Vi sono alcuni significativi artisti del Rinascimento veneziano che all’epoca non vennero tenuti più di tanto in considerazione in virtù della loro precisa posizione estetica, anche se ottennero riconoscimenti da chi, le loro opere, poterono valutare ed osservare.
Ruzzante divenne attore ed autore di commedie che rispecchiano la coscienza polemica dei contadini contro il mondo brillante e raffinato dell’aristocrazia del tempo. Egli aveva scelto per il tuo teatro i caratteri popolari, l’aspro linguaggio della campagna padovana, rispetto alle scintillanti commedie di un grande amico di Tiziano, quelle di Pietro Aretino e dei soggetti preferiti dal patriziato veneziano.
Alcune parole del “prologo” della ” Betìa”, recitata in Palazzo Ducale il 5 maggio 1523 chiariscono la posizione pragmatica del Ruzzante: ” Il naturale tra gli uomini e le donne è la più bella cosa
Egli rivelava così una realtà che veniva dalla campagna alla nobiltà veneta toccata nel vivo, secondo le parole di Marin Sanudo, dal parlare denso e violento della gente dei campi, che faceva sentire le proprie angustie e le proprie reazioni con una forza non mai prima udita nella sua immediatezza realistica, ma anche con una teatralità vivacissima e fantasiosa, ricca di umanità e pronta ed aggressiva a un tempo, nella via comica dell’azione.
Sappiamo di sicuro che il Ruzzante fu ricordato anche dopo la morte ed uno dei suoi più ferventi ammiratori fu Galileo Galilei; il naturale, a cui il Rinascimento mirò in vario modo, dice Carlo Grabher, fu inteso dal Ruzzante in senso elementare ed integrale come ispirazione che deve essere tratta dal mondo più vicino ad uno stato di natura, quello della gente semplice ed istintiva.
Ci vollero diversi anni perchè a Ruzzante venisse reso l’onore di essere