Venezia Nascosta

I Dogi a Venezia

Le istituzioni politico-amministrative interne della Repubblica di Venezia si maturarono nei “primi tribuni” che ressero la “cosa pubblica” ai dogi, quali espressioni di una autorità basata sulla propria indipendenza di  diritto e di fatto.

Il Doge fu sempre scelto da famiglie patrizie, e quindi entro una cerchia di persone che dovevano di norma seguire un particolare tirocinio prima di giungere alla suprema magistratura.:tanto più che la sua posizione investiva sempre un carattere religioso, secondo il modello bizantino di considerare l’Imperatore al disopra del Patriarca.

A Venezia l’evoluzione della massima autorità politica e i contatti con quella religiosa ebbero numerosissimi legami nei primi secoli sul piano del reciproco scambio.

L’investitura del doge si compiva nei primi tempi per diretta partecipazione popolare, alla quale seguiva il conferimento delle dignità bizantine, attraverso il Governo di Bisanzio, da cui i popoli che avevano creato questa repubblica dipendevano, che intendeva ribadire la sua preminenza anche se lontana e sempre più formale.

Nell’XI secolo vennero creati dei “giudici” che succedevano ai “tribuni”  con un compito amministrativo nel centro della nuova città che veniva formandosi vicino a Rialto. Essi già dall’inizio assunsero un carattere di magistratura che collegava insieme  le singole isole dell’unità del Governo.

La prima e più originale forma di delimitazione del potere ducale fu ” la promissione ducale” la richiesta cioè, da parte degli elettori che il Doge , nell’atto di assumere la carica, compisse un solenne giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità.

Queste norme, riunite in singoli codici determinarono il pensiero costante della Repubblica e rafforzarono sempre più la posizione del “Consiglio” affiancata al Doge.

 

Ogni doge ebbe  la sua ” promissione ducale” ed una delle prime e fondamentali fu quella appunto di Enrico Dandolo, fatta all’atto della sua elezione nel 1193 nella quale il suo potere venne bene limitato:non poteva  intromettersi nella nomina del patriarca, ad esempio, non poteva  disporre di beni pubblici nè trattare direttamente con il Papa o con altri principi.

La “promissione” in uso anche in altri comuni italiani, divenne un atto pubblico fondamentale nella storia della Repubblica di Venezia, tanto che i testi, redatti dai Dogi, uno per volta, costituirono un’importante partecipazione del Consiglio di Stato al governo del Sovrano: Il suo valore era di tale gravità da richiedere ben presto, a partire dal 1229, la nomina di una commissione di cinque membri  “correttori della promissione dogale”.

Al momento della morte del Doge venivano eletti immediatamente tre inquisitori per indagare sul comportamento politico del doge defunto, la cui salma veniva esposta  in un salone del Palazzo Ducale, sotto alla sala del Maggior Consiglio, chiamata la Sala ” del Piovago”.

I correttori della promissione dogale proponevano al Maggior Consiglio le direttive ritenute utili per la nuova promissione del nuovo Doge. Finito entro tre giorni questo strano rito di inchiesta e di proposte , si davano solenni onoranze funebri al Doge nella Chiesa di San Giovanni e Paolo, a partire dalla metà del 1300.

Le immagini di tutti i Dogi sono ritratte sulla parete, vicino al soffitto della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale: ve ne è solo uno, coperto da uno strato di pittura nera, con sopra una scritta. Di questo personaggio cancellato vi racconterò al più presto.

 

 

 

 

I Dogi a Veneziaultima modifica: 2010-07-08T20:19:00+02:00da
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