Le enigmatiche triplici cinte a Venezia

gioco.jpgLarchens.jpgConosciuta ai più attraverso una seria ed intensa ricerca di Marisa Uberti,( vedi il blog due Passi nel Mistero) la triplice cinta è ancora enigmaticamente misteriosa: si riconosce al vederla, nel gioco popolare delle pedine chiamato comunemente “filetto” in Italia, ed è sempre sotto l’aspetto ludico che è stata considerata.

Ma l’enorme diffusione in tutti i territtori percorsi dai Cavalieri Templari al ritorno dalle Crociate, ed i luoghi stessi dei ritrovamenti delle incisioni lasciano incerti, perplessi ed alla ricerca di una spiegazione.

Sono state trovate graffite in rocce rupestri, sui muri di antiche chiese, su gradini di vecchie case.

triplla cinta nella torre di Chinon.jpgFortezzza di Chinon.jpgChinon.gifMa il ritrovamento di graffiti simbolici lasciati su pareti in verticale da alcuni dignitari dell’Ordine Templare, prigionieri nella Torre della fortezza di Chinon, in Francia, apre nuove prospetive sull’ipotesi di possibili altri impieghi.

Sembrerebbe che dietro la triplice cinta si nascondesse una conoscenza più antica, un valore simbolico ed esoterico legato alle caratteristiche dei luoghi e della storia che li ha interessati.

in una chiesa.jpg1.jpgAlcuni esemplari sono stati trovati in India antica, in Egitto, nell’Impero Romano, perfino nelle incisioni rupestri di Val di Scalve ed in Valcamonica; comunque sarà capitato a qualcuno di vedere sulla facciata di una chiesa tre quadrati concentrici uniti al centro da una sorta di croce: è proprio la triplice cinta, presente non solo in edifici religiosi ma anche in antiche vestigia appartenenti a civiltà risalenti all’età del bronzo (3.550 a.c – 1200 a.c.).

Però è in particolare nel Medio evo che trova ampia diffusione soprattutto in alcune cattedrali gotiche e dove la presenza dei cavalieri templari non poteva mancare.

Rene Guenon.jpgtriplice cinta.jpgVi sono naturalmente delle letture esoteriche che spaziano, come quella di Rènè Guènon che le decodifica come i tre grandi stadi delle scuole esoteriche, o quella di Cherbonneau – Lassay il quale interpreta il quadrato interno come “il mondo terrestre”, inserito in un altro quadrato “il mondo del firmamento” e quello esterno “il mondo celeste”, più ampio e con più grande valenza simbolica in quanto in esso risiede Dio con i puri spiriti.

triplice cinta templare.jpgMa c’è anche chi la identifica come delle non meglio specificate ” linee del campo magnetico terrestre” o la presenza in quel luogo di un “varco dimensionale”,presente anche,per alcuni ricercatori, in una certa località di Barcellona.

E’ tutto da vedere e da dimostrare, anche se si suppone comunque una sorta di messaggio che i cavalieri templari lasciavano nei luoghi attraversati per quelli che successivamente sarebbe passati dopo.:.un linguaggio in codice.

01.jpgpiantina di S. Marco.jpgimagesCA23ZIG9.jpgTriplice cinta a San Rocco Venezia.jpgScuola di San Rocco.jpgnel tempio.jpgA Venezia ci sono tre triplici cinte: una si trova incisa su una panca in marmo accanto alla facciata della Scuola  Grande di S. Rocco, la seconda sul parapetto della balaustra al secondo piano del Fondaco dei Tedeschi (ora Poste Centrali di Rialto ) l’ultima  all’interno della Basilica di S. Marco, incisa su un sedile in pietra sul lato destro dentro la chiesa:  Memorie, tracce, così come ce ne sono tante in questa Basilica carica di tesori sia d’arte che d’oro e pietre preziose, ma estremamente enigmatica ed ancora, forse, tutta da scoprire.

Mag 16, 2010 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Venezia, luci e riflessi

Venezia, luci e riflessi


Ecco come appare Venezia se la si guarda in frammenti casuali e spontanei

Mag 16, 2010 - Senza categoria    Commenti disabilitati su Fantasmi e nebbia a Venezia

Fantasmi e nebbia a Venezia


Luci e rumori in una Venezia fredda e paurosa

Giovan Francesco Valier: un’ enigmatica spy story a Venezia

impiccagioni a Venezia.jpgLuogo delle esecuzioni di Jacopo de Barbari.jpgColonne di Marco e Todaro.jpgIl 22 settembre 1542, sul patibolo allestito tra le colonne di Marco e Todaro a San Marco, davanti agli occhi dispiaciuti e sbigottiti dell’ambasciatore dei Gonzaga, Benedetto Agnello, venivano giustiziati Giovan Francesco Valier, Agostino Abondio e Niccolò Cavazza, rei di tradimento della Serenissima.

Niccolò Cavazza aveva coperto l’incarico di Segretario del Senato, mentre il fratello, Costantino Cavazza, segretario del Consiglio dei Dieci, venne condannato all’esilio perpetuo. Di Giovan Francesco Valier venne cancellata qualsiasi traccia della sua esistenza
a seguito della “damnatio memorie” a cui erano destinati coloro i quali si erano macchiati di un delitto così terribile.

ariosto.jpgMa un lutto colpiva anche la letteratura dell’epoca, poichè Giovan Francesco Valier, uno dei più straordinari e misteriosi personaggi dediti a  tale arte , era un fine letterato, poeta, novellatore. Ma dei suoi scritti non rimane alcuna traccia; rimangono invece le citazioni di Ludovico Ariosto che gli attribuiva la fonte di una delle più belle novelle dell'”Orlando Furioso”.

speronesperonibig.jpgPietro Bembo.jpgPietro Bembo gli inviava le prime stesure dei suoi manoscitti per ottenerne un parere e Baldassarre Castiglione gli affidò la correzione delle bozze del ” Cortegiano (edito poi da Manuzio a Venezia). Sperone Speroni gli assegnò il ruolo di interlocutore nei suoi due importanti dialoghi: ” Dialogo della Retorica” e ” Dialogo della vita attiva e contemplativa”, Claudio Tolomei gli dedicò il famoso Canzoniere sperimentale Versi e regole della Poesia Toscana.

Molto giovane e valente letterato, appunto, Giovan Francesco Valier venne inviato come Ambasciatore presso la corte dei Gonzaga a Mantova: e da qui ebbe inizio la tragedia che lo portò alla vergogna ed alla morte: Nell’ambiente degli ambasciatori presso le varie corti europee si creavano amicizie, maneggi, missioni segrete ed anche episodi di spionaggio.

Ermolao Barbaro.jpgNell’ambito degli ambasciatori si possono annoverare letterati famosi, come Macchiavelli per Firenze, Baldassarre Castiglione.jpgIl Libro del Cortegiano edito da Manuzio a Venezia.jpgGuicciardini per Roma, Baldassarre Castiglio per Urbino e Ermolao Barbaro per Venezia, tutta gente attenta ai particolari e dedita a delicati episodi di spionaggio.

Giovan Francesco Valier fece amicizia con George de Selve, Ambasciatore di Francesco I° di Francia, rivale per quanto riguardava i contatti e la “diplomazia” con i Turchi di Carlo V°, Imperatore . Non si Georges del Selve a destra con Francesco I°.jpgFrancesco I° di Francia.jpgCarlo V ritratto dal Tiziano.jpgLa sublime Porta.jpgconoscono le motivazioni, ma il Valier, attraverso una sottile rete di spionaggio e di informazioni (di cui facevano parte Agostino Abondio, Niccolò e Costantino Cavazza) riuscì ad informare Francesco I° di Francia delle “commissioni” date dai decemviri veneziani all’ambasciatore Alvise Badoer presso la ” Sublime Porta ” ( la parte del Palazzo di  Istambul  in cui il Gran Visir riceveva e svolgeva le cerimonie di benvenuto agli Ambasciatori) che prevedevano di arrivare alla concessione di due piazze forti della Morea per ottenere la pace a tutti i costi con i Turchi: tutto questo per mantenere l’egemonia dei mercati e dei trasporti nel Mediterraneo.

leone di S. Marco.jpgVenezia e Islam.jpgSublime porta.jpgCosì il nome di Valier venne cancellato, le sue opere ( che si possono immaginare sublimi dalle testimonianze di altri grandi letterati)  distrutte per sua volontà secondo un atto da lui firmato ad un notaio pochi giorni prima dell’esecuzione affinchè il cognato alienasse  tutti i suoi scritti, e la sua immagine eliminata secondo la legge della “damnatio memorie”:  ma supremazia ed il bene di Venezia venivano innanzi tutto: Giustizia dura, vera, ma uguale per tutti, anche per chi aveva talenti così particolari ed unici, ma un pò di rimpianto rimane!

 

Mag 12, 2010 - Leggende, Misteri, Personaggi    14 Comments

La donna Vampiro a Venezia, Dalla leggenda alla realtà

imagesCA0J6529.jpgIl ritrovamento venerdì 7 marzo di due anni fa nell’isola del Lazzaretto nuovo a Venezia, da parte dell’archeologo dottor  Matteo Borrini del teschìo di una donna (risalente a metà del 17° secolo), con un mattone in bocca, naturalmente un rito svolto in una creatura deceduta per peste, visto che in quell’isola di Venezia sono stati concentrati diversi corpi di defunti per questo terribile morbo, ci riporta a vecchie leggende veneziane che narravano di donne vampiro a Venezia. Si riteneva infatti che i portatori della peste fossero i vampiri, per cui trovando il corpo non decomposto di una vittima di questo morbo terribile, con un rivolo di sangue al lato della bocca, o dal naso (cosa naturale per chi moriva di quella malattia),  e per di più donna  (strega?)  secondo la credenza destinata a nutrirsi del sangue od anche solo delle energie dei viventi che si avvicinassero al suo corpo era come ritrovarsi  davanti la sconosciuta, la potente, chi è in grado di dare la vita, ma anche di toglierla … Per cui , per difendersi e difendere il resto della popolazione era necessario un rito: si teschio.jpginseriva un mattone nella sua bocca, e la “vampira” non avrebbe più potuto nuocere.

Tutto cio nasce dalla figura del Nachzeher, dalle parole tedesche Nacht (notte) e Zehrer(divoratore).

Da come si potrà intuire la figura è prettamente nordica, come una sorta di vampiro.  Secondo la tradizione  si tratterebbe di una persona morta annegata od un bambino che alla nascita sarebbe rimasto con tutto il sacco amniotico o soffocato dal cordone ombelicale.

Più interessante è la teoria Polacca (e numerosi ebrei vennero dalla Polonia a Venezia) Qui il Nachzeher è visto come un vero e proprio vampiro, al quale però non è stata data la possibilità di completare l’abbraccio, cioè non si è compiuta la definitiva trasformazione tra essere umano e vampiro.

imagesCAASFTAJ.jpgNon essendo un essere completo, si troverebbe in uno stato di torpore perenne all’nterno della sua tomba, non vigile ed incapace di intendere cosa stia succedendo; Proprio per questo si limiterebbe a masticare il suo sudario, come fosse una sorta di bambino.

Come altre creature leggendarie masticherebbe, come già detto, il proprio sudario, ed anche i suoi vestiti ed altre parti del corpo come le mani e le labbra.

Anche se apparentemente innocuo la leggenda vuole che il Nachzerher  rimanga in vita succhiando l’energia vitale degli esseri viventi che si trovano accantro alla sua tomba , e che da  portatore di peste, il suo sudario guarirebbe invece tutte le malattie, per cui c’era l’interesse, da parte dei “tombaroli” di trovare questi sudari, scatenando la violenza dei “vampiri” proprio contro chi si fosse reso responsabile del furto.

Il solo modo per fermare il Nachzehrer era quello di fermare la mascella del defunto, con dei sassi, delle monete, o con dei piccoli mattoni.

imagesCA47PZNI.jpgimagesCA30HD81.jpgQuesto mito ha attirato l’attenzione di diversi studiosi. Uno dei primi fu Philip Rohr, teologo, che nel 1679, nel trattato “De masticatione mortuorum” suggeriva che dietro questa immonda attività si nascondesse l’attività blasfema di un demone, Azazel.

imagesCAJ2P85V.jpgimagesCACGSTAO.jpgimagesCABM49G4.jpgSuccessivamente fu Michael Ranfitus, nel 1725, ad occuparsi dell’argomento. Egli propose due teorie: prima una spiegazione razionale, suggerendo che i rumori tra le tombe e la diffusione della peste fossero da ascriversi alla febbrile attività dei ratti , quindi dava una   supposizione                                                                                                                                                                                                                                               supposizione sovrannaturale:l’esistenza di imagesCAO6QZ86.jpgimagesCALOPZKB.jpgimagesCAM3992I.jpgun’anima vegetativa che aleggiava intorno al morto, causando la crescita dei peli e delle unghie ed a volte in grado anche di danneggiare i vivi.

Rimane comunque l’inquietante mistero di un teschio di giovane donna. di vecchie credenze e dell’ombra sinistra che il morbo della peste aveva portato e continuava a portare sui quei poveri resti, attori e vittime di leggende, storie e , magari, di angosciose presenze di esseri morti ed abbandonati, senza alcun rito, senza alcuno che li piangesse, così come accade in corso di terribili epidemie..sperando che non accada più!

Mag 8, 2010 - Personaggi    6 Comments

Antonio Canova ed il suo cuore a Venezia

ca_farsetti.jpgantonio_canova_selfportrait_1792.jpgUno dei più grandi scultori interprete dell’arte classica, Antonio Canova (1757-1822), ancora apprendista di uno scultore di Asolo, sedicenne, studiò con amore ed entusiasmo una famosa raccolta di  calchi di statue antiche a Palazzo Farsetti, a Venezia, frequentando contemporaneamente la Scuola di nudo presso l’Accademia di Belle Arti.

A ventidue anni, più maturo ed espressivo, il Canova andò a Roma, presso la sede dell’ambasciata Veneziana (a Palazzo Venezia) e conobbe il pittore Novelli, gli architetti Selva e Quarenghi, il figlio di Giovanbattista Piranesi, Francesco, e gli incisori Morghen e Volpato: aveva trovato la strada giusta.

6C-%20Antonio-Canova-Psiche-rianimata-dal-bacio-di-amore-1793-Parigi-Louvre.jpgNel 1787 il Canova finì nella Basilica dei Santi Apostoli  il monumento a Papa Clemente XIV ed il modello di  ” Amore e Psiche”.

Orfeo e Euridice.jpgStatue di Orfeo e Euridice a Venezia.jpgNella sua raffinata classicità incarnò nelle due statue di Orfeo e di Euridice, provenienti da una villa di Asolo ed ora esposte presso il Museo Correr a Venezia tutta la bellezza e la perfezione della sua nitidezza:  si tratta di due opere giovanili (l’autore non aveva ancora diciotto anni) in cui il Canova  esprimeva ancora intatta la morbidezza di alcune statue di ville venete del settecento.

Nel periodo Napoleonico elaborò la statua di Paolina Bonaparte, le tre Grazie, ed innumerevoli altre opere i cui calchi sono 1804-Paolina%20Borghese%20as%20Venus%20Victrix-AntonioCANOVA.jpgconservati presso la le tre grazie.jpgCanova_Antonio_04.jpgGypsoteca, a Possagno,  suo paese natale.

A Canova ( che aveva collaborato nel frattempo con Napoleone) si deve la restituzione di alcune opere d’arte a Venezia: ” Innamorato di Venezia , dice Alvise Zorzi, lo scultore aveva gettato tutto il peso della sua celebrità e del suo prestigio, grandissimo in tutta Europa, ma specialmente in Francia, nell’impresa di recupero”.

Il grande artista morì a Venzia, in casa Francesconi, ed il suo corpo venne conteso da Possagno e da Venezia: A lui venne dedicata la tomba (in cui riposa il suo cuore) presso la basilica dei Frari a Venezia, una tomba che egli stesso aveva progettato per Tiziano, che richiama alla massoneria ( la piramide ne è il simbolo) a cui Tiziano e lo stesso Canova aderivano, che venne realizzata da suo allievo più importante, Luigi Zandomeneghi, Gypsoteca di Canova a Possagno.jpgantonio-canova-1-sized.jpgcanova_autoritratto_pittore.jpgmentre una sua mano è conservata presso le Gallerie dell’Accademia.

Tomba di Canova ai Frari.jpgBasilica dei Frari a Venezia.jpgIn armonia con la città, ormai alla fine del suo splendore, Antonio Canova regala a chi ammira le sue opere la pulizia, la grazia, e la delicatezza di un classicismo che non può che rendere ammiratiTomba di Canova ai Frari, Venezia.jpg Tiziano Vecellio.jpged orgogliosi tutti gli amanti dell’arte!

 

Mag 4, 2010 - Leggende, Personaggi    4 Comments

Sior Rioba: ritrovata la sua testa e l’anima dei veneziani!!!!

Moro a Venezia.jpgNaso di Ferro.jpgFinalmente tutti i Veneziani gioiscono: il nostro “naso di ferro” è stato ritrovato, ed ongnuno ritrova parte del suo, cuore, della sua venezianità, della bellezza nel riconoscerci in una statua di moro, mercante di spezie, che prova e fa provare sentimenti veri e puri a tutti.

Chi non è veneziano forse non può capire, ma la nostra città vive delle proprie pietre, della terra strappata alla laguna, dei glicini sulle terrazze e sulle altane che si riflettono sul Canal Grande, delle nostre pietre ” i masegni” ed i nostri ponti, croce e delizia di questa nostra meravigliosa “casa”, ed anche dei nostri tempi, dilatati, lenti, perchè ogni luogo rievoca ricordi, in ogni luogo ci si ritrova nei secoli passati, e si assapora allora il tempo, la bellezza, la luce e lo spazio di questa città: Per questo motivo tutti hanno sofferto ed ora tutti gioiscono….Venezia sarà sempre quella..il campo dei mori, con le tre teste, le calli, i campielli, la bellezza di alcuni scorci sopra i rii, in un’atmosfera unica…senza tempo e romantica, gentilmente e non stucchevolmente romantica.

Rio a Venezia.jpgCampo dei Mori.jpgPartecipo la mia gioia a voi, e spero che la condividiate perchè la bellezza è patrimonio di tutti, e della bellezza ognuno usufruisce e ne gode, partecipando con gli altri del proprio piacere e del piacere universale che “il bello” contribuisce a rendere tale. Se si pensa che il Campo dei Mori si trova proprio dall’altra parte del Rio della Casa del Tintoretto..!! che ne dite? il viaggio vero e puro nell’arte.

Un abbraccio affettuoso ed un saluto gioioso a tutti, Piera

 

Da oggi Venezia Nascosta anche su Facebook!

fb.jpgDa tempo noto sempre più visitatori che arrivano da Facebook. Allora, visto l’interesse ecco che da oggi debutta la Fan Page di Venezia Nascosta su Facebook a questo indirizzo http://www.facebook.com/home.php?#!/pages/Venezia-Nascosta/117413334948911

Suggerisco caldamente a tutti coloro che sono già su Facebook di iscriversi così potranno ricevere gli aggiornamenti di questo blog in tempo reale e potranno interagire direttamente con la community di questo piccolo mondo veneziano.

A tutti coloro che lo faranno un enorme “GRAZIE”!

ciao, Piera

Mag 1, 2010 - Misteri    5 Comments

Sior Rioba e la sua testa scomparsa: Spirito Massariol (poltergheist) o vergognosa incivilità?

Venezia_-_Palazzo_Mastelli_(del_cammello).jpgNon so come definire, se come uno scherzo, uno del Massariol, spirito  “polthergheist”, burlone e anima di Palazzo Mastelli a Venezia, legato ad un esorcismo del Cappellano di S. fantin,  reso necessario dal fatto che ogni giorno, alla stessa ora, suonassero in contemporanea tutti i campanelli delle stanze del Palazzo o il mondo burlesco, da Pasquino, con cui con l’ironia si castigavano i costumi della gente tipico di quello che venne attribuito all’illustre “scomparso” ( solo la testa, ma quanto basta) del cosiddetto Sior Antono Rioba, o naso di ferro, uno dei tre fratelli Mastelli raffigurati in fondamenta dei Mori, a Cannaregio, tra Campo Santi Apostoli e le fondamente nuove, e destinatario e mezzo di comunicazioni del popolo con l’esecutivo, chiaramente, ironicamente, ma comunicazione seria e pressante.

Sio Rioba o naso di Ferro.jpgcamello.JPGimmagine di poltergheist.jpgPalazzo Mastelli, il Palazzo dei Cammelli, e famoso per i fenomeni di poltergheist, come sopra descritto ,  che si sono succeduti nel tempo e che fanno di questo edificio  uno dei tanti legato all’idea di possessione e di mistero, vero! ed i suoi proprietari, che lo costruirono nel 1112, i fratelli Mastelli, commercianti di spezie, che per rendere unica la facciata del loro palazzo , fecero applicare una patara raffigurante un cammello: quindi, famoso ed unico Palazzo del Cammello.

Narra la leggenda che nelle notti  particolarmente fredde lo spirito, intrappolato all’interno della raffigurazione di Rioba , pianga, e che soltanto i puri di spirito, posando una mano sul petto della statua possano percepire i battiti del suo cuore.Sior Rioba in campo dei Mori.jpgRioba.jpgMoro a Venezia.jpgb1_camello_1.jpgSpero soltanto che ben presto l’importante ed unica testa di “naso di ferro” possa ritornare al suo posto per ridonare a questa immagine la sua identità, vergognosamente sottratta e per ricostituire un’unicum delizioso, legato all’essenza stessa di Venezia, delle sue etnie e alla struttura  di uno Stato multietnico, particolarmente moderno ed unico, che tanto avrebbe ad insegnare ai legislatori italiani.

 

Apr 27, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

I vecchi di Venezia, Giobbe e l’ ospizio di Zuanne

Ponti di S. Giobbe.jpgChiostro poi Orto botanico.jpgAll’Oratorio di San Giobbe in Cannaregio, affacciato sull’omonimo Campo, detto di S. Agiopo, all’altezza del Ponte dei Tre Archi (unico ponte a tre arcate di questa città) si compì la prima vera esperienza dell’ospizio per anziani che si conosca.

Giovanni Contarini.jpgNell’anno 1378 il Nobile Zuanne ( Giovanni ) Contarini, dopo essere rimasto vedovo, e fattosi frate, decise di impegnare i suoi averi nel poter dare una collocazione ed un aiuto alle persone anziane e povere della Serenissima, dedicando questa sua iniziativa a Giobbe ed alla sua pazienza nel sopportare le drammatiche prove a cui venne sottoposto.

Venne quindi costruito questo primo ospizio, con annesso un piccolo oratorio, ancora presente. In questo egli fu aiutato e sostenuto dalla figlia Lucia, ed anche con l’appoggio degli altri figli. Qui le persone bisognose e vecchie trovavano sostegno ed alloggio, e fu loro data anche l’opportunità altra sede dell'Ospizio.jpgConfraternita.jpgSan giobbe.jpgSan Giobbe, pala.jpgdi coltivare degli orti per potersi rendere in qualche modo indipendenti per quanto riguardava le verdure, orto che ora è diventato un Giardino Botanico.

Nel 1407 il Contarini morì, ma lasciò all’ospizio tutti i suoi beni. La figlia Lucia si rivolse alle autorità per poter ottenere anche l’eredità materna, ed affidò la conduzione e la responsabilità dell’Ospizio ad un Priore che nel frattempo ( siamo nel 1422) viene affiancato da nove governatori.

Per essere sicura della buona conduzione di tale opera decise di affidarla ad un Ordine Monastico, chiamati ” Gli eremiti di San Girolamo”. Essi accettarono volentieri l’offerta, ma dopo tre anni i “Gerolomini” adducendo l’esiguità di spazio decisero di lasciare l’incarico.

chiesetta di San Giobbe.jpgI Governatori si rivolsero allora ai frati minori osservanti, che con il beneplacito di Papa Martino V accettarono. Il 24 Novembre 1420 Frà Marco Querini ricevette in uso l’ospizio e la chiesetta: Lucia Contarini morì il 10 ottobre 1447, lasciando all’ospizio quanto suo padre aveva originariamente lasciato.

Due personaggi furono i promotori alla costruzione della Chiesa di San Giobbe: il frate francescano San Bernardino da Siena, che operò nella città prima di morire nel 1444, ed il futuro doge Cristoforo Moro, grande benefattore Veneziano.

Quest’ultimo nel 1471, tre mesi prima della morte, donò 10.000 ducati d’oro per il suo completamento.

L’opera ebbe inizio nel 1450 e venne consacrata nel 1493. La struttura della Chiesa venne progettata dagli architretti Antonio Gambello e Lorenzo di Gian Francesco, ed il campanile, dalle eleganti bifore in pietra d’Istra venne completato nel 1464, sempre con una struttura gotica.

Chiesa di S. Giobbe.jpgAd abbellire l’interno venne chiamato Pietro Lombardo: sul portale d’ingresso l’allegoria dell’apoteosi dello spirito chiesa con campanile.jpgfrancescano.

I decori degli stipiti invece partono dal basso e mutano: da cespi spinosi a fiori e frutti circondati da animali che si nutrono, nella tradizione dell’allegoria cristiana fino all’aquila, simbolo biblico della rinascita e della resurrezione.

Sull’arco tre statue di santi rappresentanti lo Spirito Francescano: S. Bernardino da Siena, San Ludovico da Tolosa, detto Sant’Alvise a Venezia, e Sant’Antonio da Padova.

I patrizi veneziani sepolti in questa chiesa sono il patrizio Francesco Marin, (1502) Pietro Cornaro stemma di Domenico Selvo.jpgChiesa di San Giobbe, portale.jpgChiesa di San Giobbe.jpgCristoforo Moro.jpg(1586) ed ai piedi dell’altare San Bernardino da Siena. Troviamo anche la tomba del Cardinale Marco Antonio da Mula (1570) e Domenico Moro , sepolto scalzo e con il saio Francescano.

Ospitale di San Giobbe.jpgOspizio di San Giobbe.jpgComunque l’Ospizio si articola in due edifici, un tempo chiamati ” Il Borghetto” e ” delle Vecchie”. Oltre alle abitazioni in zona San Giobbe, l’ospizio ha alloggi anche in Calle del Magazen, ( a Santa Margherita) in corte della Vida ( a San Francesco della Vigna a Castello)a San Giuseppe di Giovanni8 Contarini e sua figlia.jpgCastello, S. Tomà, in Porta di Chiesa di San Giobbe.jpgSan Bernardino da Siena.jpgSan Bernardino 2.jpgfondamenta del Forner dove al civico 2902 si trova l’immobile detto comunemente Palazzetto Madonna ( per il bassorilievo della Vergine sulla facciata), sede dell’Opera Pia Zuanne Contarini.

Come si può notare i veneziani avevano a cuore i derelitti, i deboli,e gli abbienti  si facevano carico, anche privatamente , delle loro necessità: La Serenissima, nobile, attenta ai suoi cittadini, solidale e  ricca di sostegni, generosità e rispetto civile!

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