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Gen 23, 2012 - Carnevale, Esoterismo, Luoghi, Misteri, Personaggi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Arlecchino, dalle origini ai mille colori del Carnevale a Venezia

Arlecchino, dalle origini ai mille colori del Carnevale a Venezia

Delle maschere più famose, proposte dal grande autore veneziano Carlo Godoni, figura Arlecchino: nato nel bergamasco e dipinto come un servitore sciocco, ma rivalutato proprio dal grandissimo commediografo veneziano che lo ripropose come figura sveglia, fuba, maliziosa e vincente: quasi diabilica ..legata quindi alla sua origine.

Arlecchino nasce dalla “contaminazione” dello Zanni maschera di origine bergamasca con l’antico demone ctonio (cioè demone riguardante la terra), poichè questo era il nome di questo demone. Nel XII secolo Orderico Vitale nella sua ” Historia Ecclesiastica” racconta dell’apparizione di una “familia Harlechini” cioè una processione di anime maschera di Zanni.jpgZanni (Harlequin).jpgzanni personaggio.jpgInferno%2022_139-140%20Alichino%20e%20Calcabrina.jpgmorte guidate da un demone gigantesco.

Dante Alighieri evoca l’Alichino nell’inferno della sua divina Commedia, il quale appare come capo di una schiatta diabolica.

La nera maschera stessa che Arlecchino porta sul volto conserva un ghigno demoniaco.Il nome stesso deriverebbe dal germanico Holie Honig (re dell’inferno), trasformato poi in Hellekin, quindi in Harlequin. In tutta l’Europa centro settentrionale c’era la credenza pagana che nel periodo invernale, in occasione di ricorrenze maschera di Arlecchino.jpgparticolari come la notte di Valpurga si svolgesse una caccia selvaggia composta di spiriti dannati.

Tristano Martinelli.jpgArlecchino 1.jpgArlecchino.jpgCol tempo l’aspetto e il significato demoniaco diventano sempre meno importanti, e Arlecchino diventa lo Zanni un pò imbranato, quasi suonato: Son Arlechin batòcio, orbo de na recia e sordo de un’ocio ” (batocio inteso come batacchio della campana), a volte furbo, a volte sciocco, come potevano essere i servi nelle commedie di Plauto.

Arlecchino approda quindi alla commedia dell’arte: il primo conosciuto fu Alberto Naselli, conosciuto come Zan Ganassa, nella seconda metà del 1500, seguì poi Tristano Martinelli, nel 1600, il cui ritratto nelle gallerie dell’Accademia di Venezia assomiglia in modo inquietante al grande commediografo ed attore Eduardo del Filippo.

Marcello Moretti arlecchino 1.jpgMarcello Moretti.jpgAltri Arlecchini importanti furono Dominique Biancolelli,Evaristo Gherardi, Carlo Bertinazzi, Tommaso Visentini, ed in seguito Antonio Sacco, che per primo recitò nelle commedie del Goldoni e poi in quelle di  Carlo Gozzi Gli ultimi grandi e famosi Arlecchini: Marcello Moretti e il grande Ferruccio Soleri.

Furbo, sempre affamato, un pò imbroglione, tuttofare, questa maschera carica di brio è uscito ormai dalla Commedia dell’Arte e sembra aver preso una vita tutta propria,  la capacità di esprimere l’arguzia, l’allegria, la trasgressione e, con il suo costume fatto di pezze colorate come le mille sfaccettature Arlecchino di Ferruccio Soleri.jpgFerruccio Soleri.jpgFerruccio Soleri Arlecchino.jpgSoleri.jpgdell’animo umano l’immagine stessa del Carnevale.

Mar 8, 2011 - Carnevale, Cucina venexiana, Donne venexiane, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Dalla festa della donna al Martedì grasso e l’apologia della “fritola” veneziana

Dalla festa della donna al Martedì grasso e l’apologia della “fritola” veneziana

MIMOSA-fb9fa.jpgMartedì grasso, in concomitanza con la festa della donna, , compresa me stessa, a cui dono  mimose e bellissimi pensieri: molto meglio se le donne venissero considerate ed apprezzate ogni giorno dell’anno, per tutte le loro incombenze, per la capacità che hanno di sobbarcarsi della conduzione della famiglia e della propria attività: negli ultimi anni devo dire che gli uomini hanno saputo e continuano a riconoscere, in gran parte , il lavoro e le fatiche delle loro compagne, sostenendole e condividendo le problematiche della vita quotidiana: Per cui Viva le donne e Viva i loro compagni che apprezzano e condividono la vita della gente comune, la più eroica: eroi ed eroine in questo mondo faticoso, stressante e poco gratificante.

Desidero comunque proporre qui le delizie dell’ultimo giorno di carnevale, e cercare di riscoprire e condividere con tutti i miei amici l’apologia della “fritola veneziana” dal 1500 ad oggi, e vi prego di cercar di provare con me il “piacere intenso” del primo morso dato ad una fritola, del sapore che si diffonde nella bocca, dell’incontro straordinario con i pinoli o l’uva di Smirne gonfia di liquore, e la consistenza stessa dell’impasto che, dolcemente, si scioglie nella bocca, lasciando il desiderio intenso e insopprimibile di un’altra fritola, di un altro boccone, di piacere, di golosità, di gioia intensa per un uva zibibbo.jpgaltro Carnevale che se ne va assieme ai grani di zucchero semolato che impiastricciano le mani, per cui (senza pinoli_0000.jpgfarsi notare) ci si lecca le dita, come bambini , anzi, trionfalmente, sempre bambini.

Dal cuoco secreto di Papa Pio V, Bartolomeo Scappi, nella sua ” Arte di cucinare” del 1570:

Faccianosi bollire sei libbre di latte di capra in una cazzuola ben stagnata, con sei oncie di butirro fresco e quattro oncie di acqua di rose et un poco di zafferano et sale a bastanza e come il bollo si comincia a alzare di poneranno dentro due libbre di farina a poco a poco, mescolando continuamente con il cocchiaro di legno, sino a tanto che sarà ben soda come la pasta di pane: poi cavasi et pongasi in un vaso di Carnevale.jpgFritoe.jpgrame, ovvero di terra, mescolandola con la cocchiera di legno o con le mani fino a tanto che la pasta sarà diventata liquida; finito che sarà di meter l’ove, battesi per un quarto de ora, fino a tanto che faccia el visiche e lascisi riposare per un quarto d’hora nel vaso ben coperto in luogo caldo e rigettasi un’altra volta.

Poi abbasi apparecchiata una padella con strutto dandogli il fuoco, et muovasi la padella facendo che le frittelle si voltino nel strutto. Come si vedrà che abbian preso alquanto di coloretto e saranno leggiere, cavisino con la cocchiera forata e servisino calde con succaro
sopra.

Frittole veneziane del settecento (Anonimo)

” Sciogliere in un bicchiere di acqua tipedina una noce di lievito e stemperatavi una libbra di Carnevale a Venezia.jpgfritoeveneziane.jpgfior di farina, unire il sale e la buccia di limone grattugiata.
Ridurre la pasta ad una certa mollezza, aggiungendo, se occorre, qualche altro poco di acqua calda. Unire once due di uva di Smirne fatta rinvenire nello spirito di vino o nel rosolio, e lavorare bene. Lasciare riposare in luogo tiepido fino a quando sarà lievitato ben bene.
Poi firggere, lasciando cadere la pasta a cucchiai nello strutto bollente. Subito dopo fritte ravvoltare le frittele nello zucchero.

Frittelle del N.H Pietro Gasparo Moro-Lina (18941)

1/4 e mezzo di farina, 1/4 di pinoli, 1/4 di uva zibibbo, garoffoli e cannella pesta, tre arancia candita.jpgsoldi di naranzetti ( arancia candita) lievito circa un etto, 2 cucchiai di feccia di birra, acqua e un pò di sale, si fa una pastella in un tegame, si lascia lievitare. E dopo alzata si frigge nell’olio o in altro grasso (strutto) prendendo Strutto.jpgla pasta a cucchiai. Sopo cotte le frittelle si spolverizzano con lo zucchero.

Frittelle alla Zamaria ( 1858)

Alla sera sciogliere il lievito e preparare la pasta per friggere; al giorno appresso la pasta si è levata. Vi poni dentro un bicchiere di acquavite e uva di smirne, molta forza per sbattere e friggere con molto olio, ma olio sopraffino.

Frittelle alla Giuseppe Maffioli

carnevale-di-venezia.jpgCarnevale di Pietro Longhi.jpgMezzo Kg. di farina. lievito quanto un uovo, sciolto in acqua tiepida, 4 uova, 75 g. di Fritoleri del Longhi.jpgzucchero, sale, mezzo bicchiere di vino, rapatura di arancia e limone, latte quanto basta per dare morbidezza all’impasto. Si lascia lievitare in luogo tiepido, sotto un tovaglioso, aggiungendo mezzo bicchiere di grappa e si incorporano 100 g. di pignoli e 100 di uvetta fatta rinvenire nel vino. Si mescola ben bene e si frigge a cucchiaiate.

Frittelle a modo mio

Si mette a bagno nella grappa l’uvetta e gli aromi. Si fa sciogliere il lievito di birra (30 g.) in acqua tiepida. Si uniscono 500 g. di farina, 75 g. di zucchero, 2 uova intere e si lavora fritole-veneziane.jpgfrittelle veneziane.jpgl’impasto per qalcuni minuti. Si lascia riposare per un paio d’ore, coperto con un tovagliolo e in luogo tiepido. Si scalda l’olio in abbondante padella, intanto all’impasto si incorporano l’uvetta e i pinoli e la frutta candita ( secondo i gusti) quindi si versa a cucchiaiate l’impasto nell’olio ormai bollente. Quando si saranno gonfiate e saranno ben dorate scolarle su carta da pane, e cospargerle di zucchero: e Buon martedì grasso!!!

Immagini del Carnevale del 700 veneziano: Pietro Longhi

Maschere al ridotto di Pietro Longhi.jpgUna Venezia speciale e sempre sorprendente per i festeggiamenti di Carnevale, festa che aveva inizio a S. Stefano, e finiva il martedì grasso, ed in questo periodo era permesso l’uso delle maschere, e si proponevano per i campi ed i campielli intrattenimenti per il popolo, a cui assistevano anche il Doge ed i Magistrati più influenti.

6625362_pietro-longhi-1.jpgA dare risalto a questi festeggiamenti, all’atmosfera che si respirava, alle maschere veneziane, al fremito di gioia di vivere che percorreva questa splendida città rimangono, oltre che a stampe antiche, i fantastici quadri di Pietro Longhi, dal Rinoceronte, alle maschere al Ridotto, a quesi riti che fecero del Carnevale di Venezia un susseguirsi di feste ed eventi.

Il rinoceronte di Pietro Longhi.jpgPietro Longhi - Carnevale.jpgforze d'ercole e caccia al toro in Piazzetta a Venezia.jpgCarnevale di Pietro Longhi.jpgcazza-ai-tori.jpgsvolo_turco.jpgCaccia ai tori in Piazza San Marco.jpgcaccia ai tori.gifforze d'ercole.jpgMolto seguite erano le corse dei tori, in Campo S. Polo e a San Marco, le forze d’ercole, piramidi umane, il volo del turco, che ora è diventato il volo della Colombina, ma suggestivi e frizzanti gli incontri  nelle strette calli, nelle gondole, nei campi: sia donne che uomini osavano di più, con la complicità dell’ombra, delle maschere a celare il volto e di quella voglia di trasgressione, di libertà tipiche del popolo veneziano, dalle dame alla popolane.

Per augurarvi buon carnevale desidero riproporvi queste testimonianze…e Buon divertimento a tutti!

Vivaldi e la sua Venezia

17 1.jpgSplendore, decadenza, erotismo e santità, ecco il fascino che produce una società quando ha ormai alle proprie spalle il proprio apice è indiscutibile.

L’Europa aveva giù concluso i suoi giochi, ed il Leone di S. Marco era uscito ridimensionato.Ma quanto orgoglio, quanta astuzia politica e quanta voglia di vivere per le calli della Serenissima!

La raffinata costituzione politica, le ferme prese di posizione contro le brame del Papa, le battagle eroiche vinte contro l’impero Ottomano ed un fiorire splendido delle arti, svaghi e passioni  rendono la Venezia di quegli anni unica, irrinunciabile.

imagesCAERLR6J.jpg17.jpgI fremiti che scorrevano tra calli e campielli donavano un’atmosfera  dove il vizio si mescolava alla fede, dove il gioco era praticato con passione, così come l’amore per le cortigiane, e le composizioni musicali assecondavano il gusto di ogni ceto sociale.

17 3.jpgNel 1740 sommando locande, botteghe del caffè ed osterie arrivavano a seimila circa, per cui gioia di vivere, voglia di godere dei piaceri della vita, della socializzazione e degli incontri.

Cà Rezzonico.jpgCà Pesaro.jpgSan Stae.jpgAnche dal punto di vista architettonico la città si arricchì di altre imponenti opere: S. Rocco, S. Vidal, S. Tomà, le facciate dei Gesuiti di S. Stae, Cà Pesaro, Cà Rezzonico, la nuova pavimentazione di San Rocco.jpgPiazza S. Marco.

imagesCAN3NK4N.jpgimages.jpgQuesta era la città ai tempi di Antonio Vivaldi, colonna sonora di queste penombre, di questo bisbigliare tra le calli, dell’amoreggiare nelle gondole coperte, delle feste con le dame ingioiellate e imagesCABS684P.jpgabbondantemente scollate.

Nato a Venezia il 4 marzo del 1679, avviato allo studio del violino dal padre (morì a Vienna il 28 luglio 1741), gracile e sofferente d’asma, i capelli rossi, era un prete anomalo, con una smisurata foga compositiva e non propriamente in odore di castità.

Ma Venezia concedeva questo ed altro, per un certo periodo anche Casanova divenne parte del Clero, per cui esisteva la massima libertà, anche se una parte degli esponenti della chiesa si lamentavano per la troppa improntitudine dei più libertini.

1700 1.jpgAnche il rapporto con l’altro sesso era molto particolare per i veneziani, in città si amoreggiava praticamente ovunque, e durante il carnevale che iniziava il 26 dicembre e finiva il martedì grasso, con l’aiuto della Bauta andavano bene anche calli e campielli.

Come stupirsi quindi se Vivaldi, che celebrò soltanto una messa, si accompagnava ad un’amante, forse a due.

Era nei teatri che la vita artistica e musicale toccava i vertici per qualità, livello del pubblico, assoluta notorietà. Disse Rousseau che era impossibile sentir cantare come a Venezia.

San Moisè.jpgTeatro Malibran.jpg1700 2.jpgSan Samuele, San Giovanni Crisostomo (l’attuale Malibran), San Cassiano, S. Angelo, San Moisè erano i nomi dei Teratri più famosi di Venezia. Quando iniziava la Stagione operistica di Venezia, che coincideva con il Carnevale, se ne avevano echi in tutta Europa.

Teatro S. Angelo.jpgE fu al Teatro S. Angelo che Vivaldi debuttò comer autore dell'”Orlando finto pazzo” nel 1714, la sua prima opera veneziana, e collaborò molto sporadicamente con il San Samuele e il San Moisè.

Ogni sera si eseguivano concerti, nei palazzi e nelle chiese, anche nella Basilica di San Marco, che ospitava nella cappella Monteverdi.jpgdel Doge la Schola Cantorum, massima istituzione musicale che vantava tra i suoi componenti  i due Gabrieli e Claudio Monteverdi.
A questo proposito è bene ricordare che il governo era rigorosamente laico, e che la Basilica di S. Marco divenne cattedrale di Venezia solo alla caduta di questo sistema politico. Una situazione che incentivò il mecenatismo di stato che era attivo a Venezia fin dal Medio evo.

Delle famose, straordinarie artiste ” le Putte ” di Vivaldi parleremo la prossima volta.

 

 

 

 

 

Le maschere, tradizioni e magia del Carnevale a Venezia

imagesCAAZZUJ7.jpgLa Venezia del 700 aveva la fama di essere la più gaia e contraddittoria delle capitali euopee.

I carnevali in cui uomini e donne andavano mascherati e indulgevano alle libertà rese possibili dalla finzione, creavano uno spirito durante tutto l’anno, un’aria di festa di cui era intrisa tutta la città. (F.C. LANE ).

Si dice che il termine carnevale nasca da “carnem levare”, togliere la carne: Nel medio evo infatti si usava, dopo un lungo periodo di festa, imbandire un banchetto per annunciare l’allontanamento della carne dalle mense (mercoled’ delle ceneri).

Nel XII secolo si hanno le prime tracce sulle origini del carnevale a Venezia. Tramite le  cronache del tempo si apprende che il giovedì grasso si celebrava la vittoria del doge Vitale Michieli II sul patriarca Ulrico di Aquileia, nel 1162.

In memoria di questa sconfitta il patriarca Ulrico ed i suoi successori dovevano inviare al Doge 1 toro, 12 pani e 12 maiali.

La caccia ai tori.jpgcaccia dei tori.jpgcaccia ai tori.jpgimagesCA8CAI6P.jpgNel cortile di Palazzo Ducale si svolgeva una corrida, poi gli animali venivano macellati e cucinati, e la carne veniva divisa tra nobili, clero e popolo, mentre i pani venivano dati ai prigionieri.

Il Giovedì grasso veniva chiamato scherzosamente “berlingaccio”. Dal 1296 il Senato dichiarava festivo anche il martedì grasso.

rappresentazione in piazzetta S. Marco.jpgimagesCA4YQLDP.jpgDalla metà del 400 al 500 l’organizzazione della festa era affidata alle Compagnie della Calza, associazioni di giovani patrizi che indossavano calze con i colori del proprio Sestiere. Tutt’ora questa associazione esiste ed è molto attiva.

imagesCAIXDE9B.jpgDurante i festeggiamenti venivano usati  i fuochi artificiali, si svolgeva poi una gara tra Castellani (abitanti dei sestieri di Castello, Dorsoduro e S. Marco)e Nicolotti (abitanti degli altri tre sestieri) in una prova di forze tra due piramidi umane. Nel 600 e nel 700 si eseguiva la moresca, una danza fatta con le spade in modo da simulare i combattimenti tra cristiani e mori; quindi il volo della colombina o Angelo, che si svolge tutt’ora, ma che nacque nel 1500 quando un acrobata turco fece stendere una fune da una barca ancorata alla darsena di San Marco fino alla cella campanaria del Campanile di S. Marco imagesCA2EGCH4.jpg. La sua performance entusiasmò i veneziani ed il doge che lo remunerò con una somma di denaro. In seguito furono gli arsenalotti a voler eseguire questo pericoloso esercizio, ma quando , nel 1759, l’acrobata di turno cadde e morì, venne sostituito con una colomba fata di legno, da qui volo della Colombina, quindi dell’Angelo.. che tutt’ora da inizio ufficiale al Carnevale veneziano.

imagesCAHPX19C.jpgimagesCAV3YY0H.jpgAl fondaco dei tedeschi si lasciavano liberi i tori, e i giovani facevano come a Pamplona la corsa dei tori per cui , una volta aperto il portone, gli animali si riversavano da S. Giovanni Crisostomo fino imagesCA7CIC6M.jpgimagesCAEOONUC.jpga S. Polo, rincorsi dai ragazzi.

A Venezia il carnevale aveva inizio dal giorno di S. Stefano, quando il governo dava la licenza di portare le maschere.

fenice.jpgimagesCAJI3D4W.jpgimagesCADLDSQH.jpgFra l’altro si svolgevano varie manifestazioni teatrali, visto il gran numero di Teatri che c’erano a Venezia: il S. Salvador , oggi Goldoni, S. Cassiano, S. Angelo, S. Moisè, S. Giovanni Crisostomo , ora Malibran, il S. Samuele ed il S. Benedetto, ora La Fenice.

imagesCAFDXAGB.jpgIndossando la Bauta, la tipica maschera veneziana, si annullavano le differenze sociali, si intrecciavano idilli e relazioni, i giocatori d’azzardo potevano giocare tranquillamente perchè non venivano riconosciuti. Ma la maschera regina non fu solo la Bauta: nota era la ” Gnaga” un travestimento da donne per gli uomini, che La gnaga.jpgla moretta.jpgmaschera della gnaga.jpgindossavano questa maschera di muso di gatto e reggevano un cesto che avrebbe dovuto contenere gatti..la maschera si aggirava miagolando movendosi con  gesti vezzosi. Altra maschera di moda era ” la Moretta” che doveva essere sostenuta con la mano davanti al volto, e la persona che la reggeva non parlava (non a caso veniva chiamata “la Servetta muta”) A realizzare queste maschere erano degli artigiani che vennero conosciuti come tali dalla Serenissima, con atto del 10 Aprile 1436 (l’atto è tutt’ora conservato presso l’Archivio di Stato). 

Il carnevale per i veneziani era così importante da non poter essere interrotto. Il doge Paolo Renier morì il 13 febbraio 1789, ma la notizia venne diffusa solo il 3 marzo, al termine dei festeggiamenti.

arte dei mascareri.jpgTra le varie usanze quella importante della festa delle Marie risalente addirittura al 943, all’epoca del Doge Pietro III Canduano. Il 2 febbraio di ogni anno, dedicato alla purificazione della Vergine era usanza che le spose di Venezia si recassero presso la Basilica di S. Pietro di Castello dove venivano benedette, per poi raggiungere S. NIcolò del Lido dove le attendevano i futuri mariti, poi insieme raggiungevano S. Marco, quindi, salite sul Bucintoro, raggiungevano la Chiesa di S. Maria Formosa.

Quell’anno invece a S.Pietro di Castello fecero un’incursione i pirati istriani che le rapirono con le loro doti, ma questi vennero prontamente inseguiti dagli “Arsenalotti” che li raggiunsero e li uccisero tutti tra le isole della laguna di Caorle, proprio vicino al compagnia teatrale.jpgIl rinoceronte.jpgmolo delle Donzelle (tutt’ora così chiamato).  Questa vittoria contro i pirati venne celebrata ogni anno con la festa delle 12 Marie, in cui dodici fanciulle particolarmente meritevoli in virtù venivano fornite di dote dalle famiglie nobili veneziane.

Nel 1349 le fanciulle vennero sostituite da pupazzi di legno che vennero spregiativamente chiamate dai veneziani Marie de Tolla (legno), e sembra che derivi da qui il termine marionette. Ultimamente questa ricorrenza è stata ripristinata anche con  una regata.

galani o crostoli.jpgfrittole.jpgNaturalmente queste tradizioni veneziane furono e tutt’ora sono accompagnate dalla degustazione dei dolci tipicamente veneziani: le fritole ed i crostoli (o galani).

Il Carnevale a Venezia è sempre stato ed è speciale: tra i Campi e i Campielli, nei Teatri, nei sontuosi palazzi e nelle piccole calli complici, ovunque sia si aggiravano e si aggirano tutt’ora maschere imperscrutabili, sfuggenti e …senza tempo..il tempo in questo periodo si ferma e lascia libero spazio allo spirito veneziano, al desiderio di allegria, all’uso della maschera per le piccole, innocenti e frizzanti ” trasgressioni”.