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La colonna esoterica di Palazzo Ducale: il pellicano dei Rosacroce

colonna con pellicano.jpgUna delle colonne di Palazzo Ducale reca, più di altre, i simboli dell’esoterismo a Venezia, per altro ricca di questi riferimenti: il Pellicano.

Parliamo dei Rosacroce,che, nel rito scozzese hanno nominato appunto dei cavalieri a questo simbolo: Cavalieri del Pellicano .  I riferimenti ai Rosacroce non sono unici, nelle chiese veneziane, ma sono inaspettatamente frequenti.

pelican.jpgimagesCAQEO5HG.jpgIl Pellicano , chiamato dagli antichi greci onocrotalo perchè il suo strano verso” Krotos “era simile a quello dell’asino, ha un atteggiamento molto particolare per dar da mangiare ai suoi piccoli, curvando il becco verso il petto, e per questo dando l’errata credenza di squarciarselo per nutrirli con il suo sangue, fino a diventare emblema della carità (O. Wirth).

Nel “Physiologus” si dice che il pellicano ami moltissimo i suoi piccoli: ” quando ha generato i suoi piccoli, non appena sono cresciuti questi pellicano_croce.jpgcolpiscono al volto i loro genitori, che allora li picchiano e li uccidono. In seguito però provano compassione e piangono i figli che hanno ucciso”Il terzo giorno la madre  si percuote il fianco ed il suo sangue, effondendosi sui corpi dei piccoli morti, li resuscita.

Il pellicano si presta così ad una duplice simbologia: è l’immagine di Cristo che dona il suo sangue per redimere l’umanità, e l’immagine di Dio Padre che sacrifica il proprio figlio facendolo resuscitare il terzo giorno.

Nell’immagine simbolica medievale il  pellicano è rappresentato nel nido con i suoi piccoli, sulla sommità della croce e nell’atto di straziarsi il petto con il suo becco. Il sangue che scaturisce  è poi, l’ars Symbolica, la forza spirituale che diventa il lavoro dell’alchimista  che, con grande amore e sacrificio, conduce alla ricerca della perfezione.

images.jpgIl pellicano è un uccello difficile da vedere, e per questo diventa pura immagine dello  spirito, che richiama al pensiero della purezza ” Cristo, il nostro Pellicano, come lo chiama Dante quando si riferisce all’apostolo Giovanni: ” questi è colui che guacque sopra’l petto del nostro pellicano o :Questi fuei su la croce al  grande officio eletto(Divina Commedia Paradiso, canto XXV 112-114).

La purezza celeste è quindi il carattere particolare di questo uccello che, simile ad un angelo dalle ali spiegate simboleggia la Redenzione, la Resurrezione e l’amore di Cristo per le anime.

moderno.jpglaboe.gif Nel bestiario il primo riferimento preciso al pellicano è al MaimagesCADMKG3A.jpgtraccio, dove si otteneva la “circolazione doppia”, per cui questo uccello rappresentava la coabitazione dei liquidi.
O. Wirth spiega il simbolo del pellicano come emblema di generosità assoluta, in mancanza della quale nell’iniziazione tutto resterebbe vano.

Per altri sarebbe l’immagine della pietra fislosofale che si dissolve per far nascere l’oro dal piombo allo stato fluido, cui corrisponde l’aspirazione non egoistica (il pellicano si nutre del pesce strettamente necessario per vivere).

Con ciò sono da ricordare antichi gradi della società, come il Cavaliere del Pellicano e la sua effige nei Rosacroce.

imagesCAY0EZED.jpgNell’antico testamento il pellicano viene nominato solo una volta (salmo 102-107) e non viene mai nominato nei vangeli. Si deve al Phyisiologus( II-IV secolo) il pellicano è al numero 4 del suo inventario, in termini alquanto più complessi, narrando della resurrezione dei piccoli, al terzo giorno, per opera della madre che con il padre li ha uccisi, vi è l’adattamento diretto della simbologia del Cristo.

 

Venezia quindi , esoterica fino nei minimi particolari, come i marmi usati, che danno un fascino ancora maggiore a questa città sospesa tra l’oriente e l’occidente, e magicamente rimasta aderente alla sua essenza che chiunque percorra le sue calli ed i suoi campi percepoisce e respira con l’aria della laguna.

Carlo Goldoni: il narratore dello spirito veneziano

Carlo Goldoni.jpgIl più grande narratore ed interprete della Venezia del 700 nacque nella Serenissima il 25 febbraio  del 1707, e morì a Parigi il 6 Febbraio 1793.
Figlio di Giulio Goldoni e di Margherita Salvioni andò a vivere a Perugia dove il padre faceva il medico e studiò Filosofia a Rimini.

Scelse di laurearsi a Padova in Legge a causa dell’improvvisa morte del padre, quindi tornò a Venezia, intraprendendo la carriera forense.

Nel 1734 incontrò a Verona il Capocomico Giuseppe Imer, e, attratto com’era dal Teatro, ottenne dal ” San Samuele” di Venezia di scrivere i testi per il Teatro della famiglia Grimaldi. Stando a seguito della Compagnia della Commedia dell’Arte incontrò Nicoletta Conio, e la sposò.

Commedia di Carlo Goldoni.jpg225px-Casa_Goldoni.jpgE qui ebbe inizio la sua avventura di narratore di Venezia, della venezianità, del sapido gusto per la battuta pronta, della valorizzazione della donna che nella Repubblica era rispettata e tenuta in considerazione.

La prima commedia che scrisse per il Teatro San Samuele fu il Momolo Cortesan, a cui fece seguito ” La donna di Garbo”.Dopo l’abbandono della città  per via dei debiti che aveva accumulato, potè rientrare nel 1748, ed iniziò a scrivere commedie come; L’uomo prudente, la  Vedova Scaltra, La putta onorata, La buona moglie, La famiglia dell’antiquario ecc.

Ebbe modo di realizzare diverse Commedie per i Teatro Comico come: La Bottega del Caffè, ed altre. Non voglio fare un elenco di titoli, enorme e ricco, ma volevo soffermarmi sulla sua capacità di descrivere la realtà di una Venezia e dei veneziani, scritta con il linguaggio che i La Bottega del Caffè.jpgIl Campiello.jpgLe Baruffe Chiozzotte.jpgveneziani usavano tutti i giorni, e di utilizzare varie situazioni che si potevano riscontrare quotidianamente: meravigliose la sua “Bottega del Caffè”, il ” Campiello” le Baruffe Chiozzotte, scritte nel periodo in cui ha vissuto a Chioggia,” Una delle ultime sere di Carnevale”  ma in assoluto il suo descrivere la donna veneziana, il suo “morbin”, cioè quella vivacità di rispondere battuta a battuta, di sapersi destreggiare con le avances degli uomini, non facendo le bacchettone, ma districandosi con tatto, vivacità ed allegria, dando all’uomo stesso la sensazione di essere comunque conquistato e gradito: ” e lor Signori ancora profittino di quanto hanno veduto in vantaggio e sicurezza del loro cuore, e quando mai si trovassero in occasione di dubitare, di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della “Locandiera”, queste sono La locandiera.jpgle parole di Mirandolina, la protagonista di questo capolavoro.

200px-Baldassare_Galuppi_Memorial.jpg300px-Chioggia-Casa_Goldoni-DSCF0140.jpgNelle sue commedie furono utilizzati i personaggi della Commedia dell’Arte, ma non come improvvisatori (come Antonio Sacchi, che nell’Arlecchino, servitore di due padroni intepreta Truffaldino) ma gli attori iniziarono allora a seguire un testo, una trama ben precisa.

Le sue maschere preferite furono Pantalon de Bisognosi, Arlecchino e Brighella, che esprimevano proprio le varie sfaccettature dei personaggi che vivevano a Venezia, e che ne formavano il tessuto sociale.

Triologia della Villeggiatura.jpgSior Todero Brontolon.jpgGoldoni si espresse anche come librettista per opere serie, Come “Gustavo I° Re di Svezia, musicata da Galuppi, allievo di Benedetto Marcello e nato a Burano nel 1706, ed altre, mentre molte furono le opere giocose, sempre musicate dal Galuppi, come ” Il mondo alla roversa ossia Le donne che comandano” o il Paese della Cuccanga. Tra Galuppi ed altri musicisti scrisse circa 45 libretti di opere giocose, e quattro di opere drammatiche.

Da non dimenticare la triologia della Villeggiatura, gustosa e sapida “testimonianza” dei personaggi veneziani nelle ville della Riviera del Brenta.

carlo gozzi.jpgIl suo nemico feroce ed estremamente critico fu Carlo Gozzi, che lo accusava di volgarizzare e di distorcere la realtà veneziana, ma i veneziani, in cuor loro, sapevano e sanno benissimo che questo testimone, narratore..ironico, divertente ha colto l’anima di quella città e di quell’epoca, che comunque per alcuni versi rimane tale e quale ancor oggi…ad esempio LE DONNE VENEZIANE.

monumento a Carlo Goldoni 1.jpgmonumento a Carlo Goldoni.jpgDall’alto della sua statua, in Campo San Bartolomio, egli sorride a  coloro che  passano, magari con un colombo sul tricorno, ed ogni veneziano che passa li sotto, in cuor suo, gli sorride complice e gli strizza l’occhio!”

 

 

 

Lug 21, 2011 - Personaggi    10 Comments

Il “maestro di Casanova”

imagesCA54WSVU.jpgimagesCAN3AIF7.jpg Siamo in zona Rio Terà dele Carampane(vecchie megere a Venezia), e qui, girando il rio Terà in zona S. Polo, ecco che ci troviamo davanti ad un ponte chiamato “il ponte delle Tette”.
Era la zona a luci rosse di Venezia, dove le meretrici mostravano la propria mercanzia per risvegliare, in qualche modo, gli animi sopiti dei Veneziani.

Sembra infatti che sia il Doge che il Patriarca spingessero queste “professioniste” affinchè mostrassero quanto più possibile del proprio corpo, perchè si potesse appurare che non si svolgevano pratiche contro natura.

imagesCAGJF8UZ.jpgimagesCAZ3X1VN.jpgL’omosessualità a Venezia era considerato un reato da pena capitale, per cui parecchi furono impiccati fra le due colonne a San Marco,e se non bastasse, le loro spoglie furono bruciate fine ad essere ridotte in cenere.

Di sicuro questi problemi non li aveva Giorgio Baffo, lo straordinario poeta libertino (1694-1768), che scrisse molte poesie in dialetto veneziano, ma queste furono raccolte  e pubblicate dopo la sua morte ( La poesia di Giorgio Baffo, patrizio veneto , 1771). 

Giorgio_Baffo.jpgIn realtà erano conosciutissime e declamate pubblicamente in tutti i caffè. Leggerle oggi ci da una misura della decadenza di Venezia nel 700, come nessuna pittura o altra opera (Fuga-Vianello).

Casanova lo citò ripetutamente nelle sue memorie, come” grande amico di mio  padre , grande genio superiore, poeta scandaloso ma unico nel suo genere, promosse di mandarmi a Padova  in pensione, ed è quindi a lui che devo la fortuna della mia vita”.
Genio sublime, poeta nel più lubrico dei generi, ma grande ed unico.

Palazzo Bellavite Baffo.jpgGiorgio Baffo fu membro della Quarantia, la Corte Suprema di Giustizia di Venezia, e viene ricordato come uno che “parlando come una vergine, scriveva come un satiro”; scrisse però anche contro la corruzione nella sua città, e soprattutto nel Clero. Viveva nel Palazzo Bellavite Baffo in Campo S. Maurizio a S. Marco, ed una targa sulla facciata lo ricorda a tutti coloro che passano davanti.

Poesie di Giorgio Baffo.jpgRimase sconosciuto in Italia e si deve al poeta critico Apollinaire la sua riscoperta, nel 1911, quando pubblicò una raccolta di poesie tradotte in francese.Apollinaire di lui scrisse: Questo celebre sifilitico soprannominato l’osceno, lo potremmo considerare il Poesie di Giorgio Baffo 1.jpgpiù grande poeta priapeo mai esistito, ma, al contempo, uno dei massimi poeti lirici.

 

 

imagesCAPUG93H.jpgNella sua casa ospitò anche Alessandro Manzoni.

imagesCA4F1KHJ.jpgGiorgio Baffo amava vantare tra le sue acendenze Cecilia Venier Baffo, più nota come Nur – Banu o Nurbanu (1525 – Istambul 1581) che fu moglie di Selim o Solimano il magnifico, e madre del sultano Murad III.

Essa viene presentata come nobildonna veneziana Cecilia Venier Baffo, nata a Paros, nipote del Doge Sebastiano Venier.

Cecilia sarebbe stata venduta dal padre e dal Doge dei Venezia nel 1537, per contrastare 8489569827.jpgl’ascesa nell’harem di Hurreim, la favorita del sultano.

Entrò nell’harem del Topkapi col nome di Nur – Banu (principessa della luce), e divenne in seguito la favorita del sultano, al quale diede quattordici figli, tra cui Murad, che divenne poi sultano nel 1576.

imagesCADH2IYN.jpgimagesCA4VG893.jpgimagesCA1IL3DK.jpgNurbanu ebbe così il titolo di valide sultan (madre del sultano regnante).

Morì avvelenata nel 1587. La sua è una delle figure principali del periodo della storia ottomana denominata “Regno delle donne” in cui l’influenza dell’harem sul sultano fu considerevole.

Nurbanu mantenne rapporti epistolari con Elisabetta I e Caterina de Medici. Commissionò al famoso architetto Sinan una moschea con un complesso di altri edifici.

 

Lug 12, 2011 - Esoterismo, Leggende, Luoghi, Misteri    5 Comments

Lo stregone e i leoni dell’Arsenale

arsenale1.jpgL’Arsenale di Venezia era il cuore pulsante di questa Repubblica che basava i suoi successi sulla potenza navale. Completamente circondata da mura alte, in modo che nessuno potesse spiare all’interno.

E’ situata a Castello, e la sua superficie era circa un decimo del Centro storico di Venezia.

La sua costruzione fu iniziata dal Doge Ordelao Falier nel 1104, ma le prime fonti certe risalgono al 1220.

Le arsene erano gli “squeri” che costruivano le imbarcazioni della Repubblica, ed il più importante era quello in località Terranova, a San Marco (dove ora ci sono i Giardini Reali”), ma venne chiuso nel 1341.

L’arsenale era completamente autonoma: oltre alle navi venivano create le vele, le gomene, e tutto quanto poteva servire ad armarle.

Il luogo è’ davvero straordinariio, da vedere.ponteParadiso.jpg

imagesCA48TLY0.jpgEd a proposito di questo luogo, e specificatamente dei quattro leoni che sembrano stare a guardia del portale, si narra una storia molto particolare.

Dei quattro leoni, appunto, i due più grandi, recanti delle inscrizioni runiche, vengono da Atene, trasportate come bottino di guerra, mentre degli altri due più piccoli, uno viene da Delos, a memoria della vittoria di Corfù, nel 1718.

Si narra quindi che nel novembre 1719, dopo una tempesta durata un paio di giorni, furono rinvenuti proprio vicino al portale dell’Arsenale i corpi orribilmente dilaniati di due marinai, uno greco e l’altro maltese..sembravano essere stati straziati da una belva.

imagesCAAJM040.jpgLe autorità cercarono di sapere se per caso qualche belva fosse fuggita da qualche serraglio, ma nulla. La gente aveva paura, e si cominciò a parlare di magia, dei leoni dell’Arsenale, del luogo.

Comunque sia la sorveglianza della zona venne affidata alla Marina, e specificatamente al Capitano Enrico Giustinian.

Dopo circa una settimana altra notte di tempesta, ed un nuovo corpo orribilmente squarciato, quello di tale Jacopo Zanchi, una sorta di perdigiorno, persona poco affidabile come la moglie, prostituta a tempo perso.
Essi abitavano poco distanti dal luogo del ritrovamento, e quest’altro evento fece aumentare il terrore nei residenti nei pressi.

Capitò proprio ad Enrico Giustinian di assistere come molte altre persone ad una scenata che la vedova del Zanchi fece dalla Calle, rivolta ad un vecchio mercante con fama di usuraio, chiamato Foscaro, il quale, ricevendo improperi ed insulti dalla donna, si affacciò alla finestra, e quasi sibilando le disse: vedremo dove finirà la tua baldanza la prossima notte di tempesta.

Al che il Giustinian decise di aumentare la sorveglianza. Passarono altre sei notti, e tutto tranquillo, la settima, ecco di nuovo la tempesta.

Il Capitano si nascose vicino all’entrata dell’Arsenale, ed attese. Passarono le ore, ed infine, tra mezzanotte e l’una, sempre sotto la pioggia battente ed il vento, un arco di fuoco arrivò dalle case vicine, e letteralmente materializzò il vecchio Foscaro vicino ai leoni più grandi.

leoni.jpgEgli girò attorno ad uno di questi, sfiorando con le dita l’inscrizione runica, e contemporaneamente pronunciandone il significato.

In quel momento un globo luminoso si formò sul portale, ed un primo fulmine colpì il leone seduto. Davanti agli occhi di Giustinian il grande leone prese lentamente vita, enorme e feroce.

Proprio in quell’istante la vedova del Zanchi, accompagnata da un’amica girò l’angolo della riva, e mentre un secondo globo con un secondo fulmine colpiva l’altro leone , il primo stava già azzannando ferocemente una delle due donne.

Il vecchio osservava la scena, impassibile, e, scossosi dal terrore il Capitano sguainò la spada e colpì il vecchio al petto, proprio mentre un terzo fulmine colpiva il terzo leone.
Con uno spaventoso ruggito ed un lampo accecante tutto tornòall’istante come prima: i leoni al loro posto, immobili, l’amica della vedova, morta sbranata immersa nel suo sangue. Del vecchio rimase solo un cuore di pietra accanto alla spada che era caduta sui masegni; era cvon un cuore di pietra nel petto che egli aveva trasformato la pietra in carne.

La testa del terzo leone era ancora viva, e ruggiva e si muoveva disperatamente ancorata com’era ad un corpo di pietra, per cui il Giustinian lo decapitò. La testa non cadde ma esplose letteralmente, spandendo intorno una sostanza nerastra.

Le successive indagini dimostrarono che il vecchio era uno stregone, ed era stato imbrogliato da Zanchi, per cui aveva voluto vendicarsi.

santag.jpgLa vedova venne rinchiusa in manicomio, perchè era impazzita, e la testa del terzo leone venne sostituita, come si può vedere ancor oggi.

Leggenda forse legata a qualche elemento di verità, ma pur sempre suggestiva e il mistero è intriso in questo luogo fantastico, ricco di elementi antichi e legati alla magia, che a Venezia si possono vedere, toccare e magari, chiudendo gli occhi, rivivere in una sorta di viaggio nello spazio e nel tempo!

I medaglioni alchemici di S. Marco

imagesCANA7XLG.jpgimagesCANA2SEB.jpgLa Basilica di S. Marco nasconde mille segreti, come abbiamo visto legati ai rosacroce, ai massoni, ed anche agli alchimisti.

Si può verificare la traccia di questa relazione  nei quattro bassorilievi circolari, chiamati medaglioni alchemici, che ornano la sua facciata rivolta a nord, cioè quella antistante la piazzetta dei leoni.

Vi sono rappresentati nel primo in alto a sinistra un pavone, in quello in basso a sinistra medaglioni Alchemici.jpgc’è un leone che azzanna un uomo armato di spada, in quello in alto a destra un uomo che cavalca un leone suonando il flauto in una foresta di quercie, nell’ultimo, in basso a destra un uomo che cavalca un animale con due teste, una di cane ed una di ariete.

In alchimia alcuni animali trovano corrispondenza con minerali e con le varie interpretazioni anche con il procedimento della grande opera (la mutazione) che deve portare alla conclusione del procedimento.

bestiario alchemico -pavoner.jpgimagesCA2W0AQO.jpg180px-CaudaPavonis.jpgIl pavone, o la sua coda, rappresenta una fase in cui appaiono molti colori. La maggior parte degli alchimisti collocano questa fase prima dell’Albedo, la bianchezza. Gerhard Dorn (XVI secolo) ebbe a dire: questo uccello vola durante la notte senza ali. Alla prima rugiada del cielo, dopo un ininterrotto processo di cottura, ascendendo e discendendo prende la forma di corvo, poi di una coda di pavone: le sue piume diventano bianchissime e profumate, e finalmente diviene rosso fuoco, mostrando il suo carattere focoso.

I colori si riferiscono ai tre stadi della Grande Opera, con la Rubedo per la rossezza per ultima.

La fase dei tanti colori era anche simboleggiata dall’arcobaleno, o dalla dea berstirio.jpgbestiario 2.jpgdell’arcobaleno, Iris, la messaggera degli Dei, che in particolare faceva da tramite tra Zeus e i mortali. Nella Grande Opera la coda di pavone può avere due significati. Può essere la raccolta e la totalità di tutti i colori nella luce bianca.

Il secondo significato è che rappresenti il fallimento del processo alchemico. L’alchimista cerca l’unità espressa dalla luce bianca, ma durante la meditazione possono verificarsi sentimenti di esaltazione e osservazioni inusuali. Può accadere che l’oggetto della meditazione cominci ad irradiare meravigliose luci e colori, o si espanda e si contragga ritmicamente.

bestiario salchemico.jpgNell’antichità il simbolismo del leone ebbe un ampio impiego. Il colore e la fulva criniera lo fecero associare al sole, che con la sua energia dona la vita. Nell’iconografia egiziana il leone veniva ritratto in coppia, con lo sguardo rivolto all’orizzonte.

I filosofi alchemici affidarono all’immagine del leone giovane il simbolo dell’alba, ed al leone vecchio, il tramonto.

Questa distinzione si tradusse nella descrizione alchemica del Leone verde, rosso, che materealizzavano l’uno l’inizio, l’altro la fine dell’opera(cioè la mutazione alchemica).

imagesCAMISXWQ.jpgL’oro era quindi il leone rosso che divora quello verde, ed era in definitiva il percorso che avrebbe dovuto compiere l’alchimista per raggiungere la perfezione attraverso la lavorazione della materia cruda, il fuoco iniziatore, lo zolfo imagesCAPG6FWF.jpgleone.jpgsegreto alchimisti.jpgimagesCAW7FCM0.jpgfilosofico e finendo con il re dei metalli, la polvere di proiezione: la Pietra filosofale.

 

I Padri Cruciferi a Venezia

imagesCA5I64WE.jpgospitalier.jpgimagesCASXCQTR.jpgDei vari Ordini che affiancarono i Templari nelle crociate, vi furono i Cavalieri dell’Ordine Ospitaliero, o Giovanniti, il cui compito era quello di assistere i pellegrini ed i crociati anche dal punto di vista medico e di sostentamento.Essi,  in seguito confluirono nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, , e dettero il loro apporto alla vittoria nella Battaglia di Lepanto.

Assieme agli ospitalieri vi fu un altro Ordine dedicato alla cura dei feriti, dei malati, della gente bisognosa: I Padri Cruciferi.I Fraters Cruciferi appartenevano ad un ordine nato  probabilmente in Oriente, ma  vantavano le proprie origini addirittura dai primi cristiani. Affermavano di essere stati fondati da S. Cleto, e rifondati da S. Ciriaco, patriarca di Gerusalemme nel IV Secolo.Nel 1169 papa Alessandro III diede loro una costituzione ed una regola simile a quella degli Agostiniani.

Cavalieri Ospitalieri o Cruciferi.jpgcavalieri ospitalier.jpgimagesCALMNGBJ.jpgCavalieri ospitalieri.jpgPapa Pio II diede loro un abito blu e fece sostituire il lungo bastone a forma di croce che sempre recavano con sè, con una piccola croce d’argento.

Giunsero ad avere 208 Monasteri in Italia: Bologna, Roma, Milano, Napoli e Venezia. A Bologna Papa Clemente IV fece casa generalizia dell’ordine nel Convento di Santa Maria Morella a Bologna, e fu da li che nacquero i Crutched Friars inglesi, di cui si ha notizia anche in Irlanda ed in Boemia.

oratorioi gesuiti.jpgimagesCAL23325.jpg025ItaliaVeneziaGesuiti.jpgA Venezia, il Monastero in cui si insediarono i Crociferi  fu la Chiesa di S. Maria Assunta, detta dei Crociferi, e la sede dell’ospedale fu l’oratorio, del XIII secolo.imagesCABDFND0.jpg
imagesCAFTGB7P.jpgOra sono noti come la Chiesa dei Gesuiti e l’Oratorio, che è rimasto comunque, fino ai giorni nostri,  ospizio per donne.

tiziano_martirio-san-lorenz.jpgLa chiesa, ora dei Gesuiti si trova nel campo omonimo, ed è un capolavoro che ospita comunque il ” Martirio di San Lorenzo ” di Tiziano,Madonna col Bambino di  Andrea dell’Aquila (1604) Assunzione di Maria di Tintoretto ( 1555)Monumento funebre al Doge Pasquale Cicogna del Campagna, Spirito Santo con Maria di Antonio Balestra (1704)Santa Barbara di Giovanni Maria Morleiter, ed il Monumento Funebre alla Famiglia De Lezze del Sansovino ( seconda metà del XVI Secolo) oltre alla Sagrestia che ospita venti dipinti di Palma il Giovane; Vi era custodito inoltre il corpo di Santa Barbara (la vergine di Nicomedia),motivo di attrito fra Cruciferi e le monache di Torcello che sostenevano di dovere detenere le spoglie della Santa donate loro dal Doge Pietro Orseolo.

imagesCADST4XK.jpg003ItaliaVeneziaGesuiti.jpgIn seguito papa Alessandro VII nel 1656 decise di sopprimere l’Ordine, poichè, a suo avviso, vi era stata una certa rilassatezza dei costumi, ed il numero degli adepti si era notebolmente ridotto.

imagesCAK2PLU6.jpgimagesCAF8CNQV.jpgSi dice invece che, dopo aver distrutto l’ Ordine dei Templari, Filippo il Bello, in Francia, donò buona parte degli averi di questi cavalieri proprio ai Crociferi.Ora proseguiremo su questo meraviglioso campo, quello dei Gesuiti appunto a cui fu affidata la chiesa, che venne comunque ricostruita perchè troppo piccola per questa compagnia di Gesù fondata da San Giovanni di Loyola nel 1535.Andiamo in fondo al Campo, , dove si giocava a pallone, e si può intravvedere, in lontananza, l’isola di S. Michele, cimitero monumentale e fantastico, ed il Casin degli Spiriti.sanmichelebluverdebiancoazzurr.jpg

Venezia: dai Templari ai Rosacroce

doge Enrico Dandolo, 2.jpgdoge Enrico Dandolo in battaglia.jpgdoge Enrico Dandolo.jpgIl Doge Enrico Dandolo partecipò alla IV crociata indetta da Papa Innocenzo III nel 1198 non fosse altro per il fatto che essendo la flotta navale di Venezia la più grande e potente dell’epoca , in grado di trasportare  cavalieri, cavalli e viveri fino in Terrasanta  cercava di allargare 300px-Gustave_dore_crusades_dandolo_preaching_the_crusade.jpgi propri spazi e i proprio contatti.

navi del doge.jpgIl  Doge con il Consiglio dei dieci, per non intralciare il commercio della Repubblica , allestì navi solo per il trasporto dei Pellegrini , inoltre, la Serenissima istituì  una speciale magistratura ed un “ Codex Peregrinorum ” per tutelare i viandanti. La flotta, imponente e bellissima fece prima scalo a Trieste e poi a Muggia, dove i Veneziani chiesero atto di sottomissione, quindi a Zara, che posero sotto assedio fino alla conquista

A queste conquiste di paesi cristiani,  nonostante il tomba del doge enrico Dandolo.jpgpatto che era stato  ratificato tra  Innocenzo III e il Doge, il Papa non osservò i propri impegni, anzi scomunicò tutti i partecipanti alla crociata, per cui i cavalieri templari che avevano combattuto in Terrasanta confluirono a Venezia, e precisamente al Lido, dove il doge pensò di ricoverarli.  In seguito i templari, sostenendo di non aver conosciuto gli scopi del Dandolo furono perdonati dal Papa,  vennero cacciati dal Doge. Ed è qui che inizia una lunga sequenza di tracce lasciate dai cavalieri templari, tra Venezia, l’ Istria, e via, via, fino al Portogallo ed in Francia.

Triplice cinta di San Rocco a Venezia.jpgBasta comunque girare per Venezia per segnalare le tracce di questo passaggio, non solo (foto tratta dal blog “due passi nel mistero” di Marisa Uberti)passaggio, comunque, ma anche proseliti, che hanno continuato, e continuano a conservare fino ad ora le tradizioni di questa  fede in un gruppo di persone che ancora sono alla ricerca del Sacro Graal e delle motivazioni che di questa ricerca ne fanno una priorità importante della vita. tra queste tracce i due simboli che i templari lasciavano, come indizi o messaggi, come le triplici cinte, una la si vede benissimo incisa nel sedile di pietra davanti alla Scuola di S. Rocco, e l’altra in una panca di pietra dentro la Basilica di San Marco, a Venezia.

chiesa di San Barnaba a Venezia.jpgChiesa di San Pietro di Castello.jpgOltre alle tracce vere e proprie come la cattedra di San Pietro a San Pietro di Castello, che si disse conservò il Sacro cattedra di San Pietro.jpgGraal , e la sepoltura del corpo del  corpo del Custode della Sacra Reliquia,( Nicodemè de Bertrand Mesulet)che riposa nella chiesa di San Giovanni in Bragora.jpgS. Barnaba. Voci di Popolo dicono che i Templari portarono con loro un tesoro, che venne nascosto nell’isola S. Giorgio in Alga, San Giovanni in Bragora, portale.jpgisola di Venezia dove ora la Protezione Civile fa le esercitazioni. 

campo San Giovanni in Bragora.jpgimagesCAGTXGQP.jpgEsiste un’ipotesi per cui i Templari fossero, pur essendo monaci, il braccio militare del Priorato di Sion, ordine fondato da Goffredo di Buglione dopo la presa di Gerusalemme, che divenne  in seguito l’Ordine dei Cavalieri di Malta, e la sede anche attuale del Priorato di Lombardia e Veneto di quest’ordine si trova nella Chiesa di S. Giovanni in Bragora,  di cui ho già scritto.

Da qui inizia tutta una serie di tracce che vanno Palazzo Vendramin Calergi.jpgCà Vendramin Calergi.jpgChiesa della Maddalena a Venezia.jpgdal Palazzo Vendramin Calergi, sede ora del Casinò di Venezia ove sono iscritte le parole : NON NOBIS DOMINE ! ,a prima parte di una frase che era un simbolo e un modo di comunicare tra i Cavalieri Templari, appunto ( NON NOBIS DOMINE, SED NOMINI TUO DA GLORIAM), e la chiesa di Maria Maddalena di Cannaregio, carica appunto di questi simboli, che potete vedere, e che apparteneva alla famiglia detta Balbi (per via della balbuzie del suo capostipite), il  cui cognome era Ezzelino, e notoriamente massone.

Se giriamo tranquillamente per Venezia, questi simboli li possiamo notare in qualche rosone, in qualche capitello che unisce, unitamente all’immagine della Madre col Bambino anche qualche decorazione che, a ben vedere, è un simbolo templare.

 

pilastri acritani.jpgmedaglioni alchemici a San Marco Venezia.jpgSegni alchemici.jpg200px-Venice_%E2%80%93_The_Tetrarchs_03.jpgDi certo simboli templari, legati all’alchimia ed in seguito ai Rosacroce si possono trovare nella Basilica di San Marco: i medaglioni alchemici, incastonati nella parete che da sul campo dei Leoni, i Tetrarchi, dall’altra parte, che portano alla base un cartiglio decorato con due putti e due draghi (simboli alchemici anche questi), con la scritta in veneziano antico: “uomo faccia e dica pure ciò che gli passa per la testa e veda ciò che può capitargli”, oltre ai due pilastri acritani, anche questi con simboli da decrittare e legati ad antiche credenze.

 

particolare dell'orologio della Torre di Venezia.jpgCagliostro.jpgCasanova, Rosacrociano.jpgcolonne annodate a San Marco, Venezia.jpgCavalieri dei Rosacroce.jpgE non parliamo quadrante dell’orologio della Torre, che reca simboli legati non solo allo Zodiaco, ma anche simboli arabi. A questo si possono collegare le colonne annodate della Basilica di San Marco ( il nodo è quello d Re Salomone), inizio e seguito nella storia dei templari, poi alchimisti, poi rosacroce, tra i quali spicca Giacomo Casanova iniziato a questi misteri dalla Marchesa d’Urfè a Parigi, e orologio dio San Marco.jpgpoi ritrovatosi con Cagliostro, altro Rosacrociano facente parte dell’ordine Egiziano.

 

Polifilo.jpgmovimento rosacroce e massoneria.jpgcap_pellicano.jpgcapducale.jpg

Tra le colonne di Palazzo Ducale appare anche il simbolo del Pellicano, immagine dei Rosacroce,  simbolo che si ripete in un capitello della Chiesa di San Salvador, e di cui parleremo, che, assieme al libro conservato nella Biblioteca Marciana, Hypnerotomachia Poliphili è alla porta magica o alchemica.jpgbase delle cognizioni per arrivare ai mutamenti determinanti legati alla Pietra filosofale.

 

 

Dai rosacroce poi si passerà ai massoni, di cui attualmente è esistente una loggia a Venezia, l’unica rimasta di almeno Rosacroce a Venezia e Federico Gualdi.jpgrosacroce e Venezia.jpgsimbolismo del Pellicano.jpgquattro logge, di cui già ho parlato e di cui comunque parleremo anche in seguito.

Venezia quindi come città esoterica, scrigno di dottrine orientali testimoniate dalla Famosa Biblioteca Marciana e dagli incunabili che il Cardinale Bessarione donò a questa biblioteca per permettere agli studiosi provenienti da tutta europa di approfondire tali, antichissime informazioni .

Alla ricerca degli Alchimisti

images.jpgIn questa straordinaria città, ricca di richiami arabi, egiziani e depositaria di libri così importanti per gli studiosi dell’alchimia, della Kabbalah, si trovano sempre riferimenti precisi alla clavicola(chiave) di Re Salomone, al suo anello, al suo sigillo e al labirinto, e pure alla pietra filosofale.

Venezia è una città che ospita, senza alcun mistero, la Sede del Priorato dei Cavalieri di Malta e, in Campo S. Maria Formosa, la sede dei Massoni imagesCA1VXMQP.jpgveneziani, che ospitava ed enumerava importanti persone anche del Seicento e Settecento, tra cui, famosissimo, Giacomo Casanova.
 
Quella del Settecento veneziano fu un’epoca straordinaria, perchè in giro per l’Europa si trovavano altri personaggi enigmatici come Casanova, estremamente misteriosi come il Conte di Saint Germain, nato nel 1698, e di cui non si conosce l’anno di morte….. perchè non risulta morto,  e Alessando Cagliostro, altro alchimista, personaggio unico anch’egli.imagesCAW1JBLK.jpg

Si conobbero tutti e tre ed  è veramente interessante l’autobiografia di Casanova, leggere degli incontri fra Giacomo Casanova e Cagliostro davanti alla Basilica dei SS. Giovanni e Paolo, luogo ricco di particolarità strane, luogo di strane presenze. Tutti e tre legati ai rosacroce, tutti e tre iscritti poi a logge massoniche vissero le loro vite strabiliando l’Europa, o facendosi ridere dietro, ma comunque, erano sempre persone che frequentavano re, regine, persone importanti vivendo sul filo della denuncia per eresia, o costretti in carcere.

imagesCA2CSSO0.jpgTuttora non si sa se sia ancora vivo il principe di Saint Germain, e non si trova nemmeno la tomba di Casanova, che, si dice, sia sepolto nella chiesa di S.Barnaba, dove è sepolto anche il corpo di uno dei custodi del Sacro Graal, il cavaliere Nicodemè de Besant-Mesurier.

Molti suoi contemporanei sostenevano che anche Giacomo Casanova fosse “il conte di Saint Germain” ovvero un uomo che non muore mai. E’ tutto da vedere, è tutto da provare, semmai si potrà provare qualcosa. IimagesCATPEVO9.jpgl Grellet nel suo “Les aventures de Giacomo Casanova en Suisse” (1909) riportava la dichiarazione di B de Marault, contemporaneo di Casanova: “Questo straniero va conosciuto assolutamente. Ha visto e viaggiato tutto, conosce tutte le lingue, mi ha dato prova di grandissima conoscenza delimagesCAOBGL1A.jpgla cabala. C’è chi dice sia il conte di San Germain”, l’uomo che non muore mai. Casanova quindi è ancora tra noi?

 

Mar 21, 2011 - Angeli e demoni a Venezia, Misteri, Religione a Venezia    Commenti disabilitati su Il Demonio, l’Angelo e..il Papa a Venezia

Il Demonio, l’Angelo e..il Papa a Venezia

ca'soranzo.jpgA Castello c’è un palazzo la cui facciata guarda il canale verso S. Marco, da cui è poco distante ed  apparteneva alla famiglia Soranzo.

Legata a questo palazzo c’è una leggenda, forse una delle più conosciute a Venezia, che è stata verificata presso gli “Annuali dei Cappuccini” di Padre Boverio.

Correva l’anno 1552, e nel palazzo abitava un avvocato  impiegato presso la Curia Ducale, il quale, nonostante si proclamasse devotissimo a Dio ed alla Madonna, aveva accumulato ricchezze in modo assai disonesto ed a scapito di tanta povera gente.

imagesCACBWRPN.jpgimagesCA7LF4EJ.jpgimagesCAZ1BZS3.jpg93958.jpgUn giorno l’Avvocato invitò alla sua mensa  padre Matteo da Bescio, primo generale dei Frati Cappuccini, ed in odore di Santità. E a lui mostrò quella che considerava una rarità: una scimmietta addomesticata, tanto brava da svolgere perfino i lavori domestici.

Come l’animale vide il santo frate fuggì e si nascose sotto il letto, rifiutandosi di uscire. Ma Padre Matteo aveva visto, sotto la pelliccia della scimmia, il demonio.
Quindi gli chiese per quale motivo egli fosse presente in quella casa, e la scimmietta parlò: Sono il Diavolo, e sono qui in attesa di portare con me l’anima di questo avvocato che a causa delle sue azioni mi appartiene.
– E perchè non l’hai ancora fatto? – chiese il sacerdote, – Il motivo è uno solo – rispose il demone – egli ogni sera, prima di coricarsi, raccomanda la sua anima a Dio e alla Madonna –

Udito ciò il Cappuccino gli ordinò di uscire immediatamente da quella casa, ma il demonio si rifiutò adducendo il motivo che gli ordini ricevuti  lo costringevano a non andare, a meno che non avesse commesso almeno qualche danno.

GuardianoDemonio.jpg-Allora – rispose il frate – farai il danno che ti dico io. – farai un foro sul muro uscendo da qui, e questo servirà come eterna testimonianza di quanto accaduto.

Il Diavolo, pur malvolentieri, obbedì.

Padre Matteo si rivolse allora all’avvocato, e lo fece riflettere sui misfatti della sua vita passata, poi , stringendo un lembo della tovaglia fece uscire miracolosomente del sangue, accompagnando il gesto con queste parole: – questo è il sangue di tutti i poveri che tu hai ingannato con i tuoi imbrogli e con le tue estorsioni –

L’avvocato, piangendo disperato, promise di restituire il maltolto, e ringraziò il religioso per la grazia ricevuta.

Gli rimaneva un solo timore, quel buco da dove Satana era uscito ma da cui sarebbe potuto rientrare, ma la soluzione gliela trovò Padre Matteo: il buco andava difeso da un Angelo, perchè si sa che gli Angeli Cattivi fuggono alla vista ed alla presenza degli Angeli Buoni.

casadellangelo.jpgDa allora, quindi, sulla facciata del palazzo vi è un grande bassorilievo che rappresenta un Angelo che guarda verso il canale e verso S. Marco, e con la mano destra benedice un globo che tiene nella mano sinistra. Sopra il bassorilievo, il buco.

Tutta la zona circostante è chiamata dell’Angelo, e il Palazzo viene chiamato Palazzo Soranzo dell’Angelo o Cà dell’Angelo.

 

 

La Madonna del Perdon

AlbergoParticolare.jpgimagesCA0M0BCB.jpgNel 1177, vicinissimo a Campo S. Aponal si aggirava un viandante. era tutto intabarrato e sospettoso; Quando venne sera egli trovò riparo nel Sotoportego di Calle de la Madona, si stese sulla terra nuda, e così passò la notte.

imagesCATDBPQK.jpgIl mattino successivo egli si rivolse al vicino Convento di S. Maria della Carità (le attuali Gallerie dell’Accademia, dove fu accolto ed impiegato come sguattero nelle cucine.

Federico Barbarossa.jpgPapa Alessandro III.jpgimagesCA2M1138.jpgPassarono circa sei mesi, quando un frate francese chiamato Comodo riconobbe nell’uomo nientemeno che il Papa Alessandro III, sfuggito alla persecuzione delll’Imperatore Federico Barbarossa.

Subito il Santo Padre venne condotto a Palazzo Ducale, quindi venne ospitato per tutto il tempo che rimase a Venezia  presso il Palazzo del Patriarca di Grado, a S. Silvestro. Nel frattempo il Doge Sebastiano Ziani si prodigò affinchè il Barbarossa ( sconfitto nella battaglia di Legnano nel 1176)riconoscesse il Papa, e nel 1177 riuscì a stabilire il doge Sebastiano Ziani.jpgIl doge Ziani e il Papa.jpgtra i due contendenti la Pace di Venezia: Il Barbarossa riconobbe il Papa, e questi tolse all’Imperatore la scomunica.

Per questo motivo alla Serenissima venne riconosciuta la concessione dell’ uso della spada, del cero, della bolla, degli stendardi, della sedia curile, delle trombe in questa ricorrenza,” Lo sposalizio del Mare” con il quale Venezia ribadiva il  suo predominio sui mari davanti a tutti gli altri Stati Europei.

 

La Pace di Venezia.jpgimagesCAT28IZ9.jpgA perpetuo ricordo del rifugio improvvisato trovato sotto il portico la sua prima notte a Venezia, il Papa concesse l’indulgenza perpetua a quanti, davanti all’altare della Madonna che li si trova, recitasse un Pater e un’Ave.

imagesCA1CIBFP.jpgLa Calle che porta da Campo S. Aponal al portego è tutt’ora chiamata Calle del Perdon, e la statuetta di un prelato dormiente riposa ancora oltre le sbarre del capitello.

calledelperdon.jpgUna grande tavola in legno intarsiato ricorda l’avvenimento.
“Alessandro III sommo pontefice fugiendo le armi di Federico imperatore venendo a Venezia qui riparò la prima notte , et poi concesse indulgentia perpetua in questo locchio dicendo un Pater Noster et una Ave Marias ubi non sit grave dicere MATER AVE, l’ano MCLXXVII et con la carità di devoto silumina giorno e note come si vede”.

Andar per bacari a Venezia

Volevo fare un omaggio agli innamorati, fortunati e saggi che sono a Venezia oggi,  ma anche a chi, per la gioia degli occhi e del luogo incantato hanno deciso di venire a Venezia per vivere qualche ora in questa fantastica città!

Ed allora, con l’amore e con il divertimento il mangiare bene è un elemento determinante.

A Venezia esiste il Bacaro, luogo dove si mangiano i “cicheti” da ciccus, piccola quantità, cioè assaggi di cibo delizioso e tipicamente veneziano, e bac, da Bacco, quando è logico e naturale accompagnare il cibo con una sana “ombra” (bicchiere ) di vino.

Ecco che allora trasmetto a chi è interessato ad assaggiare le vongole saltate, la bottarga, le cicale di mare lessate, il Baccalà Mantecato (una delizia) seppioline in umido,
cappe sante al forno, moeche fritte, cozze saltate e Carpaccio. 

Oppure bigoi in salsa, gnocchi di patate, pasta e fasioi, , risi e bisi, risotto di vongole, riso con asparagi e riso con la salsiccia.

Branzino al forno, cefalo ai ferri, coda di rospo lessata, polpetti lessati e conditi, frittura di pesce misto, le famosissime sarde in saòr, sarde fritte, seppe col nero e seppoline arrosto.

Poi il fegato alla veneziana, anara ripiena con immancabile polenta.

Alla fine i bussolà ed i baicoli.

Dove mangiarli:

dalla Marisa ai 3 Archi
Osteria alla Vedova, calle del Pistor
al Bagolo, Campo S. Giacomo dall’Orio
Alle Alpi da Dante vicino Salizzada S. Francesco
Ai do Mori a Rialto
Al Garanghelo S. Polo
Ai promessi sposi in Strada Nova
Enoteca Do Colonne a S. Marquola
Da Lele ai Tolentini

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