Il piccolo e grande mistero della comparsa e della scomparsa della Madonna Nera a Murano

8319680-chiesa-di-san-pietro-martire-church-in-murano-venice-venezia--italy.jpgMadonna nera di Murano.jpgUna mattina del 1810 venne ritrovata a Murano una statua della Madonna con il bambin Gesù in braccio: era scolpita in legno nero e per questo motivo venne chiamata la Madonna Nera. Nulla si conosceva di come fosse arrivata in quel luogo, si conosceva solo la data di costruzione incisa sull basamento: 1612.

Subito dopo il rinvenimento la sacra immagine venne portata presso la chiesa di San Pietro Martire, ma il mattino murano.jpgSanPietroMartireMuranoDEF.jpgsuccessivo al ricovero, aperta la Chiesa, la statua era sparita! Nemmeno il tempo di accorgersi della scomparsa che alcuni pescatori avvisarono il parroco di aver ritrovato il simulacro nel medesimo luogo in cui era stata rinvenuta.

Il parroco stesso andò a riprendere la statua, ma il fenomeno si ripetè per i due giorni consecutivi: a quel punto tutti capirono che la postazione della statua era in quella riva dove era stata rinvenuta: venne innalzato allora un altare con sopra la Madonna nera, e il luogo venne recintato. Li rimase per anni, moltissimi, e a chi andava a pregarla donò numerosissime grazie!

miniatura della Madonna nera di Murano.jpgPer i Muranesi ed anche per tutti gli altri veneziani divenne meta di pellegrinaggio, alla ricerca di conferme di fede  e di piccoli o grandi miracoli. Nel 1975 si ravvisò la necessità di allargare la fondamenta, per cui la miracolosa statua venne spostata, ma da allora non si trovò alcuna traccia: scomparsa? trafugata? o semplicemente aveva portato a termine il suo scopo?

Anche questo è uno dei misteri non svelati di Venezia, dove la vita si intreccia alla religione ed alle mille malie e stranezze che fanno di una città di mare, in simbiosi con il mare  un luogo in cui le statue sacre arrivano, compiono miracoli e poi, magari tornano nelle profondità della natura, dei misteri miracolosi di un mare cre è un tutt’uno con la città: meravigliosa simbiosi!

 

 

 

 

Giu 16, 2011 - Luoghi, tecnologia, Tradizioni    3 Comments

Le poste veneziane: dal 900 d.c. a servizio della popolazione.

Bacino di San Marco.jpgprovveditore a Venezia.gifL’esigenza di un servizio postale si avvertì già tra i fenici poichè già si avvertiva la necessità di comunicare chiaramente per iscritto , e si cementò nei secoli: divenne una consuetudine tra i babilonesi, i cartaginesi, Minoici ed Achei.

All’inizio della cittò stato veneziana venne organizzato un servizio postale privato che si avvaleva di marinai, commercianti e persone occasionali di fiducia. In seguito si definì come necessario un servizio pubblico, a cui tutti avrebbero potuto accedere, e già nel 959 d.c, a Rialto, vicino alla chiesa di S. San giovanni Elemosinario.jpgS. giovanni Elemosinario.jpglotario-i.jpgGiovanni Elemosinario , e grazie all’accordo stipulato dalla Repubblica Veneziana con Lotario I° venne istituito il primo “ufficio postale”.
 
Da questo periodo fu riconosciuta ai corrieri la professione recapitare la corrispondenza. Nasceva così il futuro postino; il 6 gennaio 1305 con un lotarioprimo.jpgdecreto del Senato fu stabilito che i corrieri diventassero Postali  e venissero controllati dai Provveditori della san-giovanni-elemosinario-w.jpgSan Giovani elemosinario interno.jpgRepubblica.

Verso il 1450 a Venezia i corrieri erano una quarantina. All’inizio del 1500 i corrieri veneziani raggiungevano Roma via terra, ed anche in Istria, Dalmazia. Via mare invece raggiungevano il Peloponneso da Candia, Cipro e Costantinopoli, e per tutte le vie commerciali con l’Asia, l’India e l’Africa.

S. Moisè a °Venezia.jpgS. Moisè a Venexzia.jpgNel 1582 il senato decretava l’introduzione del servizio postale della Repubblica Veneziana con i cavalli in tutta la terra ferma, e la nuova sede del Servizio Postale venne spostata a S. Moisè, vicino a S. Marco: da venezia, prendendo le vie della laguna si prendeva, via mare, la direzione per Padova: arrivati i postiglioni a Fusina , dove veniva attuato il primo controllo della corrispondenza e dei sigilli sulle timbrature e sui dazi pagati o da pagarsi a mezzo mittente o attraverso l’ ufficiale di Buca.

Esistevano le più svariate linee postali: c’era quella che partiva da Fusina, si arrivava poi a Malcontenta, a Malcontenta.jpgOriago, Piazza Mercato.jpgBorbiago in Piazza, a Oriago in Piazza Mercato, a Mira Taglio, a Porto Menai, a Mira Piazza Vecchia, Gambarare , S. Bruson, Dolo in piazza, Fiesso d’Artico e infine in piazza a Strà.

Come tutto ciò che riguardava il funzionamento della Serenissima, Venezia era sempre all’avanguardia, attenta alle esigenze dei propri cittadini, e soprattutto funzonale e pratica! Un esempio unico al mondo per lucidità cura e §Fusina.jpgamore per la Repubblica e nper ogni singoli cittadino.

Le Boche de Leon a Venezia

ricordo della congiura.jpgDal 1310, dopo la congiura di Baiamonte Tiepolo furono costruite a Venezia diverse Bocche di Leone  ( Boche de Leon) o Bocche per le denunce segrete (boche de le denuntie), simili alle nostre cassette postali, distribuite almeno una in ogni sestiere, vicino a collocazioni della Magistratura, a Palazzo Ducale o  alle chiese, e servivano a raccogliere notizie, delazioni o segnalazioni contro coloro che si macchiavano dei crimini più vari.

Si chiamavano così perche attorno alla fessura creata per “impostare” i fogli con le denunce scritte veniva scolpita l’immagine di un muso di leone, dall’espressione spaventosa e truce.

Solo i Capi del Sestiere potevano accedere al retro del muro dove erano poste le varie cassette, le cui chiavi venivano tenute dai Magistrati, ed ognuna di esse raccoglieva le delazioni per un tipo diverso di reato: dalle accuse di evasione delle tasse, a quelle che   riguardavano i bestemmiatori, e varie altre.

Consiglio dei dieci 1.jpgb11salabussola.jpgBocca di Leone sul muro della chiesa alle Zattere.jpgBocca di leone per le tasse a Venezia.jpgMolto spesso si trattava di delazioni prive di ogni fondamento, dovute all’invidia o all’odio di una persona verso l’altra, altre volte invece queste segnalazioni salvarono anche la stessa sicurezza della Serenissima.

I Savi dei Dieci e i Consiglieri dei Dieci accettavano le denunce anonime solo se si trattava di affari di Stato, con l’approvazione dei cinque sesti dei votanti.

Non era però così facile, come si può pensare, il consiglio dei dieci.jpgaccusare qualcuno. Nel 1387 il Consiglio dei Dieci ordinava che le accuse anonime inviate tramite lettera, senza firma dell’accusatore e senza attendibili testimoni d’accusa sulle circostanze segnalate, dovevano essere bruciate senza tenerne minimamente conto.

Nel 1542 fu decretata una legge che stabiliva l’accettazione delle denunce  solo se venivano citati almeno tre testimoni presenti  al fatto.

Anticamera Consiglio dei 10 Boca de Leon Palazzo Ducale.jpgSan%20Martino%20bocca.jpgPalazzo Ducale loggia orientale bocca de leon.pngIl Consiglio dei Dieci applicava con scrupolosità la legge stabilita dagli Avogadri dello Stato.Era necessario indagare scrupolosamente per stabilire la verità, con giustizia e chiarezza, non giudicare nessuno in base ai sospetti, ma ricercare le prove concretamente, ed alla fine pronunciare una sentenza pietosa.

Palazzo Ducale 4.jpg250px-Venice_-_St__Martin%27s_Church.jpg250px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Mois%C3%A8.jpgPalazzo Ducale 3.jpgS. Maria della Visitazione.jpgPalazzo Ducale.jpgTutt’ora si  possono ammirare, per la loro spettacolarità a Palazzo Ducale, sul muro della chiesa di S. Maria della Visitazione alle Zattere, sulla Chiesa di S. Martino a Castello,  e quella di S. Moisè a San Marco.

I delatori, come dappertutto cercavano di ottenere vendette o vantaggi rispetto a qualche rivale, ma la saggezza e la coerenza di uno Stato che faceva della giustizia uno sei suoi cardini (basta vedere tutte le statue che la raffigurano) era garanzia per i cittadini della Serenissima che si sentivano tutelati, e che vantavano con orgoglio il loro essere figli della Repubblica di Venezia.

Giu 10, 2011 - Misteri    11 Comments

Dalla “Zaffetta” e le cortigiane oneste a Tiziano a Venezia: l’immortalità dell’arte!

autoritratto.jpgCortigiana Onesta.jpgLe fantastiche donne di Venezia, e principalmente le cortigiane oneste, furono ispiratrici di capolavori meravigliosi..donne di letteratura, di arte, donne indubbiamente interessanti e colte…che dettero un contributo fondamentale per la riuscita di opere d’arte che continuano ad essere studiate ed ammirate attraverso i secoli..diventando comunque immortali pure loro.

Tiziano Vecellio.jpgNella vita di Tiziano Vecellio, bambino prodigio, nato a Pieve di Cadore nel 1480/85, e morto a Venezia il 27 Agosto 1576, queste ed altre donne furono fonte di ispirazione per firmare capolavori assoluti.

1530_tiziano_vecellio_064_madonna_e_bambino_santa_caterina_e_coniglio.jpgIl mitico Tiziano, uomo bello e riservato, sposò dopo anni di convivenza la sua Cecilia, di Perarolo di Cadore, donna pragmatica e bellissima, che gli aveva donato due figli (dopo due gravidanze problematiche), che morì cinque anni dopo il matrimonio, ma che comunque venne immortalata dal suo grande amore nel quadro di Santa Caterina che il pittore dipinse per i Gonzaga.

Anche la figlia, Lavinia, venne ritratta dal padre in altri suoi quadri.

veronicafranco.jpgMa le “cortigiane oneste” figlie di una nobiltà decaduta, ma donne di forte ambizione e cultura, furono le modelle tiziano-pietro-laretino_fondo-magazine.jpgPietro Bembo.jpgTullia d'Aragona.jpgTullia_d%27Aragona.jpgpreferite del Tiziano: Amico di Pietro l’Aretino e di Pietro Bembo, che di donne se ne intendevano, Tiziano si fece coinvolgere da relazioni provvisorie, come ad esempio Veronica Franco, Pierina la Riccia, Tullia d’Aragona,la ” Zaffetta” (Angela del Moro) a cui affidò l’immagine dell’amor Sacro in uno dei suoi dipinti più belli e carichi di riferimenti esoterici(rosacrociani), mentre, per quanto riguarda l’amor Profano, violante, figlia di Jacopo Palma (il vecchio).jpgl’immagine di Proserpina riprendeva le fattezze di Violante Palma(figlia di Iacopo Palma il vecchio) che lo pregò affinchè la ritraesse.

Ed in questo quadro “l’Amor Sacro a l’Amor Profano” (Galleria Borghese a Roma), Tiziano riuscì ad esprimere tutti i suoi orientamenti: allievo del Giorgione ne aveva ereditato anche la sua appartenenza ai Rosacroce, e questo quadro è la summa dei simboli esoterici: Venere, (l’amore sacro, la modella Zaffetta) è nuda, poichè la nudità è simbolo di purezza ed innocenza, vi è solo un lieve velo a coprire il pube, e la sua presenza, unita al rosso del mantello che solo per un tratto avvolge il braccio della figura ( Marsilio Ficino e Pico della Mirandola ritenevano l’estasi sacra pari alla voluttà più intensa) e che ermeticamente il rosso è l’ultimo e più perfetto dei colori ermetici ( gli altri due sono il nero ed il bianco) e simboleggia il Compimento della Grande Opera Alchemica.

imagesCAOK6GS1.jpgAppare evidente che l’ispirazione per questa composizione venne suscitata dal libro, edito da Aldo Manuzio, e scritto, si dice dal monaco Francesco Colonna “Hypnerotomachia Poliphili, conservato presso la biblioteca Marciana a Venezia, e Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano.jpgche narra il sogno erotico -spirituale di tale Polifilo, nel quale vennero inserite xilografie di Mantegna, una delle quali rappresenta il sarcofago di Adone , e la disperazione di Venere, che aveva versato il suo sangue puro ed innocente dopo essere stata punta da una spina di rosa, ed un’altra in cui appare Venere che allatta Eros, e Polifilo le bacia il piede, in segno di venerazione.

Ed il quadro di Tiziano si rifà esattamente al sarcofago e al significato esoterico ( la puntura di una rosa (rosacroce) , ed alle immagini di Proserpina (amor profano, vestita di tutto punto, per cui costretta a nascondere la propria purezza) e l’amore sacro, in cui la purezza vera si esprime proprio con la nudità.

La dea Flora di Tiziano (Violante Palma).jpgFlora_-_Palma_il_veccho.jpgEssendo il rosso un colore puro, come il giallo ed il blu, il solo colore prossimo all’amore sacro, esso indica semplicità e purezza, doti evidenziate dalla nudità.Perciò il colore rosso indica il più elevato grado ermetico, cioè la trasformazione: l’opera conclusa.

Nel quadro, a rappresentare l’amor profano (Proserpina) ecco che appare il viso di Violante Palma, di cui abbiamo già parlato.

24%20Tiziano%20-%20La%20venere%20di%20Urbino.jpgTutte le nobildonne dell’epoca in Italia ed all’estero volevano farsi Eleonora Gonzaga.jpgritrarre da Tiziano, tra queste appare l’immagine molto languida ed erotica di, si crede, Eleonora Gonzaga, duchessa, moglie di Francesco Maria della Rovere, ritratta come Venere, e conosciuta come la “Bella di Urbino.

Tiziano, persona schiva, uomo rincorso dalle donne, ed amante delle donne, che faceva parte comunque di un gruppo di persone culturalmente valide, dedite all’arte, antesignane per quanto riguardava la cultura, legate Caino e Abele-Chiesa della Salute a Venezia.jpgMartirio di S. Lorenzo ai Gesuiti.jpgall’ermetismo (come tutti i pittori dell’epoca), che potè immortalare con il suo pennello le donne culturalmente più importanti ed attive di Venezia: cortigiane oneste?..donne all’avanguardia, come all’avanguardia è sempre stata Venezia, Stato, città, repubblica!

Giu 7, 2011 - Architettura, Arte e mistero, Mestieri, Misteri, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’unicità di Venezia e del suo particolare “habitat” nella creazione della costruzione abitativa! I meravigliosi pavimenti veneziani

L’unicità di Venezia e del suo particolare “habitat” nella creazione della costruzione abitativa! I meravigliosi pavimenti veneziani

palazzi veneziani.jpgscorzoni.gifLe costruzioni a Venezia sono state sempre speciali ed adeguate, come tutto ciò che concerne la vita e le necessità degli abitanti di questa straordinaria città, completamente diversa per quanto riguarda le strutture, il suo habitat e le necessità intrinseche da qualsiasi altra città al mondo.

La necessità di inferiore assorbimento solai.gifscorzoni-e-cantinelle-599x400.jpgdell’umidita rispetto alla  muratura a favore del legno rese l’architettura e la capriate1.gifcostruzione degli architetti veneziani votata all’uso di quest’elemento naturale,  specialmente per i solai ed i divisori.

I solai vennero costruiti con travi squadrate di abete e larici  disposte parallelamente al lato più corto del locale. I travi potevano posare direttamente sul muro, livellato da una rema, oppure potevano appoggiare ad una trave addossata alla parete, sostenuta a sua volta da mensole di pietra.: in tal modo le teste delle travi non penetravano nella muratura, lasciandone intatta la consistenza: in questo modo vi era un assorbimento minore dell’umidità.

pavimenti alla veneziana 1.jpgSopra i travi portanti venivano posti dei tavoloni di abete che sorreggevano in seguito il pavimento, definito “alla veneziana”: sotto i travi del solaio veniva talvolta steso un soffitto di malta su cannicciato: spesso i travi venivano lasciati a vista , ottenendo un effetto gradevolmente decorativo e di maggiore spazialità.

Nei soffitti di palazzi signorili i travi erano perfettamente squadrati e distanziati regolarmente, con spazi eguali al proprio spessore. I giunti degli assi visibili tra le travi erano coperti da coprigiunti, per cui venivano a pavimenti alla veneziana 2.jpgformarsi tra trave e trave dei riquadri, o “lacunari” spesso decorati e dipinti. Questo tipo di soffitto è conosciuto come soffittoi alla Sansovino ma era già adoperato largamente a Venezia alcuni secoli prima del Sansovino-

Sopra solai così elastici doveva essere logicamente stesa una pavimentazione che sopportasse senza danno le vibrazioni e le oscillazioni inevitabili, oltre alle modificazioni permanenti di cedimenti degli edifici. Una pavimentazione di queste caratteristiche è definita appunto ” pavimentazione alla veneziana”.

Essa è costituita da un sottofondo, impasto di cotto macinato e calce, dello pavimenti alla veneziana.jpgspessore variabile di 10, 15 cm. e anche più; Il sottofondo veniva posto direttamente sopra le travi del solaio: i vari pezzi di marmo che componevano i pavimenti, di diversi colori e dimensioni, venivano seminati a mano, ad uno ad uno alla maniera di un mosaico.

Oltre a prestare un’attenzione cromatica dovuta all’accostamento di diverse qualità di marmi, tra i quali pietre pregiate come la malachite, chi eseguiva la semina doveva avere l’accorgimento di porre i vari pezzi di diversa dimensione a diverse profondità, per cui i diametri delle pietre risultassero pressocchè a contatto, riducendo al minimo gli spazi ed apparissero al pietra pomice.jpgmedesimo livello; con una grande pietra pomice venivano levigati, e risultavano alla fine talmente vicini fa far quasi scomparire la malta con cui erano legati.

malachite.1.jpgSi comprende quindi come i pavimenti, tutti unici erano frutto della bravura e dell’estro dei vari esecutori: Il colore dei pavimenti alla veneziana ha una sua particolare vibrazione e luminosità divenendo sempre più intenso con il trascorrere del tempo e con la ripetuta imbibizione di olio di lino e cere: Il risultato è un unico manto che copre tutta la superficie dell’ambiente: esso risulta un’unica lastra monolitica , relativamente leggera ed elastica, malachite.jpgtale da presentarsi intatta e senza fessure dopo secoli, anche in ambienti molto vasti, come in alcune sale di Palazzo Ducale.

 

 

 

 

 

Venezia: dai Templari ai Rosacroce

doge Enrico Dandolo, 2.jpgdoge Enrico Dandolo in battaglia.jpgdoge Enrico Dandolo.jpgIl Doge Enrico Dandolo partecipò alla IV crociata indetta da Papa Innocenzo III nel 1198 non fosse altro per il fatto che essendo la flotta navale di Venezia la più grande e potente dell’epoca , in grado di trasportare  cavalieri, cavalli e viveri fino in Terrasanta  cercava di allargare 300px-Gustave_dore_crusades_dandolo_preaching_the_crusade.jpgi propri spazi e i proprio contatti.

navi del doge.jpgIl  Doge con il Consiglio dei dieci, per non intralciare il commercio della Repubblica , allestì navi solo per il trasporto dei Pellegrini , inoltre, la Serenissima istituì  una speciale magistratura ed un “ Codex Peregrinorum ” per tutelare i viandanti. La flotta, imponente e bellissima fece prima scalo a Trieste e poi a Muggia, dove i Veneziani chiesero atto di sottomissione, quindi a Zara, che posero sotto assedio fino alla conquista

A queste conquiste di paesi cristiani,  nonostante il tomba del doge enrico Dandolo.jpgpatto che era stato  ratificato tra  Innocenzo III e il Doge, il Papa non osservò i propri impegni, anzi scomunicò tutti i partecipanti alla crociata, per cui i cavalieri templari che avevano combattuto in Terrasanta confluirono a Venezia, e precisamente al Lido, dove il doge pensò di ricoverarli.  In seguito i templari, sostenendo di non aver conosciuto gli scopi del Dandolo furono perdonati dal Papa,  vennero cacciati dal Doge. Ed è qui che inizia una lunga sequenza di tracce lasciate dai cavalieri templari, tra Venezia, l’ Istria, e via, via, fino al Portogallo ed in Francia.

Triplice cinta di San Rocco a Venezia.jpgBasta comunque girare per Venezia per segnalare le tracce di questo passaggio, non solo (foto tratta dal blog “due passi nel mistero” di Marisa Uberti)passaggio, comunque, ma anche proseliti, che hanno continuato, e continuano a conservare fino ad ora le tradizioni di questa  fede in un gruppo di persone che ancora sono alla ricerca del Sacro Graal e delle motivazioni che di questa ricerca ne fanno una priorità importante della vita. tra queste tracce i due simboli che i templari lasciavano, come indizi o messaggi, come le triplici cinte, una la si vede benissimo incisa nel sedile di pietra davanti alla Scuola di S. Rocco, e l’altra in una panca di pietra dentro la Basilica di San Marco, a Venezia.

chiesa di San Barnaba a Venezia.jpgChiesa di San Pietro di Castello.jpgOltre alle tracce vere e proprie come la cattedra di San Pietro a San Pietro di Castello, che si disse conservò il Sacro cattedra di San Pietro.jpgGraal , e la sepoltura del corpo del  corpo del Custode della Sacra Reliquia,( Nicodemè de Bertrand Mesulet)che riposa nella chiesa di San Giovanni in Bragora.jpgS. Barnaba. Voci di Popolo dicono che i Templari portarono con loro un tesoro, che venne nascosto nell’isola S. Giorgio in Alga, San Giovanni in Bragora, portale.jpgisola di Venezia dove ora la Protezione Civile fa le esercitazioni. 

campo San Giovanni in Bragora.jpgimagesCAGTXGQP.jpgEsiste un’ipotesi per cui i Templari fossero, pur essendo monaci, il braccio militare del Priorato di Sion, ordine fondato da Goffredo di Buglione dopo la presa di Gerusalemme, che divenne  in seguito l’Ordine dei Cavalieri di Malta, e la sede anche attuale del Priorato di Lombardia e Veneto di quest’ordine si trova nella Chiesa di S. Giovanni in Bragora,  di cui ho già scritto.

Da qui inizia tutta una serie di tracce che vanno Palazzo Vendramin Calergi.jpgCà Vendramin Calergi.jpgChiesa della Maddalena a Venezia.jpgdal Palazzo Vendramin Calergi, sede ora del Casinò di Venezia ove sono iscritte le parole : NON NOBIS DOMINE ! ,a prima parte di una frase che era un simbolo e un modo di comunicare tra i Cavalieri Templari, appunto ( NON NOBIS DOMINE, SED NOMINI TUO DA GLORIAM), e la chiesa di Maria Maddalena di Cannaregio, carica appunto di questi simboli, che potete vedere, e che apparteneva alla famiglia detta Balbi (per via della balbuzie del suo capostipite), il  cui cognome era Ezzelino, e notoriamente massone.

Se giriamo tranquillamente per Venezia, questi simboli li possiamo notare in qualche rosone, in qualche capitello che unisce, unitamente all’immagine della Madre col Bambino anche qualche decorazione che, a ben vedere, è un simbolo templare.

 

pilastri acritani.jpgmedaglioni alchemici a San Marco Venezia.jpgSegni alchemici.jpg200px-Venice_%E2%80%93_The_Tetrarchs_03.jpgDi certo simboli templari, legati all’alchimia ed in seguito ai Rosacroce si possono trovare nella Basilica di San Marco: i medaglioni alchemici, incastonati nella parete che da sul campo dei Leoni, i Tetrarchi, dall’altra parte, che portano alla base un cartiglio decorato con due putti e due draghi (simboli alchemici anche questi), con la scritta in veneziano antico: “uomo faccia e dica pure ciò che gli passa per la testa e veda ciò che può capitargli”, oltre ai due pilastri acritani, anche questi con simboli da decrittare e legati ad antiche credenze.

 

particolare dell'orologio della Torre di Venezia.jpgCagliostro.jpgCasanova, Rosacrociano.jpgcolonne annodate a San Marco, Venezia.jpgCavalieri dei Rosacroce.jpgE non parliamo quadrante dell’orologio della Torre, che reca simboli legati non solo allo Zodiaco, ma anche simboli arabi. A questo si possono collegare le colonne annodate della Basilica di San Marco ( il nodo è quello d Re Salomone), inizio e seguito nella storia dei templari, poi alchimisti, poi rosacroce, tra i quali spicca Giacomo Casanova iniziato a questi misteri dalla Marchesa d’Urfè a Parigi, e orologio dio San Marco.jpgpoi ritrovatosi con Cagliostro, altro Rosacrociano facente parte dell’ordine Egiziano.

 

Polifilo.jpgmovimento rosacroce e massoneria.jpgcap_pellicano.jpgcapducale.jpg

Tra le colonne di Palazzo Ducale appare anche il simbolo del Pellicano, immagine dei Rosacroce,  simbolo che si ripete in un capitello della Chiesa di San Salvador, e di cui parleremo, che, assieme al libro conservato nella Biblioteca Marciana, Hypnerotomachia Poliphili è alla porta magica o alchemica.jpgbase delle cognizioni per arrivare ai mutamenti determinanti legati alla Pietra filosofale.

 

 

Dai rosacroce poi si passerà ai massoni, di cui attualmente è esistente una loggia a Venezia, l’unica rimasta di almeno Rosacroce a Venezia e Federico Gualdi.jpgrosacroce e Venezia.jpgsimbolismo del Pellicano.jpgquattro logge, di cui già ho parlato e di cui comunque parleremo anche in seguito.

Venezia quindi come città esoterica, scrigno di dottrine orientali testimoniate dalla Famosa Biblioteca Marciana e dagli incunabili che il Cardinale Bessarione donò a questa biblioteca per permettere agli studiosi provenienti da tutta europa di approfondire tali, antichissime informazioni .

La nascita di Venezia e la sua chiesa simbolo!

Basilica 2.jpgLa nascita di Venezia nuova coincide con il trasporto delle spoglie di S. Marco nella futura Repubblica: e per questo desidero accompagnare chi mi voglia seguire in un viaggio nel tempo
dall’829, via, via, fino alla fine della Serenissima, accompagnando la realizzazione delle innumerevoli chiese, dei Santuari, dall’inizio fino all’evoluzione maggiore della meravigliosa Repubblica. Per ora iniziamo dalle prime chiese, lasciando S. Pietro di Castello come elemento a parte, fantastico, legato al Patriarcato che in quella chiesa avrebbe avuto sede, ed iniziando invece dalle spoglie di S. Marco e la chiesa-tabernacolo che le ospita.

Basilica dei 12 Apostoli a Costantinopoli.jpgsantiago_de_compostela.jpgLa costruzione di una chiesa o di un santuario dedicato ad uno degli apostoli, specialmente gli evangelisti, ha comportato in tutta Europa  l’esigenza di una struttura ed un’edificazione completamente diversa da altre costruzioni: La chiesa dei dodici Apostoli di Costantinopoli, che conservava le relique di S. Luca, S. Andrea, S. Timoteo, aiutante di S. Paolo, la chiesa di S. Giovanni ad Efeso, che custodiva le spoglie del’evangelista qui vissuto, che era costruita con pianta a croce greca con cinque cupole, e  quella dedicata all’apostolo Giacomo di Campostela, coeva a S. Marco a Venezia, e che aveva il raro privilegio di custodire le spoglie dell’apostolo.

basilica-di-san-marco.jpgA Venezia, la chiesa scelta per custodire le spoglie dell’evangelista ed apostolo Marco venne costruita come chiesa – reliquario bizantino:  emblema del  prestigio bizantino a cui Venezia era particolarmente legata, e che rappresentò per secoli motivo di venerazione dallo Stato, dal Doge a cui la chiesa apparteneva di diritto, fino all’ultimo cittadino della Repubblica.

Ferdinando Forlati, nel 1950, portò avanti degli studi sulle fondazioni della venezia_san_marco_basilica_pianta_02.gifprima chiesa di S. Marco, iniziata in seguito al trasporto del corpo dell’apostolo nell’828, ed egli affermò che la chiesa era stata edificata in origine a pianta centrale, e i vari punti di fondazione dei bracci a croce greca del più antico edificio del nono secolo, si sono rivelati attraverso una serie di assaggi nel medesimo posto dove posano ancor oggi quelli poi ricostruiti nell’XI secolo.

Una analisi più approfondita ci permette oggi di distinguere nella basilica gli elementi architettonici e decorativi che appartenevano alle precedenti costruzioni e presentavano una interessantissima documentazione sulle origini di Venezia, prima esarcale e poi bizantina.

La pridma chiesa si conservò per un secolo e mezzo, fino all’incendio avvenuto Candiano IV.jpgPietro-Orseolo-II.gifcon l’uccisione di Candiano IV, nel 976, che la distrusse con il Palazzo Ducale . Subito dopo il Doge Pietro Orseolo I cercò di ricostruirla in due anni, prima di ritirarsi in un monastero per il resto della sua vita: si tratta di una ricostruzione frettolosa ispirata ad un sentimento religioso di riparazione del santuario della città.

Lo sviluppo della politica veneziana data da Pietro Orseolo II e poi attuato da uno dei maggiori dogi del secolo XI, Domenico 104%20domenico%20contarini.jpgContarini (1041-1071) sollecitò l’ambizioso progetto del Governo e della popolazione venezianaa rifare dalle basi l’attuale chiesa di S. Marco, terminata nelle parti murarie nel 1071 e consacrata nel 1094.

In quell’epoca, nella primitiva Venezia vi fu un fervore di costruzione, specialmente di chiese: almeno cinquanta, ed una gran parte, costuita nell’anno mille, frutto di un rigoglio economico straordinario ottenuto attraverso l’apertura delle vie del mare: S. Marco, con la sua solenne struttura, in una città ancora piccola ed in formazione, fu indice di un’ambizione che potrebbe sembrare addirittura sproporzionata se non si tenesse in giusto conto la forza morale del governo veneziano quando ebbe l’opportunità di trattare alla pari con una capitale come Costantinopoli: non era protervia, quella veneziana, ma basilica-san-marco_large.jpgconsapevolezza saggia e giusta delle potenzialità di uno stato nascente che img209.jpgpoteva contare sull’equilibrio e la lungimiranza di una Repubblica sempre abituata all’equilibrio tra terra e mare, tra artigiani e mercanti, e sempre seguita e in qualche modo guidata da un popolo abituato alla libertà, alle regole, ma anche proteso verso altre realtà culturali e politiche: Venezia affacciata sul mare, Venezia a contatto con varie civiltà, aperta mentalmente e culturalmente all’europa: mai vi fu uno Stato tanto moderno e senza paure ed inibizioni!

 

 

Alla ricerca degli Alchimisti

images.jpgIn questa straordinaria città, ricca di richiami arabi, egiziani e depositaria di libri così importanti per gli studiosi dell’alchimia, della Kabbalah, si trovano sempre riferimenti precisi alla clavicola(chiave) di Re Salomone, al suo anello, al suo sigillo e al labirinto, e pure alla pietra filosofale.

Venezia è una città che ospita, senza alcun mistero, la Sede del Priorato dei Cavalieri di Malta e, in Campo S. Maria Formosa, la sede dei Massoni imagesCA1VXMQP.jpgveneziani, che ospitava ed enumerava importanti persone anche del Seicento e Settecento, tra cui, famosissimo, Giacomo Casanova.
 
Quella del Settecento veneziano fu un’epoca straordinaria, perchè in giro per l’Europa si trovavano altri personaggi enigmatici come Casanova, estremamente misteriosi come il Conte di Saint Germain, nato nel 1698, e di cui non si conosce l’anno di morte….. perchè non risulta morto,  e Alessando Cagliostro, altro alchimista, personaggio unico anch’egli.imagesCAW1JBLK.jpg

Si conobbero tutti e tre ed  è veramente interessante l’autobiografia di Casanova, leggere degli incontri fra Giacomo Casanova e Cagliostro davanti alla Basilica dei SS. Giovanni e Paolo, luogo ricco di particolarità strane, luogo di strane presenze. Tutti e tre legati ai rosacroce, tutti e tre iscritti poi a logge massoniche vissero le loro vite strabiliando l’Europa, o facendosi ridere dietro, ma comunque, erano sempre persone che frequentavano re, regine, persone importanti vivendo sul filo della denuncia per eresia, o costretti in carcere.

imagesCA2CSSO0.jpgTuttora non si sa se sia ancora vivo il principe di Saint Germain, e non si trova nemmeno la tomba di Casanova, che, si dice, sia sepolto nella chiesa di S.Barnaba, dove è sepolto anche il corpo di uno dei custodi del Sacro Graal, il cavaliere Nicodemè de Besant-Mesurier.

Molti suoi contemporanei sostenevano che anche Giacomo Casanova fosse “il conte di Saint Germain” ovvero un uomo che non muore mai. E’ tutto da vedere, è tutto da provare, semmai si potrà provare qualcosa. IimagesCATPEVO9.jpgl Grellet nel suo “Les aventures de Giacomo Casanova en Suisse” (1909) riportava la dichiarazione di B de Marault, contemporaneo di Casanova: “Questo straniero va conosciuto assolutamente. Ha visto e viaggiato tutto, conosce tutte le lingue, mi ha dato prova di grandissima conoscenza delimagesCAOBGL1A.jpgla cabala. C’è chi dice sia il conte di San Germain”, l’uomo che non muore mai. Casanova quindi è ancora tra noi?

 

Le superbe ed artistiche fortificazioni della Venezia del 500:Michele Sanmicheli

MicheleSanmicheli.jpgLa Venezia degli inizi del 500, nostante la sua collocazione, con la laguna a proteggerla, si trovava comunque in pericolo per quanto riguarda la terraferma e l’avanzata dei turchi nel Mediterraneo e in Europa.

La Serenissima quindi contattò un geniale ingegnere militare ed architetto di origine Veronese, Michele Sanmicheli (1484-1559): egli aveva prestato la sua opera presso lo Stato Pontificio, a Orvieto, Parma e Pavia: il suo primo incarico fu quello di studiare le fortificazioni di Zara, quindi, una volta rientrato nella Repubblica viene incaricato di “ben examinar li lidi, le bocche delli porti ed ogni altra parte della laguna”: i problemi militati ed idraulici erano infatti convergenti nell’ambito della politica territtoriale della Serenissima.

Ed in questo contesto che nasce una polemica con Alvise Cornaro il quale voleva costruire mura perimetrali tutto intorno alle sponde lagunari: la ragione della sua opposizione era basata su considerazioni sociali: “Il populo è necessitato per vivere de uscir de la tera tuto el dì, et andare alle vigne, chi a pescar, et chi alle saline, che ad alcuna hora del giorno non li riman cinquanta homini”, mentre la difesa deve essere affrontata dagli stessi cittadini: ” che stano de di e de notte in barca, che conoscono tutti li siti che Chioza et le contrade”, ribadisce insomma il concetto che sono le acque della laguna le vere mura di Venezia.

Forte di S. Andrea 1.jpgBattaglia di Lepanto 1.jpgSanmicheli costruì quindi nel 1543 il suo capolavoro architettonico: il Forte di S. Andrea,” fortezza meravigliosa rispetto al sito nel quale è edificata che per la bellezza della muraglia , delle più stupende, rappresenta la maestà e grandezza delle più famose fabbriche fatte dalla grandezza dei Romani”secono il commento del Vasari.

Forte-Sant-Andrea-F01.jpgforte-santandrea_3.jpgNegli stessi anni prosegue con la costruzione della Fortezza di S. Andrea, infatti intorno al 1546 si pose mano pure a una “traversa” dalla laguna al mare, al dilà del canale che serve il convento di S. Nicolò, dalla parte di Malamocco: munita di bastioni, e di una cortina di mura, ancora eistenti, la fortificazione si estendeva verso il mare e l’imboccatura del porto per quasi tre Kilometri.

Durante la battaglia di Lepanto le fortificazioni del Lido furono ulteriormente rafforzate a San Nicolò, ed una tra Poveglia e Malamocco.

Gaggiandra.jpgI documenti dell’epoca parlano di ” una grandissima catena e ben armata””. Sembra che questa colonna fosse sostenuta dalla “Gagliandra” che era formata da uno zatterone centrale e da due zattere laterali che venivano poste in mezzo all’imboccatura del Porto , legate tra di loro e alla riva da tre catene. Questa “costruzione” veniva armata con cannoni.

Negli anni della battaglia di Lepanto vennero costruite a San Nicolò altre due importanti edifici militari: una fabbrica di polvere da sparo, il Tezon (1572) presso il Castel Vecchio, ed il Quartier Grande o Palazzo dei Soldati  noto anche come Caserma Serraglio, un vasto edificio di stile neoclassico che poteva ospitare fino a 2000soldati, forse la prima caserma dell’architettura militare.

poveglia.jpgMalamocco, interno fortificazione.jpgMalamocco-2.jpgSan Nicolò, la più importante zona militare di Venezia era pure luogo di ricev imento per personaggi illustri: Celebri rimasero i festeggiamenti in Isola_di_Sant'Erasmo_-_Torre_Massimiliana.jpgonore di Enrico III re di Francia, nel 1574, per il quale il Palladio eresse appositamente un grande arco trionfale e una loggia di legno di dieci colonne di ordine corinzio decorate con ghirlande; a completare gli arredi opere del Veronese e del Tintoretto.

La praticità legata sempre comunque alla bellezza ed all’arte: questa era la cultura veneziana della gloriosa Serenissima.

 

Mag 13, 2011 - Senza categoria    3 Comments

La Laguna di Venezia e i suoi segreti

La laguna di Venezia , una delle aree archeologiche subacquee più importanti del mondo, con tracce che vanno dalla preistoria all’epoca romana e medioevale. Casualmente, nel 1985 vennero rinvenute nel fondale del bacino di San Marco, esattamente nella zona che va dalla Piazzetta all’isola di San Giorgio,  tracce del Bucintoro, la nave che Guardi e Canaletto hanno spesso dipinto e riprodotto nei loro quadri, la barca trionfale della Serenissima che portava i Dogi e gli ospiti più prestigiosi della Repubblica in regata cerimoniale.

laguna_venezia.jpgIl Bucintoro venne distrutto dalle truppe di Napoleone il 9 gennaio 1798, con tutto il contenuto dell’Arsenale di Venezia, prima dell’arrivo degli Austriaci. I rottami vennero bruciati sull’isola  di San Giorgio, ed i residui buttati in laguna.

La zona comunque era rotta di navi mercantili (poco distante dalla Piazza San Marco c’è la Fondamenta delle Farine), come, inoltrandosi nel Canal Grande si trovano la riva del Carbon e la riva del vin. Nel 1989, ad undici metri di fondale, venne scoperta una zona particolare, che si rifà ai resti del relitto di una nave, chiamata “nave del vetro” affondata nel medioevo al largo della bocca di Malamocco.

Probabilmente proveniva dall’Egitto e, grazie al suo carico di mercanzie fu fonte utile di materiale per gli studiosi, ma che pose un nuovo enigma per gli investigatori: non si sa se tratta di una nave solo o di diversi carichi di altre navi li naufragate, ed in diverse epoche:nella zona di circa 6.000 mq. vennero rinvenuti reperti vari, come pani di vetro semilavorato, oggetti metallici, vasi, e, a suffragare l’ipotesi di cocche veneziane del 1500, la presenza di una petriera da mascolo, ovvero un cannoncino in ferro caricabile posteriormente con un caricatore cilindrico, chiamato appunto mascolo, che sparava palle di pietra (da cui il nome) o pezzi di ferro.

Vi è pure un’insegna d’asta, di sicura origine ottomana (probabilmente relitto turco), e due statuine raffiguranti Ercole e Nettuno, di epoca romana, insieme ad alcune basi di bronzo di fattura religiosa e per ciò è lecito pensare ad un traffico di simulacri religiosi che nel tardo impero romano avrebbero avuto come luogo di collocazione santuari.

Altro ancora c’è da cercare e trovare, in questa laguna ricca di storia e di suggestioni, fulcro di tradizioni e civiltà passate che con i veneziani ebbero libero e profiquo scambio, la storia nell’acqua, e l’acqua è l’elemento principale di questa nostra cultura che ci vede aperti al mondo, di libere vedute, e propensi a capire e farci capire.

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