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Bricoe, le vie d’acqua di venezia, e il canto struggente dei battipali..i suoni di Venezia e le armonie della Laguna

nebbia.jpgbriccole veneziane.jpgVenezia. misteriosa città d’acqua, creata sull’acqua, e tra le varie isole che la compongono i rii e i canali: l’ampiezza della laguna, le notti di nebbia, il buio profondo: per questo motivo vennero create le briccole (o bricoe): il toponimo nasce dalla necessità di dare dei colpi obliqui ai pali laterali, per cui venne creata una macchina inclinata di 15 gradi circa per poter indirizzare i pali laterali appunto nell’inserimento di questi preziosi legni appuntiti, ricavati dal larice e dal rovere, attraversando lo strato di fango, e trovando valida e solida base nel “caranto” un compatto strato di argilla e sabbia, solida base per sostenere non solo le bricoe, ma anche palazzi, ponti etc.

I tronchi erano in genere tre o quattro, e sulla sommità di questi gruppi, tenuti insieme da catene, veniva posto nei tratti della laguna o lungo i canali più importanti dei fanali, in modo da indicare le vie d’acqua e gli approdi.

via d'acqua.jpgAlle bricoe interne ai rii, in genere formate da un solo palo, venivano ancorate le gondole e le barche.

battipali 1.jpgE proprio gli operai più umili, quelli che con i loro sforzi svolgevano il lavoro di “battipali”, battipali_2.jpgincisione di battipali.jpglavoro pesante, faticoso che abbisognava della collaborazione di un gruppo, per cui di una sincronicità, diedero vita a dei canti meravigliosi, canti di lavoratori, canti di chi segue ritmi di ispirazione ed espirazione, intervallato dalle brevi pause, che, nel silenzio della laguna e trasportati dalle leggere brezze che portavano i suoni anche nella città divennero una colonna sonora meravigliosa: diverse voci, un ansimare quasi, la delicatezza e l’orgoglio di essere utili con la propria fatica allo sviluppo e all’importanza della loro Serenissima; il canto (con anche altre versioni, ma molto simili) diceva:

Oh, issa eh
e isselo in alto, oh
ma in alto bene, eh
poichè conviene, eh
per ‘sto lavoro, oh
che noi l’abbiamo
oh
ma incominciato, oh
ma se Dio vuole, eh
lo finiremo, oh
col santo aiuto, oh
viva San Marco, eh
repubblicano, oh
quello che tiene, eh
l’arma alla mano, oh
ma per distruggere, eh
el Turco cane, oh
fede di Cristo, eh
la xe cristiana, oh
quella dei Turchi, eh, la xe pagana.

briccola.jpgI primi studiosi di canti popolari nel 1800 riuscirono a rintracciare questi pezzi, che forse più che canti possono essere definiti “ritmi”; G. Péullè, uno dei primi ricercatori scrisse: Al momento pertanto che più fervea nè lontani tempi l’opera del fabbricare questa mirabile città, doveva la laguna veneta risuonare tutt’all’intorno di quella monotona salmodia che i batti-pali intonavano e che noi udiamo ancor oggi laddove si gittano le fondamenta di qualche nuova fabbrica.

briccole 3.jpgVoci meravigliose, suoni di fatica, che, accanto alle barcarole ( la più famosa quella veneziana di 100_1476.jpgMendelsshon n° 12) accompagnarono e tutt’ora, se si ha l’accortezza di astrarsi dalle voci comuni, vengono trasmesse dallo sciabordio della laguna, dal solcare leggero delle gondole sui rii più nascosti, nell’intonazione stessa della “lingua ” veneziana…tutto legato al mare, tutto mescolato al mare, un tutt’uno, di armonia, suoni fatiche e bellezza.

Tra passato e futuro a Venezia: i due mori.

4mori.jpgla-torre-orologio-di-venezia-piazza-san-marco-big.jpgTra passato e futuro: ecco che il tempo rimane in sospeso per due minuti sulla torre dell’orologio di Venezia: una campana ed ai lati due enormi automi in bronzo (chiamati per il loro colore i due mori): fusi da Ambrogio delle Ancore nel 1497 e costruiti con il corpo snodato all’altezza della vita, recano in mano una mazza per uno, con cui percuotono, al battere di ogni ora, la campana posta al centro.

Se è certa l’opera del fonditore, ancora da attribuirsi l’ideazione delle due statue: c’è chi dice Paolo Savin, chi Alessandro Leopardi o Antonio Rizzo,non  così per la campana, sormontata da un globo dorato ed una croce, che reca inciso il nome del suo ideatore, un certo Simeone.

I due automi hanno un aspetto diverso: l’uno, autorevole e forte, il cui viso è contornato da Moro%20e%20campana%201.jpgTorre%20particolare%20Moro.jpguna barba che gli dona un aspetto più vecchio, più vissuto, per l’ideatore del marchingegno è l’emblema del passato, e come tale percuote con la sua mazza la campana un minuto prima dello scadere dell’ora, il secondo, la cui fisionomia propone un giovane uomo nel pieno della sua gioventù rappresenta il futuro, e per questo motivo il suo battere la campana avviene un minuto dopo dello scadere dell’ora: lo scorrere del tempo, la rappresentazione del presente che sta a mezzo trà passato e futuro, tutto questo su una terrazza con una vista mozzafiato su Venezia ed il bacino di San Marco.

Con l’orologio ed il suo simbolismo ecco che la Torre dell’orologio a San Marco a Venezia propone enigmaticamente tutto ciò che riguarda il tempo: le stagioni, i segni zodiacali legati ai mesi, il passato, il presente ( naturalmente interlocutorio perchè mentre si vive diviene già passato)..l’armonia del mondo, il passato e il divenire: e tutto questo è Venezia, simbolo di un passato vissuto sempre un passo avanti degli altri Stati, ed un futuro che è stato ma che continua ad torre2tb.jpgTorre%20orologio.jpgessere, una città senza tempo, sospesa, magica e misteriosa, in simbiosi con la sua essenza acquea, un continuo sciabordio di onde che vanno e vengono…un continuum tra passato…fuggevole presente, e futuro: emanazione unica di qualcosa di straordinario!!

 

Dic 1, 2010 - Leggende, Luoghi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I Colombi a Venezia: “sti venexiani”!!!

I Colombi a Venezia: “sti venexiani”!!!

colombi.jpgI colombi veneziani,  croce e delizia della città: padroni incontrastati di Piazza San Marco, ma solo li: gli altri campi di Venezia sono terreno di scorribande anche di gabbiani e passeri, in una popolazione volatile ingorda, per niente timida, orgogliosa, e per dirla tutta, prettamente veneziana.

passeri a Venezia.jpgGabbiano reale.jpgCocae.jpgcolombo-zoppo.jpgChiunque si sieda su una panchina, magari spiluccando distrattamente una fetta di pizza o un tramezzino ecco che si trova in compagnia di questi compagni eterogenei, in competizione: a me è capitato di scorgere tra gli altri un piccione con una zampina sola, altri malformati, mentre i gabbiani (non quelli piccoli e autoctoni, chiamati comuni e in veneziano cocai)) ma quelli enormi e voraci,detti “reali” gradassi che squarciano un sacco delle immondizie in pochi secondi e a volte, cannibali, mangiano volando qualche passeretto o colombo che veleggia da quelle parti.

La dignità di residenza principale comunque l’hanno i piccioni: si narra che provenissero dalla terraferma, accompagnando i profughi di Altino (452 d.c), o che dogaressa veneziana.jpguna coppia di questi uccelli che li legano in coppia e vivono la loro vita insieme, sia stata donata ad una dogaressa triste per la lontananza del suo amato Doge.

Si racconta pure che durante le feste indette per la costruzione della Basilica di San Marco una coppia di questi uccelli, lasciata libera dalla gabbia che era stata consegnata in dono al Doge, volassero subito sotto  la volta dorata del Tempio: il Doge allora diede ordine che  tale coppia venisse nutrita e curata da tutti i veneziani; un’altra leggenda racconta che la domenica delle Palme i rappresentanti dei sestieri donassero al doge una coppia di piccioni, per poi cacciarli e mangiarli la domenica di Pasqua.

Enrico Dandolo.jpgNel 1204 il Doge Enrico Dandolo inviò dei piccioni da Costantinopoli per annunciare la vittoria della Serenissima e la conquista della città, e per la gioia e riconoscenza i veneziani nutrirono e curarono i portatori di tale notizia.

Certo è che i colombi furono utilizzati dai mercanti, dalle spie e dagli ambasciatori veneziani all’estero per comunicare molto rapidamente con la madre patria, e per questo motivo vennero sempre tenuti, nutriti, curati ed utilizzati.

La provenienza quindi non è certa: si dice che siano stati importati da Costantinopoli, Cipro o mercanti veneziani.jpgpiccioni viaggiatori.jpgCandia da mercanti che donando ai Veneziani questi “viaggiatori” speciali li utilizzassero per trasmettersi informazioni circa la percorribilità dei mari e la richiesta di merci particolari.

colombi-venezia.JPGcolombi a Venezia 1.jpgIn pace e in guerra questi particolari “postini” diedero il loro contributo per la crescità, lo sviluppo e la prosperità della Serenissima, e ne ebbero in cambio protezione e cibo. Ora si sono moltiplicati in modo esponenziale, tanto da creare dei problemi ai cittadini e alla città: ma esprimo una preghiera: che si trovi il sistema giusto ed indolore per frenare la loro prolificità e che permanga la loro, a volte anche rumorosa compagnia, in PIazza San Marco, per  colombi a Venezia.jpgcondividere con  questi dolcissimi e fantastici uccelli  una storia importante e bella della nostra straordinaria Venezia.

 

Il “Mostro di Venezia” ed il suo orrido Sguazeto

Anche Venezia ebbe il suo mostro: vicenda che rimase nei suoi annali e, come sempre accadeva, rimase come monito per chi avesse tendenze criminali e orribili:

San Zan àDegolà.jpgIn Campo San Zan Degolà ( S. Giovanni decollato) divenne famosa la ” Taverna da Biagio”, di Biagio Cargnio ( in dialetto Biasio) innanzi tutto per le sue salsicce squisite, Biasio era un luganegher rifinito e bravo, ma, soprattutto, rinomato era il suo “sguazeto”, una sorta di spezzatino, talmente gustoso per gli avventori, che venivano le genti di Mestre per degustare quella specialità.

Accadde un giorno che tra gli avventori capitasse Toni, un carpentiere, persona proba e molto attenta. Naturalmente ordinò una porzione di sguazeto, e con gusto si mise a degustarla: mentre mangiava però, portò la scodella alla bocca per bere il brodo gustoso ma tra i denti rimase una pezzettino probabilmente d’osso: Toni, persona probabilmente schizzinosa sputò l’ossicino e con grande orrore scoprì che non si trattava di osso, no, ma Sguazeto.jpgdi una piccola falange, sicuramente un pezzo di dito di bambino, compresa l’unghia!.

Rimase inorridito, ma nonostante cioò ebbe la lucidità di nascondere il ditino nel fazzoletto, quindi, riposto il ritrovamento nella tasca pagò e uscì.

zandeca.jpgIn poco tempo la taverna venne invasa dai soldati della Quarantia Criminal che, luganeghe.jpgcacciando gli avventori, si ritrovarono nelle cucine ad affrontare una esperienza terribile: parti di bambini tagliati a pezzi, tritati, pronti per diventare salsicce o far parte di quel guazzetto di cui Biasio andava molto orgoglioso e la cui ricetta non aveva voluto mai confidare a nessuno.

Si narra che da molti anni a Venezia erano spariti molti bambini: Il Cargno, scoperto di flagranza di reato confessò i suoi orribili crimini.

quarantia-criminal.pngCondannato a morte, venne trascinato da un cavallo alle prigioni: qui gli furono mozzate le mani e con quelle esecuzione.jpgappese al collo venne prima torturato, quindi trasportato tra le colonne di Marco e Todaro per il supplizio finale: venne decapitato ed il suo corpo diviso in uqatro pezzi, così come aveva fatto ai bambini, e la sua testa esposta in Campo di San Zan Degolà.

La sua taverna e la casa vennero rase al suolo, e l’immagine della sua testa venne riprodotta sul muro vicino al ponte del campo, e , a ricordo di tanto orrore la riva dove anche ora approdano i vaporetti, venne chiamata Riva de Biasio.

testa d'uomo.jpgimmagine bimbo.jpgStoria di orrore, terribile che fa parte comunque del passato di questa città che comunque seppe dare (visti i tempi) una punizione esemplare ad un “mostro”, uno di quegli esseri umani Riva de Biasio.jpgdeviati, terribili, orchi che comunque continuano ad esistere, purtroppo, in tutte le nostre società.

Piccole curiosità veneziane

Ci sono piccole curiosità che riguardano Venezia, informazioni che sembrano nulla rispetto alla storia di questo Stato fantastico, ma che sono comunque rilevanti per quanto riguarda il costume e le usanze, che poi si sono estesi in tutta Europa, e di queste “piccole cose” voglio farne parte a voi:

orecchini_perle_veneziane_rosa.jpgdama con orecchini.jpgorecchini-veneziani-tp_8340738960860162534.pngPalazzo Bragadin-Carabba.jpgDa Palazzo Bragadin – Carabba , il 5 Dicembre 1525 iniziò una nuova moda, che tutt’ora è così diffusa tra le donne, e ripresa negli ultimi tempi anche dagli uomini: La nipote di Francesco Bragadin, in occasione delle  proprie nozze volle ornarsi con collane, anelli e monili vari, compresi i primi orecchini che si fossero mai visti. Il suo viso risaltò ancora più splendido contornato da quei preziosi ornamenti..e le veneziane, così attente ad ogni innovazione della moda, la imitarono, dalle nobili  alle popolane, correndo a forarsi le orecchie e sfoggiando i bellissimi o modesti monili, a seconda delle possibilità, che divennero parte integrante del corredo Orecchini di murrina.jpgdegli “ori”, i preziosi che non mancavano nelle case veneziane.

caterina_cornaro_b.jpgE per l’uso delle donne, del loro incarnato che doveva essere sempre bianco ed omogeneo dal 1763 divenne in auge  una delicata polvere bianca, profumata, che serviva proprio per la bellezza della pelle e per cospargere le parrucche delle dame e dei gentiluomini: la polvere venne chiamata cipria in stretto riferimento all’Isola di Cipro, che era stato dominio Veneziano e prima ancora l’isola di Venere, la dea della bellezza.

L’origine di questa composizione sembra provenga dalla Cina, regione già visitata da Marco Polo , da dove il famoso mercante e gli altri componenti della carovana importarono diverse spezie, usi ed abitudini.

profumiere.jpgLa fabbrica venne posta in Frezzeria, li dove prima c’era la produzione delle frecce, e la polvere venne messa in vendita presso i “musichieri” (profumieri), che dipendevano dall’ordine dei merciai. La cipria, evoluta e raffinata nel tempo viene ancora venduta in tutte le profumerie del mondo.

Nel 1600, dopo la scoperta dell’America e l’importazione in Europa di nuovi prodotti fino ad allora sconosciuti, fu introdotto a Venezia l’uso del tabacco. Le sua vendita fu delegata alle Spezierie, e la Serenissima fu il primo Stato al mondo a costituire monopolio sulla sua commercializzazione.

Già da allora si prevedeva il suo dilagante uso: dapprima venne utilizzato come prodotto da fiuto, conservato in eleganti tabacchiere, alcune prezione ed altre meno; i gentiluomini usavano farne dono galante alle dame, come racconta Casanova nelle sue memorie, alternando questi omaggi ad anelli o guanti e trine preziose.

110_frezzeria041_320X240.jpgspezieria_venezia.jpgI Nobili avevano stilato uno speciale galateo  sulla maniera di fiutare questa polvere e come utilizzare la tabacchiera. Nella prima stampa della sua Gazzetta Veneta, nel 1760, Gasparo Gozzi illustrava con toni scherzosi il vizio del gran uso delle tabacchiere veneziane.

Nel tempo invalse l’uso di fumare il tabacco con delle pipe di ceramica bianca per i nobili, e di terracotta, oggetti che si potevano costruire in casa,  per i popolani: comunque sia non si poteva fumare in strada, ma era consentito l’uso nei caffè, magari accompagnando la “pipata” con un sorso della bollente bevanda. Quale maggior piacere e distensione!!! i la bottega dello Speziale del Longhi.jpgspezieria a Venezia.jpgtabacchiera2.jpgtabacchiera 3.jpgveneziani, aperti a tutte le pipa.jpgesperienze, curiosi e gaudenti seppero dare un senso anche alla vita comune, e tutt’ora è pipe bianche.jpgPIPE1.jpgpipe in terracotta.jpgcosì!!!!!

Ott 27, 2010 - Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’Isola di Pellestrina e i suoi murazzi: tra la violenza del mare e la pace della campagna!

L’Isola di Pellestrina e i suoi murazzi: tra la violenza del mare e la pace della campagna!

Il nome iniziale di Pellestrina fu Fossionis Philistinae, o delle ” Fosse Pistrine” venendo quindi denominata Pellestrine. Nei documenti romani quest’is10pellestrina.jpgola viene ricordata come “Fosse Fistine”.

Dalle descrizioni storiche del 300 d.c. si racconta che un generale siracusano, Philistus esiliato ad Adria, fosse arrivato in questa località decidendo di rimanerci. Il territtorio era ed è delimitato dalla laguna e dal mare, nel 452 venne assediato dai barbari di Attila e nel 568 dai barbari longobardi.

Le popolazioni spaventate dall’avvento di tali orde venivano da Este e da Padova: per regolarizzare la popolazione vennero istituiti dei Tribuni, che amministrando le genti locali avevano il compito di far rispettare la Legge.

008ItaliaVeneziaPellestrina.jpgIn seguito vennero istituiti i Gastaldi Dogali che dipendevano, con tutto il territtorio da Malamocco.

Nel 1110 la sede Vescovile che qui risiedeva venne trasferita a Chioggia: con il passaggio di questi poteri per un certo periodo Pellestrina venne governata da Chioggia.

Due terribili eventi catastrofici, un terremoto ed un maremoto avvenuti nel 1104 furono la causa del ridimensionamento dell’Isola che la ridussero ad una fascia sottile di circa tredici chilometri di lunghezza e duecento metri circa di larghezza, ma estesa comunque verso il mare per circa tre, quattro chilometri.

Dopo i Gastaldi dogali l’amministrazione dell’isola venne affidata ai Podestà.

Nell’810 i francesi al seguito di Pipino la saccheggiarono, per poi venire sconfitti da veneziani, e nel 900 l’isola venne assediata dagli Ungari, e dopo la guerra di Chioggia, nel 1379 venne saccheggiata e distrutta dai Genovesi.

stemma di Pellestrina.pngpellestrina.gifCon pazienza le famiglie Scarpa, Zennaro, Vianello e Busetto, pescatori ed ortolani la ricostruirono, ed il simbolo dell’isola è il sunto dei simboli delle quattro, storiche famiglie.

Dall’inizio della Repubblica Venezia varò diverse ordinanze per la difesa delle isole dalla forza del mare. Nel 1335 i proprietari dei vigneti di Malamocco furono obbligati ad erigere degli argini molto forti.

Nel 1501 furono istituiti i tre Savi delle Acque, e nel 1600 fu ordinato che gli argini fossero alti 4 metri. Nel 1751 il Senato ordinò la costruzione dei Murazzi. Questi furono ideati nel 1716 da Padre vincenzo Coronelli, e furono costruiti da Bernardino Zendrini, ingegnere della Repubblica.

murazzi.jpgI Savi delle acque.jpgVenezia_-_Murazzi_Pellestrina.jpgPosti a difesa dalle violente mareggiate e dall’aggressione del mare i ” murazzi”erano e sono una grande muraglia alta 4 metri  e larga 14 metri di grossiblocchi di pietra d’Istria, disposti in tal maniera da provocare il primo frangimento delle onde, e per proteggere la piccola striscia costiera.

Nel 1751 sui Murazzi fu collocata una lapide che riporta quanto segue: ” I curatori delle acque posero le colossali moli di solido marmo contro il mare affinchè siano conservati in perpetuo i sacri estuari sede della Città e della Libertà”.

Tanto ancora c’è da raccontare sulla capacità e l’avvedutezza dei governanti della Venezia_-_Murazzi_-_Lapide_Zendrini.jpgcoronelli_portrait.jpgSerenissima nella conoscenza e nella capacità di prevenire ciò che il mare può comportare in una città costiera, in un così delicato equilibrio di una laguna di questo tipo: Venezia e il mare, Venezia e la Laguna, Venezia e la sua acqua…uomini illuminati ed illustri studiosi che sicuramente vivevano in simbiosi perfetta con una realtà che per Venezia è stata e continua ad essere l’essenza stessa della sua vita!

La Chiesa di S. Barnaba a Venezia e il custode del Sacro Graal

Barnaba.jpg225px-San_Barnaba.jpgNell’anno 936 venne avviata la costruzione della Chiesa di S. Barnaba apostolo , su commissione della famiglia Adorni, reduce da Aquileia. probabilmente impiantata su un precedente edificio dedicato a San Lorenzo Martire  eretto agli inizi dell’800,
Distrutta da un incendio nel 1105 e ricostruita grazie alle elemosine dei fedeli ebbe la sua prima consacrazione nel 1230 per opera di due vescovi, Francesco Mosciense, dell’ordine dei Minoriti, e beato matteo dell'ordine dei predicatori.jpgAgnellino Sudense  dell’ordine dei predicatori, di cui faceva parte anche un beato Veneziano, Giacomo Salomoni.
Maria_Maddalena.jpgSalomoni.jpg250px-SantaMariaMaddalena.jpgQuesto ordine, facente parte  dei Domenicani ha come patrona Maria Maddalena, Santa a cui la Famiglia Balbo, discendente da Ezzelino I° che aveva partecipato come Cavaliere Templare alla II° Crociata al fianco di Corrado II° re della Germania dedicò una chiesa, l’unica a pianta ovale a Venezia, sui cui campeggiano chiari simboli templari.
La Chiesa di S. Barnaba venne riconsacrata il 6 dicembre 1350 dal vescovo della diocesi cretese di Suda, su licenza di Nicolò I° Morosini, vescovo di Castello, e proprio qui, un tempio che contrariamente sanbarnaba.jpgad altri non sfoggia grandi opere d’arte ( le uniche sono il soffitto dipinto, si dice, dal Tiepolo ed una Sacra Famiglia attribuita a Veronese) è sepolto il corpo mummificato di uno dei custodi del Sacro Graal: Nicodemè de Besant-Mesurier e, si dice, venne occultamente trasportato dalla Boemia il corpo di Giacomo Casanova..in una tomba senza nome!
Enrico Dandolo.jpgCon l’avvento della quarta crociata in cui Enrico Dandolo aveva dato il suo attivo sostegno ai Cavalieri Templari, questi fecero base nella Serenissima, istituendo ospedali retti dagli ” Ospitalieri” facenti sempre parte dei Templari, ma non come confratelli armati e guerrieri, dedicati invece alla cura dei cavalieri feriti e dei pellegrini che partivano o ritornavano dalla Terra Santa.
Questa presenza templare ricorre spesso e appare in diverse tracce che si possono riscontrare tutt’ora a Venezia: Nella Basilica di S. Pietro di Castello, sede del patriarcato fino al 1800 circa, si può ammirare la Venezia_-_Chiesa_di_San_Pietro_di_Castello_-_Cattedra_di_San_Pietro.jpgcavalieri_partono_alla_ricerca_del_santo_graal.gifTC_Venezia_SRocco.jpgPalazzo Vendramin Calergi.gifCattedra di S. Pietro, dove, si dice, venne nascosto e trasportato nella Serenissima il Sacro Graal (da cui venne poi trasferito in altre città) le triplici cinte incise in una panca della facciata della Scuola Grande di San Rocco, una seconda in un’altra panca in marmo all’interno della Basilica di San Marco, la terza al Fondaco dei Tedeschi, e la scritta sulla facciata prospicente il Canal Grande di Palazzo Vendramin Calergi (l’odierno Casinò di Venezia) ” non nobis domine, sed nomini tuo da gloria”.
Sempre cercato e mai trovato il tesoro che i Templari avrebbero nascosto nell’Isola di San Giorgio in Alga, luogo Fortificazione di San Giorgio in Alga.jpgfortificato ed estremamente interessante, una delle isole della laguna sud.
E la Chiesa di san Barnaba divenne il set di alcune improbabili scene relative alla ricerca delle tombe di due custodi del Sacro Graal nel film ” Indiana Jones e l’ultima Crociata”.
Nel 1800 circa il tempio venne sconsacrato ed adibito ad abitazione di patrizi veneziani decaduti, chiamati “barnabotti” i quali sopravvivevano con sovvenzioni o lavorando presso il Casinò di Venezia.
Tante tracce, tante coincidenze…misteri che portano lontano..sia nel tempo che nei luoghi ma che affascinano ..in attesa di nuove tracce e nuove possibili scoperte!

I Santi che dall’alto delle colonne vegliano su Venezia

Colonne di Marco e Todaro verso il bacino di San Marco.jpgChi giunge a Venezia dal bacino di San Marco vede svettare due colonne: l’una sorregge la statua di un guerriero che uccide il drago, l’altra un mostruoso leone. Sia il guerriero che il leone si ergono come simboli e custodi di questa città, prima Stato e Repubblica, che ha dominato i mari europei.

Gli affusti di granito in origine erano tre, e vennero caricate a Costantinopoli, dopo essere state razziate in Oriente, su tre navi diverse: due raggiunsero il porto, la terza invece affondò. Vennero poste in piazzetta ed innalzate soltanto un anno dopo, con l’aiuto di Nicolò Barattieri nel 1172, lo stesso costruttore che un anno dopo realizzò a Rialto il primo ponte fisso in legno.

S. Todaro su colonna.jpgSu queste due colonne vennero poste, in quella più vicina alla biblioteca Marciana la statua marmorea di San Todaro, santo guerriero, conosciuto come Teodoro D’Amasea (Anatolia), originario dell’Oriente ma legionario di Galerio Massimiano proprio in quella città. Egli fu martirizzato per essersi rifiutato di fare sacrifici agli dei, ed aver dato fuoco al tempio di Cibèle.

250px-Venezia_-_Chiesa_di_San_Salvador.jpgSan Todaro 3.jpgSan Todaro 1.jpgSan Teodoro.jpgVenne arso vivo, e i suoi resti tumulati a Euchaite, vicino ad Amasea (odierna Aukhat in Turchia) che nel decimo secolo venne chiamata Teodoropoli. E da qui nacque il suo culto, che si propagò per tutto l’Oriente e successivamente all’Impero Bizantino.Si racconta che i suoi resti vennero asportati e portati a Venezia, dove divenne il primo patrono della Città: ora la teca è collocata nella chiesa di San Salvador.

 

Come ogni santo guerriero viene ritratto nella statua San todaro.jpgnell’atto di uccidere un drago, metafora del bene che vince il demonio in quanto questo rettile, che emette San Todaro 5.jpgdrago.jpgSan Todaro 2.jpgfuoco, e con il suo alito distrugge qualsiasi forma di vita è l’immagine stessa del maligno.

Leone sulla colonna.jpgSull’altra colonna è posta l’immagine in bronzo di uno strano leone: statua molto antica che raffigurava una chimera, a cui vennero aggiunte le ali per completare la figura di un leone alato, e raffigura San Marco, il secondo e attuale patrono di Venezia.

0425San%20Marco%20Evangelista%203.jpgMarco, il cui nome ebraico era Giovanni, fu uno dei primi battezzati da Pietro, il quale lo chiamava “figlio mio ” in senso spirituale. Figlio di una donna benestante, Maria, che metteva la sua casa a disposizione di Gesù e degli Apostoli, e nella quale sembra sia stata consumata l’ultima cena, ascoltò con cura tutti i racconti dei loro viaggi, e scrisse il suo vangelo tra il 50 e 60 a Roma.

evangelista%20san%20Marco.jpgPietro in seguito lo inviò ad evangelizzare l’Italia settentrionale, e durante il viaggio, sorpreso da una tempesta, approdò alle isole realtine, il primo nucleo di Venezia, e qui si addormentò e fece un sogno: un Angelo che lo salutava dicendogli: ” Pax tibi marce evangelista meus”, e gli promise che in quelle isole avrebbe dormito in attesa dell’ultimo giorno.

Venne martirizzato mentre cercava di evangelizzare Alessandria: trascinato per la strada per tutto un giorno, quindi rimesso in carcere e qui, durante la notte, venne confortato da un angelo: l’indomani, il 25 Aprile dell’anno 72 circa, venne di nuovo trascinato per strada e morì.

Le spoglie vennero dapprima tumulate presso la chiesa di Canopo di Alessandria, che venne in seguito incendiata dagli Arabi nel 644, ma venne ricostruita dai Patriarchi di Alessandria, Agatone (662-680) e Giovanni di Samanhud(680-689).

Marco_mosaico.jpgQui giunsero i due mercanti veneziani Buono da Malamocco e Rustico da Torcello che si impadronirono della reliquia, la nascosero nella carne di maiale, considerata impura dagli arabi, e la portarono a Venezia, e accolte con grandi onori dal Doge Giustiniano Partecipazio, e poste provvisoriamente in una cappella dove si trova ora presumibilmente il tesoro di San Marco.

basilica_san_marco_venezia_italia1.jpgIl doge iniziò subito i lavori di costruzione della Basilica, che fu portata a termine nell’832 da fratello Giovanni, suo successore; Dante  nella sua Commedia scrive: Cielo e mare vi posero mano” parlando della bellezza dei marmi policromi, degli intarsi, dei mosaici.

La Basilica fu consacrata sotto il dogado di Vitale Falier il 25 aprile 1094, e durante la cerimonia, preceduta da tributi di preghiere, digiuni e penitenze in quanto la reliquia non si trovava più, il vescovo spezzò inavvertitamente il rivestimento in marmo di un pilastro, e qui apparve la teca, che emanava un profumo dolcissimo. Da quell’istante la Serenissima e San bassorilievo.jpgIl_leone_di_San_Marco_02.jpgleone_di_san_marco.pngMarco divennero un tutt’uno, e il suo simbolo, il leone alato che posa la zampa sul libro in cui è scritto: ” Pax tibi marce evangelista meus” , è diventato il simbolo e l’emblema di Venezia.

Ecco quindi che i due patroni e custodi della Serenissima, il Santo Guerriero ed il Santo evangelista che dall’alto delle loro colonne sembrano affrontare tutto il mondo, dal bacino di San Marco; più prosaicamente sotto alle colonne furono costruite in epoca medievale delle botteghette in legno per poi dedicare quello spazio per il patibolo, Colonne e Piazzetta.jpgTorre%20orologio.jpgdove vennero portate a termine esecuzioni importanti e storiche, e sembra che i condannati fossero posti con la faccia rivolta alla torre dell’orologio, per fare vedere loro l’ora della loro morte, e gli veniva detto ” te fasso vedar mi che ora che xe” ( ti faccio vedere io che ora è). Da allora il passare tra le due colonne divenne di cattivo auspicio per i veneziani.

Ma questa è un’altra storia!

 

 

 

 

 

La Tana a Venezia: dai Canapi alle “Forze d’Ercole”.

navi.jpgArsenale.jpgLa supremazia della Serenissima nei mari era frutto, oltre che dalla capacità politica e diplomatica dei suoi governanti, alla vocazione mercantile che portò grazie a Venezia un forte sviluppo nelle scienze, nelle arti e nell’approfondito studio e ricerca per quanto riguardava nuove terre da scoprire, in tutta Europa.

E nell’arsenale, il centro più importante di questa superiorità marittima, venivano costruite tutte le componenti delle navi sia da guerra che mercantili. Abbiamo già parlato degli arsenalotti, gente fidata e competente, e il luogo stesso, racchiuso da imponenti mura rendeva ancor più imponente il lavoro li svolto.

Tra le componenti importanti delle navi vi erano le gomene ed altre funi, di diverse grossezze, che dovevano arsenale-di-venezia.jpgessere utilizzate per le vele e per altri scopi, e la realizzazione di questi canapi si svolgeva in una parte dell’Arsenale, chiamata La Tana.

L’Arsenale stessa ed il Campo della Tana, a Castello, erano collegati da una piccola porta, che ora è stata chiusa. Il 21 Agosto 1539 l’Ufficio della Tana viene nominato in un decreto dello Stato Veneziano.

Canapa.jpgCampo della Tana all'Arsenale.jpgL’Ufficio della Tana era istituito da tre magistrati patrizi denominati dal Senato Ufficiali della Camera del Canevo, assieme ai Visdomini della Tana nel 1589 avevano la loro sede in Campo della Tana.

In questo luogo si può notare lo stemma del Doge Pasquale Cicogna, con gli stemmi dei Badoer, Bembo ed Erizzo, nominati allora i tre Visdomini della Tana.

I Conzacaveni (acconciatori di canape) avevano preso a loro sede d’arte la Chiesa di Doge Cicogna.jpgfamiglia Badoer.jpgErizzo.jpgSan Biagio, presso l’altare dei Sette Dolori, sotto il Chiesa di San Biagio.pngPatrocinio della Santissima Croce.

S. Giovanni in Bragora.jpgNel 1488 la Scuola dei Filacanevi si trasferì alla Chiesa di San Giovanni in Bragora. Tra il 1700 e il 1800 il Campo della Tana venne scelto  dagli abitanti del Sestiere di Castello Campo della Tana.jpgforze.jpgforze-ercole.jpgForze%20di%20Ercole.jpgFondamenta e Rio della Tana.jpgPonte sul Rio della Tana.jpgper organizzare il giovedì grasso i loro giochi delle ” Forze d’Ercole “prove di equilibrio e di agilità i castellani creavano delle alte piramidi umane che si reggevano su un tavolato sorretto da panche.

Luoghi veramente suggestivi, carichi di storia e di storie, luoghi semplici che conservavano i preziosi segreti di un’Arsenale che per secoli costruì tra le più belle  e potenti navi che solcarono i mari.

 

Breve passeggiata tra i ricordi del Sestier di dorsoduro a Venezia

I sestieri di Venezia.gifLa denominazione del sestiere di Dorsoduro viene fatto risalire o all’aspetto toponomastico del terreno, formato a guisa di dorso, e dall’aspetto geologico, molto compatto e solido, o dal nome di una delle famiglie che per prime venne a dimorare in queste terre, i Dosduri di Padova, che si insediarono verso il 200 o 300 d,C.

Anticamente la località venne denominata Deursum Turris Dorsoduri: in questa parte della città vennero erette delle mura di difesa identiche a quelle costruite nel Castello del Forte di S. Rocco, che si collegavano a Dorsoduro, ed erano unite tra loro da alte mura di cinta, munite di grosse torri. Nei tempi remoti la città aveva poche abitazioni e cittadini che si dedicavano alla coltivazione degli orti ed all’allevamento degli animali domestici.

Un pò alla volta la zona  divenne parte integrante di Venezia nascente, e qui permangono ancora tracce di vecchi mestieri, oltre che a palazzi imponenti e riccamente decorati.

300px-PI5D9E~2Ca%27_Rezzonico.jpgMuseo Gugghenhaim.jpgvenice_gallerie_accademia_2.jpgCà Dario.jpgIn questo sestiere si può ammirare Cà Dario, il palazzo magnifico quanto maledetto in quanto tutti i proprietari sono morti di morte violenta, i Musei dell’Accademia, nel Campo della Carità, antico convento che nel 1619 la Serenissima destinò ad un’Accademia o Collegio per giovani patrizi, ma lo scarso numero delle iscrizioni e delle frequenze convinse gli amministratori preposti ad accogliere soltanto figli di famiglie povere, e i loro studi venivano finanziati con le entrate pubbliche: le materie che venivano loro insegnate erano la grammatica, la Religione, matematica e tecnica della musica.

La sede dell’Università di Cà Foscari è un altro dei numerosissimi palazzi famosi, la sede del Museo Guggheneim, la Chiesa di San Barnaba dove si racconta che sia sepolto il guardiano del Sacro Graal Nicodemè de Besant- Mesurier ed in cui vennero girate alcune scene del film  Indiana Jones e l’ultima crociata,  ed il famoso ponte dei pugni, dove i  si sfidavano in sanbarnaba.jpgCà Foscari.jpgPonte dei Pugni 1.jpg250px-Orma_Ponte_Pugni_1.jpgstrenue “scazzottate” i rappresentanti dei sestieri di Castello e quelli di S. Niccolò dei Mendicoli, sotto il patrocinio ponte-dei-pugni.jpgdel Doge, che in questo modo riusciva a calmare gli animi dei rivali facendo in modo che cadessero in acqua e non si ammazzassero, ed avendo l’accortezza di tenere sempre ripulito il canale in modo che le cadute fossero indolori. Esplicative sono le orme in pietra d’Istria inserite sul Ponte che allora era senza spallette, da dove dovevano fronteggiarsi i contendenti.

Squero con gondola.jpgSquero di S. Trovaso.jpgQui esiste l’ultimo, suggestivo e storico squero di Venezia, in località San Trovaso, dove ancora si costruiscono le gondole con i materiali, l’arte e la maestria dei vecchi maestri d’ascia Veneziani.

dorsoduro-piscina-venier-T.jpgPiscina S. Agnese a Dorsoduro.jpgNei secoli passati in questa zona, come in altri sestieri di Venezia, esistevano dei laghetti o degli stagni chiamati piscine, dove gli abitanti facevano il bagno o lavavano i panni, in seguito questi vennero interrati, ma rimasero i nomi, come Piscina Venier o Piscina S. Agnese

Chiovere%20di%20San%20Rocco.jpgLe tracce dei tintori di lana o di tessuti si possono ritrovare nelle “chiovere” che erano dei campi dove venivano stese le stoffe appena tinte ad asciugare, e a Palazzo Palazzo Gaffaro con pietre forate.jpgPalazzo Gaffaro 1.jpgGaffaro in fondamenta Gaffaro appaiono sulla facciata delle pietre d’Istria forate e fatte ad anello, in cui, si dice, venivano inseriti dei pali dove si appendeva la lana filata e tinta.

Naturalmente ogni Palazzo, Chiesa o elemento di cui ho parlato meritano di essere trattati singolarmente, ma un’immagine d’insieme di una piccola parte di Venezia, che è una piccola ma splendida “bomboniera”, che racchiude in un limitato  territtorio arte, storia dell’artigianato, mestieri, cultura,e storia, per la gioia di noi veneziani e di chi veneziano lo è nell’animo e nell’amore che porta verso questa città, patrimonio del mondo!