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Le meraviglie degli ingegneri Veneziani e l’equilibrio della Laguna.

ponte della moneta.jpgcarta della laguna di Sabbadino.jpgLa storia di Venezia si spiega nel connubio tra mare e terra, che costituisce un privilegio ma anche un impegno a ragione della sua singolarità, per cui il mare è amato e temuto come una forza che presiede alla vita stessa della città.

La laguna di Venezia si estende dalle foci del fiume Brenta a sud, quelle del Sile a nord, su una lunghezza di oltre quaranta Km. ed una larghezza variabile dagli otto ai dodici Km. Essa comunica al mappa.jpgLaguna_di_Venezia.jpgmare attraverso tre porti, Lido, Malamocco e Chioggia., cher distano tra loro poco più di dieci Km. Essi si trovano ai due estremi dell’isola lunga e stretta chiamata appunto Lido, che fa da contrafforte al mare, e dell’isola di Pellestrina.

Dall’apice del campanile di S. Marco si puo ammirare la posizione di Venezia nella laguna: da un lato le varie isole di Venezia che fanno corona e dal lato opposto lo stendersi della campagna veneta che inizia al bordo della laguna e giunge, a vista d’occhio fino al profilo lontano delle montagne,

Venezia dall'alto.jpg4921_venezia_canal_grande.jpgCanal Grande mappa.gifLa struttura urbana è rimasta intatta  il Canal Grande predomina sugli altri e si snoda a forma di “S” dividendo la città in due parti per quasi quattro chilometri, e corre probabilmente nell’antico alveo del Brenta che giungeva fino all’isola di Rialto.

Piave.jpg

La regolazione del corso dei fiumi costituì uno degli impegni più ardui e di difficile attuazione: Immediatamente a sud della laguna sboccano due dei maggiori fiumi italiani: il Po e l’Adige, e la loro sistemazione necessitò di imponenti opere idrauliche. Il Brenta, il Bacchiglione il Sile e il Piave, che 400px-Wiki_1610_Taglio_Nuovissimo_Brenta.jpgsboccano sulla laguna, furono convogliati in un alveo opportunamente costruito oppure furono fatti defluire attraverso canali interni.

Tra le opere idrauiliche più imponenti è da ricordare la deviazione del Brenta e del Bacchiglione attuata alla metà del 500 dal famoso ingegnere idrauliuco Cristoforo Sabbadino, che ideò altresì lo spostamento del mappa del Piave.jpgSile.jpgcorso di una delle foci del Po, allontanandolo così da Venezia attraverso “il taglio di Porto Viro”, finito nel 1604.

Col Sabbadino collaborò il cartografo Giacomo Gastaldi, il maggiore cartografo italiano del 500, e al Sabbadino si deve il progetto delle due grandi dighe su mare a Malamocco e al Lido, che venne attuato tre secoili dopo la sua morte.

1565-_Giacomo-Gastaldi-Univ.jpgBacchiglione.jpgtaglio di porto viro 2.jpgIn quest’alveo naturale i maggiori ingegneri della Serenissima dovettero battersi per secoli con coraggiose opere idrauliche che taglio di Porto viro.jpgpermisero alla grandissima Repubblica di mantenersi in un equilibrio terra-mare straordinario, uomini illuminati, competenti e straordinari….la Serenissima , esempio di scienza, capacità e volontà che tutti i veneziani rimpiangono.

 

 

I curiosi anelli di pietra sulle facciate dei palazzi a Venezia.

710626340_2.jpgPalazzo Gaffaro a Venezia.jpgUna curiosità della struttura delle pareti esterne di alcuni palazzi di  Venezia: degli anelli in pietra d’Istria infissi perpendicolarmente, ed, in base alla estensione della parete, in numero di  due a tre. Un esempio eclatante si trova in Palazzo Gaffaro,

Le fonti storiche narrano che l’utilizzo di queste appendici fosse quello di reggere una grossa sbarra di ferro o di legno per infilare poi delle assi verticali. Nel pavimento interno del palazzo si anelli di pietras.jpgtrova una rastrelliera bucata in cui queste assi venivano inserite: lo scopo era quella di creare una protezione all’entrata dei palazzi in cui c’erano attività artigianali con dei magazzini per le merci.

Altro scopo era quello di proteggersi dai ladri, o, nei periodi di saccheggi derivati dalle congiure per rafforzarsi in caso di tumulti armati, nemici, etc.

Nel corso dei secoli questi anelli vennero utilizzati come supporti per stenditoi di panni o di filati tinti, oppure di tende parasole sostenute da pali, ma ancora Fondam_gaffaro_01.jpgcontinua a sfuggire il vero scopo di queste estensioni che continuano ad essere studiate, per cercare di svelare un altro piccolo enigma di questa città straordinaria ed unica.

 

Venezia: centro dell’editoria e della cultura in Europa

Biblioteca-Marciana.jpgbiblioteca-marciana-venezia.jpgIl Tempio della Cultura di tutta Europa fu, nel 1500 la Libreria del Sansovino (edificio splendido e lodato pure dagli architetti contemporanei, come Palladio); il suo prestigio era effettivo dato che Venezia era un centro culturale europeo, basato sulla valorizzazione della cultura classica e legato, oltre che per le opere contenute ( la biblioteca dono del  Cardinale Bessarione, formata da incunaboli, libri scritti in greco, libri arabi, preziose incisioni)) quella di Francesco Petrarca che ne fece dono anch’esso alla Serenissima, ma anche e soprattutto per il rapido sviluppo in questa città dell’editoria.

Le attività imperniate nella nuovissima arte della stampa ebbero infatti a Venezia , alla fine del quattrocento, un Cardinale Bessarione.jpgAntico testamentio scritto in Greco.jpgantico libro del Petrarca.jpgpetrarca.jpgrapido sviluppo che si estese e si consolidò fino al 1500.

Nel 1469 si trasferirono nella Repubblica i primi stampatori tedeschi e, appena quindici anni dopo il primo libro stampato a caratteri mobili da Gutemberg a Magonza, iniziarono la produzione libraria: questa si sviluppò immediatamente sollecitata dalla sempre maggior richiesta di libri soprattutto di cultura letteraria, umanistica e scientifica.

La produzione divenne imponente: prima del 1500 operavano nella città 154 officine che produssero tremila giosue1.gifedizioni, equivalenti a oltre due milioni di copie: ricorda Lino Moretti ( il libro veneziano nei secoli, 1973) che dal 1495 al 97 furono pubblicati in Europa 1821 libri e di questi ben 447 , quasi un quarto, a Venezia.

Nel cinquecento, superata la crisi dei primi decenni, Venezia visse il suo secolo di opulenza che fu anche il secolo d’oro della stampa Veneziana. In questi cento anni si annoverarono 493 ditte tra tipografi, editori e librai.

Oltre al numero i libri veneziani erano apprezzati e riconosciuti per alcuni pregi intrinseci: la qualità della carta che veniva da Fabriano nelle Marche o dal Friuli, la nitidezza dei caratteri e la raffinatezza delle illustrazioni e delle decorazioni in cui si rifletteva lo splendore dell’arte Veneziana di quel periodo: la pregevole fattura delle rilegature specie quelle in pelle di ispirazione persiana.

manuzio.jpgAldo Manuzio a sinistra.gifLa personalità che più contribuì al prestigio europeo del libro veneziano di Aldo Manuzio: nativo del Lazio, dotto umanista prima di diventare stampatore ed editore di opere classiche egli giunse a Venezia quarantenne e vi operò dal 1489 al 1515, pubblicando più di trenta volumi classici, soprattutto greci, (Archimede, Omero, Esopo), in lingua originale, e la famosa e splendida opera “Hypnerotomachia Poliphili” (1499) di, si dice Francesco Colonna, sacerdote veneziano, e xilografie  di   Mantegna,     ma la storia di questo libro ed il suo significato alchemico è così importante che ne parlerò a parte.

Marchio_Tipografico_aldo_Manuzio-b1f27.jpg250px-Aldo_Manuzio_Aristotele.jpgDa Hypnerotomachia Poliphili.jpgLe edizioni Aldine divennero famose ed inconfondibili, non solo per l’alta qualità della stampa e delle decorazioni, ma anche dalle dimensioni dei volumi, che dal formato “in folio” fu ridotta “in ottavo”;

Tale riduzione unita all’uso di una carta più sottile ma resistente resero il libro molto più maneggevole.

L’attività editoriale veneziana del cinquecento fu connotata da una grande apertura culturale: venivano pubblicati libri in latino, in greco, in volgare, in slavo, in armeno, in Legatura di un libro.gifTorchio per stampa.jpgebraico oltre che le prime e più belle edizioni musicali.

08bembo.jpgDice sempre il Moretti: Proprio al libro di un patrizio veneziano, edito a Venezia, ” Prose della volgar lingua” di Pietro Bembo, l’Italia dovrà la costituzione della sua lingua letteraria sui modelli di Petrarca e di Boccaccio.

E proprio la presenza di Francesco Petrarca che nella Serenissima abitò nel 1362 in un casa donatagli dal Senato sulla Riva degli Schiavoni, prima di trasferirsi ad Arquà, ed il dono alla Marciana della sua preziosa raccolta di manoscritti, furono  certamente elementi determinanti per avviare l’apertura in senso italiano della cultura veneziana, che, perdendo la propria provincialità divenne l’elemento propulsore della nuova letteratura in “volgare”.

immagine del frtontespizio di un libro di Manuzio.jpgLa Repubblica veneziana, con una classe dirigente formata prevalentemente da un ceto aristocratico colto e raffinato, seppe capire l’importanza della cultura come fattore determinante del prestigio politico e di conseguenza facilitò la venuta e l’operosa pemanenza a Venezia delle più diverse personalità, non restingendosi in campanilistiche preclusioni.

Menti illuminate in una città fortemente portata all’arte, alla bellezza, alla capacità di rapportarsi con gli gli altri, in tutti i settori.
 

 

Set 8, 2011 - Architettura, Arte, Mestieri, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su I mobili del settecento veneziano e i loro autori: i geniali artigiani della Serenissima.

I mobili del settecento veneziano e i loro autori: i geniali artigiani della Serenissima.

palazzo-zenobio-sala-ballo.JPGI palazzi veneziani avevano una propria conformazione: grandi saloni di rappresentanza, e poi piccoli salotti riccamente decorati ed arredati con mobili particolari e famosi in tutta Europa, lampadari e specchi (naturalmente in vetro di Murano).

Nel settecento si facevano sentire profondamente a Venezia l’eleganza, lo stile, il senso di misura, la ricercatezza, in una parola dell’alta società europea che frequentava le corti e le ambasciate.

01_tavolo_dorato956.jpg22432-armadio-veneziano-del-xviii-secolo-laccato-con-decorazioni-floreali-e-decori-a-mascheroni-big.jpgIl riflesso fu immediato anche nelle opere di arte applicata, eseguite per quelle classi privilegiate che vivevano nelle dorate cornici dei salotti veneziani. La qualità artigianale dei mobili laccati, dei lampadari di Murano, delle specchiere, dei velluti rasati, le maioliche e porcellane che si collegavano armonicamente con l’alta qualità degli stucchi degli arredi e perfino dei pavimenti “alla veneziana” che si ottenevano con un impasto di frammenti lapidei e lucide scaglie di marmo variamente colorate.

I più bei mobili del settecento erano decorati dalle straordinarie colorazioni delle lacche e tecniche carezzonico.giffalegnami veneziani.jpgdiverse nelle quali trovava sfogo un estro decorativo pittorico popolare ed aristocratico a un tempo che apparteneva alla corporazione dei “depentori”.

Tra i mobilieri veneziani non si trovano grandi nomi, ma gli artigiani furono stimolati ad inventare nuovi tipi di colori e nuove decorazioni.

Il laccatore ” dice il Morazzani ( mobili veneziani laccati), doveva accuratamente levigare la superficie lignea sulla quale stendeva un velo di mobil leccato.jpgmobile barocco.jpgpastiglia ottenuta sciogliendo nella colla di guanto del gesso sottilissimo , anzi, impalpabile.

mobile laccato.gif

Questo sottilissimo strato , sotto il quale scomparivano le connessure a sua volta era coperto da altri strati di mobile veneziano.jpgmobili a Cà Rezzonicol.jpgstucco caldo avendo cura, che la sovrapposizione di strato a strato avvenisse solo quando l’antecedente fosse secca: questa preparazione, una volta ben levigata rivestiva come una tenace epidermide tutto l’oggetto: una volta ben essiccato, con fine carta vetrata e con l’agata veniva lisciato e levigato in modo da togliere ogni minima asperità a fargli acquistare al tatto una caratteristica morbidezza”

Allora si iniziava l’opera di decorazione, prima col dar la tinta di fondo poi con dipingere i motivi e le decorazioni ornamentali, usando colori a tempera.

cassettiera del 700 veneziano.gifpoltyrona dorata.jpgOttenuta la completa essiccazione della pittura, il laccatore la difendeva sotto molteplici strati di “sandracca”che aveva praticamente la stessa funzione della invetratura delle maioliche e delle porcellane, essendo essa compatta, liscia, brillante e morbida al tatto.

Ecco infine l’opera dell”indoratore”, artigiano di grande tradizione in quanto le dorature venivano usate un pò su tutto, tanto che anche sui contratti per le commesse dei quadri erano previste anche le cornici si richiedeva esplicitamente ” l’uso di oro zecchino”.

Sedia in ebano di Brustolon.jpgribalta-veneta.jpgNel settecento i “depentori” dei mobili ebbero la classificazione della loro arte, distinta da quella dei pittori e da quella degli indoratori: la grazia del mobile laccato veneziano nasceva quindi dall’armonica collaborazione delle varie arti, ambientata tra i campielli della città che vedeva insieme nomi di illustri artisti e di oscuri ma abilissimi e geniali artigiani che sono sempre stati alla base della ricchezza, della cultura e delle risorse della Serenissima.

Set 2, 2011 - Cucina venexiana, Leggende, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il pan de Megio e il doge Megioto a Venezia

Il pan de Megio e il doge Megioto a Venezia

Fondamenta del Megio con fondaco.jpgFontego del Megio.jpgIl sestiere di S. Croce conserva tra i suoi edifici il fontego del megio: era una magazzino costruito nel 1300 con approdo adiacente al Fondaco dei Turchi. Questo magazziono era destinato inizialmente allo stoccaggio del grano, ma in seguito vennero conservati anche cereali di meno valore destinati a riserva in caso di carestie, proprio per il pericolo delle truppe turche, tra cui il miglio (megio in veneziano).

A stivarlo nel fondaco ci pensò il Doge Pietro Loredan, uomo giusto,  giunto anziano al dogado, e persona di per sè semplice e pragmatica. Nel 1570 i Turchi Doge Pietro Loredan.jpgCalle del Megio.jpgarrivarono fino alle porte di Treviso, ed allora il Doge decise che per l’uso comune del popolo si dovesse confezionare pane di miglio.

miglio.gifpane di miglio 1.jpgLe restrizioni di questo tipo colpirono proprio la fascia più povera della popolazione che affibbiò l’appellativo di Doge paner di miglio.jpgMegioto al Loredan, il quale non visse certo a lungo. Morì infatti quello stesso anno, ed allora il popolo imventò un detto: “El Dose del Megioto che fa vendere el pan de megio ai pistori (panettieri) xe morto. Viva San Marco e la Signoria, xe morto el Dose de la carestia”.

Così la povera gente riuscì ad esorcizzare la paura dei Turchi, e a mangiare pane più buono: i veneziani ironici, sempre di buon umore e con la voglia di guardare avanti, scherzando anche sugli eventi più seri, e la storia dette loro battaglia di Lepanto 2.jpglepanto-1571.jpgragione: il 7 ottobre 1571 sconfissero i Turchi nella battaglia di Lepanto: il più grande vanto della Serenissima!

Ago 16, 2011 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Leggende, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I grotteschi vecchietti di Venezia e il Ponte di Rialto

I grotteschi vecchietti di Venezia e il Ponte di Rialto

dei-camerlenghi_m.jpgVecchi.jpgIl Palazzo dei Camerlenghi, sede della Sezione Regionale della corte dei Conti conserva sulla sua facciata prospicente il Ponte di Rialto due capitelli, uno a destra, l’altro a sinistra, raffiguranti due immagini grottesche e alquanto strane: l’una sembra raffigurare una vecchia con delle fiamme tra le gambe, e l’altra un vecchio stranamente “fornito”di un sesso molto particolare.

DeBarbari_1.jpg

Carpaccio1.jpgcsapitello della vecchia.jpgLe leggende legate a queste immagini sono diverse, ma ce n’è una che rappresenta lo spirito ironico  e a volte un pò sboccato della gente veneziana, del popolo. Si racconta che vecchio.jpgProgetto del Palladio per il Ponte di Rialto.jpgquando il Consiglio dei Dieci decise di costruire, dopo vari incidenti, il Ponte di Rialto in pietra( prima era in legno ) le cose andavano veramente per le lunghe: i vari progetti presentati (compreso  quello del Palladio) sembravano non andare bene e si sentiva forte per praticità e commercio  l’esigenza di ripristinare l’unico ponte che collegava le due rive del Canal Grande.

Vecchi.jpgIl tempo passava e la costruzione non iniziava, e allora il popolo cominciò a diffidare, a temere che il progetto non venisse effettuato o che la costruzione cedesse e crollasse;  fu allora che (per voce del popolo) si raccontò di una coppia di vecchi i quali, dopo averne viste tante, fecero una scommessa: la vecchia scommise ” che me brusa la mona se il ponte non casca” ( dialetto veneziano per dire: che prenda fuoco il mio sesso se il ponte non cadrà), ed il vecchio, di rimando ” che me cresca un’ongia sull’oseo se il ponte non casca”.

Ponte di rialto.jpgPonte di Rialto con Palazzo dei Camerlenghi.jpgNel 1591 il Ponte di Rialto, su progetto di Antonio da Ponte venne ultimato, ed è ancora li, splendido, meraviglioso anche se bisognoso di restauri, ma solido con le sue botteghe: ecco che allora scattò l’ironica vendetta della Repubblica che effigiò i due vecchi proprio di fronte al ponte tanto vituperato e deriso , con le loro imbarazzanti deformità: a sagacia ed ironia popolare rispose quella divertente , grottesca dei governanti , che sarebbe comunque servita a monito per  chi non aveva fiducia nelle istituzioni.

Venezia ed i veneziani: popolo disinibito, sempre divertente, battuta pronta, che sapeva, ridendo, pungolare i propri politici, e questi, di rimando sapevano rispondere tono a tono, e questa leggenda ne è un esempio.

 

Fantastici canali e rii sinuosi della magica Venezia

Canale di Cannaregio 3.jpgCanale di Cannaregio 1.jpgCanale di Cannaregio.jpgCanale della Giudecca 2.jpgCanale della Giudecca 1.jpgCanale della Giudecca.jpgDelle  vie Canal Grande 2.jpgd’acqua di Venezia i Canali, sono quelli esterni alla città, che solcano la Canale di Cannaregio 4.jpgCanal Grande 1.jpglaguna aperta e all’interno sono quelli più Canal Grande 3.jpgCanal Grande 4.jpgCanal Grande 5.jpglarghi ed importanti, come il Canale della Giudecca, il Canal Grande e il Canale di Cannaregio. Tutte le altre Canal Grande 6.jpgvie d’acqua si chiamano rio; a volte assumono il diminutivo di “riello” o addirittura di “rio menuo” (rio minuto).

Rio 1 a Venezia.jpgI rii sono in genere canali molto stretti e spesso con andamento sinuoso, data la loro derivazione fluviale, ed è per questo motivo che la forma di Venezia è stata condizionata nel suo sviluppo fin dalle origini, e ciò per ragioni costruttive.
Infatti tutti gli edifici di Venezia sono poggiati direttamente o attraverso palificazioni  su uno strato particolarmente resistente formato di argilla e sabbia compresse chiamato “caranto”, che si trova a qualche metro di profondità.

rio 3.jpgrio 2.jpgE’ stato accertato che nell’alveo dei canali lo strato di caranto molto spesso viene eroso, parzialmernte o del tutto, dall’alternarsi delle maree e, un tempo, dalle correnti fluviali; al posto del caranto allora si deposita della melma o altro materiale “incoerente”, non adatto perciò a portare carichi.

rio 4.jpgEcco perchè le costruzioni sul terreno lagunare debbono rispettare l’andamento irregolare dei rii che sono stati talvolta interrati per migliorare la viabilità, ma non certo per costruirvi sopra.

Di conseguenza le facciate di molti palazzi hatto una linea decisamente curva, come ad esempio i palazzi gotici di Campo San Polo (un tempo fiancheggiati da un rio) o come il Palazzo Palazzi in Campo San Polo.jpgPalazzo Soranzo in Campo San Polo.jpgQuerini Stampalia a Santa Maria Formosa, o il fianco di Cà Pesaro.

Per la medesima ragione si sono formate certe labirintiche sistemazioni stradali, soprattutto nelle zone più antiche, come nelle zone di San Marco, S. Polo e Santa Croce: esse sono il risultato di un ingegnoso adattamento per sfruttare al massimo il poco e irregolare terreno disponibile.

Alcuni canali o rii sono fiancheggiati solo da edifici che sorgono direttamente dall’acqua, come il Canal Grande, e numerosi rii interni come Rio Laterano o Rio S. Polo, altre volte Palazzo Querini.jpgPalazzo Pesaro.jpgvista dall'alto di San Marco.jpgda una parte vi sono palazzi e dall’altra una via pedonale chiamata “fondamenta”, come Rio S. Alvise, Rio della Sensa, S. Lorenzo.

rio 6.jpgrio 5.jpgAltri invece sono fiancheggiati su entrambi i lati da fondamente ed edifici, come il Canale di Cannaregio, Rio Marin, Rio S. Trovaso. In questi rio 7.jpgcaso la via d’acqua non è altro che una parte di un complesso di differenti viabilità e di un unico sistema urbano a rio a Venezia.jpgcarattere lineare (edifici, fondamente, rio, ponti) molto razionale e fra i più diffusi in città.

Lo stretto intreccio tra le costruzioni e l’acqua, su cui e di cui vive Venezia è fonte di questi ingegnosi adattamenti, frutto dell’intelligenza e della capacità dei Veneziani di  vivere pienamente il proprio territtorio, in un delicato e meraviglioso equilibrio.

 

 

 

I Ponti di Venezia e la loro origine : quando si andava a cavallo!

ponte di barche 1.jpgDalle origini di Venezia (421)  fino al 700 d.c., come avevamo già visto, la città era formata da isole, e l’attraversamento dei canali e dei rii era effettuato tramite traghetti con barche, oppure, se i rii erano particolarmente stretti , venivano legate delle barche e sulla loro sommità (olmi) veniva posata un’asse di legno per permettere l’attraversamento a piedi o a cavallo.

Nell’800 vennero realizzati i primi ponti in legno che nel corso dei secoli venneero costruiti in pietra. All’inizio erano senza balaustra denominata anche “guardia ponte di barche.jpgFederico III d'Asburgo.jpgCampanile_di_San_Marco.jpgcorpo” o parapetto. Prima del medio evo erano pochi i ponti dotati di protezione in quanto i trasporti avvenivano appunto con carri trainati da cavalli o da muli: nel 1287 un decreto del Senato proibiva alle persone di cavalcare per le Mercerie fino a San Marco, esclusi i forestieri appena giunti in città: clamorosa ed unica fu l’impresa di Federico III d’Asburgo che percorse a cavallo la scala interna del campanile di S. Marco, fino ad arrivare alla sommità.

Le persone che arrivavano a Rialto dovevano lasciare i loro mezzi o cavalcature legati alla “focaia”, che era un legno di stallo , poi dovevano proseguire a piedi per arrivare in piazza.

ponte della moneta.jpgponte di rialto inb legno.jpgImmagini di ponti di barche ci vengono tramandate da antiche stampe, e la storia del ponte di Rialto (già ponte della moneta) è stata illustrata da geni della pittura come Vittore Carpaccio, nel miracolo della croce a Rialto, e la visione dei progetti del Palladio, a cui venne preferito Da Ponte.

il miracolo della Croce di Gentilre Bellini e il ponte di San Lorenzo.jpg

ponte_chiodo_def.jpgcarpaccio_venezia.jpgPochi sanno che, percorrendo la Strada Nuova, alla fine della Fondamenta che costeggia la chiesa di S. Felice si può trovare l’unico ponte di Venezia ancora senza parapetto.

ponte-chiodo.jpgAltri ponti sono famosi, come il Ponte dei Sospiri, un vero gioiello architettonico gotico dove transitavano i condannati alla prigione che da Palazzo Ducale, ponte_sospiri.jpgsede delle sentenze, venivano condotti alla sede della loro espiazione di condanna.

Progetto del Palladio per il Ponte di Rialto.jpgPonte dei pugni.jpgAltro ponte famoso e curioso è il Ponte dei Pugni, uno di alcuni che si trovano a Venezia dove i Castellori ingaggiavano terribili risse contro i nicoloti, risse comunque indolori in quanto i contendenti colpiti finivano in canale, dragato sempre per evitare ferite mortali. In quello a S. Barnaba (dorsoduro) vi sono i segni delle orme, ai quattro lati della sommità, dove i orma sul ponte dei pugni.jpgpugni sul ponte.jpgcontendenti si dovevano posizionare prima delle scazzottate!

venezia_ponte_accademia_3.jpg

tre-archi-DSCN5922-bis-si-1.jpgE di ponti di tutti i tipi, di legno (come quello dell’Arsenale) o di ferro ve ne sono in quantità: uno, l’unico a tre arcate è una meraviglia.e a percorrerli, gradini cadenzati, passo dopo passo, diventa un’armonia di movimento, quasi un danzare in questa città che è arte, luce, suono, armonia………meravigliosa Venezia.

Giu 16, 2011 - Luoghi, tecnologia, Tradizioni    3 Comments

Le poste veneziane: dal 900 d.c. a servizio della popolazione.

Bacino di San Marco.jpgprovveditore a Venezia.gifL’esigenza di un servizio postale si avvertì già tra i fenici poichè già si avvertiva la necessità di comunicare chiaramente per iscritto , e si cementò nei secoli: divenne una consuetudine tra i babilonesi, i cartaginesi, Minoici ed Achei.

All’inizio della cittò stato veneziana venne organizzato un servizio postale privato che si avvaleva di marinai, commercianti e persone occasionali di fiducia. In seguito si definì come necessario un servizio pubblico, a cui tutti avrebbero potuto accedere, e già nel 959 d.c, a Rialto, vicino alla chiesa di S. San giovanni Elemosinario.jpgS. giovanni Elemosinario.jpglotario-i.jpgGiovanni Elemosinario , e grazie all’accordo stipulato dalla Repubblica Veneziana con Lotario I° venne istituito il primo “ufficio postale”.
 
Da questo periodo fu riconosciuta ai corrieri la professione recapitare la corrispondenza. Nasceva così il futuro postino; il 6 gennaio 1305 con un lotarioprimo.jpgdecreto del Senato fu stabilito che i corrieri diventassero Postali  e venissero controllati dai Provveditori della san-giovanni-elemosinario-w.jpgSan Giovani elemosinario interno.jpgRepubblica.

Verso il 1450 a Venezia i corrieri erano una quarantina. All’inizio del 1500 i corrieri veneziani raggiungevano Roma via terra, ed anche in Istria, Dalmazia. Via mare invece raggiungevano il Peloponneso da Candia, Cipro e Costantinopoli, e per tutte le vie commerciali con l’Asia, l’India e l’Africa.

S. Moisè a °Venezia.jpgS. Moisè a Venexzia.jpgNel 1582 il senato decretava l’introduzione del servizio postale della Repubblica Veneziana con i cavalli in tutta la terra ferma, e la nuova sede del Servizio Postale venne spostata a S. Moisè, vicino a S. Marco: da venezia, prendendo le vie della laguna si prendeva, via mare, la direzione per Padova: arrivati i postiglioni a Fusina , dove veniva attuato il primo controllo della corrispondenza e dei sigilli sulle timbrature e sui dazi pagati o da pagarsi a mezzo mittente o attraverso l’ ufficiale di Buca.

Esistevano le più svariate linee postali: c’era quella che partiva da Fusina, si arrivava poi a Malcontenta, a Malcontenta.jpgOriago, Piazza Mercato.jpgBorbiago in Piazza, a Oriago in Piazza Mercato, a Mira Taglio, a Porto Menai, a Mira Piazza Vecchia, Gambarare , S. Bruson, Dolo in piazza, Fiesso d’Artico e infine in piazza a Strà.

Come tutto ciò che riguardava il funzionamento della Serenissima, Venezia era sempre all’avanguardia, attenta alle esigenze dei propri cittadini, e soprattutto funzonale e pratica! Un esempio unico al mondo per lucidità cura e §Fusina.jpgamore per la Repubblica e nper ogni singoli cittadino.

Giu 7, 2011 - Architettura, Arte e mistero, Mestieri, Misteri, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’unicità di Venezia e del suo particolare “habitat” nella creazione della costruzione abitativa! I meravigliosi pavimenti veneziani

L’unicità di Venezia e del suo particolare “habitat” nella creazione della costruzione abitativa! I meravigliosi pavimenti veneziani

palazzi veneziani.jpgscorzoni.gifLe costruzioni a Venezia sono state sempre speciali ed adeguate, come tutto ciò che concerne la vita e le necessità degli abitanti di questa straordinaria città, completamente diversa per quanto riguarda le strutture, il suo habitat e le necessità intrinseche da qualsiasi altra città al mondo.

La necessità di inferiore assorbimento solai.gifscorzoni-e-cantinelle-599x400.jpgdell’umidita rispetto alla  muratura a favore del legno rese l’architettura e la capriate1.gifcostruzione degli architetti veneziani votata all’uso di quest’elemento naturale,  specialmente per i solai ed i divisori.

I solai vennero costruiti con travi squadrate di abete e larici  disposte parallelamente al lato più corto del locale. I travi potevano posare direttamente sul muro, livellato da una rema, oppure potevano appoggiare ad una trave addossata alla parete, sostenuta a sua volta da mensole di pietra.: in tal modo le teste delle travi non penetravano nella muratura, lasciandone intatta la consistenza: in questo modo vi era un assorbimento minore dell’umidità.

pavimenti alla veneziana 1.jpgSopra i travi portanti venivano posti dei tavoloni di abete che sorreggevano in seguito il pavimento, definito “alla veneziana”: sotto i travi del solaio veniva talvolta steso un soffitto di malta su cannicciato: spesso i travi venivano lasciati a vista , ottenendo un effetto gradevolmente decorativo e di maggiore spazialità.

Nei soffitti di palazzi signorili i travi erano perfettamente squadrati e distanziati regolarmente, con spazi eguali al proprio spessore. I giunti degli assi visibili tra le travi erano coperti da coprigiunti, per cui venivano a pavimenti alla veneziana 2.jpgformarsi tra trave e trave dei riquadri, o “lacunari” spesso decorati e dipinti. Questo tipo di soffitto è conosciuto come soffittoi alla Sansovino ma era già adoperato largamente a Venezia alcuni secoli prima del Sansovino-

Sopra solai così elastici doveva essere logicamente stesa una pavimentazione che sopportasse senza danno le vibrazioni e le oscillazioni inevitabili, oltre alle modificazioni permanenti di cedimenti degli edifici. Una pavimentazione di queste caratteristiche è definita appunto ” pavimentazione alla veneziana”.

Essa è costituita da un sottofondo, impasto di cotto macinato e calce, dello pavimenti alla veneziana.jpgspessore variabile di 10, 15 cm. e anche più; Il sottofondo veniva posto direttamente sopra le travi del solaio: i vari pezzi di marmo che componevano i pavimenti, di diversi colori e dimensioni, venivano seminati a mano, ad uno ad uno alla maniera di un mosaico.

Oltre a prestare un’attenzione cromatica dovuta all’accostamento di diverse qualità di marmi, tra i quali pietre pregiate come la malachite, chi eseguiva la semina doveva avere l’accorgimento di porre i vari pezzi di diversa dimensione a diverse profondità, per cui i diametri delle pietre risultassero pressocchè a contatto, riducendo al minimo gli spazi ed apparissero al pietra pomice.jpgmedesimo livello; con una grande pietra pomice venivano levigati, e risultavano alla fine talmente vicini fa far quasi scomparire la malta con cui erano legati.

malachite.1.jpgSi comprende quindi come i pavimenti, tutti unici erano frutto della bravura e dell’estro dei vari esecutori: Il colore dei pavimenti alla veneziana ha una sua particolare vibrazione e luminosità divenendo sempre più intenso con il trascorrere del tempo e con la ripetuta imbibizione di olio di lino e cere: Il risultato è un unico manto che copre tutta la superficie dell’ambiente: esso risulta un’unica lastra monolitica , relativamente leggera ed elastica, malachite.jpgtale da presentarsi intatta e senza fessure dopo secoli, anche in ambienti molto vasti, come in alcune sale di Palazzo Ducale.