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Il Rinascimento a Venezia: tra acqua e cielo, iridescenze e bagliori! L’arte a Venezia

venezia.jpgIl carattere distintivo di Venezia, città -Stato sorta dal “fluido” dell’acqua, rispetto al solido del terreno in cui sono state costruite tutte le altre città caratterizzò il Rinascimento in questa Repubblica che di sua natura era “antirinascimentale”, e che costituì quindi un nuovo modo di concepire l’arte in quel periodo storico ed artistico, dal 1400 al 1500, che coinvolse tutti gli altri Stati o Comuni italiani, di cui un esempio di classicità è Ferrara, che perseguì gli ideali urbanistici della “città perfetta”, legata alle teorie della “divina proportione” di Piero della Francesca.

Alba_a_Venezia_-_20-9-1999_z14.jpgIl carattere stesso della collocazione della Serenissima, della sua nascita, come Venere, dalle acque, la particolare fragilità del terreno che si solidificò con il tempo tra la fitta venatura dei canali e i larghi spazi della laguna, e l’importanza del colore e la diversa impostazione della prospettiva che danno alla città un aspetto scenografico e teatrale rispetto alla solidità della struttura e all’integrazione razionale delle proporzioni secondo i rapporti matematici che creavano la bellezza secondo i canoni del rinascimento l’armonia della bellezza ideale, tanto ricercate dagli artisti dell’epoca, dall’Alberti al Palladio la rendono una città artisticamente ed architetturamente diversa.

venzia_sangiorgio_alba.jpgProspettiva e colore sono due termini quindi che fanno parte di Venezia, così come acqua e cielo, e l’atmosfera venezia di seera.jpgVenezia di sera.jpgVenezia di notte.jpgche circonda questa straordinaria città compartecipano alla visione architettonica con il riflesso dell’acqua e l’apparente scomposizione delle forme che deriva dal suo moto ondoso, dal delicato movimento della laguna, e dalle luci che cambiano a seconda delle ore del giorno: l’alba, il sole, il tramonto, la sera, la notte.

Carpaccio Sogno di S.Ordsola Accademia.jpgimm63%20CARPACCIO-congedo%20degli%20ambasciatori.jpgRitorno degli Ambasciatori del Carpaccio alle Gallerie dell'Accademia a Venezia.jpgFrancesco MARIA DELLA rOVERE DEL cARPACCIO COLLEZIONE vON tYSSEN lUGANO.jpgA Venezia le regole dell’architettura del Rinascimento dovettero adattarsi  alla singolare struttura della città e al prepotente predominio della pittura su tutte le arti, espresse in modo imperioso e delizioso dal Carpaccio e dal Bellini:

Straordinaria la riproduzione dell’architettura dell’epoca del Lombardo e del Codussi nei quadri di Carpaccio, come l’arrivo degli ambasciatori, il sogno di S. Orsola,e il Congedo degli Ambasciatori ( presso le Gallerie dell’Accademia)oltre che alla pulizia dell’ immagine di Francesco Maria della Rovere (collezione Von Tyssen a Lugano) che nel 1535 divenne capitano della Repubblica Veneziana ( suggestivo il cartiglio in bassio a sinistra, presso l’ermellino con la scritta “Malo mori quam foedari” ( meglio morire che contaminarsi) Esistette  quindi nell’arte, e proseguì fino ai vedutisti del settecento una città proposta in un’aria lucida , pulita, ventilata da un fresco vento di bora, che accresceva la puntualità della visione rendendola precisa, lenticolare e spaziata allo stesso tempo, unita anche ad un visione alla Gentile_Bellini_004.jpgFrancesco Guardi, colorata da striature di nuvole rosa che si formano al tramonto, con leggeri soffi di scirocco, su lontani raccordi Francesco_Guardi_001.jpgdi prospettiva che dilatano lo spazio.

Andrea_del_castagno,_affreschi_di_san_zaccaria,_san_giovanni_battista.jpg20090930142047!Andrea_del_castagno,_affreschi_di_san_zaccaria,_dio_padre.jpg88px-Andrea_del_castagno,_affreschi_di_san_zaccaria,_san_giovanni_evangelista.jpg133-DELCASTAGNO.jpgAndrea del Castagno, autore degli affreschi rappresentanti il Padre Eterno, gli Evangelisti e i Santi nella Chiesa di S: Zaccaria, datati 1442, rappresentò il distacco di Venezia dalla tradizione bizantina assimilando e facendo propri i caratteri dell’arte occidentale, evidenziando quindi la propria fondamentale importanza nell’evolversi dell’arte della Serenissima.

venezia-ca-d-oro.jpgpalazzoducale1.jpgLegata alla visione pittorica, ecco che urbanisticamente si evolse il gotico fiorito, esempio mirabile è il Palazzo Ducale, ma anche la Cà d’Oro, e tanti altri palazzi.
Venezia comunque sempre unica, diversa, mirabile, che tutt’ora rimane cristallizzata nelle immagini proposteci dai pittori che più di altri colsero quest’aria, che tutt’ora c’è, questa luce unica, luminosa, che tutt’ora penetra nell’acqua gentilmente, e ne fa scaturire riflessi che abbagliano, mille colori che riverberano emozioni……l’unicità della città sospesa tra la terra e l’acqua, tra il sogno e la fiaba.

Immagini del Carnevale del 700 veneziano: Pietro Longhi

Maschere al ridotto di Pietro Longhi.jpgUna Venezia speciale e sempre sorprendente per i festeggiamenti di Carnevale, festa che aveva inizio a S. Stefano, e finiva il martedì grasso, ed in questo periodo era permesso l’uso delle maschere, e si proponevano per i campi ed i campielli intrattenimenti per il popolo, a cui assistevano anche il Doge ed i Magistrati più influenti.

6625362_pietro-longhi-1.jpgA dare risalto a questi festeggiamenti, all’atmosfera che si respirava, alle maschere veneziane, al fremito di gioia di vivere che percorreva questa splendida città rimangono, oltre che a stampe antiche, i fantastici quadri di Pietro Longhi, dal Rinoceronte, alle maschere al Ridotto, a quesi riti che fecero del Carnevale di Venezia un susseguirsi di feste ed eventi.

Il rinoceronte di Pietro Longhi.jpgPietro Longhi - Carnevale.jpgforze d'ercole e caccia al toro in Piazzetta a Venezia.jpgCarnevale di Pietro Longhi.jpgcazza-ai-tori.jpgsvolo_turco.jpgCaccia ai tori in Piazza San Marco.jpgcaccia ai tori.gifforze d'ercole.jpgMolto seguite erano le corse dei tori, in Campo S. Polo e a San Marco, le forze d’ercole, piramidi umane, il volo del turco, che ora è diventato il volo della Colombina, ma suggestivi e frizzanti gli incontri  nelle strette calli, nelle gondole, nei campi: sia donne che uomini osavano di più, con la complicità dell’ombra, delle maschere a celare il volto e di quella voglia di trasgressione, di libertà tipiche del popolo veneziano, dalle dame alla popolane.

Per augurarvi buon carnevale desidero riproporvi queste testimonianze…e Buon divertimento a tutti!

L’arte dal 1440 a Venezia ed il popolo “più moderno del mondo” I° parte

800px-Giovanni_Bellini_Sacra_Conversatione.jpgS. Giorgio Alle Gallerie dell'Accademia di Venezia di Mantegna.jpgandrea-mantegna.jpgNel 1453 Nicolosia, figlia di Jacopo Bellini sposò Andrea Mantegna, e questo connubio stabilì un legame profondo anche con i due fratelli della sposa, uomini di grandi qualità artistiche, Gentile e Giovanni.

La pittura e la scultura veneziana ebbero in quell’epoca una fioritura legata Cappella Colleoni di pietro e Tullio Lombardo.jpganche ad altre famiglie di illustri pittori: i Vivarini ( Antonio Bartolomeo ed Alvise) e quella dei Lombardo ( Pietro, Tullio ed Antonio) i quali operavano nell’ambito della scultura e dell’architettura.

La ricchezza dei motivi provenì dal rigoglio artistico diffuso in tutta Italia dalla metà del Quattrocento, e dalla vastità degli interessi artistici per cui Alvise Vivarini.jpgAntonio vivarini - Incoronazione.jpgVenezia era aperta ad ogni forma d’arte.

La grande pittura non fu quindi prerogativa solo delle chiese, ma entrò Sala del Maggior Consiglio a palazzo Ducale.jpgsontuosamente ad ornare palazzi, come le singole sale del Palazzo Ducale e la Sala del Maggior Consiglio, ed anche nelle Scuole grandi, per proseguire nelle Scuole piccole ed arrivare infine sugli affreschi dipinti sulle facciate delle case.

Venezia venne inondata dalla  pittura ed espresse la sua vocazione profonda per quest’arte, la più congeniale al carattere della sua gente, all’edonismo raffinato ed alla fantasiosa ricerca di immagini suggestive  che erano insite nel “piacere di vivere” di questo popolo.

Antonio vivarini - Incoronazione.jpg” La stessa pace interna ” dice il Barenson ” goduta da molte generazioni accrebbe ai veneziani un desiderio di comodità, di agi, di splendori e di raffinatezze, un’umanità nel sentire che fecero di essi il primo popolo moderno d’Europa”.

Giustiniani.jpgBartolomeo_Vivarini_Virgen_con_el_Ni%C3%B1o_NG_Washington.jpgGiovanni Bellini.jpgGiovanni Bellini (1430-1516) si estrinsecò con una profonda vena di ascetismo medievale  che s’unì all’introspezione e all’intensità umana dei personaggi: questo lo lega in qualche modo alla sensibilità ed alla spiritualità religiosa di San Lorenzo Giustiniani ( a cui dedicherò molto presto un post), primo patriarca di venezia nel 1451, alla ricerca umanistico-platonica di Ermolao Babaro, alla aristocratica corrente del pensiero agostiniano dei monaci del convento di San Giorgio in Alga, che annoverarono nel quattrocento ben due Papi.

La Lunga attività di Giovanni Bellini fu innestata nella vita artistica veneziana del tempo: nato verso il 1430 iniziò la sua attività verso il 1450, epoca in cui il famoso cognato, Andrea Mantegna operava a Padova. L’incontro con il Mantegna lo partò a cercare di amplare i propri orizzonti, e, durante un suo viaggio a Pesaro ebbe modo di conoscere l’arte di Piero della Francesca.

vivarini_passione_cadoro.jpgGiovanni_Bellini_Crocifisso.jpgGiovanni Bellini a Palazzo Ducale.jpgCappella Colleoni di pietro e Tullio Lombardo.jpgNel 1475 si incontrò a Venezia con Antonello da Messina che operò un nuovo mondo sulla visione pittorica. Nel 1479 venne chiamato a dipingere in Palazzo Ducale, e divenne quindi pittore Ufficiale di Venezia. Ai primi del cinquecento si accostò da genio alla pittura dell’allievo Giorgione, e ne interpretò il suo nuovo stile.

La pittura, la scultura e le arti veneziane meritano sicuramente molte più illustrazioni e osservazioni: per ora mi soffermo a ripensare a quell’età dell’oro, meravigliosa, ricca di fermenti artistici, di incontri fra pittori, architetti, artisti vari, l’apertura totale e l’accoglienza di una Serenissima all’avanguardia, sempre e comunque!

 

Le testimonianze dei miracoli della Santissima Croce a Venezia: una sospensione nel tempo e nello spazio di questa meravigliosa ed unica città

Sa Giovanni EvangelistA.jpgC’è un periodo veneziano, che va dal 1496 al 1501, in cui alcuni pittori di grande rilevanza ed espressività, lasciarono il loro segno, la loro testimonianza, quasi fotografica, della Venezia di quegli anni specifici. Vittore Carpaccio, Giovanni Mansueti, Gentile Bellini , Lazzaro Bastiani e Benedetto Diana.

Scuola Grande di S. Giovanni evangelista_ Lazzaro Bastiani e il dono della Reliquai della Santissima Croce.jpgLo scrigno, causa e conservatore di queste memorie fu la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Scuola fondata nel 1261, della corporazione dei Battuti, una delle più rinomate e conosciute della Serenissima, dedicata alla devozione a San Giovanni Evangelista.

Nel 1369 Phlip de Mazieres , cancelliere del Regno di Cipro e di Gerusalemme giudicò tale corporazione degna di ospitare la reliquia di un frammento della Santissima Croce di Cristo, per cui decise di donare questa reliquia a questa Schola.

Proprio in seguito a questo dono, di incommensurabile valore, la Schola venne ristrutturata, grazie alle donazioni dei fedeli più o meno abbienti, e dal 1414 al 1420 essa venne ricostruita: Definita Scuola Grande, il consiglio dei dieci decise di arricchire il “contenitore” di tale reliquia di opere d’arte.

Gentile_Bellini_004.jpgVittoreCarpaccioMiracoloReliquiaSantaCroce.jpgA tale scopo, per ogni miracolo che la Santissima Reliquia operò , vennero incaricati artisti presenti all’epoca per darne quasi una sequenza direi “fotografica” degli eventi, cristallizzando in questo modo una Venezia antica, ma, per chi percorre quelle calli, attraversa quei ponti è  talmente attuale che ci si trova come intrappolati in un “ingorgo” spazio temporale, per cui, attraversando il ponte di San Lio, o attraversando il Canale di San Lorenzo la vita che si svolge intorno è quasi la stessa, i Palazzi, affacciati nei campi o nei Rii sono i medesimi che, alzando gli occhi sono li, testimoni “muti” di un passato che è ancora fremente e vivo salendo quei gradini, o guardando una finestra di una casa in cui la padrona batte i suoi tappeti, fa prendere aria alle stanze.

Mansueti. Il miracolo della Croce aSan Lio.jpgQuesta è Venezia, questa è la realtà di una città sospesa non solo tra gli elementi (aria, terra, acqua) ma anche nel tempo, per cui non c’è bisogno di immaginare come in un film di fantascienza un viaggio in tale dimensione, poichè il passato è sempre qui, presente, basta soltanto immergersi…guardando con gli occhi delle persone che, con lo sciabordio della laguna si ritrovano a navigare sulle gondole, a quelle che, curiose, vogliono seguire le varie processioni, a San Marco, o sbigottite assistono alla caduta della Reliquia nel Rio di San Lorenzo, ( testimone comune Caterina Cornaro, ex regina di Cipro)  ed al suo recupero permesso miracolosamente soltanto al Capo della Scuola.

Vittore Carpaccio, con la sua realtistica testimonianza, ci porta in un’epoca passata: il Ponte di Rialto è ancora in legno, anche se i Palazzi rappresentati sono ancora presenti ( a parte il fondaco dei Persiani, andato bruciato ), ma il vivere veneziano è rappresentato, tale e quale come ora!!!

134px-Giovanni_di_Niccol%C3%B2_Mansueti_005.jpgI miracoli (veri o finti) rappresentati in quei quadri vanno dalla guarigione dell’ossesso(Miracolo della Croce a Rialto del Carpaccio) al miracolo rappresentato dal Mansueti in cui, in occasione di una processione , la reliquia cade nel Canale di San Lorenzo, e l’unico che riesce a recuperare la reliquia fu Andrea Vendramin, Guardian Grande della Scuola.

Miracolo della Santissima Croce a San Lio del Mansueti.jpgE di seguito altri miracoli rappresentati; Guarigione di Pietro Ludovici,  (Gentile Bellini) guarigione della figlia di Benvegnudo da San Polo (1501 circa), la guarigione dell’ossesso che al grande  Carpaccio dette l’opportunità, riprendendo in un breve scorcio alla sinistra in alto del miracolo, della vita vera, pullulante, direi  metropolitana di uno Stato veramente particolare, unico, meraviglioso, ed in cui, camminando tra i ponti, guardando i palazzi e specchiandoci sui rii il cielo stesso riflette la Venezia vera, forte, giusta, veramente democratica Repubblica di cui i Veneziani di origine possono essere orgogliosi, e io, almeno, mi sento tale!! Ora i teleri sono raccolti e custoditi presso le Gallerie dell’Accademia a Venezia!

 

La storia di Palazzo Ducale a Venezia, ed i suoi costruttori, maestri muratori e meravigliosi artigiani artefici di tanta bellezza.

palazzoducale1.jpgIl Palazzo Ducale, mirabile esempio di gotico fiorito, come ci appare oggi è formato da tre parti: una lungo il Rio di Palazzo, un’altra verso il bacino di San Marco che risale al 1340 ed è l’elemento originario, e la parte che da sulla Piazzetta.

Le parti successive sono state sviluppate da questo primo nucleo verso la fine del 1300, e sono di straordinaria novità per la struttura, la forma architettonica delle ali, e con funzioni, all’epoca, di governo, di amministrazione giudiziaria e di abitazione del Doge.

Il 28 Dicembre del 1340 il Gran Consiglio stanziò la somma di circa 10.000 ducati( somma molto ingente ) per la costruzione di un’enorme sala che potesse contenere 1,212 membri che facevano parte del Maggior Consiglio: a Ducale%20sala%20Maggior%20Consiglio.jpgquesto elemento era delegato il potere legislativo di cui facevano parte quello del Senato ( consiglio dei Pregadi) l’ordine esecutivo ( Doge e Ministri) e giurisdizionale ( Il Consiglio dei Quaranta).

Sebastiano Ziani.jpgLa storia del Palazzo si configura mediante varie ricostruzioni in tre epoche distinte: una palazzo-ducale-balcone_JPG.jpgDoge Michele Steno.jpgprima quindi, coeva alla formazione della Città ed alla costruzione della Basilica di San Marco, subito dopo il trasporto del corpo dell’Evangelista Marco nell’828; una seconda voluta dal Doge Sebastiano Ziani e composta da tre edifici separati, e la terza, compiuta nella seconda metà del 1300 e nel primo quattrocento, ed è quella che noi possiamo vedere. Nel 1404 il doge Michele Steno fece costruire da Pier Paolo e Paolo delle Masegne un balcone – tabernacolo sui cui domina la statua della Giustizia, dogma su cui la Serenissima basava uno dei suoi cardini, e rappresentata innumerevoli volte con statue e rappresentazioni allegoriche nei vari edifici della Repubblica.

Nella deliberazione del Maggior Consiglio del 21 settembre 1415 si scala dei giganti.jpgfece presente l’urgenza di costruire una nuova scala d’accesso per la sala  di riunione dei suoi membri  e successivamente il 27 settembre 1422 sempre il Maggior Consiglio decise di sostituire il vecchio palazzo, dove si amministrava la giustizia, che sorgeva lungo la Piazzetta verso la Chiesa di San Marco, con la continuazione del nuovo palazzo affichè corrispondesse al ” solenissimo principio nostri Palaci novi”.

Scultura sulla facciata.jpgL’opera di demolizione della vecchia costruzione e di continuazione del nuovo Palazzo dalla capitelli gotici.jpgsettima colonna alla Porta della Carta ebbe inizio il 27 marzo 1424. Le statue in pietra d’Istria, di cui abbiamo già parlato, ed il capitelli gotici ed esoterici vennero riportati e ridistribuiti nel nuovo edificio.

Lo spazio occupato prima dai vari edifici e poi dell’unico che ne risulta è  il medesimo , e per diverse ragioni si ritiene che la facciata di Palazzo Ducale verso la Piazzetta dovesse avere le proporzioni dell’Ospizio Orseolo in Piazza San Marco, come appare nel quadro di Gentile Bellini del 1496 ” Processione in Piazza San Marco”.

Non si conoscono i nomi degli architetti che idearono prima le varie componenti, quindi il Palazzo così come lo vediamo ora: i documenti fanno cenno ad un Maestro Enrico, poi Pietro Baseggio e Filippo Calendario, che morì nella congiura di Marin Faliero del 1355.
Sembra quindi, come ipotizzato da Elena Bassi che ha studiato con profonda cura tutta l’architettura del Palazzo, che l’ideazione dell’edificio risalga ai Procuratori “incaricati dal Governo di seguire i lavori con le maestranze”.

taiapiera.jpgI documenti parlano quindi dei ” maestri muratori” o taiapiera, ( legati come sappiamo dalla corporazione e dalla prima loggia massonica a Venezia, che lasciarono le loro tracce  nei capitelli esoterici e gotici del porticato)), e si intuisce che dietro a quel gruppo c’era la mente illuminata che guidava i lavori, ma, come era uso nel medio evo, questa persona restò anonima poichè la Repubblica assegnava la responsabilità, il merito o il demerito di un’opera all’incaricato politico di eseguirla.

Gentile_Bellini_004.jpgPalazzo Ducale nacque quindi dalla prassi artigianale, che a Venezia perdurò molto più a palazzoducale2.jpglungo di altri centri italiani anche a motivo della particolare e connaturale conformazione della città.Artigiani artisti, decoratori meravigliosi, maestri falegnami e il gusto unico prettamente veneziano, città occidentale ed orientale insieme miracolosamente sorta tra le acque della laguna e, con tutti i suoi enormi problemi, ancora qui, tutta da godere, da esplorare e da amare.

Tra passato e futuro a Venezia: i due mori.

4mori.jpgla-torre-orologio-di-venezia-piazza-san-marco-big.jpgTra passato e futuro: ecco che il tempo rimane in sospeso per due minuti sulla torre dell’orologio di Venezia: una campana ed ai lati due enormi automi in bronzo (chiamati per il loro colore i due mori): fusi da Ambrogio delle Ancore nel 1497 e costruiti con il corpo snodato all’altezza della vita, recano in mano una mazza per uno, con cui percuotono, al battere di ogni ora, la campana posta al centro.

Se è certa l’opera del fonditore, ancora da attribuirsi l’ideazione delle due statue: c’è chi dice Paolo Savin, chi Alessandro Leopardi o Antonio Rizzo,non  così per la campana, sormontata da un globo dorato ed una croce, che reca inciso il nome del suo ideatore, un certo Simeone.

I due automi hanno un aspetto diverso: l’uno, autorevole e forte, il cui viso è contornato da Moro%20e%20campana%201.jpgTorre%20particolare%20Moro.jpguna barba che gli dona un aspetto più vecchio, più vissuto, per l’ideatore del marchingegno è l’emblema del passato, e come tale percuote con la sua mazza la campana un minuto prima dello scadere dell’ora, il secondo, la cui fisionomia propone un giovane uomo nel pieno della sua gioventù rappresenta il futuro, e per questo motivo il suo battere la campana avviene un minuto dopo dello scadere dell’ora: lo scorrere del tempo, la rappresentazione del presente che sta a mezzo trà passato e futuro, tutto questo su una terrazza con una vista mozzafiato su Venezia ed il bacino di San Marco.

Con l’orologio ed il suo simbolismo ecco che la Torre dell’orologio a San Marco a Venezia propone enigmaticamente tutto ciò che riguarda il tempo: le stagioni, i segni zodiacali legati ai mesi, il passato, il presente ( naturalmente interlocutorio perchè mentre si vive diviene già passato)..l’armonia del mondo, il passato e il divenire: e tutto questo è Venezia, simbolo di un passato vissuto sempre un passo avanti degli altri Stati, ed un futuro che è stato ma che continua ad torre2tb.jpgTorre%20orologio.jpgessere, una città senza tempo, sospesa, magica e misteriosa, in simbiosi con la sua essenza acquea, un continuo sciabordio di onde che vanno e vengono…un continuum tra passato…fuggevole presente, e futuro: emanazione unica di qualcosa di straordinario!!

 

I Santi che dall’alto delle colonne vegliano su Venezia

Colonne di Marco e Todaro verso il bacino di San Marco.jpgChi giunge a Venezia dal bacino di San Marco vede svettare due colonne: l’una sorregge la statua di un guerriero che uccide il drago, l’altra un mostruoso leone. Sia il guerriero che il leone si ergono come simboli e custodi di questa città, prima Stato e Repubblica, che ha dominato i mari europei.

Gli affusti di granito in origine erano tre, e vennero caricate a Costantinopoli, dopo essere state razziate in Oriente, su tre navi diverse: due raggiunsero il porto, la terza invece affondò. Vennero poste in piazzetta ed innalzate soltanto un anno dopo, con l’aiuto di Nicolò Barattieri nel 1172, lo stesso costruttore che un anno dopo realizzò a Rialto il primo ponte fisso in legno.

S. Todaro su colonna.jpgSu queste due colonne vennero poste, in quella più vicina alla biblioteca Marciana la statua marmorea di San Todaro, santo guerriero, conosciuto come Teodoro D’Amasea (Anatolia), originario dell’Oriente ma legionario di Galerio Massimiano proprio in quella città. Egli fu martirizzato per essersi rifiutato di fare sacrifici agli dei, ed aver dato fuoco al tempio di Cibèle.

250px-Venezia_-_Chiesa_di_San_Salvador.jpgSan Todaro 3.jpgSan Todaro 1.jpgSan Teodoro.jpgVenne arso vivo, e i suoi resti tumulati a Euchaite, vicino ad Amasea (odierna Aukhat in Turchia) che nel decimo secolo venne chiamata Teodoropoli. E da qui nacque il suo culto, che si propagò per tutto l’Oriente e successivamente all’Impero Bizantino.Si racconta che i suoi resti vennero asportati e portati a Venezia, dove divenne il primo patrono della Città: ora la teca è collocata nella chiesa di San Salvador.

 

Come ogni santo guerriero viene ritratto nella statua San todaro.jpgnell’atto di uccidere un drago, metafora del bene che vince il demonio in quanto questo rettile, che emette San Todaro 5.jpgdrago.jpgSan Todaro 2.jpgfuoco, e con il suo alito distrugge qualsiasi forma di vita è l’immagine stessa del maligno.

Leone sulla colonna.jpgSull’altra colonna è posta l’immagine in bronzo di uno strano leone: statua molto antica che raffigurava una chimera, a cui vennero aggiunte le ali per completare la figura di un leone alato, e raffigura San Marco, il secondo e attuale patrono di Venezia.

0425San%20Marco%20Evangelista%203.jpgMarco, il cui nome ebraico era Giovanni, fu uno dei primi battezzati da Pietro, il quale lo chiamava “figlio mio ” in senso spirituale. Figlio di una donna benestante, Maria, che metteva la sua casa a disposizione di Gesù e degli Apostoli, e nella quale sembra sia stata consumata l’ultima cena, ascoltò con cura tutti i racconti dei loro viaggi, e scrisse il suo vangelo tra il 50 e 60 a Roma.

evangelista%20san%20Marco.jpgPietro in seguito lo inviò ad evangelizzare l’Italia settentrionale, e durante il viaggio, sorpreso da una tempesta, approdò alle isole realtine, il primo nucleo di Venezia, e qui si addormentò e fece un sogno: un Angelo che lo salutava dicendogli: ” Pax tibi marce evangelista meus”, e gli promise che in quelle isole avrebbe dormito in attesa dell’ultimo giorno.

Venne martirizzato mentre cercava di evangelizzare Alessandria: trascinato per la strada per tutto un giorno, quindi rimesso in carcere e qui, durante la notte, venne confortato da un angelo: l’indomani, il 25 Aprile dell’anno 72 circa, venne di nuovo trascinato per strada e morì.

Le spoglie vennero dapprima tumulate presso la chiesa di Canopo di Alessandria, che venne in seguito incendiata dagli Arabi nel 644, ma venne ricostruita dai Patriarchi di Alessandria, Agatone (662-680) e Giovanni di Samanhud(680-689).

Marco_mosaico.jpgQui giunsero i due mercanti veneziani Buono da Malamocco e Rustico da Torcello che si impadronirono della reliquia, la nascosero nella carne di maiale, considerata impura dagli arabi, e la portarono a Venezia, e accolte con grandi onori dal Doge Giustiniano Partecipazio, e poste provvisoriamente in una cappella dove si trova ora presumibilmente il tesoro di San Marco.

basilica_san_marco_venezia_italia1.jpgIl doge iniziò subito i lavori di costruzione della Basilica, che fu portata a termine nell’832 da fratello Giovanni, suo successore; Dante  nella sua Commedia scrive: Cielo e mare vi posero mano” parlando della bellezza dei marmi policromi, degli intarsi, dei mosaici.

La Basilica fu consacrata sotto il dogado di Vitale Falier il 25 aprile 1094, e durante la cerimonia, preceduta da tributi di preghiere, digiuni e penitenze in quanto la reliquia non si trovava più, il vescovo spezzò inavvertitamente il rivestimento in marmo di un pilastro, e qui apparve la teca, che emanava un profumo dolcissimo. Da quell’istante la Serenissima e San bassorilievo.jpgIl_leone_di_San_Marco_02.jpgleone_di_san_marco.pngMarco divennero un tutt’uno, e il suo simbolo, il leone alato che posa la zampa sul libro in cui è scritto: ” Pax tibi marce evangelista meus” , è diventato il simbolo e l’emblema di Venezia.

Ecco quindi che i due patroni e custodi della Serenissima, il Santo Guerriero ed il Santo evangelista che dall’alto delle loro colonne sembrano affrontare tutto il mondo, dal bacino di San Marco; più prosaicamente sotto alle colonne furono costruite in epoca medievale delle botteghette in legno per poi dedicare quello spazio per il patibolo, Colonne e Piazzetta.jpgTorre%20orologio.jpgdove vennero portate a termine esecuzioni importanti e storiche, e sembra che i condannati fossero posti con la faccia rivolta alla torre dell’orologio, per fare vedere loro l’ora della loro morte, e gli veniva detto ” te fasso vedar mi che ora che xe” ( ti faccio vedere io che ora è). Da allora il passare tra le due colonne divenne di cattivo auspicio per i veneziani.

Ma questa è un’altra storia!

 

 

 

 

 

Breve passeggiata tra i ricordi del Sestier di dorsoduro a Venezia

I sestieri di Venezia.gifLa denominazione del sestiere di Dorsoduro viene fatto risalire o all’aspetto toponomastico del terreno, formato a guisa di dorso, e dall’aspetto geologico, molto compatto e solido, o dal nome di una delle famiglie che per prime venne a dimorare in queste terre, i Dosduri di Padova, che si insediarono verso il 200 o 300 d,C.

Anticamente la località venne denominata Deursum Turris Dorsoduri: in questa parte della città vennero erette delle mura di difesa identiche a quelle costruite nel Castello del Forte di S. Rocco, che si collegavano a Dorsoduro, ed erano unite tra loro da alte mura di cinta, munite di grosse torri. Nei tempi remoti la città aveva poche abitazioni e cittadini che si dedicavano alla coltivazione degli orti ed all’allevamento degli animali domestici.

Un pò alla volta la zona  divenne parte integrante di Venezia nascente, e qui permangono ancora tracce di vecchi mestieri, oltre che a palazzi imponenti e riccamente decorati.

300px-PI5D9E~2Ca%27_Rezzonico.jpgMuseo Gugghenhaim.jpgvenice_gallerie_accademia_2.jpgCà Dario.jpgIn questo sestiere si può ammirare Cà Dario, il palazzo magnifico quanto maledetto in quanto tutti i proprietari sono morti di morte violenta, i Musei dell’Accademia, nel Campo della Carità, antico convento che nel 1619 la Serenissima destinò ad un’Accademia o Collegio per giovani patrizi, ma lo scarso numero delle iscrizioni e delle frequenze convinse gli amministratori preposti ad accogliere soltanto figli di famiglie povere, e i loro studi venivano finanziati con le entrate pubbliche: le materie che venivano loro insegnate erano la grammatica, la Religione, matematica e tecnica della musica.

La sede dell’Università di Cà Foscari è un altro dei numerosissimi palazzi famosi, la sede del Museo Guggheneim, la Chiesa di San Barnaba dove si racconta che sia sepolto il guardiano del Sacro Graal Nicodemè de Besant- Mesurier ed in cui vennero girate alcune scene del film  Indiana Jones e l’ultima crociata,  ed il famoso ponte dei pugni, dove i  si sfidavano in sanbarnaba.jpgCà Foscari.jpgPonte dei Pugni 1.jpg250px-Orma_Ponte_Pugni_1.jpgstrenue “scazzottate” i rappresentanti dei sestieri di Castello e quelli di S. Niccolò dei Mendicoli, sotto il patrocinio ponte-dei-pugni.jpgdel Doge, che in questo modo riusciva a calmare gli animi dei rivali facendo in modo che cadessero in acqua e non si ammazzassero, ed avendo l’accortezza di tenere sempre ripulito il canale in modo che le cadute fossero indolori. Esplicative sono le orme in pietra d’Istria inserite sul Ponte che allora era senza spallette, da dove dovevano fronteggiarsi i contendenti.

Squero con gondola.jpgSquero di S. Trovaso.jpgQui esiste l’ultimo, suggestivo e storico squero di Venezia, in località San Trovaso, dove ancora si costruiscono le gondole con i materiali, l’arte e la maestria dei vecchi maestri d’ascia Veneziani.

dorsoduro-piscina-venier-T.jpgPiscina S. Agnese a Dorsoduro.jpgNei secoli passati in questa zona, come in altri sestieri di Venezia, esistevano dei laghetti o degli stagni chiamati piscine, dove gli abitanti facevano il bagno o lavavano i panni, in seguito questi vennero interrati, ma rimasero i nomi, come Piscina Venier o Piscina S. Agnese

Chiovere%20di%20San%20Rocco.jpgLe tracce dei tintori di lana o di tessuti si possono ritrovare nelle “chiovere” che erano dei campi dove venivano stese le stoffe appena tinte ad asciugare, e a Palazzo Palazzo Gaffaro con pietre forate.jpgPalazzo Gaffaro 1.jpgGaffaro in fondamenta Gaffaro appaiono sulla facciata delle pietre d’Istria forate e fatte ad anello, in cui, si dice, venivano inseriti dei pali dove si appendeva la lana filata e tinta.

Naturalmente ogni Palazzo, Chiesa o elemento di cui ho parlato meritano di essere trattati singolarmente, ma un’immagine d’insieme di una piccola parte di Venezia, che è una piccola ma splendida “bomboniera”, che racchiude in un limitato  territtorio arte, storia dell’artigianato, mestieri, cultura,e storia, per la gioia di noi veneziani e di chi veneziano lo è nell’animo e nell’amore che porta verso questa città, patrimonio del mondo!

S. Giovanni elemosinario, scrigno di tesori nascosti dalle bancarelle di rialto a Venezia

Pala di S. Giovanni del Tiziano.jpgchiesa S. Giovanni Elemosinario.jpgNascosta tra le bancarelle del mercato di Rialto, a S. Polo, Ruga Vecchia S. Giovanni, e chiusa da un cancello è edificato uno straordinario scrigno per opere d’arte importanti e fantastiche: la Chiesa di S. Giovanni Elemosinario.

Una chiesa dedicata ad un Santo modesto, un uomo nato ad Amatunte nel 556 e li morto, nel 619: grande devoto della Madonna e di S. Giovanni il Battista. La sua fede e la sua vita dedicata alla sua missione di benefattore dei poveri e dei diseredati.

Ed a lui dedicarono la loro fede la città di Casarano (nel Salento) , e i Cavalieri Ospitalieri, facenti parte dell’Ordinazione  dei Templari.

Antonio Abbondi detto Scarpagnino.gif08-sgiovannielemosinario.jpgdipinto nella chiesa di S. Giovanni elemosianrio.jpgI dodici poveri cavalieri di Cristo.jpgNel 1249 Lorenzo Bragadin, generale della flotta della Serenissima, portò a Venezia il suo corpo, e, seppure esistesse già nella zona di Rialto una chiesa a lui dedicata, proprio per la sua devozione al San Giovanni Battista le sue spoglie vennero tumulate, ed ancora si possono venerare, nella chiesa di S. Giovanni in Bragora, dedicata appunto al Battista.

Ma quella piccola chiesa, tra le bancarelle, a lui dedicata, venne arricchita da autentiche opere d’arte, che tutt’ora la ornano, e che risplendono ancor più dopo 25 anni di restauri.

La data dell’erezione dela chiesa rimane incerta, anche se si può riferire al 1071 circa, Affresco a S. Giovanni elemosinario del Pordenone.jpgcommissionata dalla famiglia Trevisan. Fu ceduta in ionterno S. giovanni Elemosinario.jpgcommenda nel 1391, e, con privilegio papale venne affidata al” Collegio dei dodici poveri di Cristo”, discendenti diretti dei Cavalieri Templari; ma questo affido durò poco, perchè la delega fu duramente osteggiata dai parrocchiani stessi, e quindi, nel 1546 venne affidata al Primicerio di San Marco, e stabilita nelle stesse prerogative della basilica di San Marco.

Venne purtroppo distrutta da un incendio (uno dei tanti che ha tormentato Venezia ed i suoi monumenti ) nel 1513, e venne ricostruita su disegno di Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino, e consacrata da Daniele Vocazio, vescovo dalmata, nel 1572.

La ricostruzione venne ultimata nel 1531, durante i primi anni del dogado di Andrea Gritti: e fu subito abbellita da opere dei più grandi artisti allora esistenti a Venezia, come Tiziano, Jacopo Palma il giovane, Giovanni Antonio del Sacchis detto il Pordenone.

300px-San_Giovanni_Battista_in_Bragora_Venezia.jpgCampanile di S. Giovanni elemosianrio.jpgsimbolo dei 12 Poveri cavalieri di Cristo.jpgIl suo Campanile è originario del 1300, la pianta è a croce greca inscritta in un quadrato ed il suo aspetto interno è prettamente rinascimentale  e classicheggiante.

Qui ebbero sede le corporazioni dei biavaroli, corrieri, gallineri e telaroli, che fecero a gara per abbellirla con opere d’arte: Il Vasari racconta che fu commissionata al Tiziano la Pala dell’Altar Maggiore, e questi, impegnato com’era, dopo essersi assentato da Venezia, non appena rientrato, vide la Pala del Pordenone, che raffigura i Santi Caterina, Rocco e Sebastiano ed andò su tutte le furie, e fece di tutto per soppiantare in bellezza ed abilità il rivale.

san-giovanni-elemosinario.jpgSanti Caterina, Sebastiano e Rocco del Pordenone.jpginterno Chiesa S. Giovanni elemosianrio.jpgDopo venticinque anni di restauri ora la chiesa è tornata al suo massimo splendore, e durante questi restauri sono state scoperte una tomba con affreschi, è stata riportata alla luce la decorazione straordinaria della cupola centrale dipinta dal Pordenone.

S. Giovanni Elemosiario.jpgUno scrigno, come ho detto, di opere d’arte immerso nella vita più intensa di Venezia, città dove ogni angolo è un tesoro di architettura, ogni palazzo conserva opere d’arte, dove i migliori S. Giovanni elemosinario - reliquia.jpgartisti hanno lavorato ed espresso il meglio  di sè, ispirati dalla magnificenza e dall’unicità della Serenissima.

 

 

 

Mar 14, 2010 - Arte, Chiese, Leggende    4 Comments

Venezia: S. Zaccaria, la Chiesa degli omicidi

S. Magno incisione.jpgS. Magno.jpgNell’829 S. Magno fondò la chiesa di San Zaccaria a Venezia. L’edificio venne costruito nell’isola chiamata Ombriola, al dilà del Canal Botaro, quale ideale prosecuzione della Basilica di San Marco.

chiostro del convento.jpgS. Zaccaria.jpgmoneta di Leone l'Armeno.jpgLeone V l'Armeno.jpgLa nascita del tempio avvenne grazie al dono fatto dal Basileus Leone V l’Armeno che inviò il corpo del Santo, padre del Battista, insieme a consistenti emolumenti per costruire monache di San Zaccaria.jpgChiesa di San Zaccaria del Codussi.jpgaccanto anche un monastero benedettino di clausura femminile, nel quale venivano rinchiuse le figlie femmine della nobiltà veneziana allo scopo di chiesa di San Zaccaria con annesso convento.jpgmonastero benedettino.jpgMonastero di San zaccaria.jpgpreservare intatte le proprietà familiari: Queste monache ebbero fama di condurre una vita libera e licenziose.

Tra la Basilica di San Marco ed il Monastero vi era un orto ( brolo, in veneziano) di proprietà delle monache che ne cedettero una parte per allargare la piazzetta davanti alla Basilica, e da qui sembra nasca la parola italiana imbroglio, in quanto la piazzetta veniva chiamata appunto brolo, e qui si ritrovavano i nobili decaduti, detti Barnabotti, che vendevano i loro voti al Maggior Consiglio, generando quindi imbrogli, accordi, slealtà.

La chiesa venne edificata all’epoca del dogado di Angelo e Giustiniano campanile di s. Zaccaria.jpgAngelo Partecipazio.jpgGiustiniano Partecipazio.jpgPietro Tradonico.jpgPartecipazio, e venne consacrata nell’864: in quella occasione fu assassinato il doge Pietro Tradonico.Venne pugnalato. Egli era il 13° Doge, nativo dellIstria. Non sapeva leggere per cui firmava gli atti che venivano emessi “com signum manu”.In quell’occasione vennero anche tonsurati i dogi deposti nei tempi più antichi, per farne dei frati.

Il 28 Maggio 1172 vi trovò la morte, pugnalato  da Marco Casale, anche il doge Vitale II Michiel, vicino ai Cavalieri Templari, assassinato in seguito alla disastrosa spedizione in Oriente nella guerra contro Bisanzio che aveva portato la peste a Venezia. L’ultimo Doge eletto  con l’Assemblea Generale ( o popolare): la situazione estera era critica: stemma di Vitaler II Michiel.jpgFederico il Barbarossa era sceso per sottomettere i liberi comuni, di cui Venezia faceva parte come possedimento esenzialmente bizantino. Nel 1163 il Patriarca di Grado, Ulrico, fu arrestato ed imprigionato, ma per l’intercessione del Papa Alessandro III, ed a seguito del trattato di Pontida, Ulrico venne rimesso in libertà, e potè finalmente astenersi dal dover versare il tributo (di cui abbiamo già parlato) di fornire 12 grossi maiali, 12 grossi pani ed un toro, per il sostegno dei carcerati e del popolo meno abbiente di Venezia, che veniva “versato” l’ultimo giovedì di Carnevale.

tomba di Michiel.jpgDa qui l’espressione ” giovedì grasso” e del detto popolare ” tagliar la testa al toro”, per definire una questione definitivamente conclusa.

Il Corpo di San Zaccaria riposa nella misteriosa ed affascinante cripta, che ha resistito ad un cripta 2 di S. Zaccaria.jpgcripta di San Zaccaria.jpgfurioso incendio che scala del convento.jpgcripta di San Zaccaria-altra immagine.jpguccise più di cento monache. Nel 1515 la Chiesa assunse l’aspetto che ha ora, la facciata completamente rifatta dal Codussi, mentre il Campanile, risalente all’XI secolo è rimasto il medesimo.

Dal 1200 e fino a che la Repubblica di Venezia è esistita i Dogi ogni anno, prima il 19 settembre, poi il giorno di Pasqua, andavano con tutta la Signoria in processione al ricchissimo convento delle monache, dove venivano ricevuti ed accompagnati all’altare maggiore per assistere alla messa officiata dal Patriarca.

santi e angeli musicanti.jpgcripta1.jpgchiesa di San Zaccaria, interno.jpgchiesa di San Zaccaria.jpgL’avvenimento era importante perchè in questo modo il dogado dimostrava riconoscenza per il dono ricevuto ( parte del brolo), ma nel contempo l’importante occasione diventava un’opportunità di confronto per le diverse fazioni dei Consiglieri.

Dopo la messa la madre badessa donava al Doge una cuffia bianca, confezionata appunto dalle monache, da mettere sotto il corno dogale.

visita del Doge a San Zaccaria.jpgSan Zaccaria fu il Pantheon del Medioevo veneziano: qui riposano otto antichi dogi, i primi della Repubblica.

 

 

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