Alla scholetta dei Calegheri a Venezia “Le maternità possibili”.

scoleta dei calegheri.png6579_-_Venezia_-_Madonna_della_Misericordia_(sec__XIV)_-_Scoleta_dei_calegheri_-_Foto_Giovanni_Dall'Orto,_8-Aug-2004.jpgVenezia è una città fortunata e ricca di palazzi e luoghi da adibire a diversi scopi; parlo ora dalla Scoletta dei Calegheri, in Campo S. Tomà a S. Polo.

 

La scuola era la sede della congregazione dei calegheri (calzolai), e conserva in sè ancora resti di affreschi del quindicesimo secolo, cone l’Annunciazione e i Santi. All’esterno notevole è il bassorilievo del Lombardo, del 1478, rappresentante S. Marco che guarisce S.amiano, patrono dei calzolai.

 

La scultura inoltre della Madonna della Misericordia bossorilievo del Lombardo.jpgimmagine di calzatura sul portale della scoletta dei calegheri.jpgsovrasta un portale in cui sono scolpite delle calzature.

 

Ora questa è diventata la sede della biblioteca di quartiere e luogo di convegni dedicati a conferenze. E proprio martedì 6 dicembre prossimo verrà presentato un libro a cui mi onoro di aver partecipato come coautrice assiene ad altre donne importanti e no: Alda Merini ad esempio, o persone appunto come invito a Venezia.jpgMaternità Possibili.jpgme, ma tutte legate al tema della maternità: vissuta, non vissuta, voluta o non accettata: ma sempre e comunque un elemento sostanziale dell’essere donna, che vuol dire accoglienza, generosità, voglia di farsi coinvolgere, o essere solo e comunque madri di sè stesse.

 

Tutto questo per mezzo della capacità e della volontà di due donne straordinarie, come Emilia Miraztchijska e Rayna Castoldi che hanno raccolto esperienze, testimonianze, pensieri o altri modi di concepire questa parte essenziale delle donne di diverse nazionalità , tutte accomunate dal fatto che le donne sono tali in tutte le latitudini.

 

Maternità possibili 1.jpgVi ringrazio per la pazienza e spero che, chi ne abbia l’opportunità, possa ritrovarsi ad ascoltare e a discutere insieme di questo affascinante ed essenziale argomento che è alla base della vita.

Nov 29, 2011 - Luoghi, Mestieri, sport, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su La caccia in Laguna a Venezia ed i noccioli di ciliegia.

La caccia in Laguna a Venezia ed i noccioli di ciliegia.

archibugio.jpgA Venezia era molto diffusa la caccia in laguna, per cui gli archibugi erano largamente utilizzati da ricchi e poveri. L’unica differenza tra le due categorie era il costo del piombo: i nobili e ricchi potevano acquistare le “palle di piombo” dei vari calibri per le pistole, gli schioppi a pietra focaia ad avancarica e per i moschetti.

Le armi ed i proiettili venivano acquistati presso le “Armerie” controllate dalla “Quarantia Criminal” (l’attuale Polizia di Stato) e registrati come laguna%20venezia-300.jpgcaccia inb laguna 1.jpgLA%20caccia%20in%20Laguna.jpgproiettili.jpgacquisto di proprietà individuale: durante il periodo di caccia, visto il largo consumo, i nobili potevano far colar il piombo per le munizioni, contrassegnandole con un apposito stampino personale.

Ma i poveri, che ben potevano ricavare dalla caccia, venuti in uomo con moschetto.jpgnoccioli di ciliegia.jpgpossesso di un’arma da fuoco ma non avendo la possibilità di acquistare le munizioni si ingegnarono alla grande: ebbero la geniale idea di creare proiettili dai noccioli di ciliega, ben puliti ed idonei per “calibro” ad essere utilizzati con la polvere da sparo.

palle%20archibugio.jpgproiettili in terracotta.jpgIl nocciolo molto duro della ciliegia divenne quindi il più economico ed il meno controllabile da parte della Quarantìa Criminal. Per le cacce in laguna si crearono quindi noccioli di ciliegia, proiettili in terracotta, per i calibri più grandi gli ossi delle pesche, normalmente utilizzati per lo schioppo, denominato in dialetto “schioppeton”.

Il fucile, che assomigliava molto all’archibugio, lungo fino a 2,70 metri veniva posizionato e ben legato alla prua della barca, aveva un avancarica con una grossa canna, all’estremità era a tromba, con l’accensione a miccia o a pietra focaia. Per caricarlo serviva polvere nera e poi una gran quantità di proiettili o di terracotta, o noccioli di ciliegia o di pesca o di sassi.

Disegni-Caccia-in-Laguna.jpgcacciatore.jpgIl suo sparo era micidiale per il bersaglio a peli d’acqua per la caccia palustre. Dalle descrizioni storiche con un colpo di schioppeton ben mirato si poteva uccidere un intero stormo di anatre, arrivando a raccogliere da un minimo di quindici ad un massimo di trenta volatili.

Per i ricchi e nobili la caccia era un divertimento, mentre per i poveri era un modo come un altro per sbarcare il lunario: come si suol dire la fame aguzza l’ingegno, per cui per loro questa attività diventava veramente una necessità e non certo uno sport …l’unica scusa reale per arrivare ad uccidere delle creature libere ed indifese.

 

 

Le prime camere oscure a Venezia e i vedutisti: meraviglioso Canaletto

Carlevaris.jpgNel 1700 nasce a Venezia, legata all'”epoca dei lumi” una modifica sostanziale della pittura: la veduta. Fra i vari indirizzi della pittura veneziana del 700  nasce dal proposito di un’osservazione più intima ed immediata della realtà, e per primo Luca Carlevaris (1663-1729) fece uso della “camera oscura”.

Carlevaris, ritenuto insigne matematico  “mathematicae cultor egregius”nel suo ardore scientifico di ricerca.

La camera oscura era un apparecchio molto carlevaris-carlevarijs-luca-ca-le-fabricche-e-vedute-di-venez-1885493.jpg02-01_camera2.jpgrudimentale eseguito sui principi di quella che sarebbe stata in futuro la macchina fotografica, per ottenere mediante un gioco di specchi la visione prospettica il più possibilmente esatta.

La “veduta” del settecento nasce dall’antica predilezione del paesaggio che è costante lungo tutto il corso della pittura veneta; basta pensare alla Madonna di Giovanni Bellini , di Giorgione o di Tiziano senza un particolare camera oscura.giftaglio paesistico, che conserva dei precisi caratteri nell’incontro tra figura e ambiente naturale . In questa concezione tipica dell’epoca rinascimentale e barocca la figura umana è predominante, mentre il paesaggio assume il valore di una partecipazione corale della natura al significato umano e religioso dell’intera visione del quadro.

La “veduta” nasce come documento della realtà e cerca di cogliere una Carlevaris.jpgcarlevaris-carlevarijs-luca-ca-venice-a-view-of-the-molo-with-1144144-500-500-1144144.jpgillimitata profondità panoramica suggerita dalla illusione ottica della prospettiva, mentre la stessa figura umana è assorbita e diventa un modulo di misura della vastità spaziale ( P. Zampetti : i vedutisti veneziani nel 700″, catalogo della mostra a Venezia nel 1967).

Nel 1703 Luca Carlevaris pubblica un bel volume di centoquattro incisioni all’acquaforte di vedute veneziane : “Fabbriche veneziane ” che costituiscono 1586-piazza-san-marco-with-jugglers-luca-carlevaris.jpgMarco °ricci 1.jpgun documento prezioso per la città e per la storia della pittura veneziana del settecento. Il paesaggio di Venezia si presenta sotto angoli visuali diversi come pagine di un lungo racconto in cui partecipano le feste, i ricevimenti , le regatr, le partenze e gli arrivi del Bucintoro nel bacino di S. Marco.

Di poco posteriore è il bellunese Marco Ricci (1676-1730) nipote di Sebastiano Ricci. Qui al paesaggio Marco ricci.jpgMarco ricci 1.jpgsi aggiungre la passione per le antichità romane e le memorie che esse suscitano attraverso i monumenti. Le rovine classiche appaiono assieme al paesaggio in un’unità tra uomo ed evocazione della storia, frammenti palpitanti di vita inseriti nella natura.

Ma il vedutista simbolo di Venezia è Antonio Canaletto, che nasce nel 1697, soggiorna a Roma tra il 1719 e il 1720, poi dipinge le prime canaletto 1.jpgvedute che vanno moltiplicandosi per ordinazioni del console inglese Joseph Smith, e personaggi della nobiltà inglese. Dal 1740 al 1744 esegue le celebri incisioni, dal 1746 al 1753 soggiorna a lungo in Inghilterra, dove i suoi quadri ottengono grasnde successo.

Dal 1753 al 1768, anno della sua morte, risiede a Venezia ed è proprio durante quest’epoca che le sue vedute sono riprese da Francesco Guardi.

“Quanto al Canaletto”, scrisse Charles de Brosses nelle Lettere Familiari del 1739,” la sua specialità è di Canaletto 4.jpgCanaletto,_San_Cristoforo,_San_Michele_and_Murano.jpgdipingere le vedute di Venezia, e in questo genere supera supera tutto ciò che è mai esistito. La sua maniera è luminosa, gaia, viva, trasparente e mirabilmente minuziosa.”

La sua opera va osservata tutta insieme, pittura, disegno, incisione, per intendere la varietà e l’unità dei motivi, di tecniche, di esperienze che gradualmente e con sorprendente sicurezza conducono l’artista a questa nitidezza di visione così assoluta, specie CANALETTO.jpgCanaletto_(1697-1768),_Venezia,_campo_Santi_Giovanni_e_Paolo,_1741.jpgper quella felicità solare che egli sa dare alla veduta nelle angolature più diverse.

Venezia, nella tavolozza di Canaletto assume un aspetto ideale, illuminata da una luce tersa, lucida e penetrante in un’astmosfera che sembra purificata da una potenza nascosta che ha illimpidito ogni cosa, rese più espressive e ancor più incidenti le ombre , più largo e dispiegato l’arco del cielo.

canaletto_bucintoro.jpgPassano sotto i nostri occhi le sue immagini della laguna, di S. Marco, della riva degli Schiavoni, di S. Giorgio, del Canal Grande, della Salute, del Palazzo ducale, campi, palazzi, chiese, feste, regate, mercantili, botteghe, tutto immerso in questa incantata luce.

Nel 1700 nasce a Venezia, legata all'”epoca dei lumi” una modifica sostanziale della pittura: la veduta. Fra i vari indirizzi della pittura veneziana del 700  nasce dal proposito di un’osservazione più intima ed immediata della realtà, e per primo Luca Carlevaris (1663-1729) fece uso della “camera oscura”.

Carlevaris, ritenuto insigne matematico  “mathematicae cultor egregius”nel suo ardore scientifico di ricerca.

La camera oscura era un apparecchio molto rudimentale eseguito sui principi di quella che sarebbe stata in futuro la macchina fotografica, per ottenere mediante un gioco di specchi la visione prospettica il più possibilmente esatta.

canaletto-regatta.jpgLa “veduta” del settecento nasce dall’antica predilezione del paesaggio che è costante lungo tutto il corso della pittura veneta; basta pensare alla Madonna di Giovanni Bellini , di Giorgione o di Tiziano senza un particolare taglio paesistico, che conserva dei precisi caratteri nell’incontro tra figura e ambiente naturale . In questa concezione tipica dell’epoca rinascimentale e barocca la figura umana è predominante, mentre il paesaggio assume il valore di una partecipazione corale della natura al significato umano e religioso dell’intera visione del quadro.

La “veduta” nasce come documento della realtà e cerca di cogliere una illimitata profondità panoramica suggerita dalla illusione ottica della prospettiva, mentre la stessa figura umana è assorbita e diventa un modulo di misura della vastità spaziale ( P. Zampetti : i vedutisti veneziani nel 700″, catalogo della mostra a Venezia nel 1967).

carlevaris-carlevarijs-luca-ca-le-fabbriche-e-vedute-di-venez-1765357-500-500-1765357.jpgNel 1703 Luca Carlevaris pubblica un bel volume di centoquattro incisioni all’acquaforte di vedute veneziane : “Fabbriche veneziane ” che costituiscono un documento prezioso per la città e per la storia della pittura veneziana del settecento. Il paesaggio di Venezia si presenta sotto angoli visuali diversi come pagine di un lungo racconto in cui partecipano le feste, i ricevimenti , le regatr, le partenze e gli arrivi del Bucintoro nel bacino di S. Marco.

Di poco posteriore è il bellunese Marco Ricci (1676-1730) nipote di Sebastiano Ricci. Qui al paesaggio si aggiungre la passione per le antichità romane e le memorie che esse suscitano attraverso i monumenti. Le rovine classiche appaiono assieme al paesaggio in un’unità tra uomo ed evocazione della storia, frammenti palpitanti di vita inseriti nella natura.

Guardi.jpgMa il vedutista simbolo di Venezia è Antonio Canaletto, che nasce nel 1697, soggiorna a Roma tra il 1719 e il 1720, poi dipinge le prime vedute che vanno moltiplicandosi per ordinazioni del console inglese Joseph Smith, e personaggi della nobiltà inglese. Dal 1740 al 1744 esegue le celebri incisioni, dal 1746 al 1753 soggiorna a lungo in Inghilterra, dove i suoi quadri ottengono grasnde successo.

Dal 1753 al 1768, anno della sua morte, risiede a Venezia ed è proprio durante quest’epoca che le sue vedute sono riprese da Francesco Guardi.

Charles_de_Brosses_Comte_de_Tournai_et_de_Montfaucon_by_Charles-Nicolas_Cochin.jpg“Quanto al Canaletto”, scrisse Charles de Brosses nelle Lettere Familiari del 1739,” la sua specialità è di dipingere le vedute di Venezia, e in questo genere supera supera tutto ciò che è mai esistito. La sua maniera è luminosa, gaia, viva, trasparente e mirabilmente minuziosa.”

La sua opera va osservata tutta insieme, pittura, disegno, incisione, per intendere la varietà e l’unità dei motivi, di tecniche, di esperienze che gradualmente e con sorprendente sicurezza conducono l’artista a questa nitidezza di visione così assoluta, specie per quella felicità solare che egli sa dare alla veduta nelle angolature più diverse.

Venezia, nella tavolozza di Canaletto assume un aspetto ideale, illuminata da una luce tersa, lucida e penetrante in un’astmosfera che sembra purificata da una potenza nascosta che ha illimpidito ogni cosa, rese più espressive e ancor più incidenti le ombre , più largo e dispiegato l’arco del cielo.

canaletyto 1.jpgPassano sotto i nostri occhi le sue immagini della laguna, di S. Marco, della riva degli Schiavoni, di S. Giorgio, del Canal Grande, della Salute, del Palazzo ducale, campi, palazzi, chiese, feste, regate, mercantili, botteghe, tutto immerso in questa incantata luce.

 

Prendersi a pugni sul ponte

7-Ponte dei Pugni.jpg

Desidero accompagnarvi in un ipotetico percorso   lungo il sestiere  di  S.Croce, uno dei sei che formano la città. Gli altri sono Dorsoduro, S. Polo, Cannaregio, S. Marco  e Castello. I sestieri sono rappresentati a prua delle gondole come il pettine formato appunto da sei punte. Da Piazzale Roma proseguiamo verso i Tolentini, e con tranquillità, si arriva in Campo S. Barnaba  (proprio vicino ad una sede dell’università di Cà Foscari).

Siamo a Dorsoduro: eccoci quindi arrivati alla prima curiosità. Un ponte, sembra uno qualsiasi ma qualsiasi non è . Fino a qualche tempo fa era privo di spallette, e la sua sommità sembra un ring ai quattro lati sono impresse delle orme di piedi, dove venivano raffigurate, in un vero incontro di box. le postazioni dei contendenti. Non è l’unico ponte di questo tipo, ma è comunque un esempio della pragmatica lungimiranza del governo della Serenissima.

I membri dei vari sestieri covavano spesso inimicizie, invidie e diatribe con i componenti di altri sestieri: in questo caso erano i Castellani che non riuscivano sicuramente ad accordarsi con i nicolotti-

 Facile quindi prendere fuoco per una frase mal riferita, per una provocazione, ma, visto che l’omicidio era condannato8-Orma del Ponte dei Pugni.jpg con la pena di morte, i Dogi avevano scovato un rimedio giusto per tutti i mali: due contendenti di un Sestiere e due dell’altro si mettevano in postazione, i piedi posti sopra le orme scalfite sulla pietra e poi via, scazzottate a tutto spiano, che un po’ alla volta coinvolgevano anche trecento, quattrocento persone.

Essendo il ponte sprovvisto di spallette, chi veniva colpito in modo netto finiva in acqua, ma senza farsi male, perché il canale veniva costantemente dragato in modo che la nuotata contribuisse a ridare un po’ di lucidità ai contendenti, fino a quando, soddisfatti tutti, la disputa veniva dichiarata conclusa. Era un sistema molto saggio per far sfogare i livori senza violenze vere e proprie, in una città in qualche modo molto piccola, dovecomuque tutti dovevano e si sentivano chiamati a collaborare per la sua vita e per il suo splendore.

9-Stampa del Ponte dei Pugni.jpg
Nov 10, 2011 - Architettura, Arte, Chiese, Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

CANALETTO.jpgI metodi costruttivi di Venezia come quelli distributivi sono diretta conseguenza della particolare topologia della città, della sua doppia viabilità (acquea e terrestre) e della speciale organizzazione sociale e politica della Serenissima. Tutti questi fattori sono rimasti pressochè inalterati nel tempo.

Per giustificare questa permaanenza attraverso i secoli occorre far presente altri due fattori: uno consiste nella difficoltà e nel conseguente alto costo per il trasporto alla città dei materiali da costruzione, l’altro è il carattere alieno dagli sprechi e qualche volta tenacemente conservatore dei veneziani; i due fattori sono in parte conseguenza l’uno dell’altro.

Grado.jpg001ItaliaVeneziaTorcello.jpgPer edificare Venezia sono stati portati non solo tutti i materiali occorrenti, ma all’inizio sono stati adottati anche i metodi costruttivi già sperimentati in altri centri lagunari che hanno formato nel medio evo il Ducato Veneto (Grado, Caorle, Jesoplo, Torcello, Malamocco, Chioggia) . Da questi centri più antichi della Repubblica sono giunti, assieme alle popolazioni, anche dei materiali di recupero e addirittura intere parti costruttive o deorative, come capitelli, colonne,  architravi etc. che formavano edifici costruiti altrove.

Cansiglio.jpgMontello.jpgCome dice E. Bassi, Venezia è una città  nata adulta, e tutto ciò che è stato usato per la sua costruzione è stato portato da altre località spesso molto lontane: il legname per gli edifici e per le navi veniva dalla foresta del Cansiglio e del Montello, in seguito anche dal Cadore e addirittura dalla Dalmazia.

L’argilla per i mattoni, le tegole e altri elementi Colli Euganei.jpgburchi sul Brenta.jpgBurchio.jpgin terracotta veniva dalle cave della terra ferma e veniva cotta all’interno della città: vicino alla Salute si trovano ancora Calle della Crea (calle della fondamenta della foirnace 1.jpgFondamenta della Fornace.jpgcreta)e Rio e Fondamrnta della Fornase (della Fornace). La sabbia silicea veniva trasportata, come accade tutt’ora sui ” burchi ” delle grosse imbarcazioni che navigavano lungo il fiume Brenta.

La pietra da taglio era di due tipi: il marmo rosso di Verona (dal XIV al XV secolo),e la pietra d’Istria che era estratta nella zona di Rovigno. In seguito , per i masegni, venne utilizzata la trachite o selce Canale dei Marani.jpgproveniente dai colli euganei. Altri marmi di uso comune erano il grigio  del Carso ed il marmo greco.

Dall’Istria e dal Carso provengono anche i grossi massi usati per la costruzione dei Murazzi e di tute le altre difese alberoni_murazzo.jpgmurazzi.jpglitoranee: queste pietre venivano trasportate costeggiando il litorale adriatico e percorrevano i canali interni della laguna con barche dette ” Marani” (dalla località di Marano sulla laguna di Grado); vi è ancora il Canale dei Marani tra Murano e Venezia.

I metalli come il ferro ed il rame provenivano dalle montagne e da località come Feltre ed Agordo.

muri romani a Venezia.jpgaltinelle come pavimentazione.jpgPalazzo_Michel_delle_colonne_VE.jpgIn una città in cui tutto veniva importato tutto veniva utilizzato e se necessario riutilizzato, seppure con qualche adattamento.Si può notare infatti come certi materiali siano stati reimpiegati in costruzioni di epoche successive, anche più volte a distanza di secoli. E’ il caso dei piccoli mattoni romani, le “altinelle” provenienti da Altino.

venezia_palazzo_giustiniani.jpgVenezia-Palazzo_Malipiero.jpgAlcuni edifici tra i più importanti sono stati riedificati sopra vecchie fondamente e con planimetrie sostanziamente invariate, come ad esempio Palazzo Michiel, Palazzo Giustinian e Palazzo Malipiero, tutti affacciati sul Canal Grande, e  edifici sacri come 250px-Venice_-_Chiesa_di_S__Maria_Formosa_01.jpggiovanni_crisostomo.jpgsan-polo12.jpgla stessa basilica di S. Marco, le chiese di S. Maria Formosa, S. Giovanni Crisostomo, S. Polo, S. Sofia, ecc.

Venezia, una Repubblica ed una città nata già antica, in un miracolo di varie tecniche, conoscenze, capacità e forte volontà dei veneziani che di questo miracolo hanno fatto un luogo fiabesco, quasi sospeso sulla sua laguna e meravigliosamente e riccamente decorata, unica al 4943_venezia_chiesa_di_santa_sofia_torcello.jpg5680_venezia_chiesa_di_s_eufemia_giudecca.jpgmondo.

 

Le streghe a Venezia nei ricordi di Giacomo Casanova

Casanova 1.jpgA otto anni iniziò per il piccolo Giacomo un periodo particolare: andava soggetto ad epistassi, tanto che nella sua autobiografia descrisse il primo ricordo della sua vita: “ero in piedi all’angolo della stanza. curvo verso il muro, e mi sostenevo la testa tenendo gli occhi fissi sul sangue che, uscendomi  copiosamente dal naso, finiva ruscellando a terra.”

La nonna Marzia che adorava questo suo primo nipote, gli lavò il viso con l’acqua fredda e, all’insaputa della famiglia, lo fece salire su di una gondola che si diresse a Murano (isola importante per Giacomo in cui trovò un amore che ricordò per tutta la vita verso una suora del convento, a cui si aggiunse un’altra consorella).

Arrivati a destinazione entrarono in una casupola in cui trovarono una vecchia Casanova.jpggatti jneri.jpgseduta su un lettuccio tenendo un gatto nero in braccio ed altri cinque o sei intorno a sè. Per il piccolo Giacomo era evidentemente una strega. Nonna Marzia e la vecchia si misero a parlare tra loro fittamente in friulano.

Gli occhi sgranati e la prima curiosità verso l’occulto spinsero Giacomo ad osservare con attenzione ed anche con un Casanova-1.jpgstreghe 1.jpgpò di timore l’ambiente e le facce: dopo aver preso un ducato d’argento dalla nonna la fattucchiera lo prese in braccio e lo depose dentro una cassa di legno, che poi richiuse, raccomandandogli di non aver paura.

Impaurito e tremante il piccolo Giacomo cercò di mettersi tranquillo, continuando comunque ad asciugare con un fazzoletto il sangue che continuava a sgorgare dal suo naso mrentre da fuori provenivano rumori strani: ora risa, ora urla , pianti, canti ed il suono di qualcosa che sbatteva sulla cassa; poco dopo il coperchio si aprì e il bimbo venne fatto alzare, mentre il sangue sembrava finalmente bloccato.

streghe 2.jpgstreghe 5.jpgLa “strega” spogliò Giacomo e lo mise sul letto,poi bruciò diverse erbe e ne raccolse il fumo con dei  panni con cui lo avvolse mentre recitava degli scongiuri: quindi gli fece mangiare cinque confetti dal gradevole sapore, gli massaggiò la fronte, le tempie e la nuca con un unguento dal delicatissimo profumo.

Una volta conclusa la procedura la vecchia gli annunciò che non avrebbe più avuto episodi di quel tipo a patto che non raccontasse a nessuno quell’esperienza, anzi, se avesse svelato quel segreto sarebbe morto dissanguato, il che al piccolo Giacomo creò una terribile paura.

streghe.jpgstreghe_04.jpgAl momento di uscire la fattucchiera gli annunciò la visita, per quella notte, di una bellissima dama e che questa sarebbbe stata artefice della sua fortuna sempre che il segreto rimanesse tale.

Non appena giunto a casa, stordito e spossato Giacomo andò a letto, e si addormentò immediatamente: dopo qualche ora il suo sonno venne interrotto dai rumori che provenivano dal camino: ed ecco che agli occhi sbalorditi del bimbo apparve, scendendo appunto dal camiuno, una bellissima donna con una grande crinolina, splendidamente abbigliata, con una corona in testa streghe3.jpgstreghe5.gifimpreziosita da pietre preziose che sembrava scinitillassero come faville di fuoco. Essa avanzò lenta e si sedette sul bordo del letto del bambino sbalordito, quindi, vuotando delle scatolette sulle sua testa gli parlò in modo incomprensibile, quindi lo baciò e poi svanì.

Al risveglio mattutino la nonna raccomandò ulteriormente il silenzio al nipote, pena la sicura morte …e questo rimase un segreto tra il piccolo Giacomo e nonna Marzia che si estinse solo con la morte della vecchia, seguita e consolata fino all’ultimo dal giovane Casanova che tanto l’aveva amata.

streghe6.jpgPiccole storie misteriose di un Venezia del mistero, della stregoneria e della magia: Venezia e la magia, complementari a questa città codsì onirica, spudoratamente bella ed altrettanto carica di malìa.

 

 

 

 

 

 

I cicisbei veneziani, e l’amore a Venezia nel 700

Cicisbeo di Longhi.jpgI cicisbei o Cavalieri Serventi furono un fenomeno soprattutto italiano, molto criticato dagli stranieri, tra i quali Montasquieu , che visitando l’Italia nel 1728 ebbe a scrivere: ” non vi ho parlato dei cicisbei, è la cosa più ridicola che un  popolo stupido abbia potuto inventare; sono degli innamorati senza speranza, delle vittime che sacrificano la loro libertà alla dama che hanno scelto”.

Dall’alto della sua tracotanza Montasqiueu non aveva capito nulla del ruolo dei cicisbei, almeno nella Venezia tra il 1600 e oltre il 1700.

Non aveva capito, il grande pensatore, la funzione e le opportunità di cui poteva avvalersi il Cavalier servente stesso, la dama ed il suo legittimo marito, anche se il Goldoni, specialmente nella sua “Bottega dell’antiquario” ironizza su questa figura.

Damina_e_Cicisbeo.jpgNato come cavaliere  in grado di proteggere una donna nelle sue uscite il cicisbeo era un figlio della Nobiltà ed Aristocrazia Veneziana, ma figlio cadetto, per cui l’opportunità di far parte della Società, anche senza possedere denaro (l’eredità andava tutta al primogenito), era legata alla frequentazione con tale ambiente che poteva assicurargli una futura sistemazione.

PoussinArcadia.jpgL’accompagnatore veniva scelto in una cerchia di parenti od amici di pari censo, ed il suo nome veniva spesso indicato sul contratto di matrimonio. Il suo compito era quello di seguire la sua dama fin dal mattino, presenziando alla sua toletta del mattino, accompagnandola a passeggiare, trattenerla con la recita di versi o di musica. Spesso tali versi erano tratti dalla letteratura Italiana legata all’Arcadia: secondo la mitologia greca l’Arcadia del Peloponneso era un possedimento di Pan, la deserta e vergine casa del dio della foresta e la sua corte di Driadi, ninfe e spiriti della natura. Viene spesso identificata come un paradiso terrestre abitato solo da entità sovrannaturali, per cui immortali.

Il cicisbeo di Pietro Longhi.jpgIl Cicisebo di Pietro Longhi.jpgCasanova, nella sua autobiografia accenna spesso a recite di brani di autori come Gian Vincenzo Gravina, Francesco Petrarca e Pietro Metastasio (pseudonimo grecizzato di Pietro Trapassi), recite che si svolgevano come interludi di amplessi con donne colte e letterate.

A tavola il Cicisbeo sedeva accanto alla sua dama, le tagliava la carne, o la sera la accompagnava al tavolo da gioco.

In questa relazione tra dama e cicisbeo, apparentemente, non poteva esistere l’amore o altro, ma una galanteria ed una cura continua di un uomo che (secondo le vecchie consuetudini degli antichi cavalieri) porgeva alla dama del suo cuore…nulla più; qui di seguito trascrivo le indicazioni di comportamento del cicisbeo:

“A’ verso miei l’orecchio, et odi di quale cura al mattino tu debbi aver di lei, che spontanea o pagata a te donossi: Per sua donna qual di lieto che a parole certe, non sente testimoni, furono a vicende connesi i patti santi, e le condizioni di caro nodo”.

Giacomo Casanova.jpgNaturalmente, considerato che diversi matrimoni venivano combinati, non è da escludere che la dama ed il cicisebo intrecciassero una relazione d’amore tra loro, con il silenzioso beneplacito del marito, che aveva via libera per intrecciare altre relazioni: comunque sia, rimaneva salda l’integrità del matrimonio e soprattutto delle proprietà familiari.

Tra i cicisbei una buona parte furono abati (anche Giacomo Casanova, nella sua prima giovinezza divenne abate), ed alcuni di loro , per alleviare la noia degli obblighi monastici, si interessarono ad alcune monache.

Nei monasteri benedettini, specialmente, dove le figlie di famiglie nobili erano destinate ai voti, si svilupparono relazioni con abati e anche con persone esterne. Infatti, dalla descrizione di uno di questi monasteri lasciataci dall’abate guardi_parlatorio1.jpgPizzicchi,parlando del monastero benedettino ebbe a dire: “esse vestono leggiadrissime vesti, con abito bianco alla francese, il busto di bisso a piegoline, velo piccolo cinge loro la fronte, sotto il quale escono i capelli, arricciati e mirabilmente accomodati; seno mezzo scoperto e tutte insieme abiti da ninfa che da suora”.

Rievocando sempre Giacomo Casanova, nota fu la sua relazione con la famosa MM, suora del convento di Murano. Destini tristi di persone che non avevano alcuna intenzione di vestire abiti talari e monacali, la laicità stessa di Venezia, l’atmosfera che in questa città è sempre stata unica, magari vittima qualche volta di alcune ipocrisie, ma città viva, con persone vive…che consumavano i loro amori  tra i Palazzi e le gondole coperte dal loro felze, portando avanti una gioia di vivere, inizio, purtroppo della decadenza!!

 

 

Venezia e la sua edilizia popolare del 500: le prime case a schiera!

Sestiere-CastelloVenezia-a23591478.jpg250px-Ca'_d'Oro_facciata.jpgUno dei riflessi più importanti del 500 nell’urbanistica veneziana furono le case a schiera che raccoglievano un gruppo d appartamenti costruiti per diverse famiglie che si impose con una modernità di concezione. La struttura e la razionalità di queste case in serie supera per interesse architettonico la costruzione del grande palazzo classico modellato da secoli  sullo schema dell’antica pianta del salone centrale e dei vani laterali in una sistemazione suggerita dalla vecchia casa foindaco,ma posta sempre lungo un canale.

250px-PCà d'oro 1.jpgEssa sorgeva sull’acqua nella ornata modulazione degli elementi costruttivi, come appare in uno degli esempi più illustri, la Cà d’oro, sul Canal grande.

A questa casa , immaginata nell’eleganza lineare e decorativa che si scioglie nel colore, propria degli stili bizantino e gotico , viene a sostituirsi la necessità  della città e al suo carattere unitario.

Le case in serie moltiplicavano lo spazio in vari piani in un serarato blocco di vani interni: esse furono frutto di uno spirito di collaborazione e di vita comunitaria suggerite già alla fine del trecento dalle “scuole>” , grandi o img214.jpgimg215.jpgpiccole di aspirazione assistenziale o corporativa di lavoro:

L’edificio divenne per esigenze sociali  una costruzione più complessa e articolata per singoli nuclei familiari, fatta il più delle volte con sovvenzione dello Stato o delle “Schole Grandi”: Caratteristiche sono ad esempio le case a schiera di Proprietà di S. Rocco, o della  Schola della carità, che portano bene in mostra lo stemma delle confraternite.

Ciò che distingue subito a prima vista queste dalle altre case costruite dal governo , o da facoltosi mercanti che trovarono nella costruzione un redditizio impiego.sono  le piante di questi edifici in cui si nota  una  razionale distribuzione degli spazi interni rispetto alla indipendenza degli ingressi e delle scale che conducono ai vari appartamenti.

campo-ghetto-nuovo.JPGghetto 2.jpgTra le più interessanti case costruite in serie nel seicento vi sono quelle edificate nel ghetto, in cui raggiungono anche otto piani di altezza in una fitta sequenza di finestre tra i piani relativamente bassi, per guadagnare spazio . In questo campo le case veneziane, alcune più alte e altre più bassde, creano un delizioso effetto scenografico.

Nella convivenza a volte dura della Serenissima con la sua laguna una giusta e razionale edificazione divenne un elemento determinante per la giusta vivibilità di questa città che ghetto.jpgghetto2.jpgGhetto_di_Venezia_4.jpgancora conserva, vive ed abitate, queste dimore, che nei piani alti si riempiono di luce e di bagliori riflessi dall’acqua da cui Venezia sembra ergersi, come venere dalla sua conchiglia.

Ott 18, 2011 - Mestieri, Società veneziana, tecnologia    Commenti disabilitati su La politica sanitaria a Venezia: esempio di lungimiranza e modernità.

La politica sanitaria a Venezia: esempio di lungimiranza e modernità.

620-LAZZARETTO-NUOVO.jpgTezonGrande.jpgLa Repubblica di Venezia pose sempre una estrema attenzione alla situazone igienica e sanitaria della popolazione, mediante un attento controllo delle navi, merci e stranieri che venivano fatti stazionare nell’isola del Lazzaretto Nuovo e qui, si provvedeva a misure di disinfezione sia delle persone che delle merci,( anche se nonostante queste misure si verificarono due grandi epidemie di peste).

rio a Venezia.jpg

Il governo veneziano incoraggiava l’istituzione di impianti ospedalieri che talvolta assunsero destinazioni funzionalmentre specializzate.  Naturalmente per le case di Venezia le condizioni igieniche dell’agglomerato urbano venivano facilitate da una specie di  lavaggio nasturale dato dal flussoi e riflusso della marea lunbgo la fitta rete di rii e canali interni : questo fenomeno veniva tenuto in efficienza provvedendo al periodico scavo dei canali, per cui venivano destinati fondi impegnativi.

pozzo.jpgacquaroli.jpgEra inoltre favorita la costruzione e la manutenzione di pozzi che venivano installati in ogni campo o corte, e quando c’era siccità venivano riforniti di acqua dolce proveniente dai fiumi della vicina terraferma trasportata per mezzo di speciali barconi .

Nel campo specifico delle scienze mediche e naturale vennero pubblicati dall’editoria veneziana del 500 numerosi trattati che risveglavano l’interesse e la necessità di informazioni sulla materia stessa. Studi di anatomia venivano svolti a Venezia fin dal 1368; nei pressi di S. Giacomo dell’Orio la corte e il pontre dell’Anatomia indicano ancor oggi dove fosse ubicata la ponte dell'anatomia 1.jpgPonte dell'anatomia.jpgsede degli studi ed esperimenti, e nel 1507 fu costruito un vero e proprio teatro anatomico tra i più antichi d’Europa.

immagine dal ponte dell'anatomia.pngUn vicino edificio fu sede del “Collegio dei Medici”, e questo testimonia come in quella località fossero venute concentrandosi gran parte delle istituzioni di interesse medico.

Ponte delle Tette 1.jpgAnche il fenomeno della prostituzione veniva attentamente sorvegliato dalle autorità delimitando le zoner cittadine la cui denominazione toponomastica ancora oggi porta il ricordo di tale sorveglianza: il ponte e la calle delle tette a S. Polo, e qui le prostitute esibivano il proprio corpo col preciso scopo di attirare i marinai e gli stranieri, sostenute in questo dalle massime autorità che pensavano in quel modo di frenare la piaga dell’omosessualità diffusa tra gli equipaggi delle navi.

Alla fine del 500 la famosa cortigiana onesta e poetessa Veronica Franco fondò ai Carmini l’Ospizio del Soccorso, espressamente adibito a rifugio ed veronica-franco.jpgVeronica Franco.jpgOspizio del soccorso 1.jpgasilo delle donne che si erano date alla prostituzione, e che erano finite in miseria: l’edificio, di grandi dimensioni, tutt’ora esistente, ci fa desdumere che per tale istituzione vennero impiegati notevoli mezzi economici divenendo così una seria oprea assistenziale di permanente necessità sociale.

Non furono quindi solo gli ospizi, numerosissimi e importanti ad occuparsi della salute dei veneziani, l’unico elemento di Ospizio del soccorso ai Carmini.jpgtutta una politica veneziana intesa a salvaguardare la salute pubblica, ed i mezzi che vennero impiegati a questo scopo furono ingenti ed i criteri per metterla in pratica estremamente avasnzati per l’epoca: un altro esempio di quanto fosse moderna ed illuminata la Serenissima.

 

Ott 12, 2011 - Senza categoria    2 Comments

I Tiepolo, dalla mitologia del padre al “Mondo Novo” del figlio, fantasia, magia ed arte a Venezia.

Bellerofonte e Pegaso a Palazzo Labia.jpgNobiltà e Virtù a Cà Rezzonico.jpgCapostipite degli artisti Tiepolo il famoso Giambattista (1696-1770) fu uno degli artisti più rappresentativi di una fantasiosa classicità quasi teatrale legata ad un neoclassicismo molto simile a quello del Canova ,un modo di intendere e di colloquiare con il mondo antico greco-romano che tanto fascino suscitò nell’animo degli artisti veneti.

Nei grandi cicli di affreschi e di molte tele, ad esclusione di alcun particolari soggetti religiosi Tiepolo conserva il tema quasi unico della classicità storico-mitologica ispirati dall’Iliade, l’Odissea. l’Eneide e tutta la mitologia greca, temi rappresentati nei teatri Veneziani, per cui se si potesse entrare in uno di questi quadri o affreschi ci si troverebbe ad essere tra le comparse di un’opera teatrale.

Nato a Venezia nel 1697 iniziò a dipingere sui vent’anni per alcune chiese: nel 1717 sposò Cecilia Guardi, sorella dei famosi pittori, e dal 1715 al 1733 lavorò ad Udine, a Milano e a Bergamo;  tornò quindi a vivere a Venezia dove nel 1740 compì il soffitto della Scuola del Carmine e poco dopo quello della chiesa degli valmarana.jpgScalzi.

Dal 1750 al 1753 soggiornò alla corte del Principe Vescovo di Wurzburg, dove eseguì una serie di affreschi. Al ritorno a Venezia dipinse una serie di affreschi alla Villa Valmarana a Vicenza, a Cà Rezzonico e nel 1762, invitato dal Re di Spagna andò a Madrid assieme ai figli per affrescare il Palazzo Reale, e qui morì nel 1770.

Il figlio Giandomenico seguì le orme del padre, ed allo stile sublime del capostipite, come scriveva Goethe nel suo Tagenbuch, opponeva una vena Minuetto%20in%20Villa%20Tiepolo.jpgpiù realistica, nervosa e sensibile, legato al gioco grafico della linea, quale ci appare nelle opere della “foresteria” della villa Valmarana  a Vicenza.

Cà Rezzonico.jpgCà Rezzonico maschere.jpgLa sua pittura è animata da un tocco leggero e spiritoso, e in questo meraviglioso stile dipinse gli affreschi nella villa paterna a Zianigo, oggi conservate a Cà Rezzonico: tutto il ciclo delle maschere e dei Pagliacci fa trasparire un sorriso, una levità, un ammiccamento al carnevale ..i passi di danza, prima misurati nella compostezza del ritmo divengono via via più accesi , prendono il tono della carnevalata frenetica. Anche la gamma cromatica è molto originale nell’impostazione dei toni chiari, bianchi su bianchi.

E accanto ecco l’affresco intitolato “Mondo Novo”, firmato e datato da Giandomenico Tiepolo in cui appare una folla di Maschere del Tiepolo.jpgmaschere.jpgpersonaggi in costume che guardano una delle meraviglie del carnevale veneziano: si chiamana “Il mondo novo” una specie di di camera oscura entro una baracca, dove apparivano le ombre di un rudimentale cinematografo: l’incantamento di queste ombre che lasciavano intravedere immagini fiabesche della lanterna magica devono aver suscitato  una suggestione enorme nella fresca fantasia del popolo di Venezia del 700, così aperto alla gioia di vivere e così proclive a perdersi infantilmernte nelle “cose meravigliose”.

Pulcinella.jpgMondo%20Novo%20Tiepolo.jpgQuesta semplicità fantasiosa e questa serena innocenza spirituale che passa dalle trame di una fiaba alle immagini della pittura costituirono il leit-motif dell’arte veneziana del 1700: levità, gioia, allegria e leggerezza che in questa straordinaria città sembrano far parte dell’aria, dell’acqua, della luce e delle pietre incantevoli delle sue costruzioni.

 

 

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