Venezia Nascosta

I gatti di Venezia

Venezia come luogo di incontro di varie etnie, porto determinante per tutto il Mediterraneo  a cui le le navi  attraccavano e ripartivano  , portando con sè dei piccoli nemici infidi e pericolosi: i ratti asiatici, portatori, purtroppo della peste.

La Serenissima,  come gran parte delle altre capitali europee fu vittima frequentemente di queste epidemie che portarono addirittura a dimezzare la popolazione.

Ed il senso pragmatico dei veneziani (mercanti, per cui aperti a qualsiasi soluzione logica ed economicamente vantaggiosa), portò a costruire per prima una basilica, nell’isola della Giudecca, chiamata la Basilica del Santo Redentore, nota ai veneziani come  il Redentore, progetto di Andrea Palladio, che portò a termine l’opera nel 1577.

La ricchezza dell’interno e all’altezza della città che l’ha costruita e che la ospita:
Opere del Tintoretto, Veronese, Palma il Giovane ecc.

E’ tradizionalmente il fulcro della grande Festa del Redentore che viene celebrata la terza domenica di luglio a memoria del pericolo scampato ad una pestilenza che colpì la città nel 1575.

L’ epidemia provocò circa 50.000 vittime, quasi un veneziano su tre.

Nel settembre del 1576 , quando il male sembrava averla vinta con gli abitanti della Serenissima, il Senato chiese l’aiuto divino  facendo voto di realizzare un nuova chiesa intitolata al Redentore.

Nel maggio del 1577 si pose la prima pietra del progetto di Andrea Palladio ( che da 1570 era il Proto della Serenissima, architetto capo della Repubblica veneziana.

Il 20 luglio successivo si festeggiò la fine dell’epidemia con una processione che raggiunse la chiesa attraverso un ponte di barche.

L’edificio ha pianta rettangolare, con un singolare e splendido transetto costituito da tre absidi comunicanti con la grande cupola centrale. La facciata, in marmo bianco è uno dei più mirabili esempi di ispirazione neoclassica che tanto resero famoso il Palladio.

La ricorrenza si celebra ogni anno la terza domenica di luglio, ed è una delle feste più belle per i veneziani, che viene onorata con canti, fuochi arftificiali, ed è di rigore mangiare l’Anara col pien (l’anatra ripiena) seduti sulle barche o sulle gondole, tra luci , luminarie e canti.

Successivamente, a seguito di un’altra epidemia, come ringraziamento della sua fine, venne edificata la Chiesa della Madonna della Salute, ma il problema reale rimaneva, per cui la scaltrezza ed il pragmatismo veneziano consigliarono di andare in Dalmazia, riempire le navi di gatti, e lasciarli poi liberi in questa città, tra le sue calli, i suoi campielli..pancione soddisfatto al sole, e tante lunghe appisolate accanto ad una vera da pozzo. Questi sono i veri gatti di Venezia, questa la strategia contro i topi, per cui se vi capita, una carezza magnanimamente concessa da uno di questi “dormiglioni”diventa un modo di comunicare con questa Venezia appagata, placida  e soddisfatta.

Purtroppo ultimamente, per evitare problemi, la maggior parte di questi “abitanti” di Venezia sono stati sterilizzati, per cui la carezza elargita, lo sguardo enigmatico e scrutatore di questi felini diventano sempre più rari….Venezia, la popolazione dei suoi gatti che cala, inevitabilmente, sembra esigere ancora questi “personaggi” silenziosi che per anni hanno donato e continuano a donare una compagnia discreta ed affascinante.

 

 

 

I gatti di Veneziaultima modifica: 2013-06-09T20:01:28+02:00da
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