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Ago 2, 2013 - Architettura, Luoghi    6 Comments

Giardini segreti e chiostri silenziosi a Venezia

imagesCAIEQD9B.jpgCà Rezzonico.jpgNascosti da alte mura, segreti ai più, i giardini a Venezia sono oasi meravigliose di verde e di luce. Secondo il resoconto di Francesco Sansovino alla fine del 500 sembrava che a Venezia ci fossero 28 Giardini a Dorsoduro, 29 a Sa, Polo, 39 a San Marco, 46 a Cannaregio e 50 a S. Croce.

Cà Zenobio.jpgIl giardino di Cà Zenobio,a pochi metri dalla Chiesa dei Carmini, appartiene alla congregazione Armena Mechitarista, ed è ora sede della comunità Armena. Si trova a Dorsoduro, nella Fondamenta del Soccorso, al 2596.

Quello di Cà Tron, Palazzo che è oggi sede dell’Università di Architettura, si trova nel sestiere di S. Croce, Cà Tron.jpggiardfini a Venezia.jpga S. Stae, 1957.Entrando nel palazzo ci accoglie la tipica pavimentazione veneziana del settecento, con al centro rizzo patarol.jpguna vera da pozzo gotica.

Il giardino è tipico dei giardini veneziani dal 1500 in poi.

Anche il palazzo di Cà Rezzonico, ora sede del Museo del Settecento veneziano ci accoglie con un giardino straordinario, e si trova a pochi minuti da Campo S. Margherita, a Dorsoduro, si raggiunge a piedi da Campo S. Cà Rezzonico.jpgCà Rezzonico 2.jpgBarnaba proseguendo per la fondamenta Rezzonico e si trova appunto a San Barnaba, al 3136.

Casino degli Spiriti del complesso Palazzo contarini.jpgContarini.jpgAltro Palazzo, altro giardino Contarini Dal Zaffo. Questo è uno dei giardini monumentali più rinomati di Venezia. Si specchia sulle acque della laguna nord, e si trova a Cannaregio, Fondamenta Gasparo Contarini: facile raggiungerlo a piedi da Campo S. Fosca. Del complesso del Palazzo fa parte  il Casin degli Spiriti, vicino alla Fondamenta della Misericordia….e l’Isola di S. Michele,  non molto distante nella laguna.

Padiglione Venezia. giardini.jpgPalazzo Contarini9.jpgcontarini-dalla-porta-di-ferro_0t.jpgIl giardino di Cà Morosini del Giardin è gestito da suore domenicane, e lo trovate sempre a Cannaregio, Calle Valmarana al 4629. Da Campo SS. apostoli si prosegue per la Salizzada del Pistor, e poi per la Calle Larga dei Proverbi. Il Palazzo è annoverato tra gli edifici più famosi della città, fu affrescato da Paolo Veronese.

imagesCAYPHGYY.jpgbagolaro papadopoli.jpgParco-Savorgnan.JPGParco Savorgnan,(ora sede dell’Istituto per il Turismo Algarotti) si trova in fondamenta di Cannaregio, a pochi passi dal Ponte delle Guglie e da Palazzo Labia (sede della Rai del Veneto) è uno imagesCA3JF255.jpggiardini pubblici.jpgimagesCADLMXQI.jpgimagesCAWISYNW.jpgimagesCAX8IUDV.jpgdei pochi giardini pubblici di Venezia assieme ai Gardini di Papadopoli ed ai Giardini Reali a San Marco.

Importante e straordinario è il Giardino della Fondazione Querini Stampalia, in Campo S. Maria Formosa, creato e progettato dall’Architetto Scarpa-Querini Stampalia.jpgScarpa.jpgCarlo Scarpa.

 

 

 

 

Con i Giardini voglio citare anche alcuni chiostri conventuali straordinari che si possono visitare a Venezia.

Frari.jpgchostro ss. Trinità.jpgchiostro_trinita_angolo.jpgChiesa dei Frari.jpgQuello della Trinità, accanto alla chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari (frati) che nel 1200 iniziarono la sua costruzione nella zona paluidosa che era stata loro donata dal consiglio dei dieci(si occupavano di trascrizioni di libri antichi e di rilegature) in cui era esistente uno stagno chiamato Lago Badoer, che venne così risanato. Nella chiesa erano presenti due chiostri: uno era chiamato della Trinità o “dei Morti”, visto che venivano eseguite sepolture che in seguito, per questioni di igiene vennero abolite, e quello interno, dedicato a S. Antonio.

Dai Frari, proseguendo per Rialto si arriva a S. Marco, si oltrepassa la chiostro di S. Apollonia.jpgchiostro S. Apolllonia.jpgBasilica sulla sinistra, e si passa sul Ponte della Canonica, da cui si gode una splendida inquadratura del Ponte dei Sospiri, e ci troviamo di fronte all’ingresso del Chiostro di S. Apollonia, una targa recita: Conoscete voi il Chiostro di S. Apollonia? è un chiostro di pietra vero, con le sue colonnette e con il suo pozzo, un piccolo chiostro segreto, aperto su ordine di colonne assottigliate e accoppiate come le monache quando passeggiano digiune al sole ( da “il Fuoco ” di D’Annunzio).

Il Chiostro fa parte di un convento benedettino fondato tra l’XI ed il XIII secolo. Ora è sede del lapidario marciano e del Museo diocesano d’Arte Sacra.

Ci inoltriamo ora a Castello, dove ci accoglie la facciata imponente della chiesa progettata dal Palladio :S. Francesco della Vigna.jpg120px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Francesco_della_Vigna_-_Chiostro.jpg imagesCAI41V3L.jpgS. Francesco della Vigna, dove è sepolto il doge Andrea Gritti

thumb_src_san_francesco_chiostro.jpgS.Francesco della Vigna.jpg180px-Cloitre_San_Francesco_della_Vigna.jpgLa chiesa  è arricchita da opere del Tiepolo, Lombardo, Veronese e Palma il giovane.

Si chiama della vigna perchè i fraticelli (il terreno fu donato ai frati minori di S. Francesco dal figlio del doge Pietro Ziani) coltivavano all’interno del chiostro le vigne, cosa che fanno tutt’ora, curando anche chiostro di S. Francesco della Vigna.jpgun orto e un giardino botanico.

Luoghi di pace, momenti di riposo e tranquillità che si possono trovare a Venezia, luoghi segreti che fanno grande il fascino di questa città, già ricca di bellezze e di opere d’arte.

 

 

Mar 14, 2010 - Arte, Chiese, Leggende    4 Comments

Venezia: S. Zaccaria, la Chiesa degli omicidi

S. Magno incisione.jpgS. Magno.jpgNell’829 S. Magno fondò la chiesa di San Zaccaria a Venezia. L’edificio venne costruito nell’isola chiamata Ombriola, al dilà del Canal Botaro, quale ideale prosecuzione della Basilica di San Marco.

chiostro del convento.jpgS. Zaccaria.jpgmoneta di Leone l'Armeno.jpgLeone V l'Armeno.jpgLa nascita del tempio avvenne grazie al dono fatto dal Basileus Leone V l’Armeno che inviò il corpo del Santo, padre del Battista, insieme a consistenti emolumenti per costruire monache di San Zaccaria.jpgChiesa di San Zaccaria del Codussi.jpgaccanto anche un monastero benedettino di clausura femminile, nel quale venivano rinchiuse le figlie femmine della nobiltà veneziana allo scopo di chiesa di San Zaccaria con annesso convento.jpgmonastero benedettino.jpgMonastero di San zaccaria.jpgpreservare intatte le proprietà familiari: Queste monache ebbero fama di condurre una vita libera e licenziose.

Tra la Basilica di San Marco ed il Monastero vi era un orto ( brolo, in veneziano) di proprietà delle monache che ne cedettero una parte per allargare la piazzetta davanti alla Basilica, e da qui sembra nasca la parola italiana imbroglio, in quanto la piazzetta veniva chiamata appunto brolo, e qui si ritrovavano i nobili decaduti, detti Barnabotti, che vendevano i loro voti al Maggior Consiglio, generando quindi imbrogli, accordi, slealtà.

La chiesa venne edificata all’epoca del dogado di Angelo e Giustiniano campanile di s. Zaccaria.jpgAngelo Partecipazio.jpgGiustiniano Partecipazio.jpgPietro Tradonico.jpgPartecipazio, e venne consacrata nell’864: in quella occasione fu assassinato il doge Pietro Tradonico.Venne pugnalato. Egli era il 13° Doge, nativo dellIstria. Non sapeva leggere per cui firmava gli atti che venivano emessi “com signum manu”.In quell’occasione vennero anche tonsurati i dogi deposti nei tempi più antichi, per farne dei frati.

Il 28 Maggio 1172 vi trovò la morte, pugnalato  da Marco Casale, anche il doge Vitale II Michiel, vicino ai Cavalieri Templari, assassinato in seguito alla disastrosa spedizione in Oriente nella guerra contro Bisanzio che aveva portato la peste a Venezia. L’ultimo Doge eletto  con l’Assemblea Generale ( o popolare): la situazione estera era critica: stemma di Vitaler II Michiel.jpgFederico il Barbarossa era sceso per sottomettere i liberi comuni, di cui Venezia faceva parte come possedimento esenzialmente bizantino. Nel 1163 il Patriarca di Grado, Ulrico, fu arrestato ed imprigionato, ma per l’intercessione del Papa Alessandro III, ed a seguito del trattato di Pontida, Ulrico venne rimesso in libertà, e potè finalmente astenersi dal dover versare il tributo (di cui abbiamo già parlato) di fornire 12 grossi maiali, 12 grossi pani ed un toro, per il sostegno dei carcerati e del popolo meno abbiente di Venezia, che veniva “versato” l’ultimo giovedì di Carnevale.

tomba di Michiel.jpgDa qui l’espressione ” giovedì grasso” e del detto popolare ” tagliar la testa al toro”, per definire una questione definitivamente conclusa.

Il Corpo di San Zaccaria riposa nella misteriosa ed affascinante cripta, che ha resistito ad un cripta 2 di S. Zaccaria.jpgcripta di San Zaccaria.jpgfurioso incendio che scala del convento.jpgcripta di San Zaccaria-altra immagine.jpguccise più di cento monache. Nel 1515 la Chiesa assunse l’aspetto che ha ora, la facciata completamente rifatta dal Codussi, mentre il Campanile, risalente all’XI secolo è rimasto il medesimo.

Dal 1200 e fino a che la Repubblica di Venezia è esistita i Dogi ogni anno, prima il 19 settembre, poi il giorno di Pasqua, andavano con tutta la Signoria in processione al ricchissimo convento delle monache, dove venivano ricevuti ed accompagnati all’altare maggiore per assistere alla messa officiata dal Patriarca.

santi e angeli musicanti.jpgcripta1.jpgchiesa di San Zaccaria, interno.jpgchiesa di San Zaccaria.jpgL’avvenimento era importante perchè in questo modo il dogado dimostrava riconoscenza per il dono ricevuto ( parte del brolo), ma nel contempo l’importante occasione diventava un’opportunità di confronto per le diverse fazioni dei Consiglieri.

Dopo la messa la madre badessa donava al Doge una cuffia bianca, confezionata appunto dalle monache, da mettere sotto il corno dogale.

visita del Doge a San Zaccaria.jpgSan Zaccaria fu il Pantheon del Medioevo veneziano: qui riposano otto antichi dogi, i primi della Repubblica.

 

 

Il Pellicano dei Rosacroce a San Salvador a Venezia.

colonne marco e todaro.jpgSan Teodoro d'Amasea.jpgSan Teodoro.jpgIl primo protettore della città di Venezia fu San Teodoro d’Amasea, chiamato comunemente San Todaro. Poi la Serenissima ebbe come Santo Patrono S. Marco, ma a tutti e due questi santi furono dedicate le due colonne che si trovano nell’area antistante il bacino, all’ingresso dell’area Marciana.

Le colonne di marmo e granito furono trasportate a Venezia nel 1172, sotto il dogado di Sebastiano Zani, (quando la piazza venne ampliata) e sopra di esse vennero rispettivamente poste, nell’862 la statua bronzea, molto antica, che in origine sembra rappresentasse una chimera, cui successivamente vennero aggiunte le ali, a rappresentare San Marco, e sulla colonna vicino alla biblioteca la statua di San Teodoro, santo bizantino e guerriero, scolpita nel marmo e 250px-Lion_col_saint-marc_082005.jpg250px-20050527-005-teodoro-crop.jpgrappresentato nell’atto di uccidere un drago.

Sotto le colonne erano poste delle botteghe di legno, tuttavia già dalla metà del 1700 lo spazio tra le due colonne venne destinato alle esecuzioni, per cui per i veneziani divenne un passaggio non gradito: i condannati infatti, al momento dell’esecuzione venivano posti con la faccia rivolta alla torre dell’orologio, e da questa consuetudine sembra nascesse il modo di dire veneziano: ” te fasso vedar mi che ora che xe ” ( ti faccio vedere io che ora è) riferendosi proprio al momento della morte.

Le due colonne con i due Santi patroni, e la nascita delle chiese a loro dedicate, assieme alla chiesa dedicata a San Zaccaria, di cui abbiamo già parlato, sembra abbiano avuto origine quasi comune: anche la chiesa di San Todaro (l’originale ora non esiste più) sembra abbia chiostro di San Salvador.jpgScuola di -san Teodor.jpgSDcuola Grande di San Teodoro.jpgavuto origini nel VII secolo, voluta da S. Magno, e venne successivamente riedificata ( la facciata è stata ricostruita nel 600 da Bernardo Falcone).

interno chiesda di San Salvador.jpgchiesa_1_p.jpgala particolare.jpgchiesa di San Salvador.jpgNel 1258 venne invece creata la Scuola Grande di San Teodoro, che fece molto e che nel 1576 vide interno di San Salvador.jpgriconosciuta  l’opportunità di usufruire della Chiesa di San Salvador per poter chiesa_2_p.jpgil tesoro diu San Salvador.jpgadeguatamente ospitare la teca contenente le spoglie del primo patrono di Venezia, San Todaro, e di costruire attorno un tesoro rilevante: successivamente i membri della confraternita acquistarono anche delle casette proprio di fronte alla chiesa.

San Todaro d’Amasea  era un soldato orientale, secondo alcuni nato a Cilicia, secondo altri in Armenia. Arruolato nell’esercito romano, presso la legione Marmarica ( la Cohorte III Valeria)  ad Amasea nell’Ellesponto (l’attuale Turchia) al tempo dell’Imperatore Galerio Massimiano (305-311).

stampa della Scuola di San Teodoro.jpgEra allora in atto la persecuzione contro i cristiani  avviata da Diocleziano, che tesoro di San Salvador 2.jpgurna di S. Teodoro a Venezia.jpgtesoro di San Salvador.jpgprescriveva di fare sacrifici e libagioni agli dei, e questo ordine valeva anche per i soldati.

il martirio di San Teodoro.jpgTeodoro rifiutò, nonostante le sollecitazioni dei compagni. Nel 306 venne accusato di essere cristiano e deferito al giudizio del tribuno. il prefetto Branca, comandante della Legione Marmarica , riluttante a condannarlo a morte, gli diede del tempo per riflettere, ma Teodoro passò quei giorni continuando a far opera di proselitismo e a manifestare la propria volontà di perseguire la sua fede.

Venne quindi nuovamente arrestato e condannato alla flagellazione, poi venne condannato a morire di fame, ma Teodoro rifiutà addirittura l’acqua che i carcerieri impietositi gli porgevano.

Dopo aver cercato di convincerlo, blandito, e fattogli promesse di ogni genere, vista la sua determinazione Teodoro venne condannato ad essere torturato con uncini di ferro che mettevano a nudo le costole, e ad essere successivamente bruciato vivo.

San Salvador a Venezia.jpgIl 17 febbraio tra il 306 e 311 i carnefici portarono Teodoro nel luogo del supplizio: egli si tolse i vestiti e disse ” lasciatemi così perchè chi mi diede sopportazione nei supplizi mi aiuterà affinchè sostenga illeso l’impeto del fuoco”.

E così morì, senza alcuna traccia di ustione. Una donna di nome Eusebia chiese il corpo di Todaro, lo cosparse di vino ed altri unguenti, lo avvolse in un sudario ponendolo in una cassa e lo riportò ad Amasea.

Dopo varie vicende il suo corpo venne portato a Venezia, dove venne conservato nella Scuola Grande di San Todaro, ed ora riposa e viene venerato nella chiesa di San Salvador, e qui si ritrova  il  capitello di una colonna con l’immagine del Pellicano, Capitello del Pellicano a San Salvador.jpgsimbolo rosacrociano, di cui già abbiamo parlato: nella credenza rosacrociana il pellicano è l’uccello che si strazia il petto per nutrire i suoi piccoli, compiendo il sacrificio supremo di sè.

pe3llicano sulla croce.jpgpellicano.jpgNel “Physiologus” si dice che il Pellicano ami moltissimo i propri piccoli, i quali, appena un pò cresciuti colpiscono al volto i genitori che li uccidono; dopo tre giorni però, disperata, la madre si squarcia il petto ed il sangue che ne scaturisce avvolge i piccoli morti e ridà loro la vita: E’ l’immagine del Cristo che dona il suo sangue per gli uomini, e quella di Dio che sacrifica il proprio figlio, amandolo dolcemente, facendolo poi resuscitare al terzo giorno.

urna di San Teodoro particolare.jpgL'urna di San Teodoro da lontano.jpgNell’immagine medievale il pellicano viene rappresentato  nel nido, sulla sommità della croce e nell’atto di straziarsi il petto con il becco: il sangue che ne scaturisce è l’immagine dell’ars simbolica, la forze spirituale che diventa il lavoro dell’alchimista che, con grande amore e sacrificio, conduce alla perfezione.

 

 

 

Rosacroce ed Alchimia: Venezia come centro di irradiazione

Le Confraternite a Venezia ebbero una grande importanza culturale e politica, e tra quella dei “taiapiera”, nata come loggia massonica, e quella dei ” Maestri Vetrai”, nata e costruita attorno all’alchimia e con gli alchimisti, ecco che nacque una importante società segreta, chiamata ” Voarchadumia” , il primo elemento di congiunzione tra costruttori, alchimisti, rosacrociani e nuovo elemento di unione dei liberi muratori.

La Società prese nome dal libro di Giovanni Agostino Pantheo, pubblicato nel 1530, con il quale l’autore volle mettere ordine tra le diverse interpretazioni dei metodi e degli studi dell’alchimia.

imagesCATEYJ90.jpgimagesCARA2091.jpgSecondo lo stesso Panteo il termine Voarchadumia è un barbarismo, composto dalla parola caldea Voarch che significa oro, e dall’espressione ebraica ” Mea à Adumot” ovvero due cose rosse, per indicare, come afferma il titolo del suo trattato “le cementificazioni perfette”, qundi  monas 1.jpgmonas 2.jpgtraducibile come ” oro delle due cementificazioni perfette”.

 

imagesCA4KXVYP.jpgJohn Dee nell’introduzione al suo ” Monas Hyerogliphica” confermerà che non occorre andare in India per diventare filosofo,per cui diversi studiosi ed alchimisti definiscono la Voachardumia come “arte liberale dotata della Virtù della Scienza detta altrimenti scienza cabalistica dei metalli, o anche come regime segreto che dimostra e fa vedere chiaramente la disposizione, l’illuminazione, la conversione, la costrizione, la ritenzione, la metallificazione, la purificazione, la moltiplicazione e la proporzione dei corpi naturali…secondo Fulcinelli, uno dei più grandi alchimisti vissuti, ne la dimora filosofale “l’alchimia o la voarchadumia”, è parte della scienza che insegna la trasmutazione dei metalli”.ars-et-theoria_thumbnail.jpgDurante la vita di Panteo(1517-1535) si assisteva ad un rinnovamento dell’alchimia attraverso l’adozione dell’allegoria cristiana e cabbalistica.

 

tetr.jpgASgrippa.jpgimagesCABC1FAU.jpgimagesCATY9ZJD.jpgMolti studiosi, tra cui Johannes Reuchlin (1455-1522) ed Enrico Cornelio Agrippa (1486-1535) appresero le scienze occulte proprio a Venezia. Se nello Stato vaticano o in altri stati le scienze alchemiche erano strettamente  perseguire, a Venezia esisteva una tolleranza, nonostante la proibizione formale della pratica dell’Alchimia,  per cui i liberi  pensatori, gli studiosi si ponevano al riparo della Serenissima per poter continuare i propri studi ed i propri confronti.

 

 imagesCA6R1IHU.jpgimagesCA6PVQAS.jpgPer cui c’ era un proliferare di pubblicazoni altrimenti vietate, ed anche un brulicare di imagesCAEUBLGO.jpgnuove sette, come ad esempio la cosiddetta ” Società angelica” di cui facevano parte Francesco Colonna, che nell’Hypnerotomachia Poliphili allegoricamente parla della propria iniziazione, la Voarchadumia appunto, di cui fece parte anche il pittore Giorgione ( famosa per simbolismi La Tempesta – Gallerie dell’Accademia, Venezia).

imagesCAVOUY6J.jpgimagesCA8CX9SV.jpgLa Venezia dell’epoca poteva considerarsi  come il centro di irradiazione della rinnovata corrente di quella che tra il 1220 e il 1300 con Tommaso D’Acquino, attraverso la sua ” Aurora Congursen” presentava il processo alchemico come ulteriore esperienza interiore di rigenerazione (Poliphilo), sia come progetto politico che avrebbe dovuto dare il via al nuovo stato che si sarebbe dovuto basare più sulla Saggezza che sulla Potenza.imagesCATPOY8X.jpgimagesCAEGG7UU.jpgimagesCA2BK3PK.jpgimagesCA0W9L17.jpgCome già detto,con l’opera di Panteo si ebbe per la prima volta un accostamento tra Cabbalah ed Alchimia, con l’introduzione di numeri ebraici del Tetragrammaton.

Il grande alchimista Johnn Dee ricevette in omaggio il prezioso volume di “Voarchadumia contra Alchimia” dal suo estimatore, amico e non ben conosciuto alchimista veneziano Giovanni Battista Agnelli.

Il manoscritto con la dedica e note a lato viene conservato al British imagesCA5VLYFY.jpgimagesCAMBFHGC.jpgimagesCAMBNTR8.jpgMuseum di Londra.

Ago 18, 2009 - Architettura, Chiese, Leggende, Luoghi    4 Comments

Murano, Burano, il bottasso de Sant’Alban e il Drago di San Donato

interni.jpgBasilica.jpgcanale a Murano.jpgMurano, isola del vetro, isola dove Giacomo Casanova consumò una delle sue più emozionanti relazioni con MM una monaca del Convento, ma anche isola carica di Storia e di Leggende:
La Basilica veneto bizantina dei Santi Maria e Donato sembra sia stata eretta come voto fatto da Ottone I°, salvato miracolosamente da una burrasca terribile.

Venne eretta tra il 950 e il 957, su un campo di gigli rossi. La Chiesa è magnifica, così come i suoi pavimenti, mosaici splendidi, per cui vale la pena di entrare: ed ecco che se ponete attenzione, entrati, con il portale d’ingresso alle spalle, sopra il colonnato di sinistra ed esattamente sopra la terza altare di S. Donato.jpgbottasso di Sant Albano.jpgBurano.jpgCanale a Burano.jpgcolonna  si notano le immagini un leone andante, due stemmi, e tra questi,  una piccola botte inserita nel muro: si tratta del celebre “bottasso de Sant Alban”.

Narra la leggenda che davanti alle acque di Burano, i cui abitanti erano in costante competizione coi muranesi, si notò una cassa galleggiare: recuperata a riva ecco che dentro vennero ritrovate le reliquie di Sant Albano, ( di cui riparleremo) oltre ad altre reliquie, ed una botticella la quale, posata accanto ai resti  del santo forniva inesauribilmente del vino molto buono.

La vicenda venne a conoscenza dei Muranesi i quali, con una incursione notturna riuscirono a rubare la S. Albano.jpgbotte, ma fu molto amara la loro sorpresa quando si accorsero che lontanto dalle spoglie del Santo non usciva più una goccia di vino;

Nella disputa che ne seguì il prefetto decise che il bottasso dovesse rimanese a Murano, e qui fu murata appunto nella Basilica dei Santi Maria e Donato.

San Donato Murano.jpgEd in questa chiesa, oltre al bottasso, si possono ammirare dietro all’altare maggiore le costole ed un enorme San Donato taumaturgo.jpgdente del Drago che San Donato di Evolea, taumaturgo e patrono di Murano,  aveva ucciso con un segno di croce.

case a Burano.jpginterni-pavimenti.jpgAltare.jpgAltre bellissime leggende accompagnano la storia di Murano come quella di Burano, e un pò alla volta ne riparleremo, perchè fanno parte della storia di due Isole importantissime di Venezia, isole splendide, colorate, cariche di tradizioni  che conservano le tradizioni artigianali tra le più importanti non solo di Venezia, ma di tutta Italia.

Mag 19, 2009 - Leggende, Luoghi, Misteri    31 Comments

Venezia: a spasso per il Sestier de Santa Crose

El Vecio Fritolin

El vecio Fritolin a Venezia ora.jpgel vecio Fritolin.jpgCaterina Cornaro regina.jpgCaterina Cornaro.jpgCalle della Regina, n° 2262. Oltrepassando il Campo San Cassian in direzione di San Stae, passato il ponte di fronte al Portico della Regina, nome derivato  dal fatto che questi erano i possedimenti di Caterina Cornaro, Regina di Cipro,  esisteva  ed esiste tutt’ora ( anche se è diventato un famoso ristorante) un locale denominato ” el fritolin” l’ultimo rimasto dei veci fritoin della Città.

Una volta a Venezia c’erano molte friggitorie che cucinavano e vendevano il pesce da portare via su dei cartocci di carta, fritto al vecio fritolin a avenezia.jpgfritto e polenta.jpgaccompagnati da una fumante fetta di polenta gialla.

Successivamente il lavoro dei fritoin venne proibito perchè i camini a fiamma libera venivano considerati pericolosi a causa degli incendi che potevano sprigionarsi.

L’ultimo proprietario del ” fritoin” in Calle della REgina si chiamava Aristide Piccin, e la popolazione lo conosceva  come una persona dal cuore d’oro.

pesce fritto.jpgPalazzo Corner o Cornaro.jpgAi bambini più piccoli, quando entravano nel suo negozio, regalava un cartoccio di pesciolini ( pesseti – zottoli), con l’aggiunta di qualche anello di seppia.

 

 

 

Il cofanetto misterioso

Fondamenta S. Chiara , civ. 495/A.

Un giorno nel 1262 nel Convento di S. Chiara sentirono bussare all’uscio del Monastero. Alla porta c’era un pellegrino uguale a tanti altri che in S. Croce a Venezia.jpgquel periodo si recavano o tornavano dalla Terra Santa.

I Pellegrini si fermavano a Venezia anche per venerare le sacre reliquie che venivano ospitate in questa città, e l’ospite chiese alle suorine di poter affidare loro, fino al suo ritorno, un cofanetto che conservava, così raccontò lui, un anello preziosissimo.

Le suore furono molto attente nel far fronte all’importante incarico, ma gli anni passarono e nessuno venne a reclamare Luigi IX re di Grancia e Santo.jpgLuigi re di Francia.jpgil cofano. Nel frattempo al Convento la vita continuava, Suorine morivano e novizie arrivavano, ma, straordinariamente capitava che queste suore avessero delle strane visioni di luci splendenti provenienti dalla scatola, e deliziose e struggenti armonie sembravano essere emesse dall’interno di quel misterioso involucro.

Dopo qualche anno di queste esperienze la Madre Badessa decise di aprire lo scrigno per vedere cosa contenesse: vi trovò un chiodo ed una pergamena che spiegava che quel chiodo era uno di quelli che avevavo straziato i piedi di Gesù nella Croce.

chiesa con campanile.jpgchiesa di S. Pantalon a Venezia.jpgIl documento descriveva inoltre il personaggio che aveva affidato tale reliquia alle modeste suore, ed era stato Luigi Re di Francia, travestito da pellegrino e morto crociato a Damietta, poi proclamato Santo.

cappella del chiodo della Croce.jpgnella chiesa di S. Pantalon.jpgDa allora il sacro Chiodo è stato venerato nel monastero fino all’anno 1830, per poi essere conservato in un’apposita Cappella nella Chiesa di San Pantalon.

 

 

 

L’antica Hosteria Besseta

Salizzada Cà Zusto, civ. 1395

Antica Besseta - statua.jpgantica bessseta.jpgantica Besseta 4.jpgantica besseta 3.jpgIn questo Sestiere è ubicata ancora l’Antica Hosteria Besseta. Il nome è derivato dalla “besseta” che era una vecchia usuraia residente in questa Calle.

Si narra che la vecchia fosse tanto avida, interessata al denaro ed avara, che il fratello, uomo buono  e completamente diverso da lei, donava una volta alla settimana un pasto ai poveri e a chi ne aveva bisogno, ad un soldo (besso in veneziano). Da qui nacque la Sestiere di S. Croce.jpgTrattoria Antica Besseta.jpgdenominazione del locale.