Tagged with " mercanti"
Ago 20, 2011 - Società veneziana    1 Comment

I Baili: artefici della cultura e dell’espansione della Serenissima

basilica_di_san_marco_a_venezia.jpgLa vocazione naturale di Venezia fu subito chiara, vista la sua posizione geografica, proiettata verso l’est Europa, e destinata a far fiorire il commercio con le popolazioni di tali zone.

Il problema Adriatico fu quindi il primo che la neonata Serenissima si trovava ad affrontare, legata com’era anche a Bisanzio, alla sua cultura, al suo fascino; nei primi secoli l’azione del Governo cercò di rendere sicura la navigazione mediante punti di appoggio contro i focolai di pirati narentani e saraceni, perciò le conquiste territtoriali non furono mai vistose, solo quanto bastava ed era indispensabile ad una strategia di dominio che si affidava soprattutto alla sicurezza delle rotte che portavano ad Oriente.

Genetile Bellini, ammiraglio turco.jpgPietro Orseolo II.jpgImperatore Basilio.jpgTra i vantaggi e la strategia basata sul dialogo e sulle alleanze, ebbe molta importanza la Bolla d’Oro, un accordo fondamentale stipulato con l’Imperatore Basilio nel 992, che garantiva la strada aperta per i commerci e la navigazione verso Costantinopoli, ottenuto dal doge Pietro Orseolo II a riconoscimento del suo aiuto contro i Saraceni.

In questo modo Venezia ebbe la strada aperta per i commerci con la Siria, l’Egitto e l’Africa del Nord, e con banchine oltre che a Costantinopoli nel Corno d’Oro, e fondaci a Gerusalemme, Alessandria, Acri, Beirut, Aleppo, Damasco, il Cairo.

Occupò anche isole del sud, e porti dell’Egeo. Grazie ai mercanti come Marco Polo ed altri, Solimano Agostino di Gentile Bellini.jpgcreò una profonda penetrazione mercantile anche in Asia minore, e creando addirittura servizi di linea che si estendevano, alla fine del 1300 all’Inghilterra e alle Fiandre.

Sultan_Mehmed_II.jpgBaili veneziani.jpgambasciatore turco.jpgGrazie alla conquista ed ai buoni rapporti con la Dalmazia La Serenissima era la regina del commercio in tutto il Mediterraneo.

Lo strumento più usato dalla Repubblica fu quindi la diplomazia, arte delicata a cui Venezia dedicò estrema attenzione e preparazione: allo scopo vennero preparati personaggi particolarmente abili, pronti a studiare le lingue e le abitudini dei luoghi dove darebbero stati inviati per creare un ponte “diplomatico”, e a governare quei veneziani che in quei luoghi si erano trasferiti: si tratta dei Baili, persone di grande Dogre con ambasciatori arabi.jpgBaili Veneziani in Islam.jpgcultura e di mente aperta, così come aperta era la civiltà Veneziana pronta a cercare di capire, ad adeguarsi, più che a imporre religione, usi, anzi, traendo da queste diversità possibilità di ampliare la propria cultura e, per quanto riguarda i commerci, le proprie informazioni: non a caso dalla Siria vennero le prime informazioni per la lavorazione del vetro, e dall’Islam la lavorazione dei tappeti e dei velluti.

I lavori orafi importati da Damasco, con relativi metalli preziosi, e le lacchi indiane, per l’abbellimento delle ceramiche. Ma il maggior apporto culturale fu quello legato alla filosofia  ed alle scienze, tra cui l’algebra, parola araba, come arabi sono i numeri tutt’ora utilizzati, e lo zero, grande scoperta di qualcosa Istambul di Gentile Bellini.jpgche è nulla ma che posta prima o dopo un numero ne accresce o ne diminuisce il valore.

Istambul.jpgGentile Bellini, donna turca.pngBaili veneziani in oriente.jpgNon a caso a Venezia venne pubblicato il primo Corano (inteso come libro) nel 1537 ,le opere astronomiche di Tolomeo , il compendio medico di  Avicennia e le opere filosofiche di Avennoè.

Questa è stata la ricchezza di Venezia e dei governanti che si sono susseguiti nei secoli, dando lustro, potere e predominio culturale, letterario, filosofico, I Baili di Venezia.jpgmusicale e scientifico: una cultura aperta e pronta a recepire e capire!

 

Giu 8, 2010 - Tradizioni    10 Comments

Venezia e le sue navi: la potenza d’Europa!

Arsenale%20di%20Venezia%20XVI%20Secolo.jpgL’Arsenale: imponente e alacre laboratorio per la produzione della flotta veneziana, e non solo, anche delle navi mercantili già nel 1100 riuscì ad allestire in cento giorni cento galere da utilizzare nelle guerre con l’Impero d’Oriente.

Nel xv secolo il Doge Mocenigo scrisse nel suo testamento: (4 aprile 1423): 3.000 navigli da carico, tra grandi e piccoli, con 17.000 marinai, 300 navi con 8.000 marinai……” voi avete veduto tra galere grosse e sottili ogni anno 45, marinai 11.000″.

Data la necessità di avere sempre pronta una flotta per ogni evenienza, si costruì un certo numero di navi già arsenale-di-venezia.jpgarmate. A questo scopo, verso la fine del 400 , fu cinto di mura lo specchio d’acqua a nord dell’ARsenale nuovo, come si può osservare da una pianta di Jacopo de Barbari.

Non si vedono navi in sosta, come nel Bacino di San Marco, ma la celebre raffigurazione dell’incisore, sempre esatta per tutte le altre zone della citta, per l’Arsenale non presenta inesattezze, ma una certa qual reticenza, dovuta naturalmente a necessità legata da segreto militare.

Per la costruzioni delle varie parti delle navi la Serenissima aveva costante bisogno di diversi tipi di legno: la montello3.jpgForesta del Cansiglio.jpgboschi del Cadore.jpgquercia per l’ossatura ( albero che venne definito “colonna sacra del mare”, il larice e l’abete per il fasciame, gli alberi ed il pennone, il faggio ed il frassino per i remi, il noce per i timoni.

Per l’approvvigionamento del legname la Repubblica potè usufruire della sua espansione in terraferma, e dell’acquisizione dei boschi del Montello e del Cansiglio nelle prealpi venete, e nelle numerose vallate del Cadore.

I boschi venivano curati e controllati, sorvegliati da ” I Provveditori” e “Sovraprovveditori” nominati tra i Patroni dell’Arsenale: la scelta degli alberi da abbattere era compito dei “proti”, e per gli  alberi abbattuti  venivano piantati nuovi alberi da far crescere: i tronchi venivano fatti scorrere lungo il Piave, fino ad arrivare in laguna.

Le principali navi costruite nell’Arsenale erano di due tipi principali: navi a remi e navi a vela.

galera bastarda.gifgalera immagine.jpggalera.jpg800px-modello di Galera sottile.jpgTra le navi a remi vi erano le galere, e tra queste diverse versioni: galere sottili, galere grosse, Galere del Capitano General, o quelle da “Provveditore d’Armata, quindi le galere “bastarde” dette galeotte, alle galere da mercanzia.

Convogli di galere da mercanzie ( mude) erano conosciuti già dal 1200. Le galere erano fornite di due o tre vele triangolari, ma la loro velocità galere.jpgera costituita dai remi che prima erano governati da un solo vogatore, ma a partire dal 500 , diminuendo i remi, vennero affidati comunque a tre vogatori.

Un nuovo tipo di nave a remi venne costruito, in gran segretezza, tra il 1526 al 1529, in un apposito reparto dell’Arsenale: denominata “Quinquireme Faustina” la nave era dotata di 200 remi su cinque ordini, aveva una lunghezza di oltre 28 passi (circa 50 metri)ed era armata con trecento tra cannoni ed armi di vario genere.

Nonostante le buone prove date in mare queste navi vennero cancellate dalla produzione perchè troppo costose.

navi-grosse-2-navi-tonde-e-2-galee-da-jacopo-de-barbari-p.jpguna galeazza e due galee.jpgLa nave tipica da trasporto invece era la “cocca”, una nave rotonda che andava esclusivamente a vela, e disponeva di un equipaggio estremamente ridotto (circa 15 uomini), ed aveva una capacità di carico notevolmente superiore a quella delle galere.

Molte cocche si vedono ormeggiate nel Bacino di San Marco nelle stampe di Jacopo de Babari, una si vede in costruzione all’Arsenale, e nei quadri del Carpaccio si nota spesso un tale tipo di nave che presentava tra l’altro una particolare bellezza costruttiva, una vera architettura sul mare.

lA-bATTAGLIA-DI-lEPANTO.jpgBattaglia di Lepanto.jpg1lepanto.jpgGaleazza.jpgLe più famose ed osannate comunque furono le Galere grosse, o ” Galeazze”, per le quali venne costituito un reparto apposito all’Arsenale, chiamato “vasca delle Galeazze” le cui possibilità, efficacia e potenza vennero utilizzate nella Battaglia di Lepanto, in prima fila, pronte a combattere contro il nemico, La Battaglia di Lepanto.jpge uscite vincitrici come forte e predominante era il valore navale della Serenissima.

Rialto, locande con letto guarnito e porte per botti a Venezia

Rialto.jpgrialtolegno.jpgPonte di Rialto.jpgRialto, le sue rive ed il suo celebre ponte: All’inizio, nel 1181 Nicolò Barettieri lo creò come ponte di barche, per diventare poi, nel 1250 una costruzione in  legno che si apriva per  far passare le navi con le loro vele, diventando poi quello attuale su progetto di Antonio da Ponte realizzato nel 1588, era il fulcro dei commerci e delle attività mercantili.

A Rialto  arrivavano e si lavoravano merci preziose come sete, spezie, oro, e dove, sotto i portici di Campo S. Giacomo c’erano i Banchi dove venivano registrati i conti personali dei vari mercanti, specialmente col sistema del “giro conto”, perfetto per non dover maneggiare denaro, per tale ragione il sottoportico era Campo S. Giacomo.jpgCampo S. Giacomp 1.jpgdenominato Banco giro.
I banchi ” de scripta” furono gestiti nei primi secoli da privati, soprattutto nobili, che dovevano ottenere l’autorizzazione versando un’adeguata cauzione, poi, dal 1587, passarono direttamente alla gestione dello Stato.

I mercanti potevano negoziare “mutui ad negotiandum”, prestiti veri e propri, oppure trattare “le colleganze” , forme assai diffuse dal 200 al 300, di compartecipazione di soci finanziatori ” socius stans”, che non si movevano da Venezia, ed i ” Soci procetans” che compivano i viaggi e le operazioni di scambio relative.

Il campo era sempre affollato di mercanti veneziani e stranieri e da loro agenti che trattavano affari o semplicemente si Canaletto Rialto.jpgsottoportici di Campo S. Giacomo.jpgstampa di Campo S. Giacomo.jpgtenevano al corrente, come nella Borsa, delle variazioni del mercato.

Accanto al portico del Banco Giro c’era la Calle della Securtà ed il Caffè della Securtà, dove si stilavano polizze assicurative contro i rischi derivanti dalla navigazione (avarie, naufragi, assalti di pirati ecc.)

Rialto inoltre brulicava di alberghi dove il proprietario detto camerante forniva il cosidetto ” letto guarnito”, in cui era previsto l’alloggio, il riscaldamento, la cena e la compagnia.

naranzeria.jpgerbaria venezia.jpgerbaria a Rialto.jpgQui sorse il mercato di Venezia, con l’Erberia, dove venivano vendute le verdure e la frutta provenienti dalle isole, la Pescheria, che non vendeva solo pesce ma anche uccelli, la Naranzeria ( da arancia), formata da piccoli e bassi magazzini che vendevano agrumi.
Nella Casaria si vendevano formaggi e anche carne di maiale conservata sotto sale.

Insomma, la toponomastica ci da indicazioni precise delle attività che si svolgevano in questo punto nevralgico ed attivo della Repubblica.

La Ruga e il Sottoportico degli Oresi ( orefici)che qui avevano le loro sedi, e che per effetto della pescheria3.jpgcolonna pescaria.jpgpescheria 2.jpgdelibera del Maggior Consiglio del 23 Marzo 1331 erano obbligati a lavorare e vendere l’oro solo nell’isola di Rialto.

C’era il Campo delle Becherie ( da Becher, macellaio), la Calle dello Stivaletto,dall’insegna di un negozio di calzolaio con  uno  stivaletto, la Calle del Capeler, (il Cappellaio) Quella del Marangon (falegname e lucidatore),Calle del Manganer (lucidatore di sete e di lane) Calle dei Varoteri (Pellicciai).

Il Ponte delle Spade, la Calle della Donzella, Calle del Sturion e quella della Campana erano i nomi di altrettante locande o alberghi.

LocandaSturionCarpaccioParticolare.jpgL’Osteria della Scimia si trovava in un palazzo proprietà delle monache che l’avevano dato in affitto, quella del Gambero, quella della Donzella, e quella dello Sturion, immortalata in un quadro di Vittore Carpaccio, ” Miracolo della Reliquia della Santa Croce”.

C’era anche in Fondamenta della ” Stua ” (stufa) un locale pubblico che ospitava una sorta di piscina riscaldata, dove, nonostante la propibizione, con le abluzioni gli ospiti più licenziosi potevano usufruire della compagnia  delle  cortigiane che stazionavano sul vicino Ponte de le Tette.

E sempre nella zona, in Campo Rialto Novo c’è ancora il bassorilievo con lo stemma dell’arte dei boteri (o bottai) risalente al XVII secolo, che avevano l’obbligo di aggiustare gratuitamente le botti del Doge, ma con diritto ai campo di Rialto novo.jpgRialtoBassorilievoBotte.jpgCalle dell'Arco.jpgcerchi, ai vinchi e alle cibarie per gli operai.

Proseguendo si passa per la Calle dell’Arco, dove due archi uniscono due palazzi solo per indicare che entrambi gli edifici erano di proprietà di una sola famiglia, la calle poi diventa Calle dell’Ochialer (occhialaio), dove c’erano le botteghe che si servivano dell’arte dei Cristalleri i quali si erano riuniti in confraternita, e nella mariegola si sanciva che l’oglar doveva essere in cristallo puro e non in vetro.Per la prima volta gli occhiali vennero nominati in un documento, ed è accaduto a Venezia nel 1274.

Proprio dove la Calle dell’Arco diventa Calle del’Ochialer doveva esistere un magazzino del vino, proprio a metà strada fra la riva del Vin (dove, è ovvio, si scaricavano le botti) e la Calle dei Boteri Lo spazio era limitato,e all’attuale anagrafico 456 escogitarono un sistema per far passare più agevolmente una botte attraverso una porta un RialtoPortaVerticale.jpgRialtoPortaOrizzontale.jpgpò stretta, ed ecco il risultato!

Giustizia al Palazzo dei 10 Savi..jpgPalazzo dei 10 Savi.jpgSu tutte queste attività vigilavano i Magistrati  nel Palazzo dei 10 Savi alle Decime, una sorta di Ministero delle finanze, e sul  cui angolo è esposta, alla vista e a monito di tutti, una grande statua raffigurante la Giustizia.

 

 

I mercanti di Venezia e i primi Banchi di Pegni

nave di mercanti.jpgNel 500 a Venezia si commerciavano, accanto ai prodotti provenienti dall’Oriente, quelli  come l’olio di Puglia, i vini di Malvasia, uva passa di Zante e Cefalonia, mercurio dell’Istria e zolfo delle Marche.

Non basta, a Venezia giungevano mercanti tedeschi che venivano per acquistare i prodotti delle sue manifatture, come lo zucchero raffinato, il sapone, vetri muranesi, damaschi, velluti e soprattutto “ormesini” tessuti di seta che dalla loro destinazione erano detti  ” da Fontego”.

la Zecca.jpgInfine Venezia con i suoi 150.000 abitanti e l’alto tenore di vita doveva essere considerato un mercato interessante per le tele di lino tedesche e per i prodotti di metallurgia di Norimberga, mentre la sua Zecca ( la cui sede si trova accanto alla Biblioteca Marciana a San Marco) assorbiva grosse partite d’argento dal Tirolo e del Rame dall’Alta Germania.

Fondaco dei Turchi.jpgFondaco dei Tedeschi.jpgI mercanti stranieri potevano usufruire di fondachi, cioè magazzini con accesso all’acqua, come il Fondaco dei Tedeschi (ora Poste centrali di Rialto) o il fondaco dei Turchi, ora sede del Museo di Storia Naturale.

C’è da notare che i mercanti veneziani spesso, in Oriente ,pagavano gran parte dei loro prodotti con altre merci, come il riso, carta della Riviera di Salò, manufatti esteri come coltelli e tele di lino tedesche, o panni grossolani inglesi ( le cosidette carisee).

mercanti veneziani 3.jpgmercanti.jpgfondamenta dei Ormesini.jpgMa il grosso dell’esportazione veneziana in Oriente era costituita da prodotti veneziani come lo zucchero raffinato, il sapone, specchi, conterie, e specialmente i cosidetti “pannilana”, tessuti pregiati di seta.

ghetto_ebraico.jpgMa agli inizi del 600 si ebbero dei decrementi notevoli negli scambi, per cui i mercanti avevano bisogno di qualcuno che prestasse loro denaro, naturalmente coperti con un pegno: e gli unici che svolgevano questo mestiere erano gli ebrei, chiusi  nel loro ghetto, i quali non erano ben visti dai dogi e dalla nobiltà Veneziana, che comunque ne aveva bisogno.

Nel 1700 venne regolamentato anche il sistema, per cui i banchi dei pegni potevano prestare denaro al popolo fino a tre denari (poi innalzati a sei), con l’interesse del 5%, mentre si creò il progetto di costituire un Monte di Pietà, mercanti veneziani 1.jpgmercanti veneziani 5.jpgquesto naturalmente destinato ai ricchi mercanti più facoltosi, per il cui il prestito era compreso dai 10 ai 400 ducati (in alcuni casi, previa autorizzazione anche 1000) per operazioni da erogarsi dietro rilascio di pegni costituiti da mercanti veneziani.jpgdrapperie, biancheria, ori, argenti, preziosi.

img139.jpgIn alcuni casi, come nel “Mercante di Venezia” anche altri pegni, molto più drammatici e terribili, non certo casi reali ma soltanto frutto del genio di Shakespeare!