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Lug 1, 2015 - Arte, Arte e mistero, Chiese, musica, Musica venexiana, Senza categoria, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia e il suo straordinario ruolo nel rinascimento della musica europea!

Venezia e il suo straordinario ruolo nel rinascimento della musica europea!

angeli musicantiartistiNel cinquecento si sviluppa il grande e importante rinascimento veneziano: al Teatro, che assieme alla pittura e scultura sono famosi in tutta Europa, si aggiunge la musica.
Questa è forse l’arte più complementare a questa città, come dice G. Fiocco: l’immagine di Giorgione suonatore di liuto nei concerti campestri e delle Veneri di Tiziano accanto alle melodie dell’organo restano emblemi della civiltà del Rinascimento a Venezia.

Il legame del teatro e la musica nella comnposizione unitaria del melodramma costituisce la sintesi di due aspetti determinanti di tutto lo sviluppo del rinascimento a Venezia: le arti figurative, la scenografia e la letteratura fatta roprattutto di immagini e di sentimenti , si trasformano per incanto in una unità suprema , inafferrabile e aerea nella musica, nella tendenza a trasfigurare la passione nella esaltazione lirica più sognante che realistica, nella declamazione che si abbandona con piacere all’onda del sentimento.

La musica a Venezia aveva trovato il suo prezioso centro spiriturale tra le volte dorate della Baslica di S. Marco , li dove la l’espessione musicale acquista nella scuola marciana per la musica strimentale e per la creazione di un nuovo genere tanto fortunaato a Venezia quale il melodramma.

Angelo musicante 4La presenza frequentatissima di angeli musicanti nella pittura veneziana su tavola e ad affresco del trecentoi e del quattrocento proviene dalla costante rappresentazione della mjusica in quest’epoca: essa viene intesa con un sorriso soave di magia e quindi per la sua dolcezza trasferita agli angeli come qualcosa che non appartiene alla sfera terrestre, ma la sfora appena e ha il potere di dare un’immagine di quella celeste.

Contesa tra le muse e le PieridiQuando la musica è investita dalla forza del pensiero umanistico, alla fine del quattrocento, si avverte il trapasso anche in pittura, !S. Agostino nello Studio”nella scuola di S. Giorgio degli Schiavoni , eseguito dal Carpaccio nel 1502 è circondato da preziosi codici miniati , dalle statue rinascimentali e gli innumerevoli oggetti cche denuncianho la disposizione della mente alla ricerca umanistica, quali sintomi nitidi, ed ha ai suoi piedi due partiture musicali, di cui uno di carattere sacro, e quella a carattere profano,

La presenza dei senatori di liuto, lo strumento prediletto de cinquecento o di altri strumenti di concerto in soggetti profanui di Giorgione, Tiziano e dei maggiori pittori veneziani.Basilica di S. MJarco a Venezia

Giu 30, 2015 - Arte, Arte e mistero, Chiese, Luoghi, musica, Musica venexiana, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su

Angelo musicante 1artistiNel cinquecento si sviluppa il grande e importante rinascimento veneziano: al Teatro, che assieme alla pittura e scultura sono famosi in tutta Europa, si aggiunge la musica.
Questa è forse l’arte più complementare a questa città, come dice G. Fiocco: l’immagine di Giorgione suonatore di liuto nei concerti campestri e delle Veneri di Tiziano accanto alle melodie dell’organo restano emblemi della civiltà del Rinascimento a Venezia.

angeli musicante 7Il legame del teatro e la musica nella comnposizione unitaria del melodramma costituisce la sintesi di due aspetti determinanti di tutto lo sviluppo del rinascimento a Venezia: le arti figurative, la scenografia e la letteratura fatta roprattutto di immagini e di sentimenti , si trasformano per incanto in una unità suprema , inafferrabile e aerea nella musica, nella tendenza a trasfigurare la passione nella esaltazione lirica più sognante che realistica, nella declamazione che si abbandona con piacere all’onda del sentimento.

angelo musicante 2La musica a Venezia aveva trovato il suo prezioso centro spiriturale tra le volte dorate della Baslica di S. Marco , li dove la l’espessione musicale acquista nella scuola marciana per la musica strimentale e per la creazione di un nuovo genere tanto fortunaato a Venezia quale il melodramma.

La presenza frequentatissima di angeli musicanti nella pittura veneziana su tavola e ad affresco del trecentoi e del quattrocento proviene dalla costante rappresentazione della mjusica in quest’epoca: essa viene intesa con un sorriso soave di magia e quindi per la sua dolcezza trasferita agli angeli come qualcosa che non appartiene alla sfera terrestre, ma la sfora appena e ha il potere di dare un’immagine di quella celeste.

Vittore_carpaccio,_visione_di_sant'agostino_01Quando la musica è investita dalla forza del pensiero umanistico, alla fine del quattrocento, si avverte il trapasso anche in pittura, !S. Agostino nello Studio”nella scuola di S. Giorgio degli Schiavoni , eseguito dal Carpaccio nel 1502 è circondato da preziosi codici miniati , dalle statue rinascimentali e gli innumerevoli oggetti cche denuncianho la disposizione della mente alla ricerca umanistica, quali sintomi nitidi, ed ha ai suoi piedi due partiture musicali, di cui uno di carattere sacro, e quella a carattere profano,

Angelo musicante 3La presenza dei senatori di liuto, lo strumento prediletto de cinquecento o di altri strumenti di concerto in soggetti profanui di Giorgione, Tiziano e dei maggiori pittori veneziani.

Venezia: Musica dell’armonia cosmica ed i maestri di Cappella del 500 a San Marco

musica.jpgLa musica a Venezia, nel 500 fu l’arte più sentita e congeniale alla città, accanto alla pittura ed al teatro, arti che si intersecavano, si intrecciavano, per cui l’immagine di Giorgione suonatore nei concerti campestri e delle Veneri, del Tiziano, accanto alle melodie degli organi rimangono emblemi della civiltà del Rinascimento a Venezia: il legame del teatro con la musica, nella composizione unitaria del melodramma, costituisce la sintesi di due aspetti determinanti di tutto il Rinascimento a Venezia.

200px-Albinoni.jpgLa musica a Venezia aveva trovato il suo prezioso centro spiriturale tra le volte dorate della Basilica di San marco: il servizio più curato e costoso per la Basilica era quello della cappella ducale, ritenuta una delle pupille della vita artistica della Repubblica.
per i Maestri di Cappella, per i cantori, per i suonatori e per gli strumenti. Gli artisti che ne facevano parte erano alle dirette dipendenze dei tre più importanti procuratori di San Marco, che avevano la responsablità della Piazza e della Basilica, tanto più che il doge era la suprema autorità di questi luoghi i quali gli appartenevano di diritto.

Giovanni Croce, maestro di Cappella di San Marco.jpgLa storia della musica anche nello stesso contesto dela stessa storia Platone.jpgLuca Pacioli.jpgLeonardo.jpgL'uomo di Vitruvio.jpgdella civiltà di Venezia è di così alto interesse che possiamo riferirci addirittura a Platone, ed il suo modello cosmico che nei suoi dialoghi tramandò gli aspetti esoterici dove l’armonia dei numeri stabiliva che ogni cittadino della sua Repubblica ideale doveva imparare l’aritmetica e la musica come forma di istruzione morale, per conoscere e capire il suono delle sfere cosmiche (i pianeti) in un’armonia perfetta di interscambio tra corpi celesti e logiche matematiche…lucido, perfetto, antesignano dell’armonia cosmica che tutti ora possiamo ascoltare fisicamente attraverso moderni strumenti.

Pianta della Chiesa di San Fran cesco della Vigna.jpgNon a caso la Chiesa di San Francesco della Vigna è stata costruita con una pianta perfetta e venne realizzata dal Sansovino in basi ai principi platonici che regolano i rapporti tra i numeri.

La ricerca delle regole classiche della musica costituiva quindi un ideale supremo: in questo indirizzo costante, in base a trattati di architettura, di matematica. di musica e di filosofia in una parola, sul principio dell’ordine e dell’armonia del mondo, si accorda tutto il principio del Rinascimento e alla perfezione dell’armonia umana sostenuta da Luca Pacioli, a cui si rifece Leonardo da Vinci, per il suo ” Uomo di Vitruvio”, quindi legata all’armonia naturale, logica e perfetta!

Giovanni Gabrieli.jpgE proprio nella cappella di San Marco si posero le basi di una musica libera, quando i dogi permisero Andrea Gabfrieli.jpgl’intervento di altri strumenti, oltre all’organo, e poterono favorire la creatività di Andrea e Giovanni Gabrieli, zio e nipote.

Nella basilica gli organi vennero sistemati uno a destra ed uno a sinistra tra le volte del presbiterio, e ciò contribuì a formare un nuovo stile musicale formato da voci umane intrecciate con il suono degli organi, e la parte corale dotata di strumenti di nuovi timbri che prospettò le trame della sinfonia moderna, e di nuovi rapporti tra le voci e gli strumenti.

Andrea Gabrieli fu uno dei musicisti più rappresentativi del suo tempo per la versatilità della sua opera, dai madrigali su testi del Petrarca, del Tasso, del Guarini, alle composizioni F.Franco gentildonna che suona il liuto.jpgIl flautista del Savoldo.jpgpopolari, Andrea e Giovanni Gabrieli, organisti della Serenissima Signoria di Venezia, contenenti musica di chiesa, madrigali et altri per voci e strumenti musicali, pubblicato presso Angelo Gardano nel 1587.

Gen 30, 2013 - Arte, Mestieri, Musica venexiana, Società veneziana    Commenti disabilitati su Le Compagnie della calza: Teatro, arte e Carnevale a Venezia.

Le Compagnie della calza: Teatro, arte e Carnevale a Venezia.

campiello.jpgLa cultura teatrale del cinquecento e del seicento non poteva prescindere dall’ambiente naturale ed urbanistico della città, fatto di “interni” e di “esterni” che sembrano sorti per il Teatro. Per cui tutto ciò è naturalmente collegato alle arti figurative.

Gli interni ed esterni non obbediscono necessariamente al significato letterale dei termini: si possono considerare “interni” alcuni campielli che raccolgono verso il centro vari punti di vista, dalle angolature delle finestre, dalle case poste tutto intorno, mentre esterni si possono considerare i loggiati di Palazzo Ducale, come se fossero una strada sospesa.

Piazza San Marco.jpgUn interno-esterno ambivalente è Piazza San Marco, definita un “salotto” per i suoi caratteri di intimità ed aperta nello stesso tempo verso il Bacino in uno spazio infinito.
Su questo spazio naturale la scena si compone e si caratterizza immediatamente con l’apparire di un personaggio sul balcone, di un rematore sulla gondola, lo sciamare dei passanti lungo la fondamenta o l’alternarsi sui ponti di una folla varia, colorata, pronta al “gioco delle parti”, spesso partecipe compiaciuta della scena e consapevole di far spettacolo di se stessa.

Ed ecco che i veneziani, consapevoli di questo continuo entrare ed uscire dalla scenografia fantastica di calli, dalle Storie di S. Orsola delle Gallerie dell'Accademia due gentiluomini della Compagnia della Calza.jpgfondamente, campielli e palazzi si riunirono in “Fraglie” (fratellanze, confraternite, termine prettamente massone!), per cui istituirono le ” Compagnie della Calza “, gruppi di giovani bene della Venezia cinquecentesca che si riunivano per recitare e per organizzare feste mascherate ed altro.

Di questo era convinto Carpaccio che aveva dipinto, qualche decennio prima le  scuole minori, perchè le sue storie romanzate sulle vite dei Santi si adattavano più all’ambiente teatrale che a quello delle chiese.

Le sue immagini infatti erano più accostabili a quelle contemporanee  degli amici che recitavano nelle compagnie della calza, che a quelle della chiesa legate all’iconografia liturgica.

Compagnia della Calza 1.jpgLo storico del 700 Anton Maria Zanetti fa un’annotazione sulla Scuola di S. Orsola ( a SS. Giovanni e Paolo) tutta rivestita all’interno di dipinti del Carpaccio che è molto indicativa: Io mi sto in questa cappella ( Sant’Orsola) – egli dice – inosservato alcuna volta, e veggo entrare certe buone persone, che dopo una breve orazione rivolgono gli occhi a queste pitture, restano sospese, il volto e la mente…Mostrano d’intendere ogni rappresentazione, ragionando in suo cuore e non possono nascondere l’interno movimento che provano. Gran forza ha la verità imitata e dipinta con la sola ragione anche senza gli aiuti dell’arte, sul senso d’ogni spettatore.La verità imitata, ed i “teleri” di Carpaccio sono da vedere ( ora sono stati trasferiti alle Gallerie dell’Accademia a Venezia), oltre a tutto in uno stretto parallelo tra costume, azione teatrale e documentazione del tempo.

All’epoca quindi alcuni giovani, per lo più gentiluomini veneziani incominciarono, come detto, ad unirsi allo scopo di creare mmbro di una compagnia dela calza.jpgeventi, feste, rappresentazioni, dando così allegria e vivacità alla città.
Ed a questo scopo, per dare un significato di appartenenza ad ogni “fraglia” si distinsero per l’uso di “pantaloni” di colore diverso il destro dal sinistro, chiamati calze, e coll’insegna della “Compagnia” ricamata in oro, perle e pietre preziose.

Usavano inoltre un mantello di panno d’oro o damasco, con un lungo cappuccio, ed un berretto di stoffa preziosa con la punta ornata da un gioiello, che ricopriva in genere una chioma lunga e folta, a volte legata da un nastro di seta.

A questi si aggiungevano anche le mogli o altre gentildonne, le quali portavano i simboli della Compagnia sopra una delle maniche.

img140.jpgPer formare una Compagnia della Calza  occorreva una licenza del Consiglio dei dieci, quindi i soci compilavano uno statuto, dove, oltre alle altre regole si determinava la durata della compagnia, e venivano eletti un priore, un camerlengo, un segretario, due consiglieri, un cappellano, un nunzio ; a questi si aggiungevano un poeta, un architetto  ed un pittore.

I membri della Compagnia che si sposavano dovevano organizzare due banchetti: uno in casa con musica e momarie (mascherate) , l’altro in casa della sposa dove doveva pagare il notaio, il cappellano ed il messaggio.

Diverse furono le compagnie della Calza dal 1400 al 1562 ( arrivarono ad essere 43). I Pavoni, gli Accesi, i Fedeli, i Concordi, i Floridi, i Reali e i Sempiterni. A questa compagnia furono legati il Ruzante, Pietro Aretino che per loro scrisse la Commedia ” La Talanta”, il Vasari come scenografo, Tiziano ed il Palladio  che per loro costruì un teatro in legno.

immagine di un membro delle compagie della calza.jpgE alla Compagnia della Calza si possono attribuire spettacoli all’aperto, rappresentazioni, caze de toro, e  le momarie, dove ci si vestiva in cazza-ai-tori.jpgmaschera e si svolgevano processioni lungo i canali dove venivano presentati i vizi e le virtù.

un compagno di una compagnia della Calza.jpgmascherate delle compegnie della Calza.jpgteatro delle compagnie della calza.jpgTutto ciò, legato alla musica, all’architettura, alla pittura ed all’arte in genere rese questa città un grande teatro, una grande scenografia che si avvale tutt’ora, per opera di sette famiglie veneziane, di una Compagnia della Calza ( dal 1972) che presta il suo fantastico impegno nell’occasione del Carnevale, e per continuare in una tradizione dell’arte a tutto tondo che è la culla della cultura vera e profonda.

 

Ott 29, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Mestieri, musica, Musica venexiana, Personaggi, Religione a Venezia, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La cappella di S. Marco a Venezia e la nascita del melodramma.

La cappella di S. Marco a Venezia e la nascita del melodramma.

cappella a San Marco.jpgcantgori a San Marco.jpgNel 1500 il teatro, assieme all”architettura, la pittura e  la scultura, erano le arti più seguite ed amate a Venezia, alla quale, verso la fine del secolo si aggiunse anche la musica.

L’immagine del Giorgione suonatore di liuto nei concerti campestri  delle Veneri di Tiziano accanto alle melodie dell’organo restano emblemi della civiltà del Rinascimento a Venezia:il legame delle arti con la musica , nella composizione unitaria del melodramma, costituisce la sintesi Giovanni_Gabrieli.jpgGiorgione-tre-filosofi.jpgmusica.jpgdeterminante di tutto lo sviluppo del Rinascimento a Venezia: le arti figurative, la scenografia e la letteratura fatta sopratutto di immagini e di sentimenti, si trasformano d’incanto nell’unità suprema, inafferrabile e aerea della musica, nella tendenza sopratutto a trasfigurare la passione nell’esaltazione lirica più sognante che realistica, nella declamazione che si abbandona con piacere all’oinda del sentimento e delle tenerezze affettive.

La musica a Venezia aveva il proprio centro nella Basilica di San Marco : il servizio più curato e costoso per la basilica era quello della cappella ducale, ritenuta sempre il centro più importante artistico della Repubblica.

Angelo mnusicante di Giovanni Bellini.jpgangelo musicante.jpgI libri delle spese della basilica di S. Marco riportano delle cifre enormi per i maestri di cappella, per i cantori ed i suonatori di strumenti. Gli asrtisti che ne facevasno parte eerano alle dirette dipendenze dei tre più importnti procuratori  di S. Marco che avevano la responsabilità della Piazza e della Basilica, tanto più che il doge era las suprema autorità di questi luoghi che gli appartenevano di diritto.

La regolazione diretta del governo dogale  anche dello stesso servizio liturgico, diede alle composizioni sacre di S. Marco
una larga indipendenza di cui la Serenissima era gelosa e che era riconosciuta in parte anche da Roma.

La storia della musica nel contesto della storia della civiltà di Venezia e fu veramente importante e determinata dalla scuola marciana per la musica strumentale e per la creazione di un nuovo genere tanto fortunato a Venezia: il melodramma.

Giorgione-tre-filosofi.jpgsuonatrice.jpgLa presenza frequentissima degli angeli musicanti nella pittura veneziana su tavola e ad affresco dal trecento al quattrocento proviene dalla costante rappresentazione della musica in quest’epoca, essa viene intesa con un senso soave di magia e quindi per la sua dolcezza trasferita agli angeli, come qualcosa che non appartiene alla sfera terrestre ma la sfiora appena e ha il potere di avere un’immagine di quella celeste.

Quando la musica è investita dalla forza del pensiero umanistico , alla fine del quattrocento, s’avverte il trapasso anche in pittura:  “S. Agostino 1806-Giovanni_Bellini_-_Pala_di_St_Giobbe.jpgmusica 1.jpgnello studio” nella Scuola di S. Giorgio degli Schiavoni , eseguito da Carpaccio nel 1502 è circondato da preziosi manoscritti miniati, dalle statue rinadscimentali e gli innumeerevoli oggetti che denunciano la disposizione della mente alla ricerca umanistica, ed ha i suoi piedi due partiture musicali, di cui una di carattere profano e l’altra di carattere sacro. Quella di carattere profano , che cominciava già a diffondersi nelle prime opere di stampa di Ottavio Petrucci, potrebbe coinsiderarsi una primizia del genere strumentale tipicamente veneziano.

musica 2.jpgmusica.jpgVittore_Carpaccio_Agostino-1024x677.gifArte, pittura e musica alla base della cultura del popolo veneziano e che ha permeato completamente la natura di questa città.

 

 

Apr 4, 2012 - Arte, Carnevale, libri e fumetti, Mestieri, Musica venexiana, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

Carlo Goldoni e Carlo Gozzi: due grandi autori in eterna polemica, espressioni diverse del Teatro Veneziano.

220px-Carlo_Goldoni.jpgdell'abate Chiari.jpglibro dell'abate chiari.jpgCarlo Goldoni, il “narratore” della Venezia settecentesca fu molto amato ed apprezzato dal pubblico e da altri artisti famosissimi dell’epoca, come Goethe, ma venne bersagliato da critiche e da polemiche prima da parte dell’abate Chiari, modesto letterato convinto, a torto, del proprio valore, ed in seguito da Carlo Gozzi.

Bisogna considerare che all’epoca bmarcello.jpgil teatro a Venezia era vivo e si collegava in modo determinantre alla vita della Società del tempo: basta pensare al sottotitolo del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello per considerare il gran numero di persone che vi lavoravano “Metodo facile, sicuro per ben comporre, ed eseguire Opere italiane in  musica all’uso moderno, nel quale si danno avvertimenti utili e necessari a Poeti, , Compositori di Musica, musici dell’uno e dell’altro sesso , Impresari, Suonatori, ingegneri, pittori di scene, parti buffe, Sarti, Paggi, Comparse, suggeritori, copisti, protettori e Madri di virtuose, ed altre persone appertenenti al Teatro”.

Tutti questi consigli sono dati in tono ironico all’epoca del libro del 1721 e illuminano una zona della vita veneziana del tempo che trova corrispondenze precise nella vita sociale e artistica un pò comune alla situazione del Teatro italiano del 700.

i rusteghi.jpgla triologia della villeggiatura.jpgLe Baruffe chiozzotte.jpgPer Goldoni la polemica si inasprisce negli anni in cui compie alcuni suoi capolavori come ” I Rusteghi”, ” Le smanie per la villeggiatura”, ” Sior Todaro Brontolon”, ” Le Baruffe Chiozzotte”, dal 1760 al 1762, anni nei quali viene dato un riconoscimento sempre più ampio della sua arte comica.

Carlo Gozzi.jpgIl Conte Carlo Gozzi, uomo legato al passato critica e disprezza le opere di Goldoni perchè nella sua natura di conservatore ritiene , che la struttura sociale in cui viene ambientata l’opera del suo rivale non sia più quella della Repubblica di Venezia, non tanto come riforma teatrale la peculiarità delle opere di Goldoni, qwuanto un preavvertimento della precarietà del mondo che lo circondava, la sofferta sensazione di disgregamento d’un sistema di vita che testimoniava nella seconda metà del settecento i segni del declino della Serenissima.

Il Gozzi, nei suoi lavori letterari, è dotato di ironia e ama il mordente della satira, e mentre può trovare un facile bersaglio nelle modeste opere dell’Abate Chiari, non può criticare così Carlo_Goldoni.jpgCmpiello del Goldoni.jpgapertamente ed aspramente l’arte di Goldoni, che aveva invece resi sempre più corali i nessi compositi delle sue commedie, fino al capolavoro “Le baruffe Chiozzotte”, in una cerchia popolare e borghese.

Il nuovo teatro, secondo Gozzi, aveva tradito le invenzioni di fantasia e quell’anelito di evasione che erano sempre stati ansiosamente ricercate negli spettacoli di creazione Veneziana, specie nell’opera lirica, che di adattavano perfettamente a quella suggestione poetica e favolistica, cercando di ottenere l’illusione teatrale di indirizzo elegiaco ed arcadico.

Carlo Gozzi opere.jpgl'amore delle tre melarance 1.jpgProkopfiev.jpgE’ questa l’espressione precisa dei lavori di Carlo Gozzi: il teatro di fiaba come l’amore delle tre melarance” e “Turandot”porta il pubblico in un mondo ironico, divertente, sul filo della commedia dell’arte, delle maschere, della rappresentazione di un Turandot 1.jpgTurandot.jpgpuccinigiacomo.jpgOriente favoloso e di una comicità che si libera del realismo quotidiano, mentre da Ruzzante a Goldoni le commedie riflettono saldamente la realtà e portano il timbro della voce del popolo.

“Turandot” venne rappresentata a Venezia nel 1762, fu tradotta in tedesco da Sciller e messa in scena al teatro di Weimar da Goethe (che molto ammirava Gozzi) Nel novecento venne musicata da Ferruccio Busoni, ed infine Giacomo Puccini espresse uno dei suoi massimi capolavori.

“L’amore delle tre melarance”, rappresentata nel 1761 al Teatro S. Samuele, venne musicata nel 1921 da Serghey Prokofiev, con un adattamento del libretto fatto dallo stesso musicista.

Goethe.jpgGoethe racconta dettagliatamente del suo incontro con il teatro veneziano, con le opere ed i balletti. L’incontro che il poeta ricorda con più entusiasmo è quello con “Le baruffe chiozzotte” di Goldoni, la sera del 10 ottobre rappresentata al Teatro S. Luca dalla compagnia di Antonio Sacchi: ” Non ho mai assistito, dice Goethe, in vita mia ad un’esplosione di giubilo come quella cui si è abbandonato il pubblico a vedersi riprodotto con tanta naturalezza. E’ stato un continuo ridere di pazza gioia dal principio alla fine”.

In seguito a Roma il poeta tedesco ebbe modo di assistere alla rappresentazione della “Locandiera”: ” anche qui la base su cui si regge lo spettacolo è il pubblico; gli spettatori sono a loro volta attori e così la folla si fonde completamente con lo spettacolo”.

l'ultima sera di Carnevale.jpgCarlo  Goldoni 2.jpgPurtroppo, amareggiato dalle polemiche il più amato dei commediografi Veneziani, voce del popolo decise di trasferirsi a Parigi, e lasciò al suo pubblico come congedo la figura allegorica nella sua opera d’addio ” Una delle ultime sere di Carnevale”. ” Anzoletto, disegnatore per ricami chiamato in Russia da suoi clienti, e non è tanto una venatura di nostalgia preventiva, di commozione aperta, quanto la maniera con cui si concreta in una scena festosa e variopinta, in una cena di ultima sera di carnevale, e dunque non in forme patetiche, ma in un rinnovato omaggio alla vitalità sderena di una società attiva e fiduciosa, in una replicata prova della simpatia poetica del Goldoni per il suo mondo più vero” ( W. Binni in Storia della letteratura italiana – il Settecento- Milano 1968).
 

 

La breve luce brillante di Marietta Robusti: la Tintoretta!

0211_autoritratte_int1G.jpg220px-Tintoretto_-_Self-Portrait_as_a_Young_Man.jpgNel novero delle innumerevoli donne notevoli figlie della Serenissima, legate alla politica, alla pittura, alla letteratura, musica e all’arte in genere, lascia la scia quasi di una “cometa” brillante, fulgida ma presto scomparsa, Marietta Robusti, detta ” la Tintoretta”.

Figlia illegittima del famoso Jacopo Robusti (il Tintoretto), nacque a Venezia (la data non è certa, nel 1554 o nel 1560). Il talento pittorico era scritto nei suoi geni, nondimeno assorbì tutto sull’arte del padre, ancora piccolina, quando il Tintoretto, che con la figlia ebbe una rapporto quasi simbiotico di profondo amore e stima, la portò ancora piccolissima nel suo studio, si dice vestita con abiti maschili.

autoritratto della -tintoretta.jpgautoritratto.jpgCrescendo si dedicò ed eccelse anche nella musica e nel canto, esprimendo così un’artisticità poliedrica che la accomunò ad altre artiste veneziane, come ad esempio Rosalba Carriera. Certo Venezia era la fucina dell’arte, l’humus giusto per esaltare le capacità non solo maschili ma anche e forse sopratutto femminili in questo settore.

Crescendo ” la Tintoretta” divenne famosa presso la società veneziana ed i suoi nobili, che consideravano un privilegio farsi ritrarre dalla maestria di questa artista. Sicuramente collaborò il vecchio e il giovane.jpgalla realizzazione di alcuni quadri paterni, visto che Marietta aveva così assorbito la pittura paterna da poter rivaleggiare con lui.

Purtroppo però delle sue opere ci rimane “Il ritratto del giovane e il vecchio”, talmente vicino allo stile paterno  da rivaleggiarne come potenza, stile e profondità. Anche i suoi autoritratti, uno dei quali la ritrae con uno spartito in mano ed una spinetta accanto, (un modo di rappresentare sè stessa e le sue inclinazioni).

La sua arte venne apprezzata anche da corti Straniere come quella di Filippo II di Spagna e di Massimiliano II d’Austria, che la invitarono a lavorare presso quei regni, ma l’attaccamento quasi morboso che la legava al padre la convinse a non allontanarsi da Venezia.

ritratto di donna.pngautoritratto tintoretta.pngSi sposò con un gioielliere, Marco d’Agusta, da cui ebbe un figlio, Giacometto, la cui morte ad appena undici mesi la lasciò distrutta e senza alcuna velleità artistica. Si spense nel 1590, e venne sepolta nella meravigliosa chiesa °Gotica della Madonna dell’Orto, dove, dopo alcuni anni venne tumulato anche il padre, ormai vecchio…rimasti uniti così anche dopo la morte.

Storia struggente di un’artista di rare qualità, di una donna bella, intelligente e ricca di qualità che dovrebbe comunque essere ricordata un pò di più, ad onore delle donne veneziane, di tutte le donne che cercano di capire ed apprendere avidamente quanto di bello fa parte della ritratto della figlia Marietta del Tintoretto.pngTintoretto autoritratto.jpgMadonna dell'orto 1.jpgcultura, della bellezza e delle risorse che appartengono a qualsiasi donna!

 

Bricoe, le vie d’acqua di venezia, e il canto struggente dei battipali..i suoni di Venezia e le armonie della Laguna

nebbia.jpgbriccole veneziane.jpgVenezia. misteriosa città d’acqua, creata sull’acqua, e tra le varie isole che la compongono i rii e i canali: l’ampiezza della laguna, le notti di nebbia, il buio profondo: per questo motivo vennero create le briccole (o bricoe): il toponimo nasce dalla necessità di dare dei colpi obliqui ai pali laterali, per cui venne creata una macchina inclinata di 15 gradi circa per poter indirizzare i pali laterali appunto nell’inserimento di questi preziosi legni appuntiti, ricavati dal larice e dal rovere, attraversando lo strato di fango, e trovando valida e solida base nel “caranto” un compatto strato di argilla e sabbia, solida base per sostenere non solo le bricoe, ma anche palazzi, ponti etc.

I tronchi erano in genere tre o quattro, e sulla sommità di questi gruppi, tenuti insieme da catene, veniva posto nei tratti della laguna o lungo i canali più importanti dei fanali, in modo da indicare le vie d’acqua e gli approdi.

via d'acqua.jpgAlle bricoe interne ai rii, in genere formate da un solo palo, venivano ancorate le gondole e le barche.

battipali 1.jpgE proprio gli operai più umili, quelli che con i loro sforzi svolgevano il lavoro di “battipali”, battipali_2.jpgincisione di battipali.jpglavoro pesante, faticoso che abbisognava della collaborazione di un gruppo, per cui di una sincronicità, diedero vita a dei canti meravigliosi, canti di lavoratori, canti di chi segue ritmi di ispirazione ed espirazione, intervallato dalle brevi pause, che, nel silenzio della laguna e trasportati dalle leggere brezze che portavano i suoni anche nella città divennero una colonna sonora meravigliosa: diverse voci, un ansimare quasi, la delicatezza e l’orgoglio di essere utili con la propria fatica allo sviluppo e all’importanza della loro Serenissima; il canto (con anche altre versioni, ma molto simili) diceva:

Oh, issa eh
e isselo in alto, oh
ma in alto bene, eh
poichè conviene, eh
per ‘sto lavoro, oh
che noi l’abbiamo
oh
ma incominciato, oh
ma se Dio vuole, eh
lo finiremo, oh
col santo aiuto, oh
viva San Marco, eh
repubblicano, oh
quello che tiene, eh
l’arma alla mano, oh
ma per distruggere, eh
el Turco cane, oh
fede di Cristo, eh
la xe cristiana, oh
quella dei Turchi, eh, la xe pagana.

briccola.jpgI primi studiosi di canti popolari nel 1800 riuscirono a rintracciare questi pezzi, che forse più che canti possono essere definiti “ritmi”; G. Péullè, uno dei primi ricercatori scrisse: Al momento pertanto che più fervea nè lontani tempi l’opera del fabbricare questa mirabile città, doveva la laguna veneta risuonare tutt’all’intorno di quella monotona salmodia che i batti-pali intonavano e che noi udiamo ancor oggi laddove si gittano le fondamenta di qualche nuova fabbrica.

briccole 3.jpgVoci meravigliose, suoni di fatica, che, accanto alle barcarole ( la più famosa quella veneziana di 100_1476.jpgMendelsshon n° 12) accompagnarono e tutt’ora, se si ha l’accortezza di astrarsi dalle voci comuni, vengono trasmesse dallo sciabordio della laguna, dal solcare leggero delle gondole sui rii più nascosti, nell’intonazione stessa della “lingua ” veneziana…tutto legato al mare, tutto mescolato al mare, un tutt’uno, di armonia, suoni fatiche e bellezza.

La musica a San Marco e le armonie di Venezia

Processione in Piazza San Marco.jpgBasilica 1.jpgBasilica.jpgBasilica di San MaRCO.jpgDal 1500 al 1700 Venezia divenne il centro della musica per tutta Europa.La Basilica di San Marco, come descritto nella ” Guida ” del Sansovino, nell’edizione che fece il suo canonico, Giovanni Stringa, nel 1604 dà un’immagine ben configurata del significato religioso e politico della Chiesa nello Stato Veneziano.

Il Doge aveva piena giurisdizione, come “patronus et gubernator ecclesiae” ed era sua facoltà nominare il “primicerio” (primo sacerdote della Chiesa) con autorità simile a quella di un vescovo, e che per legge doveva appartenere alla nobiltà veneziana, di età superiore ai 25 anni, provveduto da Governo di un buon reddito adeguato alla sua posizione giuridica.

Primicerio e Chiostro di S. Apollonia a Venezia.jpgIl Primicerio aveva il diritto, per concessione dei vari papi, di celebrare già dal 1200 con la mitra, il pastorale, l’anello e il rocchetto vescovile, dare indulgenze e consacrare sacerdoti.

Al Primicerio seguiva il Vicario, poi venivano 24 Canonici e tutta una serie di addetti ai vari servizi, come se si trattasse di una vera e propria corte.

Il Maestro di Cappella era invece il primo musicista della Città, il Proto l’architetto “principe” che soprintendeva la Chiesa e il Palazzo Ducale, edifici considerati insieme come sede del Governo. Nel 1580 l’abitazione del Primicerio venne stabilita nel Convento di Sant’Apollonia, al dilà del Ponte della Canonica.

E la musica era quindi un elemento importante e primario nei compiti di questo Governo della Chiesa: L’ordine de officiar nella Basilica di San Marco, dice il Sansovino, è secondo l’uso della chiesa costantinopoliana, ma non molto differente dalla romana, ma tanto assiduamente che nulla più. E quanto alle cose necessarie per questo negotio, la spesa di ogni anno passa di dodicimila ducati, cun ciò che sia che vi sono provisionati due organisti dè primi d’Italia, con grosso stipendio. Il Maestro di Cappella con gran numero di cantori, i canonici e i sottocanonici ecc.

spartito di Giovanni Gabrieli.jpgorgano di San Marco.jpgGiovanni Gabrieli 1.jpgGiovanni Gabrieli.jpgAndrea Gabrieli.jpgMentre lo Stringa scriveva questa parole era organista a San Marco Giovanni Gabrieli, succeduto nel 1585 allo zio Andrea Gabrieli, e l’antico storico rivolge a Giovanni Gabrieli un giudizio che resterà memorabile: ” Il suono di quest’organo soavissimo è tanto più soave quanto che viene dal più eccellente organista ch’abbia oggidì la nostra Italia sonato; e questo è Giovanni Gabrieli, degno di lode per la rara et singolare virtù che regna in lui in simile professione”.

Alla morte di Gabrieli, nel 1613 venne chiamato a sostituirlo nel ruolo Claudio Monteverdi, che rimase per trant’anni in carica, fino alla sua morte.

Si ha notizia di una singolare gara tra due organisti di San Marco, Francesco Landino e Francesco di Pesaro, svoltasi nel 1300 dinanzi al Re di Cipro, e vinse il Landino.

Spartito del Legrenzi.jpgTomaso Albinoni.jpgGiovanni Legrenzi.jpgInterno Basilica.jpgNel frattempo a Venezia si esibivano e componevano artisti quali Giovanni Legrenzi (agosto 1626 – Venezia 27 Maggio 1690) e che divenne maestro di Cappella a San Marco nel 1681. Egli fu il maestro di Tomaso Albinoni (Venezia 1671-1751).

 

E in questo periodo condivisero la loro sapienza e la loro arte, Baldassarre Galuppi (Burano 17 ottobre 1706, 3-1-1785) allievo di Benedetto Marcello (Venezia, 31 luglio 1686, Brescia 24 luglio 1739) a cui è dedicato il Conservatorio di Musica di Venezia, nel Palazzo Pisani in Campo Santo Stefano, ed il grande Antonio Vivaldi,200px-Baldassare_Galuppi_Memorial.jpg200px-Benedetto_Marcello.pngConservatorio.jpg(Venezia 4 marzo 1678-Vienna 28 luglio 1741) il famoso Antonio Vivaldi.jpgspartito di Antonio Vivaldi.jpgprete rosso, che con i suoi insegnamenti fece diventare famose le musiciste, le sue “putte” ospiti della Pietà di Venezia, l’orfanotrofio di questa città, a cui si aggiunsero un pò alla volta alte pie istituzioni, come la Misericordia, gli Incurabili, le Zitelle ed altri “hospitali” a cui i nobili di tutta europa facevano a gara per iscrivere in educandato le proprie figlie.

le putte di Vivaldi.jpgLe putte.jpgE in tutta Europa erano famosi i concerti a cui accorrevano ed assistevano nobili, ricchi mercanti e tutti i musicofili.

L’ultimo grande compositore veneziano fu Luigi Nono (Venezia, 1924 -1990).

Venezia, con la sua armonia d’acqua, con lo sciabordio incantato ed incantante della laguna faceva ancora una volta da sottofondo all’arte che qui è profusa in tutte le sue forme ed espressioni.

 

Vivaldi e la sua Venezia

17 1.jpgSplendore, decadenza, erotismo e santità, ecco il fascino che produce una società quando ha ormai alle proprie spalle il proprio apice è indiscutibile.

L’Europa aveva giù concluso i suoi giochi, ed il Leone di S. Marco era uscito ridimensionato.Ma quanto orgoglio, quanta astuzia politica e quanta voglia di vivere per le calli della Serenissima!

La raffinata costituzione politica, le ferme prese di posizione contro le brame del Papa, le battagle eroiche vinte contro l’impero Ottomano ed un fiorire splendido delle arti, svaghi e passioni  rendono la Venezia di quegli anni unica, irrinunciabile.

imagesCAERLR6J.jpg17.jpgI fremiti che scorrevano tra calli e campielli donavano un’atmosfera  dove il vizio si mescolava alla fede, dove il gioco era praticato con passione, così come l’amore per le cortigiane, e le composizioni musicali assecondavano il gusto di ogni ceto sociale.

17 3.jpgNel 1740 sommando locande, botteghe del caffè ed osterie arrivavano a seimila circa, per cui gioia di vivere, voglia di godere dei piaceri della vita, della socializzazione e degli incontri.

Cà Rezzonico.jpgCà Pesaro.jpgSan Stae.jpgAnche dal punto di vista architettonico la città si arricchì di altre imponenti opere: S. Rocco, S. Vidal, S. Tomà, le facciate dei Gesuiti di S. Stae, Cà Pesaro, Cà Rezzonico, la nuova pavimentazione di San Rocco.jpgPiazza S. Marco.

imagesCAN3NK4N.jpgimages.jpgQuesta era la città ai tempi di Antonio Vivaldi, colonna sonora di queste penombre, di questo bisbigliare tra le calli, dell’amoreggiare nelle gondole coperte, delle feste con le dame ingioiellate e imagesCABS684P.jpgabbondantemente scollate.

Nato a Venezia il 4 marzo del 1679, avviato allo studio del violino dal padre (morì a Vienna il 28 luglio 1741), gracile e sofferente d’asma, i capelli rossi, era un prete anomalo, con una smisurata foga compositiva e non propriamente in odore di castità.

Ma Venezia concedeva questo ed altro, per un certo periodo anche Casanova divenne parte del Clero, per cui esisteva la massima libertà, anche se una parte degli esponenti della chiesa si lamentavano per la troppa improntitudine dei più libertini.

1700 1.jpgAnche il rapporto con l’altro sesso era molto particolare per i veneziani, in città si amoreggiava praticamente ovunque, e durante il carnevale che iniziava il 26 dicembre e finiva il martedì grasso, con l’aiuto della Bauta andavano bene anche calli e campielli.

Come stupirsi quindi se Vivaldi, che celebrò soltanto una messa, si accompagnava ad un’amante, forse a due.

Era nei teatri che la vita artistica e musicale toccava i vertici per qualità, livello del pubblico, assoluta notorietà. Disse Rousseau che era impossibile sentir cantare come a Venezia.

San Moisè.jpgTeatro Malibran.jpg1700 2.jpgSan Samuele, San Giovanni Crisostomo (l’attuale Malibran), San Cassiano, S. Angelo, San Moisè erano i nomi dei Teratri più famosi di Venezia. Quando iniziava la Stagione operistica di Venezia, che coincideva con il Carnevale, se ne avevano echi in tutta Europa.

Teatro S. Angelo.jpgE fu al Teatro S. Angelo che Vivaldi debuttò comer autore dell'”Orlando finto pazzo” nel 1714, la sua prima opera veneziana, e collaborò molto sporadicamente con il San Samuele e il San Moisè.

Ogni sera si eseguivano concerti, nei palazzi e nelle chiese, anche nella Basilica di San Marco, che ospitava nella cappella Monteverdi.jpgdel Doge la Schola Cantorum, massima istituzione musicale che vantava tra i suoi componenti  i due Gabrieli e Claudio Monteverdi.
A questo proposito è bene ricordare che il governo era rigorosamente laico, e che la Basilica di S. Marco divenne cattedrale di Venezia solo alla caduta di questo sistema politico. Una situazione che incentivò il mecenatismo di stato che era attivo a Venezia fin dal Medio evo.

Delle famose, straordinarie artiste ” le Putte ” di Vivaldi parleremo la prossima volta.

 

 

 

 

 

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