Venezia: da Le Courbusier a Buchanan, tra India e Londra, la città più moderna ed attuale per la sua viabilità ed urbanistica!

tb_venezia%20dall'alto.jpgVenezia dall'alto.jpgrio a Venezia.jpgA Venezia vi è una doppia viabilità, una per via acquea, assicurata da canali e rii, e una per via terrestre ora esclusivamente pedonale ( agli inizi venivano usati cavalli e carri). Le due viabilità hanno uno Canali-116.jpgsviluppo ed un’estensione pressocchè equivalenti sercondo due fittissime reti, tra loro indipendenti, che si intersecano e si incrociano completandosi a vicenda.

Calle stretta a Venezia.jpgCalle Varisco.jpgcalle-stretta.JPGLe calli non sono certo molto ampie, ma almeno tre sono parecchio Calle stretta.jpgcalle-stretta.JPGproblematiche se ad attraversarla sono due persone: una, a San Canciano, un’estremità di Calle Varisco è larga 53 cm., una seconda, 58 cm, a Castello, chiamata Callesella dall’Occhio Grosso, ed un’altra, un pò più confortevole, Sestiere di San Polo: Calle della Raffineria.

Ad ognuna delle due reti di viabilità è assegnata una funzione naturale: per i rii i mezzi di trasporto, per le calli e i campi solo le persone. Esiste quindi una differenziazione e specializzazione tra le due reti di comunicazioni interne cittadine: Questo è un concetto urbanistico all’avanguardia  che le Courbusier, entusiasta assertore della modernita ed avvenieristica concezione della struttura di Venezia prese come modello per la costruzione della città di Le-Corbusier-11.jpgChandigarh.jpgChandigarh in India: egli differenziò le varie strade a seconda dell’uso del traffico: viabilità multipla, differenziata secondo le modalità di traffico: veloce, lento e locale, esclusivamente pedonale.

Chandigarh_Secretariat_.jpg

Anche nello studio per la rete viaria di Londra, elaborato recentemente da Buchanan, per risolvere in modo radicale i problemi di una grande città moderna Sir Colin Buchanan.jpgviene fatto specifico riferimento al sistema viario di Venezia.

Le calli più importanti vengono denominate “calle  Larga”, “Salizzada”, Ruga: queste in genere erano calli affiancate da negozi , quindi a carattere commerciale, molto animate.

Talvolta la denominazione delle calli deriva da determinate categorie di artigiani che avevano il loro nucleo nella zona: per esempio Mercerie dai merciai, o frezzerie, da costruittori di frecce, calle dei fabbri, facilmente comprensibile, o quella dei botteri, calle dei bombardieri o Frezzeria.jpgdella pegola (pece).

Ciò fa capire che le varie attività venivano riunite in alcune zone della Repubblica, e questo per precisi indirizzi di carattere economico: la vicinanza di tante attività presupponeva anche ad una rinuncia della libera concorrenza commerciale, quindi a dei piccoli monopoli a carattere sociale, tutto questo a vantaggio del consumatore che veniva favorito dalla molteplicità delle scelte, sia della produzione, favorita dal più facile scambio di esperienze e di tecniche produttive.

E’ questo uno degli esempi indicativi di come la vita sociale della Serenissima fosse regolata: gli interessi del singolo cittadino venivano sempre, in certa misura, subordinati a quelli della collettività. Questo fece di Venezia una grande Repubblica ed un grande Stato, tutt’ora, nella sua concezione, moderno e pragmatico!

 

Bacàri e ciccheti tra padrone e cane a Venezia!

bacaei 3.jpgCome in ogni famiglia veneziana c’è sempre un parente che ama frequentare bacàri: questo meraviglioso personaggio, zio Fausto, ex violinista dell’orchestra della Fenice e gran suonatore di fisarmonica , lo sguardo perennemente triste vista la particolare fisionomia, ma gaudente ed allegro nel cuore.

Ogni mattina “portava a spasso il suo canbacaro 1.pnge” Black, un grande barbone nero dalla personalità molto particolare , sorridente (se il sorriso si può attribuire a un cane, ma a lui si )e ricco di humor, che amava fare scherzi sadici e bellissimi a chi lo temeva: al suono del campanello della persona che si intimidiva si andava nascondere dietro alla porta , e una volta aperta, si parava davanti all’improvviso al malcapitato ospite, abbaiando ma senza fare cane barbone  nero.jpgalcun gesto violento verso la persona spaventata, ed assumento un’aria tronfia e soddisfatta subito dopo; non ha mai aggredito nè morso nessuno, ma la timidezza e la ritrosia di certe persone gli permettevano di scherzare,e  la cosa lo metteva di buon umore.

Una volta fuori casa lo zio Fausto prendeva la sua direzione, e Black la propria, dandosi un tacito appuntamento ad una cert’ora e ad un certo luogo (che lo zio non comunicava mai a Black, sapendo che sarebbe stato comunque raggiunto).

Bacari-2-160x160.jpgbscaro 2.jpgcicheti.jpgciccheto.pngIl prozio aveva un suo particolare itinererario che toccava diversi bacàri, a seconda delle giornate, delle persone incontrate e probabilmente dalla qualità dei cicchetti del giorno delle osterie visitate…un cicchetto, un’ombretta e via, ciacolare di tutto e di niente, e poi, quando arrivava l’ora giusta ecco che, dopo aver fatto i suoi giri di conoscenze , magarti corteggiamenti alle varie cagnette della zona, il fedele comnpagno di avventure a quattro zampe si faceva a sua volta il giro di osterie, pre poi andare a ricordare al padrone che era ora di rientrare, naturalmente ripagato in questo suo vagabondare da qualche regalia alimentare da ogni proporietario, e una volta riunitisi, ritornavano sazi e mezzi brilli, cane davanti e padrone dietro. 

 

Gli straordinari numeri di Venezia!

panoramica.jpgVenezia_laguna_vista_satellite-1200.jpgVenezia è stata una grande Repubblica di cui hanno fatto parte tante terre dell’interno del Veneto, della Dalmazia, dell’Istria, ma di per sè è una città piccola per estensione, e frammentata in tante piccole isole: la sua lunghezza da est ed ovest si estende per 4.630 m. e la larghezza, da nord a sud è di 3240 m.. Per cui la sua superfice è di 412,6 Kmq.

dorsoduro a Venezia.gifSestier di S. Croce.jpgS. Polo a Venezia.jpgCittà piccola ma molto complessa: divisa in sei sestieri: Dorsoduro, S.Croce, Cannaregio, S.Polo, Castello e S. Marco , e la numerazione civica inizia e finisce per ogni sestiere, iniziando dal n. 1, e continuando progressivamente, insinuandosi nelle calli, nei campi, nei campielli fino al confine del sestiere: ogni numero è inscritto in una forma ovoidale bianca, circondato da un bordino nero.
5520_venezia_ca_d__oro_cannaregio.jpg5362_venezia_riva_degli_schiavoni_castello.jpgS. Marco.jpgImpossibile, per chi non abbia un punto di riferimento:, il nome di una calle, di un campiello, di un sottoportego, di una fondamenta, conoscendo comunque il sestiere, altrimenti …tutto è perduto..ma si può sempre porre come riferimento un Palazzo famoso, una chiesa, un bacàro od una trattoria, o più semplicemente chiedere aiuto ad un autoctono che, con molta gentilezza, si offrirà addirittura di accompagnarvi all’indirizzo richiesto!

200px-Civico_Venezia.jpgNessuna meraviglia se ogni tanto si vede un numero non corrispondente ad un ingresso: a volte si riferisce ad una finestra o a una porta murata: non si tratta di errori, ma significa che un tempo più o meno lontano li c’erano degli ingressi poi chiusi.

A volte tali numeri sono accompagnati da una lettera, per non modificare la numerazione in corrispondenza di nuove aperture.

Castello arriva al numero 6828, Cannaregio 6419, S. Polo al 3144, Santa Croce, il piùà piccolo dei sestieri al n. 2359, e Dorsoduro 3964, ai quali Schermata-03-2455989-alle-22_56_52.pngnizioleti.jpgbisogna però aggiungere i 971 della Giudecca, , che ha una sua propria numerazione, mentre S, Marco conclude la sua numerazione al 5562.

Ogni numero finale del sestiere viene segnalato come ultimo del sestiere stesso, sempre attraverso un nizioleto. Non a caso, vicino al n: 1  del sestiere di S. Marco, c’è anche l’ultimo, il 5562. Cose da far girare la testa.

Burano ha una numerazione simile a quella di Venezia centro, ma divisa in cinque parti corrispondenti a San Martino destra, San Calle_amor_dei_amici.jpgMartino sinistra, Terranova, Giudecca, e San Mauro, mentre a Murano la numerazione va di calle in calle.

Quindi Venezia è appunto la città delle isole, 416, di cui 24 a Castello, 13 a S. Marco, 7 a S, Polo, 13 a S. Croce, 32 a Cannaregio, 17 a Dorsoduro e 10 alla Giudecca; i ponti che collegano le varie isole e i sestieri sono 416, ed i rii che scorrono tra le isole 176….e nei vari campi svettano 170 Campanili , Toponomastica-Venezia.jpgVENEZIA-PONTE-DELLE-TETTE.jpgquello di S. Marco è alto 100,060 m….
E non dimenticate di osservare i nizioleti, di cui ho già parlato che, nel loro rettangolino bianco raccontano la “Calle dell’amor degli Amici” Ponte della donna onesta”, ” ponte della cortesia” o ” Rio terà degli Assassini”, ed altre innumerevoli indicazioni , e sono un tutt’uno con la storia, i mestieri e la vita dei veneziani che quelle indicazioni, quei numeri civici (da perdere la testa) ce l’hanno nel cuore: città unica, sempre e comunque!

 

Giu 24, 2012 - Società veneziana    Commenti disabilitati su Schiavoni ed Albanesi a Venezia

Schiavoni ed Albanesi a Venezia

Due comunità non così numerose come quella ebraica e quella greca, di cui parlerò in seguito, ma che ebbero una notevole importanza nella imagesCA81WJGZ.jpgvita pubblica veneziana furono quelle degli Albanesi e quella degli Schiavoni o Dalmati.

Le due comunità rivestivano un grande interesse politico  data l’importanza che le coste adriatiche ebbero in ogni tempo per gli interessi marittimi della Repubblica.

Le sedi delle comunità, più piccole delle altre e in posizione poco appariscente, furono ambedue dotate di un edificio, la Scuola, di notevole pregio architettonico e gli interni di entrambe furono decorate dal medesimo artista, il Carpaccio.

imagesCATWNTX4.jpgLa comunità albanese che si riuniva nella chiesa di S. Severo a Castello, ebbe poi la sua sede stabile a S. Maurizio, nel sestiere di S. Marco, dalla fine del 1400 al 1780, nel piccolo edificio posto accanto alla Chiesa Omonima.

La graziosa facciata della scuola costruita nel 1531 è decorata da rilievi marmorei del lombardo: un bassorilievo ricorda la difesa di Scutari contro i Turchi nel 1479, altri raffigurano i protettori della comunità: S. Gallo e S. Maurizio.

imagesCAJ67B3L.jpgAgli albanesi è nominata una Calle che va a Riva degli Schiavoni, e fiancheggiata dal Palazzo delle Prigioni.

I Dalmazi o Schiavoni, confusi un tempo con gli Albanesi dai quali volevano invece essere distinti, ebbero la loro sede nel Sestiere di Castello, in posizione interna rispetto alla celebre riva sul bacino di S. Marco, detta appunto Riva degli Schiavoni, dalla locazione degli approdi delle loro navi.

I dalmati ebbero sempre rapporti commerciali con la Repubblica e la loro presenza a Venezia si fece sempre più frequente dopo che la maggior parte della costa adriatica passò dal 400 sotto il dominio veneziano.

imagesCA3BMGBI.jpgimagesCA1NT0HL.jpgGli Schiavoni quindi non vennero più considerati stranieri ma veneziani a tutti gli effetti.

Nel 1471 la comunità si riunì in cooperazione con sede nella chiesa di S. Giovanni del Tempio, dei Cavalieri Templari.

Nel 500 la “nation dalmata” o schiavonica ebbe sede nella Scuola sul Rio della Pietà, ma sempre nell’ambito del convento dei Gerosolomitani, sede del Priorato dei potenti Cavalieri Templari e di Rodi (dopo il 1522 imagesCAAP4NZG.jpgcaduta Rodi in mano turca furono denominati Cavalieri di Malta.)

Numerosi furono nel tempo gli screzi fra gli Schiavoni ed i vari Priori di questo Ordine.

Gli schiavoni, come detto, ebbero la maggior parte dei traffici tra la madrepatria e Venezia, e sulla riva a loro intitolata si vedono ancora segni i punti d’attracco delle loro navi.

imagesCAH4BB96.jpgimagesCAIIUMR7.jpgLa riva, subito dopo il ponte della Paglia venne allargata, ma le scritte rimangono a testimonianza delle genti dalmate a Venezia, la cui importanza era espressa più che dall’ornata Scuola di S. Giorgio, dalle numerose imbarcazioni che continuamente stazionavano sulla Riva degli Schiavoni.

Dalmati considerati a tutti gli effetti veneziani e che facevano parte del grande Stato de Mar della Serenissima e che godevano delle stesse attente e illuminate leggi veneziane, con le medesime garanzie e prerogative: membri effettivi ed attivi di uno grande Stato, esempio tutt’ora illuminante di quanto la Repubblica fosse all’avanguardia!

Giu 16, 2012 - Alchimia, Donne venexiane    1 Comment

Alchimia e Cosmesi delle donne veneziane

dame del 500 a Venezia.jpgLe donne veneziane hanno sempre voluto curare la propria bellezza, il biancore della pelle, la lucentezza della capigliatura, la capacità di tingere la chioma di biondo con dei riflessi considerati particolari, e conosciuti ed ammirati in tutta Europa.

Per fare questo venivano aiutate dagli spezieri, mezzi alchimisti e mezzi medici, ma anche cercando, con l’aiuto di un pò di conoscenza di erboristeria, di ottenere ricette per creme, detergenti e maschere di pulizia e nutritive per certi versi molto simili come concetto a quelle che si utilizzano tutt’ora.

Molto nota fu Isabella Cortese,nobildonna del XVI secolo  che pubblicò un trattato ed una serie di ricette per dare alle sue contemporanee dei consigli utili e preziosi per rendersi ancora più belle; il trattato, chiamato “Secreti” ebbe un i segretti di cortese.jpgalchimia.jpgsuccesso enorme, e si contano addirittura dodici edizioni. La Cortese era anche un’alchimista, e nel suo libro appare una nota alchimisti.jpgdi una sua collega, Floriana Canale che aveva pubblicato un libro sugli esor e scon.jpgesorcismi.jpgesorcismi e gli scongiuri. Erano tutte e due conosciute dagli alchimisti dell’epoca, come Marie Meurdrac, il cui libro “la chimica caritatevole e facile a favor delle donne” venne tradotto e pubblicato.

Esse usarono quindi le loro conoscenze ed arti alchemiche per realizzare dei preparati utili ed isabella cortese.jpgefficaci per la bellezza, il biancore della pelle, la lucentezza dei capelli delle loro contemporanee.

Ecco un rimedio per la pelle secca: Piglia albume de ova de gallina, lardo di porco raspato, oleo comune, aceto o varo agresti et mescola omne cosa insieme a modo de confetione, et con questo ugne la faccia e il collo, le mano diventeranno bianche et lucente come argento.

boccette.jpgPer quanto riguarda il segreto della colorazione bionda, per cui le veneziane erano famose anche per i magnifici riflessi  che riuscivano ad ottenere, ecco la ricetta: fiori di lupino con salnitro, zafferano ed altre sostanze, facendo asciugare i capelli al sole con un copricapo fornito di tesa per proteggere il bianco latteo della pelle.

Ed il biancore della pelle era una prerogativa a cui non si poteva derogare, ed ecco qui di seguito i segreti:

Distillasi un’acqua molto convenevole a far bianco e chiaro il viso in questo modo: trovate una lira di rose bianche, una di prodotti alchemici.jpgfiori di ninfea et una di fiori di sambuco, altrettanto di fiori di gigli bianchi, gettatene via però quella parte gialla che vi è dentro, una lira di acqua di fragola, e tanta medolla di pane quanta vi parrà assai, dodici bianchi di ovo, due once di incenso maschio, colle quali mettete per una notte una lira di cerusa (biacca, dal latino cerussa) in polvere, ora in un lambico (alambicco, apparecchio usato per la distillazione, dall’arabo al-ambiq, e dal greco ambix, tazza) posate tutte queste specie cavatene acqua, la quale poi stia al sole, di questa vi lavate la mattina e sera senza asciugarvi, che vi lascerà la carne bianca e lucente.

alambicco.jpgPiù facile questa: meschiate tartaro bianco con vino bianco, fiori di rosmarino, distillate insieme: che avrete acqua oltre ad ogni altra mirabile.

Vale parimenti la seguente: trovate 30 lumache bianche, due lire di latte di capra, tre once di grasso di porco o di capretto fresco, una dramma (dracma, moneta in uso in Grecia) di canfora, dopo questo distillate acqua, la quale sarà eccellente in nettàre e far bianca la vostra carne.

Distillansi molte acque semplici: queste sono acque di fiori di fava, acqua di fragola, acqua di rosmarino, acqua di latte di capra, di latte d’asina, di latte di donna, acque di fiore di persico (di pesca) di foglie tenere di salice: queste sono ottime per far bianca la faccia.

Laudano sommamente le donne l’acqua fatta di bianchi d’ova: perciocchè dicono che fa bianco lucente tutta la carne.

Per chi aveva la pelle grassa invece:

dame.jpgLa mattina quando vi levate dal letto, estendetevi il saponetto per viso in su la faccia ( il saponetto era composto da tre libbre di sapone tenero di buon olio, una quarta di zucchero candi, una di borace, ed un quarto di una quarta di canfora), poi, quando sarete vestite, con un’imboccata di acqua bagnate un drappo con il quale ne laverete la faccia poco a poco, insaponando fino a che tutto si laverà e la faccia restererà lucente e pulita che questa saponetta la netta e si mangia le panne (lentiggini) e se la donna ha la pelle grassa la tenga per un’ora e sarà ben fatto.

Venivano utilizzate anche maschere di pulizia fatte con uova e farina di senape da togliere poi con un tonico detergente utilizzando dell’urina.

bardana.jpgContro i foruncoli e l’acne veniva usata la bardana, sia sotto forma di crema ( con l’aggiunta di grassi) che  come decotto.

Leo fior.jpgimagesCA2Z5RM5.jpgcapiricci medicinae.jpgFamoso fu anche un certo Leonardo Fioravanti, alchimista e medico bolognese che forniva una serie di consigli che spaziavano dalla medicina alla magia, per arrivare alla cosmesi. Egli pubblicò a Venezia ” De Capricci medicinali” nel 1564, un’oipera che ebbe una notevole diffusione, così come ” I Libri Segreti” fatti stampare dal 1561 al 1580.

E non dimentichiamo il Conte di Saint Germain che nel 1700 rese felici le donne maestro fioravanti.jpgleonardo fioravanti.jpgleonardo.jpgs.german.jpgper i consigli e le pomate segrete che a loro donava, e che avevano la capacità di renderle non solo più belle, ma anche più giovani.

 

La Marinarezza a Castello e le splendide case popolari della Venezia del V° secolo: città sempre all’avanguardia!

Andrea Dandolo.jpgLa Serenissima ebbe sempre presente l’equilibrio, la ricchezza ed il benessere dei fautori della sua potenza: artigiani, operai, marinai: l’inizio di questa tematica e di questo progresso venne dato dal primo doge umanista, Andrea Dandolo, laureato a Padova alla metà del 1300.

Il compiacimento di Venezia per se stessa si basò sulla consapevolezza di aver realizzato un ordine politico nuovo, che si era maturato ed affinato passo, passo, e che si realizzò in un costume politico definito giustamente ” arte di Stato”.

300px-Marinarezza.jpgMarinarezza a Castello.jpgEcco che, straordinariamente nuovo, divenne lo sviluppo urbanistico dal 1400 in poi. Città unica, appunto, che dedicò una tipologia di edilizia popolare, attravero il giudizio della nuova classe dirigente che pensò ed attuò un progetto per la costruzione di case adibite ad abitazione per marinai particolarmente meritevoli già dal 1347, e che vide il suo sviluppo architettonicamente valido e splendido nella Marinarezza a Castello, sulla Riva dei Sette Martiri.

300px-Settemartiri.jpg

caseschiera.jpgdebarbari.jpgAnche alcune Scuole, sull’esempio dello Stato , fecero costruire in serie per i loro associati, a partire dal 1400, con un fervore edilizio che dette, in una unità compatta di tessuto organico e vivente, senza distinzioni di edilizia maggiore o minore, come appare nelle straordinarie veduta di Jacopo de Barbari, deliziose case a schiera.

Meravigliosa Venezia, la sua urbanistica unica, la consapevolezza che le case, anche le più umili, erano parte comunque di un paesaggio artistico ed unico, una omogeneità di stili che resero e rendono i palazzi più raffinati compatibili e case per il popolo, che conservavano e conservano la bellezza di una concezione urbanistica ed artistica che rendono questa città così unica ed affascinante.

 

 

 

La magia del legame intenso tra Venezia e le bambine poi donne veneziane

bambinirialto2.jpgbimbi-in-campo-venezia.jpgQuando si è bambini tutto risulta più grande, sconfinato, aperto..libertà di correre, libertà di nascondersi: nulla è più bello che gocare a nascondino a Venezia: ci sono mille angoli, mille colonne, callette, androni, scalini da salire aiutati dalla penombra e dalle ombre proiettate dai barbacani, patere…tutto meraviglioso e carico di mistero.

Per cui essere bambini a Venezia è rimasto un elemento immutabile..correre senza pericolo di automobili e traffico: Venezia è una città per bambini, per artisti e per tutte le persone che pensano in libertà e quella  libertà cercano. Nascere in questa città è una fortuna fantastica, e percepire e conoscere la sua storia, vivere sulla propria pelle le sensazioni meravigliose che fanno parte del suo fascino.

cane-pauroso-venezia.JPGgabbiani.jpggstti a Venerzia.pngpasseeri.jpgI bambini veneziani possono andare a spasso tranquillamente con il proprio cane, anch’esso felice padrone delle proprie scelte di direzioni e percorsi, o accocolarsi vicino ad una vera da pozzo accarezzando un gatto morbido e fascinoso, attorniato da colombi che si contendno con i passeri le briciole di pane, mentre i gabbiani, con il loro becco forte e potente in poco tempo distruggono i sacchetti delle immondizie spargendo i resti nei campi.

Ma è tutto fantastico, meravigliosamente fantastico crescere a Venezia, ritrovarsi in qualche bàcaro, godendo insieme della cucina easy, degli spritz aromatici, o anche di un ambiente è un momento di coesione che fa di una città un agglomerato di persone che si sentono veramente abitanti e partecipi di una città e di una cultura particolarmente unica.

laguna_venezia.jpgscuola di danza 2.jpgCrescere, studiare, godere delle ambientazioni di questa meravigliosa città è stata l’armonia che ha scandito, con le sue note di barcarola, la mia vita di adolescente:  la scuola di danza, il fantastico contorno che dalle finestre ampie e luminose creano l’atmosfera giusta per chi bambina e poi acerba adolescente si sfiancava alla sbarra ogni giorno, fatica, controllo del proprio corpo, attenzione ma anche languido abbandono alla musica che per noi bambine, al confine del divenire donne era l’elemento conduttore della nostra crescita, del corpo e della mente e, sopratutto, nell’incominciare ad apprezzare gli ampi 800px-Venedig_san_giorgio_maggiore.jpgColonne di Marco e Todaro.jpgsaloni cinquecenteschi in cui il movimento libero era vera libertà, motivi di ispirazione, di dolcezza , di languore vero e vibrante : dalle finestre entravano  l’aria e la luce aperte alla laguna, la sensazione di falso torpore, di falsa sonnolenza di una città marina, basata e legata ai tempi ovattati e lunghi delle maree, e con le maree si espletava la dolcezza e la sensualità del tempo non definito, tempo legato fantasticamente a quello legato alle fasi lunari tipici delle donne, ed in questo senso la donna veneziana è ancor di più un tutt’uno con la natura della propria città e delle proprie origini.

Giu 5, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Misteri    Commenti disabilitati su Gli inquietanti mascheroni di Venezia: tra il gotico e il barocco

Gli inquietanti mascheroni di Venezia: tra il gotico e il barocco

Cà Pesaro.jpgCà Pesaro.jpgA volte, visitando Venezia, ci si può soffermare, ammirati e rapiti dai mascheroni che popolano i palazzi ed anche chiese di questa città.

Se nel medioevo cristiano il diavolo aveva un’operosità costante, ossessiva, fino a diventare un invisibile e torbido protagonista della vita umana, e le sue raffigurazioni servivano ad avvertire i fedeli che si muovevano nelle città, o frequentavano le chiese che il male era sempre e dovunque presente: raffigurato come uomo bestia, o sghignazzante, o con piccoli particolari inquietanti di facce umane normali contaminate da orecchie animali, barbe caprine, o bocche spalancate con fauci minacciasamente spalancate per divorare, nella Venezia barocca ecco che si ripercuote l’immagine gotica del demone, del demonio, della paura di cadere vittime della malia e dell’insidiosità della parte malefica insita dell’uomo.

Ecco che allora si possono trovare, a partire dalla seconda metà del cinquecento uno straordinario numero di mascheroni nelle chiavi di volta degli archi, diffusi in tutta la città.

Cà Pesaro 1.jpgLa linea ad arco è animata dalla presenza di queste “maschere” dall’aspetto maestoso, sardonico e satanico.

Cà Pesaro 3.jpgCà Pesaro 2.jpgUna vera fucina è Cà Pesaro con i suoi mascheroni a volte Cà Pesaro 4.jpgquasi ingenui, a volte irridenti, o Accesso al Campanile di S. Bartolomio.jpgimpressionanti, che sono stati posti sulla facciata, all’ingresso, tutte opera del Barthel  fino ad arrivare alla linea dell’acqua, per poi andare a carpire immagini inquietanti e demoniache all’ingresso al Campanile della Chiesa di San Bartolomio,  e Palazzo Corner Palazzo Corner della Regina.jpgdella Regina .

Mascheroni di Cà Pesdaro a livello dell'acqua.jpgDemoniaco e conosciutissimo è il mascherone a guardia dell’ingresso del Campanile di Mascherone sul Campanile di S. Maria Formosa.jpgS,Maria Formosa , e l’ingresso di un Palazzo, sempre a Santa Maria Formosa.
POrtale in un Palazzo di Santa Maria Formosa.jpgEcco, visitare Venezia, camminare fra le sue calli o sostare per riposare un pò davanti a facciate di palazzi o chiese, si scopre uno straordinario mondo di significati, di immagini, di ricchezze artistiche che fanno capire quanto tempo e quanta curiosità ci voglia per scoprire i capolavori misteriosi di questa strordinaria città.

Arte ed esoterismo a Venezia: il magico Vittore Carpaccio

quadro di Carpaccio.jpgDi Carpaccio si notano i primi quadri verso il 1490, e i veneziani lo seguono, appassionati, fino al 1525, data della sua morte: sono 35 anni di espressione trasognata, incanto contemplativo, umanesimo del pensiero, ansia di conoscenza ed illuminazione della fantasia del Quattrocento (benchè sia vissuto così a lungo nel nuovo secolo) al potere di astrazione rispetto alle  crisi e di rinnovamento, che ebbe invece il primo cinquecento, ai tempi del Tiziano ( e successivamente del Giorgione).

L’opera di questo pittore apriva alla cultura dell’epoca un’ansia di conoscenza che offre imprevedibili implicazioni Storia di S. Orsola 1.jpgStorie dei S. Orsola.jpgrispetto ai simbolismi da lui usati.

Già dai primi teleri di Sant’Orsola, eseguiti dal 1490 al 1495 si avverte un taglio compositivo, una inquadratura spaziale e prospettica, un gusto inventivo, una verve figurativa aristocratica e popolare allo stesso tempo, per cui si è portati a far spaziare anche al dilà di Venezia la cultura formativa dell’artista.

In questo senso le ipotesi non sono mancate, e tutti i dati che ne conseguono coinfermano che l’artista aveva un’avidità culturare eccezionale, in una Venezia che alla fine del quattrocento si apriva alla cultura, alle scienze, alle arti ed all’universo esoterico che non ha alcun confronto con nessun’altra epoca della sua storia.

Storie di S. Orsola 4.jpgStorie di S. Orsaola 3.jpgEcco allora la predilezione per le leggende medievali e le vite dei santi, racconti aperti ai ricorsi più importanti della fantasia, in cui si avverte una ricerca esoterico spirituale.

Carpaccio sicuramente era a conoscenza della “leggenda aurea” scritta dall’Arcivescovo di Genova  Jacopo da Varagine nel tredicesimo secolo, nella traduzione italiana di Nicolò Manerbi,molto interessante seguire lo svolgersi del racconto letterario: il primo episodio del Leggenda aurea.jpgJaciopo da Varagine.jpgJacopo da Varagine 1.jpgleone , che ferito ad una zampa da una spina si reca al Convento, ove S. Gerolamo Jacopo da Varaginre 2.jpgviveva ritirato, per farsi togliere la spina. Il tema presenta due motivi semplici: la serena tranquillità del Santo , portato a fare il bene degli animali, ed i timore dei frati che fuggono spaventati( S. Giorgio degli Schiavoni a Venezia).

Tra gli altri animali si riconosco la faraona, il pappagallo, il pavone ( tipico del bestiario rosacrociano) il cervo, la lepre, il capriolo, il castoro e l’antilope: sembrano studiati dal vero, e probabilmente è così: ed anche le piante raffigurate fanno parte di un mondo e di una simbologia tipicamente esoterica, legata alla natura, all’uomo, alla vicinanza, nella santità, dell’uomo a Dio.

S. Agtostino.jpgSan Gerolamo e il Leron.jpgAltro documento importante è il quadro “le visioni di S. Agostino”( telero nella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale a Venezia) e S. Agostino nello Studio (S. Giorgio degli Schiavoni) in cui sembra che il Carpaccio abbia raffigurato con l’immagine del Santo il Cardinale Bessarione, il quale aveva donato alla Scuola del Carpaccio una ambito privilegio riguardante una bolla episcopale, che appare quindi in evidenza dipinta in primo piano. Ma il quadro pù importante del Carpaccio, una lunghezza di tre metri e sessanta, che richiama, proporzionalmente, i cassoni di Paolo Uccello di cinquant’anni prima, come ci suggerisce il Longhi, è ” S. Giorgio colpisce il Drago” a  S. Giorgio degli Schiavoni.

Cardinale Bessarione.jpgSimbolicamente il terreno dove avviene lo scontro  è studiato dal vero con indagine minuziosa, e si tratta di frammenti d’uomo, la giovinetta sembra che respiri ancora, e le  carcasse del cavallo, della pecora, ognuno con i suoi peculiari caratteri, in un orrido che si accresce per la visione dei ramarri, dei rospi, dei corvi, dergli avvoltoi e perfino della biscia d’acqua che ingoia una rana. Anche l’albero è ammorbato dal fiato del drago e proprio dalla sua parte presenta rami secchi, perchè la presenza del drago, dice il racconto, è pestifera.

E questo ed altri quadri che richiamano la natura, la bassezza della bestia, la debolezza dell’uomo nel poter affrontare le cattiverie, ed arrivare al sublime, al massimo, a ciò che tutti i santi che si sono battuti contro i draghi, e che li hanno distrutti, sono riusciti a fare con la forza della fede.

San Giorgio colpisce il Drago.jpgStorie di S. Orsaola 3.jpgStorie di S. Orsola 4.jpgOvunque l’artista, l’arte, e specialmente a Venezia, erano legati all’esoterismo, alla volonta ed alla capacità di andare oltre all’uomo, a trasfigurarsi e a trasfigurare per arrivare al divino, e raggiungendolo, perpetrare il “grande cambiamento” il cammino perfetto per la pietra filosofale.

 

Gli intriganti ingressi della Basilica di San Marco: dall’esterno all’interno un susseguirsi di spirali, simbolo di nascita, evoluzione ed infinito di una strordinaria città che, assieme alla laguna e il mare rimane sempre unica e misteriosa!

300px-Basilica_de_San_Marco.jpgGli intriganti ingressi della Basilica di San Marco sono legati alla struttura stessa della costruzione: innanzi tutto non esiste una vera e propria facciata, poichè non presenta una fronte che abbia una prevalenza sulle altre: a guardar bene non esiste una vera facciata intesa come  piano riconoscibile e delimitato. Le varie fronti sono un complesso di piani e di volumi , più o meno avanzati, snodati dalle nicchie e dagli sguanci a ripetizione.

Il corpo della chiesa è immerso ed avanza negli spazi della Piazza. della Piazzetta dei Leoncini, e  della piazzetta, gli ingressi della chiesa non Porta deri fiori su  Piazzetta dei leoncini.jpgPiazzetta S. Marco.jpgpiazza-san-marco.jpgrisultano simmetrici, esiste infatti una varietà di accessi davvero insolita, con una distribuzione assimetrica rispetto all’asse della chiesa.

Questi due fatti, assai significativi, l’assenza di un fronte principale e la varietà degli accessi, sono tra loro indipendenti e sono una caratteristica di questa architettura.

Cappella Zen.jpgNel 1504-21 per costruire la Cappella Zen,è stato ostruito l’ingresso nell’atrio direttamente dalla Piazzetta : l’ingresso dalla Piazzetta era infatti uno dei più importanti, se non il più importante: era l’ingresso dall’acqua che per tradizione a Venezia è quello principale.

Per necessità liturgiche l’asse della chiesa  risulta orientato est-ovest, ma l’arrivo dell’acqua è a sud: in tal modo la fronte verso la Piazza perde di colpo la sua importanza, e il cosidetto fianco verso il molo diventa  la fronte porta della cappella Zen.jpgprincipale e più decorata.

L’attuale cappella Zen non è coperta a cupola, ma da volta di botte, e diventa quasi un un portico, più profondo di quelli verso la piazza, diventando come una grande bocca spalancata verso la laguna.Sembra quindi che le due entrate principali alla -Basilica dovevano essere quella dalla piazzetta (cappella Zen) e quella dalla piazza (porta di S. Alipio): due percorsi porta de mar.jpgportaledi S. Alipio.jpgporta_sant_alipio_mosaico.jpgscentrati o tangenziali, con andamento a “turbina”.

Da un’antica stampa di Giac. Franco (XVII secolo) si può osservare che il baldacchino fissato per una delle tante processioni rientra in chiesa proprio per la porta di S. Alipio e non per la porta centrale.

E’ evidente che gli altri ingressi fossero si importanti, ma per la gente che arrivava alla spicciolata, così pure la porta dei fiori sul lato nord, che sembra però essere ricavata in un periodo posteriore alla costruzione dell’atrio.

venezia_san_marco_basilica_pianta_02.gifPorta del frumento.jpgGli ingressi quindi dalla Piazzetta e di S. Alipio erano destinati alle processioni: solo a queste infatti corrisponde all’interno tutto un lungo spazio di un intero braccio dell’atrio; è questo spazio che è per di più cadenzato dallo snodarsi delle campate coperte alternativamente a volta e a cupola e affiancate dalle nicchie. <un ritmo continuo, : ogni braccio è quasi una piccola chiesa basilicale.

Un ingresso alla chiesa più riservato era quello interno al Palazzo ducale: esso è collocato al piano terra, all’inizio del portico dell’ala dei Pregadi, di fianco alla scala dei giganti.

Nel cortile di Palazzo Ducale, in linea con la Porta del Scala dei giganti a Venezia.jpgArco Foscari.jpgArco Foscari 1.jpgfrumento  sul molo, esiste tutt’ora il tracciato di una corsia, affiancata dai fori dei montanti di un lungo baldacchino o padiglione…il prolungamento di questo tracciato passa ai piedi della scala dei Giganti, sfiora l’Arco Foscari, che prima della decorazione gotica doveva lasciare più spazio libero verso il cortiletto, e conduce ai gradini rotondi della porta della chiesa.

L’allineamento non era certamente casuale, ma era il segno di un percorso ben definito legato al rituale che accomunava il Palazzo alla Chiesa.

palazzo_ducale_001_arco_foscari.jpgProcessione di Giacomo Franco.jpgDalla stessa stampa del Franco si può notare che il baldacchino per la processione esce appunto dalla porta del Frumento del Palazzo °Ducale, E’ da supporre quindi che la porta nel cortiletto dei Senatori servisse per l’uscita della processioni della chiesa.

Un altro ingresso laterale, più importante anche se meno appariscente, risulta al centro dell’Arco Foscari, in corrispondenza dell’arco sotto all’orologio nel cortile, ed è Cappella di S. Isidoro in mappa.gifCaoppelklka di S. Isidoro.jpgCappella di S. Isidoro 1.jpgtagliato sul muro tra il tesoro e gli altri piccoli ambienti ad est. Questo passaggio risulta perfettamente in asse con il transetto, sotto il rosone, di fronte alla Cappella di S. Isidoro: immette quindi in uno spazio simile a quello della porta centrale dalla Piazza.

E’ evidente  che esiste quindi una corrispondenza tra i vari percorsi esterni della Basilica, visti in relazione ai vari ingressi, che avvolgono la chiesa e vi convergono con un andamento  a Colonne di Marco e Todaro.jpgPilastri acritani.jpgpili portastendardi a  S. Marco.jpgspirale ( la spirale, un simbolo dell’infinito, ma anche della crescita e dell’espansione, ed elemento comune e unico a Venezia, come ad esempio l’anagrafica di porta dei fiori.jpgquesta straordinaria città!)e sono accompagnati da elementi spaziali come le due colonne del molo ( Marco e Todaro) che accompagnano il percorso dal Ponte della Paglia alla Piazzetta, l’edicola sporgente al lato sud della Basilica, verso il molo, che accomnpagna e indica il percorso verso l’ingresso d’acqua (il più solenne ed importante) , e verso l’atrio (la cappella Zen); i due pilastri acritani , allineati con l’antica torre del tesoro, che indicano un percorso da o per la Porta della Carta; i tre pili portastendardi sulla Piazza davanti alla chiesa, che definiscono uno spazio altrimenti troppo vasto fino in fondo alla Piazza e che suggeriscono un percorso tangenziale alla facciata.

Tali elementi sono riscontrabili anche nelle logge e nelle gallerie sovrastanti: queste si sviluppano solo su lato ovest, sulla Piazza, o sul lato nord; sul lato sud, verso il molo , la loggia ha solo un piccolo risvolto di una campata; questo lascia supporre battistero.gifBattistero della Basilica di S. Marco.jpgBattistero.jpg(come dice >Il Cattaneo) che il Battistero sia sempre stato fin dall’origine dove è ora: luogo quindi di origine della Basilica, da dove essa si è espansa a spirale, con le sue nicchie, le sue asimmetrie, i suoi ingressi strani la sua meravigliosa originalità di chiesa ibrida….tra il bizantino più estremo e la sua interfaccia di una città che aveva come referente unico e principale il mare…a cui era dedicato tutto: le lampade della giustizia, gli ingressi delle chiese, i progetti del futuro, l’orgoglio e il dominio commerciale, culturare e militare, ma sopratutto la libertà di pensiero e l’immenso amore per l’equilibrio così delicato e meraviglioso con la sua laguna, fragile, misteriosa, calma a volte, a volte aggressiva…ma parte indissolubile della natura di Venezia e dei Veneziani.

 

 

 

 

Pagine:«1...13141516171819...39»