfido rosa; nel 1965, a seguito degli scavi condotti da archeologi tedeschi e turchi venne ritrovato, nei pressi dell’antica piazza di Philadelphion a Istambul il piede sinistro andato perduto.

Nelle antiche leggende veneziane invece si narra che quattro ladroni, nottetempo, cercavano di rubare il tesoro di San Marco, ma il Santo, vigile e protettore, cogliendoli sul fatto li fulminò all’istante, proprio nel posto esatto dove cercavano di trafugare i preziosi, e lì rimasero, a perenne monito.

I Tetrarchi.jpgNaturalmente la leggenda è frutto dello spirito disincantato ed ironico dei veneziani, che trovano sempre motivo per sorridere, e per rendere leggera e viva, anche con un tocco di malizia, questa città che è leggera e viva, oltre che ad essere uno scrigno che racchiude opere preziose e memorabili.
 

 

Apr 18, 2010 - Alchimia, Esoterismo, Personaggi    Commenti disabilitati su Lo Strano caso di Giulio Camillo Delminio e “l’idea di Theatro”

Lo Strano caso di Giulio Camillo Delminio e “l’idea di Theatro”

Giulio Camillo Delminio.jpgNato a Portogruaro, ma figlio culturale di Venezia e delle personalità che in quell’epoca rendevano vivo il pensiero umanistico – filosofico, di questa città, e grande cultore di studi ebraici, compresa la Cabala che grande importanza portò alle sue ricerche, Giulio Camillo Delminio nacque nel 1480, in una famiglia benestante.

La sua figura, una volta cresciuto, divenne controversa prima di tutto per le sue vanterie (narrava di enormi patrimoni e possedimenti), ma anche fisicamente obeso, lento, e amava tutti i piaceri della vita: mangiare e la compagnia delle donne.

Palazzo Contarini.jpgBernardo%20di%20Chiaravalle.jpgIL suo faro, una volta cresciuto, divenne appunto Venezia, e li divenne discepolo di Niccolò Dolfin, grande umanista che ebbe l’onore di poter trascrivere alcuni codici che riguardavano gli affari del Monastero di Cereto, riferito a S. Bernardo da Crema, conosciuti come il ” Codice Dolfin” e le cui proprietà vennero acquisite dal Dolfin , dopo che nel 1570 divenne parte della congregazione dei Cistercensi al seguito di Bernardo di Chiaravalle; Successivamente tali codici vennero denominati  di ” Cà Contarini” ( Venezia) poichè qui vennero consegnati dopo diverse vicissitudini.

A Venezia, oltre che Pietro l’Aretino  conobbe anche Erasmo da Rotterdam, che divenne suo grande estimatore e solidale: nel frattempo studiava con impegno la religione ebraica e la cabala.

Legato a gruppi alchemici dentro di sè sentì crescere prima un abbozzo, quindi un’idea “fantastica”, a cui dette il via un episodio che riguarda una sua passeggiata assieme a Giuseppe Betussi, anch’egli veneziano di adozione, e grande amico di Boccaccio che sostenne nella sua iniziativa intellettuale e culturale per l’emancipazione della donna, in tutti i sensi: donna rotterdam.jpgBetussi sostenitore di Boccaccio.jpgche poteva amare, studiare, scrivere…quello che poi furono le cortigiane oneste a Venezia: in quella passeggiata appunto accadde che un leone, fuggito dalla sua gabbia si fece incontro ai due uomini: il Betussi, agile e veloce, fuggì non appena lo vide, ma Delminio, grasso e lento si fermò, e si narra che non solo il leone gli si avvicinò tranquillamente, ma anche che egli ebbe l’ardire di carezzargli la criniera.

Da questo episodio però Giulio Camillo trasse una conclusione: egli era un mago solare, in grado di ammansire gli animali per le sue virtù solari..e questo venne riportato nel suo saggio – progetto della sua opera più importante, che perseguì tutta la vita: ” L’Idea del Theatro”.

Si dice che lo scrisse sotto l’influsso di riti esoterici, in sette notti, aiutato dal suo fedele amico di Girolamo Muzio.jpgtutta una vita: Girolamo Muzio, scrittore e poeta padovano.

Il progetto dell’Idea del Theatro si basa sull’idea di evocare e possedere tutta la sapienza umana. E’ chiamato anche il Theatro della Memoria, ed era strutturalmente concepito come un teatro in legno, regolato nelle sue misure secondo l’impostazione classica di Vitruvio ( de divina proportione), con sette ordini orizzontali (gradi) solcati da sette corsie o “colonne” o “porte”. Questa organizzazione avrebbe permesso di incasellare tutto lo scibile umano in una griglia di 49 caselle o luoghi ognuna delle quali identificata in una figura desunta dal mito, dalle arti figurative, dalle imprese cavalleresche, come suggeriva la mnemnotecnica.

sefiroth 1.gifcamillo1.gifbiografia.jpgMa la struttura del teatro rifletteva anche una concezione simbolico-spaziale del cosmo (neoplatonismo) nella quale confluivano gran parte dei filoni significativi del pensiero cinquecentesco, dall’ermestismo all’astrologia, fino alla cabala.

Facevano parte di queste sezioni dell’ogniscienza anche i pianeti, sette ( Luna, Mercurio, Marte, Giove, Sole, Saturno e Venere) a cui erano abbinate sette “sefiroth”, alcune delle forme con cui Dio poteva comunicare con gli uomini.

Altri elementi importanti erano ” Il Convivio”, l’Antro, Gorgoni, Pasife, Talari e Prometeo.
In questo ipotetico teatro lo spettatore, cioè colui che voleva attingere all’umana sapienza doveva stare nel palco, mentre il contenuto della sapienza assoluta sarebbe stata in platea.

Sefiroth.gifcamillo.jpgUomo strordinario, dibattuto, osannato e deriso, ma con idee all’avanguardia e grande precursore di evoluzione e nello stesso tempo della cultura della memoria, morì, dopo aver  stragoduto della vita e dei suoi piaceri, anche se sempre più deluso di non essere stato finanziato in questo suo “fantastico” progetto , nel 1544.

Anch’egli figlio della libertà di pensiero di Venezia, degli scambi assolutamente unici di idee che qui si potevano svolgere, non è molto ricordato, ma comunque ha dato e continua a dar lustro a questa città – Repubblica che della Cultura ha fatto e continua a fare un suo vanto.

Apr 8, 2010 - Architettura, Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia e le Procuratie: quinte perfette per la Basilica di San Marco e Palazzo Ducale

Venezia e le Procuratie: quinte perfette per la Basilica di San Marco e Palazzo Ducale

mosaici della Basilica.jpgMosaic9 Basilica.jpgBasilica.jpgbasilica_di_san_marco_a_venezia.jpgChi entra dalla Bocca di Piazza a Venezia, oltre a sentirsi mancare il fiato dallo spettacolo della Basilica, specialmente in un giorno di sole, quando la luce si rifrange sui fantastici mosaici d’oro che danno il benvenuto dei 4.000 mq. di mosaici, d’oro e di raffigurazioni meravigliose dell’antico e Nuovo Testamento, che, come ebbi 120px-Procuratie_Vecchie.jpg120px-Procuratie_Nuove.jpga definire, sono una Bibbia a cielo aperto, pronta ad essere letta, goduta e decifrata dai fortunati che  entrano  in questa basilicia unica al mondo, trova, a contorno di cotanto splendore, dei palazzi che fanno da ali, da quinte in questo palcoscenico naturale e creato dall’uomo con passione, scienza ed arte.Si tratta dei palazzi delle Procuratie: vecchie, a sinistra in chi trova di fronte a sè il bagliore orientale e dorato della Basilica, ed alla sua destra le Procuratie Nuove.

Questi edifici furono i più importanti per quanto riguardò la Magistratura che sopraintendeva alla fabbrica della Basilica, ed alla quale competeva la sorveglianza e la tutela dei lasciti patrimoniali.

La carica di ” Procuratore” era tra le più prestigiose  e la più ambita dopo quella del Doge; molti celebri dogi furono Procuratori di San Marco prima di essere eletti alla suprema Magistratura.

Procuratori di San Marco del Guardi.jpgTra essi ricordiamo Sebastiano Ziani, che diresse come Procuratore le trasformazioni della Piazza e della Piazzetta, che portò a termine come Doge; a proposito delle vicende per la costruzione della Sala del Maggior Consiglio  si è visto come fu determinante l’azione del Doge Andrea Dandolo, Michele Steno e Giovanni Mocenigo che agirono anch’essi prima come Procuratori e poi come Dogi.

Anticamente vi era un solo Procuratore che tutelava la fabbrica della Chiesa di San Marco: successivamentge aumentarono le mansioni che si estendevano alla sovraintendenza dell’edificio ducale  e di altre costruzioni di pertinenza statale.

Giovanni Mocenigo.jpgdocumento di un Procuratore di SanMarco.jpgCon l’accrescersi dei compiti e dell’importanza della Magistratura , crebbe anche il numero dei Procuratori che salì fino a nove, divisi in tre distinti uffici: i ” Procuratori de Supra” i più importanti che avevano in cura i problemi legati alla Basilica, il Palazzo Ducale ed altri edifici pubblici, i ” procuratori ” de citra” i cui compiti si estendevano a nord del Canal Grande, ed i ” procuratori de ultra” che si occupavano dei problemi a sud del Canal Grande.

Le Procuratie non erano che un gran ufficio amministrativo che si occupava delle amministrazioni dei lavori pubblici della Repubblica.

Vicino, anzi, attorniando in qualche modo il Centro vero del Potere di Venezia, ma esercitando un potere determinante nello sviluppo urbanistico-amministrativo della
Serenissima, gli uffici dell Procuratie furono elemento determinante ed inmprescindibile per la solidità di una Repubblica ricca, fiorente, potente,.

Guardi - Procuratie nuove.jpgProcuratori de Supra.jpgProcuratie viste dalla Basilica.jpgDoge Andrea Dandolo.jpgTutt’ora, anche dopo la caduta della Repubblica, un ruolo importante viene sostenuto dela procuratore , che ora è nominato ” Proto di San Marco” cioè l’ingegnere o l’architetto cui è affidata la direzione tecnica degli edifici , in conformità alle esigenze del culto e alle disposizioni dell’Autorità ecclesiastica : dalla Procuratia dipende tutto il personale amministrativo, custodia e vigilanza della Basilica.

stemma di Michele Steno.jpgL’ultimo procuratore è stato l’avv. Giorgio Orsoni, freschissimo ed attuale Sindaco di Venezia.

I calegheri a Venezia

artecalzolaio.jpgIl mestiere dei calzolai è assai antico a Venezia, e viene ricordato con un ponte, un campiello ed un ramo.

Venne fondata una scuola del 1278, per cui una corporazione con il  suo sigillo -stemma,  ed era composta da calegheri,( calzolai )e zavateri ,(ciabattini): i primi non potevano lavorare il cuoio usato per confezionare scarpe e stivali, i secondi non potevano utilizzare il cuoio nuovo per confezionare ciabatte e zoccoli; in questo modo si evitava di creare una situazione di concorrenza.

Questa regola era motivo per accese discussioni a proposito della maggiore o minore abilità necessaria per lavorare l’uno o l’altro materiale.

A fornire di pellame entrambe le categorie era il Magistrato delle Beccarie.

imagesCA9WWGOQ.jpgimagesCAX14H9Q.jpgimagesCAGY08ZQ.jpgimagesCA5AZVP7.jpgLa sede della scuola era inizialmente ubicata a S. Samuele nel Sestiere di S. Marco, ma nel 1383 si stabilì nelle vicinanze anche la ” Confraternita dei calegheri tedeschi” che fissò la sua sede in Calle delle Botteghe, lì è ancora visibile un rilievo trecento in pietra d’Istria riproducente delle calzature, e che si ripete all’angolo c he la stessa calle forma all’incrocio con la salizada S. Samuele.

Sempre nei paraggi esiste una corte detta “della pelle”, nella quale si trovavano i depositi di pellame.

imagesCAITN20E.jpgcalegheri.jpgCosì dalla metà del XV secolo l’arte si trasferì in Campo S. Tomà, dove aveva fatto costruire l’edificio che tutt’ora si chiama ” Scuola dei calegheri”; il portone d’ingresso è sormontato da una lunetta a sesto acuto con una scultura di Pietro Lombardo che raffigura S. Marco che guarisce il ciabattino Aniano, il quale, divenuto Santo a sua volta è diventato il protettore dei calzolai e le sue reliquie sono conservate nella chiesa di S. Maria della Carità.

Si trattava di un’arte molto fiorente, e alla fine del  XVIII secolo si contavano 340 botteghe per un totale di 1172 persone occupate.

imagesCACGX0M8.jpgimagesCA3CE3ZD.jpgimagesCA3T1ACE.jpgimagesCAORQBIJ.jpgimagesCA630VL5.jpgchiesa_calegheri.jpgOra purtroppo quest’arte artigianale è scomparsa, ed a Venezia si contano poche botteghe di questo tipo, una si trova a S. Tomà, vicino alla Scuola, l’altra, dove vengono esposte in vetrina scarpe straordinarie, orientali, decorate, per tutte le misure ( una enorme )si trova in Calle dei Fuseri, a S. Marco.

Maria Maddalena e le tracce dei Cavalieri Templari a Venezia

Si ha notizia che nel 1222 venne eretta una chiesa a Cannaregio, in Venezia.

Il nome del committente è controverso: c’è chi, come Flaminio Corner la descrive come una cappella voluta dalla nobile famiglia Baffo, e di li a breve diventata parrocchia.

Forti indizi fanno invece pensare che la costruzione si debba alla nobile famiglia Balbo (che sarebbe un soprannome) il cui capostipite fu un certo Ezzelino.

imagesCAP1VVOF.jpgLa famiglia degli Ezzelini (il nome tedesco Hetzin significa letteralmente Ferro, vale a dire Guerriero, come già Attila e poi Timur), è giunta in Veneto tra il X e l’XI secolo.

L’illustre nonno di Ezzelino III, Ezzelino I detto il Balbo a causa di un difetto di pronuncia, nel 1148 partecipò alla seconda crociata con Corrado II re della Germania, combattendo contro i Turchi sotto le mura di Damasco ed i Fatimidi nel vano assedio di Ascalona.

Nel 1175, con Anselmo da Dovara fu al comando della Lega Lombarda che bloccò l’imperatore Federico il Barbarossa davanti ad Alessandria.

imagesCAYX0CGX.jpgInfine nel 1176 fu gonfaloniere della Lega Lombarda ed alla testa del contingente trevigiano partecipò alla battaglia di Legnano.

Il figlio, Ezzelino II dopo aver combattuto accanto a Ottone IV combattè contro gli Estensi e poi contro Venezia nel 1214.

Privo di avversari diretti di altre famiglie accrebbe il prestigio personale e familiare, finchè nel 1222 decise di ritirarsi in convento.

Ricevette così il soprannome del “Monaco” e lasciò la mano libera ai figli Ezzelino III ed Alberico.

Ezzelino il Monaco.jpgCon la presa del potere nel 1222 ed il padre in convento Ezzelino III, alfiere dei templari, anche per tradizione familiare,  dimostrò di possedere anche una grande ambizione. E sembra sia stato proprio lui a volere la chiesa dedicata alla Maria Maddalena.

biblica.jpgMaria Maddalena, questa donna unica di cui si è potuto dire che dopo la Vergine Maria fu la seconda donna del Vangelo.

Nel corso dei primi secoli i cristiani indugiarono soprattutto sul suo ruolo di messaggera della Resurrezione: Maria di Magdala è proclamata “Apostola apostolorum” e “Legata Legatorum” inviata degli inviati.

Verso la fine del VI secolo, quando le invasioni barbariche volgono alla fine, Papa Gregorio Magno identificò Maria Maddalena come la peccatrice anonima di cui ci parla S. Luca nel vangelo, e con Maria di Betania fece di lei il modello della conversione, della purificazione di cui la chiesa, nel confronto contro i barbari sentiva il bisogno.

Riferendosi alla ricerca del corpo di Gesù, la mattina di Pasqua, Gregorio disse di lei: A monumento domini, etiam discipulis imagesCA5MNNVI.jpgimagesCA05ZWLN.jpgimagesCA54CKRR.jpgimagesCAZFOSI9.jpgrecedentibus, non recedebat (da Sepolcro di Gesù, quando i discepoli se ne andarono lei non andò)-

Per cui la Maddalena rappresenta l’anima in cerca di Dio.

Nel 1297 il Capitolo Generale di Venezia proclamò S. Maria Maddalena patrona dell’ordine dei Predicatori.

images.jpgLa chiesa venne concepita a pianta circolare (l’unica, a Venezia) con copertura a cupola emisferica di chiara ispirazione all’architettura dell’antica Roma (Pantheon).

Di grande valore architettonico il portale, formato da un alto timpano iregolare sorretto da due lesene binate a capitello ionico.

Sopra alla porta di ingresso vi è una lunetta con bassorilievo di simboli massonici – templari, e la scritta: “Sapientia aedificavit sibi domum”.Approfondendo questo argomento risulta quanto sia stato  importante e determinante per quanto riguarda ll patrocinio dei templari in questa costruzione, in quanto la sapienza, o  Sophia è stata spesso associata alla Maddalena e ai versetti del libro dei Profeti: La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne.

Venezia-Cannaregio-Venezia-Centro-Storico-1113038430.jpgEsternamente all’abside è incastonato tra la copertura marmorea un bassorilievo raffigurante una Madonna col Bambino di origine quattrocentesca.

All’interno la chiesa presenta pianta esagonale con quattro cappelle laterali che conservano importanti tele settecentesche opera della Scuola di Giovanni Battista Piazzetta, ed un presbiterio campo 3.jpgfrontale.jpgimages.jpgquadrato occupante due lati.

La trabeazione della cupola è sorretta da dodici colonne bianche.

imagesCAM9MRCI.jpgtemplasri.jpgimagesCAXH0ITR.jpgIN seguito alla costruzione della chiesa, nel XIV secolo,  il Senato veneziano decise che il giorno dedicato a S. Maria Maddalena diventasse festivo. Successivamente la chiesa venne ampliata e ristrutturata da Tommaso Temanza, e venne anche aggiunto un campanile che nel 1888 venne abbattuto perchè pericolante.

Triplice%20Cinta.jpgcavalieri templari.jpgimagesCADQSOUY.jpgrio con chiesa.jpgAttualmente la Chiesa dipende dalla Parrocchia di S. Marcuola.

Quarta Crociata.jpgQuesta chiesa, insieme a diverse altre tracce lasciate dai cavalieri templari che qui transitarono, soggiornando per alcuni anni a Venezia, in concomitanza con la quarta crociata, e lasciando (nella leggenda veneziana) un tesoro nell’isola di S. Giorgio in Alga, oltre che a simboli legati alla comunità Templare, come le immagini delle Triplici cinte, incise in una panca di marmo davanti alla Scuola Grande di San Rocco, in un’altra nella Basilica di San Marco, ed una terza al piano superiore del Fondaco dei Tedeschi (ora poste Centrali di Venezia), ed altri simboli ancora legati alle prodezze di questi monaci-guerrieri che sono disseminati a Venezia, in una scia di mistero e di ricordi lasciati alle generazioni successive, fanno parte dei misteri, delle seduzioni, della Storia di una città Isola-San-Giorgio-in-Alga-2.jpgin perfetto equilibrio tra oriente ed occidente, ma proiettata anche in un futuro, che per noi è ora passato, che ha rivoluzionato la scienza e la navigazione del medio evo in Europa.

 

Scuola di San Giorgio degli Schiavoni: tra draghi, templari, ed arte!!

250px-ScuolaDegliSchiavoni_Front.jpgLa Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, fondata nel 1451 per raccogliere sotto la protezione di S. Giorgio, S. Gerolamo e San Trifone  i dalmati (schiavoni) di Venezia è tutt’ora intatta con tutto il patrimonio artistico e i documenti della sua secolare attività.

Essa ci mostra, attraverso le opere artistiche conservate, un angolo autentico della Venezia del Rinascimento, che non appartiene alla solennità civile del Palazzo Pubblico, nè a quella religiosa delle chiese; una Venezia meno nota, distaccata dalla luminosa scenografia a cui necessariamente sono legati i suoi esterni più celebri.

Importante è la sala che contiene i nove quadri di Carpaccio ( di circa 10 metri per dieci) e nel suo rapporto di spazio è al limite tra l’oratorio rinascimentale e il “gabinetto per pitture” come quello inaugurato alla fine del quattrocento da Isabella Gonzaga a Mantova, e suggerisce un senso di scoperta di un luogo intatto della Venezia d’un tempo favoloso, per la misura altissima di queste opere d’arte, che si inseriscono poi in modo così aderente ed immediato nella vita quotidiana della città.

borchia.jpgEntrando nella scuola il nostro sguardo non può fare a meno di includere nello spazio reale anche quello “illusorio” della ” Visione di S. Agostino ” di Carpaccio, che conserva la forma misteriosa dell’arte al limite della magia, frammenti intatti nel loro tempo, nel quale entriamo con sconcertante intimità.

La scuola si trova presso il Priorato di Malta, che fu un tempo uno dei più importanti conventi veneziani, ed il suo piccolo edificio si riflette sulle acque del Rio della Pietà, vicino a Campo S. Giovanni in Bragora e la chiesa di S. Antonin, a Castello.

La facciata, rifatta nel 1551 con abbellimenti di marmi e sculture è fatta di Pietra d’Istria: la scultura di Pietro da Salò (del 1551) con San Giorgio che assale il drago si innesta così naturalmente  nella parte centrale, sotto l’antico bassorilievo della metà del quattrocento, rappresentante la Madonna e il Bambino con al centro S. Giovanni Battista che presenta un confratello.

158px-Vittore_Carpaccio_014.jpgScuola di San Giorgio degli Schiavoni.jpgLa “Mariegola” è decorata da bellissime borchie gotiche in argento rappresentanti S. Giorgio e San Gerolamo.

La Mariegola ci tiene in primo luogo a ricordare i principi di devozione dei confratelli verso i Santi protettori, e pone subito in evidenza il privilegio concesso dal Consiglio dei Dieci di riunirsi in “fraternita, ovverso scuola, secondo la condizion delle Scuole pizzole” sotto il titolo di San Giorgio e S. Trifone nella Chiesa di San Giovanni del Tempio (di origini templari)dell’Ordine Gerosolomitano.

Per cui si tratta di una scuola creata in base ai principi dei Cavalieri templari,di cui è esempio img179.jpg161px-Vittore_Carpaccio_007.jpgriprodotto in diversi quadri di diversi autori, come la riproduzione di Sebastiano Michieli, priore dell’ordine dei Cavalieri Gerosolomitani ( una delle branche dell’ordine dei Cavalieri Templari) presso cui è nata la Scuola.
Il Michel, con la croce di Malta sul petto è ben riconoscibile nel quadro di Giovanni Bellini, conservato presso la Chiesa del Priorato di Malta, ed in uno dei Teleri di Carpaccio.

Egli è molto probabilmente riconoscibile anche nel “MIracolo della Croce” di Carpaccio
mentre si trova in gondola presso il Ponte di Rialto e nella ” Processione” di Gentile Bellini in Piazza San Marco nel 1496, dello stesso ciclo dei ” Miracoli della Croce”.

Sebastiano Michiel era ben noto ed esattamente descritto nei “Diari” di Marin Sanudo.

San Trifone ed il demonio.jpgmiracolo della croce du Carpaccio.jpgcarpaccio_042_il_trionfo_di_san_giorgio_1507.jpgcarpaccio_017_san_giorgio_e_drago_1504.jpgUna scuola, una congregazione, un proseguimento della fede templare in questa città, Venezia, che si trovava e si trova al centro esatto tra oriente ed occidente: un passaggio obbligato per quelli che furono cavalieri templari e i loro confratelli con cui condivisero i misteri, le ricchezze e le reliquie che in questa città vengono venerate in grande quantità…tra musulmani e cristiani…storie simili e diverse..e ve_carpaccio_visioneagostino.jpgl’oriente e l’occidente in questo caso si sono fusi per dare vita ad una città diversa..completamente da qualsiasi altra.

Mar 20, 2010 - Mestieri, Società veneziana    6 Comments

Gli Arsenalotti: artefici della sicurezza e della potenza navale di Venezia, unica al mondo!

flotta veneziana.jpgL’organizzazione interna dell’Arsenale aveva una rigida fisionomia gerarchica.La direzione veniva divisa nei due rami amministrativo e tecnico. Presiedeva e controllava tutto l’apparato produttivo una speciale Magistratura permanente detta “eccellentissima banca” una sorta di consiglio di amministrazione composto da ” tre provveditori dell’Arsenale” membri del Senato a cui dovevano periodicamente riferire, e da tre ” Patroni” scelti tra i membri del Maggior Consiglio.

La parte amministrativa era retta da uno ” Scrivano Grande” o ” Nodaro, da un Avvocato fiscale, e da un ” Nodaro Criminale”;

galea 4.jpgAlle loro dipendenze essi avevano ” Il Masser della Cassa”, vari ragionieri e contabili.

Il Masser doveva essere un personaggio piuttosto importante e con incarichi di estrema fiducia se doveva riferire, sotto giuramento nei primi giorni del mese , al Consiglio dei Dieci se i”Patroni” avessero compiuto il loro dovere.

Uno dei Patroni. divenendo una specie di ufficiale di picchetto, doveva a turno di 15 giorni dormire in Arsenale, galea veneziana 2.jpgcustodirne le chiavi d’ingresso, dei magazzini, delle officine e doveva eseguire una ronda notturna per ispezionarne le guardie: egli non poteva assentarsi nemmeno durante una seduta del Maggior Consiglio.

Dal lato tecnico ed industriale dirigeva l’arsenale il ” Magnifico Ammiraglio”; nominato per concorso egli proveniva dalle maestranze tecniche  più qualificate, cioè i “protomaestri dell’arte”.

Tutta una geriarchia prevedeva quindi: Protomaestri, Capitani, Proti, marangoni (carpentieri), calafati, remeri, alboranti, fabbri, taglieri, mureri, segatori, dei salnitri”.

galera e arsenalotti.jpggalea veneziana 3.jpgGrande attenzione veniva posta ai giovani, che all’interno potevano usufruire di una scuola: essi erano figli di arsenalotti, o giovani che venivano dagli istituti di carità.

Comunque tutte le istituzioni dei lavoranti in arsenale (arsenalotti) godevano di una grande prestigio nella Repubblica e costituivano una specie di casta privilegiata rispetto ad altri prestatori d’opera.

All’interno dell’Arsenale vennero anche costituite la Casa del Canevo ( corderia), la costruzione di cannoni e polvere di sparo: non a caso,  per ulterore sicurezza, vennero costruite due porte: Porta di Artiglieria, costruita alla fine del 500 , che costuiva un aspetto solenne all’ingresso del “Parco dell bombarde” dove si conservavano i trofei guerreschi artisticamente disposti per essere esibiti ad illustri visitatori, e nell’ottocento, la Torre di Porta Nuova.

galera veneziana.jpgCome sempre, all’utilità si univa anche la capacità di unire l’arte, vera, formalmente fantastica ..perchè questo è stata ed è sempre venezia: intelligenza, capacità, praticità ed arte…città bella, difficile ma che ha saputo e continua a sapere unire la praticità, l’esigenza della vita moderna alla bellezza artistica e formale..unica al mondo!!!

Agli Arsenalotti venivano affidati incarichi di particolare fiducia: oltre alla Guardia dell’Arsenale, la Guardia a Palazzo Ducale, al Maggior Consiglio(il corpo di guardia era nella loggetta del Campanile) essi erano posti alla guardia della Zecca e del Tesoro, a San Marco.

Durante la festa annuale dello “Sposalizio del Mare” a ricordo del fallito ratto da parte dei pirati delle Marie, essi vogavano nel Bucintoro, ed il galera veneziana 1.jpgMagnifico Ammiraglio ed i Proti sedevano accanto al Doge, come ospiti d’onore.

nav in arsenale.jpgnavi tonde.jpgGli Arsenalotti lavoravano dall’alba al tramonto, con un’interruzione per il pranzo; le retribuzioni non erano altissime, ma essi potevano godere di numerose agevolazioni, come gratifiche straordinarie, benefici sussidiari, alloggi gratuiti per gli impiegati ed i capi maestranze, elargizioni di vino; potevano anche asportare i ritagli della lavorazione delle navi per uso proprio.

Essi comunque erano specializzati nella costruzione non solo delle navi, come le galere. ma si occupavano anche del cordame e della polvere da sparo.

Corderie_3.jpgCasa del Canevo.jpgcannoni e polvere da sparo.jpgarsenalotti 1.jpgarsenalotti.jpgTutte persone preparate, addestrate, con un eccellente livello di intelligenza e preparazione, facenti parte di un corpo unico, arsenalotti e loro famiglie, che collaboravano con entusiasmo, capacità ed esperienza, trasmettendo le Porta Artiglieria.jpgloro conoscenze ai giovani che di volta in volta si presentavano, per perseguire con tutte le proprie capacità e potenzialità allo scopo di rendere la Serenissima la più grande potenza europea, e così fu per secoli.

Mar 17, 2010 - Luoghi    1 Comment

L’Arsenale: la fucina della potenza navale di Venezia

arsenale-di-venezia.jpgSe passeggiamo tranquillamente nella splendida Piazza San Marco, e ci dirigiamo verso Sant’Elena ecco che alla nostra sinistra appare, in distanza, un magnifico portale: basta avvicinarsi ed ecco che appare in tutto il suo splendore: costruito nel 1460 dal Gambello, utilizzando antiche colonne di marmo greco e bellissimi capitelli veneto-bizantini: si tratta dell’ingresso via terra dell’Arsenale, la fucina vera della potenza navale di Venezia in tutta Europa.

Dopo la vittoria di Lepanto il capitello venne sopraelevato e decorato con il Leone alato e la scritta celebrativa, ed in seguito ancora la Statua di Santa Giustina.

Doge Francesco Morosini.jpgNel 1687, per celebrare le vittorie di Francesco Morosini nel Peloponneso l’ingresso fu ulteriormente arricchito, in sostituzione del ponte, dalla terrazza antistante, decorata dalla cancellata e dalle otto statue allegoriche.

350px-I_Leoni_dell%27Arsenale.jpgLateralmente alla terrazza vennero posti due leoni in pietra, riportati dalla Grecia, che portano delle scritte runiche: notevoli opere d’arte sono la statua della Vergine del Sansovino (1520) all’interno dell’ingresso, ed il portabandiera in bronzo, di Gianfranco Aberghetti (1693), posto davanti sul piazzale d’ingresso.

L’Arsenale sorse nel 1104 nella parte orientale della città, su due isole gemelle o “Zimole”: furono installati 24 cantieri, o scali scoperti, in un recinto protetto da mura, con un bacino centrale collegato al bacino di San Marco attraverso il Rio della arsenale5.jpgMadonna, detto da allora in poi dell’Arsenale”.

Tale nome sembra derivi dalla parola araba “darsina’a” (casa dell’industria), e l’impianto costituì il primo nucleo del cantiere di stato, affinchè si potessero costruire, sotto il controllo del Governo, le navi per la flotta militare.

Tanti altri cantieri esistevano già a Venezia, detti “squadri” (da squadrare il legno) o squeri, ma erano tutti privati, dedicati insomma alle navi mercantili, se ne trovavano a S. Alvise, a Cannaregio, a S. Ternita, ma il più importante era in località “Terranova”, sul Bacino di San Marco.

Col tempo però l’Arsenale (chiamata allora Arsenal vecio) stava diventando piccolo ed obsoleto, per cui nel 1303 si ebbe il primo ingrandimento, a cui seguì quello del 1325.

Dante.jpgNel 1306 venne in visita a Venezia Dante Alighieri, quale ambasciatore dei Da Polenta di Ravanna; osservatore acuto egli ne trasse la celebre descrizione dell’Arsenale  (inferno, canto XXI):…
            

             Quale ne l’Arzenà dè Viniziani
             bolle l’inverno la tenace pece
             a rimpalmar i legni lor non sani;

                             chi nevicar non posson – in quella vece
                                       chi fa suo legno novo e chi ristoppa
                                       le coste a quel che più viaggi fece;

                                       chi ribatte da prora e chi da poppa
                                       altri fa remi e altri volge sarte;
                                       chi terzaruolo e artimon rintoppa ……..

 è significativo come il sommo poeta, acuto osservatore di fatti politici oltre che di uomini, abbia voluto immortalare questi ricordi, esprimendo così il potenziale militare ed economico della Repubblica, ed il carattere pieno di avventura e di attivismo del popolo veneziano di allora.

arsenale alta.jpgLa posizione dell’Arsenale rispetto alla città fu scelta in modo da trovarsi nella parte orientale, verso il mare, vicino allo specchio d’acqua ampio ma sicuro tra l’isola di S. Servolo e l’isola di S. Elena, dove poteva concentrarsi e stazionare un gran numero di navi della flotta militare, senza disturbare in alcun modo la normale attività del porto commerciale che si svolgeva più a ovest, addentrandosi perfino nel Canal Grande.

Oltre alla porta di terra c’è anche la porta di mare: è fiancheggiata da due torri. Esse vennero costruite in periodi diversi, ma vennero modificate e poi ricostruite nel 1574; quindi, nel 1686 furono nuovamente rifatte per lasciare più spazio all’ingresso delle navi a vela.

Arsenale di De Barbari -Torri.jpgarsenale torri d'entrata.jpgOra le due grosse torri sono isolate, ma allora la loro funzione era di sostegno e perno per i due cancelloni mobili con affiancato un ponte levatoio ad essi incorporato, detto appunto ” ponte del restrello”: si trattava di una macchina piuttosto complessa e vistosa, come si può osservare dall’antica incisione del De Barbari.

Nel frattempo l’Arsenale veniva ampliata, nel 1457 con l’aggiunta dell’Arsenale nuovo, con le tettoie delle Galeazze, e nel 1573 con l’Arsenale Nuovissimo, per la quale il Sansovino ideò le due grandi tettoie acquatiche dette “delle Gaggiandre”, che alla funzionalità aggiunsero anche un’accuratezza ed un’esecuzione  particolarmente 1Arsenale - Le Gaggiandre del Sansovino.jpgnave.jpgnave in costruzione.jpgraffinata per la ricercatezza formale.

Nel 1547 fu costruito da Nicolò Sanmicheli, l’architetto militare della Repubblica, il fabbricato destinato a custodire il Bucintoro, la ricchissima nave da parata del Doge.

Qui venne quindi costruita la potenza navale di Venezia, la sua supremazia sui mari, la sua potente flotta, ma per fare tutto ciò c’era bisogno di gente competente, di materiali, di capacità ed intelligenza: di questo parlerò Entrata dell'Arsenale del Canaletto.jpgla prossima volta.

 

Mar 14, 2010 - Arte, Chiese, Leggende    4 Comments

Venezia: S. Zaccaria, la Chiesa degli omicidi

S. Magno incisione.jpgS. Magno.jpgNell’829 S. Magno fondò la chiesa di San Zaccaria a Venezia. L’edificio venne costruito nell’isola chiamata Ombriola, al dilà del Canal Botaro, quale ideale prosecuzione della Basilica di San Marco.

chiostro del convento.jpgS. Zaccaria.jpgmoneta di Leone l'Armeno.jpgLeone V l'Armeno.jpgLa nascita del tempio avvenne grazie al dono fatto dal Basileus Leone V l’Armeno che inviò il corpo del Santo, padre del Battista, insieme a consistenti emolumenti per costruire monache di San Zaccaria.jpgChiesa di San Zaccaria del Codussi.jpgaccanto anche un monastero benedettino di clausura femminile, nel quale venivano rinchiuse le figlie femmine della nobiltà veneziana allo scopo di chiesa di San Zaccaria con annesso convento.jpgmonastero benedettino.jpgMonastero di San zaccaria.jpgpreservare intatte le proprietà familiari: Queste monache ebbero fama di condurre una vita libera e licenziose.

Tra la Basilica di San Marco ed il Monastero vi era un orto ( brolo, in veneziano) di proprietà delle monache che ne cedettero una parte per allargare la piazzetta davanti alla Basilica, e da qui sembra nasca la parola italiana imbroglio, in quanto la piazzetta veniva chiamata appunto brolo, e qui si ritrovavano i nobili decaduti, detti Barnabotti, che vendevano i loro voti al Maggior Consiglio, generando quindi imbrogli, accordi, slealtà.

La chiesa venne edificata all’epoca del dogado di Angelo e Giustiniano campanile di s. Zaccaria.jpgAngelo Partecipazio.jpgGiustiniano Partecipazio.jpgPietro Tradonico.jpgPartecipazio, e venne consacrata nell’864: in quella occasione fu assassinato il doge Pietro Tradonico.Venne pugnalato. Egli era il 13° Doge, nativo dellIstria. Non sapeva leggere per cui firmava gli atti che venivano emessi “com signum manu”.In quell’occasione vennero anche tonsurati i dogi deposti nei tempi più antichi, per farne dei frati.

Il 28 Maggio 1172 vi trovò la morte, pugnalato  da Marco Casale, anche il doge Vitale II Michiel, vicino ai Cavalieri Templari, assassinato in seguito alla disastrosa spedizione in Oriente nella guerra contro Bisanzio che aveva portato la peste a Venezia. L’ultimo Doge eletto  con l’Assemblea Generale ( o popolare): la situazione estera era critica: stemma di Vitaler II Michiel.jpgFederico il Barbarossa era sceso per sottomettere i liberi comuni, di cui Venezia faceva parte come possedimento esenzialmente bizantino. Nel 1163 il Patriarca di Grado, Ulrico, fu arrestato ed imprigionato, ma per l’intercessione del Papa Alessandro III, ed a seguito del trattato di Pontida, Ulrico venne rimesso in libertà, e potè finalmente astenersi dal dover versare il tributo (di cui abbiamo già parlato) di fornire 12 grossi maiali, 12 grossi pani ed un toro, per il sostegno dei carcerati e del popolo meno abbiente di Venezia, che veniva “versato” l’ultimo giovedì di Carnevale.

tomba di Michiel.jpgDa qui l’espressione ” giovedì grasso” e del detto popolare ” tagliar la testa al toro”, per definire una questione definitivamente conclusa.

Il Corpo di San Zaccaria riposa nella misteriosa ed affascinante cripta, che ha resistito ad un cripta 2 di S. Zaccaria.jpgcripta di San Zaccaria.jpgfurioso incendio che scala del convento.jpgcripta di San Zaccaria-altra immagine.jpguccise più di cento monache. Nel 1515 la Chiesa assunse l’aspetto che ha ora, la facciata completamente rifatta dal Codussi, mentre il Campanile, risalente all’XI secolo è rimasto il medesimo.

Dal 1200 e fino a che la Repubblica di Venezia è esistita i Dogi ogni anno, prima il 19 settembre, poi il giorno di Pasqua, andavano con tutta la Signoria in processione al ricchissimo convento delle monache, dove venivano ricevuti ed accompagnati all’altare maggiore per assistere alla messa officiata dal Patriarca.

santi e angeli musicanti.jpgcripta1.jpgchiesa di San Zaccaria, interno.jpgchiesa di San Zaccaria.jpgL’avvenimento era importante perchè in questo modo il dogado dimostrava riconoscenza per il dono ricevuto ( parte del brolo), ma nel contempo l’importante occasione diventava un’opportunità di confronto per le diverse fazioni dei Consiglieri.

Dopo la messa la madre badessa donava al Doge una cuffia bianca, confezionata appunto dalle monache, da mettere sotto il corno dogale.

visita del Doge a San Zaccaria.jpgSan Zaccaria fu il Pantheon del Medioevo veneziano: qui riposano otto antichi dogi, i primi della Repubblica.

 

 

Mar 2, 2010 - Alchimia, Esoterismo, Mestieri    2 Comments

Speziali, tra alchimisti e cerusici a Venezia

imagesCAW7FCM0.jpgdegli speziali.jpgdi Goldoni.jpgUna figura importante dei mestieri e delle arti di questa repubblica fu lo speziale. Era una sorta di alchimista – cerusico. Se da un lato vi fu lo speziale che commerciava in spezie ed in medicine, dall’altra egli fu interessato ed incuriosito dall’alchimia e dalla chirurgia.

Già la sua bottega non esponeva  solo medicine ed erbe, ma anche strumenti ed arnesi con cui praticava la chirurgia. Quanto all’alchimia gli speziali vi si dedicavano cercando di non dare troppo nell’occhio, perchè nella Serenissima, conosciuta come città cosmopolita ed aperta a tutte le idee, l’inquisizione romana ampolle dello speziale.jpgattrezzi dello speziale.jpgfaceva molta attenzione.

Nel suo giuramento alla Confraternita lo speziale si impegnava a non vendere veleni (soprattutto arsenico che ai tempi era molto usato, visti i frequenti delitti avvenuti per avvelenamento).

Le uniche botteghe che potevano vendere veleni furono la spezieria di S. Marco e quella di Rialto. Il rilascio della Bolla che permetteva loro di esercitare dettava alcune regole fondamentali per qualità, quantità e caratteristiche varie.

speziale 2.jpgbottega dello speziale 2.jpgChi avesse trasgredito avrebbe avuto la bottega chiusa e sarebbe stato incarcerato: a Venezia vigeva un rigore ferreo alle regole, la città era aperta a tutti, ma sulle leggi non si transigeva.

Lo speziale comunque era molto temuto, anche perchè si prestava a qualche sospetto in merito alla pratica dell’alchimia, ed inoltre eseguivano anatomie per studiare il corpo umano, e  interventi chirurgici, anche se la chiesa decretò  una fiera opposizione a questa pratica.

speziale 3.jpgLa corporazione.jpgimagesCAGSRSJL.jpgFarmacia a Cà Rezzonico.jpgdel Longhi.jpgSi prodigavano anche come dentisti, curatori ed in tutto ciò che aveva a che fare con le malattie e le ferite.

La gente comune immaginava lo speziale alle prese con corpi di animali che guarivano con l’alchimia, e tutto questo non poteva essere accettato dalle autorità.

Ad ogni trasgressione essi vedevano chiudere la propria bottega, e venivano portati alle prigioni, per spezialeria.jpgcui furono cauti, attenti a non compiere atti che l'arte dello speziale.jpglo speziale.jpgspeziali.jpgspeziale.jpgpotessero creare sospetti, ma sempre affascinati e portati allo studio del corpo umano, delle essenze, delle piante, e molti, vicini alla pratica dell’alchimia che a Venezia era seguita da diverse persone e speziale 4.jpgcorporazioni.