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Mag 8, 2012 - Architettura, Arte, Chiese, Luoghi    3 Comments

Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello: tra simboli alchemici e Giudizio Universale

Panoramica Torcello.jpgTorcello, colonia romana e primo insediamento veneziano può vantare una delle più straordinarie chiese che si conoscano, quella dedicata a Santa Maria Assunta.

Primo tempio di riferimento bizantino, che in qualche modo trova dei punti in comune con quella di S. Apollinare nuovo di Ravenna: ” La coincidenza felice per Venezia, dice Sergio Bettini, è che si trattava di un gusto più di ogni altro adatto ad una città sorgente dalle acque: e acquorea  è infatti nell’arte tardoromana e paleocristiana, con loggiati, peristili, pannelli marmorei, i mosaici alle pareti e l’opera tassellata del pavimento che reca un carattere marino nella trasparenza traslucida e come lavata”.

800px-Torcello_Basilica_di_S__Maria_Assunta.jpgE, proprio similmente alla chiesa di Ravenna, la sua pianta è basilicale: abside centrale maggiore e absidi laterali minori corrispondenti alle tre navate di cui si compone la chiesa.

Essa, anche nelle parti aggiunte nel IX ed XI secolo porta tracce di tre momenti dell’architettura veneto-esarcale, che in gran parte precedono la Basilica di San Marco, la vera grande costruzione bizantina a Venezia.

L’interno di Santa Maria Assunta è molto semplice: nove colonne di marmo greco, sormontate da bellissimi capitelli veneto bizantini dividono le tre navate, di cui la centrale, così alta rispetto alle laterali, da l’immagine di una nave. A compattare la struttura vi sono dei tiranti, travature longitudinali e trasversali particolarmente 120px-CattedraleTorcello.jpgtiranti.jpgnecessarie per un edificio che poggia su un terreno lagunare.

Importante è l’iconostasi racchiusa da sei colonne e da un largo architrave in cui sono incastonati dei dipinti fondo oro con immagini della Madonna e degli Apostoli, eseguiti da artisti di Murano alla metà del Quattrocento.

Accanto all’iconostasi uno straordinario pulpito costruito con antichissimi marmi lavorati in diverse epoche ed adattati gli  uni agli altri, la qual cosa pone un interessantissimo problema archeologico per poter definire tali epoche.

Il motivo principale della Chiesa è la Madonna: la sua immagine è al centro dell’edificio, Madonna.jpgaltissima ed azzurra in un cielo d’oro creato dalla conca dell’abside sotto cui sono posti gli Apostoli.

Importanti e altamente simbolici i quattro plutei di origine bizantina, risalenti all’XI secolo che racchiudono appunto il presbiterio, di cui due di particolare interesse: quello con due pavoni che si abbeverano ad una fonte, simboli cristiani di grazia, ma che hanno anche un corrispondente alchemico: “distruttori di serpenti” ed i colori cangianti delle code avevano il doppio significato di tramutare il veleno in sostanza solare, e gli “occhi”  erano simbolo dell’onniscenza di Dio.
Vi era inoltre un riferimento all’ “albedo” (  da bianco, che è la somma di tutti i colori), segno visibile nel “processo alchemico” di un’altra tappa della “grande opera”: le sostanze vili che vengono trasformate in sostanze superiori. Un pluteo Iconostasi e Plutei.jpgmolto simile ( dell’inizio dell’VIII secolo)  è conservato al Museo Malaspina di Pavia, dopo essere stato asportato dall’oratorio di San Michele alla Pusterla.

Il secondo pluteo, particolarmente interessante è quello che raffigura due leoni, uno a destra e l’altro a sinistra di una pianta, che si fronteggiano: i Leoni simboleggiano la luce, la regalità, la conoscenza la forza ed il coraggio.
Dal punto di vista esoterico essi erano posti dagli antichi egizi a guardia della nave del faraone defunto, ed in base al “fisiologus” (testo gnostico del II° secolo d. C) vennero loro attribuite tre nature:

La prima: egli cancella le proprie impronte quando è sulla montagna e sente l’odore dei cacciatori, la seconda: Quando dorme i suoi occhi vegliano, ed infine la terza: la leonessa partorisce i piccoli morti, ma il terzo giorno il maschio li resuscita con il proprio respiro.

Giudizio universale a Santa Maria Assunta a Torcello.jpg28-08%20Giudizio%20duomo%20di%20Torcello.jpgImportante ed imperdibile è infine il mosaico del Giudizio Universale, sulla parete d’ingresso della chiesa; esso fu fatto e rielaborato dal XII al XIII secolo: il dramma inizia dalla crocefissione tra la Madonna e S. Giovanni, poi Cristo risorto scende al Limbo, spezza le antiche catene e libera le anime di coloro che l’attendevano, poi Cristo siede tra la Madonna , S. Giovanni ed i Santi per giudicare. Il giudizio si svolge nelle zone inferiori; gli Angeli richiamano i morti dalla terra e dal mare, ed aviene quindi la separazione tra i dannati ed i beati.

E’ un’immensa pagina apocalittica per la lettura immediata per tutti i credenti. Chiara è qui l’analogia, specie nella suddivisione delle pene, con la Divina Commedia di Dante, che venne scritta però circa  un secolo dopo: in sette comparti stanno i condannati per i sette vizi capitali, che corrispondo ai gironi della Commedia, con le pene stabilite  per la legge del contrappasso, per primi infatti appaiono i lussuriosi avvolti nelle fiamme che si agitano ai venti della passione.

Basilica Torcello.jpgUn luogo silenzioso, luminoso, splendente e sorprendente, da visitare con calma, da gustare nella pace e nella tranquillità dell’Isola di Torcello da cui prese vita Venezia, città che continuò a mantenere le sue promesse di arte, di insolente bellezza ed unicità, adagiata  sulla sua laguna , delizioso incontro tra occidente ed oriente!

 

 

Lug 12, 2011 - Esoterismo, Leggende, Luoghi, Misteri    5 Comments

Lo stregone e i leoni dell’Arsenale

arsenale1.jpgL’Arsenale di Venezia era il cuore pulsante di questa Repubblica che basava i suoi successi sulla potenza navale. Completamente circondata da mura alte, in modo che nessuno potesse spiare all’interno.

E’ situata a Castello, e la sua superficie era circa un decimo del Centro storico di Venezia.

La sua costruzione fu iniziata dal Doge Ordelao Falier nel 1104, ma le prime fonti certe risalgono al 1220.

Le arsene erano gli “squeri” che costruivano le imbarcazioni della Repubblica, ed il più importante era quello in località Terranova, a San Marco (dove ora ci sono i Giardini Reali”), ma venne chiuso nel 1341.

L’arsenale era completamente autonoma: oltre alle navi venivano create le vele, le gomene, e tutto quanto poteva servire ad armarle.

Il luogo è’ davvero straordinariio, da vedere.ponteParadiso.jpg

imagesCA48TLY0.jpgEd a proposito di questo luogo, e specificatamente dei quattro leoni che sembrano stare a guardia del portale, si narra una storia molto particolare.

Dei quattro leoni, appunto, i due più grandi, recanti delle inscrizioni runiche, vengono da Atene, trasportate come bottino di guerra, mentre degli altri due più piccoli, uno viene da Delos, a memoria della vittoria di Corfù, nel 1718.

Si narra quindi che nel novembre 1719, dopo una tempesta durata un paio di giorni, furono rinvenuti proprio vicino al portale dell’Arsenale i corpi orribilmente dilaniati di due marinai, uno greco e l’altro maltese..sembravano essere stati straziati da una belva.

imagesCAAJM040.jpgLe autorità cercarono di sapere se per caso qualche belva fosse fuggita da qualche serraglio, ma nulla. La gente aveva paura, e si cominciò a parlare di magia, dei leoni dell’Arsenale, del luogo.

Comunque sia la sorveglianza della zona venne affidata alla Marina, e specificatamente al Capitano Enrico Giustinian.

Dopo circa una settimana altra notte di tempesta, ed un nuovo corpo orribilmente squarciato, quello di tale Jacopo Zanchi, una sorta di perdigiorno, persona poco affidabile come la moglie, prostituta a tempo perso.
Essi abitavano poco distanti dal luogo del ritrovamento, e quest’altro evento fece aumentare il terrore nei residenti nei pressi.

Capitò proprio ad Enrico Giustinian di assistere come molte altre persone ad una scenata che la vedova del Zanchi fece dalla Calle, rivolta ad un vecchio mercante con fama di usuraio, chiamato Foscaro, il quale, ricevendo improperi ed insulti dalla donna, si affacciò alla finestra, e quasi sibilando le disse: vedremo dove finirà la tua baldanza la prossima notte di tempesta.

Al che il Giustinian decise di aumentare la sorveglianza. Passarono altre sei notti, e tutto tranquillo, la settima, ecco di nuovo la tempesta.

Il Capitano si nascose vicino all’entrata dell’Arsenale, ed attese. Passarono le ore, ed infine, tra mezzanotte e l’una, sempre sotto la pioggia battente ed il vento, un arco di fuoco arrivò dalle case vicine, e letteralmente materializzò il vecchio Foscaro vicino ai leoni più grandi.

leoni.jpgEgli girò attorno ad uno di questi, sfiorando con le dita l’inscrizione runica, e contemporaneamente pronunciandone il significato.

In quel momento un globo luminoso si formò sul portale, ed un primo fulmine colpì il leone seduto. Davanti agli occhi di Giustinian il grande leone prese lentamente vita, enorme e feroce.

Proprio in quell’istante la vedova del Zanchi, accompagnata da un’amica girò l’angolo della riva, e mentre un secondo globo con un secondo fulmine colpiva l’altro leone , il primo stava già azzannando ferocemente una delle due donne.

Il vecchio osservava la scena, impassibile, e, scossosi dal terrore il Capitano sguainò la spada e colpì il vecchio al petto, proprio mentre un terzo fulmine colpiva il terzo leone.
Con uno spaventoso ruggito ed un lampo accecante tutto tornòall’istante come prima: i leoni al loro posto, immobili, l’amica della vedova, morta sbranata immersa nel suo sangue. Del vecchio rimase solo un cuore di pietra accanto alla spada che era caduta sui masegni; era cvon un cuore di pietra nel petto che egli aveva trasformato la pietra in carne.

La testa del terzo leone era ancora viva, e ruggiva e si muoveva disperatamente ancorata com’era ad un corpo di pietra, per cui il Giustinian lo decapitò. La testa non cadde ma esplose letteralmente, spandendo intorno una sostanza nerastra.

Le successive indagini dimostrarono che il vecchio era uno stregone, ed era stato imbrogliato da Zanchi, per cui aveva voluto vendicarsi.

santag.jpgLa vedova venne rinchiusa in manicomio, perchè era impazzita, e la testa del terzo leone venne sostituita, come si può vedere ancor oggi.

Leggenda forse legata a qualche elemento di verità, ma pur sempre suggestiva e il mistero è intriso in questo luogo fantastico, ricco di elementi antichi e legati alla magia, che a Venezia si possono vedere, toccare e magari, chiudendo gli occhi, rivivere in una sorta di viaggio nello spazio e nel tempo!

Gen 4, 2011 - Leggende, Luoghi, Misteri, Personaggi, Società veneziana, Spionaggio e congiure    Commenti disabilitati su La testa decapitata ed il biscione sul campanile di San Polo: la triste ed intricata storia del Conte di Carmagnola.

La testa decapitata ed il biscione sul campanile di San Polo: la triste ed intricata storia del Conte di Carmagnola.

Sopra il portale del Campanile di Campo S. Polo è raffigurata, in modo potente, una vicenda di tradimenti multipli, testimonianze di un periodo di lotte e battaglie per l’espansione delle varie Signorie del nord Italia e della Repubblica di Venezia, di cui fu artefice o vittima (è ancora tutto da appurare) una famosa figura di condottiero, il Conte di Carmagnola.

Francesco Busone nacque a Carmagnola nel 1382 da una famiglia di umili origini, e fino all’adolescenza fece il guardiano di pecore, ma tanta era la sua sete di avventura e la passione per le armi che ben presto si arruolò come soldato di ventura.

Divenne prima guerriero per Bonifacio (Facino)  Cane, scegliendosi il nome di Carmagnola e immortalando nel 200px-Facino_Cane.pngGianGaleazzo-Visconti-209x300.jpgFilippo Maria Visconti.jpgsuo stemma tre agnelli, come simbolo della sua provenienza. In poco tempo divenne un bravissimo soldato e stratega, e nel 1411, come Capitano di Ventura attuò il suo primo tradimento a danno di Facino, e si pose agli ordini di Gian Galeazzo Visconti; rimase ai suoi ordini e a quelli di Giovanni Maria, seguendo quindi la sua vedova  andata sposa a Filippo Maria Visconti, prendendo le loro parti nella lotta per la Signoria di Milano contro Astorre Visconti.

Dopo questa ed altre prove di valore Filippo Maria gli donò il feudo di Castelnuovo Scrivia, gli diede in moglie la figlia illegittima Antonia Visconti: fu così che si potè fregiare del titolo di Conte di Carmagnola, ed aggiunse nel suo stemma il biscione Visconteo. La sua fama e le sue capacità però biscione-visconteo.jpgCarmagnola.jpgAmedeo VIII di Savoia.jpgfacevano paura a Filippo Maria, ed il condottiero allora cercò rifugio presso Amedeo VIII di Savoia, il quale, onde evitare di rompere i delicati equilibri che mantenevano la “pace” tra i due stati, lo respinse.

Il Carmagnola decise allora di porsi al servizio della Serenissima: il 24.2.1425 divenne Capitano di Ventura per la Repubblica di Venezia, mentre il Visconti gli aveva requisito il feudo e tutti i suoi beni, ed emanato l’ordine di ucciderlo.

Nel frattempo Firenze, impegnata in una guerra contro il ducato di Milano chiede a Venezia, a Ferrara, a Mantova ed al Monferrato di battaglia di Maclodio.jpgPapa Martino V.jpgunirsi in una Lega per conbattere i milanesi. Le truppe vennero affidate al Carmagnola il quale con il sostegno del veneziano Francesco Bembo conquistò Brescia, costringendo così i Viscontei a chiedere la pace, ma la Serenissima non si accontentò, voleva espandersi, e le ostilità proseguirono fino alla battaglia di Maclodio (il 12 ottobre 1427).

E proprio in questo vittorioso frangente che il Conte commise il suo primo errore: non si pose all’inseguimento dei molti soldati milanesi in fuga, li lasciò fuggire.

Il trattato di pace del 18 aprile 1428, con la mediazione del Papa Martino V non tranquillizzò però la Serenissima: i confini con i Visconti erano troppo vicini, e per giunta il duca milanese restituì al condottiero le sue terre. Fu così che nel 1429 il Conte di Carmagnola chiese a Venezia lo svincolo dal suo contratto per un anno, ma il Consiglio dei Dieci respinse tale richiesta, anzi, per cercare di trattenerlo, gli aumentò il soldo a mille ducati al mese per un periodo di due anni.

AssedioSoncino_000.jpgdoge Francesco Foscari.jpgNel 1430 la fragile pace si ruppe ed il doge Francesco Foscari richiamò con una lettera del 15 dicembre il Condottiero ai suoi doveri: ma la sua azione apparve lenta e l’assedio a Soncino si concluse con una disfatta, centinaia di cavalieri perduti, nessun aiuto alla flotta che attendeva il suo arrivo e l’altro condottiero Guglielmo Cavalcabò in attesa del suo arrivo dovette rifugiarsi precipitosamente a Cremona.

Il Conte non sapeva che da almeno un anno era sotto stretta sorveglianza e controllo da parte di dieci osservatori i quali erano convinti del tradimento del condottiero. Ignaro di tutto e sicuro di sè il Conte di Carmagnola venne invitato a Venezia col pretesto di consultazioni per la pace, e accolto con tutti gli onori, ma appena giunto a Palazzo Ducale, l’8 Aprile 1432 venne immediatamente arrestato, subì un processo e venne giudicato dal ” Collegio secreto” che lo condannò alla pena capitale.

conte di Carmagnola.jpgIl 5 Maggio 1432 il Conte venne decapitato in piazza San Marco.

La verità sul suo tradimento non venne del tutto acclarata, anzi , sembra proprio che anch’egli fu vittima dei tradimenti dei ducati di Ferrara, Mantova e Monferrato i quali, temendo l’espansione di Venezia nella terra ferma ritirarono le proprie truppe a Soncino, lasciandolo da solo, ed a ciò si aggiunse il voltafaccia di Amedeo VIII di Savoia che con il matrimonio concordato tra sua figlia Maria e e Filippo Maria Visconti lo abbandonò al suo destino.

100_1427.jpgSul portale del campanile di San Polo sono raffigurate due immagini: una, quella a destra, rappresenta un leone che mostra una testa decapitata (che tanti attribuivano o attribuiscono alla vicenda di Marin Faliero), ma la prova 100_1426.jpgche si tratti della testa del 100_1428.jpgConte di Carmagnola è comprovata dal leone di sinistra, avvinghiato in una lotta mortale con un biscione, simbolo dei Visconti ed anche dello stemma del povero Francesco Bussone, Conte di Carmagnola, a cui Alessandro Manzoni dedicò 100_1429.jpg100_1431.jpg100_1432.jpg100_1434.jpg100_1435.jpgun romanzo, proclamando la sua innocenza: come si sa Venezia era uno stato attento alle Leggi, magnanimo, aperto e giusto, ma quando si trattava della sicurezza dello Stato e di tradimenti fu sempre spietata!

Mar 17, 2010 - Luoghi    1 Comment

L’Arsenale: la fucina della potenza navale di Venezia

arsenale-di-venezia.jpgSe passeggiamo tranquillamente nella splendida Piazza San Marco, e ci dirigiamo verso Sant’Elena ecco che alla nostra sinistra appare, in distanza, un magnifico portale: basta avvicinarsi ed ecco che appare in tutto il suo splendore: costruito nel 1460 dal Gambello, utilizzando antiche colonne di marmo greco e bellissimi capitelli veneto-bizantini: si tratta dell’ingresso via terra dell’Arsenale, la fucina vera della potenza navale di Venezia in tutta Europa.

Dopo la vittoria di Lepanto il capitello venne sopraelevato e decorato con il Leone alato e la scritta celebrativa, ed in seguito ancora la Statua di Santa Giustina.

Doge Francesco Morosini.jpgNel 1687, per celebrare le vittorie di Francesco Morosini nel Peloponneso l’ingresso fu ulteriormente arricchito, in sostituzione del ponte, dalla terrazza antistante, decorata dalla cancellata e dalle otto statue allegoriche.

350px-I_Leoni_dell%27Arsenale.jpgLateralmente alla terrazza vennero posti due leoni in pietra, riportati dalla Grecia, che portano delle scritte runiche: notevoli opere d’arte sono la statua della Vergine del Sansovino (1520) all’interno dell’ingresso, ed il portabandiera in bronzo, di Gianfranco Aberghetti (1693), posto davanti sul piazzale d’ingresso.

L’Arsenale sorse nel 1104 nella parte orientale della città, su due isole gemelle o “Zimole”: furono installati 24 cantieri, o scali scoperti, in un recinto protetto da mura, con un bacino centrale collegato al bacino di San Marco attraverso il Rio della arsenale5.jpgMadonna, detto da allora in poi dell’Arsenale”.

Tale nome sembra derivi dalla parola araba “darsina’a” (casa dell’industria), e l’impianto costituì il primo nucleo del cantiere di stato, affinchè si potessero costruire, sotto il controllo del Governo, le navi per la flotta militare.

Tanti altri cantieri esistevano già a Venezia, detti “squadri” (da squadrare il legno) o squeri, ma erano tutti privati, dedicati insomma alle navi mercantili, se ne trovavano a S. Alvise, a Cannaregio, a S. Ternita, ma il più importante era in località “Terranova”, sul Bacino di San Marco.

Col tempo però l’Arsenale (chiamata allora Arsenal vecio) stava diventando piccolo ed obsoleto, per cui nel 1303 si ebbe il primo ingrandimento, a cui seguì quello del 1325.

Dante.jpgNel 1306 venne in visita a Venezia Dante Alighieri, quale ambasciatore dei Da Polenta di Ravanna; osservatore acuto egli ne trasse la celebre descrizione dell’Arsenale  (inferno, canto XXI):…
            

             Quale ne l’Arzenà dè Viniziani
             bolle l’inverno la tenace pece
             a rimpalmar i legni lor non sani;

                             chi nevicar non posson – in quella vece
                                       chi fa suo legno novo e chi ristoppa
                                       le coste a quel che più viaggi fece;

                                       chi ribatte da prora e chi da poppa
                                       altri fa remi e altri volge sarte;
                                       chi terzaruolo e artimon rintoppa ……..

 è significativo come il sommo poeta, acuto osservatore di fatti politici oltre che di uomini, abbia voluto immortalare questi ricordi, esprimendo così il potenziale militare ed economico della Repubblica, ed il carattere pieno di avventura e di attivismo del popolo veneziano di allora.

arsenale alta.jpgLa posizione dell’Arsenale rispetto alla città fu scelta in modo da trovarsi nella parte orientale, verso il mare, vicino allo specchio d’acqua ampio ma sicuro tra l’isola di S. Servolo e l’isola di S. Elena, dove poteva concentrarsi e stazionare un gran numero di navi della flotta militare, senza disturbare in alcun modo la normale attività del porto commerciale che si svolgeva più a ovest, addentrandosi perfino nel Canal Grande.

Oltre alla porta di terra c’è anche la porta di mare: è fiancheggiata da due torri. Esse vennero costruite in periodi diversi, ma vennero modificate e poi ricostruite nel 1574; quindi, nel 1686 furono nuovamente rifatte per lasciare più spazio all’ingresso delle navi a vela.

Arsenale di De Barbari -Torri.jpgarsenale torri d'entrata.jpgOra le due grosse torri sono isolate, ma allora la loro funzione era di sostegno e perno per i due cancelloni mobili con affiancato un ponte levatoio ad essi incorporato, detto appunto ” ponte del restrello”: si trattava di una macchina piuttosto complessa e vistosa, come si può osservare dall’antica incisione del De Barbari.

Nel frattempo l’Arsenale veniva ampliata, nel 1457 con l’aggiunta dell’Arsenale nuovo, con le tettoie delle Galeazze, e nel 1573 con l’Arsenale Nuovissimo, per la quale il Sansovino ideò le due grandi tettoie acquatiche dette “delle Gaggiandre”, che alla funzionalità aggiunsero anche un’accuratezza ed un’esecuzione  particolarmente 1Arsenale - Le Gaggiandre del Sansovino.jpgnave.jpgnave in costruzione.jpgraffinata per la ricercatezza formale.

Nel 1547 fu costruito da Nicolò Sanmicheli, l’architetto militare della Repubblica, il fabbricato destinato a custodire il Bucintoro, la ricchissima nave da parata del Doge.

Qui venne quindi costruita la potenza navale di Venezia, la sua supremazia sui mari, la sua potente flotta, ma per fare tutto ciò c’era bisogno di gente competente, di materiali, di capacità ed intelligenza: di questo parlerò Entrata dell'Arsenale del Canaletto.jpgla prossima volta.