Si racconta che nel 1335 o 36, Frà Pietro dell’Ordine dei Francescani, giungendo a Venezia vide molti bambini abbandonati . Li riunì cercando di dare loro un minimo di riparo e sostentamento e il 10 Agosto 1336 un certo Domenico Trevisan dispose un legato testamentario a favore degli orfani.
Nel 1341 la nobildonna lasciò queste casette in eredità a Frà Pietro. Da quel momento il luogo venne chiamato Corte della Pietà.
Nel 1343 la Repubblica Veneziana decretò soccorsi più consistenti, e diede a Frà Pietro la facoltà di questuare dicendo “pieta, pietà”, da qui il nome dell’Istituto, anzi Ospedale come era definito (cioè come luogo che ospita). Frà Pietro chiedeva la questua anche per le balie che erano necessarie per nutrire i più piccoli.
Nel 1348 divise i maschi dalle femmine. I primi vennero affidati alla Confraternita maschile di S. Francesco, le seconde alla congregazione delle Matrone da lui stesso costituita nella chiesa di S. Maria della Celestia, con il titolo di Suore di Santa Maria dell’Umiltà.
Frà Pietro ottenne la dispensa dal Papa di poter disporre delle sue volontà, le quali, dopo la morte del fraticello, il 27 Dicembre 1349, vennero eseguite dal suo successore, Frà Pacino.
Il 15 dicembre 1535 il Maggior Consiglio unificò la gestione dell’ospizio, affidando l’assistenza degli orfani ai “Putti”, sotto le suore di S. Maria dell’Umiltà.
Nel 600 venne posta la “scafeta”che era il contenitore dove venivano deposti i bambini abbandonati.
L’istituto era molto amato nella città, e nobili e ricchi donarono ville a Ponzano e a Preganziol, dove i bambini venivano portati d’estate a passare qualche mese in campagna,
Il Senato, vedendo la crescita a dismisura del numero dei ospiti elesse, nel 1472, due patrizi che avrebbero dovuto rilevare i bisogni più urgenti dell’Istituto.
Qui nacquero i suoi capolavori.