Nov 25, 2010 - Alchimia, Esoterismo, Luoghi    2 Comments

Alchimia ed Ermetismo alla Biblioteca Marciana di Venezia

L’alchimia è la scienza della trasformazione e si interroga principalmente sui processi inerenti all’uomo e alla natura. Lo scopo dell’ alchimista è appunto comprendere questi processi e utilizzarli a vantaggio dell’uomo, si tratti di trasformare il piombo in oro o l’uomo in Dio.

Nel 1330 Pietro Bono da Ferrara definì il lavoro dell’alchimista ” ricerca di ciò che non c’è ancora”.

imagesCAPAZTAI.jpgI più antichi testi di alchimia sono redatti in lingua greca, sebbene siano stati composti per lo più in imagesCAJ0ZI4U.jpgCodedx Marcianus.jpgEgitto. Gli scritti si conservano in copie bizantine del X – XI secolo, la più famosa delle quali è costituita dal Codex Marcianus, conservato appunto nella Biblioteca Marciana a Venezia.

Quando nel 1453 Costantinopoli cadde in mano ai Turchi, Bessarione si assunse la responsabilità di salvaguardare per i posteri il patrimonio letterario greco. Prese così a procacciare manoscritti.Corpus Hermeticum.jpgBessarione.jpgEgli raccolse numerose copie del Corpus Hermeticum ed una copia dell’Aselepus latino. La copia latina del corpus Hermeticum venne pubblicata , sotto il titolo di Primander nel 1497 a Treviso, e poi ripubblicata diverse volte a Venezia.

Corpus Hermeticum 1.jpgQuasi tutti i manoscritti ermetici raccolti da Bessarione vennero quindi da lui donati alla Biblioteca veneziana, e tra questi possiamo nominare un esemplare di Kyrandes, accanto ad alcune raccolte alchemiche tradotte dall’arabo in latino.

 

Dono di Bessarione.jpgAlcuni sono molto noti, come l’Aureum Opusculum, il Septem Tractatus Hermetis e, il più importante Hypnerotomachia Poliphili, ( di cui parlerò a parte) qui conservati anche nella loro versione originale. Quasi del tutto ignoto invece  il Liber Hermetis de arte alchimiae con il commento di Galienus Alpochin, e Ermete Tr.jpgErmete.jpgl’Expositio dictorum Aristotelis, ed Hermetis super secreta secretorum de mutatione naturae contenente per la prima volta la versione “vulgata” della Tavola Smeragdina (o Smeraldina) di Ermete Trismegisto.Tavola Smaragdina.jpg

Altra tavola smaragdina.jpgIn un altro manoscritto, Secreta Hermetis vengono discusse le corrispondenze tra metalli e pianeti. Alla Marciana è pure esposta la biografia di Ermete in cui si parla non solo delle tre figure nate sotto questo nome, ma anche dei suoi allievi Ascolapio, Ammone Empedocle e  Platone. Platone.jpgEmpedocle.jpgL’ermetismo a Venezia è legato non solo ai testi che in gran quantità si trovano riuniti in questa ricchissima biblioteca, ma anche al nome del francescano Francesco Giorgio, detto Zorzi, Arcangelo da Borgonovo, Giulio Camillo delminio, ed al medico danese Peter Severinus, il primo medico Paracelso.jpgallievo di Paracelso ad esercitare la professione a Venezia .

Galeno.jpgAristotele.jpgLo svizzero Theodor Zwinger in veste di precettore espose ad alcuni patrizi veneziani le opere di Aristotele e Galeno, prima di scoprire, a suo dire, la grandezza di Paracelso. Ed infine Giordano Bruno, che dopo il suo ritorno in Italia trascorse gli ultimi giorni a Venezia, prima di essere denunciato ed arrestato dall’inquisizione, con il successivo trasferimento a Roma Giordano Bruno.jpge la conseguente morte sul rogo.

Il “Mostro di Venezia” ed il suo orrido Sguazeto

Anche Venezia ebbe il suo mostro: vicenda che rimase nei suoi annali e, come sempre accadeva, rimase come monito per chi avesse tendenze criminali e orribili:

San Zan àDegolà.jpgIn Campo San Zan Degolà ( S. Giovanni decollato) divenne famosa la ” Taverna da Biagio”, di Biagio Cargnio ( in dialetto Biasio) innanzi tutto per le sue salsicce squisite, Biasio era un luganegher rifinito e bravo, ma, soprattutto, rinomato era il suo “sguazeto”, una sorta di spezzatino, talmente gustoso per gli avventori, che venivano le genti di Mestre per degustare quella specialità.

Accadde un giorno che tra gli avventori capitasse Toni, un carpentiere, persona proba e molto attenta. Naturalmente ordinò una porzione di sguazeto, e con gusto si mise a degustarla: mentre mangiava però, portò la scodella alla bocca per bere il brodo gustoso ma tra i denti rimase una pezzettino probabilmente d’osso: Toni, persona probabilmente schizzinosa sputò l’ossicino e con grande orrore scoprì che non si trattava di osso, no, ma Sguazeto.jpgdi una piccola falange, sicuramente un pezzo di dito di bambino, compresa l’unghia!.

Rimase inorridito, ma nonostante cioò ebbe la lucidità di nascondere il ditino nel fazzoletto, quindi, riposto il ritrovamento nella tasca pagò e uscì.

zandeca.jpgIn poco tempo la taverna venne invasa dai soldati della Quarantia Criminal che, luganeghe.jpgcacciando gli avventori, si ritrovarono nelle cucine ad affrontare una esperienza terribile: parti di bambini tagliati a pezzi, tritati, pronti per diventare salsicce o far parte di quel guazzetto di cui Biasio andava molto orgoglioso e la cui ricetta non aveva voluto mai confidare a nessuno.

Si narra che da molti anni a Venezia erano spariti molti bambini: Il Cargno, scoperto di flagranza di reato confessò i suoi orribili crimini.

quarantia-criminal.pngCondannato a morte, venne trascinato da un cavallo alle prigioni: qui gli furono mozzate le mani e con quelle esecuzione.jpgappese al collo venne prima torturato, quindi trasportato tra le colonne di Marco e Todaro per il supplizio finale: venne decapitato ed il suo corpo diviso in uqatro pezzi, così come aveva fatto ai bambini, e la sua testa esposta in Campo di San Zan Degolà.

La sua taverna e la casa vennero rase al suolo, e l’immagine della sua testa venne riprodotta sul muro vicino al ponte del campo, e , a ricordo di tanto orrore la riva dove anche ora approdano i vaporetti, venne chiamata Riva de Biasio.

testa d'uomo.jpgimmagine bimbo.jpgStoria di orrore, terribile che fa parte comunque del passato di questa città che comunque seppe dare (visti i tempi) una punizione esemplare ad un “mostro”, uno di quegli esseri umani Riva de Biasio.jpgdeviati, terribili, orchi che comunque continuano ad esistere, purtroppo, in tutte le nostre società.

Piccole curiosità veneziane

Ci sono piccole curiosità che riguardano Venezia, informazioni che sembrano nulla rispetto alla storia di questo Stato fantastico, ma che sono comunque rilevanti per quanto riguarda il costume e le usanze, che poi si sono estesi in tutta Europa, e di queste “piccole cose” voglio farne parte a voi:

orecchini_perle_veneziane_rosa.jpgdama con orecchini.jpgorecchini-veneziani-tp_8340738960860162534.pngPalazzo Bragadin-Carabba.jpgDa Palazzo Bragadin – Carabba , il 5 Dicembre 1525 iniziò una nuova moda, che tutt’ora è così diffusa tra le donne, e ripresa negli ultimi tempi anche dagli uomini: La nipote di Francesco Bragadin, in occasione delle  proprie nozze volle ornarsi con collane, anelli e monili vari, compresi i primi orecchini che si fossero mai visti. Il suo viso risaltò ancora più splendido contornato da quei preziosi ornamenti..e le veneziane, così attente ad ogni innovazione della moda, la imitarono, dalle nobili  alle popolane, correndo a forarsi le orecchie e sfoggiando i bellissimi o modesti monili, a seconda delle possibilità, che divennero parte integrante del corredo Orecchini di murrina.jpgdegli “ori”, i preziosi che non mancavano nelle case veneziane.

caterina_cornaro_b.jpgE per l’uso delle donne, del loro incarnato che doveva essere sempre bianco ed omogeneo dal 1763 divenne in auge  una delicata polvere bianca, profumata, che serviva proprio per la bellezza della pelle e per cospargere le parrucche delle dame e dei gentiluomini: la polvere venne chiamata cipria in stretto riferimento all’Isola di Cipro, che era stato dominio Veneziano e prima ancora l’isola di Venere, la dea della bellezza.

L’origine di questa composizione sembra provenga dalla Cina, regione già visitata da Marco Polo , da dove il famoso mercante e gli altri componenti della carovana importarono diverse spezie, usi ed abitudini.

profumiere.jpgLa fabbrica venne posta in Frezzeria, li dove prima c’era la produzione delle frecce, e la polvere venne messa in vendita presso i “musichieri” (profumieri), che dipendevano dall’ordine dei merciai. La cipria, evoluta e raffinata nel tempo viene ancora venduta in tutte le profumerie del mondo.

Nel 1600, dopo la scoperta dell’America e l’importazione in Europa di nuovi prodotti fino ad allora sconosciuti, fu introdotto a Venezia l’uso del tabacco. Le sua vendita fu delegata alle Spezierie, e la Serenissima fu il primo Stato al mondo a costituire monopolio sulla sua commercializzazione.

Già da allora si prevedeva il suo dilagante uso: dapprima venne utilizzato come prodotto da fiuto, conservato in eleganti tabacchiere, alcune prezione ed altre meno; i gentiluomini usavano farne dono galante alle dame, come racconta Casanova nelle sue memorie, alternando questi omaggi ad anelli o guanti e trine preziose.

110_frezzeria041_320X240.jpgspezieria_venezia.jpgI Nobili avevano stilato uno speciale galateo  sulla maniera di fiutare questa polvere e come utilizzare la tabacchiera. Nella prima stampa della sua Gazzetta Veneta, nel 1760, Gasparo Gozzi illustrava con toni scherzosi il vizio del gran uso delle tabacchiere veneziane.

Nel tempo invalse l’uso di fumare il tabacco con delle pipe di ceramica bianca per i nobili, e di terracotta, oggetti che si potevano costruire in casa,  per i popolani: comunque sia non si poteva fumare in strada, ma era consentito l’uso nei caffè, magari accompagnando la “pipata” con un sorso della bollente bevanda. Quale maggior piacere e distensione!!! i la bottega dello Speziale del Longhi.jpgspezieria a Venezia.jpgtabacchiera2.jpgtabacchiera 3.jpgveneziani, aperti a tutte le pipa.jpgesperienze, curiosi e gaudenti seppero dare un senso anche alla vita comune, e tutt’ora è pipe bianche.jpgPIPE1.jpgpipe in terracotta.jpgcosì!!!!!

Nov 5, 2010 - Società veneziana    1 Comment

Venezia ed i Greci

Tomas di Roberto il Guiscardo.jpgRoberto il Guiscardo, 4.jpgìRoberto il Guiscardo.jpgVenezia, per motivi politici, si impegnò dal 1081 ad aiutare i Greci contro i Normanni: l’imperatore Alessandro Comneno promise, e concesse nel 1082, ai mercanti veneziani la preminenza su tutti gli altri, per cui, grazie a questo patto Roberto il Guiscardo  venne sconfitto dal Doge simbolo del doge Domenico Salvo.jpgMatrimonio di Domenico Salvo.jpgDomenico Selvo.

Quel patto rivestì un ‘importanza fondamentale nella storia della Repubblica di Venezia, poichè segnava l’inizio della sua potenza politica, militare e commerciale  nel levante.

Mentre in precedenza le imprese navali e commerciali veneziane erano limitate quasi esclusivamente all’Adriatico, dopo il 1082 la Serenissima si espanse verso oriente, e dinastia Comneno.jpgAlessandro di Grecia.jpgspecialmente verso Costantinopoli.

Molti mercanti greci cominciarono a recarsi a Venezia. Dopo la quarta crociata (1204) quando i veneziani si impadronirono di gran parte del territtorio bizantino, lo stabilirsi dei Greci a Creta, monomenlvasia, ( o Malvasia) Corfù ed altrove, fu facilitato.

Poi, sotto la pressione della minaccia turca, che divenne più pressante dopo il 1300, buona parte dei Greci fu costretta a trovare rifugio a Venezia.

ic9one 1.jpgLa caduta dell’Impero bizantino nel 1453 causò la diaspora greca nella Serenissima Repubblica di Venezia.

Nel 1498 il Consiglio dei Dieci diede loro l’opportunità di costituire una scuola o confraternita. L’avvenimento ebbe un’importanza enorme non solo per la comunità, ma anche per l’Ellenismo moderno.

La Confraternita greca a Venezia fu il più antico ed importante centro della diaspora ellenica. Nel corso degli anni successivi essa mantenne legami sociali, economico e culturali  con le terre greche di Oriente.

icona 3.jpgGastaldo fu l’amministratore di questa comunità che vide nel XVI secolo aumentare costantemente la sua influenza e potenza.Il numero dei suoi membri si accrebbe e questi provenivano da tutte le regioni ed esercitavano i mestieri più vari: mercanti, artigiani, operai, artisti, intellettuali soldati .

doge Leonardo Loredan.jpgLa confraternita ebbe inizio alla Scuola di S.Biagio. Nel 1515  il Consiglio dei Dieci approvò la Roberto il Gyiscardo 2.jpgchiesa di San Giorgio dei Greci a Venezia.jpgchiesa di San Giorgio dei Greci a Venezia 2.jpgìinterno 2.jpgcostruzione della Chiesa di S. Giorgio, oggi sede della metropolia in Italia, la più antica e la più gloriosa chiesa greca dell’occidente.
Il Doge Leonardo Loredan accordò la celebrazione della liturgia ortodossa in questa chiesa.

Interno chiesa.jpgCristo Pantacroto.jpgL’interno è magnifico: l’icona di Cristo Pantacrator, (1500 circa) che Andrè Malraux ha definito “Les voix du silence”, una delle più belle creazioni bizantine che egli avesse mai visto, ed il singolare campanile pendente.

Le botteghe degli artisti greci che svolsero la loro attività dal 1500 al 1700, a rialto erano rinomate e ricercate per l’alta qualità delle opere artistiche.

Museo icone biizantine.jpgmuseo.jpgmuseo ellenistico a Venezia.jpgOra Venezia accoglie il più grande museo di icone bizantine che esita al mondo: è l’unico in Europa, e si trova nella Scuola di S. Nicolò dei Greci, opera del LOnghena.

icone 2.jpgicone bizantine a Venezia.jpgPer chi ama la Grecia, per chi ama Venezia, ecco l’unione tra due culture e tradizioni che si sono giorgio_greci.jpgassimilate nei secoli e che conservano il mistero, la bellezza, e le tradizioni fantastiche che danno a Venezia ed al popolo greco la capacità di essersi integrate, capite, ed aver conservato questa tradizione e cultura che ne fanno casi particolari ed unici nelle tradizioni dei popoli.

 

 

Curiosità di Venezia

imagesCAB1DHYA.jpgTra le curiosità di Venezia ci sono le piazze, normalmente chiamate Campi. Effettivamente anticamente in queste aree venivano coltivate le verdure, La Piazza San Marco stessa era anticamente un grande campo coltivato dalle Monache del convento di S. Zaccaria, diviso dalla Piazza vera e propria dal Canale Botario. Nel campo venivano anche coltivati alberi da frutto, oltre che numerose colture.

La struttura toponomastica della città è veramente molto semplice. Vicino ad una chiesa, solitamente di fronte, c’è un campo. Quasi sempre la facciata della Chiesa è posta verso il Rio, dal quale accedevano le persone che in chiesa erano dirette, giunti con le gondole private.

imagesCA6R7RKA.jpgimagesCACY8CK4.jpgSpesso, vicino alla chiesa c’era un cimitero. In alcuni campi sono ancora visibili le testimonianze dell’uso passato. L’esempio più eclatante lo si ritrova nel Campiello dei Morti, quasi di fronte alla Chiesa di S. Stefano, una zona sopraelevata rispetto alla viabilità normale di oltre un metro, ed il nome stesso fa riferimento all’uso a cui era adibito.

imagesCAXPKIHA.jpgAnche a S. Giacomo dell’Orio esiste una corte ed un ponte chiamati dell’Anatomia, perchè li si svolgevano le anatomie delle persone defunte.

Proprio perchè lo spazio non era così abbondante, invalse l’uso di seppellire i morti nelle chiese o negli oratori a loro annesse.

Solo con l’avvento di Napoleone si provvedette a bonificare le zone, coprire con i masegni questi campi, e si utilizzarono due isole, Quella di S. Michele imagesCAZS4L25.jpgimagesCAZRYOIZ.jpgimagesCAT4TALV.jpgdi S. Criostofo, uniti da un ponte, per creare l’unico cimitero della Città.

Altra curiosità di questi campi è che immancabilmente  si trovano i pozzi che permettevano alla popolazione di avere acqua potabile in una città circondata completamente da acqua salata.

La parte esterna del pozzo che noi vediamo, la vera, non è altro che la parte terminale di una complessa costruzione  fatta in modo tale da far filtrare l’acqua piovana che cadendo a terra entra imagesCA6YYT2T.jpgnelle caditoie, viene filtrata da sabbia fine e rimane intrappolata in questa specie di cisterna  da un involucro di creta, imagesCAJMOHVD.jpgche non permetteva nè l’uscita dell’acqua dolce nè l’entrata dell’acqua salata.

Vi erano addetti della Serenissima che controllavano continuamente questi pozzi, per evitare che l’acqua potesse venire inquinata o avvelenata

Molti sono o palazzi che possiedono ,ancora esistenti ,pozzi interni alle corti private. Questi raccoglievano le acque meteorologiche comprese anche quelle provenienti dalle falde dei tetti, che le scaricavano nel cortile e quindi al pozzo attraverso gli scarichi pluviali.

imagesCAX5YIXY.jpgimagesCALMDDN6.jpgL’acqua era un bene così prezioso che si cercava di raccogliere e di non sprecare assolutamente.

 

Ott 27, 2010 - Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’Isola di Pellestrina e i suoi murazzi: tra la violenza del mare e la pace della campagna!

L’Isola di Pellestrina e i suoi murazzi: tra la violenza del mare e la pace della campagna!

Il nome iniziale di Pellestrina fu Fossionis Philistinae, o delle ” Fosse Pistrine” venendo quindi denominata Pellestrine. Nei documenti romani quest’is10pellestrina.jpgola viene ricordata come “Fosse Fistine”.

Dalle descrizioni storiche del 300 d.c. si racconta che un generale siracusano, Philistus esiliato ad Adria, fosse arrivato in questa località decidendo di rimanerci. Il territtorio era ed è delimitato dalla laguna e dal mare, nel 452 venne assediato dai barbari di Attila e nel 568 dai barbari longobardi.

Le popolazioni spaventate dall’avvento di tali orde venivano da Este e da Padova: per regolarizzare la popolazione vennero istituiti dei Tribuni, che amministrando le genti locali avevano il compito di far rispettare la Legge.

008ItaliaVeneziaPellestrina.jpgIn seguito vennero istituiti i Gastaldi Dogali che dipendevano, con tutto il territtorio da Malamocco.

Nel 1110 la sede Vescovile che qui risiedeva venne trasferita a Chioggia: con il passaggio di questi poteri per un certo periodo Pellestrina venne governata da Chioggia.

Due terribili eventi catastrofici, un terremoto ed un maremoto avvenuti nel 1104 furono la causa del ridimensionamento dell’Isola che la ridussero ad una fascia sottile di circa tredici chilometri di lunghezza e duecento metri circa di larghezza, ma estesa comunque verso il mare per circa tre, quattro chilometri.

Dopo i Gastaldi dogali l’amministrazione dell’isola venne affidata ai Podestà.

Nell’810 i francesi al seguito di Pipino la saccheggiarono, per poi venire sconfitti da veneziani, e nel 900 l’isola venne assediata dagli Ungari, e dopo la guerra di Chioggia, nel 1379 venne saccheggiata e distrutta dai Genovesi.

stemma di Pellestrina.pngpellestrina.gifCon pazienza le famiglie Scarpa, Zennaro, Vianello e Busetto, pescatori ed ortolani la ricostruirono, ed il simbolo dell’isola è il sunto dei simboli delle quattro, storiche famiglie.

Dall’inizio della Repubblica Venezia varò diverse ordinanze per la difesa delle isole dalla forza del mare. Nel 1335 i proprietari dei vigneti di Malamocco furono obbligati ad erigere degli argini molto forti.

Nel 1501 furono istituiti i tre Savi delle Acque, e nel 1600 fu ordinato che gli argini fossero alti 4 metri. Nel 1751 il Senato ordinò la costruzione dei Murazzi. Questi furono ideati nel 1716 da Padre vincenzo Coronelli, e furono costruiti da Bernardino Zendrini, ingegnere della Repubblica.

murazzi.jpgI Savi delle acque.jpgVenezia_-_Murazzi_Pellestrina.jpgPosti a difesa dalle violente mareggiate e dall’aggressione del mare i ” murazzi”erano e sono una grande muraglia alta 4 metri  e larga 14 metri di grossiblocchi di pietra d’Istria, disposti in tal maniera da provocare il primo frangimento delle onde, e per proteggere la piccola striscia costiera.

Nel 1751 sui Murazzi fu collocata una lapide che riporta quanto segue: ” I curatori delle acque posero le colossali moli di solido marmo contro il mare affinchè siano conservati in perpetuo i sacri estuari sede della Città e della Libertà”.

Tanto ancora c’è da raccontare sulla capacità e l’avvedutezza dei governanti della Venezia_-_Murazzi_-_Lapide_Zendrini.jpgcoronelli_portrait.jpgSerenissima nella conoscenza e nella capacità di prevenire ciò che il mare può comportare in una città costiera, in un così delicato equilibrio di una laguna di questo tipo: Venezia e il mare, Venezia e la Laguna, Venezia e la sua acqua…uomini illuminati ed illustri studiosi che sicuramente vivevano in simbiosi perfetta con una realtà che per Venezia è stata e continua ad essere l’essenza stessa della sua vita!

La Chiesa di S. Barnaba a Venezia e il custode del Sacro Graal

Barnaba.jpg225px-San_Barnaba.jpgNell’anno 936 venne avviata la costruzione della Chiesa di S. Barnaba apostolo , su commissione della famiglia Adorni, reduce da Aquileia. probabilmente impiantata su un precedente edificio dedicato a San Lorenzo Martire  eretto agli inizi dell’800,
Distrutta da un incendio nel 1105 e ricostruita grazie alle elemosine dei fedeli ebbe la sua prima consacrazione nel 1230 per opera di due vescovi, Francesco Mosciense, dell’ordine dei Minoriti, e beato matteo dell'ordine dei predicatori.jpgAgnellino Sudense  dell’ordine dei predicatori, di cui faceva parte anche un beato Veneziano, Giacomo Salomoni.
Maria_Maddalena.jpgSalomoni.jpg250px-SantaMariaMaddalena.jpgQuesto ordine, facente parte  dei Domenicani ha come patrona Maria Maddalena, Santa a cui la Famiglia Balbo, discendente da Ezzelino I° che aveva partecipato come Cavaliere Templare alla II° Crociata al fianco di Corrado II° re della Germania dedicò una chiesa, l’unica a pianta ovale a Venezia, sui cui campeggiano chiari simboli templari.
La Chiesa di S. Barnaba venne riconsacrata il 6 dicembre 1350 dal vescovo della diocesi cretese di Suda, su licenza di Nicolò I° Morosini, vescovo di Castello, e proprio qui, un tempio che contrariamente sanbarnaba.jpgad altri non sfoggia grandi opere d’arte ( le uniche sono il soffitto dipinto, si dice, dal Tiepolo ed una Sacra Famiglia attribuita a Veronese) è sepolto il corpo mummificato di uno dei custodi del Sacro Graal: Nicodemè de Besant-Mesurier e, si dice, venne occultamente trasportato dalla Boemia il corpo di Giacomo Casanova..in una tomba senza nome!
Enrico Dandolo.jpgCon l’avvento della quarta crociata in cui Enrico Dandolo aveva dato il suo attivo sostegno ai Cavalieri Templari, questi fecero base nella Serenissima, istituendo ospedali retti dagli ” Ospitalieri” facenti sempre parte dei Templari, ma non come confratelli armati e guerrieri, dedicati invece alla cura dei cavalieri feriti e dei pellegrini che partivano o ritornavano dalla Terra Santa.
Questa presenza templare ricorre spesso e appare in diverse tracce che si possono riscontrare tutt’ora a Venezia: Nella Basilica di S. Pietro di Castello, sede del patriarcato fino al 1800 circa, si può ammirare la Venezia_-_Chiesa_di_San_Pietro_di_Castello_-_Cattedra_di_San_Pietro.jpgcavalieri_partono_alla_ricerca_del_santo_graal.gifTC_Venezia_SRocco.jpgPalazzo Vendramin Calergi.gifCattedra di S. Pietro, dove, si dice, venne nascosto e trasportato nella Serenissima il Sacro Graal (da cui venne poi trasferito in altre città) le triplici cinte incise in una panca della facciata della Scuola Grande di San Rocco, una seconda in un’altra panca in marmo all’interno della Basilica di San Marco, la terza al Fondaco dei Tedeschi, e la scritta sulla facciata prospicente il Canal Grande di Palazzo Vendramin Calergi (l’odierno Casinò di Venezia) ” non nobis domine, sed nomini tuo da gloria”.
Sempre cercato e mai trovato il tesoro che i Templari avrebbero nascosto nell’Isola di San Giorgio in Alga, luogo Fortificazione di San Giorgio in Alga.jpgfortificato ed estremamente interessante, una delle isole della laguna sud.
E la Chiesa di san Barnaba divenne il set di alcune improbabili scene relative alla ricerca delle tombe di due custodi del Sacro Graal nel film ” Indiana Jones e l’ultima Crociata”.
Nel 1800 circa il tempio venne sconsacrato ed adibito ad abitazione di patrizi veneziani decaduti, chiamati “barnabotti” i quali sopravvivevano con sovvenzioni o lavorando presso il Casinò di Venezia.
Tante tracce, tante coincidenze…misteri che portano lontano..sia nel tempo che nei luoghi ma che affascinano ..in attesa di nuove tracce e nuove possibili scoperte!

I Santi che dall’alto delle colonne vegliano su Venezia

Colonne di Marco e Todaro verso il bacino di San Marco.jpgChi giunge a Venezia dal bacino di San Marco vede svettare due colonne: l’una sorregge la statua di un guerriero che uccide il drago, l’altra un mostruoso leone. Sia il guerriero che il leone si ergono come simboli e custodi di questa città, prima Stato e Repubblica, che ha dominato i mari europei.

Gli affusti di granito in origine erano tre, e vennero caricate a Costantinopoli, dopo essere state razziate in Oriente, su tre navi diverse: due raggiunsero il porto, la terza invece affondò. Vennero poste in piazzetta ed innalzate soltanto un anno dopo, con l’aiuto di Nicolò Barattieri nel 1172, lo stesso costruttore che un anno dopo realizzò a Rialto il primo ponte fisso in legno.

S. Todaro su colonna.jpgSu queste due colonne vennero poste, in quella più vicina alla biblioteca Marciana la statua marmorea di San Todaro, santo guerriero, conosciuto come Teodoro D’Amasea (Anatolia), originario dell’Oriente ma legionario di Galerio Massimiano proprio in quella città. Egli fu martirizzato per essersi rifiutato di fare sacrifici agli dei, ed aver dato fuoco al tempio di Cibèle.

250px-Venezia_-_Chiesa_di_San_Salvador.jpgSan Todaro 3.jpgSan Todaro 1.jpgSan Teodoro.jpgVenne arso vivo, e i suoi resti tumulati a Euchaite, vicino ad Amasea (odierna Aukhat in Turchia) che nel decimo secolo venne chiamata Teodoropoli. E da qui nacque il suo culto, che si propagò per tutto l’Oriente e successivamente all’Impero Bizantino.Si racconta che i suoi resti vennero asportati e portati a Venezia, dove divenne il primo patrono della Città: ora la teca è collocata nella chiesa di San Salvador.

 

Come ogni santo guerriero viene ritratto nella statua San todaro.jpgnell’atto di uccidere un drago, metafora del bene che vince il demonio in quanto questo rettile, che emette San Todaro 5.jpgdrago.jpgSan Todaro 2.jpgfuoco, e con il suo alito distrugge qualsiasi forma di vita è l’immagine stessa del maligno.

Leone sulla colonna.jpgSull’altra colonna è posta l’immagine in bronzo di uno strano leone: statua molto antica che raffigurava una chimera, a cui vennero aggiunte le ali per completare la figura di un leone alato, e raffigura San Marco, il secondo e attuale patrono di Venezia.

0425San%20Marco%20Evangelista%203.jpgMarco, il cui nome ebraico era Giovanni, fu uno dei primi battezzati da Pietro, il quale lo chiamava “figlio mio ” in senso spirituale. Figlio di una donna benestante, Maria, che metteva la sua casa a disposizione di Gesù e degli Apostoli, e nella quale sembra sia stata consumata l’ultima cena, ascoltò con cura tutti i racconti dei loro viaggi, e scrisse il suo vangelo tra il 50 e 60 a Roma.

evangelista%20san%20Marco.jpgPietro in seguito lo inviò ad evangelizzare l’Italia settentrionale, e durante il viaggio, sorpreso da una tempesta, approdò alle isole realtine, il primo nucleo di Venezia, e qui si addormentò e fece un sogno: un Angelo che lo salutava dicendogli: ” Pax tibi marce evangelista meus”, e gli promise che in quelle isole avrebbe dormito in attesa dell’ultimo giorno.

Venne martirizzato mentre cercava di evangelizzare Alessandria: trascinato per la strada per tutto un giorno, quindi rimesso in carcere e qui, durante la notte, venne confortato da un angelo: l’indomani, il 25 Aprile dell’anno 72 circa, venne di nuovo trascinato per strada e morì.

Le spoglie vennero dapprima tumulate presso la chiesa di Canopo di Alessandria, che venne in seguito incendiata dagli Arabi nel 644, ma venne ricostruita dai Patriarchi di Alessandria, Agatone (662-680) e Giovanni di Samanhud(680-689).

Marco_mosaico.jpgQui giunsero i due mercanti veneziani Buono da Malamocco e Rustico da Torcello che si impadronirono della reliquia, la nascosero nella carne di maiale, considerata impura dagli arabi, e la portarono a Venezia, e accolte con grandi onori dal Doge Giustiniano Partecipazio, e poste provvisoriamente in una cappella dove si trova ora presumibilmente il tesoro di San Marco.

basilica_san_marco_venezia_italia1.jpgIl doge iniziò subito i lavori di costruzione della Basilica, che fu portata a termine nell’832 da fratello Giovanni, suo successore; Dante  nella sua Commedia scrive: Cielo e mare vi posero mano” parlando della bellezza dei marmi policromi, degli intarsi, dei mosaici.

La Basilica fu consacrata sotto il dogado di Vitale Falier il 25 aprile 1094, e durante la cerimonia, preceduta da tributi di preghiere, digiuni e penitenze in quanto la reliquia non si trovava più, il vescovo spezzò inavvertitamente il rivestimento in marmo di un pilastro, e qui apparve la teca, che emanava un profumo dolcissimo. Da quell’istante la Serenissima e San bassorilievo.jpgIl_leone_di_San_Marco_02.jpgleone_di_san_marco.pngMarco divennero un tutt’uno, e il suo simbolo, il leone alato che posa la zampa sul libro in cui è scritto: ” Pax tibi marce evangelista meus” , è diventato il simbolo e l’emblema di Venezia.

Ecco quindi che i due patroni e custodi della Serenissima, il Santo Guerriero ed il Santo evangelista che dall’alto delle loro colonne sembrano affrontare tutto il mondo, dal bacino di San Marco; più prosaicamente sotto alle colonne furono costruite in epoca medievale delle botteghette in legno per poi dedicare quello spazio per il patibolo, Colonne e Piazzetta.jpgTorre%20orologio.jpgdove vennero portate a termine esecuzioni importanti e storiche, e sembra che i condannati fossero posti con la faccia rivolta alla torre dell’orologio, per fare vedere loro l’ora della loro morte, e gli veniva detto ” te fasso vedar mi che ora che xe” ( ti faccio vedere io che ora è). Da allora il passare tra le due colonne divenne di cattivo auspicio per i veneziani.

Ma questa è un’altra storia!

 

 

 

 

 

La Tana a Venezia: dai Canapi alle “Forze d’Ercole”.

navi.jpgArsenale.jpgLa supremazia della Serenissima nei mari era frutto, oltre che dalla capacità politica e diplomatica dei suoi governanti, alla vocazione mercantile che portò grazie a Venezia un forte sviluppo nelle scienze, nelle arti e nell’approfondito studio e ricerca per quanto riguardava nuove terre da scoprire, in tutta Europa.

E nell’arsenale, il centro più importante di questa superiorità marittima, venivano costruite tutte le componenti delle navi sia da guerra che mercantili. Abbiamo già parlato degli arsenalotti, gente fidata e competente, e il luogo stesso, racchiuso da imponenti mura rendeva ancor più imponente il lavoro li svolto.

Tra le componenti importanti delle navi vi erano le gomene ed altre funi, di diverse grossezze, che dovevano arsenale-di-venezia.jpgessere utilizzate per le vele e per altri scopi, e la realizzazione di questi canapi si svolgeva in una parte dell’Arsenale, chiamata La Tana.

L’Arsenale stessa ed il Campo della Tana, a Castello, erano collegati da una piccola porta, che ora è stata chiusa. Il 21 Agosto 1539 l’Ufficio della Tana viene nominato in un decreto dello Stato Veneziano.

Canapa.jpgCampo della Tana all'Arsenale.jpgL’Ufficio della Tana era istituito da tre magistrati patrizi denominati dal Senato Ufficiali della Camera del Canevo, assieme ai Visdomini della Tana nel 1589 avevano la loro sede in Campo della Tana.

In questo luogo si può notare lo stemma del Doge Pasquale Cicogna, con gli stemmi dei Badoer, Bembo ed Erizzo, nominati allora i tre Visdomini della Tana.

I Conzacaveni (acconciatori di canape) avevano preso a loro sede d’arte la Chiesa di Doge Cicogna.jpgfamiglia Badoer.jpgErizzo.jpgSan Biagio, presso l’altare dei Sette Dolori, sotto il Chiesa di San Biagio.pngPatrocinio della Santissima Croce.

S. Giovanni in Bragora.jpgNel 1488 la Scuola dei Filacanevi si trasferì alla Chiesa di San Giovanni in Bragora. Tra il 1700 e il 1800 il Campo della Tana venne scelto  dagli abitanti del Sestiere di Castello Campo della Tana.jpgforze.jpgforze-ercole.jpgForze%20di%20Ercole.jpgFondamenta e Rio della Tana.jpgPonte sul Rio della Tana.jpgper organizzare il giovedì grasso i loro giochi delle ” Forze d’Ercole “prove di equilibrio e di agilità i castellani creavano delle alte piramidi umane che si reggevano su un tavolato sorretto da panche.

Luoghi veramente suggestivi, carichi di storia e di storie, luoghi semplici che conservavano i preziosi segreti di un’Arsenale che per secoli costruì tra le più belle  e potenti navi che solcarono i mari.

 

Breve passeggiata tra i ricordi del Sestier di dorsoduro a Venezia

I sestieri di Venezia.gifLa denominazione del sestiere di Dorsoduro viene fatto risalire o all’aspetto toponomastico del terreno, formato a guisa di dorso, e dall’aspetto geologico, molto compatto e solido, o dal nome di una delle famiglie che per prime venne a dimorare in queste terre, i Dosduri di Padova, che si insediarono verso il 200 o 300 d,C.

Anticamente la località venne denominata Deursum Turris Dorsoduri: in questa parte della città vennero erette delle mura di difesa identiche a quelle costruite nel Castello del Forte di S. Rocco, che si collegavano a Dorsoduro, ed erano unite tra loro da alte mura di cinta, munite di grosse torri. Nei tempi remoti la città aveva poche abitazioni e cittadini che si dedicavano alla coltivazione degli orti ed all’allevamento degli animali domestici.

Un pò alla volta la zona  divenne parte integrante di Venezia nascente, e qui permangono ancora tracce di vecchi mestieri, oltre che a palazzi imponenti e riccamente decorati.

300px-PI5D9E~2Ca%27_Rezzonico.jpgMuseo Gugghenhaim.jpgvenice_gallerie_accademia_2.jpgCà Dario.jpgIn questo sestiere si può ammirare Cà Dario, il palazzo magnifico quanto maledetto in quanto tutti i proprietari sono morti di morte violenta, i Musei dell’Accademia, nel Campo della Carità, antico convento che nel 1619 la Serenissima destinò ad un’Accademia o Collegio per giovani patrizi, ma lo scarso numero delle iscrizioni e delle frequenze convinse gli amministratori preposti ad accogliere soltanto figli di famiglie povere, e i loro studi venivano finanziati con le entrate pubbliche: le materie che venivano loro insegnate erano la grammatica, la Religione, matematica e tecnica della musica.

La sede dell’Università di Cà Foscari è un altro dei numerosissimi palazzi famosi, la sede del Museo Guggheneim, la Chiesa di San Barnaba dove si racconta che sia sepolto il guardiano del Sacro Graal Nicodemè de Besant- Mesurier ed in cui vennero girate alcune scene del film  Indiana Jones e l’ultima crociata,  ed il famoso ponte dei pugni, dove i  si sfidavano in sanbarnaba.jpgCà Foscari.jpgPonte dei Pugni 1.jpg250px-Orma_Ponte_Pugni_1.jpgstrenue “scazzottate” i rappresentanti dei sestieri di Castello e quelli di S. Niccolò dei Mendicoli, sotto il patrocinio ponte-dei-pugni.jpgdel Doge, che in questo modo riusciva a calmare gli animi dei rivali facendo in modo che cadessero in acqua e non si ammazzassero, ed avendo l’accortezza di tenere sempre ripulito il canale in modo che le cadute fossero indolori. Esplicative sono le orme in pietra d’Istria inserite sul Ponte che allora era senza spallette, da dove dovevano fronteggiarsi i contendenti.

Squero con gondola.jpgSquero di S. Trovaso.jpgQui esiste l’ultimo, suggestivo e storico squero di Venezia, in località San Trovaso, dove ancora si costruiscono le gondole con i materiali, l’arte e la maestria dei vecchi maestri d’ascia Veneziani.

dorsoduro-piscina-venier-T.jpgPiscina S. Agnese a Dorsoduro.jpgNei secoli passati in questa zona, come in altri sestieri di Venezia, esistevano dei laghetti o degli stagni chiamati piscine, dove gli abitanti facevano il bagno o lavavano i panni, in seguito questi vennero interrati, ma rimasero i nomi, come Piscina Venier o Piscina S. Agnese

Chiovere%20di%20San%20Rocco.jpgLe tracce dei tintori di lana o di tessuti si possono ritrovare nelle “chiovere” che erano dei campi dove venivano stese le stoffe appena tinte ad asciugare, e a Palazzo Palazzo Gaffaro con pietre forate.jpgPalazzo Gaffaro 1.jpgGaffaro in fondamenta Gaffaro appaiono sulla facciata delle pietre d’Istria forate e fatte ad anello, in cui, si dice, venivano inseriti dei pali dove si appendeva la lana filata e tinta.

Naturalmente ogni Palazzo, Chiesa o elemento di cui ho parlato meritano di essere trattati singolarmente, ma un’immagine d’insieme di una piccola parte di Venezia, che è una piccola ma splendida “bomboniera”, che racchiude in un limitato  territtorio arte, storia dell’artigianato, mestieri, cultura,e storia, per la gioia di noi veneziani e di chi veneziano lo è nell’animo e nell’amore che porta verso questa città, patrimonio del mondo!

Pagine:«1...25262728293031...39»