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Mar 15, 2013 - Tradizioni    Commenti disabilitati su La Sek-kah a Venezia, e la sua egemonia monetaria del mondo conosciuto.

La Sek-kah a Venezia, e la sua egemonia monetaria del mondo conosciuto.

Immagine della Zecca di Venezia.jpg120px-Procuratie_Vecchie.jpg120px-Procuratie_Nuove.jpgjacopo_tintoretto_027.jpgCon l’espansione della sua potenza, la Serenissima cominciò a coniare moneta: dapprima la Zecca ( dalla parola araba sek-kah che vuole dire conio) venne collocata a Rialto, già dal IX secolo,  ma in seguito, per motivi di sicurezza, venne incaricato Jacopo Tatti, detto il Sansovino, per alzare di un piano un Palazzo attiguo alla  biblioteca,da lui stesso progettata,  e a creare appunto l’edificio della Zecca.Esso venne eretto tra il 1537 e il 1545, in 300px-Venice_-_Zecca_-_Libreria_Marciana.jpgA destra Biblioteca Marciana confinante con la Zecca.jpgpietra d’Istria, con uno stile austero, confacente con quello delle Procuratie Nuove e Procuratie vecchie, ed alla Biblioteca Marciana, una precisa linea architettonica omogenea, creata forse, per la sua austerità a dare maggior risalto agli influssi gotici e bizantini della Basilica di S. Marco e Palazzo Ducale.

La realizzazione avvenne tra il 1537 e il 1545, e la collocazione venne scelta proprio per essere maggiormente controllata dal Maggior Consiglio. Per la costruzione dell’edificio venne usata solo pietra d’istria, in modo da evitare possibili incendi che si sarebbero potuti propagare con l’uso del legno.

Prima dell’attuale collocazione la vecchia zecca aveva coniato diverse monete, tra cui il quartarolo ( soldo che edificio della Zecca.jpgquartarolo.jpgserviva per passare sul ponte di barche da una riva all’altra del Canal Grande), ma anche il 300px-Venezia_Matapan_1328_1910332.jpgducato d’Argento, coniato sotto il Doge Enrico Dandolo nel 1202,  la moneta valeva 24 denari ed era costituita da 2,18 grammi d’argento al 0,965%: in una faccia rappresentava S. Marco che porgeva il vessillo al Doge, e nell’altra veniva rappresentato il Redentore che sedeva sul trono;rifacendosi all’arabo “mantaban” che significava : il Re è seduto” ecco che assunse anche il nome di “matapan”.

matapan.jpgMatapan di Giovanni Dandolo.jpgSuccessivamente, nel 1472, sotto il Doge Nicolò Tron venne coniata la Lira d’Argento, detta Lira Tron, moneta costituita da 6,52 grammi d’argento al 948%. Essa valeva venti soldi.

Dal 1248 (Doge Giovanni Dandolo) venne coniato il Ducato d’oro, chiamato successivamente zecchino ( appunto derivante dalla Zecca), che valeva un fiorino fiorentino, ma che era costituito da oro al 99,/% , oro moneta veneziana.jpgmonete veneziane.jpgpuro, insomma (da qui la definizione di oro zecchino!).

Dal suo trasferimento nella nuova sede, la Zecca  poteva considerarsi il simbolo della tradizionale supremazia in campo monetario e di un prestigio di cui Venezia andava giustamente orgogliosa.

Infatti la moneta veneziana assieme a quella fiorentina circolava in tutta Europa; il Ducato d’Oro ( zecchino) ad esempio era usato anche nei paesi d’oriente; nel XV  secolo si affermava che Venezia fosse “padrona dell’oro di tutta la Cristianità”.

L’edificio della Zecca risulta articolato planimetricamente in due parti: una zona interna, che si svolge attorno al coniatore.jpgcortile rettangolare, divisa in numerosi piccoli ambienti adibiti a laboratori di conio e lavorazione dei metalli preziosi, dove i coniatori si alternavano nel conio di ogni moneta: uno coniava una faccia, l’altro l’altra!

Poi nella zona esterna, con la facciata sul Molo erano custoditi i tesori della Repubblica e i depositi privati con relativi Uffici.

All’estremità del corridoio c’era l’ingresso da terra (in corrispondenza con la diciassettesima arcata della Biblioteca) e l’ingresso dell’acqua, sul piccolo Rio della Zecca.

Gli ingressi vennero quindi posti non sulla facciata, ma lateralmente ed in posizione poco appariscente : La contrapposizione tra facciata ed i singoli ingressi fanno parte di un tipico atteggiamento del Governo della Serenissima: desideroso si di esibire il simbolo della propria potenza, ma nel contempo assai prudente nel mostrare le vie d’accesso a tale potenza.

Zecchino%20di%20Venezia.jpgzecchino veneziano, o Ducato d'oro.gifNaturalmente, come per tutto ciò che riguarda l’amministrazione della cosa pubblica, Venezia aveva un occhio attento, e costituiva amministratori o controllori particolari per una istituzione così delicata: Come i governatori della Zecca, il Depositario (incaricato della sorveglianza del Tesoro pubblico) i ” Provveditori sora oro e monete”, per controllare l’oro e gli altri metalli preziosi, il Conservatore del Deposito, che doveva controllare affinchè le uscite pubbliche avvenissero a norma di legge, ed i Massari all’argento e all’oro che dovevano controllare le quantità di metalli pregiati che qui venivano conservati.

Di questi magistrati rimane un’immagine del Tintoretto, quadro conservato presso le Gallerie dell’Accademia con titolo:  ” La Madonna dei Tesorieri”.

Madonna dei Tesorieri 1567 Tintoretto Gallerie dell'Accademia.jpgAnche questa capacità della Serenissima  di esprimere a livello monetario la propria potenza, divenne motivo per legare all’arte l’orgoglio di questa Repubblica unica al mondo, e di una città altrettanto unica.

 

 

 

Le Boche de Leon a Venezia

ricordo della congiura.jpgDal 1310, dopo la congiura di Baiamonte Tiepolo furono costruite a Venezia diverse Bocche di Leone  ( Boche de Leon) o Bocche per le denunce segrete (boche de le denuntie), simili alle nostre cassette postali, distribuite almeno una in ogni sestiere, vicino a collocazioni della Magistratura, a Palazzo Ducale o  alle chiese, e servivano a raccogliere notizie, delazioni o segnalazioni contro coloro che si macchiavano dei crimini più vari.

Si chiamavano così perche attorno alla fessura creata per “impostare” i fogli con le denunce scritte veniva scolpita l’immagine di un muso di leone, dall’espressione spaventosa e truce.

Solo i Capi del Sestiere potevano accedere al retro del muro dove erano poste le varie cassette, le cui chiavi venivano tenute dai Magistrati, ed ognuna di esse raccoglieva le delazioni per un tipo diverso di reato: dalle accuse di evasione delle tasse, a quelle che   riguardavano i bestemmiatori, e varie altre.

Consiglio dei dieci 1.jpgb11salabussola.jpgBocca di Leone sul muro della chiesa alle Zattere.jpgBocca di leone per le tasse a Venezia.jpgMolto spesso si trattava di delazioni prive di ogni fondamento, dovute all’invidia o all’odio di una persona verso l’altra, altre volte invece queste segnalazioni salvarono anche la stessa sicurezza della Serenissima.

I Savi dei Dieci e i Consiglieri dei Dieci accettavano le denunce anonime solo se si trattava di affari di Stato, con l’approvazione dei cinque sesti dei votanti.

Non era però così facile, come si può pensare, il consiglio dei dieci.jpgaccusare qualcuno. Nel 1387 il Consiglio dei Dieci ordinava che le accuse anonime inviate tramite lettera, senza firma dell’accusatore e senza attendibili testimoni d’accusa sulle circostanze segnalate, dovevano essere bruciate senza tenerne minimamente conto.

Nel 1542 fu decretata una legge che stabiliva l’accettazione delle denunce  solo se venivano citati almeno tre testimoni presenti  al fatto.

Anticamera Consiglio dei 10 Boca de Leon Palazzo Ducale.jpgSan%20Martino%20bocca.jpgPalazzo Ducale loggia orientale bocca de leon.pngIl Consiglio dei Dieci applicava con scrupolosità la legge stabilita dagli Avogadri dello Stato.Era necessario indagare scrupolosamente per stabilire la verità, con giustizia e chiarezza, non giudicare nessuno in base ai sospetti, ma ricercare le prove concretamente, ed alla fine pronunciare una sentenza pietosa.

Palazzo Ducale 4.jpg250px-Venice_-_St__Martin%27s_Church.jpg250px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Mois%C3%A8.jpgPalazzo Ducale 3.jpgS. Maria della Visitazione.jpgPalazzo Ducale.jpgTutt’ora si  possono ammirare, per la loro spettacolarità a Palazzo Ducale, sul muro della chiesa di S. Maria della Visitazione alle Zattere, sulla Chiesa di S. Martino a Castello,  e quella di S. Moisè a San Marco.

I delatori, come dappertutto cercavano di ottenere vendette o vantaggi rispetto a qualche rivale, ma la saggezza e la coerenza di uno Stato che faceva della giustizia uno sei suoi cardini (basta vedere tutte le statue che la raffigurano) era garanzia per i cittadini della Serenissima che si sentivano tutelati, e che vantavano con orgoglio il loro essere figli della Repubblica di Venezia.