Browsing "Società veneziana"

La Magia e la Malizia del Teatro del 500 a Venezia

Commedia italiana.jpgcompegnie della Calza.jpgAbbiamo raccontato dell’origine delle Compagnie della Calza a Venezia, gruppi di giovani che si riunivano per costituire eventi e rappresentazioni nei palazzi, nei teatri ed anche per i campi ed i campielli a Venezia.

Menego o meneghino, personaggio del Ruzante.jpgimmagine teatrale da un'opera del Ruzante.jpgIl Ruzante.jpgTra le opere da loro rappresentate vi furono diverse commedie del Ruzzante ( Angelo Beolco) commediografo padovano (1500-1542) che proprio per le sue caratteristiche di semplicità e di immediatezza erano ben gradite al pubblico veneziano. Bastano infatti alcune parole del prologo della “Betia”, recitata in dialetto padovano a Palazzo Ducale a Venezia il 5 Maggio 1523 per chiarire la posizione realistica del Ruzzante: ” il naturale tra gli uomini e le donne è la più bella cosa che ci sia, e perciò ognuno deve andare per la via diritta e naturale, perchè quando tu cavi la cosa dal naturale essa s’imbroglia. Ma perchè gli uccelli non cantano mai così bene nelle gabbie, come fanno sui salici, nè le vacche fanno mai tanto latte nella città, quanto ne fanno fuori, alla rugiada, allo stato selvatico?…”

maschere della commedia.jpgUno dei più grandi ammiratori di Ruzzante fu Galileo Galilei.

Machiavelli.jpgLa Mandragola.jpgNaturalmente furono rappresentate anche commedie del Teatro Classico, come calmo03.jpgcommedia di Andrea Calmo.jpgi <Menaecmi”, l”Asinara” e il ” Miles Gloriosus di Plauto, e l'”Adelphi” e l” Andria” di Terenzio, ma secondo il gusto dei veneziani, del loro spirito libero, le opere buffonesche furono quelle più gradite, come quelle a dir poco “salaci” di Pietro Aretino e Andrea Calmo, la Mandragola” di Machiavelli, la ” Calandria” del Bibiena e la “Cassaria” dell’Ariosto.

Ma il capolavoro delle scene Veneziane in quell’epoca fu il dramma ” La Venexiana”, compiuto intorno al 1535 e in cui La Calandria di Bibbiena.jpgPietro aretino 1.jpgl’autore, ignoto, è riuscito tracciare una storia d’amore in un incantevole ” momento di vita”: ” Non fabula, non comedia ma historia” è premesso nel sommario del testo: episodio di vita vissuta con preciso legame dei luoghi, non racconto inventato.

venexiana.jpg” E’ un’indicazione recisa e precisa di volontà espressiva e rappresentativa dell’autore, dice V. Branca, il quale genialmente fuse le intenzioni satiriche e vendicative contro certe famiglie ( che erano all’origine del provvedimento contro il teatro licenzioso e che nella “Venexiana” sono scoperte nei loro segreti d’alcova) con l’affascinante e potente intenzione della società veneziana, colta in uno dei momenti più splendidi e voluttuosi.

Nicolò Barbieri.jpgIl teatro, per la libertà del linguaggio e comportamento del pubblico e degli attori, venne sempre più in sospetto alla Repubblica e particolarmente alla Compagnia dei Gesuiti che ottenne un decreto nel 1581 contro le rappresentazioni delle commedie, provvedimento poi revocato in seguito.

 

Le testimonianze dei miracoli della Santissima Croce a Venezia: una sospensione nel tempo e nello spazio di questa meravigliosa ed unica città

Sa Giovanni EvangelistA.jpgC’è un periodo veneziano, che va dal 1496 al 1501, in cui alcuni pittori di grande rilevanza ed espressività, lasciarono il loro segno, la loro testimonianza, quasi fotografica, della Venezia di quegli anni specifici. Vittore Carpaccio, Giovanni Mansueti, Gentile Bellini , Lazzaro Bastiani e Benedetto Diana.

Scuola Grande di S. Giovanni evangelista_ Lazzaro Bastiani e il dono della Reliquai della Santissima Croce.jpgLo scrigno, causa e conservatore di queste memorie fu la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Scuola fondata nel 1261, della corporazione dei Battuti, una delle più rinomate e conosciute della Serenissima, dedicata alla devozione a San Giovanni Evangelista.

Nel 1369 Phlip de Mazieres , cancelliere del Regno di Cipro e di Gerusalemme giudicò tale corporazione degna di ospitare la reliquia di un frammento della Santissima Croce di Cristo, per cui decise di donare questa reliquia a questa Schola.

Proprio in seguito a questo dono, di incommensurabile valore, la Schola venne ristrutturata, grazie alle donazioni dei fedeli più o meno abbienti, e dal 1414 al 1420 essa venne ricostruita: Definita Scuola Grande, il consiglio dei dieci decise di arricchire il “contenitore” di tale reliquia di opere d’arte.

Gentile_Bellini_004.jpgVittoreCarpaccioMiracoloReliquiaSantaCroce.jpgA tale scopo, per ogni miracolo che la Santissima Reliquia operò , vennero incaricati artisti presenti all’epoca per darne quasi una sequenza direi “fotografica” degli eventi, cristallizzando in questo modo una Venezia antica, ma, per chi percorre quelle calli, attraversa quei ponti è  talmente attuale che ci si trova come intrappolati in un “ingorgo” spazio temporale, per cui, attraversando il ponte di San Lio, o attraversando il Canale di San Lorenzo la vita che si svolge intorno è quasi la stessa, i Palazzi, affacciati nei campi o nei Rii sono i medesimi che, alzando gli occhi sono li, testimoni “muti” di un passato che è ancora fremente e vivo salendo quei gradini, o guardando una finestra di una casa in cui la padrona batte i suoi tappeti, fa prendere aria alle stanze.

Mansueti. Il miracolo della Croce aSan Lio.jpgQuesta è Venezia, questa è la realtà di una città sospesa non solo tra gli elementi (aria, terra, acqua) ma anche nel tempo, per cui non c’è bisogno di immaginare come in un film di fantascienza un viaggio in tale dimensione, poichè il passato è sempre qui, presente, basta soltanto immergersi…guardando con gli occhi delle persone che, con lo sciabordio della laguna si ritrovano a navigare sulle gondole, a quelle che, curiose, vogliono seguire le varie processioni, a San Marco, o sbigottite assistono alla caduta della Reliquia nel Rio di San Lorenzo, ( testimone comune Caterina Cornaro, ex regina di Cipro)  ed al suo recupero permesso miracolosamente soltanto al Capo della Scuola.

Vittore Carpaccio, con la sua realtistica testimonianza, ci porta in un’epoca passata: il Ponte di Rialto è ancora in legno, anche se i Palazzi rappresentati sono ancora presenti ( a parte il fondaco dei Persiani, andato bruciato ), ma il vivere veneziano è rappresentato, tale e quale come ora!!!

134px-Giovanni_di_Niccol%C3%B2_Mansueti_005.jpgI miracoli (veri o finti) rappresentati in quei quadri vanno dalla guarigione dell’ossesso(Miracolo della Croce a Rialto del Carpaccio) al miracolo rappresentato dal Mansueti in cui, in occasione di una processione , la reliquia cade nel Canale di San Lorenzo, e l’unico che riesce a recuperare la reliquia fu Andrea Vendramin, Guardian Grande della Scuola.

Miracolo della Santissima Croce a San Lio del Mansueti.jpgE di seguito altri miracoli rappresentati; Guarigione di Pietro Ludovici,  (Gentile Bellini) guarigione della figlia di Benvegnudo da San Polo (1501 circa), la guarigione dell’ossesso che al grande  Carpaccio dette l’opportunità, riprendendo in un breve scorcio alla sinistra in alto del miracolo, della vita vera, pullulante, direi  metropolitana di uno Stato veramente particolare, unico, meraviglioso, ed in cui, camminando tra i ponti, guardando i palazzi e specchiandoci sui rii il cielo stesso riflette la Venezia vera, forte, giusta, veramente democratica Repubblica di cui i Veneziani di origine possono essere orgogliosi, e io, almeno, mi sento tale!! Ora i teleri sono raccolti e custoditi presso le Gallerie dell’Accademia a Venezia!

 

La storia di Palazzo Ducale a Venezia, ed i suoi costruttori, maestri muratori e meravigliosi artigiani artefici di tanta bellezza.

palazzoducale1.jpgIl Palazzo Ducale, mirabile esempio di gotico fiorito, come ci appare oggi è formato da tre parti: una lungo il Rio di Palazzo, un’altra verso il bacino di San Marco che risale al 1340 ed è l’elemento originario, e la parte che da sulla Piazzetta.

Le parti successive sono state sviluppate da questo primo nucleo verso la fine del 1300, e sono di straordinaria novità per la struttura, la forma architettonica delle ali, e con funzioni, all’epoca, di governo, di amministrazione giudiziaria e di abitazione del Doge.

Il 28 Dicembre del 1340 il Gran Consiglio stanziò la somma di circa 10.000 ducati( somma molto ingente ) per la costruzione di un’enorme sala che potesse contenere 1,212 membri che facevano parte del Maggior Consiglio: a Ducale%20sala%20Maggior%20Consiglio.jpgquesto elemento era delegato il potere legislativo di cui facevano parte quello del Senato ( consiglio dei Pregadi) l’ordine esecutivo ( Doge e Ministri) e giurisdizionale ( Il Consiglio dei Quaranta).

Sebastiano Ziani.jpgLa storia del Palazzo si configura mediante varie ricostruzioni in tre epoche distinte: una palazzo-ducale-balcone_JPG.jpgDoge Michele Steno.jpgprima quindi, coeva alla formazione della Città ed alla costruzione della Basilica di San Marco, subito dopo il trasporto del corpo dell’Evangelista Marco nell’828; una seconda voluta dal Doge Sebastiano Ziani e composta da tre edifici separati, e la terza, compiuta nella seconda metà del 1300 e nel primo quattrocento, ed è quella che noi possiamo vedere. Nel 1404 il doge Michele Steno fece costruire da Pier Paolo e Paolo delle Masegne un balcone – tabernacolo sui cui domina la statua della Giustizia, dogma su cui la Serenissima basava uno dei suoi cardini, e rappresentata innumerevoli volte con statue e rappresentazioni allegoriche nei vari edifici della Repubblica.

Nella deliberazione del Maggior Consiglio del 21 settembre 1415 si scala dei giganti.jpgfece presente l’urgenza di costruire una nuova scala d’accesso per la sala  di riunione dei suoi membri  e successivamente il 27 settembre 1422 sempre il Maggior Consiglio decise di sostituire il vecchio palazzo, dove si amministrava la giustizia, che sorgeva lungo la Piazzetta verso la Chiesa di San Marco, con la continuazione del nuovo palazzo affichè corrispondesse al ” solenissimo principio nostri Palaci novi”.

Scultura sulla facciata.jpgL’opera di demolizione della vecchia costruzione e di continuazione del nuovo Palazzo dalla capitelli gotici.jpgsettima colonna alla Porta della Carta ebbe inizio il 27 marzo 1424. Le statue in pietra d’Istria, di cui abbiamo già parlato, ed il capitelli gotici ed esoterici vennero riportati e ridistribuiti nel nuovo edificio.

Lo spazio occupato prima dai vari edifici e poi dell’unico che ne risulta è  il medesimo , e per diverse ragioni si ritiene che la facciata di Palazzo Ducale verso la Piazzetta dovesse avere le proporzioni dell’Ospizio Orseolo in Piazza San Marco, come appare nel quadro di Gentile Bellini del 1496 ” Processione in Piazza San Marco”.

Non si conoscono i nomi degli architetti che idearono prima le varie componenti, quindi il Palazzo così come lo vediamo ora: i documenti fanno cenno ad un Maestro Enrico, poi Pietro Baseggio e Filippo Calendario, che morì nella congiura di Marin Faliero del 1355.
Sembra quindi, come ipotizzato da Elena Bassi che ha studiato con profonda cura tutta l’architettura del Palazzo, che l’ideazione dell’edificio risalga ai Procuratori “incaricati dal Governo di seguire i lavori con le maestranze”.

taiapiera.jpgI documenti parlano quindi dei ” maestri muratori” o taiapiera, ( legati come sappiamo dalla corporazione e dalla prima loggia massonica a Venezia, che lasciarono le loro tracce  nei capitelli esoterici e gotici del porticato)), e si intuisce che dietro a quel gruppo c’era la mente illuminata che guidava i lavori, ma, come era uso nel medio evo, questa persona restò anonima poichè la Repubblica assegnava la responsabilità, il merito o il demerito di un’opera all’incaricato politico di eseguirla.

Gentile_Bellini_004.jpgPalazzo Ducale nacque quindi dalla prassi artigianale, che a Venezia perdurò molto più a palazzoducale2.jpglungo di altri centri italiani anche a motivo della particolare e connaturale conformazione della città.Artigiani artisti, decoratori meravigliosi, maestri falegnami e il gusto unico prettamente veneziano, città occidentale ed orientale insieme miracolosamente sorta tra le acque della laguna e, con tutti i suoi enormi problemi, ancora qui, tutta da godere, da esplorare e da amare.

Andar per bacari a Venezia

Volevo fare un omaggio agli innamorati, fortunati e saggi che sono a Venezia oggi,  ma anche a chi, per la gioia degli occhi e del luogo incantato hanno deciso di venire a Venezia per vivere qualche ora in questa fantastica città!

Ed allora, con l’amore e con il divertimento il mangiare bene è un elemento determinante.

A Venezia esiste il Bacaro, luogo dove si mangiano i “cicheti” da ciccus, piccola quantità, cioè assaggi di cibo delizioso e tipicamente veneziano, e bac, da Bacco, quando è logico e naturale accompagnare il cibo con una sana “ombra” (bicchiere ) di vino.

Ecco che allora trasmetto a chi è interessato ad assaggiare le vongole saltate, la bottarga, le cicale di mare lessate, il Baccalà Mantecato (una delizia) seppioline in umido,
cappe sante al forno, moeche fritte, cozze saltate e Carpaccio. 

Oppure bigoi in salsa, gnocchi di patate, pasta e fasioi, , risi e bisi, risotto di vongole, riso con asparagi e riso con la salsiccia.

Branzino al forno, cefalo ai ferri, coda di rospo lessata, polpetti lessati e conditi, frittura di pesce misto, le famosissime sarde in saòr, sarde fritte, seppe col nero e seppoline arrosto.

Poi il fegato alla veneziana, anara ripiena con immancabile polenta.

Alla fine i bussolà ed i baicoli.

Dove mangiarli:

dalla Marisa ai 3 Archi
Osteria alla Vedova, calle del Pistor
al Bagolo, Campo S. Giacomo dall’Orio
Alle Alpi da Dante vicino Salizzada S. Francesco
Ai do Mori a Rialto
Al Garanghelo S. Polo
Ai promessi sposi in Strada Nova
Enoteca Do Colonne a S. Marquola
Da Lele ai Tolentini

Gen 4, 2011 - Leggende, Luoghi, Misteri, Personaggi, Società veneziana, Spionaggio e congiure    Commenti disabilitati su La testa decapitata ed il biscione sul campanile di San Polo: la triste ed intricata storia del Conte di Carmagnola.

La testa decapitata ed il biscione sul campanile di San Polo: la triste ed intricata storia del Conte di Carmagnola.

Sopra il portale del Campanile di Campo S. Polo è raffigurata, in modo potente, una vicenda di tradimenti multipli, testimonianze di un periodo di lotte e battaglie per l’espansione delle varie Signorie del nord Italia e della Repubblica di Venezia, di cui fu artefice o vittima (è ancora tutto da appurare) una famosa figura di condottiero, il Conte di Carmagnola.

Francesco Busone nacque a Carmagnola nel 1382 da una famiglia di umili origini, e fino all’adolescenza fece il guardiano di pecore, ma tanta era la sua sete di avventura e la passione per le armi che ben presto si arruolò come soldato di ventura.

Divenne prima guerriero per Bonifacio (Facino)  Cane, scegliendosi il nome di Carmagnola e immortalando nel 200px-Facino_Cane.pngGianGaleazzo-Visconti-209x300.jpgFilippo Maria Visconti.jpgsuo stemma tre agnelli, come simbolo della sua provenienza. In poco tempo divenne un bravissimo soldato e stratega, e nel 1411, come Capitano di Ventura attuò il suo primo tradimento a danno di Facino, e si pose agli ordini di Gian Galeazzo Visconti; rimase ai suoi ordini e a quelli di Giovanni Maria, seguendo quindi la sua vedova  andata sposa a Filippo Maria Visconti, prendendo le loro parti nella lotta per la Signoria di Milano contro Astorre Visconti.

Dopo questa ed altre prove di valore Filippo Maria gli donò il feudo di Castelnuovo Scrivia, gli diede in moglie la figlia illegittima Antonia Visconti: fu così che si potè fregiare del titolo di Conte di Carmagnola, ed aggiunse nel suo stemma il biscione Visconteo. La sua fama e le sue capacità però biscione-visconteo.jpgCarmagnola.jpgAmedeo VIII di Savoia.jpgfacevano paura a Filippo Maria, ed il condottiero allora cercò rifugio presso Amedeo VIII di Savoia, il quale, onde evitare di rompere i delicati equilibri che mantenevano la “pace” tra i due stati, lo respinse.

Il Carmagnola decise allora di porsi al servizio della Serenissima: il 24.2.1425 divenne Capitano di Ventura per la Repubblica di Venezia, mentre il Visconti gli aveva requisito il feudo e tutti i suoi beni, ed emanato l’ordine di ucciderlo.

Nel frattempo Firenze, impegnata in una guerra contro il ducato di Milano chiede a Venezia, a Ferrara, a Mantova ed al Monferrato di battaglia di Maclodio.jpgPapa Martino V.jpgunirsi in una Lega per conbattere i milanesi. Le truppe vennero affidate al Carmagnola il quale con il sostegno del veneziano Francesco Bembo conquistò Brescia, costringendo così i Viscontei a chiedere la pace, ma la Serenissima non si accontentò, voleva espandersi, e le ostilità proseguirono fino alla battaglia di Maclodio (il 12 ottobre 1427).

E proprio in questo vittorioso frangente che il Conte commise il suo primo errore: non si pose all’inseguimento dei molti soldati milanesi in fuga, li lasciò fuggire.

Il trattato di pace del 18 aprile 1428, con la mediazione del Papa Martino V non tranquillizzò però la Serenissima: i confini con i Visconti erano troppo vicini, e per giunta il duca milanese restituì al condottiero le sue terre. Fu così che nel 1429 il Conte di Carmagnola chiese a Venezia lo svincolo dal suo contratto per un anno, ma il Consiglio dei Dieci respinse tale richiesta, anzi, per cercare di trattenerlo, gli aumentò il soldo a mille ducati al mese per un periodo di due anni.

AssedioSoncino_000.jpgdoge Francesco Foscari.jpgNel 1430 la fragile pace si ruppe ed il doge Francesco Foscari richiamò con una lettera del 15 dicembre il Condottiero ai suoi doveri: ma la sua azione apparve lenta e l’assedio a Soncino si concluse con una disfatta, centinaia di cavalieri perduti, nessun aiuto alla flotta che attendeva il suo arrivo e l’altro condottiero Guglielmo Cavalcabò in attesa del suo arrivo dovette rifugiarsi precipitosamente a Cremona.

Il Conte non sapeva che da almeno un anno era sotto stretta sorveglianza e controllo da parte di dieci osservatori i quali erano convinti del tradimento del condottiero. Ignaro di tutto e sicuro di sè il Conte di Carmagnola venne invitato a Venezia col pretesto di consultazioni per la pace, e accolto con tutti gli onori, ma appena giunto a Palazzo Ducale, l’8 Aprile 1432 venne immediatamente arrestato, subì un processo e venne giudicato dal ” Collegio secreto” che lo condannò alla pena capitale.

conte di Carmagnola.jpgIl 5 Maggio 1432 il Conte venne decapitato in piazza San Marco.

La verità sul suo tradimento non venne del tutto acclarata, anzi , sembra proprio che anch’egli fu vittima dei tradimenti dei ducati di Ferrara, Mantova e Monferrato i quali, temendo l’espansione di Venezia nella terra ferma ritirarono le proprie truppe a Soncino, lasciandolo da solo, ed a ciò si aggiunse il voltafaccia di Amedeo VIII di Savoia che con il matrimonio concordato tra sua figlia Maria e e Filippo Maria Visconti lo abbandonò al suo destino.

100_1427.jpgSul portale del campanile di San Polo sono raffigurate due immagini: una, quella a destra, rappresenta un leone che mostra una testa decapitata (che tanti attribuivano o attribuiscono alla vicenda di Marin Faliero), ma la prova 100_1426.jpgche si tratti della testa del 100_1428.jpgConte di Carmagnola è comprovata dal leone di sinistra, avvinghiato in una lotta mortale con un biscione, simbolo dei Visconti ed anche dello stemma del povero Francesco Bussone, Conte di Carmagnola, a cui Alessandro Manzoni dedicò 100_1429.jpg100_1431.jpg100_1432.jpg100_1434.jpg100_1435.jpgun romanzo, proclamando la sua innocenza: come si sa Venezia era uno stato attento alle Leggi, magnanimo, aperto e giusto, ma quando si trattava della sicurezza dello Stato e di tradimenti fu sempre spietata!

Tra passato e futuro a Venezia: i due mori.

4mori.jpgla-torre-orologio-di-venezia-piazza-san-marco-big.jpgTra passato e futuro: ecco che il tempo rimane in sospeso per due minuti sulla torre dell’orologio di Venezia: una campana ed ai lati due enormi automi in bronzo (chiamati per il loro colore i due mori): fusi da Ambrogio delle Ancore nel 1497 e costruiti con il corpo snodato all’altezza della vita, recano in mano una mazza per uno, con cui percuotono, al battere di ogni ora, la campana posta al centro.

Se è certa l’opera del fonditore, ancora da attribuirsi l’ideazione delle due statue: c’è chi dice Paolo Savin, chi Alessandro Leopardi o Antonio Rizzo,non  così per la campana, sormontata da un globo dorato ed una croce, che reca inciso il nome del suo ideatore, un certo Simeone.

I due automi hanno un aspetto diverso: l’uno, autorevole e forte, il cui viso è contornato da Moro%20e%20campana%201.jpgTorre%20particolare%20Moro.jpguna barba che gli dona un aspetto più vecchio, più vissuto, per l’ideatore del marchingegno è l’emblema del passato, e come tale percuote con la sua mazza la campana un minuto prima dello scadere dell’ora, il secondo, la cui fisionomia propone un giovane uomo nel pieno della sua gioventù rappresenta il futuro, e per questo motivo il suo battere la campana avviene un minuto dopo dello scadere dell’ora: lo scorrere del tempo, la rappresentazione del presente che sta a mezzo trà passato e futuro, tutto questo su una terrazza con una vista mozzafiato su Venezia ed il bacino di San Marco.

Con l’orologio ed il suo simbolismo ecco che la Torre dell’orologio a San Marco a Venezia propone enigmaticamente tutto ciò che riguarda il tempo: le stagioni, i segni zodiacali legati ai mesi, il passato, il presente ( naturalmente interlocutorio perchè mentre si vive diviene già passato)..l’armonia del mondo, il passato e il divenire: e tutto questo è Venezia, simbolo di un passato vissuto sempre un passo avanti degli altri Stati, ed un futuro che è stato ma che continua ad torre2tb.jpgTorre%20orologio.jpgessere, una città senza tempo, sospesa, magica e misteriosa, in simbiosi con la sua essenza acquea, un continuo sciabordio di onde che vanno e vengono…un continuum tra passato…fuggevole presente, e futuro: emanazione unica di qualcosa di straordinario!!

 

Dic 5, 2010 - Società veneziana    5 Comments

La Venezia dei Veneziani: espressione di arte ed artigianato per renderla preziosa, come ora!!!

Venezia_-_Mascherone_con_rictus_facciale_-_Foto_G__Dall%27Orto,_2_lug_2006_-_01.jpgConsiglo dei Dieci.jpgLa negazione dell’arbitrio individuale, così severamente perseguita dal Consiglio dei Dieci ebbe il suo specchio immediato nella conformazione della città, la quale non sarebbe stata pensabile senza quel rigido e perenne sguardo dall’alto  sull’operare del cittadino, nella cerchia privilegiata della capitale.

Venezia ebbe dal suo sorgere il privilegio della difesa naturale che rendeva i cittadini completamente sicuri dal arsenale-di-venezia.jpgpericolo dei nemici esterni (la laguna rappresentava una difesa ideale, molto superiore a qualunque cerchia di mura cittadine, o di altri sistemi di difesa).

L’aggregato cellulare interno, così ricco di piccoli nuclei di spazi, tra campielli, canali, i campi, era facilmente sorvegliabile in mezzo ad una comunità che si controllava reciprocamente , nella stessa trama urbana in cui era raccolta.

La città, formatasi strutturalmente romanico-bizantina, e poi gotica, restò sempre tale, cioè come si presentava nel 1400, anche se in seguito vi furono modifiche rivoluzionare, barocche etc.

La dottrina del Consiglio dei Dieci garantì per secoli una linea di condotta allo Stato: questa linea di condotta ebbe un influsso anche in ciò che fu costruito e nel modo in cui ciò fu costruito!

calle_in_Venezia.jpgFu la volontà popolare che formò le cellule così preziose della città: casa, chiesa, palazzo, ponte, fondamenta, campiello sarebbero stati impensabili se fossero stati imposti dall’alto.

Non c’è città al mondo così artigiana come Venezia, fatta con il gusto artigiano, cioè anche nelle parti più minute ed inafferrabili, comprese quelle che sfuggivano ad ogni classificazione urbanistica.

Fu l’artigiano, assieme ai suoi vicini di casa che primo di tutti godette l’opera d’arte da lui compiuta, nei più diversi modi: capitello, cornice, vera da pozzo, pavimento, intarsio di marmo, portale, stemma, fregio, edicola, colonna, statua o chiave di volta decorata con un volto umano, inferriate eleganti come merletti, simboli di santi, immagini di leggende mescolate con racconti e con insegne di mestieri popolari, animali grotteschi e fantasiosi.

Campo a Venezia.jpgCampo dei Mori.jpgVera da Pozzo a Cannaregio.jpgLa regola che negava l’arbitrio del singolo, tipica del Consiglio dei Dieci, nell’artigianato e nell’arte agì in profondità: Essa fu illuminante nell’arte veneziana attraverso la continuità di pensiero che si imponeva anche nei momenti difficili nella Serenissima, quando il denaro avrebbe potuto imporre un’altra e più impellente ragione di Stato, anche nell’urbanistica stessa, fortunatamente difesa non solo dalle leggi ma anche dalla saggezza popolare.

Mai come a Venezia il popolo indirizzò i propri amministratori verso un modo di concepire lo Stato in totale simbiosi, accettando di venire governati ed amministrati ma imponendo con la propria capacità e volontà un indirizzo preciso che riguardava la sicurezza. la giustizia e la qualità di vita, che, trattandosi di un popolo di mercanti ed artigiani, aveva come primo scopo quello di produrre o scambiare prodotti di alta qualità, arricchendo anche la propria città -Stato di costruzioni, sculture, architettura e pittura degni di un popolo di così elevato senso civico ed estetico, non disgiunto proprio dall’orgoglio del valore intrinseco che riguardava i prodotti dei vari artigiani, dei vari mestieri e delle varie schole; un’isola di cultura vera, di apertura totale verso le altre culture che hanno arricchito ulteriormente questa popolazione preparata, intelligente, attenta alla natura e valida in tutte le proprie espressioni!

Dic 1, 2010 - Leggende, Luoghi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I Colombi a Venezia: “sti venexiani”!!!

I Colombi a Venezia: “sti venexiani”!!!

colombi.jpgI colombi veneziani,  croce e delizia della città: padroni incontrastati di Piazza San Marco, ma solo li: gli altri campi di Venezia sono terreno di scorribande anche di gabbiani e passeri, in una popolazione volatile ingorda, per niente timida, orgogliosa, e per dirla tutta, prettamente veneziana.

passeri a Venezia.jpgGabbiano reale.jpgCocae.jpgcolombo-zoppo.jpgChiunque si sieda su una panchina, magari spiluccando distrattamente una fetta di pizza o un tramezzino ecco che si trova in compagnia di questi compagni eterogenei, in competizione: a me è capitato di scorgere tra gli altri un piccione con una zampina sola, altri malformati, mentre i gabbiani (non quelli piccoli e autoctoni, chiamati comuni e in veneziano cocai)) ma quelli enormi e voraci,detti “reali” gradassi che squarciano un sacco delle immondizie in pochi secondi e a volte, cannibali, mangiano volando qualche passeretto o colombo che veleggia da quelle parti.

La dignità di residenza principale comunque l’hanno i piccioni: si narra che provenissero dalla terraferma, accompagnando i profughi di Altino (452 d.c), o che dogaressa veneziana.jpguna coppia di questi uccelli che li legano in coppia e vivono la loro vita insieme, sia stata donata ad una dogaressa triste per la lontananza del suo amato Doge.

Si racconta pure che durante le feste indette per la costruzione della Basilica di San Marco una coppia di questi uccelli, lasciata libera dalla gabbia che era stata consegnata in dono al Doge, volassero subito sotto  la volta dorata del Tempio: il Doge allora diede ordine che  tale coppia venisse nutrita e curata da tutti i veneziani; un’altra leggenda racconta che la domenica delle Palme i rappresentanti dei sestieri donassero al doge una coppia di piccioni, per poi cacciarli e mangiarli la domenica di Pasqua.

Enrico Dandolo.jpgNel 1204 il Doge Enrico Dandolo inviò dei piccioni da Costantinopoli per annunciare la vittoria della Serenissima e la conquista della città, e per la gioia e riconoscenza i veneziani nutrirono e curarono i portatori di tale notizia.

Certo è che i colombi furono utilizzati dai mercanti, dalle spie e dagli ambasciatori veneziani all’estero per comunicare molto rapidamente con la madre patria, e per questo motivo vennero sempre tenuti, nutriti, curati ed utilizzati.

La provenienza quindi non è certa: si dice che siano stati importati da Costantinopoli, Cipro o mercanti veneziani.jpgpiccioni viaggiatori.jpgCandia da mercanti che donando ai Veneziani questi “viaggiatori” speciali li utilizzassero per trasmettersi informazioni circa la percorribilità dei mari e la richiesta di merci particolari.

colombi-venezia.JPGcolombi a Venezia 1.jpgIn pace e in guerra questi particolari “postini” diedero il loro contributo per la crescità, lo sviluppo e la prosperità della Serenissima, e ne ebbero in cambio protezione e cibo. Ora si sono moltiplicati in modo esponenziale, tanto da creare dei problemi ai cittadini e alla città: ma esprimo una preghiera: che si trovi il sistema giusto ed indolore per frenare la loro prolificità e che permanga la loro, a volte anche rumorosa compagnia, in PIazza San Marco, per  colombi a Venezia.jpgcondividere con  questi dolcissimi e fantastici uccelli  una storia importante e bella della nostra straordinaria Venezia.

 

Il “Mostro di Venezia” ed il suo orrido Sguazeto

Anche Venezia ebbe il suo mostro: vicenda che rimase nei suoi annali e, come sempre accadeva, rimase come monito per chi avesse tendenze criminali e orribili:

San Zan àDegolà.jpgIn Campo San Zan Degolà ( S. Giovanni decollato) divenne famosa la ” Taverna da Biagio”, di Biagio Cargnio ( in dialetto Biasio) innanzi tutto per le sue salsicce squisite, Biasio era un luganegher rifinito e bravo, ma, soprattutto, rinomato era il suo “sguazeto”, una sorta di spezzatino, talmente gustoso per gli avventori, che venivano le genti di Mestre per degustare quella specialità.

Accadde un giorno che tra gli avventori capitasse Toni, un carpentiere, persona proba e molto attenta. Naturalmente ordinò una porzione di sguazeto, e con gusto si mise a degustarla: mentre mangiava però, portò la scodella alla bocca per bere il brodo gustoso ma tra i denti rimase una pezzettino probabilmente d’osso: Toni, persona probabilmente schizzinosa sputò l’ossicino e con grande orrore scoprì che non si trattava di osso, no, ma Sguazeto.jpgdi una piccola falange, sicuramente un pezzo di dito di bambino, compresa l’unghia!.

Rimase inorridito, ma nonostante cioò ebbe la lucidità di nascondere il ditino nel fazzoletto, quindi, riposto il ritrovamento nella tasca pagò e uscì.

zandeca.jpgIn poco tempo la taverna venne invasa dai soldati della Quarantia Criminal che, luganeghe.jpgcacciando gli avventori, si ritrovarono nelle cucine ad affrontare una esperienza terribile: parti di bambini tagliati a pezzi, tritati, pronti per diventare salsicce o far parte di quel guazzetto di cui Biasio andava molto orgoglioso e la cui ricetta non aveva voluto mai confidare a nessuno.

Si narra che da molti anni a Venezia erano spariti molti bambini: Il Cargno, scoperto di flagranza di reato confessò i suoi orribili crimini.

quarantia-criminal.pngCondannato a morte, venne trascinato da un cavallo alle prigioni: qui gli furono mozzate le mani e con quelle esecuzione.jpgappese al collo venne prima torturato, quindi trasportato tra le colonne di Marco e Todaro per il supplizio finale: venne decapitato ed il suo corpo diviso in uqatro pezzi, così come aveva fatto ai bambini, e la sua testa esposta in Campo di San Zan Degolà.

La sua taverna e la casa vennero rase al suolo, e l’immagine della sua testa venne riprodotta sul muro vicino al ponte del campo, e , a ricordo di tanto orrore la riva dove anche ora approdano i vaporetti, venne chiamata Riva de Biasio.

testa d'uomo.jpgimmagine bimbo.jpgStoria di orrore, terribile che fa parte comunque del passato di questa città che comunque seppe dare (visti i tempi) una punizione esemplare ad un “mostro”, uno di quegli esseri umani Riva de Biasio.jpgdeviati, terribili, orchi che comunque continuano ad esistere, purtroppo, in tutte le nostre società.

Piccole curiosità veneziane

Ci sono piccole curiosità che riguardano Venezia, informazioni che sembrano nulla rispetto alla storia di questo Stato fantastico, ma che sono comunque rilevanti per quanto riguarda il costume e le usanze, che poi si sono estesi in tutta Europa, e di queste “piccole cose” voglio farne parte a voi:

orecchini_perle_veneziane_rosa.jpgdama con orecchini.jpgorecchini-veneziani-tp_8340738960860162534.pngPalazzo Bragadin-Carabba.jpgDa Palazzo Bragadin – Carabba , il 5 Dicembre 1525 iniziò una nuova moda, che tutt’ora è così diffusa tra le donne, e ripresa negli ultimi tempi anche dagli uomini: La nipote di Francesco Bragadin, in occasione delle  proprie nozze volle ornarsi con collane, anelli e monili vari, compresi i primi orecchini che si fossero mai visti. Il suo viso risaltò ancora più splendido contornato da quei preziosi ornamenti..e le veneziane, così attente ad ogni innovazione della moda, la imitarono, dalle nobili  alle popolane, correndo a forarsi le orecchie e sfoggiando i bellissimi o modesti monili, a seconda delle possibilità, che divennero parte integrante del corredo Orecchini di murrina.jpgdegli “ori”, i preziosi che non mancavano nelle case veneziane.

caterina_cornaro_b.jpgE per l’uso delle donne, del loro incarnato che doveva essere sempre bianco ed omogeneo dal 1763 divenne in auge  una delicata polvere bianca, profumata, che serviva proprio per la bellezza della pelle e per cospargere le parrucche delle dame e dei gentiluomini: la polvere venne chiamata cipria in stretto riferimento all’Isola di Cipro, che era stato dominio Veneziano e prima ancora l’isola di Venere, la dea della bellezza.

L’origine di questa composizione sembra provenga dalla Cina, regione già visitata da Marco Polo , da dove il famoso mercante e gli altri componenti della carovana importarono diverse spezie, usi ed abitudini.

profumiere.jpgLa fabbrica venne posta in Frezzeria, li dove prima c’era la produzione delle frecce, e la polvere venne messa in vendita presso i “musichieri” (profumieri), che dipendevano dall’ordine dei merciai. La cipria, evoluta e raffinata nel tempo viene ancora venduta in tutte le profumerie del mondo.

Nel 1600, dopo la scoperta dell’America e l’importazione in Europa di nuovi prodotti fino ad allora sconosciuti, fu introdotto a Venezia l’uso del tabacco. Le sua vendita fu delegata alle Spezierie, e la Serenissima fu il primo Stato al mondo a costituire monopolio sulla sua commercializzazione.

Già da allora si prevedeva il suo dilagante uso: dapprima venne utilizzato come prodotto da fiuto, conservato in eleganti tabacchiere, alcune prezione ed altre meno; i gentiluomini usavano farne dono galante alle dame, come racconta Casanova nelle sue memorie, alternando questi omaggi ad anelli o guanti e trine preziose.

110_frezzeria041_320X240.jpgspezieria_venezia.jpgI Nobili avevano stilato uno speciale galateo  sulla maniera di fiutare questa polvere e come utilizzare la tabacchiera. Nella prima stampa della sua Gazzetta Veneta, nel 1760, Gasparo Gozzi illustrava con toni scherzosi il vizio del gran uso delle tabacchiere veneziane.

Nel tempo invalse l’uso di fumare il tabacco con delle pipe di ceramica bianca per i nobili, e di terracotta, oggetti che si potevano costruire in casa,  per i popolani: comunque sia non si poteva fumare in strada, ma era consentito l’uso nei caffè, magari accompagnando la “pipata” con un sorso della bollente bevanda. Quale maggior piacere e distensione!!! i la bottega dello Speziale del Longhi.jpgspezieria a Venezia.jpgtabacchiera2.jpgtabacchiera 3.jpgveneziani, aperti a tutte le pipa.jpgesperienze, curiosi e gaudenti seppero dare un senso anche alla vita comune, e tutt’ora è pipe bianche.jpgPIPE1.jpgpipe in terracotta.jpgcosì!!!!!