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Nov 10, 2011 - Architettura, Arte, Chiese, Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

CANALETTO.jpgI metodi costruttivi di Venezia come quelli distributivi sono diretta conseguenza della particolare topologia della città, della sua doppia viabilità (acquea e terrestre) e della speciale organizzazione sociale e politica della Serenissima. Tutti questi fattori sono rimasti pressochè inalterati nel tempo.

Per giustificare questa permaanenza attraverso i secoli occorre far presente altri due fattori: uno consiste nella difficoltà e nel conseguente alto costo per il trasporto alla città dei materiali da costruzione, l’altro è il carattere alieno dagli sprechi e qualche volta tenacemente conservatore dei veneziani; i due fattori sono in parte conseguenza l’uno dell’altro.

Grado.jpg001ItaliaVeneziaTorcello.jpgPer edificare Venezia sono stati portati non solo tutti i materiali occorrenti, ma all’inizio sono stati adottati anche i metodi costruttivi già sperimentati in altri centri lagunari che hanno formato nel medio evo il Ducato Veneto (Grado, Caorle, Jesoplo, Torcello, Malamocco, Chioggia) . Da questi centri più antichi della Repubblica sono giunti, assieme alle popolazioni, anche dei materiali di recupero e addirittura intere parti costruttive o deorative, come capitelli, colonne,  architravi etc. che formavano edifici costruiti altrove.

Cansiglio.jpgMontello.jpgCome dice E. Bassi, Venezia è una città  nata adulta, e tutto ciò che è stato usato per la sua costruzione è stato portato da altre località spesso molto lontane: il legname per gli edifici e per le navi veniva dalla foresta del Cansiglio e del Montello, in seguito anche dal Cadore e addirittura dalla Dalmazia.

L’argilla per i mattoni, le tegole e altri elementi Colli Euganei.jpgburchi sul Brenta.jpgBurchio.jpgin terracotta veniva dalle cave della terra ferma e veniva cotta all’interno della città: vicino alla Salute si trovano ancora Calle della Crea (calle della fondamenta della foirnace 1.jpgFondamenta della Fornace.jpgcreta)e Rio e Fondamrnta della Fornase (della Fornace). La sabbia silicea veniva trasportata, come accade tutt’ora sui ” burchi ” delle grosse imbarcazioni che navigavano lungo il fiume Brenta.

La pietra da taglio era di due tipi: il marmo rosso di Verona (dal XIV al XV secolo),e la pietra d’Istria che era estratta nella zona di Rovigno. In seguito , per i masegni, venne utilizzata la trachite o selce Canale dei Marani.jpgproveniente dai colli euganei. Altri marmi di uso comune erano il grigio  del Carso ed il marmo greco.

Dall’Istria e dal Carso provengono anche i grossi massi usati per la costruzione dei Murazzi e di tute le altre difese alberoni_murazzo.jpgmurazzi.jpglitoranee: queste pietre venivano trasportate costeggiando il litorale adriatico e percorrevano i canali interni della laguna con barche dette ” Marani” (dalla località di Marano sulla laguna di Grado); vi è ancora il Canale dei Marani tra Murano e Venezia.

I metalli come il ferro ed il rame provenivano dalle montagne e da località come Feltre ed Agordo.

muri romani a Venezia.jpgaltinelle come pavimentazione.jpgPalazzo_Michel_delle_colonne_VE.jpgIn una città in cui tutto veniva importato tutto veniva utilizzato e se necessario riutilizzato, seppure con qualche adattamento.Si può notare infatti come certi materiali siano stati reimpiegati in costruzioni di epoche successive, anche più volte a distanza di secoli. E’ il caso dei piccoli mattoni romani, le “altinelle” provenienti da Altino.

venezia_palazzo_giustiniani.jpgVenezia-Palazzo_Malipiero.jpgAlcuni edifici tra i più importanti sono stati riedificati sopra vecchie fondamente e con planimetrie sostanziamente invariate, come ad esempio Palazzo Michiel, Palazzo Giustinian e Palazzo Malipiero, tutti affacciati sul Canal Grande, e  edifici sacri come 250px-Venice_-_Chiesa_di_S__Maria_Formosa_01.jpggiovanni_crisostomo.jpgsan-polo12.jpgla stessa basilica di S. Marco, le chiese di S. Maria Formosa, S. Giovanni Crisostomo, S. Polo, S. Sofia, ecc.

Venezia, una Repubblica ed una città nata già antica, in un miracolo di varie tecniche, conoscenze, capacità e forte volontà dei veneziani che di questo miracolo hanno fatto un luogo fiabesco, quasi sospeso sulla sua laguna e meravigliosamente e riccamente decorata, unica al 4943_venezia_chiesa_di_santa_sofia_torcello.jpg5680_venezia_chiesa_di_s_eufemia_giudecca.jpgmondo.

 

Le streghe a Venezia nei ricordi di Giacomo Casanova

Casanova 1.jpgA otto anni iniziò per il piccolo Giacomo un periodo particolare: andava soggetto ad epistassi, tanto che nella sua autobiografia descrisse il primo ricordo della sua vita: “ero in piedi all’angolo della stanza. curvo verso il muro, e mi sostenevo la testa tenendo gli occhi fissi sul sangue che, uscendomi  copiosamente dal naso, finiva ruscellando a terra.”

La nonna Marzia che adorava questo suo primo nipote, gli lavò il viso con l’acqua fredda e, all’insaputa della famiglia, lo fece salire su di una gondola che si diresse a Murano (isola importante per Giacomo in cui trovò un amore che ricordò per tutta la vita verso una suora del convento, a cui si aggiunse un’altra consorella).

Arrivati a destinazione entrarono in una casupola in cui trovarono una vecchia Casanova.jpggatti jneri.jpgseduta su un lettuccio tenendo un gatto nero in braccio ed altri cinque o sei intorno a sè. Per il piccolo Giacomo era evidentemente una strega. Nonna Marzia e la vecchia si misero a parlare tra loro fittamente in friulano.

Gli occhi sgranati e la prima curiosità verso l’occulto spinsero Giacomo ad osservare con attenzione ed anche con un Casanova-1.jpgstreghe 1.jpgpò di timore l’ambiente e le facce: dopo aver preso un ducato d’argento dalla nonna la fattucchiera lo prese in braccio e lo depose dentro una cassa di legno, che poi richiuse, raccomandandogli di non aver paura.

Impaurito e tremante il piccolo Giacomo cercò di mettersi tranquillo, continuando comunque ad asciugare con un fazzoletto il sangue che continuava a sgorgare dal suo naso mrentre da fuori provenivano rumori strani: ora risa, ora urla , pianti, canti ed il suono di qualcosa che sbatteva sulla cassa; poco dopo il coperchio si aprì e il bimbo venne fatto alzare, mentre il sangue sembrava finalmente bloccato.

streghe 2.jpgstreghe 5.jpgLa “strega” spogliò Giacomo e lo mise sul letto,poi bruciò diverse erbe e ne raccolse il fumo con dei  panni con cui lo avvolse mentre recitava degli scongiuri: quindi gli fece mangiare cinque confetti dal gradevole sapore, gli massaggiò la fronte, le tempie e la nuca con un unguento dal delicatissimo profumo.

Una volta conclusa la procedura la vecchia gli annunciò che non avrebbe più avuto episodi di quel tipo a patto che non raccontasse a nessuno quell’esperienza, anzi, se avesse svelato quel segreto sarebbe morto dissanguato, il che al piccolo Giacomo creò una terribile paura.

streghe.jpgstreghe_04.jpgAl momento di uscire la fattucchiera gli annunciò la visita, per quella notte, di una bellissima dama e che questa sarebbbe stata artefice della sua fortuna sempre che il segreto rimanesse tale.

Non appena giunto a casa, stordito e spossato Giacomo andò a letto, e si addormentò immediatamente: dopo qualche ora il suo sonno venne interrotto dai rumori che provenivano dal camino: ed ecco che agli occhi sbalorditi del bimbo apparve, scendendo appunto dal camiuno, una bellissima donna con una grande crinolina, splendidamente abbigliata, con una corona in testa streghe3.jpgstreghe5.gifimpreziosita da pietre preziose che sembrava scinitillassero come faville di fuoco. Essa avanzò lenta e si sedette sul bordo del letto del bambino sbalordito, quindi, vuotando delle scatolette sulle sua testa gli parlò in modo incomprensibile, quindi lo baciò e poi svanì.

Al risveglio mattutino la nonna raccomandò ulteriormente il silenzio al nipote, pena la sicura morte …e questo rimase un segreto tra il piccolo Giacomo e nonna Marzia che si estinse solo con la morte della vecchia, seguita e consolata fino all’ultimo dal giovane Casanova che tanto l’aveva amata.

streghe6.jpgPiccole storie misteriose di un Venezia del mistero, della stregoneria e della magia: Venezia e la magia, complementari a questa città codsì onirica, spudoratamente bella ed altrettanto carica di malìa.

 

 

 

 

 

 

I cicisbei veneziani, e l’amore a Venezia nel 700

Cicisbeo di Longhi.jpgI cicisbei o Cavalieri Serventi furono un fenomeno soprattutto italiano, molto criticato dagli stranieri, tra i quali Montasquieu , che visitando l’Italia nel 1728 ebbe a scrivere: ” non vi ho parlato dei cicisbei, è la cosa più ridicola che un  popolo stupido abbia potuto inventare; sono degli innamorati senza speranza, delle vittime che sacrificano la loro libertà alla dama che hanno scelto”.

Dall’alto della sua tracotanza Montasqiueu non aveva capito nulla del ruolo dei cicisbei, almeno nella Venezia tra il 1600 e oltre il 1700.

Non aveva capito, il grande pensatore, la funzione e le opportunità di cui poteva avvalersi il Cavalier servente stesso, la dama ed il suo legittimo marito, anche se il Goldoni, specialmente nella sua “Bottega dell’antiquario” ironizza su questa figura.

Damina_e_Cicisbeo.jpgNato come cavaliere  in grado di proteggere una donna nelle sue uscite il cicisbeo era un figlio della Nobiltà ed Aristocrazia Veneziana, ma figlio cadetto, per cui l’opportunità di far parte della Società, anche senza possedere denaro (l’eredità andava tutta al primogenito), era legata alla frequentazione con tale ambiente che poteva assicurargli una futura sistemazione.

PoussinArcadia.jpgL’accompagnatore veniva scelto in una cerchia di parenti od amici di pari censo, ed il suo nome veniva spesso indicato sul contratto di matrimonio. Il suo compito era quello di seguire la sua dama fin dal mattino, presenziando alla sua toletta del mattino, accompagnandola a passeggiare, trattenerla con la recita di versi o di musica. Spesso tali versi erano tratti dalla letteratura Italiana legata all’Arcadia: secondo la mitologia greca l’Arcadia del Peloponneso era un possedimento di Pan, la deserta e vergine casa del dio della foresta e la sua corte di Driadi, ninfe e spiriti della natura. Viene spesso identificata come un paradiso terrestre abitato solo da entità sovrannaturali, per cui immortali.

Il cicisbeo di Pietro Longhi.jpgIl Cicisebo di Pietro Longhi.jpgCasanova, nella sua autobiografia accenna spesso a recite di brani di autori come Gian Vincenzo Gravina, Francesco Petrarca e Pietro Metastasio (pseudonimo grecizzato di Pietro Trapassi), recite che si svolgevano come interludi di amplessi con donne colte e letterate.

A tavola il Cicisbeo sedeva accanto alla sua dama, le tagliava la carne, o la sera la accompagnava al tavolo da gioco.

In questa relazione tra dama e cicisbeo, apparentemente, non poteva esistere l’amore o altro, ma una galanteria ed una cura continua di un uomo che (secondo le vecchie consuetudini degli antichi cavalieri) porgeva alla dama del suo cuore…nulla più; qui di seguito trascrivo le indicazioni di comportamento del cicisbeo:

“A’ verso miei l’orecchio, et odi di quale cura al mattino tu debbi aver di lei, che spontanea o pagata a te donossi: Per sua donna qual di lieto che a parole certe, non sente testimoni, furono a vicende connesi i patti santi, e le condizioni di caro nodo”.

Giacomo Casanova.jpgNaturalmente, considerato che diversi matrimoni venivano combinati, non è da escludere che la dama ed il cicisebo intrecciassero una relazione d’amore tra loro, con il silenzioso beneplacito del marito, che aveva via libera per intrecciare altre relazioni: comunque sia, rimaneva salda l’integrità del matrimonio e soprattutto delle proprietà familiari.

Tra i cicisbei una buona parte furono abati (anche Giacomo Casanova, nella sua prima giovinezza divenne abate), ed alcuni di loro , per alleviare la noia degli obblighi monastici, si interessarono ad alcune monache.

Nei monasteri benedettini, specialmente, dove le figlie di famiglie nobili erano destinate ai voti, si svilupparono relazioni con abati e anche con persone esterne. Infatti, dalla descrizione di uno di questi monasteri lasciataci dall’abate guardi_parlatorio1.jpgPizzicchi,parlando del monastero benedettino ebbe a dire: “esse vestono leggiadrissime vesti, con abito bianco alla francese, il busto di bisso a piegoline, velo piccolo cinge loro la fronte, sotto il quale escono i capelli, arricciati e mirabilmente accomodati; seno mezzo scoperto e tutte insieme abiti da ninfa che da suora”.

Rievocando sempre Giacomo Casanova, nota fu la sua relazione con la famosa MM, suora del convento di Murano. Destini tristi di persone che non avevano alcuna intenzione di vestire abiti talari e monacali, la laicità stessa di Venezia, l’atmosfera che in questa città è sempre stata unica, magari vittima qualche volta di alcune ipocrisie, ma città viva, con persone vive…che consumavano i loro amori  tra i Palazzi e le gondole coperte dal loro felze, portando avanti una gioia di vivere, inizio, purtroppo della decadenza!!

 

 

Venezia e la sua edilizia popolare del 500: le prime case a schiera!

Sestiere-CastelloVenezia-a23591478.jpg250px-Ca'_d'Oro_facciata.jpgUno dei riflessi più importanti del 500 nell’urbanistica veneziana furono le case a schiera che raccoglievano un gruppo d appartamenti costruiti per diverse famiglie che si impose con una modernità di concezione. La struttura e la razionalità di queste case in serie supera per interesse architettonico la costruzione del grande palazzo classico modellato da secoli  sullo schema dell’antica pianta del salone centrale e dei vani laterali in una sistemazione suggerita dalla vecchia casa foindaco,ma posta sempre lungo un canale.

250px-PCà d'oro 1.jpgEssa sorgeva sull’acqua nella ornata modulazione degli elementi costruttivi, come appare in uno degli esempi più illustri, la Cà d’oro, sul Canal grande.

A questa casa , immaginata nell’eleganza lineare e decorativa che si scioglie nel colore, propria degli stili bizantino e gotico , viene a sostituirsi la necessità  della città e al suo carattere unitario.

Le case in serie moltiplicavano lo spazio in vari piani in un serarato blocco di vani interni: esse furono frutto di uno spirito di collaborazione e di vita comunitaria suggerite già alla fine del trecento dalle “scuole>” , grandi o img214.jpgimg215.jpgpiccole di aspirazione assistenziale o corporativa di lavoro:

L’edificio divenne per esigenze sociali  una costruzione più complessa e articolata per singoli nuclei familiari, fatta il più delle volte con sovvenzione dello Stato o delle “Schole Grandi”: Caratteristiche sono ad esempio le case a schiera di Proprietà di S. Rocco, o della  Schola della carità, che portano bene in mostra lo stemma delle confraternite.

Ciò che distingue subito a prima vista queste dalle altre case costruite dal governo , o da facoltosi mercanti che trovarono nella costruzione un redditizio impiego.sono  le piante di questi edifici in cui si nota  una  razionale distribuzione degli spazi interni rispetto alla indipendenza degli ingressi e delle scale che conducono ai vari appartamenti.

campo-ghetto-nuovo.JPGghetto 2.jpgTra le più interessanti case costruite in serie nel seicento vi sono quelle edificate nel ghetto, in cui raggiungono anche otto piani di altezza in una fitta sequenza di finestre tra i piani relativamente bassi, per guadagnare spazio . In questo campo le case veneziane, alcune più alte e altre più bassde, creano un delizioso effetto scenografico.

Nella convivenza a volte dura della Serenissima con la sua laguna una giusta e razionale edificazione divenne un elemento determinante per la giusta vivibilità di questa città che ghetto.jpgghetto2.jpgGhetto_di_Venezia_4.jpgancora conserva, vive ed abitate, queste dimore, che nei piani alti si riempiono di luce e di bagliori riflessi dall’acqua da cui Venezia sembra ergersi, come venere dalla sua conchiglia.

Ott 18, 2011 - Mestieri, Società veneziana, tecnologia    Commenti disabilitati su La politica sanitaria a Venezia: esempio di lungimiranza e modernità.

La politica sanitaria a Venezia: esempio di lungimiranza e modernità.

620-LAZZARETTO-NUOVO.jpgTezonGrande.jpgLa Repubblica di Venezia pose sempre una estrema attenzione alla situazone igienica e sanitaria della popolazione, mediante un attento controllo delle navi, merci e stranieri che venivano fatti stazionare nell’isola del Lazzaretto Nuovo e qui, si provvedeva a misure di disinfezione sia delle persone che delle merci,( anche se nonostante queste misure si verificarono due grandi epidemie di peste).

rio a Venezia.jpg

Il governo veneziano incoraggiava l’istituzione di impianti ospedalieri che talvolta assunsero destinazioni funzionalmentre specializzate.  Naturalmente per le case di Venezia le condizioni igieniche dell’agglomerato urbano venivano facilitate da una specie di  lavaggio nasturale dato dal flussoi e riflusso della marea lunbgo la fitta rete di rii e canali interni : questo fenomeno veniva tenuto in efficienza provvedendo al periodico scavo dei canali, per cui venivano destinati fondi impegnativi.

pozzo.jpgacquaroli.jpgEra inoltre favorita la costruzione e la manutenzione di pozzi che venivano installati in ogni campo o corte, e quando c’era siccità venivano riforniti di acqua dolce proveniente dai fiumi della vicina terraferma trasportata per mezzo di speciali barconi .

Nel campo specifico delle scienze mediche e naturale vennero pubblicati dall’editoria veneziana del 500 numerosi trattati che risveglavano l’interesse e la necessità di informazioni sulla materia stessa. Studi di anatomia venivano svolti a Venezia fin dal 1368; nei pressi di S. Giacomo dell’Orio la corte e il pontre dell’Anatomia indicano ancor oggi dove fosse ubicata la ponte dell'anatomia 1.jpgPonte dell'anatomia.jpgsede degli studi ed esperimenti, e nel 1507 fu costruito un vero e proprio teatro anatomico tra i più antichi d’Europa.

immagine dal ponte dell'anatomia.pngUn vicino edificio fu sede del “Collegio dei Medici”, e questo testimonia come in quella località fossero venute concentrandosi gran parte delle istituzioni di interesse medico.

Ponte delle Tette 1.jpgAnche il fenomeno della prostituzione veniva attentamente sorvegliato dalle autorità delimitando le zoner cittadine la cui denominazione toponomastica ancora oggi porta il ricordo di tale sorveglianza: il ponte e la calle delle tette a S. Polo, e qui le prostitute esibivano il proprio corpo col preciso scopo di attirare i marinai e gli stranieri, sostenute in questo dalle massime autorità che pensavano in quel modo di frenare la piaga dell’omosessualità diffusa tra gli equipaggi delle navi.

Alla fine del 500 la famosa cortigiana onesta e poetessa Veronica Franco fondò ai Carmini l’Ospizio del Soccorso, espressamente adibito a rifugio ed veronica-franco.jpgVeronica Franco.jpgOspizio del soccorso 1.jpgasilo delle donne che si erano date alla prostituzione, e che erano finite in miseria: l’edificio, di grandi dimensioni, tutt’ora esistente, ci fa desdumere che per tale istituzione vennero impiegati notevoli mezzi economici divenendo così una seria oprea assistenziale di permanente necessità sociale.

Non furono quindi solo gli ospizi, numerosissimi e importanti ad occuparsi della salute dei veneziani, l’unico elemento di Ospizio del soccorso ai Carmini.jpgtutta una politica veneziana intesa a salvaguardare la salute pubblica, ed i mezzi che vennero impiegati a questo scopo furono ingenti ed i criteri per metterla in pratica estremamente avasnzati per l’epoca: un altro esempio di quanto fosse moderna ed illuminata la Serenissima.

 

Ott 6, 2011 - Luoghi, Mestieri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il sale di Venezia: la prima risorsa per i commerci di una Repubblica ricca ed illuminata nascente.

Il sale di Venezia: la prima risorsa per i commerci di una Repubblica ricca ed illuminata nascente.

plan-lagunedevenise.jpgL’inizìo della Repubblica di Venezia fu caratterizzato dal fiorente commercio tra le due sponde dell’Adriatico che distano in media tra di loro circa un centinaio di miglia. Il primo scambio di merci avvenne, conosciamo dalle antiche documentazioni si svolgeva tra il litorale e le isole della laguna mediante piccole imbarcazioni, adatto alla navigazione tra i canali di basso fondale.

Comacchio 1.jpgComacchio.jpgDa questo traffico ebbe origine un primo collegamento con Comacchio e Ferrara a sud, con Grado ed Aquileia a nord, ed infine il retroterra attrverso le vie naturali dei fiumi.

Ferrara.jpg

Grado.jpgIl commercio con le materie prime in un’area più vasta si svolse poi con Ancona e le Puglie nella costa occidentale e con i numerosi porti della costa orientale.

Ancona, con il suo porto naturale costituiva una base allo sbocco di un’antica strada romana, che attraverso l’Appennino giungeva fino a Roma.

Dalle Puglie la Venezia nascente importava derrate alimentari come grano, Aquilieia.jpgvino ed olio che poi venivano esportate ai vari centri della pianura padana. Venezia deteneva quindi il monopolio del sale ed aveva una speciale magistratura a sovrintendere questa risorsa così fruttifera nei secoli.

La principale forma di ricchezza per Venezia nell’XI secolo era costituita dal commercio dell sale , ricavato dai giacimenti di acqua salata, le cosiddette saline in gran parte, all’inizio, di proprietà delle grandi abbazie. Lo Stato era intervenuto in questo commercio con un interessamento diretto, allo scopo non solo economico ma anche politico nell’assunzione di un monopolio così fondamentale per la vita della città. ” questo popolo” si diceva dei veneziani “non ara, non semina, nè vendemmia, eppure ha tanta ricchezza”.

05_Magazzini-del-sale.jpgbarche per trasporto sale a Venezia.jpgPoteva sembrare un paradosso per un’economia basata sui prodotti agricoli, com’era in genere quella medioevale. Venezia nello scambio e nel monopolio di alcuni prodotti essenziali ebbe un innato fiuto mercantile, una concezione così deterninata dalla coscienza delle sue forze ma anche delle sue debolezze ” il difetto di altre risorse naturali” dice Michel Mollot ” costuituiva in sostanza un incitamento saline a Venezia.jpgsaline-di-comacchio.jpgpressante a fornire al traffico vivacissimo un carico di sale disponbibile sul posto ad una clientela sempre assicurata.

magazzini del sale 2.jpgimmagine di saline a Venezia.gifmagazzini del sale Venezia.jpgLo sviluppo del commercio del sale a Venezia verso il mille non  aveva equivalente in tutta Europa: questo fu l’inizio della  grande storia di una grande, unica città Stato che divenne in seguito la fiera Serenissima.

 

Le meraviglie degli ingegneri Veneziani e l’equilibrio della Laguna.

ponte della moneta.jpgcarta della laguna di Sabbadino.jpgLa storia di Venezia si spiega nel connubio tra mare e terra, che costituisce un privilegio ma anche un impegno a ragione della sua singolarità, per cui il mare è amato e temuto come una forza che presiede alla vita stessa della città.

La laguna di Venezia si estende dalle foci del fiume Brenta a sud, quelle del Sile a nord, su una lunghezza di oltre quaranta Km. ed una larghezza variabile dagli otto ai dodici Km. Essa comunica al mappa.jpgLaguna_di_Venezia.jpgmare attraverso tre porti, Lido, Malamocco e Chioggia., cher distano tra loro poco più di dieci Km. Essi si trovano ai due estremi dell’isola lunga e stretta chiamata appunto Lido, che fa da contrafforte al mare, e dell’isola di Pellestrina.

Dall’apice del campanile di S. Marco si puo ammirare la posizione di Venezia nella laguna: da un lato le varie isole di Venezia che fanno corona e dal lato opposto lo stendersi della campagna veneta che inizia al bordo della laguna e giunge, a vista d’occhio fino al profilo lontano delle montagne,

Venezia dall'alto.jpg4921_venezia_canal_grande.jpgCanal Grande mappa.gifLa struttura urbana è rimasta intatta  il Canal Grande predomina sugli altri e si snoda a forma di “S” dividendo la città in due parti per quasi quattro chilometri, e corre probabilmente nell’antico alveo del Brenta che giungeva fino all’isola di Rialto.

Piave.jpg

La regolazione del corso dei fiumi costituì uno degli impegni più ardui e di difficile attuazione: Immediatamente a sud della laguna sboccano due dei maggiori fiumi italiani: il Po e l’Adige, e la loro sistemazione necessitò di imponenti opere idrauliche. Il Brenta, il Bacchiglione il Sile e il Piave, che 400px-Wiki_1610_Taglio_Nuovissimo_Brenta.jpgsboccano sulla laguna, furono convogliati in un alveo opportunamente costruito oppure furono fatti defluire attraverso canali interni.

Tra le opere idrauiliche più imponenti è da ricordare la deviazione del Brenta e del Bacchiglione attuata alla metà del 500 dal famoso ingegnere idrauliuco Cristoforo Sabbadino, che ideò altresì lo spostamento del mappa del Piave.jpgSile.jpgcorso di una delle foci del Po, allontanandolo così da Venezia attraverso “il taglio di Porto Viro”, finito nel 1604.

Col Sabbadino collaborò il cartografo Giacomo Gastaldi, il maggiore cartografo italiano del 500, e al Sabbadino si deve il progetto delle due grandi dighe su mare a Malamocco e al Lido, che venne attuato tre secoili dopo la sua morte.

1565-_Giacomo-Gastaldi-Univ.jpgBacchiglione.jpgtaglio di porto viro 2.jpgIn quest’alveo naturale i maggiori ingegneri della Serenissima dovettero battersi per secoli con coraggiose opere idrauliche che taglio di Porto viro.jpgpermisero alla grandissima Repubblica di mantenersi in un equilibrio terra-mare straordinario, uomini illuminati, competenti e straordinari….la Serenissima , esempio di scienza, capacità e volontà che tutti i veneziani rimpiangono.

 

 

I curiosi anelli di pietra sulle facciate dei palazzi a Venezia.

710626340_2.jpgPalazzo Gaffaro a Venezia.jpgUna curiosità della struttura delle pareti esterne di alcuni palazzi di  Venezia: degli anelli in pietra d’Istria infissi perpendicolarmente, ed, in base alla estensione della parete, in numero di  due a tre. Un esempio eclatante si trova in Palazzo Gaffaro,

Le fonti storiche narrano che l’utilizzo di queste appendici fosse quello di reggere una grossa sbarra di ferro o di legno per infilare poi delle assi verticali. Nel pavimento interno del palazzo si anelli di pietras.jpgtrova una rastrelliera bucata in cui queste assi venivano inserite: lo scopo era quella di creare una protezione all’entrata dei palazzi in cui c’erano attività artigianali con dei magazzini per le merci.

Altro scopo era quello di proteggersi dai ladri, o, nei periodi di saccheggi derivati dalle congiure per rafforzarsi in caso di tumulti armati, nemici, etc.

Nel corso dei secoli questi anelli vennero utilizzati come supporti per stenditoi di panni o di filati tinti, oppure di tende parasole sostenute da pali, ma ancora Fondam_gaffaro_01.jpgcontinua a sfuggire il vero scopo di queste estensioni che continuano ad essere studiate, per cercare di svelare un altro piccolo enigma di questa città straordinaria ed unica.

 

Set 17, 2011 - Architettura, Arte, Luoghi, Personaggi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Alessandro Leopardo e il cavallo di Bartolomeo Colleoni

Alessandro Leopardo e il cavallo di Bartolomeo Colleoni

Corte del Cavallo.jpgsan_marco--190x130.jpgVicino alla chiesa della Madonna dell’orto si può accedere alla Corte del Cavallo: il suo nome si deve al ricordo del luogo in cui un fantastico artista Alessandro Leopardo ( o Leopardi), realzzò e fuse il  maestoso cavallo del monumento dedicato a Bartolomeo Colleoni, monumento collocato davanti alla chiesa dei SS., Giovanni e Paolo, e che per la figura del Capitano di Ventura venne chiamato Andrea del Verrocchio.

Ma non da meno fu l’artista Leopardo che a Venezia ha donato la realizzazione dei pennoni che in Piazzetta S. Marco , realizzati proprio al bacino di S. Marco, caqvallo di colleoni.jpgcavallo e colleoni.jpgreggonoi le bandiere di Venezia.

Monumento al Colleoni.jpg

Egli collaborò anche alla realizzazione della tomba del Cardinal Zeno a S. Marco. Artista forte, prorompente, amato ed apprezzato ma poco ricordato dai libri d’arte. A Venzia invece è ricordato come Alessandro del Cavallo.

Colleoni.jpgil cavallo del momunemto alk §Colleoni.jpgAlessandro Leopardo, un brande artista che, se non troppo ricordato nelle guide turistiche o nei libri d’arte rimane sempre nel cuore e nella cultura dei veneziani: un tesoro artistico  che anche chi non ha avuto  l’opportunità di studiare vive e riesce a convivere quasi come un esperto ed amante d’arte con un dna tutto particolare: i veneziani hanno creato Venezia, e se Venezia è questa meravigliosa miniera di realizzazioni artistiche tutto il merito va agli artisti ma anche alla gente semplice ed agli artigiani.

 

Venezia: centro dell’editoria e della cultura in Europa

Biblioteca-Marciana.jpgbiblioteca-marciana-venezia.jpgIl Tempio della Cultura di tutta Europa fu, nel 1500 la Libreria del Sansovino (edificio splendido e lodato pure dagli architetti contemporanei, come Palladio); il suo prestigio era effettivo dato che Venezia era un centro culturale europeo, basato sulla valorizzazione della cultura classica e legato, oltre che per le opere contenute ( la biblioteca dono del  Cardinale Bessarione, formata da incunaboli, libri scritti in greco, libri arabi, preziose incisioni)) quella di Francesco Petrarca che ne fece dono anch’esso alla Serenissima, ma anche e soprattutto per il rapido sviluppo in questa città dell’editoria.

Le attività imperniate nella nuovissima arte della stampa ebbero infatti a Venezia , alla fine del quattrocento, un Cardinale Bessarione.jpgAntico testamentio scritto in Greco.jpgantico libro del Petrarca.jpgpetrarca.jpgrapido sviluppo che si estese e si consolidò fino al 1500.

Nel 1469 si trasferirono nella Repubblica i primi stampatori tedeschi e, appena quindici anni dopo il primo libro stampato a caratteri mobili da Gutemberg a Magonza, iniziarono la produzione libraria: questa si sviluppò immediatamente sollecitata dalla sempre maggior richiesta di libri soprattutto di cultura letteraria, umanistica e scientifica.

La produzione divenne imponente: prima del 1500 operavano nella città 154 officine che produssero tremila giosue1.gifedizioni, equivalenti a oltre due milioni di copie: ricorda Lino Moretti ( il libro veneziano nei secoli, 1973) che dal 1495 al 97 furono pubblicati in Europa 1821 libri e di questi ben 447 , quasi un quarto, a Venezia.

Nel cinquecento, superata la crisi dei primi decenni, Venezia visse il suo secolo di opulenza che fu anche il secolo d’oro della stampa Veneziana. In questi cento anni si annoverarono 493 ditte tra tipografi, editori e librai.

Oltre al numero i libri veneziani erano apprezzati e riconosciuti per alcuni pregi intrinseci: la qualità della carta che veniva da Fabriano nelle Marche o dal Friuli, la nitidezza dei caratteri e la raffinatezza delle illustrazioni e delle decorazioni in cui si rifletteva lo splendore dell’arte Veneziana di quel periodo: la pregevole fattura delle rilegature specie quelle in pelle di ispirazione persiana.

manuzio.jpgAldo Manuzio a sinistra.gifLa personalità che più contribuì al prestigio europeo del libro veneziano di Aldo Manuzio: nativo del Lazio, dotto umanista prima di diventare stampatore ed editore di opere classiche egli giunse a Venezia quarantenne e vi operò dal 1489 al 1515, pubblicando più di trenta volumi classici, soprattutto greci, (Archimede, Omero, Esopo), in lingua originale, e la famosa e splendida opera “Hypnerotomachia Poliphili” (1499) di, si dice Francesco Colonna, sacerdote veneziano, e xilografie  di   Mantegna,     ma la storia di questo libro ed il suo significato alchemico è così importante che ne parlerò a parte.

Marchio_Tipografico_aldo_Manuzio-b1f27.jpg250px-Aldo_Manuzio_Aristotele.jpgDa Hypnerotomachia Poliphili.jpgLe edizioni Aldine divennero famose ed inconfondibili, non solo per l’alta qualità della stampa e delle decorazioni, ma anche dalle dimensioni dei volumi, che dal formato “in folio” fu ridotta “in ottavo”;

Tale riduzione unita all’uso di una carta più sottile ma resistente resero il libro molto più maneggevole.

L’attività editoriale veneziana del cinquecento fu connotata da una grande apertura culturale: venivano pubblicati libri in latino, in greco, in volgare, in slavo, in armeno, in Legatura di un libro.gifTorchio per stampa.jpgebraico oltre che le prime e più belle edizioni musicali.

08bembo.jpgDice sempre il Moretti: Proprio al libro di un patrizio veneziano, edito a Venezia, ” Prose della volgar lingua” di Pietro Bembo, l’Italia dovrà la costituzione della sua lingua letteraria sui modelli di Petrarca e di Boccaccio.

E proprio la presenza di Francesco Petrarca che nella Serenissima abitò nel 1362 in un casa donatagli dal Senato sulla Riva degli Schiavoni, prima di trasferirsi ad Arquà, ed il dono alla Marciana della sua preziosa raccolta di manoscritti, furono  certamente elementi determinanti per avviare l’apertura in senso italiano della cultura veneziana, che, perdendo la propria provincialità divenne l’elemento propulsore della nuova letteratura in “volgare”.

immagine del frtontespizio di un libro di Manuzio.jpgLa Repubblica veneziana, con una classe dirigente formata prevalentemente da un ceto aristocratico colto e raffinato, seppe capire l’importanza della cultura come fattore determinante del prestigio politico e di conseguenza facilitò la venuta e l’operosa pemanenza a Venezia delle più diverse personalità, non restingendosi in campanilistiche preclusioni.

Menti illuminate in una città fortemente portata all’arte, alla bellezza, alla capacità di rapportarsi con gli gli altri, in tutti i settori.