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Alchimisti e Maestri Vetrai a Venezia

 

imagesCAJ0YBL9.jpglibro alc.jpgE’ esistito un intreccio tra l’alchimia dei Rosacroce e la filosofia, fin dal medio evo.

 imagesCAYYPXFT.jpgimagesCAUSKY0D.jpgMolto probabilmente i primi alchimisti che esercitarono a Venezia fecero parte della Corporazione dei Vetrai. Questa si era costituita a Venezia nel 1255, e poi fu trasferita a Murano per evitare incendi che, con i imagesCAEYTK50.jpgtetti in paglia, imagesCA5BDT15.jpgimg_sforzinda.gifsarebbero potuti essere  numerosi.imagesCAEVEI22.jpgimagesCAIQO47M.jpgimagesCAGUCW0M.jpg Amico e frequentatore di uno dei più noti vetrai, Angelo Barovier, era Paolo Godi, un alchimista famoso Specchio.jpgil quale gli insegnò diverse formule per la formazione della pasta di vetro, dei colori, delle luminescenze ed opacità.

Più avanti gli altri componenti della corporazione si cimentarono anche nella costruzione di specchi, legati anch’essi ad una tradizione rosacrociana.

 

John22.jpgNel 1317 venne emanata da Papa Giovanni XXII la bolla “Spondent Pariter” che ammoniva contro l’esercizio e l’uso dell’Alchimia , la quale rimase comunque oggetto di conoscenza anche per il Papa, del  quale venne pubblicato  postumo, nel 1557 il  trattato “Ars Trasmutatoria”.

Nel frattempo, nonostante la legge promulgata dal Consiglio dei 10 il 17.12.1488 che vietava severamente lo studio e la pratica dell’Alchimia, venne creata a Venezia una società segreta alchemica, chiamata Voarchadumia, attiva tra il 1450 e il 1490. Questa aveva ramificazioni internazionali, tra i membri più conosciuti Sir George Ripley.

 Il  sacerdote veneziano Giovanni Agostino Pantheus pubblicò il trattato “Voarchadumia, l’oro dei due rossi e della cementificazione perfetta, dedicandolo al doge Andrea Gritti. Pantheus dedicò inoltre un trattato ad un suo amico polacco Hierosky, grande conoscitore di testi alchemici.

Le opere di Pantheus crearono per la prima volta un sincretismo tra Alchimia e Kabbalah.

Nel 1585 il nobile veneziano Francesco Malipiero venne condannato a morte per magia, stragoneria ed alchimia.

Nello stesso periodo un alchimista al servizio di Enrico I di Buglione ottenne dallo stesso, dopo avergli trasmesso una ricetta per fare l’oro, un finanziamento per andare ad un convegno di alchimisti a Venezia.

lavorazione del vetro di Murano.jpgbotiglie.jpgUomini all’avanguardia, artigiani attenti e chimici sopraffini che conservarono per secoli i loro misteri, gettando nella laguna le prove mal riuscite di colori o lavorazioni: tutt’ora, nonostante lo svilimento di certe “cose che nanche lontanamente si avvicinano agli originali” vengono proposte da qualche bancarella (magari abusiva), opere d’arte di incredibile raffinatezza ed eleganza vengono prodotte ancora a Murano, proseguendo un’arte che è unica e che deve essere protetta ed aiutata.

 

La Misericordia a Venezia: uno spettacolo tutto da gustare!

250px-Chiesa_di_S_Marziale_Facciata.jpgSacca della Misericordia.jpgHo raccontato del viaggio miracoloso della statua della Madonna, da Rimini a Venezia, ed ho accennato al suo approdo: un luogo veramente magico,la Sacca della Misericordia, nella quale erano state erette, in poco spazio e per pochi abitanti, ben quattro chiese: quella di S. Marziale, appunto, ma anche quella che è ora la Parrocchia di questa zona, la Madonna dell’Orto, (il cui nome ha tutto un suo significato, e di cui parlerò a parte ), la chiesa della Misericordia, legata alla Scuola relativa, e quella del Sacro Volto, facente parte di un grandissimo convento dei Servi di Maria.

Invito chiunque ad andare ad esplorare, perdendosi nella meraviglia delle facciate, in 260px-Chiesa_dell%27Abbazia_della_Misericordia_(Venezia).jpgScuola Vecchia della Misericordia.jpgcotto, gotiche, affascinanti e fascinose, li dove anche il grande Hugo Pratt, attraverso Corto Maltese si sofferma ammirato e stupito di fronte alla bellezza del piccolo Campo dell’Abazia della Misericordia: pavimentazione straordinaria in cotto, dove i mattoni sono posti a spina di pesci e suddivisi, attraverso l’inserimento della pietra d’Istria, in quadrati, e la vera da pozzo, decorata e splendida.

Simile pavimentazione si trova in Campo davanti alla Chiesa della Madonna dell’Orto: anche Piazza San Marco era stata pavimentata in questo modo, ma sopra è stato posto un nuovo strato di trachite, pietra durissima di origine vulcanica proveniente dai colli Euganei.

Scuola vecchia ed Abbazia della Misericordia.jpgE veniamo all’Abazia della Misericordia: il suo primo nome fu Santa Maria di Val Verde, e se ne hanno prime notizie dal 936, la cui costruzione, secondo il Sansovino, venne attribuita a Cesare de Giuli detto Andreani.L’aristocratica famiglia Moro fu l’artefice devota di questo edificio che nel dodicesimo secolo venne ristrutturato dallo stile bizantino al gotico.

La scuola accanto nel 1330 venne adibita ad ospedale e ad abitazioni.

Santa Maria della Misericordia ora è sede di mostre, che si susseguono e continuano a rendere viva questa zona di Venezia, in pieno Cannaregio, dove ogni particolare rievoca bellezza e l’intimità mistica di una città molto particolare.

Cimitero di S. Michele.jpgVenezia_-_Cappella_del_Volto_Santo.jpgE la bellezza e la suggestione prosegue in questo meraviglioso percorso, posto a fronte del Cimitero monumentale di S. Michele, con quel che resta del Convento di Santa Maria dei Servi, di origine senese, a cui faceva capo la Confraternita dei lavoratori della lana. Alla sua istituzione, dal 1309 al 1317 circa, venne consentita la costruzione del Convento, di cui ora rimane solo il portale, e della cappella, consacrata nel 1376 al Santo volto, e che è rimasta come ultimo ma suggestivo e meraviglioso cimelio, a ricordare questa Venezia delle Chiese, dello spirito libero ma dedicato al Sacro, li dove ad ogni passo si unisce, in un meraviglioso connubio, il sacro con le scienze, in un equilibrio che solo una Repubblica veramente laica poteva armonicamente rendere, e tutt’ora rimane. Città unica, Repubblica unica…e gente aperta di pensiero, di spirito e di cuore.

Ott 29, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Mestieri, musica, Musica venexiana, Personaggi, Religione a Venezia, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La cappella di S. Marco a Venezia e la nascita del melodramma.

La cappella di S. Marco a Venezia e la nascita del melodramma.

cappella a San Marco.jpgcantgori a San Marco.jpgNel 1500 il teatro, assieme all”architettura, la pittura e  la scultura, erano le arti più seguite ed amate a Venezia, alla quale, verso la fine del secolo si aggiunse anche la musica.

L’immagine del Giorgione suonatore di liuto nei concerti campestri  delle Veneri di Tiziano accanto alle melodie dell’organo restano emblemi della civiltà del Rinascimento a Venezia:il legame delle arti con la musica , nella composizione unitaria del melodramma, costituisce la sintesi Giovanni_Gabrieli.jpgGiorgione-tre-filosofi.jpgmusica.jpgdeterminante di tutto lo sviluppo del Rinascimento a Venezia: le arti figurative, la scenografia e la letteratura fatta sopratutto di immagini e di sentimenti, si trasformano d’incanto nell’unità suprema, inafferrabile e aerea della musica, nella tendenza sopratutto a trasfigurare la passione nell’esaltazione lirica più sognante che realistica, nella declamazione che si abbandona con piacere all’oinda del sentimento e delle tenerezze affettive.

La musica a Venezia aveva il proprio centro nella Basilica di San Marco : il servizio più curato e costoso per la basilica era quello della cappella ducale, ritenuta sempre il centro più importante artistico della Repubblica.

Angelo mnusicante di Giovanni Bellini.jpgangelo musicante.jpgI libri delle spese della basilica di S. Marco riportano delle cifre enormi per i maestri di cappella, per i cantori ed i suonatori di strumenti. Gli asrtisti che ne facevasno parte eerano alle dirette dipendenze dei tre più importnti procuratori  di S. Marco che avevano la responsabilità della Piazza e della Basilica, tanto più che il doge era las suprema autorità di questi luoghi che gli appartenevano di diritto.

La regolazione diretta del governo dogale  anche dello stesso servizio liturgico, diede alle composizioni sacre di S. Marco
una larga indipendenza di cui la Serenissima era gelosa e che era riconosciuta in parte anche da Roma.

La storia della musica nel contesto della storia della civiltà di Venezia e fu veramente importante e determinata dalla scuola marciana per la musica strumentale e per la creazione di un nuovo genere tanto fortunato a Venezia: il melodramma.

Giorgione-tre-filosofi.jpgsuonatrice.jpgLa presenza frequentissima degli angeli musicanti nella pittura veneziana su tavola e ad affresco dal trecento al quattrocento proviene dalla costante rappresentazione della musica in quest’epoca, essa viene intesa con un senso soave di magia e quindi per la sua dolcezza trasferita agli angeli, come qualcosa che non appartiene alla sfera terrestre ma la sfiora appena e ha il potere di avere un’immagine di quella celeste.

Quando la musica è investita dalla forza del pensiero umanistico , alla fine del quattrocento, s’avverte il trapasso anche in pittura:  “S. Agostino 1806-Giovanni_Bellini_-_Pala_di_St_Giobbe.jpgmusica 1.jpgnello studio” nella Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni , eseguito da Carpaccio nel 1502 è circondato da preziosi manoscritti miniati, dalle statue rinadscimentali e gli innumeerevoli oggetti che denunciano la disposizione della mente alla ricerca umanistica, ed ha i suoi piedi due partiture musicali, di cui una di carattere profano e l’altra di carattere sacro. Quella di carattere profano , che cominciava già a diffondersi nelle prime opere di stampa di Ottavio Petrucci, potrebbe coinsiderarsi una primizia del genere strumentale tipicamente veneziano.

musica 2.jpgmusica.jpgVittore_Carpaccio_Agostino-1024x677.gifArte, pittura e musica alla base della cultura del popolo veneziano e che ha permeato completamente la natura di questa città.

 

 

Ott 23, 2012 - Arte, Mestieri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Le uniche e meravigliose barche di Venezia.

Le uniche e meravigliose barche di Venezia.

barche veneziane1.jpgvenezia14.jpgVenezia, città nata sulla sua laguna, aperta al mare, ed espansa nel Mediterraneo, in Oriente, ma anche nei mari del Nord, grazie alla capacità dei suoi artigiani e maestri d’ascia, lavoratori dell’Arsenale che seppero  costruire navi moderne e veloci all’epoca, era ed è tutt’ora una città che vive nell’acqua, per cui i suoi mezzi di trasporto, proprio per le sue particolari caratteristiche, variavano a seconda delle necessità e delle esigenze di un nucleo abitativo ed importante suddiviso tra varie isole.

Per questo motivo i mezzi di trasporto utilizzati, tra sestieri ed isole, erano vari e diversi. Abbiamo parlato delle gondole, che erano mezzi cittadini, servendo le due rive del Canal Grande ed i rii, inoltrandosi, agili e svelte , sotto i ponti, approdando a rive definite, un pò tra gli autobus e i taxi delle altre città, a parte la funzione, con il felze alzato, di nido per coppie che volevano amoreggiare, o come banchi da gioco!)

maestri_d_ascia_300x200.jpgMa un centro così vivo e pulsante aveva bisogno, per i trasporti di  derrate alimentari provenienti dalle isole che attorniavano la laguna…S. Erasmo, Mazzorbo, etc.o elementi necessari per la vita quotidiana, come il carbone (vedi Riva del Carbon da un lato del Canalazzo) o riva della Paglia, o quella del vin …. di barche fatte apposta per navigare i bassi fondali della laguna, per cui fondo piatto, e, a prua e a poppa una piccola copertura che serviva a rinforzarle oltre che essere usate come ricovero di attrezzi, oltre al “trasto” l’asse di legno che lega i due fianchi.

Costruite anch’esse negli squeri, e sagomate da abili maestri d’ascia chiamati “squeraroli”, ed i remi poggiavano sugli scalmi chiamati forcole, e i remi venivano condotti con la famosa voga ala veneta, un sistema per cui anche una sola persona poteva, da poppa guidare la barca.

sandoli 1.jpgsandolo.jpgOra queste barche sono fornite di motori fuoribordo: i nomi e le frunzioni sono diversi: topo, sàndolo, batèla, sampierota, mascareta, sciopon, caorlina. I loro ricoveri sono le cavane, quando si tratta di costruzioni coperte, o stazi acquei, quando sono ancorate all’aperto.

Il sandolo è una delle piu comuni barche per il trasporto di merci, ora utilizzato anche per la pesca e per le regate. E’ una mjaestrui d'ascia 2.gifsandolo-barcariol.JPGbarca slanciata e leggera,la prua ha un’asta di protezione che finisce con una specie di punta a forma di ricciolo o di oliva. Di solito è di color legno, a volte azzurro, mentre il sandalo del barcarol è nero come le gondole e addobbato con poltroncine  e finiture metalliche  ed è utilizzato per il tresporto di persone, sopratutto turisti.

La sampieròta, originaria di S. Pietro in Volta, veniva e viene usata per la sampierota.jpgsampierota 1.jpgpesca, ed è una barca spaziosa e robusta. E’ lunga tra i 6 e i 7 metri, ed è in genere colorata di azzurro, giallo, rosso e bianco, oppure con vari accostamenti di colori. Viene poi la Mascareta, che tutti coloro che seguono la regata storica di Venezia, possono ammirare perchè è proprio con queste barche che si sfidano le donne alla voga alla veneziana utilizzando la leggerezza e l’agilità di questa barca tipicamente e meravigliosamente veneziana.

topo-Marcantonio%20a%20vela.jpgTopo-Marcantonio'-1.jpgEd il topo (con il motore mototopo) e la topa, barche adibite al lavoro pratico di trasporto o per diporto, mentre , sontuose e bellissime, adibite al trasporto di passeggeri , specialmente per le gite lungo i fiumi, e quindi, le bissone, sontuose, sorprendenti per le loro decorazioni tra cui primeggiava il bucintoro, òla barca sonhtuosa del doge.

E la fastosa regata storica rende omaggio a mascareta.jpgMascarete.jpgbucintoro.jpgbucintoro 1.jpgcaorlina.jpgquesti mezzi di trasporto che fanno parte integrante della vita dei veneziani, che l’hanno resa forte, importante, e che contribuiscono, tutt’ora , alla funzionalità e alla realtà di una città così unica, così particolare e composita come nessun’altra al mondo!

 

 

Venezia e il capolavoro dell’arte vetraria del Rinascimento: la coppa nuziale Barovier!

250px-Barovier.jpgcoppa nuziale Barovier.jpgTra i tesori più preziosi dell’arte vetraria del rinascimento spicca, ricoverata presso il Museo del Vetro a Murano la mitica ” Coppa Barovier”: frutto dell’inventiva, delle ricerche e dell’arte di un grande maestro di quest’arte: Angelo Barovier che la creò nel 1460 circa.

Discendente del mitico Jacobello Barovier, grande artigiano vetraio (1295), venne definito dal suo contemporaneo Ludovico Carbone: optimum artificem crystallinorum vasorum”, e a lui venne attribuita  l’invenzione de cosiddetto “cristallo veneziano” un vetro particolarmente pulito e trasparente, anche grazie ad una sua composizione di una pasta di vetro chiamata calcedonio.

img_stampafornace.jpgS. Giorgio MMaggiore.jpg1974-Chiesa_di_San_Giovanni_Elemosinario-Venice-Italy.jpgUomo intelligente e curioso assistette ( secondo le affermazioni di Padre Giovanni Antonio , monaco benedettino del Convento di S. Giorgio Maggiore) alle lezioni tenute al ginnasio realtino da Padre Paolo Godi, detto il Pergolano, pievano della chiesa di S. Giovanni Elemosinario e cultore dell’arte alchemica, e che la collaborazione dei due uomini avviò alla realizzazione di vetri colorati e della loro pittura a smalto “primus et autor et inventum colorum tam insignum ac varie conunistorium, quibus hodie quoque ac vitrearii artifices Muriani utuntur”.”

coppa nuziale la parte della fontana.jpgAltre ricerche, sempre collegate a questo argomento le svolse per la realizzazione di vetri colorati da finestra. Tra le sue innumerevoli cariche: Camerlengo della comunità di Murano, lettore apostolico e segretario papale , ed infine cancelliere del Patriarca di Venezia.

Figlio della antica arte “alchemica” che gli venne tramandata dai suoi avi, che dal centro di Venezia si ritirarono in un’isola come Murano sia per timore dei possibili incendi ( i tetti di paglia delle case e dei palazzi erano particolarmente soggetti a questi eventi), ma anche consci che così isolati avrebbero potuto conservare al meglio i preziosi segreti legati alla loro scienza e alle loro ricerche.

Questa persona strordinaria venne sepolta alla sua morte nella chiesa di Fondamenta della Fornace.jpgChiesa_di_Santo_Stefano_(front)_and_the_Chiesa_di_San_Pietro_Martire_(back)_Murano-Venice.jpgCoppa-Barovier.jpgSanto Stefano a Murano, anche se la sua tomba non c’è più visto che la chiesa è andata in parte distrutta, ma il ricordo di questo uomo speciale e la serie dei suoi capolavori rimane a testimonianza di un’arte delicata, particolare e, come già detto per la Coppa Nuziale, un pezzo raro e prezioso dell’arta vetrariA!!!

Dedico questo mio scritto alla mia fantastica mamma, pittrice per piacere ma disegnatrice di mappe per lavoro, che per prima mi fece conoscere questo gioiello d’arte, orgogliosa com’era di aver contribuito con le sue decorazioni in smalto a riprodurre poche e preziose riproduzioni, naturalmente legali della splendida coppa nuziale e di cui vogilo donare l’immagine . che resprime fascino ed un’intima sensualità…dolce, piccolina, elegantissima, a cui lego quella di mio padre,  Enrico, che insieme a lei formò una coppia veneziana legata alla cultura, (avevano l’abbonamento alla Fenice, e, senza che mi rendessi conto, egli mi fece amare e conoscere l’opera lirica e la musica classica in genere. !

Di loro sono fiera e mi piace condividere questo mio orgoglio, veneziana, figlia di veneziani….allevata ed istruita in questa cultura da una coppia incredibilmente affascinante!mammma.pngbabbo.png

Set 22, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Luoghi, Mestieri, Società veneziana    Commenti disabilitati su Insule veneziane : geniale costruzione urbanistica di una città unica al mondo!

Insule veneziane : geniale costruzione urbanistica di una città unica al mondo!

Canale tra insule.jpginsula di S. Giacomo dell'Orio.jpgLe insule veneziane, il territtorio stesso della Venezia urbana, legate in seguito da ponti: la genialità dei veneziani e la costruzione di una città – stato unica al mondo. Esse compongono appunto la città e la rendono parte comune, un’unico nucleo appunto con ponti e con rii terài; da tutto questo si possono ricostruire alcuni schemi urbanistici elementari.

Questi schemi che definiscono la forma e la distibuzione dei blocchi di ricostruzione rispetto a rii e canali sono in genere assai semplici e regolari.

incisione di insula.jpgPongte Ruga Veccha.jpgEssi, come avviene per i tipi edilizi, non sono molto vari e si ripetono con poche varianti in diverse zone della città, al centro come alla periferia: la scelta è comunque derivata dall’andamento dei canali.

Il primo schema è il più semplice e frequente ed è costituito  da isolati a forma rettangolare di solito molto allungati: i rettangoli sono disposti trasversalmente entro un’isola pressocchè rettangolare.

Una disposizione analoga era adottata anche dai Fenici nelle numerose colonie eel Mediterraneo.

Ruga Vecchia.jpgrio-sant-alvise.JPGEsempi li possiamo vedere nella parte nord di Cannaregio, attorno alla chiesa di S. Sofia, a Dorsoduro, tra i rii di S. Vio e delle Torreselle, a Castello tra il Rio della Tana ed il rio interrato ora via Garibaldi.
 
Il medesimo schema è adottato anche in una zona rettangolare compresa tra un rio e una calle importante,come a Rialto con Il Canal Grande  e Ruga Vecchia, e Castello tra Rio S. Giuseppe e calle Secco Marina.

Il secondo schema, anche questo ben diffuso a Venzia, è costituito da un’isola o da una stiscia di terra molto allungata compresa tra due rii pressocchè paralleli: l’isola è percorsa longitudinalmente da una calle principale da cui si dipartono numerose callette trasversali.

rio delle Torreselle.jpgCorte in calle degli avvocati.jpgSistemazioni di questo tipo si trovano ad esempio a Dorsoduro con la calle lunga S. Barnaba e con Calle dei Cerchieri, a Castello con la Salizzada S. Lio di Calle della Testa o attorno a Campo Ruga, a San Marco con le isole attorno a Campo S. Maurizio e S. Maria del Giglio.

Un terzo schema è quello costituito da una zona compresa tra due rii paralleli o più spersso convergenti verso un altro rio più largo: detta zona è servita via terra da una calle lunga longitudinale a fondo cieco o da una fondamenta laterale, da cui si diramano altre callette: tale esempio di urbanizzazione quasi eccessiva si può trovare in Calle degli SAvvocati, nel Sestiere di castello ai Biri, a San Giovanni in Laterano o nella zona del campo dei due pozzi, a Cannaregio, tra S. Alvise e il Rio della Sensa, e tra i Rii di Noale e di S. Felice a S. Croce.

Rio Terà S. Vio.jpgRio S. Maria del Giglio.jpgRio_della_Sensa_(1).jpgQuesti ed altri schemi urbanistici hanno creato da un insieme di isole slegate, libere di una laguna splendida ma frazionata una città stato splendida, ricca di opere d’arte, organica grazie all’uso dei ponti e da altre soluzioni che ne fanno una città unica, non solo storicamente ed artisticamente, ma anche dal punto di vista urbanistico!

 

 

 

 

 

 

 

Le Botteghe del Caffè a Venezia

imagesCA755EXM.jpgVenezia, antesignana in tutte le sue novità, importò per prima il caffè dalla Turchia.

La prima bottega del caffè che sorse a Venezia fu il Caffè Quadri, nella prima metà del 700, e si distinse per la preparazione della bevanda alla turca, richiamando così una grande quantità di clienti provenienti da qualsiasi nazione.

Accanto al Quadri sorgeva il Lavena, e qui si davano appuntamento per sorseggiare una tazzina della squisita bevanda imagesCABLIQ62.jpgContessa CaSATI.jpgmusicisti, come Richard Wagner, o intellettuali, come D’ Annunzio, spesso in compagnia della Contessa Casati, che portava con sè un leopardo al guinzaglio.

codega.jpgimagesCANBJO0A.jpgimagesCAB4XVYW.jpgimages.jpgQui sostavano i gondolieri ed i “codega” cioè i portatori di lanterne incaricati di accompagnare a casa i clienti; l’illuminazione pubblica fu realizzata solo nel 1732.

imagesCAO44MAS.jpgEd ecco infine “Alla Venezia Trionfale” di Floriano lUISA cASATI.jpgFrancescotti,  chiamato da tutti Florian,  e così si chiama tutt’ora. Il nipote di Caffè Florian.jpgFlorian.jpgimagesCAM8XT71.jpgFloriano, imagesCAF4ATKP.jpgValentino, fu grande amico del Canova, che, quando era a Venezia, veniva a sedersi qui e a passare qualche ora in buona compagnia.Fu anche la prima bottega del caffè dove potevano entrare le donne.

Al Caffè Florian nacque la Gazzetta Veneta del Conte Gaspare Gozzi, che praticamente teneva qui la sua redazione ed anche il centro di diffusione.

Con lui spesso il fratello, uomo segaligno e spesso triste, Carlo Gozzi, che fu uno dei pilastri dell’Accademia dei Granelleschi, denunciò spesso il cattivo imagesCAZZYE8C.jpgimagesCAZ8XDB6.jpggusto dei costumi letterari e fu fiero oppositore e denigratore di Carlo Goldoni, che definì il “borghese”.
Scrisse le fiabe teatrali “L’amore delle tre melarance”, il “Re Corvo”, la “donna serpente” e la Turandot. Nel corso dell’800 venne frequentato  da Lord Byron, Foscolo, Goethe, Marcel Proust, Russeau, Stravinsky, Modigliani e Riccardo Selvatico.

Straordinaria fu la diffusione di questa bevanda tratta da una semente chiamata “Kahvè”, giunta da Costantinopoli nel 600. E dalla prima bottega, nata sotto le Procuratie in piazza S. Marco nel 1683,già nel 700 se ne contarono ben 34 sparse per tutta Venezia.

imagesCA68Z2OJ.jpgimagesCARQYE18.jpgimagesCALFO00M.jpgimagesCA544GZP.jpgCarlo Goldoni nella sua “Bottega del Caffè” ne  descrive lo spirito, l’aspetto conviviale, il punto di riferimento per incontri, pettegolezzi, quello spirito tutto veneziano, godereccio che è diventato un centro di aggregazione sociale, rimasto tutt’ora un’ abitudine per le vecchie signore che al mattino,  prima delle passeggiate o delle commissioni, si fanno quatro ciàcoe sorseggiando una tazza di caffè corretto, o bevendo un marsalino in cui intingono un baìcolo.

 

L’artigianato e l’arte del 700 a Venezia, sguardo all’interno della vita quotidiana

lampadario.jpgLa progettazione dei mobili veneziani del settecento è rinomata sia per le leggere opere di intaglio, gli stucchi rilevati e dorati e soprattutto per lo splendido colore delle lacche nella delicata eleganza della forma.

lampadaro Murano.jpgSi qualificò quindi una produzione artistico-artigianale varia e vastissima, che comprendeva mobili veneziani.jpganche i settori più rinomati dell’epoca, come i vetri di Murano candelabri.jpg(lampadari e candelabri colorati, specchiere con vetri intagliati e incisi, paralumi con cristalli decorati, coppe, vasi, calici, piatti, vassoi e alzate di ogni tipo) tenuti in grande onore dalla stessa REpubblica  che “menava vanto della superba produzione veneziana” protetta dai vincoli e privilegi dei Savi alla mercanzia e agli Inquisitori delle Arti.

specchiera.jpgdivano del 700.jpg200px-Albinoni.jpgLa produzione artigianale del settecento a Veneza specchiera ovale.jpgprese l’aspetto di un fenomeno spontaneo come fosse cosa fatta naturalmente, che non conosceva stacchi tra tecnica e tecnica, genere e categorie diverse: una fioritura legata all’atmosfera della città, alla selezione severa ed inappuntabile del gusto, alla precisa percezione degli accordi armonici, delle dosature dei colori e dei rapporti tonali, entro il ritmo sicuro impresso alla forma, con un’esatta misura delle linee e dei contorni, come avvenne con tanta limpidezza nelle musiche di Vivaldi ed Albinoni, tanto per citare due importanti artisti dell’epoca.

broccati del 700.jpgEd al mondo dei pittori, specialmente di Pietro Longhi (grande amico di Goldoni) l’artigianato veneziano si riferiva, con l’eleganza spirituale nell’ordito di un disegno, di un broccato, di una specchiera inghirlandata, di un lampadario splendente per i cristalli colorati ed iridesceni.

Famiglia Sagredo, Museo Querini Stampalia.jpg4%20pietro%20longhi%20-%20il%20sarto.jpgE Pietro Longhi, nei suoi interni, nei suoi salotti, nei ritratti di famiglia ci fa entrare in questo particolare mondo, in questo particolare modo di assaporare quest’arte-artigianato che ha configurato un’epoca, ed ancora la caratterizza.

Ed ecco i suoi personaggi, quasi sempre in posa, da cui traspare quasi un’uggia sottile nel sottostare all’apparato della disciplina dell’onorata convivenza in società,  attorniati da un ambiente in penombra tra le stoffe rasate delle pareti, il grande sofà di fondo, la poltrona, la tenda coronata dalla “buonagrazia”, il quadro antico, lo specchio con cornice dorata, il caminetto sul quale brilla il vetro soffiato di Murano, le chicchere del caffè e della cioccolata.

Pietro Longhi 1.jpgTra Pietro Longhi ed il commediografo Carlo Goldoni si può notare una analoga ispirazione, commentata dallo stesso Goldoni nel sonetto scritto nel 1750 in occasione delle nozze tra Giovanni Il farmacista-Gallerie dell'Accademia.jpgIl Parrucchiere - Cà Rezzonico.jpgLa Toeletta Cà Rezzonico.jpgLezioni di Geografia Querini Stampalia.jpgGrimani e Caterina Contarini: ” Longhi, tu che la mia Musa sorella chiami del tuo pennel che cerca il vero, ecco per la tua man, per mio pensiero, argomento sublime, idea novella.Ritrai tu puoi vergine illustre e bella e dolce di viso  e portamento altero; pianger puoi  di Giovanni il ciglio arciero, che il dardo scocca alla gentil donzella. Io canterò di lui le glorie e il nome, di lei la fè, non ordinario vanto: e divise saran tra noi le some. Tu coi vivi colori, ed io Carlo Goldoni.jpgcol canto: io le grazie dirò, tu l’auree chiome: e del suo Amor godran gli sposi intanto|”.

Tra “maestro” e “paròn” le espressioni più complete della sociatà veneziana, tutt’ora attuale!

maestri d'ascia 1.jpgLa Serenissima è stata costruita sulla base di forti categorie di lavoratori che, indefessamente, con passione, con arte e con competanza, legata alla ricerca continua del nuovo, ne hanno costituito l’ossatura, la base stessa della volontà di un popolo, della capacità di costituire, attraverso appunto queste categorie, rappresentate da schole, da corporazioni, il tessuto produttivo e propulsivo della Repubblica.

Di queste categorie, oltre appunto che le varie corporazioni , rimane , nel lessico veneziano , un modo di esprimere l’armonica relazione tra i vari mestieri.

Tutt’ora i veneziani, rivolgendosi ad un artigiano o ad un artista lo appellano con un “Maestro!”che è l’espressione vera di chi, discepolo ed apprendista si approccia a chi conoosce molto più di lui , ha esperienza, e sa insegnare, attraverso il suo esempio.

maestro.jpgmaestri_d_ascia_300x200.jpgNon a caso i garzoni di bottega chiamavano ” Maestro” i grandi scultori e pittori da cui imparavano guardando, o mischiando i colori, cercando di capire le armonie e le proporzioni; per cui ogni grande artista italiano, e non solo veneziano, ha avuto modo di chiamare Maestro un altro grande artista od artigiano…in una splendida catena di chi ha iniziato, chi ha imparato per poi trasmettere il suo mestiere, in una splendida catena di arte, scienza, folgorazioni, conoscenze, gelosamente riservate ai propri discepoli.

Ancor oggi ci sono , pochi, maestri d’ascia, che sono stato il vanto e la ricchezza della Serenissima, sapendo lavorare il legno per le imbarcazioni,con sapienza e precisione. Mio suocero era maestro d’ascia, e ricordo il rispetto che gli portavano gli altri lavoratori che andarono poi a prestare la propria opera presso la Fincantieri.

paron a paeona.jpgIl termine con cui si appellava il negoziante, in genere era “paròn”. Importante per definire i propri ruoli, per cui il “maestro” si poteva rivolgere al “paròn” e viceversa.

Nel galateo veneziano invece i nobili proponevano dei termini per porgersi, gli uomini verso le donne: sciavo! (cioè schiavo) che, curiosamente, in una Repubblica in cui fin dalla fine del 900 d.c. la schiavitù era non solo proibita, ma addirittura qualsiasi nave toccasse il porto veneziano con carico di schiavi, questi venivano immediatamente liberati, per poi essere assunti dalle famiglie nobili che offrivano loro l’abitazione anche per la loro famiglia, ponendo come vanto per ogni ceppo nobiliare la riuscita negli studi di uno almeno dei figli degli ex schiavi, e questo era veramente motivo di vanto, o , accompagnato da unb inchino: Servo suo o Serva Sua!

Ma il termine aveva un significato molto più romantico: schiavo della tua bellezza, schiavo della tua intelligenza, schiavo della tua personalità. Questo era un termine quindi di cortesia che veniva rivolto a persone particolarmente stimate: da sciavo quindi, come tutti sanno il ciao! che ci rivolgiamo continuamente.

C’è chi confonde il termine sciavo con la  definizione “schiavone” che determinava i nativi della Dalmazia e cittadini veneziani (famosa è la Riva degli Schiavoni): la differenza è sostanziale_ l’origine dello schiavone dal greco Slavos e dal latino Sciabo, che indicava le popolazioni della Dalmazia, ( Slavi) , che facevano appunto parte della Serenissima.

moretto.jpgInfine, e questa  definizione è spesso usata: “te ga el moreto?”, legata proprio all’immagine dei servitori mori, ex schiavi o loro figli, che sono stati raffigurati con cattivo gusto con statuette in legno ( io li paragonerei ai nanetti da giardino): con questo si voleva chiedere : c’è qualcun altro che può fare questo per te? sei proprio pigro, e se non fai questo tu non lo può fare nessun altro!

Parole tipicamente legate alla Repubblica, che sono ancora in uso, tra le calli, nei dialoghi tra giovani e più vecchi, nel rispetto totale delle competenze, delle conoscenze e delle capacità, per cui si può capire la cultura vera, profonda, carica di rispetto e , termine ormai strausato a sproposito: Meritocratica!

 

 

 

 

 

Venezia e le sue particolarità urbanistiche: città stato sempre all’avanguardia nella concezione urbanistica e nelle sue leggi!

sOTTOIPORTEGO DEL bANCO sALVISATI.jpgsottoportego del Milion.jpgParte tipica della urbanistica Veneziana è il sottoportego. Questo è un passaggio pedonale ottenuto con un attraversamento nel corpo stresso di un edificio. Dal punto di vista urbanistico i sottoporteghi possono essere suddivisi in tre tipi:il primo è un passaggio tra due spazi pedonali, cioè tra due calli o tra un campo e una calle; diversi sono gli esempi di questo tipo , basti pensare agli antichissimi sottoporteghi sulla Corte del Milion, in Corte del Fontego a S. Margherita, in Salizzada S. Lio, in Corte del Remer o in Corte Barzizza a S. Silvestro. Interessanti sono anche quelli in Campo S. Barnaba, in Calle della Bissa o a S. Giovanni Novo.

corte remer (1).jpgUn secondo tipo di sottoportego è costituito dal passaggio tra un rio e una calle, o tra un rio e un campo. Anche in questo si possono riscontrare numerosi esempi : sul Canal Grande verso la corte del Duca Sforza o verso Calle Giustiniani a Cà Foscari, oppure sul rio di S. Severo, sul rio della Pietà, sul rio Foscari ecc.

Un terzo tipo di sottoportego è ottenuto da un lungo passaggio sotto uno o più edifici posti lungo un rio; in questo caso il sottoportego prolunga e sostituisce la fondamenta e si innesta spesso con un ponte. Questo tipo di sottoportego risulta assai più legato degli altri all’architettura dell’edificio Corte del fontego.jpgcorte del Duca Sforza.jpgsottoportego nella corte del Remer.jpgsoprastante, anzi, in questo senso la determina : esso appare per la sua posizione più aperto e luminoso e ha spesso un aspetto monumentale. Vari importanti esempi di questo tipo si hanno in edifici celebri sul Canal Grande, come Palazzo Manin o le fabbriche nuove di Rialto del Sansovino, il Palazzo Moro  Lin. Altri esempi notevoli  sono i sottoporteghi della Scuola Vecchia della Misericordia, del Palazzetto Priuli a S. Sofia,  del Palazzo Falier ai SS. Apostoli, del ponte Widmann ai Biri, dal Banco Salviati a San Polo.

corte-sant-andrea.JPGcorte-milion.JPGLa soluzione economica e pratica del sottoportego, così frequente nell’edilizia e nell’urbanistica veneziana, è stata attuabile grazie ad una concezione politico-amministrativa  dove la proprietà privata poteva essere limitata e subordinata a necessità pubbliche; d’altra parte le esigenze private, in questgo caso il diritto di edificare, potevano liberamente svilupparsi fintanto che non vincolavano talune fondamentali esigenze della comunità cittadina, per esempio per necessità di transito. La rigida concezione della proprietà del Diritto romano (ab infera usque ad sidera) era così del tutto superata in una applicazione più elastica, e diciamo pure, più moderna.

Queste soluzioni, questo modo di concepire la viabilità a Venezia, con la consapevolezza che tutti i cittadini dovevano collaborare e rinunciare magari a una piccola parte delle proprie proprietà in favore di trasporti più scorrevoli, come tante piccole vene che attraversano un corpo vivo, vibrante, dove la vita è lavoro ed energia!  Venezia sempre all’avanguardia.