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Dic 26, 2010 - Alchimia, Personaggi    2 Comments

L’Elisir di lunga vita del Conte di Saint Germain

Il Conte di Sain Germain1.jpgConte di Saint Germain.jpgimagesCA1VXMQP.jpgIl primo incontro tra Giacomo Casanova ed il Conte di Saint Germain avvenne a Parigi, nel 1761, ad un pranzo a cui parteciparono diversi nobili, tra cui la Marchesa d’Urfè, donna legata ai misteri della pietra filosofale, della magia ed esoterismo, di Marchesa d'Urfè.jpgscritti della Marchesa d'Urfè.jpgcui parlerò più avanti.

Casanova ci racconta nelle sue memorie che quest’uomo non mangiava, chiacchierava tutto il tempo, parlando di qualsiasi argomento, specialmente di chimica;   sosteneva di possedere la medicina universale, di poter fare tutto quello che voleva con la natura, di poter fondere una dozzina di diamanti piccoli per farne uno più grande e di purissima acqua senza che il peso diminuisse; affermava inoltre di aver almeno trecento anni.

Era invitato continuamente ai pranzi nelle migliori case di Parigi, anche se appunto non mangiava, sostenendo che la sua vita dipendeva da come si nutriva. Usava far dono alle donne di cosmetici per dare alla loro pelle un aspetto migliore e più giovane.

zecchino d'oro.jpgA questo incontro ne fecero seguito altri, e ad uno di questi, a casa del Saint Germain questi si fece dare dal Casanova una moneta di rame, la immerse in un liquido, e questa divenne d’oro zecchino.

180px-Count_of_St_Germain.jpgE’ vero comunque che dimostrava sempre circa 40 anni, poi cominciò lentamente ad invecchiare, fino al 1784, anno in cui scomparve, e tutti pensarono che fosse morto, ma riapparve esattamente un anno dopo, a presiedere una riunione di massoni, ringiovanito, ancora esteticamente  quarantenne.

Dimostrò doti di conoscenza paranormale, invitato proprio da Re Luigi XV che, incuriosito per una vicenda accaduta nel 1701 a Parigi lo voleva mettere alla prova: in Rue Hirondelle a Parigi viveva un tale Dumas.Egli passava le giornate in soffitta con storte ed alambicchi. Ogni venerdì pomeriggio alle cinque andava a  trovarlo un orribile ometto, saliva da lui, stava un pò, poi se ne andava.

Il 31 dicembre 1700 l’ometto arrrivò alle dieci del mattino, salì e poi tornò via.La moglie del Signor Dumas non vedendo scendere il marito, salì, ma trovò la stanza vuota.
A questo punto il Conte di Saint Germain disse al re che chi era andato a fare le indagini non aveva visto una botola che si trovava nel pavimento della cucina, nascosta da tavole di legno, e che dentro alla botola avrebbero ritrovato lo scheletro dell’uomo, che si era avvelenato.Al che il re gli chiese se l’ometto fosse il Demonio, ed  il Conte rispose che lui il Diavolo lo conosceva bene e andava spesso a fargli visita.imagesCA76U720.jpg

Fatti i dovuti sopralluoghi ecco che si appurò quanto affermato dal Conte.

Durante un successivo incontro il Re chiese al Conte di svelargli il segreto di questa sua dote, ma egli rispose; Maestà, potrò svelarvi questi segreti soltanto se voi farete parte dei Rosacroce.

Si narra inoltre di un misterioso quanto significativo incontro tra il Conte di Saint Germain, il Conte di Cagliostro e Giacomo Casanova che ebbe come testimone il portale della Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia, complice l’oscurità della notte e l’appartenenza dei tre ai Rosacroce, legati alla magia, all’alchimia e la convinzione di poter raggiuinere il segreto della Pietra Filosofale, quindi della vita eterna.

Nella chiesa di Arles c’è una lapide con scritto: quello che si faceva chiamare Conte di Saint Germain e di Weldom , di cui non si sa altro, giace in questa chiesa.Peccato che aperta la pietra tombale il sacello è risultato vuoto.
reves-et-voyages_eu_bkumbria_1206626887.jpg

Nov 25, 2010 - Alchimia, Esoterismo, Luoghi    2 Comments

Alchimia ed Ermetismo alla Biblioteca Marciana di Venezia

L’alchimia è la scienza della trasformazione e si interroga principalmente sui processi inerenti all’uomo e alla natura. Lo scopo dell’ alchimista è appunto comprendere questi processi e utilizzarli a vantaggio dell’uomo, si tratti di trasformare il piombo in oro o l’uomo in Dio.

Nel 1330 Pietro Bono da Ferrara definì il lavoro dell’alchimista ” ricerca di ciò che non c’è ancora”.

imagesCAPAZTAI.jpgI più antichi testi di alchimia sono redatti in lingua greca, sebbene siano stati composti per lo più in imagesCAJ0ZI4U.jpgCodedx Marcianus.jpgEgitto. Gli scritti si conservano in copie bizantine del X – XI secolo, la più famosa delle quali è costituita dal Codex Marcianus, conservato appunto nella Biblioteca Marciana a Venezia.

Quando nel 1453 Costantinopoli cadde in mano ai Turchi, Bessarione si assunse la responsabilità di salvaguardare per i posteri il patrimonio letterario greco. Prese così a procacciare manoscritti.Corpus Hermeticum.jpgBessarione.jpgEgli raccolse numerose copie del Corpus Hermeticum ed una copia dell’Aselepus latino. La copia latina del corpus Hermeticum venne pubblicata , sotto il titolo di Primander nel 1497 a Treviso, e poi ripubblicata diverse volte a Venezia.

Corpus Hermeticum 1.jpgQuasi tutti i manoscritti ermetici raccolti da Bessarione vennero quindi da lui donati alla Biblioteca veneziana, e tra questi possiamo nominare un esemplare di Kyrandes, accanto ad alcune raccolte alchemiche tradotte dall’arabo in latino.

 

Dono di Bessarione.jpgAlcuni sono molto noti, come l’Aureum Opusculum, il Septem Tractatus Hermetis e, il più importante Hypnerotomachia Poliphili, ( di cui parlerò a parte) qui conservati anche nella loro versione originale. Quasi del tutto ignoto invece  il Liber Hermetis de arte alchimiae con il commento di Galienus Alpochin, e Ermete Tr.jpgErmete.jpgl’Expositio dictorum Aristotelis, ed Hermetis super secreta secretorum de mutatione naturae contenente per la prima volta la versione “vulgata” della Tavola Smeragdina (o Smeraldina) di Ermete Trismegisto.Tavola Smaragdina.jpg

Altra tavola smaragdina.jpgIn un altro manoscritto, Secreta Hermetis vengono discusse le corrispondenze tra metalli e pianeti. Alla Marciana è pure esposta la biografia di Ermete in cui si parla non solo delle tre figure nate sotto questo nome, ma anche dei suoi allievi Ascolapio, Ammone Empedocle e  Platone. Platone.jpgEmpedocle.jpgL’ermetismo a Venezia è legato non solo ai testi che in gran quantità si trovano riuniti in questa ricchissima biblioteca, ma anche al nome del francescano Francesco Giorgio, detto Zorzi, Arcangelo da Borgonovo, Giulio Camillo delminio, ed al medico danese Peter Severinus, il primo medico Paracelso.jpgallievo di Paracelso ad esercitare la professione a Venezia .

Galeno.jpgAristotele.jpgLo svizzero Theodor Zwinger in veste di precettore espose ad alcuni patrizi veneziani le opere di Aristotele e Galeno, prima di scoprire, a suo dire, la grandezza di Paracelso. Ed infine Giordano Bruno, che dopo il suo ritorno in Italia trascorse gli ultimi giorni a Venezia, prima di essere denunciato ed arrestato dall’inquisizione, con il successivo trasferimento a Roma Giordano Bruno.jpge la conseguente morte sul rogo.

La Chiesa di S. Barnaba a Venezia e il custode del Sacro Graal

Barnaba.jpg225px-San_Barnaba.jpgNell’anno 936 venne avviata la costruzione della Chiesa di S. Barnaba apostolo , su commissione della famiglia Adorni, reduce da Aquileia. probabilmente impiantata su un precedente edificio dedicato a San Lorenzo Martire  eretto agli inizi dell’800,
Distrutta da un incendio nel 1105 e ricostruita grazie alle elemosine dei fedeli ebbe la sua prima consacrazione nel 1230 per opera di due vescovi, Francesco Mosciense, dell’ordine dei Minoriti, e beato matteo dell'ordine dei predicatori.jpgAgnellino Sudense  dell’ordine dei predicatori, di cui faceva parte anche un beato Veneziano, Giacomo Salomoni.
Maria_Maddalena.jpgSalomoni.jpg250px-SantaMariaMaddalena.jpgQuesto ordine, facente parte  dei Domenicani ha come patrona Maria Maddalena, Santa a cui la Famiglia Balbo, discendente da Ezzelino I° che aveva partecipato come Cavaliere Templare alla II° Crociata al fianco di Corrado II° re della Germania dedicò una chiesa, l’unica a pianta ovale a Venezia, sui cui campeggiano chiari simboli templari.
La Chiesa di S. Barnaba venne riconsacrata il 6 dicembre 1350 dal vescovo della diocesi cretese di Suda, su licenza di Nicolò I° Morosini, vescovo di Castello, e proprio qui, un tempio che contrariamente sanbarnaba.jpgad altri non sfoggia grandi opere d’arte ( le uniche sono il soffitto dipinto, si dice, dal Tiepolo ed una Sacra Famiglia attribuita a Veronese) è sepolto il corpo mummificato di uno dei custodi del Sacro Graal: Nicodemè de Besant-Mesurier e, si dice, venne occultamente trasportato dalla Boemia il corpo di Giacomo Casanova..in una tomba senza nome!
Enrico Dandolo.jpgCon l’avvento della quarta crociata in cui Enrico Dandolo aveva dato il suo attivo sostegno ai Cavalieri Templari, questi fecero base nella Serenissima, istituendo ospedali retti dagli ” Ospitalieri” facenti sempre parte dei Templari, ma non come confratelli armati e guerrieri, dedicati invece alla cura dei cavalieri feriti e dei pellegrini che partivano o ritornavano dalla Terra Santa.
Questa presenza templare ricorre spesso e appare in diverse tracce che si possono riscontrare tutt’ora a Venezia: Nella Basilica di S. Pietro di Castello, sede del patriarcato fino al 1800 circa, si può ammirare la Venezia_-_Chiesa_di_San_Pietro_di_Castello_-_Cattedra_di_San_Pietro.jpgcavalieri_partono_alla_ricerca_del_santo_graal.gifTC_Venezia_SRocco.jpgPalazzo Vendramin Calergi.gifCattedra di S. Pietro, dove, si dice, venne nascosto e trasportato nella Serenissima il Sacro Graal (da cui venne poi trasferito in altre città) le triplici cinte incise in una panca della facciata della Scuola Grande di San Rocco, una seconda in un’altra panca in marmo all’interno della Basilica di San Marco, la terza al Fondaco dei Tedeschi, e la scritta sulla facciata prospicente il Canal Grande di Palazzo Vendramin Calergi (l’odierno Casinò di Venezia) ” non nobis domine, sed nomini tuo da gloria”.
Sempre cercato e mai trovato il tesoro che i Templari avrebbero nascosto nell’Isola di San Giorgio in Alga, luogo Fortificazione di San Giorgio in Alga.jpgfortificato ed estremamente interessante, una delle isole della laguna sud.
E la Chiesa di san Barnaba divenne il set di alcune improbabili scene relative alla ricerca delle tombe di due custodi del Sacro Graal nel film ” Indiana Jones e l’ultima Crociata”.
Nel 1800 circa il tempio venne sconsacrato ed adibito ad abitazione di patrizi veneziani decaduti, chiamati “barnabotti” i quali sopravvivevano con sovvenzioni o lavorando presso il Casinò di Venezia.
Tante tracce, tante coincidenze…misteri che portano lontano..sia nel tempo che nei luoghi ma che affascinano ..in attesa di nuove tracce e nuove possibili scoperte!

Sfiorando la laguna

gondola.jpgcanal grande.jpgVenezia, proprio per le sue caratteristiche peculiari, ha dovuto usare le via acquee per i trasporti. La gondola, per le sue caratteristiche di manovrabilità e velocità è stata, fino all’avvento dei mezzi motorizzati, il mezzo più adatto per il trasporto delle persone.

E’ l’unica imbarcazione al mondo lunga ben 11 metri e pesante più di 600 Kg. e a poter essere manovrata con leggerezza e apparente facilità da una sola persona e con un solo remo, ed è diventata il simbolo più  divulgato della città di Venezia.

Ed è unica come la città che rappresenta: innanzi tutto è asimmetrica, il suo lato sinistro è di 24 cm. più lungo di quello destro, per cui naviga sempre inclinata su di un fianco. Ha il fondo piatto che le consente di superare anche fondali di pochi centimetri.

imagesCAHELXJD.jpgimagesCA658MJT.jpgPer la sua esecuzione sono adoperati ben otto tipi di legno diversi, e sono ben 280 le parti che la compongono.
I soli elementi di metallo sono “il fero”: sei denti di prora (davanti) la cui forma ad S dovrebbe simulare la sinuosità del Canal Grande, e la lunetta posta sotto uno stilizzato corno dogale il ponte di Rialto, mentre i sei denti rappresentano i sei sestieri in cui è divisa Venezia, quello che volge all’interno della gondola simboleggia la Giudecca, ed il ferro di poppa , chiamato “risso” (cioè riccio).

Questa barca così particolare è stata il mezzo per ottenere uno sviluppo commerciale, una opportunità di imagesCAUY800D.jpgestendere il tessuto più intimo di Venezia, Infatti la nascita, l’edificazione e la crescita di questa città sono stati possibili solo risolvendo  in maniera ottimale il problema del trasporto acqueo: da sempre con barche si è approvvigionata la città, da sempre il mezzo acqueo ha consentito i commerci, e tutt’ora la viabilità acquea è essenziale per la vita cittadina.

Già nella prima metà dell’XI secolo  il prefetto Cassiodoro, rivolgendosi ai tribuni marittimi della Venezia, le massime autorità civili della laguna, usa queste parole: ..e mentre di solito si legano alle porte di casa gli animali, voi, alle vostre case di vimini e canna, legate le vostre barche…”

imagesCAWD3JIQ.jpgSi può azzardare l’ipotesi che il veneziano dei primordi prima di essere pescatore o commerciante debba essere costruttore e carpentiere navale. Poco a poco questo abitante di laguna, che costruisce e utilizza la sua imbarcazione per pesca e commercio, elabora e perfeziona la tecnica costruttiva.

Ed ecco il mestiere dello Squerarolo, che negli appositi luoghi, chiamati squeri, nome derivato  da un attrezzo utilizzato per la costruzione, la squadra, detta in dialetto “squera”  costruivano  tutti i tipi di imabarcazione, comprese le navi che contribuirono a far di Venezia la Serenissima Repubblica; in seguito queste furono imagesCA8CHGEJ.jpgrealizzate  all’interno dell’Arsenale che divenne il fulcro e la sede della cantieristica veneziana.

imagesCAQW01SN.jpgLa gondola nacque come mezzo privato per gente di un certo rango, e veniva utilizzata per imagesCAJUI7X5.jpgspostarsi da una parte all’altra della città, per prendere il fresco nelle notti estive, sfoggiare la propria eleganza, conversare con i passeggeri delle gondole vicine, oltre a compiere tutta una serie di usi che rendevano questa barca silenziosa e meravigliosa un territtorio privato fungente da casa, ma anche da bisca, ambasciata, nido d’amore e altro ancora. Nei secoli passati veniva usato anche il “felze” una copertura notturna o invernale, o soltanto per starsene in privato, che era dotato di una porta, una finestra scorrevole con veneziana e tendina, di specchi e di uno scaldino.

Ci sono diverse versioni sul motivo del loro colore: il nero; una narra che dopo l’epidemia di peste del 1500 il Senato le facesse dipingere tutte di quel colore in segno di lutto, ma bisogna sapere che allora per la Serenissima il lcolore del lutto era il rosso, un’altra, e la più probabile riguarda una sorta di gara, di escalation tra i nobili per rendere la propria barca più ricca e sfarzosa delle altre: fu il 18 aprile del 1633 che il Magistrato alle Pompe decretò che queste venissero rese molto più essenziali e tutte uguali, di colore nero. 

images.jpgNon tutti potevano permettersi una gondola, per cui esistevano gondole adatte per attraversare il Canal Grande, molto imagesCAGXP4JF.jpgsimili ai gondoloni da parada, che si usano anche oggi per il traghetto. Ancor oggi, con poca spesa, i veneziani si fanno traghettare da queste barche, molto simili alle gondole.

Una barca  fuori dal comune per una città unica che convive e condivide la propria vita con l’acqua, città magica, misteriosa, fatta anche di silenzi, luoghi appartati, calli strette e buie da cui si esce in un campo meravigliosamente assolato, l’orizzonte lontano ad intuire isole, campanili..suoni di voci, odori di cibo che inondano i campielli….

 

 

Hypnerotomachia Poliphili, alle basi dell’ Alchimia a Venezia

pagine di Hypnerotomachia 2.jpgAlchimia.gifimagesCAOK6GS1.jpgUno dei più  importanti libri che fanno  parte del ricco tesoro dei beni della Biblioteca Marciana edito  in due volumi da Aldo Manuzio nel 1499 è Hypnerotomachia Poliphili, corredato da 196 xilografie,la maggior parte opera del Mantegna, e decorato con glifi di Francesco Griffo. E’ uno dei libri base dell’alchimia, in cui, attraverso la storia narrata l’autore cerca di guidare l’alchimista attraverso le varie trasformazioni per raggiungere con successo “l’Opera compiuta”: la pietra filosofale.

hyp.jpgL’autore è anonimo, e cercando e desumendo è stato attribuito di volta in volta a Pico della Mirandola, Leon Battista Alberti, Lorenzo de Medici ed infine, grazie ad un acrostico contenuto nel testo, formato dalle iniziali dei 38 capitoli, a Francesco Colonna, una frate della Chiesa di SS. Giovanni e Paolo  (Venezia, 1439 – 1527),

Il racconto descrive il sogno fatto da Polifilo che tratta di un combattimento amoroso. Si tratta della metafora della trasformazione che avviene in Polifilo per tramutare l’amore carnale nella purezza Pagine di Hypnerotomachia Poliphili.jpgdell’amore Illustrazione 2.jpgplatonico.

E’ il percorso che ogni uomo deve fare per avere contatto con se stesso e le proprie capacità di interagire con la spiritualità, con il divino e con il  misterioso.

Il sarcofago di Marte e Venere e Adone.jpgillustrazione.jpgEcco che egli descrive la morte di Adone, amato da Venere, ed una xilografia rappresenta il suo sarcofago, particolarmente emblematico: da una parte è rappresentata Venere che viene punta da una rosa, il combattimento di Adone con Marte, la morte di Adone e lo svenimento di Venere.

Dall’altra parte è rappresentata invece Venere seduta che allatta Cupido, il suo piede viene baciato da Polifilo , indice di adorazione. Due frasi sono iscritte sui due lati del sepolcro: ADONIA in riferimento alle feste annuali che Venere dedicava al giovane morto, e IMPURA SUAVIAS, che potrebbe riferirsi alla lettura morale del morto in riferimento all’exemlpum libidinis, che è Adone, in contrasto con il purissimo sangue versato da Venere per quell’amore.

l'amante.jpgLa lettura in chiave neoplatonica ha orientato parte della critica a fare del sarcofago descritto da Colonna un riferimento alla lettura delle scene analoghe rappresentate nel sarcofago dipinto da Tiziano, quello L'amor Sacro e l'amor Profano di Tiziano.jpgdell’Amor Sacro e dell’Amor Profano.

le trasformazioni in alchimia.jpgMetamorfosi di Ovidio edizione di Venezia.jpgL’attinenza con le Metamorfosi di Apuleio, nel racconto contenuto, della storia di Amore e Psiche, dove l’unione tra Amore (il corpo) e Psiche (la mente) comporta sofferenze e dolori a Psiche, e le  Metamorfosi di Ovidio è quanto mai evidente.

Apuleio, metamorfosi, l'asino.jpgAmore e Psiche dalle metamorfosi di Apuleio.jpgLa aracna dalle Metamorfosi di Ovidio.jpgmetamorfosi quindi prima  dell’uomo e poi degli elementi naturali.

dalle Metamorfosi di Ovidio.jpg06f439b19ff89b185523f36986dd9ee3.jpgDa qui il riferimento dell’Hypnerotomachia Poliphily e la  Tempesta di Giorgione, rosacrociano (Gallerie dell’Accademia a Venezia),Quadro di cui vi avevo appena accennato,alla simbologia così legata, e  la relazione del quadro con il libro risulta quasi stupefacente .

Adorazione di Venere con Cupido.jpgVi sono rappresentati tutti gli elementi della natura, in cielo e in terra, e la donna che allatta può essere Iside, Venere, Demetra, Cerere, la Grande Madre insomma, tanti nomi con cui viene definita la dea MyriaYme, che ricorda da vicino Myriam, il nome Maria, sacro per i Cristiani, vergine e madre.

Giu 5, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

La mummia egizia, gli Armeni e Venezia

Tra le varie comunità che fanno parte del tessuto della popolazione veneziana, fanno parte anche gli Armeni.

COLLAR9.gifLa loro è una presenza connotata nella città, a partire dal Collegio, uno dei più grandi del mondo, frequentato quasi totalmente da armeni, di elevatissima difficoltà per cui, una volta licenziati, gli studenti possono frequentare qualsiasi università nel mondo.487296.jpg

imagesCA2SJQ3H.jpgLa lingua è difficilissima, anche perchè ogni fonema ha un simbolo; e da questo si può benissimo capire che queste persone sono in grado di parlare perfettamente diverse lingue.

Il popolo è cristiano dall’inizio del cristianesimo (erano infatti armeni gli Apostoli Taddeo e Bartolomeo), ed il culto cristiano è stato adottato come religione nazionale molte tempo prima che nell’Impero Romano.imagesCAXO6DW3.jpg

TKmag46667e4d7cda5.jpgcale e sotoportgo.jpgPoco distante una calle, la Calle degli Armeni è il cuore del nucleo abitativo (composto principalmente da commercianti), e in fondo il “sotoportego de Armeni” fatto di legno, da cui, attraverso una porticina, sempre in legno, si accede alla Chiesa di S. Croce degli Armeni.imagesCAIPO7OV.jpg

Esternamente pare un’abitazione qualunque, l’unica cosa che si nota è il campanile, fatto a cippolletta. L’edificio fu concesso agli armeni nel 200, e poi venne ampliato nel 600, ed è l’unica chiesa rimasta funzionante nel medio evo a Venezia.

imagesCAJQQSKR.jpgNel 1700 cominciò in Armenia una persecuzione contro i cattolici, tanto che il monaco Manug de Pierre, detto il Mechitar (il consolatore), che in terra natale aveva fondato molti monasteri, dovette fuggire prima in Grecia e poi, nel 1715 a Venezia.

imagesCAAJFN2P.jpgQui la Serenissima gli destinò un’isola precedente adibita a lebbrosario, e abbandonata già da due secoli circa: l’isola di S. Lazzaro, poco distante dal Lido

imagesCA1EIT2N.jpgimagesCA2CXBKG.jpgChiesa.jpgQui venne fondato un nuovo convento dalla congregazione Mechitarista, nel 1717, sulle rovine degli edifici preesistenti, ed al convento si unì un importante centro culturale armeno.

Nelle librerie del convento sono contenuti più di un milione tra libri e manoscritti, alcuni decorati con pietre preziose, di valore inestimabile, e nella biblioteca detta Europea i vetri delle finestre sono quelli originali, fatti a mano.

imagesCALTXSRU.jpgMa in assoluto i manoscritti più importanti sono un papiro indiano, il Corano di Murzad il Sanguinario (un sultano turco), e l’unica copia al mondo del libro di Colistene, sulla vita di Alessandro Magno; l’originale in lingua greca andò distrutto durante l’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto.

Splendidi anche alcuni reperti non armeni, come un trono indiano del 1350 intarsiato in avorio, una palla d’avorio cinese formata da 14 sfere, l’una nell’altra, e la statuetta del terzo millennio a.c. di un vecchio curvo, proveniente dal nord dell’Iran.

mumm,ia.jpgMa l’orgoglio dei sacerdoti è la mummia egizia del sacerdote Nemenkot, avvolta in un telo di perline originale.

Lord Byron fu spesso ospite in questo convento, deliziato sembra dalla marmellata di rose che i monaci producevano.

Tutt’oggi i visitatori vengono accolti con gentilezza e simpatia, e possono così ammirare un luogo splendido con bellissimi giardini.

 

 

Mag 12, 2010 - Leggende, Misteri, Personaggi    14 Comments

La donna Vampiro a Venezia, Dalla leggenda alla realtà

imagesCA0J6529.jpgIl ritrovamento venerdì 7 marzo di due anni fa nell’isola del Lazzaretto nuovo a Venezia, da parte dell’archeologo dottor  Matteo Borrini del teschìo di una donna (risalente a metà del 17° secolo), con un mattone in bocca, naturalmente un rito svolto in una creatura deceduta per peste, visto che in quell’isola di Venezia sono stati concentrati diversi corpi di defunti per questo terribile morbo, ci riporta a vecchie leggende veneziane che narravano di donne vampiro a Venezia. Si riteneva infatti che i portatori della peste fossero i vampiri, per cui trovando il corpo non decomposto di una vittima di questo morbo terribile, con un rivolo di sangue al lato della bocca, o dal naso (cosa naturale per chi moriva di quella malattia),  e per di più donna  (strega?)  secondo la credenza destinata a nutrirsi del sangue od anche solo delle energie dei viventi che si avvicinassero al suo corpo era come ritrovarsi  davanti la sconosciuta, la potente, chi è in grado di dare la vita, ma anche di toglierla … Per cui , per difendersi e difendere il resto della popolazione era necessario un rito: si teschio.jpginseriva un mattone nella sua bocca, e la “vampira” non avrebbe più potuto nuocere.

Tutto cio nasce dalla figura del Nachzeher, dalle parole tedesche Nacht (notte) e Zehrer(divoratore).

Da come si potrà intuire la figura è prettamente nordica, come una sorta di vampiro.  Secondo la tradizione  si tratterebbe di una persona morta annegata od un bambino che alla nascita sarebbe rimasto con tutto il sacco amniotico o soffocato dal cordone ombelicale.

Più interessante è la teoria Polacca (e numerosi ebrei vennero dalla Polonia a Venezia) Qui il Nachzeher è visto come un vero e proprio vampiro, al quale però non è stata data la possibilità di completare l’abbraccio, cioè non si è compiuta la definitiva trasformazione tra essere umano e vampiro.

imagesCAASFTAJ.jpgNon essendo un essere completo, si troverebbe in uno stato di torpore perenne all’nterno della sua tomba, non vigile ed incapace di intendere cosa stia succedendo; Proprio per questo si limiterebbe a masticare il suo sudario, come fosse una sorta di bambino.

Come altre creature leggendarie masticherebbe, come già detto, il proprio sudario, ed anche i suoi vestiti ed altre parti del corpo come le mani e le labbra.

Anche se apparentemente innocuo la leggenda vuole che il Nachzerher  rimanga in vita succhiando l’energia vitale degli esseri viventi che si trovano accantro alla sua tomba , e che da  portatore di peste, il suo sudario guarirebbe invece tutte le malattie, per cui c’era l’interesse, da parte dei “tombaroli” di trovare questi sudari, scatenando la violenza dei “vampiri” proprio contro chi si fosse reso responsabile del furto.

Il solo modo per fermare il Nachzehrer era quello di fermare la mascella del defunto, con dei sassi, delle monete, o con dei piccoli mattoni.

imagesCA47PZNI.jpgimagesCA30HD81.jpgQuesto mito ha attirato l’attenzione di diversi studiosi. Uno dei primi fu Philip Rohr, teologo, che nel 1679, nel trattato “De masticatione mortuorum” suggeriva che dietro questa immonda attività si nascondesse l’attività blasfema di un demone, Azazel.

imagesCAJ2P85V.jpgimagesCACGSTAO.jpgimagesCABM49G4.jpgSuccessivamente fu Michael Ranfitus, nel 1725, ad occuparsi dell’argomento. Egli propose due teorie: prima una spiegazione razionale, suggerendo che i rumori tra le tombe e la diffusione della peste fossero da ascriversi alla febbrile attività dei ratti , quindi dava una   supposizione                                                                                                                                                                                                                                               supposizione sovrannaturale:l’esistenza di imagesCAO6QZ86.jpgimagesCALOPZKB.jpgimagesCAM3992I.jpgun’anima vegetativa che aleggiava intorno al morto, causando la crescita dei peli e delle unghie ed a volte in grado anche di danneggiare i vivi.

Rimane comunque l’inquietante mistero di un teschio di giovane donna. di vecchie credenze e dell’ombra sinistra che il morbo della peste aveva portato e continuava a portare sui quei poveri resti, attori e vittime di leggende, storie e , magari, di angosciose presenze di esseri morti ed abbandonati, senza alcun rito, senza alcuno che li piangesse, così come accade in corso di terribili epidemie..sperando che non accada più!

I calegheri a Venezia

artecalzolaio.jpgIl mestiere dei calzolai è assai antico a Venezia, e viene ricordato con un ponte, un campiello ed un ramo.

Venne fondata una scuola del 1278, per cui una corporazione con il  suo sigillo -stemma,  ed era composta da calegheri,( calzolai )e zavateri ,(ciabattini): i primi non potevano lavorare il cuoio usato per confezionare scarpe e stivali, i secondi non potevano utilizzare il cuoio nuovo per confezionare ciabatte e zoccoli; in questo modo si evitava di creare una situazione di concorrenza.

Questa regola era motivo per accese discussioni a proposito della maggiore o minore abilità necessaria per lavorare l’uno o l’altro materiale.

A fornire di pellame entrambe le categorie era il Magistrato delle Beccarie.

imagesCA9WWGOQ.jpgimagesCAX14H9Q.jpgimagesCAGY08ZQ.jpgimagesCA5AZVP7.jpgLa sede della scuola era inizialmente ubicata a S. Samuele nel Sestiere di S. Marco, ma nel 1383 si stabilì nelle vicinanze anche la ” Confraternita dei calegheri tedeschi” che fissò la sua sede in Calle delle Botteghe, lì è ancora visibile un rilievo trecento in pietra d’Istria riproducente delle calzature, e che si ripete all’angolo c he la stessa calle forma all’incrocio con la salizada S. Samuele.

Sempre nei paraggi esiste una corte detta “della pelle”, nella quale si trovavano i depositi di pellame.

imagesCAITN20E.jpgcalegheri.jpgCosì dalla metà del XV secolo l’arte si trasferì in Campo S. Tomà, dove aveva fatto costruire l’edificio che tutt’ora si chiama ” Scuola dei calegheri”; il portone d’ingresso è sormontato da una lunetta a sesto acuto con una scultura di Pietro Lombardo che raffigura S. Marco che guarisce il ciabattino Aniano, il quale, divenuto Santo a sua volta è diventato il protettore dei calzolai e le sue reliquie sono conservate nella chiesa di S. Maria della Carità.

Si trattava di un’arte molto fiorente, e alla fine del  XVIII secolo si contavano 340 botteghe per un totale di 1172 persone occupate.

imagesCACGX0M8.jpgimagesCA3CE3ZD.jpgimagesCA3T1ACE.jpgimagesCAORQBIJ.jpgimagesCA630VL5.jpgchiesa_calegheri.jpgOra purtroppo quest’arte artigianale è scomparsa, ed a Venezia si contano poche botteghe di questo tipo, una si trova a S. Tomà, vicino alla Scuola, l’altra, dove vengono esposte in vetrina scarpe straordinarie, orientali, decorate, per tutte le misure ( una enorme )si trova in Calle dei Fuseri, a S. Marco.

Maria Maddalena e le tracce dei Cavalieri Templari a Venezia

Si ha notizia che nel 1222 venne eretta una chiesa a Cannaregio, in Venezia.

Il nome del committente è controverso: c’è chi, come Flaminio Corner la descrive come una cappella voluta dalla nobile famiglia Baffo, e di li a breve diventata parrocchia.

Forti indizi fanno invece pensare che la costruzione si debba alla nobile famiglia Balbo (che sarebbe un soprannome) il cui capostipite fu un certo Ezzelino.

imagesCAP1VVOF.jpgLa famiglia degli Ezzelini (il nome tedesco Hetzin significa letteralmente Ferro, vale a dire Guerriero, come già Attila e poi Timur), è giunta in Veneto tra il X e l’XI secolo.

L’illustre nonno di Ezzelino III, Ezzelino I detto il Balbo a causa di un difetto di pronuncia, nel 1148 partecipò alla seconda crociata con Corrado II re della Germania, combattendo contro i Turchi sotto le mura di Damasco ed i Fatimidi nel vano assedio di Ascalona.

Nel 1175, con Anselmo da Dovara fu al comando della Lega Lombarda che bloccò l’imperatore Federico il Barbarossa davanti ad Alessandria.

imagesCAYX0CGX.jpgInfine nel 1176 fu gonfaloniere della Lega Lombarda ed alla testa del contingente trevigiano partecipò alla battaglia di Legnano.

Il figlio, Ezzelino II dopo aver combattuto accanto a Ottone IV combattè contro gli Estensi e poi contro Venezia nel 1214.

Privo di avversari diretti di altre famiglie accrebbe il prestigio personale e familiare, finchè nel 1222 decise di ritirarsi in convento.

Ricevette così il soprannome del “Monaco” e lasciò la mano libera ai figli Ezzelino III ed Alberico.

Ezzelino il Monaco.jpgCon la presa del potere nel 1222 ed il padre in convento Ezzelino III, alfiere dei templari, anche per tradizione familiare,  dimostrò di possedere anche una grande ambizione. E sembra sia stato proprio lui a volere la chiesa dedicata alla Maria Maddalena.

biblica.jpgMaria Maddalena, questa donna unica di cui si è potuto dire che dopo la Vergine Maria fu la seconda donna del Vangelo.

Nel corso dei primi secoli i cristiani indugiarono soprattutto sul suo ruolo di messaggera della Resurrezione: Maria di Magdala è proclamata “Apostola apostolorum” e “Legata Legatorum” inviata degli inviati.

Verso la fine del VI secolo, quando le invasioni barbariche volgono alla fine, Papa Gregorio Magno identificò Maria Maddalena come la peccatrice anonima di cui ci parla S. Luca nel vangelo, e con Maria di Betania fece di lei il modello della conversione, della purificazione di cui la chiesa, nel confronto contro i barbari sentiva il bisogno.

Riferendosi alla ricerca del corpo di Gesù, la mattina di Pasqua, Gregorio disse di lei: A monumento domini, etiam discipulis imagesCA5MNNVI.jpgimagesCA05ZWLN.jpgimagesCA54CKRR.jpgimagesCAZFOSI9.jpgrecedentibus, non recedebat (da Sepolcro di Gesù, quando i discepoli se ne andarono lei non andò)-

Per cui la Maddalena rappresenta l’anima in cerca di Dio.

Nel 1297 il Capitolo Generale di Venezia proclamò S. Maria Maddalena patrona dell’ordine dei Predicatori.

images.jpgLa chiesa venne concepita a pianta circolare (l’unica, a Venezia) con copertura a cupola emisferica di chiara ispirazione all’architettura dell’antica Roma (Pantheon).

Di grande valore architettonico il portale, formato da un alto timpano iregolare sorretto da due lesene binate a capitello ionico.

Sopra alla porta di ingresso vi è una lunetta con bassorilievo di simboli massonici – templari, e la scritta: “Sapientia aedificavit sibi domum”.Approfondendo questo argomento risulta quanto sia stato  importante e determinante per quanto riguarda ll patrocinio dei templari in questa costruzione, in quanto la sapienza, o  Sophia è stata spesso associata alla Maddalena e ai versetti del libro dei Profeti: La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne.

Venezia-Cannaregio-Venezia-Centro-Storico-1113038430.jpgEsternamente all’abside è incastonato tra la copertura marmorea un bassorilievo raffigurante una Madonna col Bambino di origine quattrocentesca.

All’interno la chiesa presenta pianta esagonale con quattro cappelle laterali che conservano importanti tele settecentesche opera della Scuola di Giovanni Battista Piazzetta, ed un presbiterio campo 3.jpgfrontale.jpgimages.jpgquadrato occupante due lati.

La trabeazione della cupola è sorretta da dodici colonne bianche.

imagesCAM9MRCI.jpgtemplasri.jpgimagesCAXH0ITR.jpgIN seguito alla costruzione della chiesa, nel XIV secolo,  il Senato veneziano decise che il giorno dedicato a S. Maria Maddalena diventasse festivo. Successivamente la chiesa venne ampliata e ristrutturata da Tommaso Temanza, e venne anche aggiunto un campanile che nel 1888 venne abbattuto perchè pericolante.

Triplice%20Cinta.jpgcavalieri templari.jpgimagesCADQSOUY.jpgrio con chiesa.jpgAttualmente la Chiesa dipende dalla Parrocchia di S. Marcuola.

Quarta Crociata.jpgQuesta chiesa, insieme a diverse altre tracce lasciate dai cavalieri templari che qui transitarono, soggiornando per alcuni anni a Venezia, in concomitanza con la quarta crociata, e lasciando (nella leggenda veneziana) un tesoro nell’isola di S. Giorgio in Alga, oltre che a simboli legati alla comunità Templare, come le immagini delle Triplici cinte, incise in una panca di marmo davanti alla Scuola Grande di San Rocco, in un’altra nella Basilica di San Marco, ed una terza al piano superiore del Fondaco dei Tedeschi (ora poste Centrali di Venezia), ed altri simboli ancora legati alle prodezze di questi monaci-guerrieri che sono disseminati a Venezia, in una scia di mistero e di ricordi lasciati alle generazioni successive, fanno parte dei misteri, delle seduzioni, della Storia di una città Isola-San-Giorgio-in-Alga-2.jpgin perfetto equilibrio tra oriente ed occidente, ma proiettata anche in un futuro, che per noi è ora passato, che ha rivoluzionato la scienza e la navigazione del medio evo in Europa.

 

Mar 2, 2010 - Alchimia, Esoterismo, Mestieri    2 Comments

Speziali, tra alchimisti e cerusici a Venezia

imagesCAW7FCM0.jpgdegli speziali.jpgdi Goldoni.jpgUna figura importante dei mestieri e delle arti di questa repubblica fu lo speziale. Era una sorta di alchimista – cerusico. Se da un lato vi fu lo speziale che commerciava in spezie ed in medicine, dall’altra egli fu interessato ed incuriosito dall’alchimia e dalla chirurgia.

Già la sua bottega non esponeva  solo medicine ed erbe, ma anche strumenti ed arnesi con cui praticava la chirurgia. Quanto all’alchimia gli speziali vi si dedicavano cercando di non dare troppo nell’occhio, perchè nella Serenissima, conosciuta come città cosmopolita ed aperta a tutte le idee, l’inquisizione romana ampolle dello speziale.jpgattrezzi dello speziale.jpgfaceva molta attenzione.

Nel suo giuramento alla Confraternita lo speziale si impegnava a non vendere veleni (soprattutto arsenico che ai tempi era molto usato, visti i frequenti delitti avvenuti per avvelenamento).

Le uniche botteghe che potevano vendere veleni furono la spezieria di S. Marco e quella di Rialto. Il rilascio della Bolla che permetteva loro di esercitare dettava alcune regole fondamentali per qualità, quantità e caratteristiche varie.

speziale 2.jpgbottega dello speziale 2.jpgChi avesse trasgredito avrebbe avuto la bottega chiusa e sarebbe stato incarcerato: a Venezia vigeva un rigore ferreo alle regole, la città era aperta a tutti, ma sulle leggi non si transigeva.

Lo speziale comunque era molto temuto, anche perchè si prestava a qualche sospetto in merito alla pratica dell’alchimia, ed inoltre eseguivano anatomie per studiare il corpo umano, e  interventi chirurgici, anche se la chiesa decretò  una fiera opposizione a questa pratica.

speziale 3.jpgLa corporazione.jpgimagesCAGSRSJL.jpgFarmacia a Cà Rezzonico.jpgdel Longhi.jpgSi prodigavano anche come dentisti, curatori ed in tutto ciò che aveva a che fare con le malattie e le ferite.

La gente comune immaginava lo speziale alle prese con corpi di animali che guarivano con l’alchimia, e tutto questo non poteva essere accettato dalle autorità.

Ad ogni trasgressione essi vedevano chiudere la propria bottega, e venivano portati alle prigioni, per spezialeria.jpgcui furono cauti, attenti a non compiere atti che l'arte dello speziale.jpglo speziale.jpgspeziali.jpgspeziale.jpgpotessero creare sospetti, ma sempre affascinati e portati allo studio del corpo umano, delle essenze, delle piante, e molti, vicini alla pratica dell’alchimia che a Venezia era seguita da diverse persone e speziale 4.jpgcorporazioni.

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