Apr 23, 2012 - Architettura, Arte, Luoghi, Mestieri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Palazzo Vendramom Calergi.jpgFacciata dell'attuale ospedale S. Giovanni e Paolo del Coducci.jpgPalazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgfsansovino.jpgGli edifici più importanti del primo cinquecento sul Canal Grande, come Palazzo Vendramin Calergi di Coducci a S. Marquola, quello Grimani di Sanmicheli a S. Luca, e sopratutto il Corner del Sansovino a S. Maurizio costituirono i nuovi parametri per dare alla città in Palazzo Corner del Sansovino.jpgsenso rinascimentale e barocco.

casinoveneziaesterno.jpgLungo il Canal Grande,  in particolare, si accentua la valorizzazione di elementi scenografici delle facciate, dando alla grande via d’acqua un lussuoso aspetto da parata su cui predomina il richiamo del teatro nella sequenza dei vari prospetti decorati con pitture e con sculture.

Gli “itinerari” di Venezia e del Canal Grande nel settecento sono gli stessi descritti dalla “guida” di Francesco Sansovino nel 1581, ma molti edifici si sono sostituiti nel frattempo: è aumentata la ricerca del decoro , la funzione rappresentativa, l’amore per il fasto, la meraviglia delle decorazioni e quindi l’apparenza spettacolare e celebrativa.

220px-Scamozzi_portrait_by_Veronese.jpg220px-Palladio.jpgAndrea Palladio.jpgIl legame tra Sansovino, Scamozzi e Palladio rimane costantemente presente anche dopo la loro scomparsa.Il Longhena nella basilica della Madonna della Salute manifesta una profonda comprensione della poetica del Palladio e del Sansovino. La Basilica dellsa Salute presenta una soluzione tipicamente veneziana dello stile barocco, tradotto con quella libertà di fantasia che è La Salute del Longhena.jpg250px-Salute01.jpgconnaturale a questa città, prevale in essa infatti laa componente plastico-decorativa, così palese già dalle origini bizantino-lagunari di Venezia, e alla quale la città è rimasta sempre coerente, libera dalla stretta regola degli ordini classici.

Nell’architettura barocca era venuto a mancare lo spazio in una città chiusa e bloccata nei suoi limiti. La Salute era stata commissionata dal Senato nel 1630 a seguito di un voto di tutta la Repubblica alla Vergine per la liberazione dslla peste.

La Basilica, per questo motivo, venne eretta sui resti di un convento-lazzaretto, in un terreno proteso a prora di nave sul bacino di S. Marco, tra il Canale della Giudecca e il Canal Grande , su diversi specchi d’acqua che formano una iridescente corona all’edificio.

Le strette misure consentite dalla vecchia sistemazione urbana tutta intersecata da canali, pretende per quasi ogni edificio la demolizione di un altro più vecchio, e tutto a prezzo di cause legali tra la Magistratura del Proprio ed il nuovo propietario.

La facciata quindi è frutto dei gusti personali del proprietario, di quello dei capimastro, e dal piacere decorativo degli scultori.

ponte dei sospiri.jpgfacciata-chiesa-santa-maria-giglio.JPGpontedeisospiri-300x225.jpgIl Ponte dei Sospiri, tra il palazzo ducale e le prigioni è l’esempio più noto di questa abilità artigiana, con quella libertà compositiva di materia , di struttura, di invenzione suggerita dalla stretta composizione degli spazi.

Il Ponte è costruito in pietra d’istria ai primi del Seicento, ma per la morbidezza del taglio e il gusto decorativo, sembra un soprammobile, creato su suggerimento dei ponti che si costruiscono sulla tolda delle navi, più di quelli che vennero edificato tra le rive dei canali.

Tremignon S. Moisè.jpg1313_scalzi.jpgCome scenografia teatrale ecco la facciata della chiesa di S. Moisè, eretta con il lascito del patrizio Vincenzo Fini da Alessandro Tremignon, molto criticata per un gusto veneziano-barocco, anche troppo ornato e ricco, con quella sua sovrabbondanza di decorazioni.

L’origine di tale pittoricismo si spiega mediante la modellazione tutta veneziana del marmo, molte volte ispirata dall’opera dergli intagliatori in legno più che dalla tecnica propria dei lavori in marmo. Legno e marmo, decorazioni, artigiani sopraffini , ecco le immagini di una Venezia sfaccettata, ricca di decorazioni di stili diversi, ogni angolo di questa città nasconde uno stile diverso, angoli gotici, angoli incantati, canali luminosi, iridescenze….tutta da vedere e da vivere.

Apr 19, 2012 - Personaggi, Società veneziana, Spionaggio e congiure    Commenti disabilitati su Il nobile veneziano Girolamo Lippomano e il suo tradimento a favore dell’invincibile armata! Triste fine di un diplomatico di valore.

Il nobile veneziano Girolamo Lippomano e il suo tradimento a favore dell’invincibile armata! Triste fine di un diplomatico di valore.

palzzo-ducale-venezia.jpgGirolamo Lippomano era il terzogenito di una famiglia patrizia , e nacque a Venezia il 13 aprile 1538. Purtroppo il banco (bancogiro) del nonno omonimo era andato fallito, per cui quasi tutti i discendenti si dettero alla carriera ecclesiastica, come il padre Pietro arricchitosi con l’amministrazione della mensa vescovile di Verona, e prese dimora presso il monastero veneziano della Trinità, di cui era priore il secondogenito di nome Pietro.

Girolamo dimostrò fin da giovinetto una particolare propensione per la diplomazia, e venne affidato alle cure dell’umanista Giovan Battista Amalteo; viste le sue capacità, con qualche mese di anticipo rispetto all’età, nel 1562 venne a far parte del Senato. Grazie alle proprie capacità la sua carriera crebbe: Savio degli Ordini per il secondo semestre del 1563-1564, e poi ancora dal 1 ottobre 1565 al 31 marzo e 1 ottobre 1566, 31 marzo 15671.

ibrahim bey 1.jpgiBRAHIM bEY.jpgDon Giovanni d'Austria.jpgRiuscì, in questi suoi incarichi , a mettere in luce le proprie capacità, e durante il carnevale del 1567 fu incaricato di organizzare il soggiorno a Venezia dell’inviato turco, Ibrhaim Bey.

In seguito venne inviato come ambasciatore presso l’arciduca Carlo d’Asburgo, fratello dell’imperatore Massimiliano II. Nel frattempo alla carriera del Lippomano si pose un ostacolo: il 23 dicembre 1567 suo fratello abate di Asolo venne Carlo d'Asburgo.jpgMassimiliano-Austria.jpgcondannato al bando per l’accusa di spionaggio a favore della Santa Sede : un addebito tutt’altro che infondato e che poteva venir esteso a tutti i membri della famiglia, fautrice del partito dei “vecchi” e notoriamente incline a Roma, alla Spagna e ai Gesuiti.

Per parecchio le cronache di Venezia non si occuparono del Lippomano fino a quando non venne richiesto il suo compito il suo prezioso e delicato compito di ambasciatore presso Emanuele Filiberto di Savoia. poichè era determinante un accordo con lo stato pontificio e il regno di Spagna.

Un mese prima i Turchi avevano inviato un ultimatum alla filiberto di savoia.jpgSerenissima, chiedendo la cessione di Cipro, sicchè per Venezia era importante l’aiuto del Pontefice per creare una lega in grado di opporsi alla flotta ottomana: la reciproca diffidenza tra Spagna e Venezia fu, attraverso l’abile opera del Lippomano gestita dal duca di Savoia, la cui corte, come ambasciatore dovette abbandonare il 20 luglio 1573.

Visse praticamente la sua vita all’estero, presso le varie corti europee, svoilgendo incarichi delicati e portandoli a termine con sagacia, intelligenza e non comuni capacità diplomatiche.

venne rimpatriato ed eletto conservatore delle Leggi (14 gennaio 1585), Savio di Terraferma per i sempestri aprile-settembre-aprile dello stesso anno, proveditore sopra i Danari (9 novembre) venne inviato come ambasciatore in Spagna.
Prima di partire Girolamo fece un testamento, era il gennaio del 1586.

Filippo II di Spagna.jpgBoazio-Sir_Francis_Drake_in_Cartagena.jpgArrivò a Madrid l’11 giugno 1586, e qui rimase tre anni. Dopo Lepanto il re Filippo II guardava all’atlantico e ai suoi domini alle Antille minacciate dalle scorrerie di F, Drake.n Collaborò ed assistette alla costruzione della “invincibile armata”, ed anche alle sue sconfitte.

Il suo comportamento venne molto apprezzato dalla corte spagnola tanto che nel 1589 Filippo II donò alla Serenissima il Palazzo che sarebbe diventato la sede dell’ambasciata veneziana.

In patria l’attendeva l’ingresso tra i savi del Consiglio dei dieci per il semestre Filippo II di spoagna 2.jpgFrancis Drake.jpgfilippoII.jpgottobre 1589-marzo 1590. Partì quindi alla volta di Costantinopoli in una missione considerata tranquilla visto che l’impero ottomano era impegnato nella sua lotta contro i Tartari, ma, trascorso appena un anno dal suo insediamento venne richiamato in patria, sostituito da Lorenzo Bernardo.

Il 25 giugno 1591 Lippomano Invincibile Armata[4].jpginvincibile%20armada.jpglasciò Costantinopoli sotto l’accusa infamante  di tradimento per aver svelato segreti alla corte spagnola di Filippo II sulla tecnica e la costruzione delle navi facenti parte dell’invincibile armata: per la Serenissima questo era il delitto più grave che si potesse perpetrare verso la Repubblica.

Il giorno seguente il fratello Pietro, membro della Trinità fu bandito da Venezia, e tutta la famiglia venen trascinata nella rovina per aver passato informazioni riservate al REgno di Spagna.

sconfitta dell'invincibile armata.jpgQuando la nave che riportava in patria il Lippomano  fu in vista del porto del Lido si gettò in mare ed annegò , era il 30 agosto 1591. Così si esprimono i documenti ufficiali , ma diverse versioni propongono la terribile fine di questa oscura vicenda: Alcuni lo vogliono suicida, altri ucciso per ordini superiori, altri ancora dissero che venne imprigionato nei Piombi , torturato e riconosciuto colpevole e strangolato, quindi , per evitare ulteriori spiegazioni, buttato in maRE , simulando il suicidio.

La sua colpa fu quella di aver seguito l’idea di famiglia di seguire una politica filo-spagnola che lo indusse a favorire oltre il lecito l’operato dell’ambasciatore spagnolo a Venezia, Francisco de Vera y Aragòn.

Venezia_-_Chiesa_dei_Servi_(Portale).jpgIl suo corpo fu sepolto senza lapide nella chiesa di S. Maria dei Servi, presso le tombe degli antenati, come aveva espressamente indicato nel testamento.

 

Trame oscure ed agenti segreti di Venezia, dal medio evo al diciottesimo secolo.

palzzo-ducale-venezia.jpgconsiglio10.jpgLa Serenissima, proprio per la sua specificità, nella sua organizzazione ha sempre affidato grandissima importanza ai propri segreti: prima di tutto per quanto riguardava la costruzione delle navi, quindi agli armamenti ed infine alle politiche espansionistiche ma sopratutto dal punto di vista commerciale.

Una grandissima importanza ebbe quindi l’attività spionistica, legata naturalmente al Giacomo Casanova.jpgI servizi segreti di Venezia.jpgcontrospionaggio; gli agenti venivano definiti con i termini di spia, esploratore, confidente, ..ed anche consulente, referendario, delatore ed emissario. La prima espressione, dopo quattro secoli, di agente segreto venne coniata da Giacomo Casanova, che, come antico James Bond, si dedicò anche a questa esperienza a favore della sua Venezia, naturalmente ben remunerato, assieme a Michelangelo Bozzini e Giovanni Cattaneo.

Le delazioni hanno fatto parte di questo sistema, ma, attraverso le boche de leon non Bocca_di_leone_02.jpgbocca-leone-chiesa-san-martino.JPGvennero accettate così, incondizionatamente, ma attentamente vagliate: per cui se si ebbero processi questi furono supportati da testimonianze vere, comprovate, per cui a possibili condanne (a morte) vi furono anche diverse assoluzioni.

La Spagna fu lo stato che cercò di inserire le proprie spie, o di corrompere dal punto di vista ideologico o anche soltanto vilmente per denaro. baili, nobili o viaggiatori corrotti o resi corruttibili da inganni e conseguenti ricatti.

Tra i casi spinistici più famosi, quello più imnportante e cupo fu quello relativo al nobile Girolamo Lippomano alla fine del 1500, e poi Angelo Badoer e Girolamo Grimani.

immagine di rapporto di Missier grande.jpgbaili veneziani.jpgComunque determinanate per il funzionamento di questi “servizi” vi fu la fattiva collaborazione dell’apparato dello stato  e dei cittadini, e rievoca un originale metodo di comunicazione tra governo e sudditi: “il memoriale sottoscritto personalmente o da terza persona per conto dell’interessato che un privato cittadino presentava al Consiglio dei Dieci (nel caso di privilegi industriali anche al Senato) su una materia rilevante importanza per lo Stato e richiamava l’attenzione, inoltre, su una figura poco conosciuta nella storia di Venezia: quella del Capitan Grande o Missier Grande, cioè il capo degli sbirri alle dirette dipendenze del Consiglio dei Dieci, una sorta di coordinatore dell’attività dei confidenti o degli informatori ( una sorta di capo della CIA) , A questo si aggiungeva l’attività spionistica all’estero  dei diplomatici veneziani, documentate, che spesso si svolgevano alle dirette dipendenze del Consiglio dei Dieci.

consiglioX_01.jpgcrittografia e decifrazioni.jpgEd in questo ambito si ebbe la nascita e l’evoluzione di codici segreti e della scrittura cifrata, vero a proprio inizio della crittografia moderna.

La sopravvivenza di Venezia, la sua natura di Stato esposto, proprio attraverso la sua peculiarità di Repubblica legata per la sua vita, la sua espansione e la sua essenza alla crittografia medievale.jpgcrittografia.jpgcrittografia08.gifconoscenza delle strategie di altri Stati amici ma al contempo rivali , era legata al segreto, alla conoscenza dei segreti altrui ed alla previsione delle mosse politiche e strategiche degli altri paesi europei, senza far trapelare le proprie evoluzioni tecnologiche e quelle diplomatiche!

 

 

 

Apr 10, 2012 - Alchimia, Esoterismo, Personaggi    Commenti disabilitati su Gli incontri tra Casanova e Cagliostro

Gli incontri tra Casanova e Cagliostro

Giacomo Casanova, la Marchesa d’Ufrè ed il Conte di Saint Germain si incontrarono alcune volte a Parigi, e più approfonditamente  ad un pranzo, pochi giorni . La marchesa asseriva di avere al collo una calamita, e che il Saint Germain avrebbe notevolmente aumentato la potenza di attrazione dell’oggetto.

Casanova , scherzando, disse che voleva scommettere contro questa ipotesi, al che la Marchesa, assai turbata gli raccomandò di non fare più discorsi di quel tipo perchè effettivamente il Conte era un mago, vero.

314746701_a859963899_m.jpgCasanova ritornò a Venezia, ma la sua fama lo precedette. Era mal visto dalla chiesa, lo si accusava sotto, sotto,  di eresia, e la sua appartenenza alla massoneria egizia, i libri che scriveva, il suo atteggiamento sempre libertino nei confronti delle donne lo portarono purtroppo all’arresto, e alla sua prigionia ai Piombi.

Dopo nemmeno un anno ecco che riuscì a fuggire, non spiega come, ma riuscì a fuggire da una prigione praticamente ermetica.

Ed ecco che, durante il suo peregrinare all’estero,dopo una visita alla Sacra Sindone, fece un incontro altrettanto importante: nel 1769 in una locanda di Aix en Provence conobbe una coppia.il marito Giuseppe Balsamo, la moglie, una bellissima giovane di nome Lorenza Serafini Feliciani, che provenivano da un pellegrinaggio dal Santuario di Campostela.

imagesCA2CSSO0.jpgGiuseppe Balsamo, rinominatosi Alessandro Conte di Cagliostro nacque a Palermo il 2 giugno 1743. Rimase quasi subito orfano, per venne rinchiuso in un Istituto per orfani, retto dagli Scolopi dove studiò e poi fuggì. I parenti pensando bene di fargli imparare un mestiere, nel 1756 lo affidarono al Convento dei Fatebenefratelli di Caltagirone.

Nel monastero a cui era annesso un ospedale si interessò alle erbe medicamentose, alle tisane, a tutto ciò che poteva aiutare la gente a guarire.

Dal convento fuggì a Messina dove conobbe un certo Albatas,di cui  non si conosce la nazionalità, il quale, avendo avuto a che fare con la Massoneria Egizia, lo introdusse, nel 1766, nell’Ordine di Malta.

Nel 1768 conobbe a Roma Lorenza Serafini Feliciani, che sposò il 21 Aprile 1768.

imagesCALZZO8R.jpgimagesCA8I8CEW.jpgimagesCAH5AFXS.jpgCasanova e la coppia, pomposamente annunciata come Conte di Cagliostro e moglie si ritrovarono a Venezia nel giugno del 1778, il primo ancora in odore di eresia, il secondo già considerato in qualche modo uno stregone, un mago.

Giacomo Casanova fece per loro da guida alla città, si riunirono per esperimenti magici, esoterici, facevano parte, almeno i due alchimisti, di un mondo che era il loro, era parte comune, l’appartenenza ai Rosacroce, quella alla Massoneria Egizia, e quella ai Cavalieri dell’Ordine di Malta.

E a Venezia continuano ad esistere le sedi di tutti questi Ordini, senza problemi, con targhe davanti alla porta, con siti, che tutti voi potete conoscere, con realtà che
continuano a sussistere.imagesCA7CLPO1.jpg Comunque, il povero  Balsamo o conte di Cagliostro, come si vuole, per effetto della sua fama, ma anche a causa della denuncia della moglie, venne imprigionato nella Rocca di S. Leo, dove morì, disperato, il 26 Agosto 1795.

 

 

Da Venezia: Auguri di Buona Pasqua!

pasqua-a-venezia.jpg220px-Diego_Valeri.jpgVenezia-Ponte-dei-Sospiri.jpgUn caloroso augurio di buona Pasqua da Venezia e da me, figlia ed erede, con migliaia di veneziani, legati a questa meravigliosa antenata, di suoi passati splendori, ma anche soltanto del suo essere unica: una città unica, viva, vera, con i suoi problemi particolarmente delicati perchè tale è l’equilibrio che regge questo sogno fatto di pietra, legno, giardini,ponti, arte, passato, e cultura, che rimane tutt’oggi come elemento imprescindibile e che la rende  assolutamente inimitabile e fantastica.

Vorrei donare a questa mia meravigliosa culla una poesia che Diego Valeri, valente poeta veneto, nativo di Piove di Sacco, veneto ma anche facente parte per un certo periodo di tempo della sua elite intellettuale:

C’è una città di questo mondo
ma cos’ bella, ma così strana
che pare un gioco di fata Morgana
e una visione del cuore profondo.

Aviluppata in un roseo velo,
sta con le sue chiese, palazzi, giardini,
tutta sospesa tra due turchini.
quello del mare, quello del cielo.

Così mutevole! A vederla
nelle mattine di sole bianco
splende di un riso pallido e stanco,
d’un chiuso lume, come la perla

ma nei tramonti rossi affocati
è un’arca d’oro, ardente, raggiante,
nuova innocenza, veleggiante
a lontani lidi incantati

Quando la luna alta inargenta
torri snelle e cupole piene
e serpeggia per cento vene
lìacqua cupa e sonnolenta

non si puà dire quel ch’ella sia
tanto è nuova e mirabile cosa:
isola dolce, isola misteriosa,
regno infinito di fantasia.

Cosa di sogno, vaga e leggera,
eppure porta nell’anni di storia,
e si corona della gloria,
d’una gran vita guerrieera.

Cuor di leonessa, viso che ammalia,
e tra veneti due volte sovrana,
pianta di forte virtù romane
fiore di tutta la gloria d’Italia.

 

focaccia veneziana2.jpgpasqu 1.jpgEd infine, nei miei ricordi di bambina, e sicuramente in quelli di tanti altri bambini veneziani la filastrocca:

Xe Pasqua, xe Pasqua
che caro che go
se magna a fugassa e anca il cocò
se vado in cusina
e trovo l’agneo
 se vede e se usa
magnar anca queo;
H_Pasqua_a_Venezia_Ristorante_Terrazza_Danieli.jpgpulcino.jpgse bevo un tantin de Marsala
vusto che non salta e che bala?
Si, si, papà caro
se tutti i putèi fusse come mi
voria che Pasqua fusse ogni dì.

Carissimi amici miei, tanti affettuosi e sinceri auguri di Buona Pasqua, Pasqua di serenità, di amore, di amicizia di affetti profondi, di salute, Pasqua a Venezia 3.jpgVenezia a Pasqua.jpgVenezia a Pasqua1.jpgvenezia.jpgvenezia14.jpgdi sostegno e di solidarietà!

Con tanto amore, vostra Piera !!!!!!!!

 

 

 

Apr 4, 2012 - Arte, Carnevale, libri e fumetti, Mestieri, Musica venexiana, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

220px-Carlo_Goldoni.jpgdell'abate Chiari.jpglibro dell'abate chiari.jpgCarlo Goldoni, il “narratore” della Venezia settecentesca fu molto amato ed apprezzato dal pubblico e da altri artisti famosissimi dell’epoca, come Goethe, ma venne bersagliato da critiche e da polemiche prima da parte dell’abate Chiari, modesto letterato convinto, a torto, del proprio valore, ed in seguito da Carlo Gozzi.

Bisogna considerare che all’epoca bmarcello.jpgil teatro a Venezia era vivo e si collegava in modo determinantre alla vita della Società del tempo: basta pensare al sottotitolo del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello per considerare il gran numero di persone che vi lavoravano “Metodo facile, sicuro per ben comporre, ed eseguire Opere italiane in  musica all’uso moderno, nel quale si danno avvertimenti utili e necessari a Poeti, , Compositori di Musica, musici dell’uno e dell’altro sesso , Impresari, Suonatori, ingegneri, pittori di scene, parti buffe, Sarti, Paggi, Comparse, suggeritori, copisti, protettori e Madri di virtuose, ed altre persone appertenenti al Teatro”.

Tutti questi consigli sono dati in tono ironico all’epoca del libro del 1721 e illuminano una zona della vita veneziana del tempo che trova corrispondenze precise nella vita sociale e artistica un pò comune alla situazione del Teatro italiano del 700.

i rusteghi.jpgla triologia della villeggiatura.jpgLe Baruffe chiozzotte.jpgPer Goldoni la polemica si inasprisce negli anni in cui compie alcuni suoi capolavori come ” I Rusteghi”, ” Le smanie per la villeggiatura”, ” Sior Todaro Brontolon”, ” Le Baruffe Chiozzotte”, dal 1760 al 1762, anni nei quali viene dato un riconoscimento sempre più ampio della sua arte comica.

Carlo Gozzi.jpgIl Conte Carlo Gozzi, uomo legato al passato critica e disprezza le opere di Goldoni perchè nella sua natura di conservatore ritiene , che la struttura sociale in cui viene ambientata l’opera del suo rivale non sia più quella della Repubblica di Venezia, non tanto come riforma teatrale la peculiarità delle opere di Goldoni, qwuanto un preavvertimento della precarietà del mondo che lo circondava, la sofferta sensazione di disgregamento d’un sistema di vita che testimoniava nella seconda metà del settecento i segni del declino della Serenissima.

Il Gozzi, nei suoi lavori letterari, è dotato di ironia e ama il mordente della satira, e mentre può trovare un facile bersaglio nelle modeste opere dell’Abate Chiari, non può criticare così Carlo_Goldoni.jpgCmpiello del Goldoni.jpgapertamente ed aspramente l’arte di Goldoni, che aveva invece resi sempre più corali i nessi compositi delle sue commedie, fino al capolavoro “Le baruffe Chiozzotte”, in una cerchia popolare e borghese.

Il nuovo teatro, secondo Gozzi, aveva tradito le invenzioni di fantasia e quell’anelito di evasione che erano sempre stati ansiosamente ricercate negli spettacoli di creazione Veneziana, specie nell’opera lirica, che di adattavano perfettamente a quella suggestione poetica e favolistica, cercando di ottenere l’illusione teatrale di indirizzo elegiaco ed arcadico.

Carlo Gozzi opere.jpgl'amore delle tre melarance 1.jpgProkopfiev.jpgE’ questa l’espressione precisa dei lavori di Carlo Gozzi: il teatro di fiaba come l’amore delle tre melarance” e “Turandot”porta il pubblico in un mondo ironico, divertente, sul filo della commedia dell’arte, delle maschere, della rappresentazione di un Turandot 1.jpgTurandot.jpgpuccinigiacomo.jpgOriente favoloso e di una comicità che si libera del realismo quotidiano, mentre da Ruzzante a Goldoni le commedie riflettono saldamente la realtà e portano il timbro della voce del popolo.

“Turandot” venne rappresentata a Venezia nel 1762, fu tradotta in tedesco da Sciller e messa in scena al teatro di Weimar da Goethe (che molto ammirava Gozzi) Nel novecento venne musicata da Ferruccio Busoni, ed infine Giacomo Puccini espresse uno dei suoi massimi capolavori.

“L’amore delle tre melarance”, rappresentata nel 1761 al Teatro S. Samuele, venne musicata nel 1921 da Serghey Prokofiev, con un adattamento del libretto fatto dallo stesso musicista.

Goethe.jpgGoethe racconta dettagliatamente del suo incontro con il teatro veneziano, con le opere ed i balletti. L’incontro che il poeta ricorda con più entusiasmo è quello con “Le baruffe chiozzotte” di Goldoni, la sera del 10 ottobre rappresentata al Teatro S. Luca dalla compagnia di Antonio Sacchi: ” Non ho mai assistito, dice Goethe, in vita mia ad un’esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con tanta naturalezza. E’ stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine”.

In seguito a Roma il poeta tedesco ebbe modo di assistere alla rappresentazione della “Locandiera”: ” anche qui la base su cui si regge lo spettacolo è il pubblico; gli spettatori sono a loro volta attori e così la folla si fonde completamente con lo spettacolo”.

l'ultima sera di Carnevale.jpgCarlo  Goldoni 2.jpgPurtroppo, amareggiato dalle polemiche il più amato dei commediografi Veneziani, voce del popolo decise di trasferirsi a Parigi, e lasciò al suo pubblico come congedo la figura allegorica nella sua opera d’addio ” Una delle ultime sere di Carnevale”. ” Anzoletto, disegnatore per ricami chiamato in Russia da suoi clienti, e non è tanto una venatura di nostalgia preventiva, di commozione aperta, quanto la maniera con cui si concreta in una scena festosa e variopinta, in una cena di ultima sera di carnevale, e dunque non in forme patetiche, ma in un rinnovato omaggio alla vitalità sderena di una società attiva e fiduciosa, in una replicata prova della simpatia poetica del Goldoni per il suo mondo più vero” ( W. Binni in Storia della letteratura italiana – il Settecento- Milano 1968).
 

 

Mar 28, 2012 - Alchimia, Esoterismo, Luoghi, Mestieri, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I ciarlatani a Venezia

I ciarlatani a Venezia

ciarlatani.jpgciarlatani 0.jpgNella Venezia cinquecentesca iniziò il fenomeno dei ciarlatani, che dilagò poi in tutta Italia, e chiamati in dialetto: “monta in banco”. Il termine di ciarlatano, un misto di di imbroglione, medico-stregone, venditore di polveri magici, elisir, curatore e espositore di mostri.

Il termine “ciarlatano” nasce dal paese in cui per la prima volta si è creata questa professione: Cerreto di Spoleto: l’Accademia ciarlatano_09.jpgIl casotto del Leone di Pietro Longhi.jpgil re dei ciarlatani del Longhi.jpgdella Crusca così definì nel 1612 questa categoria come:” coloro che per le piazze spacciano unguenti od altre medicine, cavano i denti e fanno giochi di mano che comunemente dicesi Ciarlatani ..da Cerreto, paese dell’Umbria da cui soleva in antico venir siffatta gente, la quale con varie finzioni andava facendo denaro”.

Sull’argomento vennero composte alcune opere come ” ciarlatani_pag75a_l.gifciarlatano_16.jpgSpeculum Cerretanorum”di Teseo Pini e il ” vagabondo ovvero sferza de i vagabondi” di Raffaelel Frianoiro. Cipriano Piccolopasso così descrisse: “esercitano questi uomini d’andar pel mondo vendendo il Zafferame, il pepe et altre spezierie, coralli come anco una certa sorte d’herba che chiamano corallina, qual, ridotta in polvere vendono per dar ai putti per scacciar i vermi…non si dilettano, pare a me , nè d’armi nè di lettere , si ben d’andar per biri …….quel costume che hanno di andare a torno accattando e cialtronando”.

Anche Macchiavelli utilizzò il termine “Cerretano” come sinonimo di medico ciarlatano nella sua famosa commedia ” la Mandragola”.

ciarlatano01.jpgciarlatano05.jpgA i ciarlatani in piazzetta.jpgVenezia i ciarlatani salivano su un palco, e , accompagnati da danzatori e giocolieri, iniziavano a declamare le virtù prodigiose di unguenti, elisir, creme, polveri, cerotti, sciroppi, acque di bellezza ed altro. Nella Piazza più famosa d’Europa ( Piazza San Marco) si davano quindi appuntamento diversi di questi personaggi, e che sono rimasti nella memoria della città per la loro dialettica
 e la capacità di convinzione: Il Cieco da Forlì, Zan della Vigna, Mastro Paolo di Arezzo, il Moretto da Bologna, l’Alfier Lombardo ( Giuseppe Colombani da Parma)cavadenti, Monsù Guascon,  mestro Leone       , ma tutti i suoi preparati e i suoi elisir nulla valsero contro la pestilenza del 1576 che se lo portò via assieme alla moglie .

ciarlatani in Piazza.jpgUno degli oggetti per cui rimase famoso il suo banchetto fu la carcassa di un pesce, opportunamente essiccato e ripiegato, che acquistò un orribile aspetto e che venne spacciato come un terribile e orrido mostro.   

 

La breve luce brillante di Marietta Robusti: la Tintoretta!

0211_autoritratte_int1G.jpg220px-Tintoretto_-_Self-Portrait_as_a_Young_Man.jpgNel novero delle innumerevoli donne notevoli figlie della Serenissima, legate alla politica, alla pittura, alla letteratura, musica e all’arte in genere, lascia la scia quasi di una “cometa” brillante, fulgida ma presto scomparsa, Marietta Robusti, detta ” la Tintoretta”.

Figlia illegittima del famoso Jacopo Robusti (il Tintoretto), nacque a Venezia (la data non è certa, nel 1554 o nel 1560). Il talento pittorico era scritto nei suoi geni, nondimeno assorbì tutto sull’arte del padre, ancora piccolina, quando il Tintoretto, che con la figlia ebbe una rapporto quasi simbiotico di profondo amore e stima, la portò ancora piccolissima nel suo studio, si dice vestita con abiti maschili.

autoritratto della -tintoretta.jpgautoritratto.jpgCrescendo si dedicò ed eccelse anche nella musica e nel canto, esprimendo così un’artisticità poliedrica che la accomunò ad altre artiste veneziane, come ad esempio Rosalba Carriera. Certo Venezia era la fucina dell’arte, l’humus giusto per esaltare le capacità non solo maschili ma anche e forse sopratutto femminili in questo settore.

Crescendo ” la Tintoretta” divenne famosa presso la società veneziana ed i suoi nobili, che consideravano un privilegio farsi ritrarre dalla maestria di questa artista. Sicuramente collaborò il vecchio e il giovane.jpgalla realizzazione di alcuni quadri paterni, visto che Marietta aveva così assorbito la pittura paterna da poter rivaleggiare con lui.

Purtroppo però delle sue opere ci rimane “Il ritratto del giovane e il vecchio”, talmente vicino allo stile paterno  da rivaleggiarne come potenza, stile e profondità. Anche i suoi autoritratti, uno dei quali la ritrae con uno spartito in mano ed una spinetta accanto, (un modo di rappresentare sè stessa e le sue inclinazioni).

La sua arte venne apprezzata anche da corti Straniere come quella di Filippo II di Spagna e di Massimiliano II d’Austria, che la invitarono a lavorare presso quei regni, ma l’attaccamento quasi morboso che la legava al padre la convinse a non allontanarsi da Venezia.

ritratto di donna.pngautoritratto tintoretta.pngSi sposò con un gioielliere, Marco d’Agusta, da cui ebbe un figlio, Giacometto, la cui morte ad appena undici mesi la lasciò distrutta e senza alcuna velleità artistica. Si spense nel 1590, e venne sepolta nella meravigliosa chiesa °Gotica della Madonna dell’Orto, dove, dopo alcuni anni venne tumulato anche il padre, ormai vecchio…rimasti uniti così anche dopo la morte.

Storia struggente di un’artista di rare qualità, di una donna bella, intelligente e ricca di qualità che dovrebbe comunque essere ricordata un pò di più, ad onore delle donne veneziane, di tutte le donne che cercano di capire ed apprendere avidamente quanto di bello fa parte della ritratto della figlia Marietta del Tintoretto.pngTintoretto autoritratto.jpgMadonna dell'orto 1.jpgcultura, della bellezza e delle risorse che appartengono a qualsiasi donna!

 

Mar 22, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La Venezia del Medio Evo: la città del futuro secondo Le Courbusier

La Venezia del Medio Evo: la città del futuro secondo Le Courbusier

debarb.jpgjesolo.jpgLio Maggiore.pngConvento di S. Giorgio in -Alga.jpgLa laguna nell’anno mille , quando Venezia aveva già acquisito l’aspetto di una città stato, con i grandi centri di Rialto e S. Marco, già tracciati, arricchita di numerose chiese e palazzi , mentre nelle isole sorsero i grandi complessi conventuali dei benedettini, appare descritta come un vasto comprensorio agricolo, ricco di vigne ( spesso circoscritte da mura), mulini, pescherie, particolarmente nella zona dell’estuario nord, tra Jesolo e Lio Maggiore.

Estese furono le pinete lungo il litorale , e di queste rimane una traccia tra Jesolo e Cortellazzo: purtroppo una parte venne distrutta nei secoli per ottenere legname necessario per combustibile  e per la costruzione di edifici e di imbarcazioni.

Burchio.jpgAbbazia di S. Ilario a Fusina.jpgIl Brenta era il grande fiume della Laguna, anche dal punto di vista delle comunicazioni tra Venezia e Padova , tanto che si stabilì alle sue foci presso Fusina la grande abbazia di S. Ilario.

Lo stesso canale di S. Secondo tra Cannaregio e S. Giuliano ne costituiva probabilmente un suo ramo, infatti protava il nome di flumen e pure il  Canal Grande appare all’inizio come di origine fluviale.

4921_venezia_canal_grande.jpgCanale dei Marani.jpgInterventi sia fluviali che lagunari vennero posti in essere sin dall’anno 1000, con le costruzioni degli argini, lo scavo di canali e di “scomenzere” ( che uniscono artificialmente bacini separati)  anche se le vie d’acqua lagunari restarono tortuose come i “ghebbi” tra le barene, con il loro caratteristico andamento “vermicellare”.

Al centro di questo ambiente naturale si formò Ghebbi a Venezia.jpgScomenzere.jpgla città compatta nel suo tessuto urbano, con tutte le sue importanti funzioni economiche e sociali, connesse alla produzione di beni e di servizi, alle attività portuali e a qauelle di difesa, che si estesero in tutto il territtorio lagunare.

Quella vasta distesa di acque costituì lo spazio urbano essenziale per la città, ed una difesa naturale contro i nemici: le vere mura di Venezia.

vigne.jpgcarta della laguna di Sabbadino.jpgRiferendosi ai problemi connessi alla difesa idraulica della laguna il grande ingegnere Cristoforo Sabbadino parlò di mura invece che di laguna in un suo sonetto: “Quanto fur grandi le tue mura il sai, Venetia, hor come le s’attrovan vedi: e s’al periglio lor tu non provvedi, deserta e senza mura rimarrai. Li fiuli, l’mar e gl’huomeni tu hai che inimici….

Questa laguna allora appariva come un’enorme campagna, grandi orti e pescherie.

I veneziani infatti inventarono un nuovo tipo di città basato sulle differenziazioni e Venezia dall'alto.jpgtb_venezia%20dall'alto.jpgVENEZIA_INCISIONE.jpgsulle zonizzazioni delle funzioni urbane, separate da vie di traffico e spazi aperti: quella città che Le Courbusier definì la città del futuro.

Le Scuole di Venezia

270px-Scuola_nuova_della_Misericordia_%28fianco%29.jpg270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgA Venezia con il termine Scuola si intendeva sia un’antica istituzione di carattere associativo – corporativo, sia la costruzione stessa che tale corporazione ospitava.

Dall’undicesimo secolo si erano formate delle confraternite laiche che eleggevano un Santo protettore, ed alle quali aderivano cittadini di ceto medio.

Le corporazioni o confraternite dei nobili invece venivano chiamate Scuole Grandi.Nel 1261 la Repubblica istituì due magistrature, che oltre ad altri compiti, avevano anche quello di approvare le Mariegole, ossia gli atti istitutivi delle Scuole stesse.

mariegola in archivio storica.jpgmariegola.jpgA presiederle erano i Guardian Grandi, il Capitolo era l’organo che riuniva i confratelli, la Banca e la Zonta erano organi con incarichi direttivi, ed erano formati da quattordici persone circa.

Scuola Dalmata di SS Giorgio e Trifone.jpgEsistevano quindi le Scuole dei lavoratori stranieri, Albanesi, Dalmati, Schiavoni,Greci ed altri, che fornivano ai loro confratelli aiuti spiriturali e materiali nelle difficoltà.

Scuola Dal.jpgScuola dalmata.jpgLa Scuola Dalmata, per la completezza ed il buono stato di conservazione oltre che per la presenza della  Storia dei Santi Giorgio, Gerolamo e Tritone e due vicende evangeliche dipinte dal Carpaccio, si distingue per bellezza.

Mariegola della Scuola Grande dei Carmini.jpgmariegola -galeone.jpgMariegola della Scuola di S. Michele Arcangelo.jpgle mariegole.jpgMariegola dei bocaleri.jpgLe Scuola formate dagli artigiani, di alcune delle quali abbiamo già parlato,  la Mariegola era una sorta di albo professionale ( ad esempio la Scuola dei calegheri, dei mureri o muratori, dei battiloro (orafi).

Le Scuole Grandi invece si dedicavano per lo più alla devozione di un Santo, o alla Penitenza ( dei Battuti) e, dopo la metà del 400 la differenza di importanza venne sancita dal Consiglio dei Dieci. Le Scuole grandi infatti erano composte da nobili ricchi, ed erano finalizzate alla beneficenza e scritta.jpgall’assistenza, ed il notevole afflusso di denaro rendeva gli edifici ricchi di opere di pittori e scultori importanti come il Tintoretto (Scuola Grande di S. Rocco) Paolo Veronese (Scuola GRande di S. Marco, ora l’attuale ospedale dei SS. Giovanni e Paolo )e Jacopo Palma il Giovane, ed erano arricchite misticamente da reliquie.

Le Scuole dei Battuti ebbero un ruolo fondamentale nel sostenere gli sforzi bellici della Serenissima.

Nel XVI secolo si elencavano sei Grandi Scuole:

270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgScuola Grande id San Giovanni Evangelista.jpgScuola Grande di San Marco.jpgScuolas grande di S. Maria della Carità.jpgScuola Grande di S. Teodoro2.jpgScuola Grande di S. Teodoro, del 1258
Scuola Grande di S. Maria della Carità, del 1260
Scuola Grande di S. Marco del 1261
Scuola Grande di San Rocco.jpgScuola Grande di S. Giovanni Evangelista del 1261
Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia  del 1308
Scuola Grande di S. Rocco del 1478.

Secondo Marin Sanudo il Giovane (1466 – 1536) grande cronista dell’antica Venezia, le Scuole minori, veri laboratori di apprendistato dove si insegnavano i vari mestieri erano 210, altre fonti parlano addirittura di 400.

I regolamenti per la costruzione delle Scuole erano molto precisi, e gli architetti vi si dovevano assolutamente attenere: Il Palazzo doveva avere due grandi stanze, una a piano terra, dove si svolgevano le funzioni, e l’altra al primo piano, dove si riunivano i confratelli, e da questa stanza si poteva accedere attraverso una porticina alla stanza detta dell’Albergo, dove veniva conservata la Mariegola.

Scuola grandde ca.jpgscuola fdei Carmini.jpgScuoa Carmini.jpgCarmini.jpgUn discorso a parte per la Scuola Grande dei Carmini ( Confraternita dei Pizzoccheri dei Carmini) che ebbe vita travagliata per la costruzione dell’edificio, certo non una delle migliori opere del Longhena, del 1594, ma che ebbe il sospirato ricoscimento dal Consiglio dei Dieci nel 1767, anche per merito di uno dei più bei quadri mai dipinti da Tiepolo: la Madonna del Carmelo che consegna lo scapolare al Beato Simone Stock.

Le Schole erano quindi le sedi delle corporazioni, con regole precise, ed erano alla base della vita di questa città Stato fondata sull’opera ed il lavoro degli artigiani, veri artisti, che furono gli artefici della sua bellezza e ricchezza, in armonia con i mercanti che procuravano   merci e materiali pregiati che la resero internazionale ed aperta alle idee di importanti scenziati, artisti ed intellettuali italiani ed europei, in un fervore di idee e conoscenza.

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