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Queste donne venivano sostenute nelle loro opere dalle famiglie nobili che le ospitavano o presso i loro palazzi, o in caxette, ossia case a loro concesse “amore dei”, cioè gratis, oppure ospitate in ospizi o ospedaletti.
Considerate le loro attività, così vicine al Doge e alle istituzioni venivano considerate alla stregua di ficcanaso, spione ambigue ed ingannevoli.
Le pizzocchere erano conosciute a Castello, S. Anna, S, Domenico, San Pietro, San Giuseppe e Calle delle Furlane: una di queste fu Cassandra Fedele che fu nominata “priora de l’hospeal de le Donzele appresso a San Domenego; morì nel 1558 a 102 anni dopo aver studiato medicina e teologia a Padova, e aver composto opere letterarie.
Non a caso a Venezia troviamo una corte a loro dedicata.
Nel 1727 le Pinzocchere assunsero il titolo di Comunità Religiose riconosciuta dalla Serenissima e nel 1746 venne loro destinato un burcio (una barca da trasporto merci).
Ho voluto raccontare con molto piacere la storia di queste donne coraggiose, caritatevoli votate al bene altrui perchè nei miei ricordi di bambina giganteggia l’immagine di una “zia” , non vera zia,(era una terziara francescana) dalle mie sorelle e da me chiamata zia Ninetta, amica di mia nonna Adele, donna impegnata, forte ed intelligente che rimasta vedova a 28 anni con tre figli da crescere, nei primi anni del novecento si impose nel lavoro presso la Cellina, (antenata dell’Enel) fino a diventare cavaliere del lavoro. Zia Ninetta divenne per noi , nipoti di tale donna distrutta ancora abbastanza giovane dall’Alzhaimer, un alter ego della nonna, e il ricordo di lei mi è rimasto, vivissimo , e la sua immagine:lei piccolina, la crocchia grigia, gli occhialini ed il visetto grinzoso e il suo dolcissimo sorriso che mi illuminò l’ultima volta che la vidi, nell’Ospedale di SS. Giovanni e Paolo.
Donne straordinarie degne figlie di questa Venezia e di questa cultura, illuminata e grande!!!!