Il Risorgimento a Venezia: aria pura e nuova collegata alle radici della Serenissima: Martiri dolorosamente giovani ma carichi di ideali.

Silvio_Pellico.jpgPietro Maroncelli.jpgIl Risorgimento a Venezia.jpgIn questi giorni sono andata a ricercare le motivazioni, il clima, le situazioni in cui Venezia, la meravigliosa Serenissima, dopo Napoleone si sia trovata a diventare succube dell’Austria, assieme alla Lombardia, costituendo così un qualcosa di estremamente estraneo alle sue origini, popolo pieno di iniziative, popolo abituato all’apertura mentale ed al contatto con il resto del mondo, e ho trovato in queste mie ricerche la spiegazione del Risorgimento veneziano, in questo respiro ampio, modernissimo e profondo che va al dilà delle idee politiche, ma che si rifà alla consapevolezza tutta veneziana dell’unicità di un popolo, della grande anima veneziana, così culturalmente aperta al mondo intero da ricercare, nell’unità d’Italia un sostegno in più per perseguire il modo di pensare, di concepire la Repubblica ed il popolo come elemento solido di apertura verso le altre culture, e delle mie origini mi sento, oggi, ancor più orgogliosa!!

Arresto_pellico_maroncelli-781162.jpgPer questo motivo desidero ricordare quei valorosi che si batterono per liberare Venezia dal giogo dell’Austria.
La rigorosa amministrazione centrale di Vienna regolava una dura censura che penetrava nei settori più diversi della vita sociale, dalla sorveglianza della stampa alla circolazione delle idee liberali. Di conseguenza e per reazione cominciarono a proliferare le società segrete che ebbero tanta importanza nel preparare il terreno per i primi moti risorgimentali e la coscienza nazionale.

Fortezza dello Spielbereg.jpgDa questa coscienza nacquero i primi martiri: Silvio Pellico, arrestato nell’ottobre del 1820 che subì due processi uno a Milano ed un altro a Venezia e condannato a morte assieme a Pietro Maroncelli, condanna poi commutata nella prigionia presso il carcere dello Spielberg in Moravia ( e qui, come tutti sanno, nacquero ” Le mie prigioni”).

Nell’ambiente della marina austriaca a Venezia, crebbero e divennero ufficiali Attilio ed Emilio Bandiera, figli di un contrammiraglio, che vollero fondare una società segreta per affrancare l’Italia dal dominio austriaco, secondo le nuove idee che vennero diffuse anche tra gente di mare, sulla linea del pensiero di Giuseppe Mazzini.

Attilio ed Emilio Bandiera.jpgI due fratelli, assieme all’amico Domenico Moro, traditi da un affiliato, trovarono rifugio a Corfù, ove nel 1844 Casa di Domenico Moro al Ponte della Tana.jpgfratelli_bandiera.jpgraccolsero un buon numero di patrioti per condurre a termine una disperata operazione di liberazione dell’Italia, che partiva dalle montagne di Cosenza.
Catturati dai Borbonici pagarono con la vita la loro valorosa azione ispirata al più nobile patriottismo. I loro corpi sono tumulati presso la Basilica di San Giovanni e Paolo a Venezia.

I precedenti alla rivoluzione di Venezia nel 1848 maturarono per strade diverse e attraverso sacrifici, spesso oscuri, con il germe delle idee professate dalla Giovane Italia. In questo clima tra il governo di Vienna e gli spiriti più liberali del Lombardo-Veneto venne a formarsi una tensione che arrivò al punto critico di maturazione con la rivolta del 1848.

Chiesa di San Giovanni ePaolo.jpgLa prima scinitlla partì dall’Università di Padova, una città che, a causa della presenza di tanti giovani poteva catalizzare con più immediatezza quanto era già nell’aria e nell’anima dei più più pronti al riscatto.

Campo Bandiera e Moro o della Bragora.jpgNelle case dei Pivetta, dei Cittadella a Vigodarzere, dei Manfrin, dei Maldura, dei Wollemborg si parlava di politica in senso vietato; nelle osterie care agli studenti si recitavano a voce bassa ballate del Berchet, gli scherzi del Giusti, le tirate della Francesca palazzo-del-bo.jpgdel Pellico, e nelle aule del Bo si cospirava addirittura.

Tutta aria nuova, tutta gente pronta, giovane, una ventata di orgoglio,. gente giovane e piena di aspettative, uomini pronti a morire pur di perseguire un ideale ed un sogno.

La sconfitta dell’esercito piemontese a Custoza , nel luglio 1848, costituì un grave colpo alle speranze di liberazione del Lombardo-Veneto, anche se Venezia, per la validità della resistenza “ad ogni costo” riuscì a rimanere indipendente dal 22 marzo 1848 al 24 agosto 1849.

Monumento a Daniele Manin in Campo S. Stefano.jpgCannonate a Venezia.jpgVenezia scriveva così con la sua grande pagina di patriottismo nella storia dell’Ottocento forte_marghera.jpgitaliano, sull’onda della tradizione di sacrifici e del valore che avevano caratterizzato la vita dell’antica Repubblica Serenissima. Durante questo periodo Daniele Manin prese la guida del governo.

Da un punto di vista militare si possono annoverare negli episodi della resistenza la sortita di Mestre, la disperata difesa di Forte Marghera, quella del Piazzale del Ponte della Ferrovia, e la coraggiosa sopportazione dei bombardamenti della città

Ma la mancanza di cibo e le malattie costrinsero gli insorti ad una drammatica resa, e ad un’ulteriore dominazione austriaca, ma ancora per pochi anni, perchè nel 1866 si ebbe la sospirata unificazione con l’Italia.

Querena, festeggiamenti unità d'Italia a Venezia.jpgLo spirito vero, l’aria nuova del risorgimento nei suoi giovani, nelle loro menti più libere e lungimiranti, questo Resistenza a Venezia.jpgIppolito_Nievo.jpgvento di desiderio forte di creare un libero Stato con il resto d’Italia, a cui parteciparono anche altri veneziani o Veneti, come il famoso poeta Ippolito Nievo (padovano) morto da Garibaldino nel naufragio della sua nave ( un giallo ancora tutto da svelare) raccontavano di nuovio ideali, della ricerca degli antichi splendori, dell’impeto vero nel voler rinnovare i fasti e lo stato ideale da cui questi giovani avevano tratto per primi ispirazione.

Mar 13, 2011 - Arte, Chiese, Personaggi, Tradizioni    14 Comments

L’orribile supplizio di Marcantonio Bragadin e il crudele Lala Mustafà Pascià

Marco Antonio Bragadin spellato vivo.jpgMarcantonio Bragadin.jpgChiesa di San Giovanni ePaolo.jpgLa Basilica dei SS. Giovanni e Paolo è considerata il Pantheon dei Dogi veneziani, ma conserva anche le spoglie, anzi  la pelle del Nobil Homo Marco Antonio Bragadin, Governatore di Famagosta  e Capitano Comandante di una legione di seimila uomini destinata alla difesa di quella città.

Venezia aveva dichiarato guerra ai Turchi, ed il Comandante ed i suoi soldati seppero resistere ben dieci mesi all’assedio posto al presidio Veneziano da Lala Mustafa Pascia: egli era convinto che i rinforzi sarebbero presto arrivati, ma diversi problemi impedirono alla Serenissima di soccorrere le proprie truppe. I soldati erano ormai ,logorati dalla fame e dagli stenti, e sottoposti a 200px-Lala_Mustafa_Pa%C5%9Fa.jpgcontinui attacchi che un pò alla volta distrussero la città.

Supplizio di Marco Antonio Bragadin.jpgBattaglia di Famagosta.jpgA richiesta del valoroso Governatore i Turchi concessero la resa con onorevoli condizioni descritte e firmate dai due comandanti in una pergamena bollata d’oro il 2 Agosto 1571.

Tre giorni dopo la resa Bragadin seguito da una schiera di Ufficiali e soldati si recò all’accampamento dei Turchi per la consegna delle chiavi della città. Sembrava e doveva essere una sfilata dignitosa, in base agli accordi presi, ma all’improvviso il Pascià cominciò a deridere le truppe veneziane : gli Ufficiali vennero decapitati e le teste dei soldati ammucchiate davanti alla tenda del Capo Turco, mentre quelle degli ufficialo vennero affisse ad alte lance infisse nel terreno nell’accampamento.

Corte del Pascia.pngBanchetto di Lala Mustafà Pascia.jpgPoi i turchi si lanciarono a saccheggiare ciò che rimaneva della città, violentando donne ed uccidendole con i loro bambini.

Il Comandante Marco Antonio Bragadin venne tenuto in vita per altri undici giorni, poi il 17 Agosto 1571 fu legato e condotto per le vie di Famagosta, ricevendo beffe e botte. Infine venne legato ad un tavolo qui mozzate orecchie e naso,  oltre a subire altre mutilazioni, quindi venne scorticato vivo. Venne squartato e le sue membra vennero lanciate ai soldati turchi, mentre la sua pelle venne riempita di paglia e ricucita, a mò di manichino, e fu fatta girare per le strade sulla groppa di un bue, assieme alle teste di Alvise Martinengo, Gian Antonio Querini e Andrea Bragadin ( suo fratello), quindi issato sul pennone della galera di Lala Pascia che parì per Costantinopoli.

tomba con la pelle.jpgChiesa di San Gregorio.jpgMarco Antoniio Bragadin tortura.jpgSoltanto dopo cinquantun giorni le flotta dei veneziani e degli altri Europei riuscì a trovare un accordo per unire le forze e sconfiggere i turchi. Con la furiosa Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 i Cristiani riportarono una grande vittoria.

La pelle del  Comandante fece ritorno a Venezia nel 1576, trafugata dell’Arsenale di Costantinopoli. In un primo tempo venne portata nella Chiesa di San Gregorio, ma il 18 maggio 1596 gli venne dedicato un monumento dentro cui fu tumulata l’urna contenente quello che restava dell’eroico Governatore.

Orrori terribili, supplizi inumani e ricordo delle persone che con il loro “martirio” hanno contribuito nei secoli a fare di Venezia la Grande Serenissima che attraverso la storia tutti conoscono!

 

 

Mar 8, 2011 - Carnevale, Cucina venexiana, Donne venexiane, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Dalla festa della donna al Martedì grasso e l’apologia della “fritola” veneziana

Dalla festa della donna al Martedì grasso e l’apologia della “fritola” veneziana

MIMOSA-fb9fa.jpgMartedì grasso, in concomitanza con la festa della donna, , compresa me stessa, a cui dono  mimose e bellissimi pensieri: molto meglio se le donne venissero considerate ed apprezzate ogni giorno dell’anno, per tutte le loro incombenze, per la capacità che hanno di sobbarcarsi della conduzione della famiglia e della propria attività: negli ultimi anni devo dire che gli uomini hanno saputo e continuano a riconoscere, in gran parte , il lavoro e le fatiche delle loro compagne, sostenendole e condividendo le problematiche della vita quotidiana: Per cui Viva le donne e Viva i loro compagni che apprezzano e condividono la vita della gente comune, la più eroica: eroi ed eroine in questo mondo faticoso, stressante e poco gratificante.

Desidero comunque proporre qui le delizie dell’ultimo giorno di carnevale, e cercare di riscoprire e condividere con tutti i miei amici l’apologia della “fritola veneziana” dal 1500 ad oggi, e vi prego di cercar di provare con me il “piacere intenso” del primo morso dato ad una fritola, del sapore che si diffonde nella bocca, dell’incontro straordinario con i pinoli o l’uva di Smirne gonfia di liquore, e la consistenza stessa dell’impasto che, dolcemente, si scioglie nella bocca, lasciando il desiderio intenso e insopprimibile di un’altra fritola, di un altro boccone, di piacere, di golosità, di gioia intensa per un uva zibibbo.jpgaltro Carnevale che se ne va assieme ai grani di zucchero semolato che impiastricciano le mani, per cui (senza pinoli_0000.jpgfarsi notare) ci si lecca le dita, come bambini , anzi, trionfalmente, sempre bambini.

Dal cuoco secreto di Papa Pio V, Bartolomeo Scappi, nella sua ” Arte di cucinare” del 1570:

Faccianosi bollire sei libbre di latte di capra in una cazzuola ben stagnata, con sei oncie di butirro fresco e quattro oncie di acqua di rose et un poco di zafferano et sale a bastanza e come il bollo si comincia a alzare di poneranno dentro due libbre di farina a poco a poco, mescolando continuamente con il cocchiaro di legno, sino a tanto che sarà ben soda come la pasta di pane: poi cavasi et pongasi in un vaso di Carnevale.jpgFritoe.jpgrame, ovvero di terra, mescolandola con la cocchiera di legno o con le mani fino a tanto che la pasta sarà diventata liquida; finito che sarà di meter l’ove, battesi per un quarto de ora, fino a tanto che faccia el visiche e lascisi riposare per un quarto d’hora nel vaso ben coperto in luogo caldo e rigettasi un’altra volta.

Poi abbasi apparecchiata una padella con strutto dandogli il fuoco, et muovasi la padella facendo che le frittelle si voltino nel strutto. Come si vedrà che abbian preso alquanto di coloretto e saranno leggiere, cavisino con la cocchiera forata e servisino calde con succaro
sopra.

Frittole veneziane del settecento (Anonimo)

” Sciogliere in un bicchiere di acqua tipedina una noce di lievito e stemperatavi una libbra di Carnevale a Venezia.jpgfritoeveneziane.jpgfior di farina, unire il sale e la buccia di limone grattugiata.
Ridurre la pasta ad una certa mollezza, aggiungendo, se occorre, qualche altro poco di acqua calda. Unire once due di uva di Smirne fatta rinvenire nello spirito di vino o nel rosolio, e lavorare bene. Lasciare riposare in luogo tiepido fino a quando sarà lievitato ben bene.
Poi firggere, lasciando cadere la pasta a cucchiai nello strutto bollente. Subito dopo fritte ravvoltare le frittele nello zucchero.

Frittelle del N.H Pietro Gasparo Moro-Lina (18941)

1/4 e mezzo di farina, 1/4 di pinoli, 1/4 di uva zibibbo, garoffoli e cannella pesta, tre arancia candita.jpgsoldi di naranzetti ( arancia candita) lievito circa un etto, 2 cucchiai di feccia di birra, acqua e un pò di sale, si fa una pastella in un tegame, si lascia lievitare. E dopo alzata si frigge nell’olio o in altro grasso (strutto) prendendo Strutto.jpgla pasta a cucchiai. Sopo cotte le frittelle si spolverizzano con lo zucchero.

Frittelle alla Zamaria ( 1858)

Alla sera sciogliere il lievito e preparare la pasta per friggere; al giorno appresso la pasta si è levata. Vi poni dentro un bicchiere di acquavite e uva di smirne, molta forza per sbattere e friggere con molto olio, ma olio sopraffino.

Frittelle alla Giuseppe Maffioli

carnevale-di-venezia.jpgCarnevale di Pietro Longhi.jpgMezzo Kg. di farina. lievito quanto un uovo, sciolto in acqua tiepida, 4 uova, 75 g. di Fritoleri del Longhi.jpgzucchero, sale, mezzo bicchiere di vino, rapatura di arancia e limone, latte quanto basta per dare morbidezza all’impasto. Si lascia lievitare in luogo tiepido, sotto un tovaglioso, aggiungendo mezzo bicchiere di grappa e si incorporano 100 g. di pignoli e 100 di uvetta fatta rinvenire nel vino. Si mescola ben bene e si frigge a cucchiaiate.

Frittelle a modo mio

Si mette a bagno nella grappa l’uvetta e gli aromi. Si fa sciogliere il lievito di birra (30 g.) in acqua tiepida. Si uniscono 500 g. di farina, 75 g. di zucchero, 2 uova intere e si lavora fritole-veneziane.jpgfrittelle veneziane.jpgl’impasto per qalcuni minuti. Si lascia riposare per un paio d’ore, coperto con un tovagliolo e in luogo tiepido. Si scalda l’olio in abbondante padella, intanto all’impasto si incorporano l’uvetta e i pinoli e la frutta candita ( secondo i gusti) quindi si versa a cucchiaiate l’impasto nell’olio ormai bollente. Quando si saranno gonfiate e saranno ben dorate scolarle su carta da pane, e cospargerle di zucchero: e Buon martedì grasso!!!

Il Rinascimento a Venezia: tra acqua e cielo, iridescenze e bagliori! L’arte a Venezia

venezia.jpgIl carattere distintivo di Venezia, città -Stato sorta dal “fluido” dell’acqua, rispetto al solido del terreno in cui sono state costruite tutte le altre città caratterizzò il Rinascimento in questa Repubblica che di sua natura era “antirinascimentale”, e che costituì quindi un nuovo modo di concepire l’arte in quel periodo storico ed artistico, dal 1400 al 1500, che coinvolse tutti gli altri Stati o Comuni italiani, di cui un esempio di classicità è Ferrara, che perseguì gli ideali urbanistici della “città perfetta”, legata alle teorie della “divina proportione” di Piero della Francesca.

Alba_a_Venezia_-_20-9-1999_z14.jpgIl carattere stesso della collocazione della Serenissima, della sua nascita, come Venere, dalle acque, la particolare fragilità del terreno che si solidificò con il tempo tra la fitta venatura dei canali e i larghi spazi della laguna, e l’importanza del colore e la diversa impostazione della prospettiva che danno alla città un aspetto scenografico e teatrale rispetto alla solidità della struttura e all’integrazione razionale delle proporzioni secondo i rapporti matematici che creavano la bellezza secondo i canoni del rinascimento l’armonia della bellezza ideale, tanto ricercate dagli artisti dell’epoca, dall’Alberti al Palladio la rendono una città artisticamente ed architetturamente diversa.

venzia_sangiorgio_alba.jpgProspettiva e colore sono due termini quindi che fanno parte di Venezia, così come acqua e cielo, e l’atmosfera venezia di seera.jpgVenezia di sera.jpgVenezia di notte.jpgche circonda questa straordinaria città compartecipano alla visione architettonica con il riflesso dell’acqua e l’apparente scomposizione delle forme che deriva dal suo moto ondoso, dal delicato movimento della laguna, e dalle luci che cambiano a seconda delle ore del giorno: l’alba, il sole, il tramonto, la sera, la notte.

Carpaccio Sogno di S.Ordsola Accademia.jpgimm63%20CARPACCIO-congedo%20degli%20ambasciatori.jpgRitorno degli Ambasciatori del Carpaccio alle Gallerie dell'Accademia a Venezia.jpgFrancesco MARIA DELLA rOVERE DEL cARPACCIO COLLEZIONE vON tYSSEN lUGANO.jpgA Venezia le regole dell’architettura del Rinascimento dovettero adattarsi  alla singolare struttura della città e al prepotente predominio della pittura su tutte le arti, espresse in modo imperioso e delizioso dal Carpaccio e dal Bellini:

Straordinaria la riproduzione dell’architettura dell’epoca del Lombardo e del Codussi nei quadri di Carpaccio, come l’arrivo degli ambasciatori, il sogno di S. Orsola,e il Congedo degli Ambasciatori ( presso le Gallerie dell’Accademia)oltre che alla pulizia dell’ immagine di Francesco Maria della Rovere (collezione Von Tyssen a Lugano) che nel 1535 divenne capitano della Repubblica Veneziana ( suggestivo il cartiglio in bassio a sinistra, presso l’ermellino con la scritta “Malo mori quam foedari” ( meglio morire che contaminarsi) Esistette  quindi nell’arte, e proseguì fino ai vedutisti del settecento una città proposta in un’aria lucida , pulita, ventilata da un fresco vento di bora, che accresceva la puntualità della visione rendendola precisa, lenticolare e spaziata allo stesso tempo, unita anche ad un visione alla Gentile_Bellini_004.jpgFrancesco Guardi, colorata da striature di nuvole rosa che si formano al tramonto, con leggeri soffi di scirocco, su lontani raccordi Francesco_Guardi_001.jpgdi prospettiva che dilatano lo spazio.

Andrea_del_castagno,_affreschi_di_san_zaccaria,_san_giovanni_battista.jpg20090930142047!Andrea_del_castagno,_affreschi_di_san_zaccaria,_dio_padre.jpg88px-Andrea_del_castagno,_affreschi_di_san_zaccaria,_san_giovanni_evangelista.jpg133-DELCASTAGNO.jpgAndrea del Castagno, autore degli affreschi rappresentanti il Padre Eterno, gli Evangelisti e i Santi nella Chiesa di S: Zaccaria, datati 1442, rappresentò il distacco di Venezia dalla tradizione bizantina assimilando e facendo propri i caratteri dell’arte occidentale, evidenziando quindi la propria fondamentale importanza nell’evolversi dell’arte della Serenissima.

venezia-ca-d-oro.jpgpalazzoducale1.jpgLegata alla visione pittorica, ecco che urbanisticamente si evolse il gotico fiorito, esempio mirabile è il Palazzo Ducale, ma anche la Cà d’Oro, e tanti altri palazzi.
Venezia comunque sempre unica, diversa, mirabile, che tutt’ora rimane cristallizzata nelle immagini proposteci dai pittori che più di altri colsero quest’aria, che tutt’ora c’è, questa luce unica, luminosa, che tutt’ora penetra nell’acqua gentilmente, e ne fa scaturire riflessi che abbagliano, mille colori che riverberano emozioni……l’unicità della città sospesa tra la terra e l’acqua, tra il sogno e la fiaba.

Immagini del Carnevale del 700 veneziano: Pietro Longhi

Maschere al ridotto di Pietro Longhi.jpgUna Venezia speciale e sempre sorprendente per i festeggiamenti di Carnevale, festa che aveva inizio a S. Stefano, e finiva il martedì grasso, ed in questo periodo era permesso l’uso delle maschere, e si proponevano per i campi ed i campielli intrattenimenti per il popolo, a cui assistevano anche il Doge ed i Magistrati più influenti.

6625362_pietro-longhi-1.jpgA dare risalto a questi festeggiamenti, all’atmosfera che si respirava, alle maschere veneziane, al fremito di gioia di vivere che percorreva questa splendida città rimangono, oltre che a stampe antiche, i fantastici quadri di Pietro Longhi, dal Rinoceronte, alle maschere al Ridotto, a quesi riti che fecero del Carnevale di Venezia un susseguirsi di feste ed eventi.

Il rinoceronte di Pietro Longhi.jpgPietro Longhi - Carnevale.jpgforze d'ercole e caccia al toro in Piazzetta a Venezia.jpgCarnevale di Pietro Longhi.jpgcazza-ai-tori.jpgsvolo_turco.jpgCaccia ai tori in Piazza San Marco.jpgcaccia ai tori.gifforze d'ercole.jpgMolto seguite erano le corse dei tori, in Campo S. Polo e a San Marco, le forze d’ercole, piramidi umane, il volo del turco, che ora è diventato il volo della Colombina, ma suggestivi e frizzanti gli incontri  nelle strette calli, nelle gondole, nei campi: sia donne che uomini osavano di più, con la complicità dell’ombra, delle maschere a celare il volto e di quella voglia di trasgressione, di libertà tipiche del popolo veneziano, dalle dame alla popolane.

Per augurarvi buon carnevale desidero riproporvi queste testimonianze…e Buon divertimento a tutti!

L’arte dal 1440 a Venezia ed il popolo “più moderno del mondo” I° parte

800px-Giovanni_Bellini_Sacra_Conversatione.jpgS. Giorgio Alle Gallerie dell'Accademia di Venezia di Mantegna.jpgandrea-mantegna.jpgNel 1453 Nicolosia, figlia di Jacopo Bellini sposò Andrea Mantegna, e questo connubio stabilì un legame profondo anche con i due fratelli della sposa, uomini di grandi qualità artistiche, Gentile e Giovanni.

La pittura e la scultura veneziana ebbero in quell’epoca una fioritura legata Cappella Colleoni di pietro e Tullio Lombardo.jpganche ad altre famiglie di illustri pittori: i Vivarini ( Antonio Bartolomeo ed Alvise) e quella dei Lombardo ( Pietro, Tullio ed Antonio) i quali operavano nell’ambito della scultura e dell’architettura.

La ricchezza dei motivi provenì dal rigoglio artistico diffuso in tutta Italia dalla metà del Quattrocento, e dalla vastità degli interessi artistici per cui Alvise Vivarini.jpgAntonio vivarini - Incoronazione.jpgVenezia era aperta ad ogni forma d’arte.

La grande pittura non fu quindi prerogativa solo delle chiese, ma entrò Sala del Maggior Consiglio a palazzo Ducale.jpgsontuosamente ad ornare palazzi, come le singole sale del Palazzo Ducale e la Sala del Maggior Consiglio, ed anche nelle Scuole grandi, per proseguire nelle Scuole piccole ed arrivare infine sugli affreschi dipinti sulle facciate delle case.

Venezia venne inondata dalla  pittura ed espresse la sua vocazione profonda per quest’arte, la più congeniale al carattere della sua gente, all’edonismo raffinato ed alla fantasiosa ricerca di immagini suggestive  che erano insite nel “piacere di vivere” di questo popolo.

Antonio vivarini - Incoronazione.jpg” La stessa pace interna ” dice il Barenson ” goduta da molte generazioni accrebbe ai veneziani un desiderio di comodità, di agi, di splendori e di raffinatezze, un’umanità nel sentire che fecero di essi il primo popolo moderno d’Europa”.

Giustiniani.jpgBartolomeo_Vivarini_Virgen_con_el_Ni%C3%B1o_NG_Washington.jpgGiovanni Bellini.jpgGiovanni Bellini (1430-1516) si estrinsecò con una profonda vena di ascetismo medievale  che s’unì all’introspezione e all’intensità umana dei personaggi: questo lo lega in qualche modo alla sensibilità ed alla spiritualità religiosa di San Lorenzo Giustiniani ( a cui dedicherò molto presto un post), primo patriarca di venezia nel 1451, alla ricerca umanistico-platonica di Ermolao Babaro, alla aristocratica corrente del pensiero agostiniano dei monaci del convento di San Giorgio in Alga, che annoverarono nel quattrocento ben due Papi.

La Lunga attività di Giovanni Bellini fu innestata nella vita artistica veneziana del tempo: nato verso il 1430 iniziò la sua attività verso il 1450, epoca in cui il famoso cognato, Andrea Mantegna operava a Padova. L’incontro con il Mantegna lo partò a cercare di amplare i propri orizzonti, e, durante un suo viaggio a Pesaro ebbe modo di conoscere l’arte di Piero della Francesca.

vivarini_passione_cadoro.jpgGiovanni_Bellini_Crocifisso.jpgGiovanni Bellini a Palazzo Ducale.jpgCappella Colleoni di pietro e Tullio Lombardo.jpgNel 1475 si incontrò a Venezia con Antonello da Messina che operò un nuovo mondo sulla visione pittorica. Nel 1479 venne chiamato a dipingere in Palazzo Ducale, e divenne quindi pittore Ufficiale di Venezia. Ai primi del cinquecento si accostò da genio alla pittura dell’allievo Giorgione, e ne interpretò il suo nuovo stile.

La pittura, la scultura e le arti veneziane meritano sicuramente molte più illustrazioni e osservazioni: per ora mi soffermo a ripensare a quell’età dell’oro, meravigliosa, ricca di fermenti artistici, di incontri fra pittori, architetti, artisti vari, l’apertura totale e l’accoglienza di una Serenissima all’avanguardia, sempre e comunque!

 

La Magia e la Malizia del Teatro del 500 a Venezia

Commedia italiana.jpgcompegnie della Calza.jpgAbbiamo raccontato dell’origine delle Compagnie della Calza a Venezia, gruppi di giovani che si riunivano per costituire eventi e rappresentazioni nei palazzi, nei teatri ed anche per i campi ed i campielli a Venezia.

Menego o meneghino, personaggio del Ruzante.jpgimmagine teatrale da un'opera del Ruzante.jpgIl Ruzante.jpgTra le opere da loro rappresentate vi furono diverse commedie del Ruzzante ( Angelo Beolco) commediografo padovano (1500-1542) che proprio per le sue caratteristiche di semplicità e di immediatezza erano ben gradite al pubblico veneziano. Bastano infatti alcune parole del prologo della “Betia”, recitata in dialetto padovano a Palazzo Ducale a Venezia il 5 Maggio 1523 per chiarire la posizione realistica del Ruzzante: ” il naturale tra gli uomini e le donne è la più bella cosa che ci sia, e perciò ognuno deve andare per la via diritta e naturale, perchè quando tu cavi la cosa dal naturale essa s’imbroglia. Ma perchè gli uccelli non cantano mai così bene nelle gabbie, come fanno sui salici, nè le vacche fanno mai tanto latte nella città, quanto ne fanno fuori, alla rugiada, allo stato selvatico?…”

maschere della commedia.jpgUno dei più grandi ammiratori di Ruzzante fu Galileo Galilei.

Machiavelli.jpgLa Mandragola.jpgNaturalmente furono rappresentate anche commedie del Teatro Classico, come calmo03.jpgcommedia di Andrea Calmo.jpgi <Menaecmi”, l”Asinara” e il ” Miles Gloriosus di Plauto, e l'”Adelphi” e l” Andria” di Terenzio, ma secondo il gusto dei veneziani, del loro spirito libero, le opere buffonesche furono quelle più gradite, come quelle a dir poco “salaci” di Pietro Aretino e Andrea Calmo, la Mandragola” di Machiavelli, la ” Calandria” del Bibiena e la “Cassaria” dell’Ariosto.

Ma il capolavoro delle scene Veneziane in quell’epoca fu il dramma ” La Venexiana”, compiuto intorno al 1535 e in cui La Calandria di Bibbiena.jpgPietro aretino 1.jpgl’autore, ignoto, è riuscito tracciare una storia d’amore in un incantevole ” momento di vita”: ” Non fabula, non comedia ma historia” è premesso nel sommario del testo: episodio di vita vissuta con preciso legame dei luoghi, non racconto inventato.

venexiana.jpg” E’ un’indicazione recisa e precisa di volontà espressiva e rappresentativa dell’autore, dice V. Branca, il quale genialmente fuse le intenzioni satiriche e vendicative contro certe famiglie ( che erano all’origine del provvedimento contro il teatro licenzioso e che nella “Venexiana” sono scoperte nei loro segreti d’alcova) con l’affascinante e potente intenzione della società veneziana, colta in uno dei momenti più splendidi e voluttuosi.

Nicolò Barbieri.jpgIl teatro, per la libertà del linguaggio e comportamento del pubblico e degli attori, venne sempre più in sospetto alla Repubblica e particolarmente alla Compagnia dei Gesuiti che ottenne un decreto nel 1581 contro le rappresentazioni delle commedie, provvedimento poi revocato in seguito.

 

Le testimonianze dei miracoli della Santissima Croce a Venezia: una sospensione nel tempo e nello spazio di questa meravigliosa ed unica città

Sa Giovanni EvangelistA.jpgC’è un periodo veneziano, che va dal 1496 al 1501, in cui alcuni pittori di grande rilevanza ed espressività, lasciarono il loro segno, la loro testimonianza, quasi fotografica, della Venezia di quegli anni specifici. Vittore Carpaccio, Giovanni Mansueti, Gentile Bellini , Lazzaro Bastiani e Benedetto Diana.

Scuola Grande di S. Giovanni evangelista_ Lazzaro Bastiani e il dono della Reliquai della Santissima Croce.jpgLo scrigno, causa e conservatore di queste memorie fu la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Scuola fondata nel 1261, della corporazione dei Battuti, una delle più rinomate e conosciute della Serenissima, dedicata alla devozione a San Giovanni Evangelista.

Nel 1369 Phlip de Mazieres , cancelliere del Regno di Cipro e di Gerusalemme giudicò tale corporazione degna di ospitare la reliquia di un frammento della Santissima Croce di Cristo, per cui decise di donare questa reliquia a questa Schola.

Proprio in seguito a questo dono, di incommensurabile valore, la Schola venne ristrutturata, grazie alle donazioni dei fedeli più o meno abbienti, e dal 1414 al 1420 essa venne ricostruita: Definita Scuola Grande, il consiglio dei dieci decise di arricchire il “contenitore” di tale reliquia di opere d’arte.

Gentile_Bellini_004.jpgVittoreCarpaccioMiracoloReliquiaSantaCroce.jpgA tale scopo, per ogni miracolo che la Santissima Reliquia operò , vennero incaricati artisti presenti all’epoca per darne quasi una sequenza direi “fotografica” degli eventi, cristallizzando in questo modo una Venezia antica, ma, per chi percorre quelle calli, attraversa quei ponti è  talmente attuale che ci si trova come intrappolati in un “ingorgo” spazio temporale, per cui, attraversando il ponte di San Lio, o attraversando il Canale di San Lorenzo la vita che si svolge intorno è quasi la stessa, i Palazzi, affacciati nei campi o nei Rii sono i medesimi che, alzando gli occhi sono li, testimoni “muti” di un passato che è ancora fremente e vivo salendo quei gradini, o guardando una finestra di una casa in cui la padrona batte i suoi tappeti, fa prendere aria alle stanze.

Mansueti. Il miracolo della Croce aSan Lio.jpgQuesta è Venezia, questa è la realtà di una città sospesa non solo tra gli elementi (aria, terra, acqua) ma anche nel tempo, per cui non c’è bisogno di immaginare come in un film di fantascienza un viaggio in tale dimensione, poichè il passato è sempre qui, presente, basta soltanto immergersi…guardando con gli occhi delle persone che, con lo sciabordio della laguna si ritrovano a navigare sulle gondole, a quelle che, curiose, vogliono seguire le varie processioni, a San Marco, o sbigottite assistono alla caduta della Reliquia nel Rio di San Lorenzo, ( testimone comune Caterina Cornaro, ex regina di Cipro)  ed al suo recupero permesso miracolosamente soltanto al Capo della Scuola.

Vittore Carpaccio, con la sua realtistica testimonianza, ci porta in un’epoca passata: il Ponte di Rialto è ancora in legno, anche se i Palazzi rappresentati sono ancora presenti ( a parte il fondaco dei Persiani, andato bruciato ), ma il vivere veneziano è rappresentato, tale e quale come ora!!!

134px-Giovanni_di_Niccol%C3%B2_Mansueti_005.jpgI miracoli (veri o finti) rappresentati in quei quadri vanno dalla guarigione dell’ossesso(Miracolo della Croce a Rialto del Carpaccio) al miracolo rappresentato dal Mansueti in cui, in occasione di una processione , la reliquia cade nel Canale di San Lorenzo, e l’unico che riesce a recuperare la reliquia fu Andrea Vendramin, Guardian Grande della Scuola.

Miracolo della Santissima Croce a San Lio del Mansueti.jpgE di seguito altri miracoli rappresentati; Guarigione di Pietro Ludovici,  (Gentile Bellini) guarigione della figlia di Benvegnudo da San Polo (1501 circa), la guarigione dell’ossesso che al grande  Carpaccio dette l’opportunità, riprendendo in un breve scorcio alla sinistra in alto del miracolo, della vita vera, pullulante, direi  metropolitana di uno Stato veramente particolare, unico, meraviglioso, ed in cui, camminando tra i ponti, guardando i palazzi e specchiandoci sui rii il cielo stesso riflette la Venezia vera, forte, giusta, veramente democratica Repubblica di cui i Veneziani di origine possono essere orgogliosi, e io, almeno, mi sento tale!! Ora i teleri sono raccolti e custoditi presso le Gallerie dell’Accademia a Venezia!

 

La storia di Palazzo Ducale a Venezia, ed i suoi costruttori, maestri muratori e meravigliosi artigiani artefici di tanta bellezza.

palazzoducale1.jpgIl Palazzo Ducale, mirabile esempio di gotico fiorito, come ci appare oggi è formato da tre parti: una lungo il Rio di Palazzo, un’altra verso il bacino di San Marco che risale al 1340 ed è l’elemento originario, e la parte che da sulla Piazzetta.

Le parti successive sono state sviluppate da questo primo nucleo verso la fine del 1300, e sono di straordinaria novità per la struttura, la forma architettonica delle ali, e con funzioni, all’epoca, di governo, di amministrazione giudiziaria e di abitazione del Doge.

Il 28 Dicembre del 1340 il Gran Consiglio stanziò la somma di circa 10.000 ducati( somma molto ingente ) per la costruzione di un’enorme sala che potesse contenere 1,212 membri che facevano parte del Maggior Consiglio: a Ducale%20sala%20Maggior%20Consiglio.jpgquesto elemento era delegato il potere legislativo di cui facevano parte quello del Senato ( consiglio dei Pregadi) l’ordine esecutivo ( Doge e Ministri) e giurisdizionale ( Il Consiglio dei Quaranta).

Sebastiano Ziani.jpgLa storia del Palazzo si configura mediante varie ricostruzioni in tre epoche distinte: una palazzo-ducale-balcone_JPG.jpgDoge Michele Steno.jpgprima quindi, coeva alla formazione della Città ed alla costruzione della Basilica di San Marco, subito dopo il trasporto del corpo dell’Evangelista Marco nell’828; una seconda voluta dal Doge Sebastiano Ziani e composta da tre edifici separati, e la terza, compiuta nella seconda metà del 1300 e nel primo quattrocento, ed è quella che noi possiamo vedere. Nel 1404 il doge Michele Steno fece costruire da Pier Paolo e Paolo delle Masegne un balcone – tabernacolo sui cui domina la statua della Giustizia, dogma su cui la Serenissima basava uno dei suoi cardini, e rappresentata innumerevoli volte con statue e rappresentazioni allegoriche nei vari edifici della Repubblica.

Nella deliberazione del Maggior Consiglio del 21 settembre 1415 si scala dei giganti.jpgfece presente l’urgenza di costruire una nuova scala d’accesso per la sala  di riunione dei suoi membri  e successivamente il 27 settembre 1422 sempre il Maggior Consiglio decise di sostituire il vecchio palazzo, dove si amministrava la giustizia, che sorgeva lungo la Piazzetta verso la Chiesa di San Marco, con la continuazione del nuovo palazzo affichè corrispondesse al ” solenissimo principio nostri Palaci novi”.

Scultura sulla facciata.jpgL’opera di demolizione della vecchia costruzione e di continuazione del nuovo Palazzo dalla capitelli gotici.jpgsettima colonna alla Porta della Carta ebbe inizio il 27 marzo 1424. Le statue in pietra d’Istria, di cui abbiamo già parlato, ed il capitelli gotici ed esoterici vennero riportati e ridistribuiti nel nuovo edificio.

Lo spazio occupato prima dai vari edifici e poi dell’unico che ne risulta è  il medesimo , e per diverse ragioni si ritiene che la facciata di Palazzo Ducale verso la Piazzetta dovesse avere le proporzioni dell’Ospizio Orseolo in Piazza San Marco, come appare nel quadro di Gentile Bellini del 1496 ” Processione in Piazza San Marco”.

Non si conoscono i nomi degli architetti che idearono prima le varie componenti, quindi il Palazzo così come lo vediamo ora: i documenti fanno cenno ad un Maestro Enrico, poi Pietro Baseggio e Filippo Calendario, che morì nella congiura di Marin Faliero del 1355.
Sembra quindi, come ipotizzato da Elena Bassi che ha studiato con profonda cura tutta l’architettura del Palazzo, che l’ideazione dell’edificio risalga ai Procuratori “incaricati dal Governo di seguire i lavori con le maestranze”.

taiapiera.jpgI documenti parlano quindi dei ” maestri muratori” o taiapiera, ( legati come sappiamo dalla corporazione e dalla prima loggia massonica a Venezia, che lasciarono le loro tracce  nei capitelli esoterici e gotici del porticato)), e si intuisce che dietro a quel gruppo c’era la mente illuminata che guidava i lavori, ma, come era uso nel medio evo, questa persona restò anonima poichè la Repubblica assegnava la responsabilità, il merito o il demerito di un’opera all’incaricato politico di eseguirla.

Gentile_Bellini_004.jpgPalazzo Ducale nacque quindi dalla prassi artigianale, che a Venezia perdurò molto più a palazzoducale2.jpglungo di altri centri italiani anche a motivo della particolare e connaturale conformazione della città.Artigiani artisti, decoratori meravigliosi, maestri falegnami e il gusto unico prettamente veneziano, città occidentale ed orientale insieme miracolosamente sorta tra le acque della laguna e, con tutti i suoi enormi problemi, ancora qui, tutta da godere, da esplorare e da amare.

Andar per bacari a Venezia

Volevo fare un omaggio agli innamorati, fortunati e saggi che sono a Venezia oggi,  ma anche a chi, per la gioia degli occhi e del luogo incantato hanno deciso di venire a Venezia per vivere qualche ora in questa fantastica città!

Ed allora, con l’amore e con il divertimento il mangiare bene è un elemento determinante.

A Venezia esiste il Bacaro, luogo dove si mangiano i “cicheti” da ciccus, piccola quantità, cioè assaggi di cibo delizioso e tipicamente veneziano, e bac, da Bacco, quando è logico e naturale accompagnare il cibo con una sana “ombra” (bicchiere ) di vino.

Ecco che allora trasmetto a chi è interessato ad assaggiare le vongole saltate, la bottarga, le cicale di mare lessate, il Baccalà Mantecato (una delizia) seppioline in umido,
cappe sante al forno, moeche fritte, cozze saltate e Carpaccio. 

Oppure bigoi in salsa, gnocchi di patate, pasta e fasioi, , risi e bisi, risotto di vongole, riso con asparagi e riso con la salsiccia.

Branzino al forno, cefalo ai ferri, coda di rospo lessata, polpetti lessati e conditi, frittura di pesce misto, le famosissime sarde in saòr, sarde fritte, seppe col nero e seppoline arrosto.

Poi il fegato alla veneziana, anara ripiena con immancabile polenta.

Alla fine i bussolà ed i baicoli.

Dove mangiarli:

dalla Marisa ai 3 Archi
Osteria alla Vedova, calle del Pistor
al Bagolo, Campo S. Giacomo dall’Orio
Alle Alpi da Dante vicino Salizzada S. Francesco
Ai do Mori a Rialto
Al Garanghelo S. Polo
Ai promessi sposi in Strada Nova
Enoteca Do Colonne a S. Marquola
Da Lele ai Tolentini

Pagine:«1...23242526272829...39»