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Ago 16, 2011 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Leggende, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I grotteschi vecchietti di Venezia e il Ponte di Rialto

I grotteschi vecchietti di Venezia e il Ponte di Rialto

dei-camerlenghi_m.jpgVecchi.jpgIl Palazzo dei Camerlenghi, sede della Sezione Regionale della corte dei Conti conserva sulla sua facciata prospicente il Ponte di Rialto due capitelli, uno a destra, l’altro a sinistra, raffiguranti due immagini grottesche e alquanto strane: l’una sembra raffigurare una vecchia con delle fiamme tra le gambe, e l’altra un vecchio stranamente “fornito”di un sesso molto particolare.

DeBarbari_1.jpg

Carpaccio1.jpgcsapitello della vecchia.jpgLe leggende legate a queste immagini sono diverse, ma ce n’è una che rappresenta lo spirito ironico  e a volte un pò sboccato della gente veneziana, del popolo. Si racconta che vecchio.jpgProgetto del Palladio per il Ponte di Rialto.jpgquando il Consiglio dei Dieci decise di costruire, dopo vari incidenti, il Ponte di Rialto in pietra( prima era in legno ) le cose andavano veramente per le lunghe: i vari progetti presentati (compreso  quello del Palladio) sembravano non andare bene e si sentiva forte per praticità e commercio  l’esigenza di ripristinare l’unico ponte che collegava le due rive del Canal Grande.

Vecchi.jpgIl tempo passava e la costruzione non iniziava, e allora il popolo cominciò a diffidare, a temere che il progetto non venisse effettuato o che la costruzione cedesse e crollasse;  fu allora che (per voce del popolo) si raccontò di una coppia di vecchi i quali, dopo averne viste tante, fecero una scommessa: la vecchia scommise ” che me brusa la mona se il ponte non casca” ( dialetto veneziano per dire: che prenda fuoco il mio sesso se il ponte non cadrà), ed il vecchio, di rimando ” che me cresca un’ongia sull’oseo se il ponte non casca”.

Ponte di rialto.jpgPonte di Rialto con Palazzo dei Camerlenghi.jpgNel 1591 il Ponte di Rialto, su progetto di Antonio da Ponte venne ultimato, ed è ancora li, splendido, meraviglioso anche se bisognoso di restauri, ma solido con le sue botteghe: ecco che allora scattò l’ironica vendetta della Repubblica che effigiò i due vecchi proprio di fronte al ponte tanto vituperato e deriso , con le loro imbarazzanti deformità: a sagacia ed ironia popolare rispose quella divertente , grottesca dei governanti , che sarebbe comunque servita a monito per  chi non aveva fiducia nelle istituzioni.

Venezia ed i veneziani: popolo disinibito, sempre divertente, battuta pronta, che sapeva, ridendo, pungolare i propri politici, e questi, di rimando sapevano rispondere tono a tono, e questa leggenda ne è un esempio.

 

Ago 8, 2011 - Arte, Chiese    2 Comments

I mosaici d’oro a San Marco: una Bibbia aperta a Venezia

basilica_di_san_marco_a_venezia.jpgDoge Domenico Selvo.jpgI mosaici più antichi nella Basilica di San Marco sono databili dalla fine dell’anno 1000. La prima decorazione risale al Doge Domenico Selvo (1071-1084) e continua fino agli inizi del 400, con l’avvento nella Serenissima di artisti chiamati dalla Toscana che elaborarono una nuova tecnica. La propensione dei veneziani per il colore aveva portato gli artisti a decorare le facciate dei palazzi e delle chiese che davano sul Canal Grande, e formavano perciò uno straordinario strumento cromatico, abbinato al riflesso sulle acque dela canale,e tutto ciò creava uno spettacolo straordinario e fiabesco.

Per i mosaici di San Marco  è importante segnare il punto dal quale il mosaico veneziano si distacca da quello Bizantino e nell’onda inventiva che parte sempre dall’antica tecnica dell’affresco, esso non diventa occidentale ma veneto, intriso cioè di una liricità e di un’invenzione che nascono da una paziente meditazione di Bisanzio da parte di artisti che non parlano più greco, ma veneto.

Gesù.jpgDopo il Diluvio.jpgmos_genesi.jpgEcco che si attua prima la tecnica dell’affresco come base, per poi riempire il disegno con le tessere.

A San Marco la superfice dei mosaici ammonta a quattromila metri quadri. Essi costituiscono la rappresentazione dell’antico e del nuovo testamento, dalla Creazione del Mondo, al Diluvio Universale, alla Caduta della manna nel deserto. All’interno le Sacre scritture sono disposte cronologicamente, ad iniziare dalla cupola sopra l’altar maggiore, in cui appare l”Emanuele” predetto dai Profeti, poi verso la cupola centrale in cui, dopo gli episodi della vita terrena di Gesù viene celebrata lAscensione di Cristo in Cielo, segue quindi nella stessa navata la Discesa dello Spirito Santo, nella Cupola delle Pentecoste, ed infine il Trionfo della Chiesa nell’arcone del Paradiso sopra la porta d’ingresso.

Nelle cupole laterali e nelle zone adiacenti sono celebrati alcuni Santi particolarmente venerati a Venezia.

mosaico 1.jpgDiluvio Universale.jpgMosaici della Basilica di San Marco.jpg28-07%20Mosaico%20Genesi%20San%20Marco.jpgmosaici.jpgGli episodi riguardanti la vita di San Marco e il suo trasporto a Venezia si trovano tanto nella facciata quanto nell’interno della Orazione nell'orto degli ulivi.jpgChiesa, lungo il transetto.

Bagliori d’oro, raffigurazioni raffinate, uno spettacolo splendido, un enorme “film” lussuoso e suggestivo da San Tommaso.jpgammirare, guardare e leggere.

Carlo Goldoni: il narratore dello spirito veneziano

Carlo Goldoni.jpgIl più grande narratore ed interprete della Venezia del 700 nacque nella Serenissima il 25 febbraio  del 1707, e morì a Parigi il 6 Febbraio 1793.
Figlio di Giulio Goldoni e di Margherita Salvioni andò a vivere a Perugia dove il padre faceva il medico e studiò Filosofia a Rimini.

Scelse di laurearsi a Padova in Legge a causa dell’improvvisa morte del padre, quindi tornò a Venezia, intraprendendo la carriera forense.

Nel 1734 incontrò a Verona il Capocomico Giuseppe Imer, e, attratto com’era dal Teatro, ottenne dal ” San Samuele” di Venezia di scrivere i testi per il Teatro della famiglia Grimaldi. Stando a seguito della Compagnia della Commedia dell’Arte incontrò Nicoletta Conio, e la sposò.

Commedia di Carlo Goldoni.jpg225px-Casa_Goldoni.jpgE qui ebbe inizio la sua avventura di narratore di Venezia, della venezianità, del sapido gusto per la battuta pronta, della valorizzazione della donna che nella Repubblica era rispettata e tenuta in considerazione.

La prima commedia che scrisse per il Teatro San Samuele fu il Momolo Cortesan, a cui fece seguito ” La donna di Garbo”.Dopo l’abbandono della città  per via dei debiti che aveva accumulato, potè rientrare nel 1748, ed iniziò a scrivere commedie come; L’uomo prudente, la  Vedova Scaltra, La putta onorata, La buona moglie, La famiglia dell’antiquario ecc.

Ebbe modo di realizzare diverse Commedie per i Teatro Comico come: La Bottega del Caffè, ed altre. Non voglio fare un elenco di titoli, enorme e ricco, ma volevo soffermarmi sulla sua capacità di descrivere la realtà di una Venezia e dei veneziani, scritta con il linguaggio che i La Bottega del Caffè.jpgIl Campiello.jpgLe Baruffe Chiozzotte.jpgveneziani usavano tutti i giorni, e di utilizzare varie situazioni che si potevano riscontrare quotidianamente: meravigliose la sua “Bottega del Caffè”, il ” Campiello” le Baruffe Chiozzotte, scritte nel periodo in cui ha vissuto a Chioggia,” Una delle ultime sere di Carnevale”  ma in assoluto il suo descrivere la donna veneziana, il suo “morbin”, cioè quella vivacità di rispondere battuta a battuta, di sapersi destreggiare con le avances degli uomini, non facendo le bacchettone, ma districandosi con tatto, vivacità ed allegria, dando all’uomo stesso la sensazione di essere comunque conquistato e gradito: ” e lor Signori ancora profittino di quanto hanno veduto in vantaggio e sicurezza del loro cuore, e quando mai si trovassero in occasione di dubitare, di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della “Locandiera”, queste sono La locandiera.jpgle parole di Mirandolina, la protagonista di questo capolavoro.

200px-Baldassare_Galuppi_Memorial.jpg300px-Chioggia-Casa_Goldoni-DSCF0140.jpgNelle sue commedie furono utilizzati i personaggi della Commedia dell’Arte, ma non come improvvisatori (come Antonio Sacchi, che nell’Arlecchino, servitore di due padroni intepreta Truffaldino) ma gli attori iniziarono allora a seguire un testo, una trama ben precisa.

Le sue maschere preferite furono Pantalon de Bisognosi, Arlecchino e Brighella, che esprimevano proprio le varie sfaccettature dei personaggi che vivevano a Venezia, e che ne formavano il tessuto sociale.

Triologia della Villeggiatura.jpgSior Todero Brontolon.jpgGoldoni si espresse anche come librettista per opere serie, Come “Gustavo I° Re di Svezia, musicata da Galuppi, allievo di Benedetto Marcello e nato a Burano nel 1706, ed altre, mentre molte furono le opere giocose, sempre musicate dal Galuppi, come ” Il mondo alla roversa ossia Le donne che comandano” o il Paese della Cuccanga. Tra Galuppi ed altri musicisti scrisse circa 45 libretti di opere giocose, e quattro di opere drammatiche.

Da non dimenticare la triologia della Villeggiatura, gustosa e sapida “testimonianza” dei personaggi veneziani nelle ville della Riviera del Brenta.

carlo gozzi.jpgIl suo nemico feroce ed estremamente critico fu Carlo Gozzi, che lo accusava di volgarizzare e di distorcere la realtà veneziana, ma i veneziani, in cuor loro, sapevano e sanno benissimo che questo testimone, narratore..ironico, divertente ha colto l’anima di quella città e di quell’epoca, che comunque per alcuni versi rimane tale e quale ancor oggi…ad esempio LE DONNE VENEZIANE.

monumento a Carlo Goldoni 1.jpgmonumento a Carlo Goldoni.jpgDall’alto della sua statua, in Campo San Bartolomio, egli sorride a  coloro che  passano, magari con un colombo sul tricorno, ed ogni veneziano che passa li sotto, in cuor suo, gli sorride complice e gli strizza l’occhio!”

 

 

 

I Ponti di Venezia e la loro origine : quando si andava a cavallo!

ponte di barche 1.jpgDalle origini di Venezia (421)  fino al 700 d.c., come avevamo già visto, la città era formata da isole, e l’attraversamento dei canali e dei rii era effettuato tramite traghetti con barche, oppure, se i rii erano particolarmente stretti , venivano legate delle barche e sulla loro sommità (olmi) veniva posata un’asse di legno per permettere l’attraversamento a piedi o a cavallo.

Nell’800 vennero realizzati i primi ponti in legno che nel corso dei secoli venneero costruiti in pietra. All’inizio erano senza balaustra denominata anche “guardia ponte di barche.jpgFederico III d'Asburgo.jpgCampanile_di_San_Marco.jpgcorpo” o parapetto. Prima del medio evo erano pochi i ponti dotati di protezione in quanto i trasporti avvenivano appunto con carri trainati da cavalli o da muli: nel 1287 un decreto del Senato proibiva alle persone di cavalcare per le Mercerie fino a San Marco, esclusi i forestieri appena giunti in città: clamorosa ed unica fu l’impresa di Federico III d’Asburgo che percorse a cavallo la scala interna del campanile di S. Marco, fino ad arrivare alla sommità.

Le persone che arrivavano a Rialto dovevano lasciare i loro mezzi o cavalcature legati alla “focaia”, che era un legno di stallo , poi dovevano proseguire a piedi per arrivare in piazza.

ponte della moneta.jpgponte di rialto inb legno.jpgImmagini di ponti di barche ci vengono tramandate da antiche stampe, e la storia del ponte di Rialto (già ponte della moneta) è stata illustrata da geni della pittura come Vittore Carpaccio, nel miracolo della croce a Rialto, e la visione dei progetti del Palladio, a cui venne preferito Da Ponte.

il miracolo della Croce di Gentilre Bellini e il ponte di San Lorenzo.jpg

ponte_chiodo_def.jpgcarpaccio_venezia.jpgPochi sanno che, percorrendo la Strada Nuova, alla fine della Fondamenta che costeggia la chiesa di S. Felice si può trovare l’unico ponte di Venezia ancora senza parapetto.

ponte-chiodo.jpgAltri ponti sono famosi, come il Ponte dei Sospiri, un vero gioiello architettonico gotico dove transitavano i condannati alla prigione che da Palazzo Ducale, ponte_sospiri.jpgsede delle sentenze, venivano condotti alla sede della loro espiazione di condanna.

Progetto del Palladio per il Ponte di Rialto.jpgPonte dei pugni.jpgAltro ponte famoso e curioso è il Ponte dei Pugni, uno di alcuni che si trovano a Venezia dove i Castellori ingaggiavano terribili risse contro i nicoloti, risse comunque indolori in quanto i contendenti colpiti finivano in canale, dragato sempre per evitare ferite mortali. In quello a S. Barnaba (dorsoduro) vi sono i segni delle orme, ai quattro lati della sommità, dove i orma sul ponte dei pugni.jpgpugni sul ponte.jpgcontendenti si dovevano posizionare prima delle scazzottate!

venezia_ponte_accademia_3.jpg

tre-archi-DSCN5922-bis-si-1.jpgE di ponti di tutti i tipi, di legno (come quello dell’Arsenale) o di ferro ve ne sono in quantità: uno, l’unico a tre arcate è una meraviglia.e a percorrerli, gradini cadenzati, passo dopo passo, diventa un’armonia di movimento, quasi un danzare in questa città che è arte, luce, suono, armonia………meravigliosa Venezia.

La nascita di Venezia e la sua chiesa simbolo!

Basilica 2.jpgLa nascita di Venezia nuova coincide con il trasporto delle spoglie di S. Marco nella futura Repubblica: e per questo desidero accompagnare chi mi voglia seguire in un viaggio nel tempo
dall’829, via, via, fino alla fine della Serenissima, accompagnando la realizzazione delle innumerevoli chiese, dei Santuari, dall’inizio fino all’evoluzione maggiore della meravigliosa Repubblica. Per ora iniziamo dalle prime chiese, lasciando S. Pietro di Castello come elemento a parte, fantastico, legato al Patriarcato che in quella chiesa avrebbe avuto sede, ed iniziando invece dalle spoglie di S. Marco e la chiesa-tabernacolo che le ospita.

Basilica dei 12 Apostoli a Costantinopoli.jpgsantiago_de_compostela.jpgLa costruzione di una chiesa o di un santuario dedicato ad uno degli apostoli, specialmente gli evangelisti, ha comportato in tutta Europa  l’esigenza di una struttura ed un’edificazione completamente diversa da altre costruzioni: La chiesa dei dodici Apostoli di Costantinopoli, che conservava le relique di S. Luca, S. Andrea, S. Timoteo, aiutante di S. Paolo, la chiesa di S. Giovanni ad Efeso, che custodiva le spoglie del’evangelista qui vissuto, che era costruita con pianta a croce greca con cinque cupole, e  quella dedicata all’apostolo Giacomo di Campostela, coeva a S. Marco a Venezia, e che aveva il raro privilegio di custodire le spoglie dell’apostolo.

basilica-di-san-marco.jpgA Venezia, la chiesa scelta per custodire le spoglie dell’evangelista ed apostolo Marco venne costruita come chiesa – reliquario bizantino:  emblema del  prestigio bizantino a cui Venezia era particolarmente legata, e che rappresentò per secoli motivo di venerazione dallo Stato, dal Doge a cui la chiesa apparteneva di diritto, fino all’ultimo cittadino della Repubblica.

Ferdinando Forlati, nel 1950, portò avanti degli studi sulle fondazioni della venezia_san_marco_basilica_pianta_02.gifprima chiesa di S. Marco, iniziata in seguito al trasporto del corpo dell’apostolo nell’828, ed egli affermò che la chiesa era stata edificata in origine a pianta centrale, e i vari punti di fondazione dei bracci a croce greca del più antico edificio del nono secolo, si sono rivelati attraverso una serie di assaggi nel medesimo posto dove posano ancor oggi quelli poi ricostruiti nell’XI secolo.

Una analisi più approfondita ci permette oggi di distinguere nella basilica gli elementi architettonici e decorativi che appartenevano alle precedenti costruzioni e presentavano una interessantissima documentazione sulle origini di Venezia, prima esarcale e poi bizantina.

La pridma chiesa si conservò per un secolo e mezzo, fino all’incendio avvenuto Candiano IV.jpgPietro-Orseolo-II.gifcon l’uccisione di Candiano IV, nel 976, che la distrusse con il Palazzo Ducale . Subito dopo il Doge Pietro Orseolo I cercò di ricostruirla in due anni, prima di ritirarsi in un monastero per il resto della sua vita: si tratta di una ricostruzione frettolosa ispirata ad un sentimento religioso di riparazione del santuario della città.

Lo sviluppo della politica veneziana data da Pietro Orseolo II e poi attuato da uno dei maggiori dogi del secolo XI, Domenico 104%20domenico%20contarini.jpgContarini (1041-1071) sollecitò l’ambizioso progetto del Governo e della popolazione venezianaa rifare dalle basi l’attuale chiesa di S. Marco, terminata nelle parti murarie nel 1071 e consacrata nel 1094.

In quell’epoca, nella primitiva Venezia vi fu un fervore di costruzione, specialmente di chiese: almeno cinquanta, ed una gran parte, costuita nell’anno mille, frutto di un rigoglio economico straordinario ottenuto attraverso l’apertura delle vie del mare: S. Marco, con la sua solenne struttura, in una città ancora piccola ed in formazione, fu indice di un’ambizione che potrebbe sembrare addirittura sproporzionata se non si tenesse in giusto conto la forza morale del governo veneziano quando ebbe l’opportunità di trattare alla pari con una capitale come Costantinopoli: non era protervia, quella veneziana, ma basilica-san-marco_large.jpgconsapevolezza saggia e giusta delle potenzialità di uno stato nascente che img209.jpgpoteva contare sull’equilibrio e la lungimiranza di una Repubblica sempre abituata all’equilibrio tra terra e mare, tra artigiani e mercanti, e sempre seguita e in qualche modo guidata da un popolo abituato alla libertà, alle regole, ma anche proteso verso altre realtà culturali e politiche: Venezia affacciata sul mare, Venezia a contatto con varie civiltà, aperta mentalmente e culturalmente all’europa: mai vi fu uno Stato tanto moderno e senza paure ed inibizioni!

 

 

Le superbe ed artistiche fortificazioni della Venezia del 500:Michele Sanmicheli

MicheleSanmicheli.jpgLa Venezia degli inizi del 500, nostante la sua collocazione, con la laguna a proteggerla, si trovava comunque in pericolo per quanto riguarda la terraferma e l’avanzata dei turchi nel Mediterraneo e in Europa.

La Serenissima quindi contattò un geniale ingegnere militare ed architetto di origine Veronese, Michele Sanmicheli (1484-1559): egli aveva prestato la sua opera presso lo Stato Pontificio, a Orvieto, Parma e Pavia: il suo primo incarico fu quello di studiare le fortificazioni di Zara, quindi, una volta rientrato nella Repubblica viene incaricato di “ben examinar li lidi, le bocche delli porti ed ogni altra parte della laguna”: i problemi militati ed idraulici erano infatti convergenti nell’ambito della politica territtoriale della Serenissima.

Ed in questo contesto che nasce una polemica con Alvise Cornaro il quale voleva costruire mura perimetrali tutto intorno alle sponde lagunari: la ragione della sua opposizione era basata su considerazioni sociali: “Il populo è necessitato per vivere de uscir de la tera tuto el dì, et andare alle vigne, chi a pescar, et chi alle saline, che ad alcuna hora del giorno non li riman cinquanta homini”, mentre la difesa deve essere affrontata dagli stessi cittadini: ” che stano de di e de notte in barca, che conoscono tutti li siti che Chioza et le contrade”, ribadisce insomma il concetto che sono le acque della laguna le vere mura di Venezia.

Forte di S. Andrea 1.jpgBattaglia di Lepanto 1.jpgSanmicheli costruì quindi nel 1543 il suo capolavoro architettonico: il Forte di S. Andrea,” fortezza meravigliosa rispetto al sito nel quale è edificata che per la bellezza della muraglia , delle più stupende, rappresenta la maestà e grandezza delle più famose fabbriche fatte dalla grandezza dei Romani”secono il commento del Vasari.

Forte-Sant-Andrea-F01.jpgforte-santandrea_3.jpgNegli stessi anni prosegue con la costruzione della Fortezza di S. Andrea, infatti intorno al 1546 si pose mano pure a una “traversa” dalla laguna al mare, al dilà del canale che serve il convento di S. Nicolò, dalla parte di Malamocco: munita di bastioni, e di una cortina di mura, ancora eistenti, la fortificazione si estendeva verso il mare e l’imboccatura del porto per quasi tre Kilometri.

Durante la battaglia di Lepanto le fortificazioni del Lido furono ulteriormente rafforzate a San Nicolò, ed una tra Poveglia e Malamocco.

Gaggiandra.jpgI documenti dell’epoca parlano di ” una grandissima catena e ben armata””. Sembra che questa colonna fosse sostenuta dalla “Gagliandra” che era formata da uno zatterone centrale e da due zattere laterali che venivano poste in mezzo all’imboccatura del Porto , legate tra di loro e alla riva da tre catene. Questa “costruzione” veniva armata con cannoni.

Negli anni della battaglia di Lepanto vennero costruite a San Nicolò altre due importanti edifici militari: una fabbrica di polvere da sparo, il Tezon (1572) presso il Castel Vecchio, ed il Quartier Grande o Palazzo dei Soldati  noto anche come Caserma Serraglio, un vasto edificio di stile neoclassico che poteva ospitare fino a 2000soldati, forse la prima caserma dell’architettura militare.

poveglia.jpgMalamocco, interno fortificazione.jpgMalamocco-2.jpgSan Nicolò, la più importante zona militare di Venezia era pure luogo di ricev imento per personaggi illustri: Celebri rimasero i festeggiamenti in Isola_di_Sant'Erasmo_-_Torre_Massimiliana.jpgonore di Enrico III re di Francia, nel 1574, per il quale il Palladio eresse appositamente un grande arco trionfale e una loggia di legno di dieci colonne di ordine corinzio decorate con ghirlande; a completare gli arredi opere del Veronese e del Tintoretto.

La praticità legata sempre comunque alla bellezza ed all’arte: questa era la cultura veneziana della gloriosa Serenissima.

 

Mag 10, 2011 - Arte, Tradizioni    3 Comments

Osèle dogali e romantiche murrine a Venezia

Osele selvadeghe.jpgLa Vigilia del Santo Natale i Dogi veneziani erano soliti regalare ai nobili ed ai membri del Maggior Consiglio, cinque uccelli palustri, provenienti dalle vicine valli da pesca, chiamati ” Osèle selvadeghe”.

In questa consuetudine si affiancò, dal 1275 l’Isola di Murano, sede della potente “corporazione dei vetrai”trasferitasi in quell’isola perchè utilizzare le fornaci a Venezia città poteva comportare grossi rischi di incendi, visto che i tetti delle case erano ricoperti di paglia.

doge Antonio grimani.jpgNel 1521 il Doge Antonio Grimani convertì il dono “in natura” nell’omaggio di una moneta, chiamata appunto ” Osèla”, e Alvisde Mocenigo Osdella.jpgBattitore di oselle.jpgdoge Pietro Loredan osella.jpgFrancesco Loredan Osella.jpgl’occasione della consegna di tali monete venne trasferita alla ricorrenza dell’Ascensione.  L’ultima serie di “Osèle” venne coniata nel 1796. Nel frattempo venne data anche a Murano l’opportunità di coniare tali monete, che erano fatte d’oro o d’argento.

In seguito, oltre ai metalli nobili, furono coniate monete in fusione di vetro, con le matrici stampate a pressa di maglio. Queste furono autorizzate con Bolla Dogale, ed in una facciata veniva riprodotto lo stemma Dogale, e nell’altra il volto del Podestà. Le La prima Osella Muranese.jpgOselle.jpgOselle 3.jpgmedaglie venivano donate anche a cittadini che avevano raggiunto meriti ragguardevoli.

 

 

 

 

LE MURRINE

Murano 1.jpgantica murrina.jpgL’origine della murrina è leggendaria: Anticamente ogni vetraio realizzava delle composizioni con un miscuglio di vetro colorato come campionatura, per poi descrivere  le varie dosature nel suo manuale segreto.

Murano.jpgIl maestro vetraio era geloso delle sue murrine, perchè nascondevano le composizioni selezionate, che diventavano la base esclusiva dei colori per le lavorazioni più pregiate.

Quando c’erano delle murrine mal riuscite venivano gettate in lagura dai vetrai, per non farle ritrovare da nessun altro che potesse copiare la composizione.

Murrine 3.jpgvetreria a Murano.jpgLe murrine erano di forma circolare, col cilindro di uno spessore somigliante ad una moneta. Il diametro poteva variare, ed erano realizzate in una vasta gamma di colori.

Col tempo esse vennero utilizzate come moneta di scambio in certi paesi dell’Asia e della Persia dai mercanti veneziani. In certi casi veniva creato un foro per essere infilate nel cordone  di cuoio della sacca dove venivano custoditi i denari.

Nel corso dei secoli le Murrine vennero regalate alle fanciulle, venivano legate con una cordicella e venivano altra murrina as Venezia.jpgcollana antica con murrina.jpgcollana con pendente antico di mufrrina.jpgappese al collo dell’amata.

orecchinchini di murrina.jpgmurrina 5.jpgAnfora con murrine.jpgaltro impiegto dell'arte della murina.jpgAntiche tradizioni create con il fascino del fuoco , la maestria e l’alchimia degli antichi vetrai veneziani.

Le rive, le cavane, i pontili e le edicole veneziane: la città in acqua e l’acqua nella città, meravigliosa ed unica Venezia.

Pontile di gondole in riva.jpgvenzia_sangiorgio_alba.jpgLa storia dell’architettura e delle strutture della città vi Venezia è inevitabilmente legata al suo essere città d’acqua: per cui ogni elemento di questa straordinaria Serenissima (quella che tutti  i Veneziani conservano nel cuore)  è strettamente legato ai canali, ai rii ed alla laguna.

riva privata.jpgriva.jpg90px-Riva_terminale.jpgNon tutti sanno che le rive a Venezia sono l’accesso all’acqua: delle scale o scalette che dalle fondamenta portano direttamente all’uso della barca o della gondola: le rive sono pubbliche oppure private, e in questo caso, danno l’accesso ai cortili interni che in caso di acqua alta vengono coperti dalla laguna, ma che danno, al proprietario dell’abitazione, l’opportunità di poter salire in barca o in gondola direttamente sul rio, per poter seguire le strade liquide di questa unica città.

cavane.jpgcavana in laguna.jpgcavana.JPGNaturalmente, come diceva Cassiodoro, i veneziani si spostavano attravero i canali e la laguna, per cui le “cavane” cioè i ricoveri di barche e di gondole erano assolutamente importanti, un pò come i garages ora.

Quelle in laguna erano casoni, con i tetti in paglia, molto semplici, altre invece, come quella che si può vedere nell’isola di San Giorgio Maggiore proteggeva i suoi natanti sotto il Convento.

Come attraverso rive e cavane l’acqua si insinua nell’interno delle costruzioni, e l’esempio del Rio del Santissimo che passa sotto il presbiterio della Chiesa di S. Stefano, un esempio rio-del-santissimo.jpgCavana S. Giorgio Maggiore.jpgilluminante ed unico della città che vive nell’acqua, e dell’acqua che attraversa la città, un connubio  quasi magico, se non sacro,  così questi accessi  vennero prolungati verso la laguna cavane.jpgcon ripiani e gradinate sporgenti (rive) oppure atraverso i pontili. ESSi continuavano e continuano la parte terrestre della città, sfrangiandola sull’acqua  e rendendone più labili i confini, con un effetto paragonabile alle merlature degli edifici veneziani che diluiscono otticamente la costruzione dell’atmosfera.

Un tempo sul molo e in altre zone  della città  prospicenti la laguna erano numerosi i pontili in legno, che si protendevano sull’ac qua per consentire l’attracco  e quelle di carico e scarico delle merci: Tra questi quelli immortalati dalle incisioni di Jacopo de Barbari, e sono spesso illustrati dai quadri del cavane.jpgCanaletto.

pontile.jpgPontili di legno ne sono rimasti pochi: quelli disposti a pettine lungo le principali vie di ormeggio e testimoniano l’esigenza di un rapido passaggio tra il traffico acqueo e quello terrestre: Jacopo de Barbari testimonia con una sua incisione quelli collegati alla punta di S. Marta,alla cui conclusione di vera un’edicola, cioè un ricovero degli attrezzi, costruito con il sistema delle palafitte, e di cui cii sono ancora due esempi, come quella di S. Maria Formosa, e anche Fondamenta degli Ormesini.

Uno degli elementi più caratteristici  dei pontili è dato dalle “paline” lunghe ed esili pertiche piantate sul fondo del canale, quasi simili a canne  di palude, che con la loro elasticità  facilitavano la manovra di attracco della gondola, e alla pala più grossa era ed è sistemata una lanterna, che, illuminata di notte, tracciava la va per il gondoliere o il barcaiolo.

img200.jpgJacopo de Barbari punta di S. Marta.jpggondole-venezia.jpguscita-rio-santissimo.JPGE queste lanterne, e questi approdi sono tutt’ora la parte più suggestiva e romantica di questa città unica: città d’acqua, di terra(strappata al mare) città d’arte, di seduzioni , di bellezza e di unicità che i veneziani, i veri veneziani hanno costruito, con il loro ingegno, con le proprie capacità, con la propria arte ed artigianato: noi siamo veneziani, e siamone fieri!!!!

Angelo Beolco, Il Ruzante, testimone di una realtà contadina all’interno dell’aristocrazia Veneziana!

Vi sono alcuni significativi artisti del Rinascimento veneziano che all’epoca non vennero tenuti più di tanto in considerazione in virtù della loro precisa posizione estetica, anche se ottennero riconoscimenti da chi, le loro opere, poterono valutare ed osservare.

Alvise Cornaro.jpgruzante.jpgUn commediografo, Angelo Beolco, detto Ruzzante (1500-1542) fu uno autore degno delle opere stesse di Macchiavelli. Egli dovette la sua carriera artistica in gran parte ad Alvise Cornaro, di cui fu fattore.

Ruzzante divenne attore ed autore di commedie che rispecchiano la coscienza polemica dei contadini contro il mondo brillante e raffinato dell’aristocrazia del tempo. Egli aveva scelto per il tuo teatro i caratteri popolari, l’aspro linguaggio della campagna padovana, rispetto alle scintillanti commedie di un grande amico di Tiziano, quelle di Pietro Aretino e dei soggetti preferiti dal patriziato veneziano.

Alcune parole del “prologo” della ” Betìa”, recitata in Palazzo Ducale il 5 maggio 1523 chiariscono la posizione pragmatica del Ruzzante: ” Il naturale tra gli uomini e le donne è la più bella cosa testo del Ruzante.jpgammiratori di Ruzzante.jpgche ci sia, e perciò ognuno deve andare per la via diritta e naturale, perchè quando tu cavi la cosa dal naturale essa s’imbroglia. Ma perchè gli uccelli non cantano mai così bene nelle gabbie come fanno sui salici, nè le vacche fanno mai tanto latte nelle città, quanto ne hanno fuori, alla rugiada, allo stato selvatico”.

Egli rivelava così una realtà che veniva dalla campagna alla nobiltà veneta toccata nel vivo, secondo le parole di Marin Sanudo, dal parlare denso e violento della gente dei campi, che faceva sentire le proprie angustie e le proprie reazioni con una forza non mai prima udita nella sua immediatezza realistica, ma anche con una teatralità vivacissima e fantasiosa, ricca di umanità e pronta ed aggressiva a un tempo, nella via comica dell’azione.

Sappiamo di sicuro che il Ruzzante fu ricordato anche dopo la morte ed uno dei suoi più ferventi ammiratori fu Galileo Galilei; il naturale, a cui il Rinascimento mirò in vario modo, dice Carlo Grabher, fu inteso dal Ruzzante in senso elementare ed integrale come ispirazione che deve essere tratta dal mondo più vicino ad uno stato di natura, quello della gente semplice ed istintiva.

immagine commedia.jpggiovane-veneziano-della-calza.jpgCompagnie della calza del Carpaccio.jpgcompagnia della calza.jpgcontadini del Ruzzante.jpgLe sue commedie più note ” La Betìa 2, ” Parlamento de Ruzzante”, ” la Moschetta”, l’ “Anconitana”, la ” Piovana e la ” Vaccaria”.Esse furono rappresentate più che altro nel Palazzo di Alvise Cornaro che possedeva a Padova, e nelle case dei Patrizi veneziani, recitate dalle Compagnie della Calza.

Ci vollero diversi anni perchè a Ruzzante venisse reso l’onore di essere ruzante 1.jpgScena daslla Betia di Ruzzante.jpgconsiderato un commediografo efficace, limpido, mordace e divertente, ed ora fa parte di diritto, della storia del Teatro Italiano.

Mar 13, 2011 - Arte, Chiese, Personaggi, Tradizioni    14 Comments

L’orribile supplizio di Marcantonio Bragadin e il crudele Lala Mustafà Pascià

Marco Antonio Bragadin spellato vivo.jpgMarcantonio Bragadin.jpgChiesa di San Giovanni ePaolo.jpgLa Basilica dei SS. Giovanni e Paolo è considerata il Pantheon dei Dogi veneziani, ma conserva anche le spoglie, anzi  la pelle del Nobil Homo Marco Antonio Bragadin, Governatore di Famagosta  e Capitano Comandante di una legione di seimila uomini destinata alla difesa di quella città.

Venezia aveva dichiarato guerra ai Turchi, ed il Comandante ed i suoi soldati seppero resistere ben dieci mesi all’assedio posto al presidio Veneziano da Lala Mustafa Pascia: egli era convinto che i rinforzi sarebbero presto arrivati, ma diversi problemi impedirono alla Serenissima di soccorrere le proprie truppe. I soldati erano ormai ,logorati dalla fame e dagli stenti, e sottoposti a 200px-Lala_Mustafa_Pa%C5%9Fa.jpgcontinui attacchi che un pò alla volta distrussero la città.

Supplizio di Marco Antonio Bragadin.jpgBattaglia di Famagosta.jpgA richiesta del valoroso Governatore i Turchi concessero la resa con onorevoli condizioni descritte e firmate dai due comandanti in una pergamena bollata d’oro il 2 Agosto 1571.

Tre giorni dopo la resa Bragadin seguito da una schiera di Ufficiali e soldati si recò all’accampamento dei Turchi per la consegna delle chiavi della città. Sembrava e doveva essere una sfilata dignitosa, in base agli accordi presi, ma all’improvviso il Pascià cominciò a deridere le truppe veneziane : gli Ufficiali vennero decapitati e le teste dei soldati ammucchiate davanti alla tenda del Capo Turco, mentre quelle degli ufficialo vennero affisse ad alte lance infisse nel terreno nell’accampamento.

Corte del Pascia.pngBanchetto di Lala Mustafà Pascia.jpgPoi i turchi si lanciarono a saccheggiare ciò che rimaneva della città, violentando donne ed uccidendole con i loro bambini.

Il Comandante Marco Antonio Bragadin venne tenuto in vita per altri undici giorni, poi il 17 Agosto 1571 fu legato e condotto per le vie di Famagosta, ricevendo beffe e botte. Infine venne legato ad un tavolo qui mozzate orecchie e naso,  oltre a subire altre mutilazioni, quindi venne scorticato vivo. Venne squartato e le sue membra vennero lanciate ai soldati turchi, mentre la sua pelle venne riempita di paglia e ricucita, a mò di manichino, e fu fatta girare per le strade sulla groppa di un bue, assieme alle teste di Alvise Martinengo, Gian Antonio Querini e Andrea Bragadin ( suo fratello), quindi issato sul pennone della galera di Lala Pascia che parì per Costantinopoli.

tomba con la pelle.jpgChiesa di San Gregorio.jpgMarco Antoniio Bragadin tortura.jpgSoltanto dopo cinquantun giorni le flotta dei veneziani e degli altri Europei riuscì a trovare un accordo per unire le forze e sconfiggere i turchi. Con la furiosa Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 i Cristiani riportarono una grande vittoria.

La pelle del  Comandante fece ritorno a Venezia nel 1576, trafugata dell’Arsenale di Costantinopoli. In un primo tempo venne portata nella Chiesa di San Gregorio, ma il 18 maggio 1596 gli venne dedicato un monumento dentro cui fu tumulata l’urna contenente quello che restava dell’eroico Governatore.

Orrori terribili, supplizi inumani e ricordo delle persone che con il loro “martirio” hanno contribuito nei secoli a fare di Venezia la Grande Serenissima che attraverso la storia tutti conoscono!

 

 

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