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Set 22, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Luoghi, Mestieri, Società veneziana    Commenti disabilitati su Insule veneziane : geniale costruzione urbanistica di una città unica al mondo!

Insule veneziane : geniale costruzione urbanistica di una città unica al mondo!

Canale tra insule.jpginsula di S. Giacomo dell'Orio.jpgLe insule veneziane, il territtorio stesso della Venezia urbana, legate in seguito da ponti: la genialità dei veneziani e la costruzione di una città – stato unica al mondo. Esse compongono appunto la città e la rendono parte comune, un’unico nucleo appunto con ponti e con rii terài; da tutto questo si possono ricostruire alcuni schemi urbanistici elementari.

Questi schemi che definiscono la forma e la distibuzione dei blocchi di ricostruzione rispetto a rii e canali sono in genere assai semplici e regolari.

incisione di insula.jpgPongte Ruga Veccha.jpgEssi, come avviene per i tipi edilizi, non sono molto vari e si ripetono con poche varianti in diverse zone della città, al centro come alla periferia: la scelta è comunque derivata dall’andamento dei canali.

Il primo schema è il più semplice e frequente ed è costituito  da isolati a forma rettangolare di solito molto allungati: i rettangoli sono disposti trasversalmente entro un’isola pressocchè rettangolare.

Una disposizione analoga era adottata anche dai Fenici nelle numerose colonie eel Mediterraneo.

Ruga Vecchia.jpgrio-sant-alvise.JPGEsempi li possiamo vedere nella parte nord di Cannaregio, attorno alla chiesa di S. Sofia, a Dorsoduro, tra i rii di S. Vio e delle Torreselle, a Castello tra il Rio della Tana ed il rio interrato ora via Garibaldi.
 
Il medesimo schema è adottato anche in una zona rettangolare compresa tra un rio e una calle importante,come a Rialto con Il Canal Grande  e Ruga Vecchia, e Castello tra Rio S. Giuseppe e calle Secco Marina.

Il secondo schema, anche questo ben diffuso a Venzia, è costituito da un’isola o da una stiscia di terra molto allungata compresa tra due rii pressocchè paralleli: l’isola è percorsa longitudinalmente da una calle principale da cui si dipartono numerose callette trasversali.

rio delle Torreselle.jpgCorte in calle degli avvocati.jpgSistemazioni di questo tipo si trovano ad esempio a Dorsoduro con la calle lunga S. Barnaba e con Calle dei Cerchieri, a Castello con la Salizzada S. Lio di Calle della Testa o attorno a Campo Ruga, a San Marco con le isole attorno a Campo S. Maurizio e S. Maria del Giglio.

Un terzo schema è quello costituito da una zona compresa tra due rii paralleli o più spersso convergenti verso un altro rio più largo: detta zona è servita via terra da una calle lunga longitudinale a fondo cieco o da una fondamenta laterale, da cui si diramano altre callette: tale esempio di urbanizzazione quasi eccessiva si può trovare in Calle degli SAvvocati, nel Sestiere di castello ai Biri, a San Giovanni in Laterano o nella zona del campo dei due pozzi, a Cannaregio, tra S. Alvise e il Rio della Sensa, e tra i Rii di Noale e di S. Felice a S. Croce.

Rio Terà S. Vio.jpgRio S. Maria del Giglio.jpgRio_della_Sensa_(1).jpgQuesti ed altri schemi urbanistici hanno creato da un insieme di isole slegate, libere di una laguna splendida ma frazionata una città stato splendida, ricca di opere d’arte, organica grazie all’uso dei ponti e da altre soluzioni che ne fanno una città unica, non solo storicamente ed artisticamente, ma anche dal punto di vista urbanistico!

 

 

 

 

 

 

 

L’artigianato e l’arte del 700 a Venezia, sguardo all’interno della vita quotidiana

lampadario.jpgLa progettazione dei mobili veneziani del settecento è rinomata sia per le leggere opere di intaglio, gli stucchi rilevati e dorati e soprattutto per lo splendido colore delle lacche nella delicata eleganza della forma.

lampadaro Murano.jpgSi qualificò quindi una produzione artistico-artigianale varia e vastissima, che comprendeva mobili veneziani.jpganche i settori più rinomati dell’epoca, come i vetri di Murano candelabri.jpg(lampadari e candelabri colorati, specchiere con vetri intagliati e incisi, paralumi con cristalli decorati, coppe, vasi, calici, piatti, vassoi e alzate di ogni tipo) tenuti in grande onore dalla stessa REpubblica  che “menava vanto della superba produzione veneziana” protetta dai vincoli e privilegi dei Savi alla mercanzia e agli Inquisitori delle Arti.

specchiera.jpgdivano del 700.jpg200px-Albinoni.jpgLa produzione artigianale del settecento a Veneza specchiera ovale.jpgprese l’aspetto di un fenomeno spontaneo come fosse cosa fatta naturalmente, che non conosceva stacchi tra tecnica e tecnica, genere e categorie diverse: una fioritura legata all’atmosfera della città, alla selezione severa ed inappuntabile del gusto, alla precisa percezione degli accordi armonici, delle dosature dei colori e dei rapporti tonali, entro il ritmo sicuro impresso alla forma, con un’esatta misura delle linee e dei contorni, come avvenne con tanta limpidezza nelle musiche di Vivaldi ed Albinoni, tanto per citare due importanti artisti dell’epoca.

broccati del 700.jpgEd al mondo dei pittori, specialmente di Pietro Longhi (grande amico di Goldoni) l’artigianato veneziano si riferiva, con l’eleganza spirituale nell’ordito di un disegno, di un broccato, di una specchiera inghirlandata, di un lampadario splendente per i cristalli colorati ed iridesceni.

Famiglia Sagredo, Museo Querini Stampalia.jpg4%20pietro%20longhi%20-%20il%20sarto.jpgE Pietro Longhi, nei suoi interni, nei suoi salotti, nei ritratti di famiglia ci fa entrare in questo particolare mondo, in questo particolare modo di assaporare quest’arte-artigianato che ha configurato un’epoca, ed ancora la caratterizza.

Ed ecco i suoi personaggi, quasi sempre in posa, da cui traspare quasi un’uggia sottile nel sottostare all’apparato della disciplina dell’onorata convivenza in società,  attorniati da un ambiente in penombra tra le stoffe rasate delle pareti, il grande sofà di fondo, la poltrona, la tenda coronata dalla “buonagrazia”, il quadro antico, lo specchio con cornice dorata, il caminetto sul quale brilla il vetro soffiato di Murano, le chicchere del caffè e della cioccolata.

Pietro Longhi 1.jpgTra Pietro Longhi ed il commediografo Carlo Goldoni si può notare una analoga ispirazione, commentata dallo stesso Goldoni nel sonetto scritto nel 1750 in occasione delle nozze tra Giovanni Il farmacista-Gallerie dell'Accademia.jpgIl Parrucchiere - Cà Rezzonico.jpgLa Toeletta Cà Rezzonico.jpgLezioni di Geografia Querini Stampalia.jpgGrimani e Caterina Contarini: ” Longhi, tu che la mia Musa sorella chiami del tuo pennel che cerca il vero, ecco per la tua man, per mio pensiero, argomento sublime, idea novella.Ritrai tu puoi vergine illustre e bella e dolce di viso  e portamento altero; pianger puoi  di Giovanni il ciglio arciero, che il dardo scocca alla gentil donzella. Io canterò di lui le glorie e il nome, di lei la fè, non ordinario vanto: e divise saran tra noi le some. Tu coi vivi colori, ed io Carlo Goldoni.jpgcol canto: io le grazie dirò, tu l’auree chiome: e del suo Amor godran gli sposi intanto|”.

Set 6, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’urbanistica di Venezia città medievale

L’urbanistica di Venezia città medievale

Barbari32.jpg250px-Palazzo_Sagredo_-_De_Barbari.jpgL’urbanistica veneziana indica che la città è una città medievale nel suo impianto e che tale è rimasta sostanzialmente anche in periodo rinascimentale e barocco: una cosa analoga si può dire per l’architettura ed edilizia veneziana.

La tipologia delle costruzioni di Venezia ha origini molto lontane nel tempo e talvolta anche nello spazio. Le costruziioni civili, specialmente le più signorili hanno come modello, sopratutto per la facciata, la villal romana che era assai diffusa ad Altino, ai margini della laguna.

Fondaco_dei_Turchi.jpgPalazzo Corner del Sansovino.jpgI lunghi loggiati  sovrapposti  al centro della facciata, con le due torre laterali (torreselle) quale si può notare ad esempio nel fondaco dei turchi, ricalcano l’esempio della casa romana. Un tipo di costruzione così aperta ed ariosa , come doveva presentarsi la casa vernezana veneto-bizantina, era frutto non soltanto del ricordo delle belle ville altinati, ma anche d altre più pratiche ragioni per essere stata adottata in così larga misura, trattandosi inltre di edifici di abitazione e di sedi di aziende commerciali e non più di ville di vacanza.

case veneziane di De Barbari.jpgInfatti l’adozione di portici verso l’acqua era dettata dalla necessità pratica di carico e scarico delle merci dalle imbarcazioni :  i lunghi loggiati e le numerose aperture erano dettate dall’esigenza di illuminazione  interna  e contemporaneamente servivano ad alleggerire l’intera costruzione.

Porticati, loggiati, scale  esterne, aperture a tutti i livelli presupponevano inoltre uno stato di di relativa sicurezza e tranquillità, cnseguenza della oarticolare situazione sociale di Venezia del medioevo.

Se la facciata della casa deriva a grandi linee dalla villa romana, i vari particolari architettonici traggono ispirazione da fonti diverse: dall’architettura bizantina la forma degli archi, dall’architettura ottomana e moresca le merlature e altre forme geometriche di decorazione.

Comunque l’essenza costruttiva e la ripartizione spaziale avranno però una fisionomia generale tipicamente venezana, che rimarrà invariata nel tempo , trsaendo essa origine dalle particolari condizioni dell’ambiente lagunare in cui si doveva costruire.

Palazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgprocuratie.jpgPalazzo Manin.jpgAltri edifici civili come i “fointeghi”traggono la loro forma , molto funzionale da quella assai simile dei conventi, sprcie benedettini. Essi differiscono da questi ultimi per una maggior complessità altimetrica e spaziale.

Dalle esperienze costruttive piccole come i fonteghi sono derivate probabilmente le splendide sedi della Magistratura , come le Procuratie, e lo stesso Palazzo Ducale nella sua prima ediziione veneto-bizantina, precedente a quella attuale gotica.

IVENEZIA-PALAZZO-DUCALE.jpgl fascino misterioso di questa splendida città si è sempre espresso e contiunua ad esprimersi attraverso ogni sua espressione, urbanistica, artitettonica ed artisitca: un compendio di tutta l’arte la cultura che fanno dell’Italia il paese culturalmente più ricco del mondo!

 

 

Ago 11, 2012 - Architettura, Arte e mistero, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Andrea Palladio a Venezia: la scala avvitata nello spazio!

Andrea Palladio a Venezia: la scala avvitata nello spazio!

Andrea_Palladio.pngAndrea Palladio (1508-1580) grande architetto vicentino trovò in Venezia l’espressione della “bellezza ideale”che aveva perseguito nelle vestigia del mondo antico di Roma.

Il+Campo+e+la+Chiesa+di+San+Francesco+della+Vigna-1600x1200-3360.jpgchiostro-di-sfrancesco-della-vigna.jpgEgli, altamente ispirato, costruì la facciata della Chiesa di S. Francesco della Vigna, la Chiesa di san Giorgio Maggiore, il solenne refettorio ed il chiostro (iniziato dopo la morte dell’artista nel 1580) dello stesso convento, ed infine la Chiesa del Redentore alla Giudecca.

L’architettura del Palladio è legata come quella di nessun altro artista del suo tempo all’ambiente, in una armonica fusione tra l’opera e l’uomo e tra l’uomo e la natura. La Venezia della pianta di S. Francesco della Vigna.jpgS. Francesco della vigna.jpgseconda metà del cinquecento, già chiusa nella fitta trama umanistica di città di mare costruita nel medio evo poteva offrire ben pochi spazi aperti per la sua visione creativa.

Le opere più famose del Palladio a Venezia, cioè la chiesa di San Giorgio Maggiore e quella del Redentore si ergono aperte, ben distaccate dal contesto della città, nel bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca, e sono divenute perte integrante dell’ambiente naturale ed urbanistico nella visione pittorico-spaziale ricercata dall’artista.

interno San giorgio Maggiore.jpgSan Giorgio Maggiore.jpg800px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Francesco_della_Vigna_-_Interno.jpgLa facciata di San Giorgio è ideata per esprimere in lontananza l’immagine di una villa con il suo prato, li dove il prato, invece che esprimersi in un dolce declivio verde, diventa il verde-azzurro della laguna, che  sembra togliere ogni peso, e rende l’opera quasi lievitata in una creazione di fantasia..sospesa tra cielo e laguna.

San Giorgio.jpgchiesa del Redentore, interno.jpg738_chiesa%20redentore%20venezia.jpgL’ideale di perfezione di Palladio a Venezia fu quello di cercare di rendere l’arte in una luce veneziana e la sua classicità si tradusse nella misura dei volumi che si innestavano con lucidezza cartesiana, perfetti come cristalli, nello sviluppo della pianta, nel ritmo preciso delle modanature, nel protenderesi della cupola verso il cielo, quasi a rendere tutto l’organismo della chiesa in uno spazio sospeso nella luce, luce acquea!

Il suo capolavoro comunque fu la chiesa del Redentore: c’era l’impegno dell’uomo che sapeva misurarsi con l’eternità in una Venezia che gli aveva concesso di costruire ben poco, quasi gelosa della forza e del rigore su cui impostava tutta la sua arte il Palladio.

Scala del Convento della Carità del Palladio a Venezia.jpgscala_accademia.jpgGallerie dell'Accademia.jpgMa un altro capolavoro in un capolavoro ( il Convento della Carità, ora Accademia di Belle arti ) è la straordinaria scala ovale con gradini pensili incastonati nella parete, che si snoda dal pianterreno fino all’ultimo piano.

Il Palladio stesso la ricorda nel suo Primo e Secondo libro dell’architettura pubblicato nel 1570. E’ uno stupendo esempio di avvitamento nella forma e nello spazio, cadenzato da un ritmo unico, scandito su ogni singolo gradino, uno dei primi esempi di un modello di un’innovativa arte architettonica.

Gioielli da osservare, magari assaporando un tramonto, o alla luce delle prime stelle, e da osservare, sbigottiti da tanta bellezza dal piano terra di un museo che, spudoratamente, mostra la sua bellezza intrinseca oltre che ad offrire straordinarie ed uniche opere d’arte!

La Marinarezza a Castello e le splendide case popolari della Venezia del V° secolo: città sempre all’avanguardia!

Andrea Dandolo.jpgLa Serenissima ebbe sempre presente l’equilibrio, la ricchezza ed il benessere dei fautori della sua potenza: artigiani, operai, marinai: l’inizio di questa tematica e di questo progresso venne dato dal primo doge umanista, Andrea Dandolo, laureato a Padova alla metà del 1300.

Il compiacimento di Venezia per se stessa si basò sulla consapevolezza di aver realizzato un ordine politico nuovo, che si era maturato ed affinato passo, passo, e che si realizzò in un costume politico definito giustamente ” arte di Stato”.

300px-Marinarezza.jpgMarinarezza a Castello.jpgEcco che, straordinariamente nuovo, divenne lo sviluppo urbanistico dal 1400 in poi. Città unica, appunto, che dedicò una tipologia di edilizia popolare, attravero il giudizio della nuova classe dirigente che pensò ed attuò un progetto per la costruzione di case adibite ad abitazione per marinai particolarmente meritevoli già dal 1347, e che vide il suo sviluppo architettonicamente valido e splendido nella Marinarezza a Castello, sulla Riva dei Sette Martiri.

300px-Settemartiri.jpg

caseschiera.jpgdebarbari.jpgAnche alcune Scuole, sull’esempio dello Stato , fecero costruire in serie per i loro associati, a partire dal 1400, con un fervore edilizio che dette, in una unità compatta di tessuto organico e vivente, senza distinzioni di edilizia maggiore o minore, come appare nelle straordinarie veduta di Jacopo de Barbari, deliziose case a schiera.

Meravigliosa Venezia, la sua urbanistica unica, la consapevolezza che le case, anche le più umili, erano parte comunque di un paesaggio artistico ed unico, una omogeneità di stili che resero e rendono i palazzi più raffinati compatibili e case per il popolo, che conservavano e conservano la bellezza di una concezione urbanistica ed artistica che rendono questa città così unica ed affascinante.

 

 

 

Giu 5, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Misteri    Commenti disabilitati su Gli inquietanti mascheroni di Venezia: tra il gotico e il barocco

Gli inquietanti mascheroni di Venezia: tra il gotico e il barocco

Cà Pesaro.jpgCà Pesaro.jpgA volte, visitando Venezia, ci si può soffermare, ammirati e rapiti dai mascheroni che popolano i palazzi ed anche chiese di questa città.

Se nel medioevo cristiano il diavolo aveva un’operosità costante, ossessiva, fino a diventare un invisibile e torbido protagonista della vita umana, e le sue raffigurazioni servivano ad avvertire i fedeli che si muovevano nelle città, o frequentavano le chiese che il male era sempre e dovunque presente: raffigurato come uomo bestia, o sghignazzante, o con piccoli particolari inquietanti di facce umane normali contaminate da orecchie animali, barbe caprine, o bocche spalancate con fauci minacciasamente spalancate per divorare, nella Venezia barocca ecco che si ripercuote l’immagine gotica del demone, del demonio, della paura di cadere vittime della malia e dell’insidiosità della parte malefica insita dell’uomo.

Ecco che allora si possono trovare, a partire dalla seconda metà del cinquecento uno straordinario numero di mascheroni nelle chiavi di volta degli archi, diffusi in tutta la città.

Cà Pesaro 1.jpgLa linea ad arco è animata dalla presenza di queste “maschere” dall’aspetto maestoso, sardonico e satanico.

Cà Pesaro 3.jpgCà Pesaro 2.jpgUna vera fucina è Cà Pesaro con i suoi mascheroni a volte Cà Pesaro 4.jpgquasi ingenui, a volte irridenti, o Accesso al Campanile di S. Bartolomio.jpgimpressionanti, che sono stati posti sulla facciata, all’ingresso, tutte opera del Barthel  fino ad arrivare alla linea dell’acqua, per poi andare a carpire immagini inquietanti e demoniache all’ingresso al Campanile della Chiesa di San Bartolomio,  e Palazzo Corner Palazzo Corner della Regina.jpgdella Regina .

Mascheroni di Cà Pesdaro a livello dell'acqua.jpgDemoniaco e conosciutissimo è il mascherone a guardia dell’ingresso del Campanile di Mascherone sul Campanile di S. Maria Formosa.jpgS,Maria Formosa , e l’ingresso di un Palazzo, sempre a Santa Maria Formosa.
POrtale in un Palazzo di Santa Maria Formosa.jpgEcco, visitare Venezia, camminare fra le sue calli o sostare per riposare un pò davanti a facciate di palazzi o chiese, si scopre uno straordinario mondo di significati, di immagini, di ricchezze artistiche che fanno capire quanto tempo e quanta curiosità ci voglia per scoprire i capolavori misteriosi di questa strordinaria città.

Arte ed esoterismo a Venezia: il magico Vittore Carpaccio

quadro di Carpaccio.jpgDi Carpaccio si notano i primi quadri verso il 1490, e i veneziani lo seguono, appassionati, fino al 1525, data della sua morte: sono 35 anni di espressione trasognata, incanto contemplativo, umanesimo del pensiero, ansia di conoscenza ed illuminazione della fantasia del Quattrocento (benchè sia vissuto così a lungo nel nuovo secolo) al potere di astrazione rispetto alle  crisi e di rinnovamento, che ebbe invece il primo cinquecento, ai tempi del Tiziano ( e successivamente del Giorgione).

L’opera di questo pittore apriva alla cultura dell’epoca un’ansia di conoscenza che offre imprevedibili implicazioni Storia di S. Orsola 1.jpgStorie dei S. Orsola.jpgrispetto ai simbolismi da lui usati.

Già dai primi teleri di Sant’Orsola, eseguiti dal 1490 al 1495 si avverte un taglio compositivo, una inquadratura spaziale e prospettica, un gusto inventivo, una verve figurativa aristocratica e popolare allo stesso tempo, per cui si è portati a far spaziare anche al dilà di Venezia la cultura formativa dell’artista.

In questo senso le ipotesi non sono mancate, e tutti i dati che ne conseguono coinfermano che l’artista aveva un’avidità culturare eccezionale, in una Venezia che alla fine del quattrocento si apriva alla cultura, alle scienze, alle arti ed all’universo esoterico che non ha alcun confronto con nessun’altra epoca della sua storia.

Storie di S. Orsola 4.jpgStorie di S. Orsaola 3.jpgEcco allora la predilezione per le leggende medievali e le vite dei santi, racconti aperti ai ricorsi più importanti della fantasia, in cui si avverte una ricerca esoterico spirituale.

Carpaccio sicuramente era a conoscenza della “leggenda aurea” scritta dall’Arcivescovo di Genova  Jacopo da Varagine nel tredicesimo secolo, nella traduzione italiana di Nicolò Manerbi,molto interessante seguire lo svolgersi del racconto letterario: il primo episodio del Leggenda aurea.jpgJaciopo da Varagine.jpgJacopo da Varagine 1.jpgleone , che ferito ad una zampa da una spina si reca al Convento, ove S. Gerolamo Jacopo da Varaginre 2.jpgviveva ritirato, per farsi togliere la spina. Il tema presenta due motivi semplici: la serena tranquillità del Santo , portato a fare il bene degli animali, ed i timore dei frati che fuggono spaventati( S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia).

Tra gli altri animali si riconosco la faraona, il pappagallo, il pavone ( tipico del bestiario rosacrociano) il cervo, la lepre, il capriolo, il castoro e l’antilope: sembrano studiati dal vero, e probabilmente è così: ed anche le piante raffigurate fanno parte di un mondo e di una simbologia tipicamente esoterica, legata alla natura, all’uomo, alla vicinanza, nella santità, dell’uomo a Dio.

S. Agtostino.jpgSan Gerolamo e il Leron.jpgAltro documento importante è il quadro “le visioni di S. Agostino”( telero nella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale a Venezia) e S. Agostino nello Studio (S. Giorgio degli Schiavoni) in cui sembra che il Carpaccio abbia raffigurato con l’immagine del Santo il Cardinale Bessarione, il quale aveva donato alla Scuola del Carpaccio una ambito privilegio riguardante una bolla episcopale, che appare quindi in evidenza dipinta in primo piano. Ma il quadro pù importante del Carpaccio, una lunghezza di tre metri e sessanta, che richiama, proporzionalmente, i cassoni di Paolo Uccello di cinquant’anni prima, come ci suggerisce il Longhi, è ” S. Giorgio colpisce il Drago” a  S. Giorgio degli Schiavoni.

Cardinale Bessarione.jpgSimbolicamente il terreno dove avviene lo scontro  è studiato dal vero con indagine minuziosa, e si tratta di frammenti d’uomo, la giovinetta sembra che respiri ancora, e le  carcasse del cavallo, della pecora, ognuno con i suoi peculiari caratteri, in un orrido che si accresce per la visione dei ramarri, dei rospi, dei corvi, dergli avvoltoi e perfino della biscia d’acqua che ingoia una rana. Anche l’albero è ammorbato dal fiato del drago e proprio dalla sua parte presenta rami secchi, perchè la presenza del drago, dice il racconto, è pestifera.

E questo ed altri quadri che richiamano la natura, la bassezza della bestia, la debolezza dell’uomo nel poter affrontare le cattiverie, ed arrivare al sublime, al massimo, a ciò che tutti i santi che si sono battuti contro i draghi, e che li hanno distrutti, sono riusciti a fare con la forza della fede.

San Giorgio colpisce il Drago.jpgStorie di S. Orsaola 3.jpgStorie di S. Orsola 4.jpgOvunque l’artista, l’arte, e specialmente a Venezia, erano legati all’esoterismo, alla volonta ed alla capacità di andare oltre all’uomo, a trasfigurarsi e a trasfigurare per arrivare al divino, e raggiungendolo, perpetrare il “grande cambiamento” il cammino perfetto per la pietra filosofale.

 

Gli intriganti ingressi della Basilica di San Marco: dall’esterno all’interno un susseguirsi di spirali, simbolo di nascita, evoluzione ed infinito di una strordinaria città che, assieme alla laguna e il mare rimane sempre unica e misteriosa!

300px-Basilica_de_San_Marco.jpgGli intriganti ingressi della Basilica di San Marco sono legati alla struttura stessa della costruzione: innanzi tutto non esiste una vera e propria facciata, poichè non presenta una fronte che abbia una prevalenza sulle altre: a guardar bene non esiste una vera facciata intesa come  piano riconoscibile e delimitato. Le varie fronti sono un complesso di piani e di volumi , più o meno avanzati, snodati dalle nicchie e dagli sguanci a ripetizione.

Il corpo della chiesa è immerso ed avanza negli spazi della Piazza. della Piazzetta dei Leoncini, e  della piazzetta, gli ingressi della chiesa non Porta deri fiori su  Piazzetta dei leoncini.jpgPiazzetta S. Marco.jpgpiazza-san-marco.jpgrisultano simmetrici, esiste infatti una varietà di accessi davvero insolita, con una distribuzione assimetrica rispetto all’asse della chiesa.

Questi due fatti, assai significativi, l’assenza di un fronte principale e la varietà degli accessi, sono tra loro indipendenti e sono una caratteristica di questa architettura.

Cappella Zen.jpgNel 1504-21 per costruire la Cappella Zen,è stato ostruito l’ingresso nell’atrio direttamente dalla Piazzetta : l’ingresso dalla Piazzetta era infatti uno dei più importanti, se non il più importante: era l’ingresso dall’acqua che per tradizione a Venezia è quello principale.

Per necessità liturgiche l’asse della chiesa  risulta orientato est-ovest, ma l’arrivo dell’acqua è a sud: in tal modo la fronte verso la Piazza perde di colpo la sua importanza, e il cosidetto fianco verso il molo diventa  la fronte porta della cappella Zen.jpgprincipale e più decorata.

L’attuale cappella Zen non è coperta a cupola, ma da volta di botte, e diventa quasi un un portico, più profondo di quelli verso la piazza, diventando come una grande bocca spalancata verso la laguna.Sembra quindi che le due entrate principali alla -Basilica dovevano essere quella dalla piazzetta (cappella Zen) e quella dalla piazza (porta di S. Alipio): due percorsi porta de mar.jpgportaledi S. Alipio.jpgporta_sant_alipio_mosaico.jpgscentrati o tangenziali, con andamento a “turbina”.

Da un’antica stampa di Giac. Franco (XVII secolo) si può osservare che il baldacchino fissato per una delle tante processioni rientra in chiesa proprio per la porta di S. Alipio e non per la porta centrale.

E’ evidente che gli altri ingressi fossero si importanti, ma per la gente che arrivava alla spicciolata, così pure la porta dei fiori sul lato nord, che sembra però essere ricavata in un periodo posteriore alla costruzione dell’atrio.

venezia_san_marco_basilica_pianta_02.gifPorta del frumento.jpgGli ingressi quindi dalla Piazzetta e di S. Alipio erano destinati alle processioni: solo a queste infatti corrisponde all’interno tutto un lungo spazio di un intero braccio dell’atrio; è questo spazio che è per di più cadenzato dallo snodarsi delle campate coperte alternativamente a volta e a cupola e affiancate dalle nicchie. <un ritmo continuo, : ogni braccio è quasi una piccola chiesa basilicale.

Un ingresso alla chiesa più riservato era quello interno al Palazzo ducale: esso è collocato al piano terra, all’inizio del portico dell’ala dei Pregadi, di fianco alla scala dei giganti.

Nel cortile di Palazzo Ducale, in linea con la Porta del Scala dei giganti a Venezia.jpgArco Foscari.jpgArco Foscari 1.jpgfrumento  sul molo, esiste tutt’ora il tracciato di una corsia, affiancata dai fori dei montanti di un lungo baldacchino o padiglione…il prolungamento di questo tracciato passa ai piedi della scala dei Giganti, sfiora l’Arco Foscari, che prima della decorazione gotica doveva lasciare più spazio libero verso il cortiletto, e conduce ai gradini rotondi della porta della chiesa.

L’allineamento non era certamente casuale, ma era il segno di un percorso ben definito legato al rituale che accomunava il Palazzo alla Chiesa.

palazzo_ducale_001_arco_foscari.jpgProcessione di Giacomo Franco.jpgDalla stessa stampa del Franco si può notare che il baldacchino per la processione esce appunto dalla porta del Frumento del Palazzo °Ducale, E’ da supporre quindi che la porta nel cortiletto dei Senatori servisse per l’uscita della processioni della chiesa.

Un altro ingresso laterale, più importante anche se meno appariscente, risulta al centro dell’Arco Foscari, in corrispondenza dell’arco sotto all’orologio nel cortile, ed è Cappella di S. Isidoro in mappa.gifCaoppelklka di S. Isidoro.jpgCappella di S. Isidoro 1.jpgtagliato sul muro tra il tesoro e gli altri piccoli ambienti ad est. Questo passaggio risulta perfettamente in asse con il transetto, sotto il rosone, di fronte alla Cappella di S. Isidoro: immette quindi in uno spazio simile a quello della porta centrale dalla Piazza.

E’ evidente  che esiste quindi una corrispondenza tra i vari percorsi esterni della Basilica, visti in relazione ai vari ingressi, che avvolgono la chiesa e vi convergono con un andamento  a Colonne di Marco e Todaro.jpgPilastri acritani.jpgpili portastendardi a  S. Marco.jpgspirale ( la spirale, un simbolo dell’infinito, ma anche della crescita e dell’espansione, ed elemento comune e unico a Venezia, come ad esempio l’anagrafica di porta dei fiori.jpgquesta straordinaria città!)e sono accompagnati da elementi spaziali come le due colonne del molo ( Marco e Todaro) che accompagnano il percorso dal Ponte della Paglia alla Piazzetta, l’edicola sporgente al lato sud della Basilica, verso il molo, che accomnpagna e indica il percorso verso l’ingresso d’acqua (il più solenne ed importante) , e verso l’atrio (la cappella Zen); i due pilastri acritani , allineati con l’antica torre del tesoro, che indicano un percorso da o per la Porta della Carta; i tre pili portastendardi sulla Piazza davanti alla chiesa, che definiscono uno spazio altrimenti troppo vasto fino in fondo alla Piazza e che suggeriscono un percorso tangenziale alla facciata.

Tali elementi sono riscontrabili anche nelle logge e nelle gallerie sovrastanti: queste si sviluppano solo su lato ovest, sulla Piazza, o sul lato nord; sul lato sud, verso il molo , la loggia ha solo un piccolo risvolto di una campata; questo lascia supporre battistero.gifBattistero della Basilica di S. Marco.jpgBattistero.jpg(come dice >Il Cattaneo) che il Battistero sia sempre stato fin dall’origine dove è ora: luogo quindi di origine della Basilica, da dove essa si è espansa a spirale, con le sue nicchie, le sue asimmetrie, i suoi ingressi strani la sua meravigliosa originalità di chiesa ibrida….tra il bizantino più estremo e la sua interfaccia di una città che aveva come referente unico e principale il mare…a cui era dedicato tutto: le lampade della giustizia, gli ingressi delle chiese, i progetti del futuro, l’orgoglio e il dominio commerciale, culturare e militare, ma sopratutto la libertà di pensiero e l’immenso amore per l’equilibrio così delicato e meraviglioso con la sua laguna, fragile, misteriosa, calma a volte, a volte aggressiva…ma parte indissolubile della natura di Venezia e dei Veneziani.

 

 

 

 

Mag 11, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su La Cà d’oro a Venezia:la sintesi della raffinatezza,dell’eleganza e della struggente bellezza del gotico veneziano!

La Cà d’oro a Venezia:la sintesi della raffinatezza,dell’eleganza e della struggente bellezza del gotico veneziano!

ca-d-oro_m.jpgCaDOro-Venezia-F01.jpgTra i palazzi meravigliosi e suggestivi che si specchiano sulle rive del Canal Grande, uno dei più particolari, uno dei più raffinati e belli è la Cà d’Oro, puro esempio del gotico veneziano.

La Cà d’Oro è l’esempio più celebre di casa patrizia veneziana, nota sopratutto per l’eleganza degna di un merletto, dei trafori marmorei sulla facciata, Meno noto è l’impianto planimetrico e spaziale interno, che trova una perfetta coerente corrispondenza nella assimetria della facciata.

pianjta portico.pngpianta della Cà d'oro.pngPIANTA_large.jpgLa pianta è a schema di C  e si svolge attorno al cortiletto laterale, il vero centro spaziale di questo edificio. Sia l’androne del piano terra, sia il “portego” (il salone) dei due piani nobili, trovano nel porticato e nelle logge verso il Canal Grande uno sviluppo planimetrico a “L”, di immediato effetto scenografico.

Per esempio il percorso a piano terra, dalla Calle al Canal cà d'oro interno.jpgcadoroc.jpgGrande , attraverso il cortiletto, l’androne e il porticato , costituisce un susseguirsi di spazi con un continuo mutamento di prospettive, di luminosità e di dimensioni. Si determina in tal modo una varietà e una molteplicità di incontri, ottenuta con mezzi apparentemente semplici, ma dettati da lunga esperienza di gusto, costruttiva e urbanistica.

L’aspetto teatrale delle costruzioni medievali pianta della Cà d'oro.pngvenezia_cadoro_01b.jpgveneziane, che vediamo così ben riproposto ed esemplarmente configurato negli ambienti della Cà d’Oro non sarà mai praticamente abbandonato o dimenticato dai costruttori operanti a Venezia, basta pensare per esempio alla scenografica successione di spazi ottenuta dai Massari nel XVII secolo a Cà Rezzonico, dove al piano terra portici, androni, cortiletti, fontana, scalone, ecc. sono sapientemete concatenati secondo una sicura logica spaziale e luministica che si avvale appunto di lontane e radicate esperienze merdievali.

La facciata della Cà d’Oro non è che il risultato a grande effetto, dell’intenso lavoro distributivo e spaziale che resta all’interno dell’edificio.

Anche nella facciata vengono riassunte e rielaborate antiche antiche esperienze e tradizioni costruttive assai diffuse a Venezia.

5520_venezia_ca_d__oro_cannaregio.jpg250px-Ponti,_Carlo_(ca__1823-1893)_-_Venezia_-_122_Palazzo_detto_Ca'_d'oro.jpgI loggiati sovrapposti sono la parte che in modo più immediato ricorda altri precedenti edifici.

Balaustre, colonnine, poggiolo e trafori sopra gli archi sono pure elementi ormai diffusi nell’architettura gotica di Venezia. Il portico e i sovrastanti loggiati diventano quasi una sorta di transenna marmorea, estesa ai tre piani dell’edificio.

Si può osservare una progressiva modifica dal piano terra ai piani superiori, passando dalle semplici arcate del portico ai quadrilobi del primo finestrato e agli eleganti intrecci del piano superiore.

il-cortile-del-museo.jpgI cinque archi a piano terra dalle due ampie finestre con poggioli, che risultano ben nettamente distinte dal loggiato stesso, pur essendo divise da questo da un esile pilastro; nel secondo piano nobile il loggiato fa elemento a sè e le due finestre con poggioli, ai lati, risultano assolutamente autonome.

Nel cortile interno si possono osservare tutti gli elementi tipici della casa fontego; il muro merlato con un bel portale sormontato dall’arco originale, la scaletta esterna , il portico verso l’androne con i caratteristici “barbacani” in legno, il finestrato del primo piano che rappresenta ancora i “plutei” di sapore duecentesco.

ca-d-oro-vetrata.jpgpozzocadoro.jpgPossiamo considerare quindi la Cà d’Oro come la summa delle caratteristiche  architettoniche della casa veneziana; qui però è tutto realizzatto con una ricchezza e una raffinatezza eccezionale, quasi leziosa, ma con un nitido disegno costruttivo. L’esempio più eclatante della raffinatezza, dell’eleganza e della struggente bellezza del gotico veneziano.

ca-d-oro_m.jpgcadoro3.jpgI costruttori veneziani hanno avuto l’intelligenza di fermarsi a questo punto: l’architettura medievale a Venezia poteva in tal modo, con la Cà d’Oro, terminare in bellezza!

 

 

Mag 4, 2012 - Arte, Arte e mistero, Leggende, Misteri, Personaggi, Tradizioni    Commenti disabilitati su Le tracce del mito di Antenore a Torcello, prima della nascita di Venezia.

Le tracce del mito di Antenore a Torcello, prima della nascita di Venezia.

1-Nave-greca.jpgGiancarlo Ligabue.jpgStoria_antica_Torcello.jpgMolto prima della nascita di Venezia la laguna era molto trafficata dalle navi di mercanti greci che a loro volta seguivano  le tracce dei propri antenati ,i Micenei.

Molte erano le tracce che testimoniavano questi viaggi, ma proprio a torcello il grande esploratore ed antropologo veneziano, Giancarlo Ligabue fece, nel 1982 delle eclatanti scoperte come reperti di vasi micenei antichi, antecedenti e di molto, museo_archeologico_1.jpgmuseoarcheologico-venezia.jpgreperto ad Adria.gifquindi, l’inizio della storia di Venezia. Ora questi preziosi reperti sono conservasti presso il Museo Archeologico di Venezia, al primo piano delle Procuratie nuove a S. Marco.

p%20Antenore%20mitico%20fondatore%20di%20Padova.jpgtroia3Big.jpgrovine-di-troia_447021.jpgTutto questo avvalora il mito di Antenore, il guerriero fuggito da Troia sconfitta assieme ai suoi compagni Enetoi (o Veneti) provenienti da Plafagoria in Asia Minore.

Il loro percorso è descritto da Virgilio nell’Eneide: Antenore, sfuggito dalle mani degli Achei partì addentrandosi nei golfi dell’Illiria, spingersi nel cuore del Regno dei Liburni, e superare la foce del Timavo. In questa terra egli fondò la città di Padova e stabilì la sede dei Troiani…qui diede il nome alla Mar Adriatico.jpgTomba di Antenore.jpgsua gente, appese le armi di Troia e qui riposa sereno nella tranquillità della pace (Eneide I 242-249).

E a Padova, in Piazza Antenore , proprio davanti al Palazzo della Provincia, c’è la tomba dell’eroe.

Seguendo quindi le medesime rotte, i greci di Siracusa decisero di fondare Adria, in una zona malsana e nebbiosa, così distante dai canoni paesaggistici e logistici a loro tanto cari, e la città divenne così importante da dare il nome al nostro meraviglioso mare (Adriatico), proprio perchè Adria era logisticamente il luogo di incontro di carovaniere provenienti dal centro Europa, ed altre in epoca protosdtorica avevano come capolinea la foce del Timavo, il caput Adriae , raggiungibile da Adria attraverso la navigazione protetta entrolagunare.

Adria.pngantica nave greca.jpgFossa filistina 1.pngNon a caso ad Adria fanno capo il canale scavato dagli Etruschi da Spina, (anche nell’epoca del primo millennio a.c le opere idrauliche costavano e non pellestrina%2024.jpgchioggia e sottomarina.pngchioggia.jpgci sarebbe stato motivo farlo se non ci fossero stati interessi economici)  quello costruito dai Greci fino alla  laguna, è la cosidetta fossa Filistina, che ha dato nome a Pellestrina, poi divenuta sotto i romani fossa Clodia, dando il nome a Chioggia.

Lo stesso generale Cleonimo, principe spartano arriva con una flotta da guerra in laguna, la riconosce perchè vede in lontananza i colles (ovvero i colli Euganei), e vi si avventura senza problemi. Solo avendola conosciuta precedentemente e apprezzandone il valore strategico ed economico, una armata greca si sarebbe avventurata con tanta dimestichezza. E ciò avveniva nel quinto secolo a.c.

Ci sono quindi tutte le premesse perchè la misteriosa, leggendaria storia della laguna di Venezia trovi finalmente puntuale riscontro.

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