Nov 11, 2014 - Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La ricorrenza dei S. Martino: una Halloween veneziana!

La ricorrenza dei S. Martino: una Halloween veneziana!

S. Martino a Venezia

S, Martino 4castagneOggi, 11 novembre si festeggia la ricorrenza di S. Martino, per i veneziani e tutti i veneti un’occasone per riunirsi e mangiar marroni o castagne, bevendo vino novello.

S. Martino a Venezia 2Nei secoli passati i bambini (quasi come una Halloween nostrana) si riunivano in rumorose compagnie, e giravano per le calli e i sestieri, fermandosi sotto le finestre delle case cantando una filastrocca che diceva:

S. Martin xe andà in sofita
a trovar a so novizia,
so novizia non ghe gera
el xe caqscà col culo per tera
el s’a messo in boletin
viva, viva S. Martin!

San Martino 3S. Martino 6Di queste usanze è rimasta, ancora per poco si pensa, quella dei bambini che sotto l’occhio benevolo dei genitori e dei passanti, armati di pentole ed altri aggeggi usati come tamburi si inoltrano tra le calli, ed entrano nei negozi, facendo un gran frastuono, e ricevendo, come ricompensa per la pace riacquisita e la recita della filastrocca  monete, dolci ed anche castagne.

S. Martino 5Una consuetudine questa che purtroppo va scomparendo in questa nostra Venezia meravigliosa e un pò alla volta abbandonata dai suoi abitanti: meravigliosa e melanconica Venezia!!!!!

 S. Martino a Venezia

Lug 19, 2014 - Arte, Luoghi, Mestieri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su I bucintoro di Venezia, simboli di potenza e unione con il mare: Meravigliosa Serenissima!

I bucintoro di Venezia, simboli di potenza e unione con il mare: Meravigliosa Serenissima!

Il bucintoro era l’immagine del potere di Venezia e del suo Doge: un naviglio per cui la Serenissima non lesinava denari, per renderlo sempre più ricco, opulento e maestoso. Il suo uso era limitato alle grandi cerimonie veneziane, specialmente il giorno della sensa (l’Ascensione) in cui veniva consumata la cerimonia così intima, così forte e così unica dello sposalizio del mare, il momento in cui la Repubblica rendeva grazie all’Adriatico per le opportunità che questo mare le creava, e il Doge , accompagnato dagli unici rematori che avevano questo privilegio, per cui gli arsenalotti, donava alle acque di quel mare un prezioso anello, per sancire ogni anno l’unione di Venezia con la sua laguna e con il suo mare.

bucintoro 3Il nome del naviglio “bucintoro” trae origine dal greco “bou”, grandezza, e Kèntauros, centauro , la cui statua ornata e decorata arricchiva la poppa, e trae nome da uno dei vascelli di Enea.

bucintoro 1Il vascello venne costruito per motivi di prestigio internazionale perchè la Serenissima volle dare al suo capo supremo un’imbarcazione che potesse rappresentare tutta la potenza e la ricchezza dello Stato. Veniva conservato in §Arsenale, dove aveva uno spazio tutto suo, e la sua costruzione, rara ( poichè ben pochi bucintoro vennero costruiti) veniva affidata ai marangoni e ai maestri d’Ascia dell’Arsenale, il meglio del meglio.

sposalizio1La prima notizia del bucintoro si ebbe nel 1177, e nei secoli si ebbero notizie di nuovi vascelli, sempre più grandi e sfarzosi, e molto longevi: un secondo buciuntoro venne costruito nel 1250, un altro nel 1312, e nel 1526, proprio il giorno dell’Ascensione venne inaugurato un altro naviglio, sempre più ricco, sontuoso e decorato.

bucintoro 5Riguardo i due ultimi Bucintoro si hanno dei particolari precisi: agli inizi del 600 , visto che quello in uso era ormai in cattive condizioni, il Senato decise di finanziare la costruzione di uno nuovo che venne a costare 70.000 ducati, cifra altissima per quell’epoca>: esso venne inaugurato il 10 maggio 1606 accompagnando il Doge Leonardo Donà nella sua prima andata a S. Nicolò del Lido, per la festa delle Marie; in quel caso venne decorato con cavallucci marini , sirene, colonne dorate attorcigliate e delfini per sostenere i loggiati, mostri marini in prua: tutto ricoperto di dorature in oro zecchino.

Bucintoro 7Invecchiato questo naviglio ecco l’ultimo bucintoro, anche per le misure e la magnificenza: era lungo 34 ., largo 7,30 completamente coperto con foglie di oro zecchino e manovrato da 168 vogatori, quattro per remo, con circa quaranta marinai di equipaggio ed era comandato dall’Ammiraglio dell’ Arsenale.

bucintoroPurtroppo con l’avvento di Napoleone a _Venezia le orde francesi distrussdero questo capolavoro, bruciandone buona parte, e lo scafo venne utilizzato come batteria galleggiante con il nome di HydrA  e posto a guardia del porto dle Lido. Venne poi definitivamente demolito nel 1824 nell’arsenale. Di tutto ciò è rimasta solo la vela dorata con il simbolo di S. Marco, conservata al Museo Correr.

bucintoro 1

Giu 28, 2014 - Senza categoria    Commenti disabilitati su L’espressione più viva ed autentica del 500 pittorico veneziano: Il Tintoretto!

L’espressione più viva ed autentica del 500 pittorico veneziano: Il Tintoretto!

TINTORETTOIl pittore veneziano per eccellenza, quello più rappresentativo e affascinante fu Jacopo Robusti detto il Tintoretto, a causa del mestiere del padre Giovanni Battista chcasa-tintorettoe lavorava nel campo della tintura della seta. Nacque a Venezia il 19 aprile 1519, e fu probabilmente l’ultimo grande pittore del rinascimento.

Il cognome Robusti sembra sia stato un soprannome che il padre si conquistò per il coraggio e l’energia con cui , durante ls guerra di Cambrai, si conquistò il padre, il cui cognome sembra fosse (come afferma Miguel Falomir, curatore del Museo del Prado) Comin.

Il Tintoretto venne soprannominato “il furioso”per la sua energia, per l’uso drammatico della prospettiva e della luce, e la sua casa, splendida e suggestiva si trova in fondamenta dei mori, non lontana dal campo dei mori a Cannaregio.

Tintoretto il rirovamento delle relkiqieTintoretto (1518-1594) si presenta alla pittura veneziana nel decennio in cui più viva era la polemica sul manierismo toscano-romano, gtra iul 1540 e il 1550, e già all’inizio della sua pittura va al di là delle regole classiche per divenire più reale e commossa, con una partecipazione mai vista prima di personaggi di ogni ceto sociale.

Tintoretto a Palazzo DucaleE la sua pittura è quella veneziana per eccellenza, impegnato più di tutti gli altri in una vastissima serie di opere pubbliche e private in Palazzo Ducale, nelle scuole, nelle chiese e persino sulle facciate dei palazzi: sembra che la pittura veneziana con Tintoretto straripò al dilà dei comuni termini per invadere con l’irruenza della fantasia in ogni campo del visibile.

Seguendo il suo estro artistico usando le tinte utilizzate per la seta, venne inviato, ancora adolescente, dal padre presso il laboratorio di Tiziano: ma il grande artista, vedendo alcuni disegni del possibile allievo, per paura del suo talento lo fece cacciare dopo pochi giorni da Girolamo, il capo dei suoi collaboratori.

ultima cena del Tintorettopresentazione di maria al tepio 1Passati pochi anni ecco che il Tintoretto stesso (da un documento del 1595) si firmò come “mastro Giacomo, depentor del campo de San Cassian”, ovvero diventa maestro  con studio indipendente in Campo S. Cassian, a S. Polo.

Ebbe la prima commissione da Vittor >Pisani, imparentato con Andrea Gritti cvhe intorno al 1541 in occasione delle sue nozze gli commissionò 16 tavole per la sua residenza di Campo S. Paternian, raffiguranti le metamorfosi di Ovidio.

Nell’aprile del 1548 venne collocata, sulla parete rivolta verso il Campo S. Giovanni e Paolo raffigurante il miracolo di S. Marco , lodato dall’Aretino: …..le cere, l’arie e le viste de le turbe , che la circondano sono tanto simili agli effetti ch’esse fanno in tale opoera, che lo spettacolo appare più tosto vero che finto”

Liberazione dello schiavo del TintorettoNel 1547 Tintoretto,  trasferitosi presso la parrocchia di Santa Maia dell’Orto iniziò a collaborare con i canonici di S. Giorgio in Alga: in questa chiesa egli realizzò opere diverse, dalla decorazione dell’organo con la Presentazione di Maria al Tempio, alla Cappella Contarini.

Ma l’opera del _Tintoretto ha caratterizzato squisitamente gli inteerni e le sale diu Palazzo Ducale, il vero pittore veneziano per il palazzo più importante della Serenissima: da figlio di umile tintore a immagine vera dell’arte pittorica veneziana.

 

 

Mag 18, 2014 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Chiese, Luoghi, Mestieri, Religione a Venezia, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I Madoneri di Rialto e l’evoluzione di El Greco a Venezia nello scrigno dorato di S. Giorgio dei Greci!i

I Madoneri di Rialto e l’evoluzione di El Greco a Venezia nello scrigno dorato di S. Giorgio dei Greci!i

chiesa di S. Giorgio dei Greci 2Venezia, crocevia di diverse etnie, ha avuto la fortuna ed il pregio di assimilare le culture che mano a mano andavano insediandosi, apportando ancor più libertà mentale e moltepilici religioni e capacità di confronto culturale e religioso appunto.

Chiesa di S.giorgio dei Greci 1Una delle etnie più importanti fu quella dei Greci, i quali ebbero il permesso nel 400 di erigere una Schola ed una chiesa ortodossa (tutt’ora tale): attorno a queste istituzioni sorsero i vari edifici della comunità, come abitazioni, scuole di devozioni, un ospedale, l’archivio , l’università ed il cimitero presso le absidi della chiesa.

Tutto il complesso si estese in una zona tra il rio detto appunto “dei Greci” e il rio della Pietà, con una toponomastica riferita costantemente alla nazionalità degli abitanti; ponte, salizzada, calle, ramo primo e secondo detti sempre dei Greci.

Scuola di S. Nicolkò dei GreciNella parte interna gli edifici di abitazione si addensavano alti e compatti, quasi come nel Ghetto ebraico.Quindi venne eretta la chiesa dedicata a S. Giorgio, i lavori vennero iniziati nel 1539 su progetto di Sante Lombardo e continuata da G.A. Chiona, e venne consacrata nel 1561, seguita dalla costruzione della cupola nel 1571.

2 s. nicoloL’interno è a una sola navata ma aninmata da un matroneo sopra la porta d’ingresso, dalle tre cappelle sul fondo e dall’inconsueta presenza dell’iconostasi caratteristica del rito ortodosso. Tra la ricca decorazione e le numerose opere d’arte greca è conservata un’antica icona del Cristo Pantacroce (inizi del XIV secolo) trasportata a Venezia poco prima della caduta dell’impero bizantino (1453).

chiesa di S. Nicolo 3Sull’angolo meridionale del sagrato sorge il campanile pendente, costruito nel 1587-92 da Palazzo FlanginiSimone Sorella: verso l’ingresso del recinto si trovano due importanti costruzioni del Longhena Palazzo Flangini Finieseguite nel 1678: la Scuola di S. Nicolò ed il Collegio Flangini.

Cristo pantacroce 1E qui sono esposte numerose opere di artisti originari dell’isola di Creta giunti a Venezia nel XV secolo e che dettero L'incoronazione della Madonnavita, fino al XVIII secolo alla cosiddetta “Scuola Veneto Cretese”: essi erano conosciuti come i “Madoneri di Rialto”perchè li avevano le loro botteghe; nella loro pittura la tradizione bizantina viene temperata proprio da caratteri propri dell’arte veneta: i madoneri rappresentano quindi un inserimentio stabile dell’ambiente veneziano di individualità straniere portatrici di un filone diverso dall’arte locale.

El_grecoE a questo ambiente appartenne pure, per qualche tempo Domenikos Theotocopolous (1541-1614) detto El I madonneri di rialtoGreco, che, giunto a Venezia attorno al 1565, sotto l’influenza di Tiziano, Veronese, Tintoretto e Bassano trasformò completamente il suo stile ancora legato alla pittura bizantina , e così , beneficamente “contaminato”da questi maestri, così sopraffini e moderni , si trasferì in Spagna verso il 1576.Ma molto inportante fu, d’altra parte, la presenza della cultura greca per tutto lo sviluppo dell’umanesimo e del Rinascimento Veneziano.

I3 s. nicolol contatto della cultura greca e di quella veneziana dette i suoi favolosi frutti che resero Venezia, i suoi artisti e le sue opere d’arte la cultura dominante in un’Europa che la considerava come un faro di libertà anche di espressione e di idee, centro dell’editoria e del libero pensiero: la Serenissima come esempio di anelito verso una unione di etnie, culture e fruttuoso scambio di informazioni, idee e pensieri!

 

Apr 16, 2014 - Luoghi, Mestieri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Venezia e l’Arsenale, luogo strategico della potente artiglieria veneziana!

Venezia e l’Arsenale, luogo strategico della potente artiglieria veneziana!

Arsenale 1arsenaleL’Arsenale di Venezia, il più importante luogo  dove la Serenissima costruì la sua potenza sui mari , oltre che ospitare la costruzione delle navi, dei cordami e di tutto ciò che componeva la potenza navale di quella straordinaria Repubblica, era arsenale2anche la sede delle costruzioni  delle armi veneziane e delle rispettive munizioni.

Il reparto fonderia ed il reparto polveri furono tra i settori più importanti in seguito all’entrata in uso delle armi da fuoco.

ARTIGLIERIA VENEZIANA 1I veneziani usarono perla prima volta le artiglierie navali nel 1349 battendosi contro i genovesi presso Capo Alger (Sardegna): in terraferma usarono le artiglierie nel 1376 contro Leopoldo d’Austria, sotto la piazza di Quero (Treviso).

Nel 1390 furono trasferite nell’Arsenale le fonderie che prima erano nel “Getto” o “Ghetto”, la località del Sestiere di Cannaregio poi destinata a sede della comunità ebraica; le fonderie in bronzo furono sistemate nell’angolo meridionale, verso l’ingresso, mentre il reparto per la confezione delle polveri fu situato nell’angolo orientale verso il convento di S. Daniele.

Famiglia AlbeerghettiLe fonderie in bronzo rimasero sempre nello stesso luogo e furono dirette per venticinque generazioni dalla celebre famiglia degli Alberghetti, autori di veri capolavori dell’arte deella fusione. Quando nel 1660 entrarono in uso le artiglierie in ferro  si preferì far arrivare i cannoni direttamente dalle officine prossime alle miniere, nelle valli bresciane.

scoppioIl reparto polveri, per ovvi motivi di segretezza fu mantenuto costantemente nell’arsenale, anche se la pericolosità era oltremodo presente: il 14 marzo del 1509 vi fu uno scoppio ed un conseguente fortissimo incendio che danneggiò  anche il convento di S. Donato, adiacente a quell’area.

In seguito la parte pirotecnica venne spostata all’angolo opposto, vicino al convento della Celestia , ma il 15 settembre del 1539 un altro violento incendio distrusse i capannoni del reparto e il muro di cinta, danneggiando chiese e conventi vicini. Si decise allora di confezionare e conservare le polveri in luoghi isolati, come l’isola di S.Angelo Caotorta, della apppunto “della polvere” nei pressi di S. NIcolò del Lido.

isola della polvere 1All’interno dell’Arsenale rimasero quindi le fonderie , ampliate nel 1539, e i depositi di cannoni e munizioni: nelle sale d’armi costituite in sei ampi ambienti erano depositate le armi da taglio e da fuoco portatili; vi venivano organizzati anche banchetti in onore di ospiti illustri come Enrico III re di Francia nel 1574. Il parco delle artiglierie e delle bombarde , situato lungo la via “stradal campagna” era disposto con tanta arte da essere definito “giardino di ferro”: esso fu oggetto di ammirazione anche per visitatori stranieri, come Amelot de la Houssaye, che visitò lo’Arsenale nel 1677 e Charles de Brosses, che la visitò nel 1739 e che ne dettero una interessante descrizione.

artiglieria venezianaNel 1772 fu ordinato un “Museo dell’artiglieria” con i pezzi più antichi e pregevoli. Secondo la relazione di Costantino Veludo al momento della caduta della Repubblica esistevano depositate in Arsenale 5.293 bocche di fuoco, delle quali 2,518 in bronzo.

cannoniVenezia, la Serenissima orgogliosa, aperta al resto del mondo, all’avanguardia anche per quanto riguardava le armi, la sua artiglieria potente che le permise di diventare la Regina del Mediterraneo attinse all’ingegno dei suoi ingegneri, dei suoi lavoratori, della fedeltà estrema dei suoi arsenalotti e pose i suoi simboli sulle coste dell’Adriatico e delle sue isole, simboli che tutt’ora rimangono!

 

Apr 1, 2014 - Arte, Mestieri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I Mascareri a Venezia: artisti ed artigiani raffinati in una città mutevole e misteriosa!

I Mascareri a Venezia: artisti ed artigiani raffinati in una città mutevole e misteriosa!

maschereriL’arte dei mascareri a Venezia è una delle professioni più antiche, considerato che nasce legalmente nel 1268 ( prime regole per mascherarsi), visto che nella Serenissima era invalso l’uso della maschera per diverse ricorrenze , per poi, dal 1436, sotto il doge Foscari, diventare una costante per le feste di carnevale.

Pietro GradenigoEd un elogio alla maschera lo fece Pietro Gradenigo: ” Bella cosa è la maschera inventata da colui che fece bauta 6la prima bauta, perchè questo rendo ogni grado ed età di persone in comoda eguaglianza e non pone in suggestione niuno delli due sessi e tanto più che usandosi oggidì il tabarro nero e li volti bianchi, serve il tutto di economia e libertà di fare le sue cose, di tentare le proprie idee e colpe ne ha solo chi cambia il bene in male col medesimo mezzo”.

tabarroDapprima la Mariegola dei mascareri (ora conservata presso l’archivio di Stato di Venezia) era osservata solo dai mascareri appounto, a cui si aggiunsero un pò per volta i targheri (stuccatori) i miniatori, disegnatori , indoratori e cartoleri (fabbricanti di carte da gioco).

GNAGAUn mestiere antichissimo ancora vivo e raffinato che viene utilizzato da alcune botteghe artigiane, vere eccellenze di questo particolare tipo di articolo, tanto che uno dei più importanti artigiani di questo tipo, Guerrino Lovato ha moretta1fornito le maschere utilizzate nel film di Kubrick “Eyes Wide Shut (1999), oltre ad avere presso i suoi atelier in Campo S. Barnaba e Campo S. Margherita (Mondonuovo) vere e proprie gallerie delle maschere tradizionali, tra cui la Gnaga, la Moretta, etc.).

Mar 19, 2014 - Architettura, Luoghi, Mestieri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Venezia: i mulini dei Biri (o Birri) e il gioco della racheta!

Venezia: i mulini dei Biri (o Birri) e il gioco della racheta!

rio terà dei biriL’antica Venezia, come per tutte le sue attività artigianali e le esigenze di città -Stato si adeguava alla sua natura di città acquea, legata alle correnti, alle maree e ai suoi canali. E proprio nella vecchia contrada dei “Biri”, chiamata così dal nome del canale Biria, ora diventato una lunghissima calle chiamata ” Rio Terà dei Biri o del mulini ad acqua 2Parzemolo” (Rio interrato dei Biri o del prezzemolo) che divenne , con le sue particolari correnti la sede di diversi mulini d’acqua, in cui venivano create le varie farine (di grano, di miglio, nei tempi più duri),.

mulini ad acquaIl Trevisan racconta nelle sue cronache ” s’ingolfava una sacca con una velma et una canale detto Biria, che forma quel canale che oggi Birri si chiama”. La contrada veniva divisa in Biri grande e biri picolo, ed erano divise dalla oderna Calle Stella. La contrada Calle Stelladenominata biri picolo era situata dietro la chiesa di S. Canciano, a Cannaregio, e quella denominata Biri Calle Ruzzinigrande, vicino alla chiesa di SS. Giovanni e pAOLO.

Calle della rachetta 1E al biri , verso le fondamente nove, presso l’odierna Calle Ruzzini si disputava il gioco della Racheta, una sorta di pelota molto amato all’epoca, a cui è stata dedicata proprio una calle!

 

Mar 10, 2014 - Alchimia, Arte, Arte e mistero, Mestieri, Misteri, Personaggi, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Giovanni da Fontana veneziano, scienziato allucinato, magico e maestro di illusioni!

Giovanni da Fontana veneziano, scienziato allucinato, magico e maestro di illusioni!

Da Fontana apparentia mnotturna ad terrorem videntiumda Fontana autoUna delle personalità veneziane più interessanti  del 14° secolo ( e non molto conosciute) fu Giovanni (Antonio,Jacopo) Fondana (o da Fontana o de fontana), nato presumibilmente nel 1390 a Venezia, e dottore in arti presso l’università di Padova nel 1418.

bellicorum18bellicorum 2Uomo di interessi compositi e vari, interessato alle macchine da guerra, dai delicati mecccanismi degli orologi, medico, studioso e visionario.

bellicorumDai documenti dell’ateneo Patavino, prestigiosa università si può avere una serie di informazioni circa i suoi studi. Stimolato da un grande evento naturale che colpì la Serenissima nel 1410 scrisse il suo trattato “Liber de omnibus rebus naturabilus”, e il 17 maggio 1421 ricevette il suo grado medico, figurando nei documenti come “magister Johannes Fontana da Venetiis artium doctor”.

bellicorum4Tra il 1419 e il 1440 svolse la propria attività di medico (poco dopo il 1438 fu assunto come medico condotto a Udine) e tale impegno lo tenne distante dagli studi meccanica e tecnica. Frequentando le montagne della zona ideò uno strumento per misurazioni trigonometriche che descrisse in un grosso trattato andato perduto e intitolato De trigono bestiario.

bellicorum7Ma una delle sue opere più straordinarie fu “Bellicorum ed instrumentorum liber” in cui tratta l’argomento bellicorum5dei razzi in cui raffigura anche uno suo straordinario progetto riguardante una sorta di carrozza o auto spinta da razzi, e con il medesimo propellente progetta siluri sull’acqua, immaginati come pesci, uccelli, lepri, o addirittura draghi, con cui incutere timore o addirittura terrorizzare i nemici, come anche un diavolo volante che emette fuoco dalla bocca, e stratagemmi per ingannare i sensi come il “castello degli inganni”, il “labirinto quadrato”, espedienti per creare effetti quasi magici come la mitra e il pastorale risplendenti e il candeliere magico. Illustra inoltre progetti in campo musicale come l’organo meccanico, giocattoli (puerilia) e ancora, maschere, chiavi , bellicorum9grimaldelli, navi da guerra , specchi doppi, stufe, progetti idraulici.

Il suo interesse, come detto, furono anche gli orologi, le mongolfiere, campane per le immersioni subacquee, e tutto nel trattato “metrologium de pisce, cane et volucre”, e nella piccola opera “Nova  compositio horologi”dedicata all’amico Ludovicus Venetus, e congegni per fari risalire oggetti dal fondo del mare.

bellicorum15Uomo straordinario, ingegnoso, tra il mago, il matematico, il medico, insomma, una grande mente che trovò mille rivoli di interessi, e che, dopo secoli, messo alla prova qualche anno fa, trova la testimonianza che la sua auto razzo era effettivamente realizzabile.

bellicorum14bellicorum11Della sua morte non c’è ricordo storico ( si ipotizza nel 1455 circa) , e bellicorum12questa incertezza circa le date di nascita e di morte ci portano ancor più convinti a ipotizzare “fantasticamente”che la sua vita stessa sia stata una grande illusione di cui rimangono comunque scritti certi, documenti storici legati ai suoi studi, quasi che in qualche modo non sia mai nato, ne sia mai morto….ma che sia vissuto in una grande, splendida ed entusiasmante allucinazione fantastica, come le sue creazioni …..un veneziano magico insomma, come la città che gli diede i natali.

Feb 28, 2014 - Leggende, Luoghi, Personaggi, Società veneziana, Spionaggio e congiure, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il Ponte dei Dai a Venezia e la congiura di Marco Querini e Baiamonte Tiepolo.

Il Ponte dei Dai a Venezia e la congiura di Marco Querini e Baiamonte Tiepolo.

la vecia del morterBaiamonte Tiepolo e il morteerNella storia di Venezia fu importante la congiura di Baiamonte Tiepolo ( vedi la vecchia del morter), che cercò, assieme al suocero Marco Querini , di ribaltare il governo stesso della Serenissima, congiurando e tentando un colpo di stato contro il Doge Pietro Gradenigo.

bajamonteLa sommossa fu violenta e venne anche violentemente soppressa (così era costume della Repubblica che non tollerava assolutamente il tradimento, con buona ragione). All’alba del 15 giugno 1310 il Querini si radunò con i suoi congiurati in Calle dei La vecia del Morter1Fabbri, preparandosi a raggiungere le Procuratie per unirsi al Tiepolo.

Calle dei Fabbri1Ma sulla sua strada li stava aspettando il doge Gradenigo con i Cavalieri di S. <Marco che con vigore abbatterono gran parte dei congiurati , e la folla che assisteva incitava il doge, a cui era fedele gridando: “dai, dai, uccidi i traditori ”

ponjte dei dai 1Delle voci ripetute più volte dalla popolazione contro i congiurati, ed in ricordo dell’avvenimento il ponte su cui furono costretti a passare i traditori venne in seguito chiamato ” Ponte dei Dai .

Ponte deei Daidoge Pietro GradenigoIl 29 luglio del 1310 il consiglio dei dieci ordinò di abbattere la casa del Tiepolo, e nel 1323 fu decretato Baiamonte Tiepoloche l’abitazione de Querini venisse acquisita dalla Repubblica ed adibita a Macello Pubblico.

Certo Venezia, piccola ma fortissima Repubblica fu anche feroce per salvaguardare la sua potenza e la tranquillità dei suoi abitanti.

Feb 15, 2014 - Cucina venexiana, Donne venexiane, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Venezia e la sua cucina povera!

Venezia e la sua cucina povera!

bigoli venezianitajadee venezianeI cibi delle famiglie povere veneziane erano molto simili a quelli delle zone rurali dell’entroterra: erano costituiti da verdure che venivano coltivate negli orticelli vicini a casa, quando ancora a Venezia i campi erano veri e propri campi: per cui zuppe di verdure, risotti, tajadee fatte in casa e i bigoi.

polentaIl pane veniva fatto in casa, ma quasi quotidianamente la polenta la faceva da padrona, specialmente la polenta bianca, delicata e tenerina, accompagnata da fagioli, piselli e carciofi, verze e zucca.

Solo durante le festività venivano sacrificati i polli che venivano arrostiti, e qualche volta. dopo la caccia in valle la selvaggina.

panadeaUno dei piatti più diffusi era la panadea, composta da pane vecchio fatto bollire con acqua, olio e sale, o anche minestre di semolino e i sugoli: questi erano di due tipi, sugoli da polenta, formati dal contenuto e dalla pellicola delle bolle che si creavano nel calderone mentre la polenta si cuoceva, e si condivano con l’olio, quelli da vin erano invece composti da mosto cotto  fino sugoi de vinquasi a consumarsi a cui si aggiungeva del fiore di grano…diventava quasi una marmellata asprigna ma gustosa.

fortaia 1Famosa e preparata in diversi modi era anche la fortagna (frittata) di cui descrivo la ricetta di quella “sgionfa” (gonfia): Separar i rossi da i bianchi, sbater i rossi co un pizego de sal. Da parte far istesso coi bianchi fin che non saràdiventai a neve dura. Con un cuciaro de legno missar ben sti bianchi e sti rossi (da’l soto al sora, in maniera che non gabia da desgonfiarse). Meter in t’una forsera un cuciarin de butiro: quandio che se’l ga desfà zontarghe tutto l’impasto de vovo, poi spetar che se forma la fortagna.

El fogo non dovrà esser molto vivo. Sta fortagia la devarà diventar tanto bona quanto bela e sgionfa. La pol anca figurar da piatto de fino de la se porta in tola contornata da na corona de spinassi cotti col butiro, opur coi pomidori al forno.

Questo era il disnar quotidiano dei veneziani, accompagnato da pesce anch’esso povero, come sardine, rimaste famose per il savor, tutti cibi semplici che hanno comunque creato le basi per una cucina particolare, ricca anche di spezie , di agrodolci, e delle delizie che le meravigliose isole della laguna forniva.

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