Le Botteghe del Caffè a Venezia

imagesCA755EXM.jpgVenezia, antesignana in tutte le sue novità, importò per prima il caffè dalla Turchia.

La prima bottega del caffè che sorse a Venezia fu il Caffè Quadri, nella prima metà del 700, e si distinse per la preparazione della bevanda alla turca, richiamando così una grande quantità di clienti provenienti da qualsiasi nazione.

Accanto al Quadri sorgeva il Lavena, e qui si davano appuntamento per sorseggiare una tazzina della squisita bevanda imagesCABLIQ62.jpgContessa CaSATI.jpgmusicisti, come Richard Wagner, o intellettuali, come D’ Annunzio, spesso in compagnia della Contessa Casati, che portava con sè un leopardo al guinzaglio.

codega.jpgimagesCANBJO0A.jpgimagesCAB4XVYW.jpgimages.jpgQui sostavano i gondolieri ed i “codega” cioè i portatori di lanterne incaricati di accompagnare a casa i clienti; l’illuminazione pubblica fu realizzata solo nel 1732.

imagesCAO44MAS.jpgEd ecco infine “Alla Venezia Trionfale” di Floriano lUISA cASATI.jpgFrancescotti,  chiamato da tutti Florian,  e così si chiama tutt’ora. Il nipote di Caffè Florian.jpgFlorian.jpgimagesCAM8XT71.jpgFloriano, imagesCAF4ATKP.jpgValentino, fu grande amico del Canova, che, quando era a Venezia, veniva a sedersi qui e a passare qualche ora in buona compagnia.Fu anche la prima bottega del caffè dove potevano entrare le donne.

Al Caffè Florian nacque la Gazzetta Veneta del Conte Gaspare Gozzi, che praticamente teneva qui la sua redazione ed anche il centro di diffusione.

Con lui spesso il fratello, uomo segaligno e spesso triste, Carlo Gozzi, che fu uno dei pilastri dell’Accademia dei Granelleschi, denunciò spesso il cattivo imagesCAZZYE8C.jpgimagesCAZ8XDB6.jpggusto dei costumi letterari e fu fiero oppositore e denigratore di Carlo Goldoni, che definì il “borghese”.
Scrisse le fiabe teatrali “L’amore delle tre melarance”, il “Re Corvo”, la “donna serpente” e la Turandot. Nel corso dell’800 venne frequentato  da Lord Byron, Foscolo, Goethe, Marcel Proust, Russeau, Stravinsky, Modigliani e Riccardo Selvatico.

Straordinaria fu la diffusione di questa bevanda tratta da una semente chiamata “Kahvè”, giunta da Costantinopoli nel 600. E dalla prima bottega, nata sotto le Procuratie in piazza S. Marco nel 1683,già nel 700 se ne contarono ben 34 sparse per tutta Venezia.

imagesCA68Z2OJ.jpgimagesCARQYE18.jpgimagesCALFO00M.jpgimagesCA544GZP.jpgCarlo Goldoni nella sua “Bottega del Caffè” ne  descrive lo spirito, l’aspetto conviviale, il punto di riferimento per incontri, pettegolezzi, quello spirito tutto veneziano, godereccio che è diventato un centro di aggregazione sociale, rimasto tutt’ora un’ abitudine per le vecchie signore che al mattino,  prima delle passeggiate o delle commissioni, si fanno quatro ciàcoe sorseggiando una tazza di caffè corretto, o bevendo un marsalino in cui intingono un baìcolo.

 

L’artigianato e l’arte del 700 a Venezia, sguardo all’interno della vita quotidiana

lampadario.jpgLa progettazione dei mobili veneziani del settecento è rinomata sia per le leggere opere di intaglio, gli stucchi rilevati e dorati e soprattutto per lo splendido colore delle lacche nella delicata eleganza della forma.

lampadaro Murano.jpgSi qualificò quindi una produzione artistico-artigianale varia e vastissima, che comprendeva mobili veneziani.jpganche i settori più rinomati dell’epoca, come i vetri di Murano candelabri.jpg(lampadari e candelabri colorati, specchiere con vetri intagliati e incisi, paralumi con cristalli decorati, coppe, vasi, calici, piatti, vassoi e alzate di ogni tipo) tenuti in grande onore dalla stessa REpubblica  che “menava vanto della superba produzione veneziana” protetta dai vincoli e privilegi dei Savi alla mercanzia e agli Inquisitori delle Arti.

specchiera.jpgdivano del 700.jpg200px-Albinoni.jpgLa produzione artigianale del settecento a Veneza specchiera ovale.jpgprese l’aspetto di un fenomeno spontaneo come fosse cosa fatta naturalmente, che non conosceva stacchi tra tecnica e tecnica, genere e categorie diverse: una fioritura legata all’atmosfera della città, alla selezione severa ed inappuntabile del gusto, alla precisa percezione degli accordi armonici, delle dosature dei colori e dei rapporti tonali, entro il ritmo sicuro impresso alla forma, con un’esatta misura delle linee e dei contorni, come avvenne con tanta limpidezza nelle musiche di Vivaldi ed Albinoni, tanto per citare due importanti artisti dell’epoca.

broccati del 700.jpgEd al mondo dei pittori, specialmente di Pietro Longhi (grande amico di Goldoni) l’artigianato veneziano si riferiva, con l’eleganza spirituale nell’ordito di un disegno, di un broccato, di una specchiera inghirlandata, di un lampadario splendente per i cristalli colorati ed iridesceni.

Famiglia Sagredo, Museo Querini Stampalia.jpg4%20pietro%20longhi%20-%20il%20sarto.jpgE Pietro Longhi, nei suoi interni, nei suoi salotti, nei ritratti di famiglia ci fa entrare in questo particolare mondo, in questo particolare modo di assaporare quest’arte-artigianato che ha configurato un’epoca, ed ancora la caratterizza.

Ed ecco i suoi personaggi, quasi sempre in posa, da cui traspare quasi un’uggia sottile nel sottostare all’apparato della disciplina dell’onorata convivenza in società,  attorniati da un ambiente in penombra tra le stoffe rasate delle pareti, il grande sofà di fondo, la poltrona, la tenda coronata dalla “buonagrazia”, il quadro antico, lo specchio con cornice dorata, il caminetto sul quale brilla il vetro soffiato di Murano, le chicchere del caffè e della cioccolata.

Pietro Longhi 1.jpgTra Pietro Longhi ed il commediografo Carlo Goldoni si può notare una analoga ispirazione, commentata dallo stesso Goldoni nel sonetto scritto nel 1750 in occasione delle nozze tra Giovanni Il farmacista-Gallerie dell'Accademia.jpgIl Parrucchiere - Cà Rezzonico.jpgLa Toeletta Cà Rezzonico.jpgLezioni di Geografia Querini Stampalia.jpgGrimani e Caterina Contarini: ” Longhi, tu che la mia Musa sorella chiami del tuo pennel che cerca il vero, ecco per la tua man, per mio pensiero, argomento sublime, idea novella.Ritrai tu puoi vergine illustre e bella e dolce di viso  e portamento altero; pianger puoi  di Giovanni il ciglio arciero, che il dardo scocca alla gentil donzella. Io canterò di lui le glorie e il nome, di lei la fè, non ordinario vanto: e divise saran tra noi le some. Tu coi vivi colori, ed io Carlo Goldoni.jpgcol canto: io le grazie dirò, tu l’auree chiome: e del suo Amor godran gli sposi intanto|”.

Set 6, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’urbanistica di Venezia città medievale

L’urbanistica di Venezia città medievale

Barbari32.jpg250px-Palazzo_Sagredo_-_De_Barbari.jpgL’urbanistica veneziana indica che la città è una città medievale nel suo impianto e che tale è rimasta sostanzialmente anche in periodo rinascimentale e barocco: una cosa analoga si può dire per l’architettura ed edilizia veneziana.

La tipologia delle costruzioni di Venezia ha origini molto lontane nel tempo e talvolta anche nello spazio. Le costruziioni civili, specialmente le più signorili hanno come modello, sopratutto per la facciata, la villal romana che era assai diffusa ad Altino, ai margini della laguna.

Fondaco_dei_Turchi.jpgPalazzo Corner del Sansovino.jpgI lunghi loggiati  sovrapposti  al centro della facciata, con le due torre laterali (torreselle) quale si può notare ad esempio nel fondaco dei turchi, ricalcano l’esempio della casa romana. Un tipo di costruzione così aperta ed ariosa , come doveva presentarsi la casa vernezana veneto-bizantina, era frutto non soltanto del ricordo delle belle ville altinati, ma anche d altre più pratiche ragioni per essere stata adottata in così larga misura, trattandosi inltre di edifici di abitazione e di sedi di aziende commerciali e non più di ville di vacanza.

case veneziane di De Barbari.jpgInfatti l’adozione di portici verso l’acqua era dettata dalla necessità pratica di carico e scarico delle merci dalle imbarcazioni :  i lunghi loggiati e le numerose aperture erano dettate dall’esigenza di illuminazione  interna  e contemporaneamente servivano ad alleggerire l’intera costruzione.

Porticati, loggiati, scale  esterne, aperture a tutti i livelli presupponevano inoltre uno stato di di relativa sicurezza e tranquillità, cnseguenza della oarticolare situazione sociale di Venezia del medioevo.

Se la facciata della casa deriva a grandi linee dalla villa romana, i vari particolari architettonici traggono ispirazione da fonti diverse: dall’architettura bizantina la forma degli archi, dall’architettura ottomana e moresca le merlature e altre forme geometriche di decorazione.

Comunque l’essenza costruttiva e la ripartizione spaziale avranno però una fisionomia generale tipicamente venezana, che rimarrà invariata nel tempo , trsaendo essa origine dalle particolari condizioni dell’ambiente lagunare in cui si doveva costruire.

Palazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgprocuratie.jpgPalazzo Manin.jpgAltri edifici civili come i “fointeghi”traggono la loro forma , molto funzionale da quella assai simile dei conventi, sprcie benedettini. Essi differiscono da questi ultimi per una maggior complessità altimetrica e spaziale.

Dalle esperienze costruttive piccole come i fonteghi sono derivate probabilmente le splendide sedi della Magistratura , come le Procuratie, e lo stesso Palazzo Ducale nella sua prima ediziione veneto-bizantina, precedente a quella attuale gotica.

IVENEZIA-PALAZZO-DUCALE.jpgl fascino misterioso di questa splendida città si è sempre espresso e contiunua ad esprimersi attraverso ogni sua espressione, urbanistica, artitettonica ed artisitca: un compendio di tutta l’arte la cultura che fanno dell’Italia il paese culturalmente più ricco del mondo!

 

 

Ago 29, 2012 - Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La Prima Lotteria

La Prima Lotteria

saturnalia.jpgGià prima dell’invenzione del gioco del lotto, molti secoli prima di Cristo gli Egizi ed i Caldei amavano giocare a sorte. Anche a roma, durante i Saturnali di Dicembre venivano organizzate estrazioni di un numero tra quelli distribuiti ai partecipanti su tavolette di legno.

lotteria.jpgstoria_lotto_img03.jpgsala dei Pregadi.jpgConsiglio dei Pregadi 2.jpgNel 1522 a Venezia venne realizzata dal Consiglio dei Pregadi, l’antico Senato Veneziano la prima lotteria, il cui montepremi era un lotto di immobili, ed era chiamata “Lotto del Ponte di rialto”, ed il valore del premio ammontava a circa centomila ducati, una membro del consiglio dei pregadi.jpgfortuna per l’epoca.

Si poteva partecipare all’estrazione acquistando “bollettini” al prezzo di due scudi particolare del gioco del lotto.jpgciascuno.

Il ridotto a Venezia.jpgCasin dei Nobili a Venezia.jpgCase da gioco a Venezia.jpgNormalmente le lotterie erano posizionate nei Campi e poste sopra a dei baldacchini. Veniva scelto un bambino che si bendava e che aveva il compito di estrarre i numeri per la vincita dei premi messi in palio.

Nel 1638 la Serenissima inaugurò la prima Casa da gioco pubblica che venne chiamata ” Ridotto” e veniva anch’essa gestita e controllata dallo Stato. Con le leggi promulgate dal Governo Veneziano si cercava di arginare l’illegalità del gioco d’azzardo e di controllare i pubblici Ridotti “Casini”.

Il ridotto di Joseph Heinz.jpgil Ridotto a Venezia 2.jpggente del 700.jpgCasin dei Nobili a Venezia1.jpgIl gioco nel passato era lo svago che faceva parte integrante della vita quotidiana, ed era praticato con le carte ed i dadi nelle hostarie per quanto riguardava il popolo. Per i Nobili Ridotto.jpginvece il gioco si effettuava all’interno di Palazzi denominati Casini dei Nobili.

Casinò di Venezia entrata.jpgCasinò di Venezia.jpgCà Vendramin Calergi.jpg Nel 1780 nacque il Casinò di Venezia, a Palazzo Vendramin Calergi, sontuoso e riccamente decorato ed ammobiliato. Tutt’ora il Casinò Municipale di Venezia è per classe, per cornice e per fama uno dei più importanti Casinò del mondo.

 

Ago 25, 2012 - Alchimia, Chiese, Personaggi    2 Comments

Da San Francesco della Vigna e Shakespeare attraverso la cabbala e Francesco Zorzi

800px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Francesco_della_Vigna_-_Interno.jpgS. Francesco della vigna.jpgNel  Convento di San Francesco della Vigna, a Castello, annesso alla Chiesa omonima, Francesco Zorzi, grande alchimista e studioso Cabalista, legato alla potente famiglia Grimani, e specificatamente nella figura di Domenico Grimani, che accolse il lascito di Pico della Mirandola nella eccezionale e fantastica biblioteca ricco di testi legati all’ermetisco ed all’alchimia,(ora custodita presso la Biblioteca Marciana)  incontrò  John Dee, uno dei più importanti studiosi di cabala e di alchimia, e partecipe della creazione  della cabala cristiana, in confronto e legame con la Kabalah ebraica.

Cordus%20Raimondo%20Lullo%20statua.jpgLa cabbala cristiana nacque in Spagna con Raimondo Lullo, prima della diaspora Seferdita: Egli creò ” un’arte” nella quale, unendo le 9 chiostro-di-sfrancesco-della-vigna.jpgGiorgio%20Francesco%20De%20Harmonia%20mundi%20totius%20Cantica%20tria.jpgdee.jpgdignità di Illusione di Joh Dee.jpgDio ( Sefiroth), i quattro elementi, le sfere celesti e la geometria , in uno stretto legame con il pensiero Platonico si dimostrava una più alta concezione della Creazione e di Dio stesso, aspirazione questa sempre inseguita dagli alchimisti.

Giovanni Pico della Mirandola unendo la filosofia neo-platonica all’alfabeto ebraico nelle sue 52 ” Conclusiones”, nella 14° dimostrò che manipolando cabbalisticamente il nome di Gesù si poteva stabilire  che Egli è effettivamente il figlio di Dio.

Francesco Zorzi nel suo ” de Harmonia Mundi” unì questa cabbala al concetto di Armonia Universale di Vetruvio, e mise in relazione le gerarchie angeliche ai Pianeti ed ai loro influssi senza annullare il libero arbitrio e riuscì a dimostrare la possibilità per ogni individuo a contattare gli Angeli.

L'albero cabalistico del Lullo.jpgIncisione di Raimondo Lullo.jpgDiagramma di John Dee.jpgConclusiones di Pico della Mirandola.jpgA Zorzi, noto come insigne ebraista, venne chiesta una consulenza da Enrico VIII di Inghilterra circa le sue nozze con la vedova del fratello.

Lo Stesso Zorzi convinse il Sansovino a progettare la Chiesa di S. Francesco della Vigna in base alle proprozioni armoniche legate a questi suoi studi, a cui si rifecero in seguito anche altri architetti famosi e pittori.

Daniel Banes, in un suo articolo di venticinque anni fa ( the provocative Merchant of Venice ) rileva nell’opera di Shakespeare gli influssi in quest’opera  di ” De Armonia Pico%20della%20Mirandola%20Giovanni.jpgsefiroth 1.gifMundi ” di Zorzi, influssi che costituiscono, a suo dire l’ossatura stessa della commedia: lungi dall’essere una contrapposizione tra la legge ebraica e l’amore cristiano essa sarebbe costuita dal tema cabalistico delle emanazioni divine (Sefiroth): Syloch rappresenterebbe quella che definisce la severità di giudizio, Antonio la tenerezza amorosa, e Porzia la bellezza clemente.

E la prova degli scrigni, tre (come le religioni monoteiste) in cui Bassanio sceglie quello di piombo, che secondo le tesi di Zorzi  rappresenterebbe mercurio e la Religione Ebraica, sceglie l’ebraismo come espressione di amore per Porzia, in base al detto biblico: “scegliete la mia dottrina e non l’argento, scegliete la sapienza più che l’oro fino perchè la sapienza è buona più delle perle e nessun tesoro l’eguaglia.

pianta di S. Francesco della Vigna.jpgProporzioni facciata di S. Francesco della Vigna.gifPentacolo di Joh Dee.gifil-mercante-di-venezia_foto4.jpgShakespare.jpgHo scelto questo viaggio tra la sapienza e la ricchezza scientifica di Venezia, uno dei suoi più interessanti esponenti, come Francesco Zorzi, tra la ricerca a Palazzo Grimani a Castello, ed il convento concepito con i canoni della cabbala e della divina proprozione dal Sansovino per portarvi in un mondo fantastico e bellissimo a cui si rifanno tutti i praticanti delle arti vere, geni che hanno donato al mondo opere uniche ed irripetibili, come questa città: unica ed irripetibile.

Ago 22, 2012 - Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Nizioleti a Venezia

Nizioleti a Venezia

foto2calledellafava.jpgA Venezia la toponomastica è veramente particolare: le Calli sono strade strette, le salizzade sono strade che erano pavimentate, nei tempi in cui esistevano i campi coltivati e la città non era ricoperta dai” masegni”; poi ci sono i Rio Terà, canali che erano stati interrati, le rughe, cioè le strade (da Rue), e le fondamente, quelle strade che costeggiano i canali.

I nomi poi sono veramente particolari, e legati a determiate caratteristiche dei ponti, delle calli e altro, ed i nomi sono scritti sui “nizioleti” delle targhe dipinte di bianco sui muri delle case.

Calle dei Assasini.jpgsottoportego del Dioavolo.jpgCorte del Diavolo.jpgEsistono per questi motivi la Calle dei Fabbri, la Calle delle Ostreghe (dove probabilmente c’era un bacaro dove si potevano gustare le ostriche, il ponte de le Tete, di cui già ho parlato,la Calle degli Avvocati, la corte ed il Sottoportego del Diavolo, che, come la Calle ed il Rio Terà dei Assasini doveva fare particolarmente paura magari per l’oscurità dei luoghi.

imagesCAJC2XDY.jpgDonna-Onesta.JPGnizioletocalledellafava.jpgRiguardo invece il Ponte, la Calle e la fondamenta della donna onesta si raccontano quattro versioni; due amici, mentre attraversavano il ponte stavano discutendo sulla fedeltà delle donne ed il più cinico disse all’altro: Sai qual’è l’unica donna onesta, quella li, e così indicò il volto di marmo  scolpito di una donna, tuttora inserito nel muro di una casa vicina al ponte.

Ponte, calle e fondamenta della donna onesta.jpgUn’altra ipotesi parla di una prostituta, probabilmente una “cortigiana onesta” che abitava li vicino. Altri invece raccontano di una donna, moglie di un maestro spadaio , di cui si innamorò un giovane patrizio che per intrufolarsi in casa della donna ordinò al marito una daga, allora chiamata “misericordia”. Dopo qualche giorno, con la scusda di vedere a che punto fosse l’opera si fece aprire la porta dalla donna che in quel momento era sola, e le usò violenza. Sopraffatta dal dolore per essere stata disonorata, e temendo che il marito, per vendicarsi, uccidesse il patrizio, la povera donna si uccise con la daga.

Forse, molto più semplicemente, in quella zona abitava nel 1537 una donna di nome “Honesta”, come riportano le cronache dell’epoca.

ponte delle maravege.jpgAnche il Ponte delle Meravegie deve il suo nome a quello di una famiglia ” Maraviglia”che risiedeva nerlla casa all’angolo: viene ricordata una certa Belisandra Maraviglia sorella di Giovanni, segretario del senato e moglie di Pietro Albino, gran cancelliere di Cipro, morta erociamente nella guerra contro i Turchi nel 1570, dopo aver dato fuoco a navi e a munizioni nemiche.

La leggenda collegata invece racconta che di fronte al Ponte abitasse una famiglia con sette figlie, sei belle ed una, Marina , non certo bella. La casa era frequentata da un giovane barcaiolo, che un giorno si ammalò. Si convinse allora che la causa della sua malattia fosse la maledizione della giovane, brutta donna; un venerdì santo decise di andare in quella casa, sapendo che Marina sarebbe stata sola, per vendicarsi di lei. Ma quando fu sul ponte si fermò, meditando su quello che stava facendo, ed allora vide attraverso i vetri della finestra la ragazza inginocchiata davanti ad un Crocefisso. Alzò per un attimo gli occhi al cielo e scorse sei stelle fiammeggianti disposte a forma di carro, ed una settima, più piccola e fioca che le precedeva.  Ma subito dopo, quelle più luminose persero la loro luce l’unica stella rimasta cominciò a diventare sempre più vivida.

Accantonato ogni proposito di vendetta dopo la visione meravigliosa, il giovane entrò in casa della ragazza e scoprì che Marina, segretamente innamorata di lui, pregava il Santissimo perchè facesse ammalare e morire lei e non il suo amato.

Da allora il  giovane barcaiolo si innamorò della ragazza, e riacquistata la salute sposò Marina.

Sottoportego del Casin dei Nobili.jpgsottoportico del Casi9n dei Nobili.jpgIl sottoportego, il Ponte il Rio e la Fondamenta dei dai traggono il loro nome da dadi, probabilmente utilizzati o venduti in questo luogo. Esistevano leggi dal 1200 che proibivano di giocare ai dadi sotto il portico della Chiesa di S. Marco, e sotto il palazzo Ducale quando il Maggior Consiglio era riunito.

forno.jpgFrezzeria.jpgQualcosa di simile anche per il Casin dei Nobili, dove appunto si riunivano i più ricchi per giocare, per poi indebitarsi e rischiare così la reputazione.  Dedicata al mestiere dei costruttori di frecce la Frezzaria a San Marco, luogo dove erano appunto riunite le loro botteghe, oppure la Calle del Forno, deicata ai panettieri, ed altre calli, sottoporteghi che attestano i luoghi dove le varie arti erano praticate.

Una nota a parte l’attesta il nizioleto che indica la Calle dell’amor degli amici! Anche queste dolcissime dediche  in una Venezia che sembra pragmatica a volte, ma che in altre situazioni riesce ad esprimere quell’animo dolce, romantico e poetico attinente ad Calle Amor dei Amici.jpgun popolo legato al mare, alla laguna ed alla bellezza dell’arte che denota sensibilità e nobiltà d’animo!

 

Ago 19, 2012 - Architettura    13 Comments

I Fonteghi di Venezia, gioielli d’arte.

Fodaco dei Tedeschi in antica stampa.jpgI fondaci, o meglio, alla veneziana, i fonteghi erano costruzioni di proprietà veneziana date in uso a commercianti stranieri.

Importantissimi erano gli scambi ed i depositi merci per Venezia e per i veneziani, e i fonteghi erano usati da popolazioni fluttuanti, aventi mansioni prevalentemente commerciali, per cui l’aspetto residenziale diventava puramente temporaneo ed utilitaristico, e si può presumere che la vita comunitaria avesse un carattere del tutto secondario.

I tre fonteghi conosciuti erano il Fondato dei Tedeschi, quello dei persiani e quello dei turchi.

I Legali di Norimberga ricevuti dal Doge.jpgFondaco_dei_Tedeschi.jpgEssi ebbero una rilevante funzione rappresentativa, ed il prestigio delle Nazioni che li usavano era sostenuto dall’importanza e dalla bellezza architettonica degli edifici adibiti a loro sede, dalla posizione sulla principale via d’acqua (il Canal Grande) e dal lungo periodo di uso durante il quale era manifesta la presenza di quella popolazione a Venezia.

Il più importante dei tre fu sicuramente quello dei Tedeschi, dato che la comunità germanica fu tra quelle che ebbero con Venezia più durevoli ed intensi rapporti non solo di scambi commerciali, molto ricchi, ma anche culturali ed artistici, tanto più che nella denominazione dei “tedeschi” erano inclusi anche austriaci, boemi, ungheresi.

vera-pozzo-cortile-fontego-tedeschi.JPGcortile interno del Fondaco dei Tedeschi.jpgFondaco dei Tedeschi - vera da pozzo.jpgJacopo de Barbari - Fondaco dei Tedeschi.jpgDalla veduta di De Barbari  si può dedurre la conformazione dell’eduificio alla fine del ‘400: si tratta di una grossa e complessa costruzione a diversi piani che si svolge attorno a due cortili interni principali, uno dei quali abbellito da loggiati, ed altri piccoli cortili secondari.

Tra il 1505 ed il 1508 tra lo Spavento e lo Scapagnini si ebbe una ristrutturazione che aumentava il tono della costruzione: divenne ancor più monumentale , imperniata tutta attorno al grande cortile, con al centro l’immancabile vera da pozzo.

Nella Serenissima il prestigio di una persona o di una famiglia era determinato non decorazione del Tiziano del Fondaco dei Tedeschi.jpgLa Giustizia del Tiziano.jpgLa Nuda del Giorgione.jpgsolo dal pregio architettonico degli edifici di proprietà, ma anche dalle opere decorative di altissimo livello: tra i più famosi che decorarono questo edificio (decorazioni che ora sono state trasferite alle Gallerie dell’Accademia) furono Giorgione e Tiziano.

Ci si può immaginare ora, andando alle Poste Centrali a Rialto, ( fondaco dei Tedeschi) tutte le facciate e gli interni dipinti da prestigiosi artisti!

Vittore_carpaccio,_miracolo_della_Croce_a_Rialto_01.jpgIl Fondaco dei Persiani, di cui ci rimane un’immagine nel “Miracolo della Croce” di vittore Carpaccio, anch’esso fittamente decorato sulle superfici della facciata, quasi come una stoffa, venne distrutto nel 1830.

 

Il fondaco dei Turchi  rappresenta il modello tipico della casa-fontego veneto bizantina. La sua costruzione risale al XIII secolo  come palazzo Fodaco dei Turchi.jpgambasciatore turco.jpgfondaco-turchi.jpg18-Fondaco-dei-turchi-01.jpgprivato del Pesarese Giovanni Palmieri , fu in seguito acquistata dall Repubblica per ospitarvi personaggi illustri ( Il marchese di Ferrara, l’Imperatore bizantino Giovanni Paleologo nel 1428, Alfonso ed Eleonora d’Este  nel 1562.

Sala d'Armi nel fondaco dei turchi.jpgDivenuto ancora proprietà privata nel 1621 lo Stato Veneto lo affittò come fondego ai Particolare del Fondaco dei Turchi.jpgPatera del Fondaco dei Turchi.jpgcommercianti turchi che lo usarono fino al 1838.

Ora è sede del Museo di Storia naturale di Venezia.

Capolavori d’arte, preziosi palazzi che comunque continuano a far parte del tessuto produttivo di questa città che tanti si affannano a dare per morta, ma che conserva in sè, nella sua struttura stessa, nella ricchezza artistica e nelle sue risorse umane un patrimonio ancora tutto da sfruttare.

 

La Venezia medioevale: da Le Courbusier definita la città del futuro

Vigna-murata-nella-Laguna-di-Venezia-300x200.jpgLa laguna nell’anno mille , quando Venezia aveva già acquisito l’aspetto di una città stato, con i grandi centri di Rialto e S. Marco, già tracciati, arricchita di numerose chiese e palazzi , mentre nelle isole sorsero i grandi complessi conventuali dei benedettini, appare descritta come un vasto comprensorio agricolo, ricco di vigne ( spesso circoscritte da mura), mulini, pescherie, particolarmente nella zona dell’estuario nord, tra Jesolo e Lio Maggiore.

Estese furono le pinete lungo il litorale , e di queste rimane una traccia tra Jesolo e Cortellazzo: purtroppo una parte venne distrutta nei secoli per ottenere legname necessario per combustibile  e per la costruzione di edifici e di imbarcazioni.

il brenta a Venezia.jpgVenezia-Ponte-di-Rialto-12.jpgIl Brenta era il grande fiume della Laguna, anche dal punto di vista delle comunicazioni tra Venezia e Padova , tanto che si stabilì alle sue foci presso Fusina la grande abbazia di S. Ilario.

Lo stesso canale di S. Secondo tra Cannaregio e S. Giuliano ne costituiva probabilmente un suo ramo, infatti protava il nome di flumen e pure il  Canal Grande appare all’inizio come di origine fluviale.

Interventi sia fluviali che lagunari vennero posti in essere sin dall’anno 1000, con le costruzioni degli argini, lo scavo di canali e di “scomenzere” ( che uniscono artificialmente bacini separati)  anche se le vie d’acqua lagunari restarono tortuose come i “ghebbi” tra le barene, con il loro caratteristico andamento “vermicellare”.

Al centro di questo ambiente naturale si formò la città compatta nel suo tessuto urbano, con tutte le sue importanti funzioni economiche e sociali, connesse alla produzione di beni e di servizi, alle attività portuali e a qauelle di difesa, che si estesero in tutto il territtorio lagunare.

Quella vasta distesa di acque costituì lo spazio urbano essenziale per la città, ed una difesa naturale contro i nemici: le vere mura di Venezia.

laguna di mazzorbo a Venezia.jpg419px-Cristoforo_sabbadino_-_progetto_per_venezia_del_1557.jpgRiferendosi ai problemi connessi alla difesa idraulica della laguna il grande ingegnere Cristoforo Sabbadino parlò di mura invece che di laguna in un suo sonetto: “Quanto fur grandi le tue mura il sai, Venetia, hor come le s’attrovan vedi: e s’al periglio lor tu non provvedi, deserta e senza mura rimarrai. Li fiuli, l’mar e gl’huomeni tu hai che inimici….

Questa laguna allora appariva come un’enorme campagna, grandi orti e pescherie.

I veneziani infatti inventarono un nuovo tipio di città basato sulle differenziazioni e sulla zonizzazioni delle funzioni urbane, separate da vie di traffico e spazi aperti: quella città che Le Courbusier definì la città del futuro.

Ago 11, 2012 - Architettura, Arte e mistero, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Andrea Palladio a Venezia: la scala avvitata nello spazio!

Andrea Palladio a Venezia: la scala avvitata nello spazio!

Andrea_Palladio.pngAndrea Palladio (1508-1580) grande architetto vicentino trovò in Venezia l’espressione della “bellezza ideale”che aveva perseguito nelle vestigia del mondo antico di Roma.

Il+Campo+e+la+Chiesa+di+San+Francesco+della+Vigna-1600x1200-3360.jpgchiostro-di-sfrancesco-della-vigna.jpgEgli, altamente ispirato, costruì la facciata della Chiesa di S. Francesco della Vigna, la Chiesa di san Giorgio Maggiore, il solenne refettorio ed il chiostro (iniziato dopo la morte dell’artista nel 1580) dello stesso convento, ed infine la Chiesa del Redentore alla Giudecca.

L’architettura del Palladio è legata come quella di nessun altro artista del suo tempo all’ambiente, in una armonica fusione tra l’opera e l’uomo e tra l’uomo e la natura. La Venezia della pianta di S. Francesco della Vigna.jpgS. Francesco della vigna.jpgseconda metà del cinquecento, già chiusa nella fitta trama umanistica di città di mare costruita nel medio evo poteva offrire ben pochi spazi aperti per la sua visione creativa.

Le opere più famose del Palladio a Venezia, cioè la chiesa di San Giorgio Maggiore e quella del Redentore si ergono aperte, ben distaccate dal contesto della città, nel bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca, e sono divenute perte integrante dell’ambiente naturale ed urbanistico nella visione pittorico-spaziale ricercata dall’artista.

interno San giorgio Maggiore.jpgSan Giorgio Maggiore.jpg800px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Francesco_della_Vigna_-_Interno.jpgLa facciata di San Giorgio è ideata per esprimere in lontananza l’immagine di una villa con il suo prato, li dove il prato, invece che esprimersi in un dolce declivio verde, diventa il verde-azzurro della laguna, che  sembra togliere ogni peso, e rende l’opera quasi lievitata in una creazione di fantasia..sospesa tra cielo e laguna.

San Giorgio.jpgchiesa del Redentore, interno.jpg738_chiesa%20redentore%20venezia.jpgL’ideale di perfezione di Palladio a Venezia fu quello di cercare di rendere l’arte in una luce veneziana e la sua classicità si tradusse nella misura dei volumi che si innestavano con lucidezza cartesiana, perfetti come cristalli, nello sviluppo della pianta, nel ritmo preciso delle modanature, nel protenderesi della cupola verso il cielo, quasi a rendere tutto l’organismo della chiesa in uno spazio sospeso nella luce, luce acquea!

Il suo capolavoro comunque fu la chiesa del Redentore: c’era l’impegno dell’uomo che sapeva misurarsi con l’eternità in una Venezia che gli aveva concesso di costruire ben poco, quasi gelosa della forza e del rigore su cui impostava tutta la sua arte il Palladio.

Scala del Convento della Carità del Palladio a Venezia.jpgscala_accademia.jpgGallerie dell'Accademia.jpgMa un altro capolavoro in un capolavoro ( il Convento della Carità, ora Accademia di Belle arti ) è la straordinaria scala ovale con gradini pensili incastonati nella parete, che si snoda dal pianterreno fino all’ultimo piano.

Il Palladio stesso la ricorda nel suo Primo e Secondo libro dell’architettura pubblicato nel 1570. E’ uno stupendo esempio di avvitamento nella forma e nello spazio, cadenzato da un ritmo unico, scandito su ogni singolo gradino, uno dei primi esempi di un modello di un’innovativa arte architettonica.

Gioielli da osservare, magari assaporando un tramonto, o alla luce delle prime stelle, e da osservare, sbigottiti da tanta bellezza dal piano terra di un museo che, spudoratamente, mostra la sua bellezza intrinseca oltre che ad offrire straordinarie ed uniche opere d’arte!

Tra “maestro” e “paròn” le espressioni più complete della sociatà veneziana, tutt’ora attuale!

maestri d'ascia 1.jpgLa Serenissima è stata costruita sulla base di forti categorie di lavoratori che, indefessamente, con passione, con arte e con competanza, legata alla ricerca continua del nuovo, ne hanno costituito l’ossatura, la base stessa della volontà di un popolo, della capacità di costituire, attraverso appunto queste categorie, rappresentate da schole, da corporazioni, il tessuto produttivo e propulsivo della Repubblica.

Di queste categorie, oltre appunto che le varie corporazioni , rimane , nel lessico veneziano , un modo di esprimere l’armonica relazione tra i vari mestieri.

Tutt’ora i veneziani, rivolgendosi ad un artigiano o ad un artista lo appellano con un “Maestro!”che è l’espressione vera di chi, discepolo ed apprendista si approccia a chi conoosce molto più di lui , ha esperienza, e sa insegnare, attraverso il suo esempio.

maestro.jpgmaestri_d_ascia_300x200.jpgNon a caso i garzoni di bottega chiamavano ” Maestro” i grandi scultori e pittori da cui imparavano guardando, o mischiando i colori, cercando di capire le armonie e le proporzioni; per cui ogni grande artista italiano, e non solo veneziano, ha avuto modo di chiamare Maestro un altro grande artista od artigiano…in una splendida catena di chi ha iniziato, chi ha imparato per poi trasmettere il suo mestiere, in una splendida catena di arte, scienza, folgorazioni, conoscenze, gelosamente riservate ai propri discepoli.

Ancor oggi ci sono , pochi, maestri d’ascia, che sono stato il vanto e la ricchezza della Serenissima, sapendo lavorare il legno per le imbarcazioni,con sapienza e precisione. Mio suocero era maestro d’ascia, e ricordo il rispetto che gli portavano gli altri lavoratori che andarono poi a prestare la propria opera presso la Fincantieri.

paron a paeona.jpgIl termine con cui si appellava il negoziante, in genere era “paròn”. Importante per definire i propri ruoli, per cui il “maestro” si poteva rivolgere al “paròn” e viceversa.

Nel galateo veneziano invece i nobili proponevano dei termini per porgersi, gli uomini verso le donne: sciavo! (cioè schiavo) che, curiosamente, in una Repubblica in cui fin dalla fine del 900 d.c. la schiavitù era non solo proibita, ma addirittura qualsiasi nave toccasse il porto veneziano con carico di schiavi, questi venivano immediatamente liberati, per poi essere assunti dalle famiglie nobili che offrivano loro l’abitazione anche per la loro famiglia, ponendo come vanto per ogni ceppo nobiliare la riuscita negli studi di uno almeno dei figli degli ex schiavi, e questo era veramente motivo di vanto, o , accompagnato da unb inchino: Servo suo o Serva Sua!

Ma il termine aveva un significato molto più romantico: schiavo della tua bellezza, schiavo della tua intelligenza, schiavo della tua personalità. Questo era un termine quindi di cortesia che veniva rivolto a persone particolarmente stimate: da sciavo quindi, come tutti sanno il ciao! che ci rivolgiamo continuamente.

C’è chi confonde il termine sciavo con la  definizione “schiavone” che determinava i nativi della Dalmazia e cittadini veneziani (famosa è la Riva degli Schiavoni): la differenza è sostanziale_ l’origine dello schiavone dal greco Slavos e dal latino Sciabo, che indicava le popolazioni della Dalmazia, ( Slavi) , che facevano appunto parte della Serenissima.

moretto.jpgInfine, e questa  definizione è spesso usata: “te ga el moreto?”, legata proprio all’immagine dei servitori mori, ex schiavi o loro figli, che sono stati raffigurati con cattivo gusto con statuette in legno ( io li paragonerei ai nanetti da giardino): con questo si voleva chiedere : c’è qualcun altro che può fare questo per te? sei proprio pigro, e se non fai questo tu non lo può fare nessun altro!

Parole tipicamente legate alla Repubblica, che sono ancora in uso, tra le calli, nei dialoghi tra giovani e più vecchi, nel rispetto totale delle competenze, delle conoscenze e delle capacità, per cui si può capire la cultura vera, profonda, carica di rispetto e , termine ormai strausato a sproposito: Meritocratica!

 

 

 

 

 

Pagine:«1...11121314151617...39»