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L’artigianato e l’arte del 700 a Venezia, sguardo all’interno della vita quotidiana

lampadario.jpgLa progettazione dei mobili veneziani del settecento è rinomata sia per le leggere opere di intaglio, gli stucchi rilevati e dorati e soprattutto per lo splendido colore delle lacche nella delicata eleganza della forma.

lampadaro Murano.jpgSi qualificò quindi una produzione artistico-artigianale varia e vastissima, che comprendeva mobili veneziani.jpganche i settori più rinomati dell’epoca, come i vetri di Murano candelabri.jpg(lampadari e candelabri colorati, specchiere con vetri intagliati e incisi, paralumi con cristalli decorati, coppe, vasi, calici, piatti, vassoi e alzate di ogni tipo) tenuti in grande onore dalla stessa REpubblica  che “menava vanto della superba produzione veneziana” protetta dai vincoli e privilegi dei Savi alla mercanzia e agli Inquisitori delle Arti.

specchiera.jpgdivano del 700.jpg200px-Albinoni.jpgLa produzione artigianale del settecento a Veneza specchiera ovale.jpgprese l’aspetto di un fenomeno spontaneo come fosse cosa fatta naturalmente, che non conosceva stacchi tra tecnica e tecnica, genere e categorie diverse: una fioritura legata all’atmosfera della città, alla selezione severa ed inappuntabile del gusto, alla precisa percezione degli accordi armonici, delle dosature dei colori e dei rapporti tonali, entro il ritmo sicuro impresso alla forma, con un’esatta misura delle linee e dei contorni, come avvenne con tanta limpidezza nelle musiche di Vivaldi ed Albinoni, tanto per citare due importanti artisti dell’epoca.

broccati del 700.jpgEd al mondo dei pittori, specialmente di Pietro Longhi (grande amico di Goldoni) l’artigianato veneziano si riferiva, con l’eleganza spirituale nell’ordito di un disegno, di un broccato, di una specchiera inghirlandata, di un lampadario splendente per i cristalli colorati ed iridesceni.

Famiglia Sagredo, Museo Querini Stampalia.jpg4%20pietro%20longhi%20-%20il%20sarto.jpgE Pietro Longhi, nei suoi interni, nei suoi salotti, nei ritratti di famiglia ci fa entrare in questo particolare mondo, in questo particolare modo di assaporare quest’arte-artigianato che ha configurato un’epoca, ed ancora la caratterizza.

Ed ecco i suoi personaggi, quasi sempre in posa, da cui traspare quasi un’uggia sottile nel sottostare all’apparato della disciplina dell’onorata convivenza in società,  attorniati da un ambiente in penombra tra le stoffe rasate delle pareti, il grande sofà di fondo, la poltrona, la tenda coronata dalla “buonagrazia”, il quadro antico, lo specchio con cornice dorata, il caminetto sul quale brilla il vetro soffiato di Murano, le chicchere del caffè e della cioccolata.

Pietro Longhi 1.jpgTra Pietro Longhi ed il commediografo Carlo Goldoni si può notare una analoga ispirazione, commentata dallo stesso Goldoni nel sonetto scritto nel 1750 in occasione delle nozze tra Giovanni Il farmacista-Gallerie dell'Accademia.jpgIl Parrucchiere - Cà Rezzonico.jpgLa Toeletta Cà Rezzonico.jpgLezioni di Geografia Querini Stampalia.jpgGrimani e Caterina Contarini: ” Longhi, tu che la mia Musa sorella chiami del tuo pennel che cerca il vero, ecco per la tua man, per mio pensiero, argomento sublime, idea novella.Ritrai tu puoi vergine illustre e bella e dolce di viso  e portamento altero; pianger puoi  di Giovanni il ciglio arciero, che il dardo scocca alla gentil donzella. Io canterò di lui le glorie e il nome, di lei la fè, non ordinario vanto: e divise saran tra noi le some. Tu coi vivi colori, ed io Carlo Goldoni.jpgcol canto: io le grazie dirò, tu l’auree chiome: e del suo Amor godran gli sposi intanto|”.

Set 6, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’urbanistica di Venezia città medievale

L’urbanistica di Venezia città medievale

Barbari32.jpg250px-Palazzo_Sagredo_-_De_Barbari.jpgL’urbanistica veneziana indica che la città è una città medievale nel suo impianto e che tale è rimasta sostanzialmente anche in periodo rinascimentale e barocco: una cosa analoga si può dire per l’architettura ed edilizia veneziana.

La tipologia delle costruzioni di Venezia ha origini molto lontane nel tempo e talvolta anche nello spazio. Le costruziioni civili, specialmente le più signorili hanno come modello, sopratutto per la facciata, la villal romana che era assai diffusa ad Altino, ai margini della laguna.

Fondaco_dei_Turchi.jpgPalazzo Corner del Sansovino.jpgI lunghi loggiati  sovrapposti  al centro della facciata, con le due torre laterali (torreselle) quale si può notare ad esempio nel fondaco dei turchi, ricalcano l’esempio della casa romana. Un tipo di costruzione così aperta ed ariosa , come doveva presentarsi la casa vernezana veneto-bizantina, era frutto non soltanto del ricordo delle belle ville altinati, ma anche d altre più pratiche ragioni per essere stata adottata in così larga misura, trattandosi inltre di edifici di abitazione e di sedi di aziende commerciali e non più di ville di vacanza.

case veneziane di De Barbari.jpgInfatti l’adozione di portici verso l’acqua era dettata dalla necessità pratica di carico e scarico delle merci dalle imbarcazioni :  i lunghi loggiati e le numerose aperture erano dettate dall’esigenza di illuminazione  interna  e contemporaneamente servivano ad alleggerire l’intera costruzione.

Porticati, loggiati, scale  esterne, aperture a tutti i livelli presupponevano inoltre uno stato di di relativa sicurezza e tranquillità, cnseguenza della oarticolare situazione sociale di Venezia del medioevo.

Se la facciata della casa deriva a grandi linee dalla villa romana, i vari particolari architettonici traggono ispirazione da fonti diverse: dall’architettura bizantina la forma degli archi, dall’architettura ottomana e moresca le merlature e altre forme geometriche di decorazione.

Comunque l’essenza costruttiva e la ripartizione spaziale avranno però una fisionomia generale tipicamente venezana, che rimarrà invariata nel tempo , trsaendo essa origine dalle particolari condizioni dell’ambiente lagunare in cui si doveva costruire.

Palazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgprocuratie.jpgPalazzo Manin.jpgAltri edifici civili come i “fointeghi”traggono la loro forma , molto funzionale da quella assai simile dei conventi, sprcie benedettini. Essi differiscono da questi ultimi per una maggior complessità altimetrica e spaziale.

Dalle esperienze costruttive piccole come i fonteghi sono derivate probabilmente le splendide sedi della Magistratura , come le Procuratie, e lo stesso Palazzo Ducale nella sua prima ediziione veneto-bizantina, precedente a quella attuale gotica.

IVENEZIA-PALAZZO-DUCALE.jpgl fascino misterioso di questa splendida città si è sempre espresso e contiunua ad esprimersi attraverso ogni sua espressione, urbanistica, artitettonica ed artisitca: un compendio di tutta l’arte la cultura che fanno dell’Italia il paese culturalmente più ricco del mondo!

 

 

La Venezia medioevale: da Le Courbusier definita la città del futuro

Vigna-murata-nella-Laguna-di-Venezia-300x200.jpgLa laguna nell’anno mille , quando Venezia aveva già acquisito l’aspetto di una città stato, con i grandi centri di Rialto e S. Marco, già tracciati, arricchita di numerose chiese e palazzi , mentre nelle isole sorsero i grandi complessi conventuali dei benedettini, appare descritta come un vasto comprensorio agricolo, ricco di vigne ( spesso circoscritte da mura), mulini, pescherie, particolarmente nella zona dell’estuario nord, tra Jesolo e Lio Maggiore.

Estese furono le pinete lungo il litorale , e di queste rimane una traccia tra Jesolo e Cortellazzo: purtroppo una parte venne distrutta nei secoli per ottenere legname necessario per combustibile  e per la costruzione di edifici e di imbarcazioni.

il brenta a Venezia.jpgVenezia-Ponte-di-Rialto-12.jpgIl Brenta era il grande fiume della Laguna, anche dal punto di vista delle comunicazioni tra Venezia e Padova , tanto che si stabilì alle sue foci presso Fusina la grande abbazia di S. Ilario.

Lo stesso canale di S. Secondo tra Cannaregio e S. Giuliano ne costituiva probabilmente un suo ramo, infatti protava il nome di flumen e pure il  Canal Grande appare all’inizio come di origine fluviale.

Interventi sia fluviali che lagunari vennero posti in essere sin dall’anno 1000, con le costruzioni degli argini, lo scavo di canali e di “scomenzere” ( che uniscono artificialmente bacini separati)  anche se le vie d’acqua lagunari restarono tortuose come i “ghebbi” tra le barene, con il loro caratteristico andamento “vermicellare”.

Al centro di questo ambiente naturale si formò la città compatta nel suo tessuto urbano, con tutte le sue importanti funzioni economiche e sociali, connesse alla produzione di beni e di servizi, alle attività portuali e a qauelle di difesa, che si estesero in tutto il territtorio lagunare.

Quella vasta distesa di acque costituì lo spazio urbano essenziale per la città, ed una difesa naturale contro i nemici: le vere mura di Venezia.

laguna di mazzorbo a Venezia.jpg419px-Cristoforo_sabbadino_-_progetto_per_venezia_del_1557.jpgRiferendosi ai problemi connessi alla difesa idraulica della laguna il grande ingegnere Cristoforo Sabbadino parlò di mura invece che di laguna in un suo sonetto: “Quanto fur grandi le tue mura il sai, Venetia, hor come le s’attrovan vedi: e s’al periglio lor tu non provvedi, deserta e senza mura rimarrai. Li fiuli, l’mar e gl’huomeni tu hai che inimici….

Questa laguna allora appariva come un’enorme campagna, grandi orti e pescherie.

I veneziani infatti inventarono un nuovo tipio di città basato sulle differenziazioni e sulla zonizzazioni delle funzioni urbane, separate da vie di traffico e spazi aperti: quella città che Le Courbusier definì la città del futuro.

Tra “maestro” e “paròn” le espressioni più complete della sociatà veneziana, tutt’ora attuale!

maestri d'ascia 1.jpgLa Serenissima è stata costruita sulla base di forti categorie di lavoratori che, indefessamente, con passione, con arte e con competanza, legata alla ricerca continua del nuovo, ne hanno costituito l’ossatura, la base stessa della volontà di un popolo, della capacità di costituire, attraverso appunto queste categorie, rappresentate da schole, da corporazioni, il tessuto produttivo e propulsivo della Repubblica.

Di queste categorie, oltre appunto che le varie corporazioni , rimane , nel lessico veneziano , un modo di esprimere l’armonica relazione tra i vari mestieri.

Tutt’ora i veneziani, rivolgendosi ad un artigiano o ad un artista lo appellano con un “Maestro!”che è l’espressione vera di chi, discepolo ed apprendista si approccia a chi conoosce molto più di lui , ha esperienza, e sa insegnare, attraverso il suo esempio.

maestro.jpgmaestri_d_ascia_300x200.jpgNon a caso i garzoni di bottega chiamavano ” Maestro” i grandi scultori e pittori da cui imparavano guardando, o mischiando i colori, cercando di capire le armonie e le proporzioni; per cui ogni grande artista italiano, e non solo veneziano, ha avuto modo di chiamare Maestro un altro grande artista od artigiano…in una splendida catena di chi ha iniziato, chi ha imparato per poi trasmettere il suo mestiere, in una splendida catena di arte, scienza, folgorazioni, conoscenze, gelosamente riservate ai propri discepoli.

Ancor oggi ci sono , pochi, maestri d’ascia, che sono stato il vanto e la ricchezza della Serenissima, sapendo lavorare il legno per le imbarcazioni,con sapienza e precisione. Mio suocero era maestro d’ascia, e ricordo il rispetto che gli portavano gli altri lavoratori che andarono poi a prestare la propria opera presso la Fincantieri.

paron a paeona.jpgIl termine con cui si appellava il negoziante, in genere era “paròn”. Importante per definire i propri ruoli, per cui il “maestro” si poteva rivolgere al “paròn” e viceversa.

Nel galateo veneziano invece i nobili proponevano dei termini per porgersi, gli uomini verso le donne: sciavo! (cioè schiavo) che, curiosamente, in una Repubblica in cui fin dalla fine del 900 d.c. la schiavitù era non solo proibita, ma addirittura qualsiasi nave toccasse il porto veneziano con carico di schiavi, questi venivano immediatamente liberati, per poi essere assunti dalle famiglie nobili che offrivano loro l’abitazione anche per la loro famiglia, ponendo come vanto per ogni ceppo nobiliare la riuscita negli studi di uno almeno dei figli degli ex schiavi, e questo era veramente motivo di vanto, o , accompagnato da unb inchino: Servo suo o Serva Sua!

Ma il termine aveva un significato molto più romantico: schiavo della tua bellezza, schiavo della tua intelligenza, schiavo della tua personalità. Questo era un termine quindi di cortesia che veniva rivolto a persone particolarmente stimate: da sciavo quindi, come tutti sanno il ciao! che ci rivolgiamo continuamente.

C’è chi confonde il termine sciavo con la  definizione “schiavone” che determinava i nativi della Dalmazia e cittadini veneziani (famosa è la Riva degli Schiavoni): la differenza è sostanziale_ l’origine dello schiavone dal greco Slavos e dal latino Sciabo, che indicava le popolazioni della Dalmazia, ( Slavi) , che facevano appunto parte della Serenissima.

moretto.jpgInfine, e questa  definizione è spesso usata: “te ga el moreto?”, legata proprio all’immagine dei servitori mori, ex schiavi o loro figli, che sono stati raffigurati con cattivo gusto con statuette in legno ( io li paragonerei ai nanetti da giardino): con questo si voleva chiedere : c’è qualcun altro che può fare questo per te? sei proprio pigro, e se non fai questo tu non lo può fare nessun altro!

Parole tipicamente legate alla Repubblica, che sono ancora in uso, tra le calli, nei dialoghi tra giovani e più vecchi, nel rispetto totale delle competenze, delle conoscenze e delle capacità, per cui si può capire la cultura vera, profonda, carica di rispetto e , termine ormai strausato a sproposito: Meritocratica!

 

 

 

 

 

Venezia e le sue particolarità urbanistiche: città stato sempre all’avanguardia nella concezione urbanistica e nelle sue leggi!

sOTTOIPORTEGO DEL bANCO sALVISATI.jpgsottoportego del Milion.jpgParte tipica della urbanistica Veneziana è il sottoportego. Questo è un passaggio pedonale ottenuto con un attraversamento nel corpo stresso di un edificio. Dal punto di vista urbanistico i sottoporteghi possono essere suddivisi in tre tipi:il primo è un passaggio tra due spazi pedonali, cioè tra due calli o tra un campo e una calle; diversi sono gli esempi di questo tipo , basti pensare agli antichissimi sottoporteghi sulla Corte del Milion, in Corte del Fontego a S. Margherita, in Salizzada S. Lio, in Corte del Remer o in Corte Barzizza a S. Silvestro. Interessanti sono anche quelli in Campo S. Barnaba, in Calle della Bissa o a S. Giovanni Novo.

corte remer (1).jpgUn secondo tipo di sottoportego è costituito dal passaggio tra un rio e una calle, o tra un rio e un campo. Anche in questo si possono riscontrare numerosi esempi : sul Canal Grande verso la corte del Duca Sforza o verso Calle Giustiniani a Cà Foscari, oppure sul rio di S. Severo, sul rio della Pietà, sul rio Foscari ecc.

Un terzo tipo di sottoportego è ottenuto da un lungo passaggio sotto uno o più edifici posti lungo un rio; in questo caso il sottoportego prolunga e sostituisce la fondamenta e si innesta spesso con un ponte. Questo tipo di sottoportego risulta assai più legato degli altri all’architettura dell’edificio Corte del fontego.jpgcorte del Duca Sforza.jpgsottoportego nella corte del Remer.jpgsoprastante, anzi, in questo senso la determina : esso appare per la sua posizione più aperto e luminoso e ha spesso un aspetto monumentale. Vari importanti esempi di questo tipo si hanno in edifici celebri sul Canal Grande, come Palazzo Manin o le fabbriche nuove di Rialto del Sansovino, il Palazzo Moro  Lin. Altri esempi notevoli  sono i sottoporteghi della Scuola Vecchia della Misericordia, del Palazzetto Priuli a S. Sofia,  del Palazzo Falier ai SS. Apostoli, del ponte Widmann ai Biri, dal Banco Salviati a San Polo.

corte-sant-andrea.JPGcorte-milion.JPGLa soluzione economica e pratica del sottoportego, così frequente nell’edilizia e nell’urbanistica veneziana, è stata attuabile grazie ad una concezione politico-amministrativa  dove la proprietà privata poteva essere limitata e subordinata a necessità pubbliche; d’altra parte le esigenze private, in questgo caso il diritto di edificare, potevano liberamente svilupparsi fintanto che non vincolavano talune fondamentali esigenze della comunità cittadina, per esempio per necessità di transito. La rigida concezione della proprietà del Diritto romano (ab infera usque ad sidera) era così del tutto superata in una applicazione più elastica, e diciamo pure, più moderna.

Queste soluzioni, questo modo di concepire la viabilità a Venezia, con la consapevolezza che tutti i cittadini dovevano collaborare e rinunciare magari a una piccola parte delle proprie proprietà in favore di trasporti più scorrevoli, come tante piccole vene che attraversano un corpo vivo, vibrante, dove la vita è lavoro ed energia!  Venezia sempre all’avanguardia.

 

Le favole “povere” di Venezia raccontate dal popolo per celebrare la Serenissima!

strega 1.pngstreghe 1.jpgLe favole veneziane sono poco conosciute, e il merito di averle raccolte in un libro va a Domenico G. Bernoni ed a Giuseppe Nalin. Sono favole che si possono definire “povere”, nel senso che parlano di popolani, pescatori, anche se a volte aggiungono qualche regina o qualche ricca figlia di facoltosi uomini d’affari.

Alcune trovano ispirazione dalla potenza di Venezia nel Mediterraneo, nella velocità delle sue navi, nel trafugamento del corpo di S. Marco ad Alessandria d’Egitto da parte dei due furbi mercanti Buono da Malamocco e Rustico di Torcello ingannando gli “infedeli” ed anche il diavolo, come ad esempio la favola ” Sette streghe che dalla mezzanotte al mattino andarono a tornarono da Alessandria d’Egitto”.

Alessandria d'Egitto.jpgCi sono due versioni: nella prima un povero pescatore si accorse che il nodo con cui fissava la cima della sua barca veniva sciolto durante la notte. Una sera decise di vedere cosa succedeva, per cui si infilò nel fondo e rimase in attesa. A un certo punto, era giusto mezzanotte, arrivarono sette streghe che salirono a bordo, senza accorgersi di lui. La “capa”disse “sette in volo”, ma la barca non si mosse , quindi aggiunse”evidentemente una di noi è gravida”, e parlò nuovamente “otto in volo”.

In quel momento la barca cominciò a volare così velocemente, e in un attimo fondamente nuove 1.jpgfondamente nuove.jpgsi ritrovarono ad Alessandria d’Egitto, perchè questo era il luogo in cui le streghe si riunivano. Le donne scesero a terra. e qui le versioni divergono: in una anche il pescatore scese e si ritrovò nel giardino del Sultano, e qui colse un ramo di una pianta di datteri, che nascose sotto la camicia, quindi si riportò in attesa sul fondo del natante.

Tornarono le streghe, ancora “otto in volo” ed il datteri.jpgPiantagioni di datteri_4.JPGpescatore si ritrovò alle Fondamente nuove, ancora sbigottito ma soddisfatto del viaggio e del suo furto così prezioso. L’indomani portò il ramo agli amici che lo riempirono di elogi e brindarono tutti per quel prodigioso avvenimento e per l’audace furto.

Nella seconda versione il pescatore si innamorò di una delle streghe, la seguì e si presentò a diavolo (1).jpglei. Presto i due si sposarono, ma ogni mercoledì e venerdì la sposa lo incitava ad andare in osteria con gli amici. Ma un venerdì, vigilia di Natale, egli rimase a casa ed allora la moglie, facendo un incantesimo lo portò con sè in un palazzo meraviglioso dove c’era tanta gente che lui conosceva, del cibo squisito e donne sfarzosamente vestite ed ingioiellate. A quel punhto gli si avvicinò il padrone di casa che gli offrì enormi ricchezze se lui avesse firmato un foglio: capì allora che quello era il Demonio e che voleva acquistare la sua anima.

Si fece riaccompagnare a casa dalla moglie, ma ora era infelice perchè non voleva più che sua moglie fosse una strega: si rivolse ad un sacerdote il quale gli spiegò che durante il sonno lo spirito diabolico della moglie si allontanava dalla fanciulla, per cui, una volta addormentata doveva tapparle il naso , la bocca e le orecchie in modo che l’invasore non potesse più rientrare in lei. Cosi’ fece, e la moglie si svegliò felice e dolce come ogni donna normale: si fece chiamare Maria, perchè il Diavolo non può toccare nessuna donna che porti questo nome.

strega.jpgstreghe.jpgUn’altra favola invece racconta di una regina il cui marito era spesso impegnato in battaglie, tornando a casa di tanto in tanto. La Regina era perseguitata da una strega la quale, ogni volta che la donna partoriva le prendeva il figlio e lasciava al suo posto un cucciolo di cane. La prima volta il re si trovava a Cipro, la seconda a Candia e la terza in Morea, ma tornò giusto in tempo per smascherare la strega, che fu posta al rogo, mentre un vecchio pescatore ritrovò in un cesto i tre bambini che erano stati affidati alla laguna.

Il re allora riconobbe i propri figli e li battezzò con i nomi di Cipro, Candia e cipro resti.jpgcandia.jpgmorea-air-web.jpgMorea, le tre più importanti conquiste della Serenissima nel Mediterraneo. Naturalmente il re e la regina  stanno a dimostrare la sovranità di Venezia,e la storia vuole celebrare la gloria della grande Repubblica, allora dominante e retta da persone illuminate e lungimiranti.

Carlo Gozzi.jpgIl grande narratore di fiabe di Venezia, acerrimo nemico di Carlo Goldoni, Carlo Gozzi, scrisse delle meravigliose e raffinate fiabe, che parlavano di oriente di principesse, di re, di atmosfere esotiche…tra cui l’amore delle tre melarance, e la famosa Turandot che venne poi utilizzata per creare il libretto per la meravigliosa e straordinaria musica di Puccini, ma questa storie non appartenevano veramente ai veneziani.. si nutrivano di un mondo talmente di fantasia, illuminato dalla luce della laguna, dai suoi intriganti riflessi….tutta legata ed ispirata al confine sottile tra una realtà di un popolo di artigiani, tagliapietre, pescatori, ortolani….questo a spiegare le mille sfaccettature delle anime di Venezia di cui noi veneziani siamo orgogliosamente figli.

 

I Palazzi di Venezia e i loro meravigliosi stucchi: tra scultura e affreschi.

interno del Collegio Ameno.jpgdecorazioni della scala d'oro.jpgGli stucchi occupano un posto particolare nella casa veneziana dell’epoca barocca e rococò. Nel cinquecento lo stucco apparteneva più alla scultura che alla pittura: uno scultore come il Vittoria da allo stucco in bianco e oro un risalto plastico di tipo classico nelle due famosissime scale di Palazzo Ducale: la Scala d’oro e la libreria, decorando la volta a cassettoni con forti rilievi entro cui risaltano gli affreschi: tra pittura e scultura non v’è soluzione di continuità: l’oro dergli stucchi risalta tra le campiture bianco-azzurre dell’affresco, creando un effetto ricco e sontuoso.

stucchi dela sala delle 4 porte col dipinto del Tiepolo.jpgNella Sala delle 4 porte a Palazzo ducale vi è uno dei maggiori capolavori dello stucco a Venezia, di gusto rinascimentalr, prevalentemente plastico, opera di Giovanni Cambi del 1575: la sala acquista un aspetto di incantevole bellezza nella volta in un’opera quasi unica tra pittura, scultura ed architettura: questa unità costituisce il raggiungimento più alto tra gli stili Barocco e Rococò.

stucchi della sala delle 4 porte.jpgLe decorazioni si arricchiscono, nelle chiese e nelle case private, di putti , tra cui, una delle più belle , si trova a Palazzo Barbaro-Curtis a S. Stefano.La collaborazione degli artisti con gli artigiani di tecniche diverse per stucchi, mobili, lampade e specchi, appare perfetta e spontanea e nasce da un gusto comune.

A Palazzo Albrizzi a S. Aponal una sala del amorini a Palazo di sorveglianza.jpgalcova a Palazzo Sagredo.jpgpiano nobiliare è tutta decorata da un volo di putti in veste di amorini e di angeli insieme che irrompono tra le linee dell’architettura con una sorridente invasione dello spazio libero tra cornici e i grandi quadri del 600.

Alcuni di questi putti modellati con tanta finezza Putti a Palazzo Sagredo.jpgPutti chiesa dei S. Maria dei miraacoli.jpgappaiono negli stucchi di Cà Sagredo accanto ai nomi dei due autori e la data: Abbondio Stazio e Carpoforo Mazzetti, Tencalla 1718.

Palazzo Sagredo putti.jpg

Nell’appartamento di Palazzo Sagredo gli stucchi non si accompagnano con gli affreschi, ma Palazzo Barbarigo.jpgdominano soffitto e pareti e vanno visti da vicino, nella perfezione tecnica della linea, nella morbidezza dei rilievi, nell’armonia compositiva.

Alcova a Palazzo Barbarigo.jpgMeravigliosi stucchi anche a Palazzo Merati sulle fondamente nuove, specialmente quelli della scala e dell’alcova utilizzata per un certo periodo da Giacomo Casanova,  e la decorazione dell’alcovaanche di Palazzo Barbarigo a S. Maria dei Carmini.

Tutta la gamma festosa dei vari stili degli stucchi veneziani del settecento si incontra  a Palazzo delle Feste a Cà Zenobioo.jpgCà Zenobio ai Carmini e illumina meravigliosamente lo scintillante Salone delle Feste ideato dal De Gaspari.

Palazzo Sagredo.jpgputti.jpgTutto ciò non è che una minuscola parte delle decorazioni, degli stucchi, della meravigliosa opulenza  che ha reso indimenticabili e stupefacenti tutti i Palazzi Veneziani, e che, e ne parleremo, diverrà un tutt’uno con i mobili, i famosi mobili veneziani ; immagini fiabesche illuminate dalla luce riflessa dall’acqua della laguna.

 

Il Redentore a Venezia

la peste a Venezia.jpg
medico_peste.jpgPeste a Venezia 1.jpgpeste.jpg180px-Chiesa_Redentore_sezione_1_Bertotti_Scamozzi_1783.jpgTra il 1575 ed il 1577 vi fu un altro episodio di peste a Venezia. Circa cinquantamila persone ( quasi un terzo della popolazione) morirono a causa di questo terribile morbo.

Chiesa del Redentore.jpgIl 4 settembre del 1576 il Senato della Serenissima decretò di erigere una chiesa intitolata a Cristo Redentore, e la prima pietra fu posta il 3 maggio 1577. IL progetto venne affidato al Palladio, che dal 1570 era ” proto” ovverosia architetto capo della Repubblica di Venezia e  che seguì le direttive dei cappuccini ai quali la futura chiesa venne affidata.

Interno Redentore.jpgredentore.jpgEgli scelse per questa  chiesa posta nell’isola della Giudecca un’architettura rinascimentale, un tentativo insomma di conciliare la chiesa cristiana con tutti gli elementi del tempio classico: Un frontone classico infatti domina la facciata, resa proprio per i canoni di povertà e sobrietà dei cappuccini molto schematica, con materiali poveri cotto e mattoni, rifuggendo da marmi pregiati ed altre decorazioni.

180px-Chiesa_Redentore_pianta_Bertotti_Scamozzi_1783.jpgNel rispetto della griglia funzionale dei cappuccini, per la definizione della planimetria il Palladio si rifà alle strutture termali antiche, specialmente alle Terme di Agrippa come fonte delle sequenze degli Terme di Agrippa.jpgstruttura delle Terme di Agrippa.jpgspazi che si susseguono l’uno all’altro.

E la cupola, che funge da canone per l’intera costruzione, ha il diametro uguale all’ampiezza della scala con i suoi quindici scalini, che simboleggiano la salita al tempio di Gerusalemme.

Il progetto del Palladio, morto nel 1580, fu portato a termine da Antonio da Ponte  Andrea Palladio.jpg180px-Chiesa_Redentore_sezione_2_Bertotti_Scamozzi_1783.jpgnel 1592.

Heintz_Joseph_La_Processione_del_Redentore.jpgBasilica del Redentore.jpgLa ricorrenza del Redentore è una delle feste più sentite dai veneziani. Nella serata  del sabato della terza settimana di luglio viene creato un ponte di barche che collega le Zattere all’Isola della Giudecca,quindi i veneziani salgono sulle barche decorate con fronde e palloncini colorati si radunano nel canale della Giudecca e nel Bacino di San Marco.

Sulle rive illuminate e sui balconi dei palazzi si assiepa una gran folla per assistere a questa festa di suoni e luci  che trionfa con un grande spettacolo Processione del Redentore stampa.jpgPonte di barche per il Redentore.jpgfuochi Redentore.jpgpirotecnico che rinfrangesull’acqua giochi cromatici altamente suggestivi.

I veneziani nelle barche appositamente apparecchiate mangiano l’oca e l’anitra arrosto, quindi attendono il sorgere del sole sulla spiaggia del Lido.

fuochi redentore 1.jpgRedentore a Venezia - festa.jpgRegata di gondole per il Redentore.jpgLa domenica si svolgono le regate di gondole e riti di ringraziamento officiati dal Patriarca. Una festa in cui tutti i veneziani si riconoscono e si ritrovano, per cui…AUGURI A TUTTI !!!!
 

 

Fusta, scuola e strumento di reinserimento dei galeotti a Venezia

Bacino di San Marco.jpg800px-Canaletto%2C_Veduta_del_Palazzo_Ducale.jpgChi osserva con attenzione i quadri del Canaletto o di altri pittori del 500 che ritraevano il bacino di San Marco può notare la presenza, costante, di una galea. E’ rappresentata con i remi issati e una lunga tela a bande rosse e giallo oro la ricopre in tutta la sua lunghezza.

E l’immagine di una galea tutta particolare che venne ancorata al Bacino di S. Marco, proprio davanti alle colonne di Marco e Todaro nei primi del 1500, e chiamata Galea FUSTA: da frusta, uno strumento che veniva usato sui galeotti che scontavano delle pene nelle carceri veneziane

Fusta Galea.jpgUna volta scontata la pena ai galeotti, prima di riprendere una vita normale, veniva data l’opportunità di servire la Fusta del Canaletto.jpgGalea.jpgMarina della Serenissima attraverso il loro lavoro di rematori: La Fusta era quindi una “nave scuola”, in cui gli ex prigionieri stessi venivano alloggiati assieme ai rematori mercenari, ma al contrario di questi, non avevano il permesso di scendere a terra.

Una volta al giorno i condannati dovevano svolgere l’attività della voga, e la galea stessa aveva funzione di controllo sulle navi che entravano di giorno e di notte nel bacino di S. Marco.

galeaVenezianaCDM.gifDopo aver dato prova di abilità e capacità marinaresca i galeotti diventavano mercenari, e potevano svolgere la loro vita di marinai, ritornando quindi, quando le loro galee, dopo le varie spedizioni fossero attraccate, a svolgere la vita comune degli agli altri veneziani.

Queste erano le strategie della Serenissima, Repubblica forte e severa, a volte perfino crudele, ma che aveva in galera2.jpggran cura la preparazione, l’esperienza e le capacità dei propri uomini, elementi determinanti per il suo sviluppo e la sua potenza nei mari perchè dal mare traeva la vita e la sua ricchezza.

Venezia: da Le Courbusier a Buchanan, tra India e Londra, la città più moderna ed attuale per la sua viabilità ed urbanistica!

tb_venezia%20dall'alto.jpgVenezia dall'alto.jpgrio a Venezia.jpgA Venezia vi è una doppia viabilità, una per via acquea, assicurata da canali e rii, e una per via terrestre ora esclusivamente pedonale ( agli inizi venivano usati cavalli e carri). Le due viabilità hanno uno Canali-116.jpgsviluppo ed un’estensione pressocchè equivalenti sercondo due fittissime reti, tra loro indipendenti, che si intersecano e si incrociano completandosi a vicenda.

Calle stretta a Venezia.jpgCalle Varisco.jpgcalle-stretta.JPGLe calli non sono certo molto ampie, ma almeno tre sono parecchio Calle stretta.jpgcalle-stretta.JPGproblematiche se ad attraversarla sono due persone: una, a San Canciano, un’estremità di Calle Varisco è larga 53 cm., una seconda, 58 cm, a Castello, chiamata Callesella dall’Occhio Grosso, ed un’altra, un pò più confortevole, Sestiere di San Polo: Calle della Raffineria.

Ad ognuna delle due reti di viabilità è assegnata una funzione naturale: per i rii i mezzi di trasporto, per le calli e i campi solo le persone. Esiste quindi una differenziazione e specializzazione tra le due reti di comunicazioni interne cittadine: Questo è un concetto urbanistico all’avanguardia  che le Courbusier, entusiasta assertore della modernita ed avvenieristica concezione della struttura di Venezia prese come modello per la costruzione della città di Le-Corbusier-11.jpgChandigarh.jpgChandigarh in India: egli differenziò le varie strade a seconda dell’uso del traffico: viabilità multipla, differenziata secondo le modalità di traffico: veloce, lento e locale, esclusivamente pedonale.

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Anche nello studio per la rete viaria di Londra, elaborato recentemente da Buchanan, per risolvere in modo radicale i problemi di una grande città moderna Sir Colin Buchanan.jpgviene fatto specifico riferimento al sistema viario di Venezia.

Le calli più importanti vengono denominate “calle  Larga”, “Salizzada”, Ruga: queste in genere erano calli affiancate da negozi , quindi a carattere commerciale, molto animate.

Talvolta la denominazione delle calli deriva da determinate categorie di artigiani che avevano il loro nucleo nella zona: per esempio Mercerie dai merciai, o frezzerie, da costruittori di frecce, calle dei fabbri, facilmente comprensibile, o quella dei botteri, calle dei bombardieri o Frezzeria.jpgdella pegola (pece).

Ciò fa capire che le varie attività venivano riunite in alcune zone della Repubblica, e questo per precisi indirizzi di carattere economico: la vicinanza di tante attività presupponeva anche ad una rinuncia della libera concorrenza commerciale, quindi a dei piccoli monopoli a carattere sociale, tutto questo a vantaggio del consumatore che veniva favorito dalla molteplicità delle scelte, sia della produzione, favorita dal più facile scambio di esperienze e di tecniche produttive.

E’ questo uno degli esempi indicativi di come la vita sociale della Serenissima fosse regolata: gli interessi del singolo cittadino venivano sempre, in certa misura, subordinati a quelli della collettività. Questo fece di Venezia una grande Repubblica ed un grande Stato, tutt’ora, nella sua concezione, moderno e pragmatico!