Mag 10, 2011 - Arte, Tradizioni    3 Comments

Osèle dogali e romantiche murrine a Venezia

Osele selvadeghe.jpgLa Vigilia del Santo Natale i Dogi veneziani erano soliti regalare ai nobili ed ai membri del Maggior Consiglio, cinque uccelli palustri, provenienti dalle vicine valli da pesca, chiamati ” Osèle selvadeghe”.

In questa consuetudine si affiancò, dal 1275 l’Isola di Murano, sede della potente “corporazione dei vetrai”trasferitasi in quell’isola perchè utilizzare le fornaci a Venezia città poteva comportare grossi rischi di incendi, visto che i tetti delle case erano ricoperti di paglia.

doge Antonio grimani.jpgNel 1521 il Doge Antonio Grimani convertì il dono “in natura” nell’omaggio di una moneta, chiamata appunto ” Osèla”, e Alvisde Mocenigo Osdella.jpgBattitore di oselle.jpgdoge Pietro Loredan osella.jpgFrancesco Loredan Osella.jpgl’occasione della consegna di tali monete venne trasferita alla ricorrenza dell’Ascensione.  L’ultima serie di “Osèle” venne coniata nel 1796. Nel frattempo venne data anche a Murano l’opportunità di coniare tali monete, che erano fatte d’oro o d’argento.

In seguito, oltre ai metalli nobili, furono coniate monete in fusione di vetro, con le matrici stampate a pressa di maglio. Queste furono autorizzate con Bolla Dogale, ed in una facciata veniva riprodotto lo stemma Dogale, e nell’altra il volto del Podestà. Le La prima Osella Muranese.jpgOselle.jpgOselle 3.jpgmedaglie venivano donate anche a cittadini che avevano raggiunto meriti ragguardevoli.

 

 

 

 

LE MURRINE

Murano 1.jpgantica murrina.jpgL’origine della murrina è leggendaria: Anticamente ogni vetraio realizzava delle composizioni con un miscuglio di vetro colorato come campionatura, per poi descrivere  le varie dosature nel suo manuale segreto.

Murano.jpgIl maestro vetraio era geloso delle sue murrine, perchè nascondevano le composizioni selezionate, che diventavano la base esclusiva dei colori per le lavorazioni più pregiate.

Quando c’erano delle murrine mal riuscite venivano gettate in lagura dai vetrai, per non farle ritrovare da nessun altro che potesse copiare la composizione.

Murrine 3.jpgvetreria a Murano.jpgLe murrine erano di forma circolare, col cilindro di uno spessore somigliante ad una moneta. Il diametro poteva variare, ed erano realizzate in una vasta gamma di colori.

Col tempo esse vennero utilizzate come moneta di scambio in certi paesi dell’Asia e della Persia dai mercanti veneziani. In certi casi veniva creato un foro per essere infilate nel cordone  di cuoio della sacca dove venivano custoditi i denari.

Nel corso dei secoli le Murrine vennero regalate alle fanciulle, venivano legate con una cordicella e venivano altra murrina as Venezia.jpgcollana antica con murrina.jpgcollana con pendente antico di mufrrina.jpgappese al collo dell’amata.

orecchinchini di murrina.jpgmurrina 5.jpgAnfora con murrine.jpgaltro impiegto dell'arte della murina.jpgAntiche tradizioni create con il fascino del fuoco , la maestria e l’alchimia degli antichi vetrai veneziani.

Venezia nata dal nulla: tra leggenda e storia

Alba_a_Venezia_-_20-9-1999_z14.jpgLa leggenda di Venezia nata dal nulla, condivisa da tutti i veneziani e che fa parte delle nostre origini: storia, leggenda? il senso di libertà ed orgoglio di questo popolo nato libero e che della libertà di tutti ha fatto una sua bandiera.

reperto dei veneti.gifterrittorio degli Eneti.jpgdecima_regio_romana_situazione.jpglaguna dei veneziani.jpgL’imperatore romano Augusto aveva suddiviso il territtorio italico in regioni, tra cui la X -Decima, che comprendeva l’Istria, e le popolazioni facevano parte dell Eneti, poi nominati Veneti originari che popolavano le terre comprese tra le Alpi e il Mare Adriatico, l’Istria, i fiumi Oglio, Adda e Mincio.

Qui ebbe inizio Venetia, non in terraferma, ma nella zona lagunare, composta da isole, lidi e barene sparse tra le foci dell’Isonzo, del Piave, del Sile, dello Zero, del Dese, Brenta, Adige e Po, con tanti altri piccoli affluenti che si immettevano in laguna per tutto il comprensorio che andava da Grado a Cavarzere.

attila3.jpgteodorico-re-dei-visigoti_imagelarge.gifLa nuova Venezia si formò quindi nel IV secolo , dopo l’invasione dei barbari Visigoti, e verso la metà del V (452 d.c.) con le scorrerie degli Unni guidati da Attila. Le lagune furono quindi territtorio sicuro per le popolazioni della terraferma che fuggivano da un terribile nemico -conquistatore.

guerriero longobardo.jpgguerr_longobardo.jpg1345_longobardi-.jpgIn seguito con l’invasione dei Longobardi, popolazione tanto barbara quanto feroce, orde ben decise a rimanere nelle zone comprese tra Padova ed Altino: questa invasione, anzichè indebolire i veneti diede loro nuovo stimolo per creare una popolazione vera ed una vera città: la seconda antica Venezia, che era già marinara ma non ancora istituita come città, e che divenne tale nell’800.

la moneta di Vitige.jpglettere di Cassiodoro.jpgcassioacquerello.jpgLa leggenda della nascita di Venezia dal nulla venne in qualche modo creata e divulgata dal grande Prefetto del Pretorio Cassiodoro che nel 537-538 inviò una lettera ai Tribuni locali per organizzare un rapido trasporto marittimo dall’Istria a Ravenna ( in Italia regnava allora il Goto Vitige) utilizzando quell’opportunità di percorsi lagunari in cui le imbarcazioni scivolavano tra le isole, le barene ed i canali.

L’alternarsi delle maree sommergeva e poi scopriva il suolo, e le abitazioni molto modeste erano dei casoni di legno con i tetti d’erba secca intrecciata, o da canneti di palude.
Così Cassiodoro descrisse Venezia: ” Sembra che con le vostre laguna%20venezia-300.jpglaguna veneta.jpgcasone.jpgbarche voi scivoliate sui prati perchè da lontano non si distinguono i canali dalle barene; altre volte la vostra casa è sui canneti, come quella degli uccelli acquatici e, mentre di solito si legano alle porte di casa gli animali, voi, davanti alla porta delle vostre case fatte di vimini e canne, legate le vostre barche.

Per i veneziani era una vita povera ma sostenuta da una costanza di operosità e laboriosità di persone impegnate nella coltivazione agricola, in quella marinara e nella pesca, con lo sfruttamento delle saline.

Essi si cibavano di selvaggina, pesce e verdure coltivate o selvatiche.

cason.jpgBarena.jpgL’opera di libere genti che abitavano in queste zone col successivo sopraggiungere  delle popolazioni in fuga dai barbari invasori, instaurandosi nelle isole disabitate e deserte, per cui l’affermazione inventiva di Venezia che nacque dal nulla è una bellissima leggenda, ma forse la storia vera da ancor più merito a tale popolazione antecedente all’avvento dei Romani, come dimostrano ritrovamenti archeologici. Queste scoperte sono venute alla luce durante gli scavi di ripristino  e di restauro nelle varie isole che compongono meravigliosamente l’insieme di questa fantastica città. Rimane quindi importante l’aspetto politico dell’originaria libertà di Venezia, col leggendario racconto  ed il riflesso di un programma ideologico e politico destinato ad impedire ogni pretesa rivendicazione da parte delle autorità.

sitotorcello.jpgNel 639 vi fu la caduta di Oderzo, allora sede dell’Amministrazione Civile e Militare della Provincia, che liberò in Casone veneziano.jpgqualche modo questa nuova Venezia, che divenne finalmente città marittima, prodromo della sua espansione e del suo riconoscimento, in seguito, come Stato, poi divenuto Repubblica: Una lapide commemorativa dell’evento si può ammirare ancora presso la chiesa di Santa Maria di Torcello.

Venezia-Ponte-di-Rialto-12.jpgNel frattempo cominciavano i primi insediamenti in Rio Alto, e la prima vera costruzione di un centro, un nucleo di quella che fu la fierissima, splendida e dominante Serenissima.

 

Tanti metri sopra il cielo di Venezia

Ermolao Barbaro.jpgJacopo de Barbari, incisore volante, tanti metri sopra il cielo per mostrare una Venezia vera, pullulante di vita, in crescita…è una sorta di excursus nel tempo e nello spazio  di una città carica di misteri, tesori, bellezze languide in bilico tra l’occidente e l’oriente, Oriente che la rende ancor più affascinante ed unica.

E quasi misteriosa è la nascita di questo genio della pittura e dell’incisione. Conosciuto con il nome de’barbari, de barberi, Barbaro,Barberino o Barbarigo (Venezia 1445 – 1516) e la sua unicità è la particolare tecnica di incisione.

Se il nome e la data di nascita sono incerti, egli fu descritto comunque da Albrecht Durer come ” vecchio e stanco”nel 1511.

apolllo e diana.jpgAlvise Vivarini.jpgcauduceo.jpgIl suo simbolo era il caduceo, il simbolo di Mercurio, e sembra pure che non facesse parte della nobile famiglia dei Barbaro , anche considerando che non fu mai elencato nella genealogia di questo casato.

Non si sa molto dei suoi primi decenni, nonostante Alvise Vivarini  sia stato indicato come suo maestro. Nel 1500 lasciò Venezia per la Germania, lavorò per l’imperatore Massimiliano I di Norimberga per un anno, poi si trasferì in Sassonia, per lavorare per Federico il Saggio, tra gli anni 1503, 1505, poi a Brandeburgo, tra il 1506 – 1508. In Germania fu conosciuto come Jacopo Waltch da Walsch, straniero, appellativo spesso usato con gli italiani.

arsenale di de Barbari.jpgapprodo de Barbari.jpgSembra che abbia fatto ritorno a Venezia con Filippo I di Castiglia, per il quale lavorò successivamente in Olanda. Nel 1510 lavorò per il successore di Filippo, Margherita d’Asburgo a Bruxelles e Malines.

veduta venez8ia.jpgveduta 15.jpgsquer1.gifNel gennaio 1511 si ammalò e fece testamento; a marzo l’Arciduchessa gli concesse una pensione a vita, vista la sua vecchiaia e la debolezza (debilitation et vieillesse) morì nel 1516 lasciando all’Arciduchessa ventitrè splendidi piatti cesellati.

venezia 8.jpgverduta.jpgvenezia 12.jpgvenezia 11.jpgLa sua prima opera documentata è l’immensa (1,315 x 2,818 metri, sei pannelli) e cartografia.jpgcon campanile.jpgdall'alto.jpgimpressionante Rialto de Barbari.jpgxilografia Veduta di Venezia del 1500, il 30 ottobre 1500 la Repubblica di Venezia  concesse all’editore tedesco Anton Kolb il privilegio di stamparla, dopoi tre anni impiegati sull’opera ad Museo Correr.jpgincidere minuziosamente su legno di pero le tavole (ora questi  stampi sono San Giorgio De Barbari.jpgcustoditi presso il Museo Correr a Venezia ).

Torre orologio de Barbari.jpgimagesCA4RAKRP.jpgillustgrazione.jpgd'uccelo de Barbari.jpgQuest’opera fu subito considerata un’impresa spettacolare e provocò fin dall’inizio un profondo stupore. Oltre alla veduta di Venezia produsse altre due opere con la stessa tecnica: Il trionfo di un uomo su un satiro, e La Battaglia tra uomini e satiri. Sicuramente, in queste due ultime opere, risulta importante l’influenza di Andrea Mantegna.

veduta 17.jpgveduta venez8ia.jpgprospettica.jpgparticolari de Barbari.jpgnatura morta.jpgVenezia 9.jpgLuca Pacioli.jpgimmagini de Barbari.jpgSono famosi e splendidi anche i suoi dipinti, come la natura morta con pernice, guanti di ferro e dardo di balestra, o il ritratto di Andrea Pacioli. Dipinse anche “Lo sparviere” (National Gallery, Londra) probabilmente facente parte di un’opera di dimensioni maggiori.

veduta 19.jpgveduta 18.jpgveduta 16.jpgTra i vari capolavori sparsi in tutto il Venezia 10.jpgmondo il Louvre possiede una Sacra Famiglia con San Giovanni, e a Filadelfia viene custodito il dipinto ” Il vecchio amoroso della giovane.”

 

 

Apr 28, 2011 - Senza categoria    1 Comment

I cani da burcio: insostituibili amici dei veneziani

can da burcio.jpgNel cuore e nella vita dei veneziani veri c’è spazio almeno al ricordo, se non alla presenza di cani: cani di qualsiasi taglia, preferibilmente piccolini, di origini così diverse da creare creature di taglia diversa, spesso, come ho detto  piccola, code improbabili, cuore indomabile ed affetto intenso e incredibile per le persone che li amano.

Si tratta dei cani cosiddetti : da burcio.

cane-vaporetto.JPGcan da burcio 1.jpg062_burcio_nuovamaria_mira.jpgIL burcio è una grande barca molto bassa e preposta al trasporto di merci. Viene oggi utilizzata nell’edilizia, ma anche per i traslochi, e fino a qualche anno fa veniva spostata per mezzo di pertiche o trinata lungo gli argini dei fiumi: attualmente sono provviste di mote e si spostano agevolmente nei canali e nei rii.

In passato i proprietari dei burci ne avevano costituito la loro casa, costituita da un antro all’interno dell’abitacolo ricavato sotto la prua, ed a guardia di tutti i loro averi lasciavano frequentemente il loro cane: non tanto una difesa quanto un segnale di allarme.

02_anni30_burcio_y.jpgE questi cani fanno parte proprio della vita dei veneziani ancor oggi: anche per le piccole barche, topi e mototopi, eccoli, indomiti, sfidare il vento e le onde, a prua della barca di cui si sentono in qualche modo i capitani, gioiosi, pronti a lanciarsi tra le piccole onde della laguna, custodi, guardiani e compagni dei loro amici uomini.

Anche il mio cane, chiamato “Cane” per la specificità del suo essere, era un cane da burcio, e ci ha accompagnato per anni nelle nostre gite, piccolino, zampe corte, coda fiera ma sghemba, musino dolce, e tanta, tanta audacia nel suo piccolo cuore.

img204.jpgAnche se conosciuto per il suo abbaiare d’allarme nel suo controllare e custodire il suo burcio, il cane è una creatura dolcissima e tutt’ora, con molto piacere, vedo barche sfilare sui canali c on il loro piccolo grande custode e sentinella di teneezza, affetto ed amore, pronti a lanciarsi in acqua e godere di questi bagni come soltanto i cani veneziani sanno fare!

Apr 21, 2011 - Arte e mistero, Luoghi    Commenti disabilitati su Gli inquietanti e magici quadri alle Gallerie dell’Accademia a Venezia

Gli inquietanti e magici quadri alle Gallerie dell’Accademia a Venezia

Gallerie dell'Accademia.jpgDel Museo delle Gallerie dell’Accademia abbiamo già parlato. Abbiamo parlato dei fantasmi dei frati che si aggirano tra le vecchie mura del convento e della chiesetta gotica che ne fa parte, ed a cui era collegato da un passaggio segreto.

Circa vent’anni fa vennero svolti lavori di ristrutturazione, e si decise di rimuovere il passaggio segreto  per creare un pratico ed utile bagno. In quel periodo una custode provava ogni tanto sensazioni strane nell’avvicinarsi al piccolo corridoio che sarebbe stato modificato, ed una sera, proprio al centro del piccolo androne, alla luce incerta delle lampade vide l’immagine di un bambino, biondo, bellissimo, sui cinque anni circa, vestito d’azzurro.

La donna era una persona pratica e poco propensa a lasciarsi andare anche se quell’immagine le faceva ricordare qualcuno, ma non ricordava chi.

venezia_san_marco_piazza_processione_illustrazione_di_gentile_bellini_galleria_della_accademia_venezia_italia_01.gifVenezia Gallerie dell'Accademia 3.jpgGallerie dell'Accademia 1.jpgDopo qualche giorno cominciarono i lavori, e, togliendo il marmo del pavimento gli operai scoprirono, con raccapriccio, delle piccole ossa umane..ossa di un bambino. La donna rimase sconvolta e raccontò a tutti dell’apparazione, al che, altri custodi  che spesso, per motivi di lavoro, andavano nel sottotetto (che è anche deposito di quadri, compresi moltissi di Rosalba Carriera) si ricordò di un ritratto di un bimbo: accompagnata al quadro la donna riconobbe il bimbo a cui le ossa probabilmente appartenevano.

la tempesta.jpgAltri sensazioni inquietanti si possono provare nel visitare questo museo; vi ho già parlato della famosissima “Tempesta” di Giorgione, pittore legato ai Rosacroce, e per questo legato  ad un simbolismo preciso ed alchemico, di cui “La Tempesta” è un esempio eclatante, ma altre sorprese attendono chi visita queste sale.

Ma ecco che, proprio addentrandosi in questi corridoi, ci appare all’improvviso ‘ex presidente della Repubblica Italiana, Oscar Luigi Scalfaro, nativo di Novara, ex possedimento francese, ma la sua immagine è quella di un Cardinale de Polignac.jpgScalfaro.jpgCardinale, e precisamente il Cardinale Francese De Polignac ( 11 ottobre 1661 – 20 novembre 1741), ritratto dalla mirabile Rosalba Carriera. Le concomitanze sono alquanto strane inquietanti, entrambi con l’erre moscia, il Cardinale visse per anni al Quirinale, a fianco  di Papa Clemente XI, così come l’ex presidente italiano ha trascorso il suo settennato proprio nel medesimo Palazzo.

Ma non finisce qui, ecco, in un’altra stanza, quasi sconvolgente, l’immagine di Eduardo de Filippo, seduto, in abiti cinquecenteschi e con in mano la maschera di Pulcinella: si tratta del famoso attore Tristano Martinelli, ritratto dal pittore Domenico Fetti , e conosciuto come il primo Arlecchino della Commedia dell’Arte, nato a Marcaria il 7 Aprile 1557 e morto a Mantova il 5 marzo 1630.

Eduardo de Filippo.jpgTristano Martinelli.jpgDue sosia straordinari, con collegamenti quasi incredibili: uno vissuto al Quirinale e “uomo di Chiesa” l’ex presidente noto come persona molto legata alla religione, e un attore che ha rappresentato Pulcinella, maschera tipicamente napoletana, legato all’immagine tortuosa, tormentata e straordinariamente dotata per quanto riguarda la commedia e la recitazione come Eduardo!

Ma l’ultimo quadro “inquietante” è  una tela apparentemente normale, molto intensa, questo si del famoso Lorenzo Lotto che rappresenta ” Ritratto di giovane uomo”. In base ad una ricerca sembra che la maggior parte dei visitatori di questo museo venga presa dalla famosa ” sindrome di Stendhal”, si sofferma insomma, assorta e quasi rapita davanti a questa immagine!!!..e istivamente avverte quasi un’esigenza nel toccare la tela, e dopo qualche istante prevale un’emozione talmente forte da provocare il pianto: l’espressione dolcemente malinconica provocata dal recente lutto per la perdita della madre, il gentiluomo posa la mano su un libro, ed è attorniato da simboli legati alla morte:  i petali di rosa caduti sul tavolo, la lucertola, che simboleggia morte e resurrezione sopra lo  scialle della defunta; misteri dell’arte e di ciò che questa può provocare nell’animo delle persone sensibili!”

ritratto di giovane uomo.jpgEcco, questa ed altre “strane e quasi magiche ” sensazioni si possano provare entrando in questo museo che raccoglie e racconta, assieme ai soffi gelidi del fantasma del frate che legge, assorto e in un’altra dimensione, seduto sulla prima panca della chiesetta gotica, attorniati da meraviglie della pittura, tanta storia della pittura Veneziana ed Italiana.

 

Apr 18, 2011 - Società veneziana    2 Comments

Le Dogaresse di Venezia e i loro sfarzi

Doge e Dogaressa.jpgdogaressa.jpgdogaressa2.jpg6737-portrait-of-doge-giovanni-mocenigo-gentile-bellini.jpgLa figura del Doge di Venezia è rilevante e i vari dogi si sono succeduti, amministrando assieme alle diverse strutture che formavano il governo della Serenissima questa gloriosa Repubblica.

Meno nota, ma non meno importante fu invece la figura della Dogaressa. Non tutte vengono ricordate, ma alcune sono rimaste, per la loro importanza, nella Storia di Venezia.

Anna Teodora Dukas.jpg414px-Doge_Domenico_Selvo.pngNel 1075 il Doge Domenico Selvo sposò Anna Teodora Dukas, sorella dell’imperatore Bizantino Michele VII, il quale, essendo a tutti gli effetti Signore di Venezia, nominò in quella occasione il Doge “protosebasto”, titolo nobiliare deliota a carattere ereditario, permettendo al Selvo ed a Venezia di incrementare i suoi traffici con l’oriente, e ponendo quindi le basi per l’evoluzione di questa a Stato indipendente e Repubblica Serenissima.

Anna Teodora recò con sè una ventata di raffinatezza: introdusse l’uso della forchetta (cosa che scandalizzò il forchetta.gifclero), insegnò alle dame l’uso del trucco e ripropose una danza originale bizantina.

In seguito invalse l’uso della cerimonia di incoronazione anche delle dogaresse, le quali dovevano sottoscrivere la promissione ducale del loro consorte, e rispettare assieme a loro tutte le procedure e le regole Dogali,(fungendo Dogaressa con due dame.jpgdogarissime.gifspesso da consigliere) oltre ad essere elementi scenografici delle sontuose cerimonie dogali, sfarzose e ricche per dare un segno di prosperità e potenza ai  molti cittadini stranieri che soggiornavano nella Repubblica.

Nel caso delle incoronazioni della dogaressa Morosina Morosini (moglie di Marino Grimani) nel 1597, ed Elisabetta Querini (moglie di Silvestro Valier) nel 1694, vennero coniate delle oselle d’oro, argento e rame che vennero donate come medaglie.

E’ interessante il racconto di Pompeo Molmenti che nella sua “Storia di Venezia nella vita privata” racconta: ” basta riandare ai festeggiamenti che si facevano nell’incoronazione della dogaressa per comprendere che cosa doveva essere questa città nei suoi momenti di gloria”.

incoronazione Morosina Morosini Grimani.jpgNei “Cerimoniali” (1482-1592) e nel Sansovino si descrivono molti particolari sulle incoronazioni delle dogaresse Zilia Dandolo, moglie di Lorenzo Priuli (1557) e Morosina Morosini, moglie di Marino Grimani.

” Nell’incoronazione della Dandolo anche le Arti ebbero grandissima parte: il solo polischermo degli orefici, nella Regata nel Canal Grande, era seguito da 14 gondole coperte di damasco cremisino. La dogaressa visitò poscia in palazzo le varie Arti le quali avevano allestito le stanze con arazzi preziosi, tappeti, damaschi e drappi d’oro. Nella Sala del Gran Consiglio fu allestito un sontuoso banchetto”.

188_Dogaressa_Elisabetta_Querini_Valier_dipinta_da_Cassana_-_Pal__Querini_Stampalia.jpgAncor più sfarzosa fu la cerimonia di incoronazione della Dogaressa Morosina Morosini, moglie amatissima del corteo per incoronazione di una dogaressa.jpgDoge Marino Grimani, fu uno sfoggio di lusso e fantasia. Era il 4 maggio 1597. La dogaressa salì sul bucintoro: era vestita con stoffe d’oro, con un mantello d’oro a fiorami d’argento: in testa portava il corno ducale da cui scendeva un velo di seta e al collo una collana d’oro con una croce di diamanti.

L’accompagnavano magistrati e gentildonne vestiti di panni di seta, e la barca era seguita da un corteo di gondole: la barca dei “bombesari” (venditori di bambagia) aveva la forma di un carro antico trainato da due cavalli marini “così artificiosamente accomodati che parevano tirando che con le gambe si movessero”.

Corte per l'incoronazione di Morosina Morosini Grimani.jpgA prora il Dio Marino Adriatico reggeva il freno dei cavalli; a poppa Nettuno governava il timone. Alcuni figuranti rappresentavano l’allegoria di Venezia seduta sopra due leoni che incoronava il Doge e la Dogaressa rispettivamente affiancati dalla Giustizia e dalla Religione, alla Fede e dalla Prudenza.

Disegnato dallo Scamozza avanzava un tempietto chiamato “Teatro del mondo” che ospitava i gentiluomini che dirigevano i festeggiamenti. Musiche e suono di campane accompagnavano il corteo.

Dogaressa di Venezia.jpgimmagine di dogaressa.jpgDogaressa del Tintoretto 1590.jpgQueste cerimonie, seguite da regate, durarono fino al 1654, quando il Consiglio dei dieci decise:

“conviene nel proprio sostenimento de la grandezza pubblica prefiggere anco quegli ordini, che niente offuscando il lustro ed il decoro ne le cerimonie de ” le Dogaresse” non per togliere l’obbligazione di eccessivi dispendii, aggravanti in particolare l’Arte ed i popoli ad altri pesi obligati…..in ogni tempo a venire sia prohibito il farsi l’incoronazione de le Dogaresse come atione non necessaria et poco aggiustata alle moderationi del Governo”.

Fu così che venne moderata la gran pompa ed il grande dispendio di denaro, mossa oculata di una Repubblica saggia che non doveva dimostrare nulla della sua potenza con cerimonie elefantiache, considerando il bene del popolo e dell’economia stessa della Serenissima.

Le rive, le cavane, i pontili e le edicole veneziane: la città in acqua e l’acqua nella città, meravigliosa ed unica Venezia.

Pontile di gondole in riva.jpgvenzia_sangiorgio_alba.jpgLa storia dell’architettura e delle strutture della città vi Venezia è inevitabilmente legata al suo essere città d’acqua: per cui ogni elemento di questa straordinaria Serenissima (quella che tutti  i Veneziani conservano nel cuore)  è strettamente legato ai canali, ai rii ed alla laguna.

riva privata.jpgriva.jpg90px-Riva_terminale.jpgNon tutti sanno che le rive a Venezia sono l’accesso all’acqua: delle scale o scalette che dalle fondamenta portano direttamente all’uso della barca o della gondola: le rive sono pubbliche oppure private, e in questo caso, danno l’accesso ai cortili interni che in caso di acqua alta vengono coperti dalla laguna, ma che danno, al proprietario dell’abitazione, l’opportunità di poter salire in barca o in gondola direttamente sul rio, per poter seguire le strade liquide di questa unica città.

cavane.jpgcavana in laguna.jpgcavana.JPGNaturalmente, come diceva Cassiodoro, i veneziani si spostavano attravero i canali e la laguna, per cui le “cavane” cioè i ricoveri di barche e di gondole erano assolutamente importanti, un pò come i garages ora.

Quelle in laguna erano casoni, con i tetti in paglia, molto semplici, altre invece, come quella che si può vedere nell’isola di San Giorgio Maggiore proteggeva i suoi natanti sotto il Convento.

Come attraverso rive e cavane l’acqua si insinua nell’interno delle costruzioni, e l’esempio del Rio del Santissimo che passa sotto il presbiterio della Chiesa di S. Stefano, un esempio rio-del-santissimo.jpgCavana S. Giorgio Maggiore.jpgilluminante ed unico della città che vive nell’acqua, e dell’acqua che attraversa la città, un connubio  quasi magico, se non sacro,  così questi accessi  vennero prolungati verso la laguna cavane.jpgcon ripiani e gradinate sporgenti (rive) oppure atraverso i pontili. ESSi continuavano e continuano la parte terrestre della città, sfrangiandola sull’acqua  e rendendone più labili i confini, con un effetto paragonabile alle merlature degli edifici veneziani che diluiscono otticamente la costruzione dell’atmosfera.

Un tempo sul molo e in altre zone  della città  prospicenti la laguna erano numerosi i pontili in legno, che si protendevano sull’ac qua per consentire l’attracco  e quelle di carico e scarico delle merci: Tra questi quelli immortalati dalle incisioni di Jacopo de Barbari, e sono spesso illustrati dai quadri del cavane.jpgCanaletto.

pontile.jpgPontili di legno ne sono rimasti pochi: quelli disposti a pettine lungo le principali vie di ormeggio e testimoniano l’esigenza di un rapido passaggio tra il traffico acqueo e quello terrestre: Jacopo de Barbari testimonia con una sua incisione quelli collegati alla punta di S. Marta,alla cui conclusione di vera un’edicola, cioè un ricovero degli attrezzi, costruito con il sistema delle palafitte, e di cui cii sono ancora due esempi, come quella di S. Maria Formosa, e anche Fondamenta degli Ormesini.

Uno degli elementi più caratteristici  dei pontili è dato dalle “paline” lunghe ed esili pertiche piantate sul fondo del canale, quasi simili a canne  di palude, che con la loro elasticità  facilitavano la manovra di attracco della gondola, e alla pala più grossa era ed è sistemata una lanterna, che, illuminata di notte, tracciava la va per il gondoliere o il barcaiolo.

img200.jpgJacopo de Barbari punta di S. Marta.jpggondole-venezia.jpguscita-rio-santissimo.JPGE queste lanterne, e questi approdi sono tutt’ora la parte più suggestiva e romantica di questa città unica: città d’acqua, di terra(strappata al mare) città d’arte, di seduzioni , di bellezza e di unicità che i veneziani, i veri veneziani hanno costruito, con il loro ingegno, con le proprie capacità, con la propria arte ed artigianato: noi siamo veneziani, e siamone fieri!!!!

Mar 27, 2011 - Architettura, Luoghi    5 Comments

Noè, gli Arcangeli e la Giustizia a Palazzo Ducale a Venezia

Balcone di Palazzo Ducale con la statua della Giustizia.jpgIl doge Michele Steno fece costruire a Palazzo Ducale dal 1400 al 1404  da Pier Paolo e Paolo delle Masegne un grande balcone  sul Molo, simile ad un reliquiario, che reca in alto l’imponente statua della Giustizia, tema caro a Steno che prima di essere eletto Doge era stato per quattordici anni Procuratore di San Marco.

E’ interessante notare che nel contratto scritto Pier Paolo delle Masegne assicura che “l’opera sarà con i pilieri in Pietra d’Istria, decorata con marmo rosso di Verona  e le figure in marmo di Carrara”. L’opera deve dominare ed essere visto da tutto il bacino di San Marco. Il nome di Michele Steno è segnato accanto alla data di completamento del balcone nel 1404.

La figura della giustizia è dominante nel Palazzo, spesso assisa tra due leoni, come si può vedere nel tondo sopra l’ottava colonna, stilizzata al pari di un sigillo impresso su una moneta.

Noè ebbro con Sem e Jafet.jpgNoè ebbro a Palazzo Ducale a Venezia.jpgCapitello della Giustizia.jpgparte del balcone di Palazzo Ducale a Venezia.jpgUn’altra (a tutto tondo) di Bartolomeo Bon si trova al vertice della porta della Carta; anch’essa è gotica. Ed osservando attentamente le figure rappresentate sulle facciate del Palazzo Ducale possiamo notare il gruppo di Noè ebbro, con un grappolo d’uva ed un bicchiere in mano, mentre Sem e Jafet, provando pena e rispetto coprono le sue nudità, e Cam è posto dall’altra parte del porticato, simboleggiando così il suo lasciarsi vincere dallo sbigottimento  alla vista del padre ubriaco.

Noè ebbro con Sam e Jafet, a destra Cam.jpgNel piano superiore l’Arcangelo Raffaele che conduce per mano il piccolo Tobia (Tobiolo)nell’avventuroso viaggio che egli intraprende per incarico del padre.

Adamo ed Eva.jpgNell’angolo inferiore dell’angolo verso la Piazzetta sono raffigurati Adamo ed Eva, con l’albero centrale da dove scende il serpente, simbolo del peccato originale, mentre sul piano superiore l’Arcangelo Michele con la spada difende gli uomini dalla malignità del Tentatore.
Questi gruppi vengono per lo più datati 1390 circa.

giudizio di salomone.jpgAltro gruppo interessante è il Giudizio di Re Salomone, verso la porta della Carta, in cui viene celebrata la giustizia umanadi Salomone in confronto alla “Giustizia divina”rappresentata dall’Arcangelo Soprastante. C’è chi attribuisce la paternità di questo gruppo a Jacopo della Quercia, nel primo 400.

Poter ammirare queste splendide opere d’arte, a cui fanno seguito i capitelli gotici delle colonne è uno spettacolo che arricchisce quel tesoro d’architettura che è il Palazzo Ducale, e rimane sempra in scena, con la luce del giorno, Arcangelio Gabriele.jpgcon il bagliore del tramonto, rischiarate a distanza, di notte, dalle fiaccole di San marco.jpgfiaccole sul balcone della Basilica di San Marco, che ricordano il valore forte della Giustizia a Venezia.

Angelo Beolco, Il Ruzante, testimone di una realtà contadina all’interno dell’aristocrazia Veneziana!

Vi sono alcuni significativi artisti del Rinascimento veneziano che all’epoca non vennero tenuti più di tanto in considerazione in virtù della loro precisa posizione estetica, anche se ottennero riconoscimenti da chi, le loro opere, poterono valutare ed osservare.

Alvise Cornaro.jpgruzante.jpgUn commediografo, Angelo Beolco, detto Ruzzante (1500-1542) fu uno autore degno delle opere stesse di Macchiavelli. Egli dovette la sua carriera artistica in gran parte ad Alvise Cornaro, di cui fu fattore.

Ruzzante divenne attore ed autore di commedie che rispecchiano la coscienza polemica dei contadini contro il mondo brillante e raffinato dell’aristocrazia del tempo. Egli aveva scelto per il tuo teatro i caratteri popolari, l’aspro linguaggio della campagna padovana, rispetto alle scintillanti commedie di un grande amico di Tiziano, quelle di Pietro Aretino e dei soggetti preferiti dal patriziato veneziano.

Alcune parole del “prologo” della ” Betìa”, recitata in Palazzo Ducale il 5 maggio 1523 chiariscono la posizione pragmatica del Ruzzante: ” Il naturale tra gli uomini e le donne è la più bella cosa testo del Ruzante.jpgammiratori di Ruzzante.jpgche ci sia, e perciò ognuno deve andare per la via diritta e naturale, perchè quando tu cavi la cosa dal naturale essa s’imbroglia. Ma perchè gli uccelli non cantano mai così bene nelle gabbie come fanno sui salici, nè le vacche fanno mai tanto latte nelle città, quanto ne hanno fuori, alla rugiada, allo stato selvatico”.

Egli rivelava così una realtà che veniva dalla campagna alla nobiltà veneta toccata nel vivo, secondo le parole di Marin Sanudo, dal parlare denso e violento della gente dei campi, che faceva sentire le proprie angustie e le proprie reazioni con una forza non mai prima udita nella sua immediatezza realistica, ma anche con una teatralità vivacissima e fantasiosa, ricca di umanità e pronta ed aggressiva a un tempo, nella via comica dell’azione.

Sappiamo di sicuro che il Ruzzante fu ricordato anche dopo la morte ed uno dei suoi più ferventi ammiratori fu Galileo Galilei; il naturale, a cui il Rinascimento mirò in vario modo, dice Carlo Grabher, fu inteso dal Ruzzante in senso elementare ed integrale come ispirazione che deve essere tratta dal mondo più vicino ad uno stato di natura, quello della gente semplice ed istintiva.

immagine commedia.jpggiovane-veneziano-della-calza.jpgCompagnie della calza del Carpaccio.jpgcompagnia della calza.jpgcontadini del Ruzzante.jpgLe sue commedie più note ” La Betìa 2, ” Parlamento de Ruzzante”, ” la Moschetta”, l’ “Anconitana”, la ” Piovana e la ” Vaccaria”.Esse furono rappresentate più che altro nel Palazzo di Alvise Cornaro che possedeva a Padova, e nelle case dei Patrizi veneziani, recitate dalle Compagnie della Calza.

Ci vollero diversi anni perchè a Ruzzante venisse reso l’onore di essere ruzante 1.jpgScena daslla Betia di Ruzzante.jpgconsiderato un commediografo efficace, limpido, mordace e divertente, ed ora fa parte di diritto, della storia del Teatro Italiano.

Mar 21, 2011 - Angeli e demoni a Venezia, Misteri, Religione a Venezia    Commenti disabilitati su Il Demonio, l’Angelo e..il Papa a Venezia

Il Demonio, l’Angelo e..il Papa a Venezia

ca'soranzo.jpgA Castello c’è un palazzo la cui facciata guarda il canale verso S. Marco, da cui è poco distante ed  apparteneva alla famiglia Soranzo.

Legata a questo palazzo c’è una leggenda, forse una delle più conosciute a Venezia, che è stata verificata presso gli “Annuali dei Cappuccini” di Padre Boverio.

Correva l’anno 1552, e nel palazzo abitava un avvocato  impiegato presso la Curia Ducale, il quale, nonostante si proclamasse devotissimo a Dio ed alla Madonna, aveva accumulato ricchezze in modo assai disonesto ed a scapito di tanta povera gente.

imagesCACBWRPN.jpgimagesCA7LF4EJ.jpgimagesCAZ1BZS3.jpg93958.jpgUn giorno l’Avvocato invitò alla sua mensa  padre Matteo da Bescio, primo generale dei Frati Cappuccini, ed in odore di Santità. E a lui mostrò quella che considerava una rarità: una scimmietta addomesticata, tanto brava da svolgere perfino i lavori domestici.

Come l’animale vide il santo frate fuggì e si nascose sotto il letto, rifiutandosi di uscire. Ma Padre Matteo aveva visto, sotto la pelliccia della scimmia, il demonio.
Quindi gli chiese per quale motivo egli fosse presente in quella casa, e la scimmietta parlò: Sono il Diavolo, e sono qui in attesa di portare con me l’anima di questo avvocato che a causa delle sue azioni mi appartiene.
– E perchè non l’hai ancora fatto? – chiese il sacerdote, – Il motivo è uno solo – rispose il demone – egli ogni sera, prima di coricarsi, raccomanda la sua anima a Dio e alla Madonna –

Udito ciò il Cappuccino gli ordinò di uscire immediatamente da quella casa, ma il demonio si rifiutò adducendo il motivo che gli ordini ricevuti  lo costringevano a non andare, a meno che non avesse commesso almeno qualche danno.

GuardianoDemonio.jpg-Allora – rispose il frate – farai il danno che ti dico io. – farai un foro sul muro uscendo da qui, e questo servirà come eterna testimonianza di quanto accaduto.

Il Diavolo, pur malvolentieri, obbedì.

Padre Matteo si rivolse allora all’avvocato, e lo fece riflettere sui misfatti della sua vita passata, poi , stringendo un lembo della tovaglia fece uscire miracolosomente del sangue, accompagnando il gesto con queste parole: – questo è il sangue di tutti i poveri che tu hai ingannato con i tuoi imbrogli e con le tue estorsioni –

L’avvocato, piangendo disperato, promise di restituire il maltolto, e ringraziò il religioso per la grazia ricevuta.

Gli rimaneva un solo timore, quel buco da dove Satana era uscito ma da cui sarebbe potuto rientrare, ma la soluzione gliela trovò Padre Matteo: il buco andava difeso da un Angelo, perchè si sa che gli Angeli Cattivi fuggono alla vista ed alla presenza degli Angeli Buoni.

casadellangelo.jpgDa allora, quindi, sulla facciata del palazzo vi è un grande bassorilievo che rappresenta un Angelo che guarda verso il canale e verso S. Marco, e con la mano destra benedice un globo che tiene nella mano sinistra. Sopra il bassorilievo, il buco.

Tutta la zona circostante è chiamata dell’Angelo, e il Palazzo viene chiamato Palazzo Soranzo dell’Angelo o Cà dell’Angelo.

 

 

La Madonna del Perdon

AlbergoParticolare.jpgimagesCA0M0BCB.jpgNel 1177, vicinissimo a Campo S. Aponal si aggirava un viandante. era tutto intabarrato e sospettoso; Quando venne sera egli trovò riparo nel Sotoportego di Calle de la Madona, si stese sulla terra nuda, e così passò la notte.

imagesCATDBPQK.jpgIl mattino successivo egli si rivolse al vicino Convento di S. Maria della Carità (le attuali Gallerie dell’Accademia, dove fu accolto ed impiegato come sguattero nelle cucine.

Federico Barbarossa.jpgPapa Alessandro III.jpgimagesCA2M1138.jpgPassarono circa sei mesi, quando un frate francese chiamato Comodo riconobbe nell’uomo nientemeno che il Papa Alessandro III, sfuggito alla persecuzione delll’Imperatore Federico Barbarossa.

Subito il Santo Padre venne condotto a Palazzo Ducale, quindi venne ospitato per tutto il tempo che rimase a Venezia  presso il Palazzo del Patriarca di Grado, a S. Silvestro. Nel frattempo il Doge Sebastiano Ziani si prodigò affinchè il Barbarossa ( sconfitto nella battaglia di Legnano nel 1176)riconoscesse il Papa, e nel 1177 riuscì a stabilire il doge Sebastiano Ziani.jpgIl doge Ziani e il Papa.jpgtra i due contendenti la Pace di Venezia: Il Barbarossa riconobbe il Papa, e questi tolse all’Imperatore la scomunica.

Per questo motivo alla Serenissima venne riconosciuta la concessione dell’ uso della spada, del cero, della bolla, degli stendardi, della sedia curile, delle trombe in questa ricorrenza,” Lo sposalizio del Mare” con il quale Venezia ribadiva il  suo predominio sui mari davanti a tutti gli altri Stati Europei.

 

La Pace di Venezia.jpgimagesCAT28IZ9.jpgA perpetuo ricordo del rifugio improvvisato trovato sotto il portico la sua prima notte a Venezia, il Papa concesse l’indulgenza perpetua a quanti, davanti all’altare della Madonna che li si trova, recitasse un Pater e un’Ave.

imagesCA1CIBFP.jpgLa Calle che porta da Campo S. Aponal al portego è tutt’ora chiamata Calle del Perdon, e la statuetta di un prelato dormiente riposa ancora oltre le sbarre del capitello.

calledelperdon.jpgUna grande tavola in legno intarsiato ricorda l’avvenimento.
“Alessandro III sommo pontefice fugiendo le armi di Federico imperatore venendo a Venezia qui riparò la prima notte , et poi concesse indulgentia perpetua in questo locchio dicendo un Pater Noster et una Ave Marias ubi non sit grave dicere MATER AVE, l’ano MCLXXVII et con la carità di devoto silumina giorno e note come si vede”.

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