Browsing "Società veneziana"

Marco Polo e l’essenza dei Mercanti a Venezia

marco-polo-2.jpgenrico_dandolo_doge_di_venezia_incontra_mourzoufle_illustrazione_di_gustave_dore_01.gifEnrico Dandolo.gifTra le varie personalità che emersero nel 1200 a Venezia, due spiccarono su tutte per il loro essere, pur nel loro tempo medievale , già tipici uomini del rinascimento per quella forza indagatrice della mente lucida e severa, che si misurava al centro dell’universo in un costante rapporto con la realtà: essi furono il doge Enrico Dandolo, che rappresentava una strada politico-diplomatica di Venezia, una visione perfino cruda per il suo realismo politico, e Marco Polo.

Il Polo era il mercante che portava con sè un’inesauribile avidità di conoscenza nei campi più diversi del sapere dietro l’apparente modestia delle sue funzioni. Ed a questo modo di concepire il loro lavoro che si rifecero tutti i mercanti, grazie alla lettura di ” Le Pagina del Milione.jpgmeraviglie del Mondo” , o, come è più noto ” Il Milione” che Marco Polo dettò nel 1298 a Rustichello da Pisa nelle prigioni di Genova.

Venezia e Genova, contemporaneamente, a metà del duecento avevano avvertito la necessità di assicurarsi punti di partenza verso l’immenso impero mongolo di Gengis Khan, che minacciava di oscurare con la sua fama quello germanico-latino dell’Europa centrale, quello greco che aveva sede a Costantinopoli e quello Islamico degli Arabi e dei Turchi Selgiudici.

I successori di Gengis Khan, che si erano spostati verso Occidente e ne seguivano più da vicino le sorti dopo il disastro delle Crociate ed il crollo dell’Impero Latino d’Oriente, avevano aperto nuovi orizzonti per Venezia e Genova verso l’interno dell’Asia.

marcopolo.jpgGengis Khan.jpgI primi ad inoltrarsi in quelle terre furono i frati francescani ed i domenicani, spinti dallo zelo religioso nato dalle Crociate; S. Francesco stesso si incamminò verso il Marocco, per poi ritornare.

I primi a giungere al Gran Khan dei Tartari furono i francescani, ma la loro motivazione era di apostolato, non certo di conoscenza o curiosità.

L’impresa più memorabile e straordinaria fu quindi quella compiuta dalla famiglia Polo, Nicolò, il figlio Marco, quindicenne, e lo zio Matteo. Nel 1271 essi partirono da Venezia per uno dei più favolosi viaggi che siano mai stati fatti, durato venticinque anni.
Da Venezia passarono per S. Giovanni d’Acri, poi in Armenia, l’Iran, le montagne dell’Hinduscush, l’altipiano del Pamir e lungo il deserto dei Gobi. Arrivarono quindi nella Cina settentrionale, per arrivare alla fine a Cambilang (l’odierna Pechino), capitale dell’impero cinese.

carta_viaggio_marco_polo.jpgLa Partenza di Marco Polo.jpgRimasero in Cina per diciassette anni, ed in quel periodo il giovane Marco ebbe incarichi ufficiali da parte del governo, che gli consentirono di attraversare diverse volte la Cina, fino al Tibet, la Birmania e l’India, percorrendo delle strade che nessun Europeo prima di lui aveva battuto. Venne quindi a conoscenza di altre terre, come il Giappone e la Siberia, di cui diede notizie sicure. In tutto questo tempo ed in tutti questi viaggi il giovane sviluppò relazioni, imparò, ascoltò: questo faceva parte della natura stessa del mercante veneziano che studiava il mondo, le varie civiltà, si confrontava e portava le proprie esperienze nella gloriosa Repubblica per farne parte con gli altri,  in un crescendo di  nuove e diverse conoscenze che propiettavano Venezia verso un’evoluzione continua, sia  scientifica che  artistica, e ad una politica e diplomazia illuminata e lungimirante.

Si sa che l’Imperatore si era molto affezionato a Marco di cui aveva una gran fiducia, ma l’incarico di accompagnare una giovane principessa in Persia per il suo matrimonio con il sovrano orientale li spinse a prendere la via del ritorno.

Carovana di Marco Polo.jpgKublai Khan da un incarico a Marco Polo.jpgKublai Khan.jpgLa comitiva partìta da Pechino su quattordici navi percorse le coste cinesi dell’oceano Pacifico, poi l’Indocina, la Malesia, Sumatra, India ed approdò al porto di Ormuz, quindi, conclusa la consegna della sposa (il viaggio durò in tutto due anni) continuarono in carovana fino a giungere a Tabriz, Trebisonda e Costantinopoli, e da qui il ritorno a Venezia, nel 1295.

La storia del viaggio di Marco Polo ci può far accostare in I viaggi di Marco Polo-miniatura.jpgmodo tangibile, seppur di sfuggita, all’apertura che esso diede alla conoscenza del mondo antico: per secoli la Il Milione con testo in latino.jpgdescrizione del mercante fu la più precisa e vasta documentazione dell’intero continente asiatico, di cui si avvalse in seguito Frà Mauro per la realizzazione del suo mappamondo e spinse diversi navigatori all’esplorazione.

Un esemplare de “il Milione” in lingua latina, esposto presso la Biblioteca di Siviglia, conserva le annotazioni di Cristoforo Colombo.

Quindi “Il Milione” è un capolavoro di quelle relazioni di viaggi, di memorie, di situazioni, di analisi sociali ed economiche, vanto di un modo di pensare e di agire tutto veneziano, che dai mercanti passò ai vari Procuratori della Serenissima sparsi nel dominio coloniale , e che assicurò un progresso in tutti i campi per la gloriosa Repubblica.

 

 

Set 22, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Luoghi, Mestieri, Società veneziana    Commenti disabilitati su Insule veneziane : geniale costruzione urbanistica di una città unica al mondo!

Insule veneziane : geniale costruzione urbanistica di una città unica al mondo!

Canale tra insule.jpginsula di S. Giacomo dell'Orio.jpgLe insule veneziane, il territtorio stesso della Venezia urbana, legate in seguito da ponti: la genialità dei veneziani e la costruzione di una città – stato unica al mondo. Esse compongono appunto la città e la rendono parte comune, un’unico nucleo appunto con ponti e con rii terài; da tutto questo si possono ricostruire alcuni schemi urbanistici elementari.

Questi schemi che definiscono la forma e la distibuzione dei blocchi di ricostruzione rispetto a rii e canali sono in genere assai semplici e regolari.

incisione di insula.jpgPongte Ruga Veccha.jpgEssi, come avviene per i tipi edilizi, non sono molto vari e si ripetono con poche varianti in diverse zone della città, al centro come alla periferia: la scelta è comunque derivata dall’andamento dei canali.

Il primo schema è il più semplice e frequente ed è costituito  da isolati a forma rettangolare di solito molto allungati: i rettangoli sono disposti trasversalmente entro un’isola pressocchè rettangolare.

Una disposizione analoga era adottata anche dai Fenici nelle numerose colonie eel Mediterraneo.

Ruga Vecchia.jpgrio-sant-alvise.JPGEsempi li possiamo vedere nella parte nord di Cannaregio, attorno alla chiesa di S. Sofia, a Dorsoduro, tra i rii di S. Vio e delle Torreselle, a Castello tra il Rio della Tana ed il rio interrato ora via Garibaldi.
 
Il medesimo schema è adottato anche in una zona rettangolare compresa tra un rio e una calle importante,come a Rialto con Il Canal Grande  e Ruga Vecchia, e Castello tra Rio S. Giuseppe e calle Secco Marina.

Il secondo schema, anche questo ben diffuso a Venzia, è costituito da un’isola o da una stiscia di terra molto allungata compresa tra due rii pressocchè paralleli: l’isola è percorsa longitudinalmente da una calle principale da cui si dipartono numerose callette trasversali.

rio delle Torreselle.jpgCorte in calle degli avvocati.jpgSistemazioni di questo tipo si trovano ad esempio a Dorsoduro con la calle lunga S. Barnaba e con Calle dei Cerchieri, a Castello con la Salizzada S. Lio di Calle della Testa o attorno a Campo Ruga, a San Marco con le isole attorno a Campo S. Maurizio e S. Maria del Giglio.

Un terzo schema è quello costituito da una zona compresa tra due rii paralleli o più spersso convergenti verso un altro rio più largo: detta zona è servita via terra da una calle lunga longitudinale a fondo cieco o da una fondamenta laterale, da cui si diramano altre callette: tale esempio di urbanizzazione quasi eccessiva si può trovare in Calle degli SAvvocati, nel Sestiere di castello ai Biri, a San Giovanni in Laterano o nella zona del campo dei due pozzi, a Cannaregio, tra S. Alvise e il Rio della Sensa, e tra i Rii di Noale e di S. Felice a S. Croce.

Rio Terà S. Vio.jpgRio S. Maria del Giglio.jpgRio_della_Sensa_(1).jpgQuesti ed altri schemi urbanistici hanno creato da un insieme di isole slegate, libere di una laguna splendida ma frazionata una città stato splendida, ricca di opere d’arte, organica grazie all’uso dei ponti e da altre soluzioni che ne fanno una città unica, non solo storicamente ed artisticamente, ma anche dal punto di vista urbanistico!

 

 

 

 

 

 

 

L’artigianato e l’arte del 700 a Venezia, sguardo all’interno della vita quotidiana

lampadario.jpgLa progettazione dei mobili veneziani del settecento è rinomata sia per le leggere opere di intaglio, gli stucchi rilevati e dorati e soprattutto per lo splendido colore delle lacche nella delicata eleganza della forma.

lampadaro Murano.jpgSi qualificò quindi una produzione artistico-artigianale varia e vastissima, che comprendeva mobili veneziani.jpganche i settori più rinomati dell’epoca, come i vetri di Murano candelabri.jpg(lampadari e candelabri colorati, specchiere con vetri intagliati e incisi, paralumi con cristalli decorati, coppe, vasi, calici, piatti, vassoi e alzate di ogni tipo) tenuti in grande onore dalla stessa REpubblica  che “menava vanto della superba produzione veneziana” protetta dai vincoli e privilegi dei Savi alla mercanzia e agli Inquisitori delle Arti.

specchiera.jpgdivano del 700.jpg200px-Albinoni.jpgLa produzione artigianale del settecento a Veneza specchiera ovale.jpgprese l’aspetto di un fenomeno spontaneo come fosse cosa fatta naturalmente, che non conosceva stacchi tra tecnica e tecnica, genere e categorie diverse: una fioritura legata all’atmosfera della città, alla selezione severa ed inappuntabile del gusto, alla precisa percezione degli accordi armonici, delle dosature dei colori e dei rapporti tonali, entro il ritmo sicuro impresso alla forma, con un’esatta misura delle linee e dei contorni, come avvenne con tanta limpidezza nelle musiche di Vivaldi ed Albinoni, tanto per citare due importanti artisti dell’epoca.

broccati del 700.jpgEd al mondo dei pittori, specialmente di Pietro Longhi (grande amico di Goldoni) l’artigianato veneziano si riferiva, con l’eleganza spirituale nell’ordito di un disegno, di un broccato, di una specchiera inghirlandata, di un lampadario splendente per i cristalli colorati ed iridesceni.

Famiglia Sagredo, Museo Querini Stampalia.jpg4%20pietro%20longhi%20-%20il%20sarto.jpgE Pietro Longhi, nei suoi interni, nei suoi salotti, nei ritratti di famiglia ci fa entrare in questo particolare mondo, in questo particolare modo di assaporare quest’arte-artigianato che ha configurato un’epoca, ed ancora la caratterizza.

Ed ecco i suoi personaggi, quasi sempre in posa, da cui traspare quasi un’uggia sottile nel sottostare all’apparato della disciplina dell’onorata convivenza in società,  attorniati da un ambiente in penombra tra le stoffe rasate delle pareti, il grande sofà di fondo, la poltrona, la tenda coronata dalla “buonagrazia”, il quadro antico, lo specchio con cornice dorata, il caminetto sul quale brilla il vetro soffiato di Murano, le chicchere del caffè e della cioccolata.

Pietro Longhi 1.jpgTra Pietro Longhi ed il commediografo Carlo Goldoni si può notare una analoga ispirazione, commentata dallo stesso Goldoni nel sonetto scritto nel 1750 in occasione delle nozze tra Giovanni Il farmacista-Gallerie dell'Accademia.jpgIl Parrucchiere - Cà Rezzonico.jpgLa Toeletta Cà Rezzonico.jpgLezioni di Geografia Querini Stampalia.jpgGrimani e Caterina Contarini: ” Longhi, tu che la mia Musa sorella chiami del tuo pennel che cerca il vero, ecco per la tua man, per mio pensiero, argomento sublime, idea novella.Ritrai tu puoi vergine illustre e bella e dolce di viso  e portamento altero; pianger puoi  di Giovanni il ciglio arciero, che il dardo scocca alla gentil donzella. Io canterò di lui le glorie e il nome, di lei la fè, non ordinario vanto: e divise saran tra noi le some. Tu coi vivi colori, ed io Carlo Goldoni.jpgcol canto: io le grazie dirò, tu l’auree chiome: e del suo Amor godran gli sposi intanto|”.

Set 6, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’urbanistica di Venezia città medievale

L’urbanistica di Venezia città medievale

Barbari32.jpg250px-Palazzo_Sagredo_-_De_Barbari.jpgL’urbanistica veneziana indica che la città è una città medievale nel suo impianto e che tale è rimasta sostanzialmente anche in periodo rinascimentale e barocco: una cosa analoga si può dire per l’architettura ed edilizia veneziana.

La tipologia delle costruzioni di Venezia ha origini molto lontane nel tempo e talvolta anche nello spazio. Le costruziioni civili, specialmente le più signorili hanno come modello, sopratutto per la facciata, la villal romana che era assai diffusa ad Altino, ai margini della laguna.

Fondaco_dei_Turchi.jpgPalazzo Corner del Sansovino.jpgI lunghi loggiati  sovrapposti  al centro della facciata, con le due torre laterali (torreselle) quale si può notare ad esempio nel fondaco dei turchi, ricalcano l’esempio della casa romana. Un tipo di costruzione così aperta ed ariosa , come doveva presentarsi la casa vernezana veneto-bizantina, era frutto non soltanto del ricordo delle belle ville altinati, ma anche d altre più pratiche ragioni per essere stata adottata in così larga misura, trattandosi inltre di edifici di abitazione e di sedi di aziende commerciali e non più di ville di vacanza.

case veneziane di De Barbari.jpgInfatti l’adozione di portici verso l’acqua era dettata dalla necessità pratica di carico e scarico delle merci dalle imbarcazioni :  i lunghi loggiati e le numerose aperture erano dettate dall’esigenza di illuminazione  interna  e contemporaneamente servivano ad alleggerire l’intera costruzione.

Porticati, loggiati, scale  esterne, aperture a tutti i livelli presupponevano inoltre uno stato di di relativa sicurezza e tranquillità, cnseguenza della oarticolare situazione sociale di Venezia del medioevo.

Se la facciata della casa deriva a grandi linee dalla villa romana, i vari particolari architettonici traggono ispirazione da fonti diverse: dall’architettura bizantina la forma degli archi, dall’architettura ottomana e moresca le merlature e altre forme geometriche di decorazione.

Comunque l’essenza costruttiva e la ripartizione spaziale avranno però una fisionomia generale tipicamente venezana, che rimarrà invariata nel tempo , trsaendo essa origine dalle particolari condizioni dell’ambiente lagunare in cui si doveva costruire.

Palazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgprocuratie.jpgPalazzo Manin.jpgAltri edifici civili come i “fointeghi”traggono la loro forma , molto funzionale da quella assai simile dei conventi, sprcie benedettini. Essi differiscono da questi ultimi per una maggior complessità altimetrica e spaziale.

Dalle esperienze costruttive piccole come i fonteghi sono derivate probabilmente le splendide sedi della Magistratura , come le Procuratie, e lo stesso Palazzo Ducale nella sua prima ediziione veneto-bizantina, precedente a quella attuale gotica.

IVENEZIA-PALAZZO-DUCALE.jpgl fascino misterioso di questa splendida città si è sempre espresso e contiunua ad esprimersi attraverso ogni sua espressione, urbanistica, artitettonica ed artisitca: un compendio di tutta l’arte la cultura che fanno dell’Italia il paese culturalmente più ricco del mondo!

 

 

Ago 29, 2012 - Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La Prima Lotteria

La Prima Lotteria

saturnalia.jpgGià prima dell’invenzione del gioco del lotto, molti secoli prima di Cristo gli Egizi ed i Caldei amavano giocare a sorte. Anche a roma, durante i Saturnali di Dicembre venivano organizzate estrazioni di un numero tra quelli distribuiti ai partecipanti su tavolette di legno.

lotteria.jpgstoria_lotto_img03.jpgsala dei Pregadi.jpgConsiglio dei Pregadi 2.jpgNel 1522 a Venezia venne realizzata dal Consiglio dei Pregadi, l’antico Senato Veneziano la prima lotteria, il cui montepremi era un lotto di immobili, ed era chiamata “Lotto del Ponte di rialto”, ed il valore del premio ammontava a circa centomila ducati, una membro del consiglio dei pregadi.jpgfortuna per l’epoca.

Si poteva partecipare all’estrazione acquistando “bollettini” al prezzo di due scudi particolare del gioco del lotto.jpgciascuno.

Il ridotto a Venezia.jpgCasin dei Nobili a Venezia.jpgCase da gioco a Venezia.jpgNormalmente le lotterie erano posizionate nei Campi e poste sopra a dei baldacchini. Veniva scelto un bambino che si bendava e che aveva il compito di estrarre i numeri per la vincita dei premi messi in palio.

Nel 1638 la Serenissima inaugurò la prima Casa da gioco pubblica che venne chiamata ” Ridotto” e veniva anch’essa gestita e controllata dallo Stato. Con le leggi promulgate dal Governo Veneziano si cercava di arginare l’illegalità del gioco d’azzardo e di controllare i pubblici Ridotti “Casini”.

Il ridotto di Joseph Heinz.jpgil Ridotto a Venezia 2.jpggente del 700.jpgCasin dei Nobili a Venezia1.jpgIl gioco nel passato era lo svago che faceva parte integrante della vita quotidiana, ed era praticato con le carte ed i dadi nelle hostarie per quanto riguardava il popolo. Per i Nobili Ridotto.jpginvece il gioco si effettuava all’interno di Palazzi denominati Casini dei Nobili.

Casinò di Venezia entrata.jpgCasinò di Venezia.jpgCà Vendramin Calergi.jpg Nel 1780 nacque il Casinò di Venezia, a Palazzo Vendramin Calergi, sontuoso e riccamente decorato ed ammobiliato. Tutt’ora il Casinò Municipale di Venezia è per classe, per cornice e per fama uno dei più importanti Casinò del mondo.

 

Ago 22, 2012 - Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Nizioleti a Venezia

Nizioleti a Venezia

foto2calledellafava.jpgA Venezia la toponomastica è veramente particolare: le Calli sono strade strette, le salizzade sono strade che erano pavimentate, nei tempi in cui esistevano i campi coltivati e la città non era ricoperta dai” masegni”; poi ci sono i Rio Terà, canali che erano stati interrati, le rughe, cioè le strade (da Rue), e le fondamente, quelle strade che costeggiano i canali.

I nomi poi sono veramente particolari, e legati a determiate caratteristiche dei ponti, delle calli e altro, ed i nomi sono scritti sui “nizioleti” delle targhe dipinte di bianco sui muri delle case.

Calle dei Assasini.jpgsottoportego del Dioavolo.jpgCorte del Diavolo.jpgEsistono per questi motivi la Calle dei Fabbri, la Calle delle Ostreghe (dove probabilmente c’era un bacaro dove si potevano gustare le ostriche, il ponte de le Tete, di cui già ho parlato,la Calle degli Avvocati, la corte ed il Sottoportego del Diavolo, che, come la Calle ed il Rio Terà dei Assasini doveva fare particolarmente paura magari per l’oscurità dei luoghi.

imagesCAJC2XDY.jpgDonna-Onesta.JPGnizioletocalledellafava.jpgRiguardo invece il Ponte, la Calle e la fondamenta della donna onesta si raccontano quattro versioni; due amici, mentre attraversavano il ponte stavano discutendo sulla fedeltà delle donne ed il più cinico disse all’altro: Sai qual’è l’unica donna onesta, quella li, e così indicò il volto di marmo  scolpito di una donna, tuttora inserito nel muro di una casa vicina al ponte.

Ponte, calle e fondamenta della donna onesta.jpgUn’altra ipotesi parla di una prostituta, probabilmente una “cortigiana onesta” che abitava li vicino. Altri invece raccontano di una donna, moglie di un maestro spadaio , di cui si innamorò un giovane patrizio che per intrufolarsi in casa della donna ordinò al marito una daga, allora chiamata “misericordia”. Dopo qualche giorno, con la scusda di vedere a che punto fosse l’opera si fece aprire la porta dalla donna che in quel momento era sola, e le usò violenza. Sopraffatta dal dolore per essere stata disonorata, e temendo che il marito, per vendicarsi, uccidesse il patrizio, la povera donna si uccise con la daga.

Forse, molto più semplicemente, in quella zona abitava nel 1537 una donna di nome “Honesta”, come riportano le cronache dell’epoca.

ponte delle maravege.jpgAnche il Ponte delle Meravegie deve il suo nome a quello di una famiglia ” Maraviglia”che risiedeva nerlla casa all’angolo: viene ricordata una certa Belisandra Maraviglia sorella di Giovanni, segretario del senato e moglie di Pietro Albino, gran cancelliere di Cipro, morta erociamente nella guerra contro i Turchi nel 1570, dopo aver dato fuoco a navi e a munizioni nemiche.

La leggenda collegata invece racconta che di fronte al Ponte abitasse una famiglia con sette figlie, sei belle ed una, Marina , non certo bella. La casa era frequentata da un giovane barcaiolo, che un giorno si ammalò. Si convinse allora che la causa della sua malattia fosse la maledizione della giovane, brutta donna; un venerdì santo decise di andare in quella casa, sapendo che Marina sarebbe stata sola, per vendicarsi di lei. Ma quando fu sul ponte si fermò, meditando su quello che stava facendo, ed allora vide attraverso i vetri della finestra la ragazza inginocchiata davanti ad un Crocefisso. Alzò per un attimo gli occhi al cielo e scorse sei stelle fiammeggianti disposte a forma di carro, ed una settima, più piccola e fioca che le precedeva.  Ma subito dopo, quelle più luminose persero la loro luce l’unica stella rimasta cominciò a diventare sempre più vivida.

Accantonato ogni proposito di vendetta dopo la visione meravigliosa, il giovane entrò in casa della ragazza e scoprì che Marina, segretamente innamorata di lui, pregava il Santissimo perchè facesse ammalare e morire lei e non il suo amato.

Da allora il  giovane barcaiolo si innamorò della ragazza, e riacquistata la salute sposò Marina.

Sottoportego del Casin dei Nobili.jpgsottoportico del Casi9n dei Nobili.jpgIl sottoportego, il Ponte il Rio e la Fondamenta dei dai traggono il loro nome da dadi, probabilmente utilizzati o venduti in questo luogo. Esistevano leggi dal 1200 che proibivano di giocare ai dadi sotto il portico della Chiesa di S. Marco, e sotto il palazzo Ducale quando il Maggior Consiglio era riunito.

forno.jpgFrezzeria.jpgQualcosa di simile anche per il Casin dei Nobili, dove appunto si riunivano i più ricchi per giocare, per poi indebitarsi e rischiare così la reputazione.  Dedicata al mestiere dei costruttori di frecce la Frezzaria a San Marco, luogo dove erano appunto riunite le loro botteghe, oppure la Calle del Forno, deicata ai panettieri, ed altre calli, sottoporteghi che attestano i luoghi dove le varie arti erano praticate.

Una nota a parte l’attesta il nizioleto che indica la Calle dell’amor degli amici! Anche queste dolcissime dediche  in una Venezia che sembra pragmatica a volte, ma che in altre situazioni riesce ad esprimere quell’animo dolce, romantico e poetico attinente ad Calle Amor dei Amici.jpgun popolo legato al mare, alla laguna ed alla bellezza dell’arte che denota sensibilità e nobiltà d’animo!

 

La Venezia medioevale: da Le Courbusier definita la città del futuro

Vigna-murata-nella-Laguna-di-Venezia-300x200.jpgLa laguna nell’anno mille , quando Venezia aveva già acquisito l’aspetto di una città stato, con i grandi centri di Rialto e S. Marco, già tracciati, arricchita di numerose chiese e palazzi , mentre nelle isole sorsero i grandi complessi conventuali dei benedettini, appare descritta come un vasto comprensorio agricolo, ricco di vigne ( spesso circoscritte da mura), mulini, pescherie, particolarmente nella zona dell’estuario nord, tra Jesolo e Lio Maggiore.

Estese furono le pinete lungo il litorale , e di queste rimane una traccia tra Jesolo e Cortellazzo: purtroppo una parte venne distrutta nei secoli per ottenere legname necessario per combustibile  e per la costruzione di edifici e di imbarcazioni.

il brenta a Venezia.jpgVenezia-Ponte-di-Rialto-12.jpgIl Brenta era il grande fiume della Laguna, anche dal punto di vista delle comunicazioni tra Venezia e Padova , tanto che si stabilì alle sue foci presso Fusina la grande abbazia di S. Ilario.

Lo stesso canale di S. Secondo tra Cannaregio e S. Giuliano ne costituiva probabilmente un suo ramo, infatti protava il nome di flumen e pure il  Canal Grande appare all’inizio come di origine fluviale.

Interventi sia fluviali che lagunari vennero posti in essere sin dall’anno 1000, con le costruzioni degli argini, lo scavo di canali e di “scomenzere” ( che uniscono artificialmente bacini separati)  anche se le vie d’acqua lagunari restarono tortuose come i “ghebbi” tra le barene, con il loro caratteristico andamento “vermicellare”.

Al centro di questo ambiente naturale si formò la città compatta nel suo tessuto urbano, con tutte le sue importanti funzioni economiche e sociali, connesse alla produzione di beni e di servizi, alle attività portuali e a qauelle di difesa, che si estesero in tutto il territtorio lagunare.

Quella vasta distesa di acque costituì lo spazio urbano essenziale per la città, ed una difesa naturale contro i nemici: le vere mura di Venezia.

laguna di mazzorbo a Venezia.jpg419px-Cristoforo_sabbadino_-_progetto_per_venezia_del_1557.jpgRiferendosi ai problemi connessi alla difesa idraulica della laguna il grande ingegnere Cristoforo Sabbadino parlò di mura invece che di laguna in un suo sonetto: “Quanto fur grandi le tue mura il sai, Venetia, hor come le s’attrovan vedi: e s’al periglio lor tu non provvedi, deserta e senza mura rimarrai. Li fiuli, l’mar e gl’huomeni tu hai che inimici….

Questa laguna allora appariva come un’enorme campagna, grandi orti e pescherie.

I veneziani infatti inventarono un nuovo tipio di città basato sulle differenziazioni e sulla zonizzazioni delle funzioni urbane, separate da vie di traffico e spazi aperti: quella città che Le Courbusier definì la città del futuro.

Ago 11, 2012 - Architettura, Arte e mistero, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Andrea Palladio a Venezia: la scala avvitata nello spazio!

Andrea Palladio a Venezia: la scala avvitata nello spazio!

Andrea_Palladio.pngAndrea Palladio (1508-1580) grande architetto vicentino trovò in Venezia l’espressione della “bellezza ideale”che aveva perseguito nelle vestigia del mondo antico di Roma.

Il+Campo+e+la+Chiesa+di+San+Francesco+della+Vigna-1600x1200-3360.jpgchiostro-di-sfrancesco-della-vigna.jpgEgli, altamente ispirato, costruì la facciata della Chiesa di S. Francesco della Vigna, la Chiesa di san Giorgio Maggiore, il solenne refettorio ed il chiostro (iniziato dopo la morte dell’artista nel 1580) dello stesso convento, ed infine la Chiesa del Redentore alla Giudecca.

L’architettura del Palladio è legata come quella di nessun altro artista del suo tempo all’ambiente, in una armonica fusione tra l’opera e l’uomo e tra l’uomo e la natura. La Venezia della pianta di S. Francesco della Vigna.jpgS. Francesco della vigna.jpgseconda metà del cinquecento, già chiusa nella fitta trama umanistica di città di mare costruita nel medio evo poteva offrire ben pochi spazi aperti per la sua visione creativa.

Le opere più famose del Palladio a Venezia, cioè la chiesa di San Giorgio Maggiore e quella del Redentore si ergono aperte, ben distaccate dal contesto della città, nel bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca, e sono divenute perte integrante dell’ambiente naturale ed urbanistico nella visione pittorico-spaziale ricercata dall’artista.

interno San giorgio Maggiore.jpgSan Giorgio Maggiore.jpg800px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Francesco_della_Vigna_-_Interno.jpgLa facciata di San Giorgio è ideata per esprimere in lontananza l’immagine di una villa con il suo prato, li dove il prato, invece che esprimersi in un dolce declivio verde, diventa il verde-azzurro della laguna, che  sembra togliere ogni peso, e rende l’opera quasi lievitata in una creazione di fantasia..sospesa tra cielo e laguna.

San Giorgio.jpgchiesa del Redentore, interno.jpg738_chiesa%20redentore%20venezia.jpgL’ideale di perfezione di Palladio a Venezia fu quello di cercare di rendere l’arte in una luce veneziana e la sua classicità si tradusse nella misura dei volumi che si innestavano con lucidezza cartesiana, perfetti come cristalli, nello sviluppo della pianta, nel ritmo preciso delle modanature, nel protenderesi della cupola verso il cielo, quasi a rendere tutto l’organismo della chiesa in uno spazio sospeso nella luce, luce acquea!

Il suo capolavoro comunque fu la chiesa del Redentore: c’era l’impegno dell’uomo che sapeva misurarsi con l’eternità in una Venezia che gli aveva concesso di costruire ben poco, quasi gelosa della forza e del rigore su cui impostava tutta la sua arte il Palladio.

Scala del Convento della Carità del Palladio a Venezia.jpgscala_accademia.jpgGallerie dell'Accademia.jpgMa un altro capolavoro in un capolavoro ( il Convento della Carità, ora Accademia di Belle arti ) è la straordinaria scala ovale con gradini pensili incastonati nella parete, che si snoda dal pianterreno fino all’ultimo piano.

Il Palladio stesso la ricorda nel suo Primo e Secondo libro dell’architettura pubblicato nel 1570. E’ uno stupendo esempio di avvitamento nella forma e nello spazio, cadenzato da un ritmo unico, scandito su ogni singolo gradino, uno dei primi esempi di un modello di un’innovativa arte architettonica.

Gioielli da osservare, magari assaporando un tramonto, o alla luce delle prime stelle, e da osservare, sbigottiti da tanta bellezza dal piano terra di un museo che, spudoratamente, mostra la sua bellezza intrinseca oltre che ad offrire straordinarie ed uniche opere d’arte!

Tra “maestro” e “paròn” le espressioni più complete della sociatà veneziana, tutt’ora attuale!

maestri d'ascia 1.jpgLa Serenissima è stata costruita sulla base di forti categorie di lavoratori che, indefessamente, con passione, con arte e con competanza, legata alla ricerca continua del nuovo, ne hanno costituito l’ossatura, la base stessa della volontà di un popolo, della capacità di costituire, attraverso appunto queste categorie, rappresentate da schole, da corporazioni, il tessuto produttivo e propulsivo della Repubblica.

Di queste categorie, oltre appunto che le varie corporazioni , rimane , nel lessico veneziano , un modo di esprimere l’armonica relazione tra i vari mestieri.

Tutt’ora i veneziani, rivolgendosi ad un artigiano o ad un artista lo appellano con un “Maestro!”che è l’espressione vera di chi, discepolo ed apprendista si approccia a chi conoosce molto più di lui , ha esperienza, e sa insegnare, attraverso il suo esempio.

maestro.jpgmaestri_d_ascia_300x200.jpgNon a caso i garzoni di bottega chiamavano ” Maestro” i grandi scultori e pittori da cui imparavano guardando, o mischiando i colori, cercando di capire le armonie e le proporzioni; per cui ogni grande artista italiano, e non solo veneziano, ha avuto modo di chiamare Maestro un altro grande artista od artigiano…in una splendida catena di chi ha iniziato, chi ha imparato per poi trasmettere il suo mestiere, in una splendida catena di arte, scienza, folgorazioni, conoscenze, gelosamente riservate ai propri discepoli.

Ancor oggi ci sono , pochi, maestri d’ascia, che sono stato il vanto e la ricchezza della Serenissima, sapendo lavorare il legno per le imbarcazioni,con sapienza e precisione. Mio suocero era maestro d’ascia, e ricordo il rispetto che gli portavano gli altri lavoratori che andarono poi a prestare la propria opera presso la Fincantieri.

paron a paeona.jpgIl termine con cui si appellava il negoziante, in genere era “paròn”. Importante per definire i propri ruoli, per cui il “maestro” si poteva rivolgere al “paròn” e viceversa.

Nel galateo veneziano invece i nobili proponevano dei termini per porgersi, gli uomini verso le donne: sciavo! (cioè schiavo) che, curiosamente, in una Repubblica in cui fin dalla fine del 900 d.c. la schiavitù era non solo proibita, ma addirittura qualsiasi nave toccasse il porto veneziano con carico di schiavi, questi venivano immediatamente liberati, per poi essere assunti dalle famiglie nobili che offrivano loro l’abitazione anche per la loro famiglia, ponendo come vanto per ogni ceppo nobiliare la riuscita negli studi di uno almeno dei figli degli ex schiavi, e questo era veramente motivo di vanto, o , accompagnato da unb inchino: Servo suo o Serva Sua!

Ma il termine aveva un significato molto più romantico: schiavo della tua bellezza, schiavo della tua intelligenza, schiavo della tua personalità. Questo era un termine quindi di cortesia che veniva rivolto a persone particolarmente stimate: da sciavo quindi, come tutti sanno il ciao! che ci rivolgiamo continuamente.

C’è chi confonde il termine sciavo con la  definizione “schiavone” che determinava i nativi della Dalmazia e cittadini veneziani (famosa è la Riva degli Schiavoni): la differenza è sostanziale_ l’origine dello schiavone dal greco Slavos e dal latino Sciabo, che indicava le popolazioni della Dalmazia, ( Slavi) , che facevano appunto parte della Serenissima.

moretto.jpgInfine, e questa  definizione è spesso usata: “te ga el moreto?”, legata proprio all’immagine dei servitori mori, ex schiavi o loro figli, che sono stati raffigurati con cattivo gusto con statuette in legno ( io li paragonerei ai nanetti da giardino): con questo si voleva chiedere : c’è qualcun altro che può fare questo per te? sei proprio pigro, e se non fai questo tu non lo può fare nessun altro!

Parole tipicamente legate alla Repubblica, che sono ancora in uso, tra le calli, nei dialoghi tra giovani e più vecchi, nel rispetto totale delle competenze, delle conoscenze e delle capacità, per cui si può capire la cultura vera, profonda, carica di rispetto e , termine ormai strausato a sproposito: Meritocratica!

 

 

 

 

 

Lug 25, 2012 - Luoghi, Personaggi, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Venezia e la sua laguna di “incredibilem salubritatem”, tra il respiro delle maree e gli allevamenti di cavalli!

Venezia e la sua laguna di “incredibilem salubritatem”, tra il respiro delle maree e gli allevamenti di cavalli!

LAGUNA di venezia 4.jpgLe lagune sono bacini d’acqua create da fondi di fiumi che sboccano in mare lungo coste e bassi fondali. I detriti portati dalle correnti fluviali al contatto con l’onda contraria delle maree, vengono depositati nei fondali costieri creando sottili cordoni di sabbia ed inglobando così vasti spazi acquatici.

Queste acque restano però sempre a contatto col mare ed è proprio il movimento delle maree che le purifica costantemente; la forza contraria delle correnti marine, d’altra parte, impedisce il completo interramento della laguna. In relazione a queste correnti marine la laguna di Venezia è stata lAGUNA DI vENEZIA 1.jpglaguna di Venezia 6.jpglaguna di venezia 5.jpgparagonata ad una grande fiume che inverte il suo corso ogni sei-sette ore ( il ritmo delle maree), penetrando fino agli estremi limiti del bacino lagunare con la marea crescente, per uscire ad intervalli regolari  con il flusso di bassa marea (dosarsa): questo continuo flusso e riflusso marino rinnova e ripulisce costantemente  così lo spazio chiuso tra le acque interne.

isola-di-torcello.jpgGli spazi lagunari costituiscono in tal modo habitat ideali, protetti come sono dalle tempeste del mare e dalle incursioni di nemici. Inoltre facilitano traffici ed insediamenti  diventando così , per la loro stessa conformazione naturale , luoghi privilegiati, soprattutto in determinanti momenti storici.

L’ambiente naturale delle lagune è di per sè stesso instabile, soggetto continuamente ad erosioni , smottamenti, interramenti. cioè ai movimenti contrari del mare che tende ad ampliare il suo dominio, e delle correnti fluviali che invece portano ad impaludare la laguna.

Le acque morte delle zone paludose , senza il respiro della marea, divengono malariche ed inospitali, riducendo così questi ambienti a lande deserte e pericolose per l’uomo.

jacopo_da_varazze.jpgS.Giorgio e il drago 1.jpgS. Giorgio e il drago di Carpaccio 1.jpgS.Giorgio e il drago del Csarpaccio.jpgS.Giorgio e il drago 3.jpgVittore_Carpaccio_012.jpgNelle storie dei Santi di Jacopo da Varagine lo storico genovese del 1400 si trova una  delle ‘più affascinanti versioni della leggenda di S.Giorgio, un santo particolarmente venerato nei paesi marinari. Questa leggenda è nata dalla laguna di Tunisi dove il drago con cui si scontra  non è altro che la raffigurazione fantastica dell’ammorbamento dell’aria causato dall’impaludamento delle lagune contro cui gli abitanti dovevano lottare.

isola di S- Giorgio.jpgS. Giorgio a Venezia.jpgSan Marco from the Island of San Giorgio Maggiore.JPGS. Giorgio Maggiore faro.jpgChe a S. Giorgio sia stata dedicata, fin dal IX secolo l’isola che si trova proprio di fronte a San Marco non è probabilmente casuale: S. Giorgio era li a difendere la laguna contro tutti i mostri delle acque ( le gesta del Santo sono state meravigliosamente illustrare nei quadri del Carpaccio, immagini allucinate, teschi , miasmi e decomposizione).

jesolo.jpgcavallino treporti.jpgL280px-Venezia_-_Torcello_01.jpga Laguna di Venezia era conosciuta già dagli antichi greci e romani: Marziale esaltò Altino e Vitruvio (attivo dal 46 al 30 A.C.) lodò la laguna per la sua allevamento di cavsalli.jpg“incredibilem salubritatem”. Ma anche lo stesso Omero, Euripide, Alcame e lo storico Strabone menzionarono questa zona per l’allevamento dei cavalli i quali prediligono il clima marino e i terreni sabbiosi. L’antica Jesolo si chiamava infatti Equilium, prendendo nei secoli il nome di Jesolo da Giesolo, una località vicina, dopo il maremoto che inabissò Metamauco erodendo parte del villaggio che venne quindi assorbito dal villaggio vicino, assumendone quindi il nome; altra testimonianza la località del Cavallino:o una piccola Camargue!

Nel museo civico di Padova si conserva una stele che era posta sulla sepoltura di un cavallo di nome Aegyptus con l’iscrizione “Aegyptus intra iugo primo” cioè il primo  dalla parte interna del giogo, la parte più difficile in quanto doveva tirare gli altri cavalli al giro di pista.

laguna_venezia.jpgMurazzi a Pellestrina.jpgMurazzi a Cà Roman.jpgVenezia , verso la fine del 400 si trovò a fronteggiare in maniera drammatica il “mostro”fluviale. Per evitare l’interramento provocato dai Murazzi al Lido di Venezia.jpgVnezia.jpg800px-Venedig_san_giorgio_maggiore.jpgdetriti trasportati dai fiumi più importanti che sfociavano in laguna, gli illuminati magistrati delle acque provvidero, con opere di alta ingegneria addirittura ciclopiche, a deviare i corsi del <Brenta, del Sile e del PiAVE.

Venezia%20Isola%20della%20Gudecca.jpglaguna-di-venezia13.jpgVenezia, città artificiale si creò una laguna altrettanto artificiale e ciò le permise di sopravvivere. A questi si aggiunsero altri lavori come costruzioni di difesa idraulica, questa volta contro il mare, come la grandiosa realizzazione dei “murazzi” lungo i lidi. In tal modo la Serenissima  riuscì a salvare durante i suoi dieci secoli di storia il suo  spazio vitale, quello della sua laguna, con grande sapienza di decisioni e ininterrotto lavoro per conservare la città e la laguna intatte.

 

 

 

Pagine:«1...891011121314...24»