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Le Scuole di Venezia

270px-Scuola_nuova_della_Misericordia_%28fianco%29.jpg270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgA Venezia con il termine Scuola si intendeva sia un’antica istituzione di carattere associativo – corporativo, sia la costruzione stessa che tale corporazione ospitava.

Dall’undicesimo secolo si erano formate delle confraternite laiche che eleggevano un Santo protettore, ed alle quali aderivano cittadini di ceto medio.

Le corporazioni o confraternite dei nobili invece venivano chiamate Scuole Grandi.Nel 1261 la Repubblica istituì due magistrature, che oltre ad altri compiti, avevano anche quello di approvare le Mariegole, ossia gli atti istitutivi delle Scuole stesse.

mariegola in archivio storica.jpgmariegola.jpgA presiederle erano i Guardian Grandi, il Capitolo era l’organo che riuniva i confratelli, la Banca e la Zonta erano organi con incarichi direttivi, ed erano formati da quattordici persone circa.

Scuola Dalmata di SS Giorgio e Trifone.jpgEsistevano quindi le Scuole dei lavoratori stranieri, Albanesi, Dalmati, Schiavoni,Greci ed altri, che fornivano ai loro confratelli aiuti spiriturali e materiali nelle difficoltà.

Scuola Dal.jpgScuola dalmata.jpgLa Scuola Dalmata, per la completezza ed il buono stato di conservazione oltre che per la presenza della  Storia dei Santi Giorgio, Gerolamo e Tritone e due vicende evangeliche dipinte dal Carpaccio, si distingue per bellezza.

Mariegola della Scuola Grande dei Carmini.jpgmariegola -galeone.jpgMariegola della Scuola di S. Michele Arcangelo.jpgle mariegole.jpgMariegola dei bocaleri.jpgLe Scuola formate dagli artigiani, di alcune delle quali abbiamo già parlato,  la Mariegola era una sorta di albo professionale ( ad esempio la Scuola dei calegheri, dei mureri o muratori, dei battiloro (orafi).

Le Scuole Grandi invece si dedicavano per lo più alla devozione di un Santo, o alla Penitenza ( dei Battuti) e, dopo la metà del 400 la differenza di importanza venne sancita dal Consiglio dei Dieci. Le Scuole grandi infatti erano composte da nobili ricchi, ed erano finalizzate alla beneficenza e scritta.jpgall’assistenza, ed il notevole afflusso di denaro rendeva gli edifici ricchi di opere di pittori e scultori importanti come il Tintoretto (Scuola Grande di S. Rocco) Paolo Veronese (Scuola GRande di S. Marco, ora l’attuale ospedale dei SS. Giovanni e Paolo )e Jacopo Palma il Giovane, ed erano arricchite misticamente da reliquie.

Le Scuole dei Battuti ebbero un ruolo fondamentale nel sostenere gli sforzi bellici della Serenissima.

Nel XVI secolo si elencavano sei Grandi Scuole:

270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgScuola Grande id San Giovanni Evangelista.jpgScuola Grande di San Marco.jpgScuolas grande di S. Maria della Carità.jpgScuola Grande di S. Teodoro2.jpgScuola Grande di S. Teodoro, del 1258
Scuola Grande di S. Maria della Carità, del 1260
Scuola Grande di S. Marco del 1261
Scuola Grande di San Rocco.jpgScuola Grande di S. Giovanni Evangelista del 1261
Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia  del 1308
Scuola Grande di S. Rocco del 1478.

Secondo Marin Sanudo il Giovane (1466 – 1536) grande cronista dell’antica Venezia, le Scuole minori, veri laboratori di apprendistato dove si insegnavano i vari mestieri erano 210, altre fonti parlano addirittura di 400.

I regolamenti per la costruzione delle Scuole erano molto precisi, e gli architetti vi si dovevano assolutamente attenere: Il Palazzo doveva avere due grandi stanze, una a piano terra, dove si svolgevano le funzioni, e l’altra al primo piano, dove si riunivano i confratelli, e da questa stanza si poteva accedere attraverso una porticina alla stanza detta dell’Albergo, dove veniva conservata la Mariegola.

Scuola grandde ca.jpgscuola fdei Carmini.jpgScuoa Carmini.jpgCarmini.jpgUn discorso a parte per la Scuola Grande dei Carmini ( Confraternita dei Pizzoccheri dei Carmini) che ebbe vita travagliata per la costruzione dell’edificio, certo non una delle migliori opere del Longhena, del 1594, ma che ebbe il sospirato ricoscimento dal Consiglio dei Dieci nel 1767, anche per merito di uno dei più bei quadri mai dipinti da Tiepolo: la Madonna del Carmelo che consegna lo scapolare al Beato Simone Stock.

Le Schole erano quindi le sedi delle corporazioni, con regole precise, ed erano alla base della vita di questa città Stato fondata sull’opera ed il lavoro degli artigiani, veri artisti, che furono gli artefici della sua bellezza e ricchezza, in armonia con i mercanti che procuravano   merci e materiali pregiati che la resero internazionale ed aperta alle idee di importanti scenziati, artisti ed intellettuali italiani ed europei, in un fervore di idee e conoscenza.

Gen 21, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Misteri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Guariento-ncoVerginegrande.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgNel 1903 gli addetti alla conservazione delle opere artistiche di Palazzo Ducale a Venezia, consapevoli dell’usura a cui era sottoposto l’enorme quadro del “Paradiso”  del Tintoretto, decisero di rimuoverlo per poterlo restaurare; una volta rimossa l’enorme tela ai loro occhi apparve un affresco: un assoluto capolavoro della pittura gotica di Venezia: l’incoronazione della Vergine del Guariento.

Egli era il più noto artista di Padova, pittore di corte dei Carraresi. Nato verso il 1310, già nel 1338 era riconosciuto “maestro”, in un’epoca in cui era ancora vivissimo il ricordo di Giotto, che aveva ultimato in quella città la Cappella degli Scrovegni nel 1306. 

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_01.jpgNel 1351 aveva già dipinto un affresco di “Incoronazione della Vergine” nella chiesa di S. Agostino  a Padova e poco dopo avrebbe decorato la Cappella dei Carraresi, di cui resta una bellissima schiera di Angeli sulla tavola, nella quale, distaccandosi da Giotto, l’artista è ancora più sensibile alla pittura veneziana di antica tradizione bizantina.

L’affresco di Palazzo Ducale è di circa venti metri di larghezza, doveva avere un’incantevole profusione di ornamenti d’oro e d’argento, che culminavano in un’immensa costruzione di figure di Santi, di aureole, di schiere angeliche, di vari colori secondo il grado gerarchico, legate assieme oltre che dagli stalli anche dai grandi cartigli nei quali i profeti, i santi e gli angeli indicavano i motivi di gloria della Vergine, secondo la cultura del tempo, con profusione di lussuosa eleganza nelle vesti, in un’atmosfera di liricità composta e pensosa.

L’affresco era stato nominato anche dal Sansovino ” Il cielo compartito a quadretti d’oro ripieni di stelle”; il Pallucchini commentava: dopo la Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_03.jpgdecorazione musiva di San Marco , è questo il primo gaudioso tentativo di decorare a Venezia una grande superficie, e non più a mosaico, ma ad affresco”.

tintoretto_paradiso1.jpgL’opera venne compiuta dal 1365 al 1368, e ricopriva la parete di fondo della Sala, nella medesima posizione dove fu appunto posto(dopo l’incendio del 1577 che in parte lo danneggiò) il Paradiso del Tintoretto, nel 1590.

Il soggetto del Guariento è lo stesso preso due secoli più tardi dal Tintoretto e rappresenta ” L’incoronazione della Vergine e la corona celeste”. Sotto  il Trono della Vergine vi erano dei versi, ora quasi illeggibili, che Dante Alighieri avrebbe dettato per questo tipo di composizione tanto diffuso nel trecento:

“L’Amor che mosse già l’eterno Padre
Per figlia haver de sua deità trina
Chostei che fu del Suo Figliol poi madre
De l’universo qui fa la Regina”

stampa del Guarienti.jpgI versi richiamano l’inizio del Canto XXXIII del Paradiso del Sommo Poeta, e sono a commento dell’incoronazione della Vergine da parte di Cristo in un alto trono, attorno al quale si trovano gli evangelisti con angeli, musicanti, serafini, cherubini, profeti, apostoli, martiri e santi in una speciale distribuzione di scanni a schiera, secondo gli ordini delle varie gerarchie.

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_07.jpgCiò che si è potuto salvare di tale capolavoro si trova in una stanza adiacente alla Stanza del Maggior Consiglio, e si può ammirare in tutto il suo splendore, enigma ed arte unica a Palazzo Ducale..piccola parte di tutti i tesori artistici che rendono unico questo Palazzo e la città di cui è emblema.

Dic 15, 2011 - Alchimia, Personaggi    6 Comments

Cabala e Armonia Cosmica di Francesco Zorzi a Venezia

memorie degli uomini illustri di Asolo.jpgGiorgio%20Francesco%20Girolamo%20Tiraboschi%20Storia_della_letteratura_italiana%20frontespizio.jpgTiraboschi.jpgFranciscus Georgius Venetus, così come viene definito dall’Abate Girolamo Tiraboschi (1731-1794) nella sua “Storia della letteratura Italiana” (1772 -1782), nacque nel 1460 a Venezia da nobile famiglia, e gli fu dato il nome Dardi, che egli, nel 1480 circa, diventando Frate Minorita cambiò in Francesco, e morì ad Asolo nel 1540 annoverato tra gli uomini più illustri della città nel, saggio di Pierantonio Trieste da Pellegrino.

Ermete.jpgPico dell Mirandola.jpgEstimatore e studioso dei concetti esoterici di Giovanni Pico della Mirandola, egli divenne, con l’aiuto di studiosi ebrei della Serenissima, uno dei più grandi cabalisti.

Scrisse infatti ” Harmonia Mundi totius cantica tria “(Venezia, 1525) dedicato a Papa Clemente VII; questo trattato che concilia le Sacre Scritture alle idee di Platone e la cabala ( proseguendo in questo caso proprio l’opera del Pico), venne ristampato diverse volte e tradotto in varie lingue.

cabalà.jpgNella sua seconda opera ” In scripturam sacram problemata” ( Venezia, 1536) de Armonia mundi.jpgGiorgio%20Francesco%20De%20Harmonia%20mundi%20totius%20Cantica%20tria.jpg195px-Clement_VII__Sebastiano_del_Piombo__c_1531_.jpgalbero della vita.jpgcabala.jpgtratta ancora di Cabala e cabala cristiana.jpgPlatonismo. Entrambi i libri vennero messi all’indice, proprio perchè la cabala venne spiegata da Pico e da Francesco come una fonte di speranza a cui attingere per decifrare i misteri del mondo, e nella quale Dio appare oscuro, in quanto apperentemenre irrangiugibile dalla ragione.

Ficino.jpgErmete Tr.jpgTrismegisto.jpgIl loro pensiero si riallaccia a quello di Marsilio Ficino, cercando però di riconciliare l’Aristotelismo ed il Platonismo in una sintesi superiore, con elementi culturali e religiosi, come ad esempio la tradizione misterica di Ermete Trismegisto e della cabala.

Nonostante la censura degli inquisitori al frate non venne fatto nulla, anzi il Doge doge Andrea Gritti.jpgSanspvino.jpgAndrea Gritti lo incaricò di affiancare Jacopo Sansovino nell’ampliamento della Chiesa di S. Francesco della Vigna, che divenne in seguito una delle più importanti di Venezia.

L’origine della Chiesa nasce da un ospizio che i Francescani avevano in uso in prossimità di una vigna del Nobile Marco Ziani. Nel 1300 i monaci edificarono anche un convento e poi una chiesa di stile gotico che in seguito venne ampliata progressivamente nei due secoli successivi.

S. Francesco.jpg1.jpgS. Francesco della Vigna.jpgNel 1543 iniziarono i lavori di ampliamento, e ad Andrea Palladio venne affidata la ricostruzione della facciata.

Francesco Zorzi, così poi venne chiamato, si basò sulla cabala per arrivare all’estrema armonia: “Quello che si fa in quella Chiesa si fa con buone ragioni ” così scrisse il cabalista nel Memoriale con cui tutti i protagonisti di questa impresa (Doge compreso) dovettero confrontarsi.

Per la Chiesa vennero quindi rispettate le misure della Divina Sapienza, cioè il 3, il numero  primo e divino, il quadrato del 3, e il 27, il cubo del ternario: Questi numeri vennero scelti Palladio.jpgrispettivamente per la larghezza e la lunghezza della navata, così da ottenere una proporzione tripla col corpo della Chiesa.

Vigna 2.jpgpianta di S. Francesco della Vigna.jpgConcetti architettonici ed esoterici modellano ogni singolo volume ed elemento, fissando le proprozioni dell’edificio in rapporto con quelle del corpo umano, inseguendo le curve delle note musicali, fino a raggiungere un’armonia architettonica che fosse la perfetta riproduzione dell’armonia cosmica.

 

Venezia: centro dell’editoria e della cultura in Europa

Biblioteca-Marciana.jpgbiblioteca-marciana-venezia.jpgIl Tempio della Cultura di tutta Europa fu, nel 1500 la Libreria del Sansovino (edificio splendido e lodato pure dagli architetti contemporanei, come Palladio); il suo prestigio era effettivo dato che Venezia era un centro culturale europeo, basato sulla valorizzazione della cultura classica e legato, oltre che per le opere contenute ( la biblioteca dono del  Cardinale Bessarione, formata da incunaboli, libri scritti in greco, libri arabi, preziose incisioni)) quella di Francesco Petrarca che ne fece dono anch’esso alla Serenissima, ma anche e soprattutto per il rapido sviluppo in questa città dell’editoria.

Le attività imperniate nella nuovissima arte della stampa ebbero infatti a Venezia , alla fine del quattrocento, un Cardinale Bessarione.jpgAntico testamentio scritto in Greco.jpgantico libro del Petrarca.jpgpetrarca.jpgrapido sviluppo che si estese e si consolidò fino al 1500.

Nel 1469 si trasferirono nella Repubblica i primi stampatori tedeschi e, appena quindici anni dopo il primo libro stampato a caratteri mobili da Gutemberg a Magonza, iniziarono la produzione libraria: questa si sviluppò immediatamente sollecitata dalla sempre maggior richiesta di libri soprattutto di cultura letteraria, umanistica e scientifica.

La produzione divenne imponente: prima del 1500 operavano nella città 154 officine che produssero tremila giosue1.gifedizioni, equivalenti a oltre due milioni di copie: ricorda Lino Moretti ( il libro veneziano nei secoli, 1973) che dal 1495 al 97 furono pubblicati in Europa 1821 libri e di questi ben 447 , quasi un quarto, a Venezia.

Nel cinquecento, superata la crisi dei primi decenni, Venezia visse il suo secolo di opulenza che fu anche il secolo d’oro della stampa Veneziana. In questi cento anni si annoverarono 493 ditte tra tipografi, editori e librai.

Oltre al numero i libri veneziani erano apprezzati e riconosciuti per alcuni pregi intrinseci: la qualità della carta che veniva da Fabriano nelle Marche o dal Friuli, la nitidezza dei caratteri e la raffinatezza delle illustrazioni e delle decorazioni in cui si rifletteva lo splendore dell’arte Veneziana di quel periodo: la pregevole fattura delle rilegature specie quelle in pelle di ispirazione persiana.

manuzio.jpgAldo Manuzio a sinistra.gifLa personalità che più contribuì al prestigio europeo del libro veneziano di Aldo Manuzio: nativo del Lazio, dotto umanista prima di diventare stampatore ed editore di opere classiche egli giunse a Venezia quarantenne e vi operò dal 1489 al 1515, pubblicando più di trenta volumi classici, soprattutto greci, (Archimede, Omero, Esopo), in lingua originale, e la famosa e splendida opera “Hypnerotomachia Poliphili” (1499) di, si dice Francesco Colonna, sacerdote veneziano, e xilografie  di   Mantegna,     ma la storia di questo libro ed il suo significato alchemico è così importante che ne parlerò a parte.

Marchio_Tipografico_aldo_Manuzio-b1f27.jpg250px-Aldo_Manuzio_Aristotele.jpgDa Hypnerotomachia Poliphili.jpgLe edizioni Aldine divennero famose ed inconfondibili, non solo per l’alta qualità della stampa e delle decorazioni, ma anche dalle dimensioni dei volumi, che dal formato “in folio” fu ridotta “in ottavo”;

Tale riduzione unita all’uso di una carta più sottile ma resistente resero il libro molto più maneggevole.

L’attività editoriale veneziana del cinquecento fu connotata da una grande apertura culturale: venivano pubblicati libri in latino, in greco, in volgare, in slavo, in armeno, in Legatura di un libro.gifTorchio per stampa.jpgebraico oltre che le prime e più belle edizioni musicali.

08bembo.jpgDice sempre il Moretti: Proprio al libro di un patrizio veneziano, edito a Venezia, ” Prose della volgar lingua” di Pietro Bembo, l’Italia dovrà la costituzione della sua lingua letteraria sui modelli di Petrarca e di Boccaccio.

E proprio la presenza di Francesco Petrarca che nella Serenissima abitò nel 1362 in un casa donatagli dal Senato sulla Riva degli Schiavoni, prima di trasferirsi ad Arquà, ed il dono alla Marciana della sua preziosa raccolta di manoscritti, furono  certamente elementi determinanti per avviare l’apertura in senso italiano della cultura veneziana, che, perdendo la propria provincialità divenne l’elemento propulsore della nuova letteratura in “volgare”.

immagine del frtontespizio di un libro di Manuzio.jpgLa Repubblica veneziana, con una classe dirigente formata prevalentemente da un ceto aristocratico colto e raffinato, seppe capire l’importanza della cultura come fattore determinante del prestigio politico e di conseguenza facilitò la venuta e l’operosa pemanenza a Venezia delle più diverse personalità, non restingendosi in campanilistiche preclusioni.

Menti illuminate in una città fortemente portata all’arte, alla bellezza, alla capacità di rapportarsi con gli gli altri, in tutti i settori.
 

 

Ago 8, 2011 - Arte, Chiese    2 Comments

I mosaici d’oro a San Marco: una Bibbia aperta a Venezia

basilica_di_san_marco_a_venezia.jpgDoge Domenico Selvo.jpgI mosaici più antichi nella Basilica di San Marco sono databili dalla fine dell’anno 1000. La prima decorazione risale al Doge Domenico Selvo (1071-1084) e continua fino agli inizi del 400, con l’avvento nella Serenissima di artisti chiamati dalla Toscana che elaborarono una nuova tecnica. La propensione dei veneziani per il colore aveva portato gli artisti a decorare le facciate dei palazzi e delle chiese che davano sul Canal Grande, e formavano perciò uno straordinario strumento cromatico, abbinato al riflesso sulle acque dela canale,e tutto ciò creava uno spettacolo straordinario e fiabesco.

Per i mosaici di San Marco  è importante segnare il punto dal quale il mosaico veneziano si distacca da quello Bizantino e nell’onda inventiva che parte sempre dall’antica tecnica dell’affresco, esso non diventa occidentale ma veneto, intriso cioè di una liricità e di un’invenzione che nascono da una paziente meditazione di Bisanzio da parte di artisti che non parlano più greco, ma veneto.

Gesù.jpgDopo il Diluvio.jpgmos_genesi.jpgEcco che si attua prima la tecnica dell’affresco come base, per poi riempire il disegno con le tessere.

A San Marco la superfice dei mosaici ammonta a quattromila metri quadri. Essi costituiscono la rappresentazione dell’antico e del nuovo testamento, dalla Creazione del Mondo, al Diluvio Universale, alla Caduta della manna nel deserto. All’interno le Sacre scritture sono disposte cronologicamente, ad iniziare dalla cupola sopra l’altar maggiore, in cui appare l”Emanuele” predetto dai Profeti, poi verso la cupola centrale in cui, dopo gli episodi della vita terrena di Gesù viene celebrata lAscensione di Cristo in Cielo, segue quindi nella stessa navata la Discesa dello Spirito Santo, nella Cupola delle Pentecoste, ed infine il Trionfo della Chiesa nell’arcone del Paradiso sopra la porta d’ingresso.

Nelle cupole laterali e nelle zone adiacenti sono celebrati alcuni Santi particolarmente venerati a Venezia.

mosaico 1.jpgDiluvio Universale.jpgMosaici della Basilica di San Marco.jpg28-07%20Mosaico%20Genesi%20San%20Marco.jpgmosaici.jpgGli episodi riguardanti la vita di San Marco e il suo trasporto a Venezia si trovano tanto nella facciata quanto nell’interno della Orazione nell'orto degli ulivi.jpgChiesa, lungo il transetto.

Bagliori d’oro, raffigurazioni raffinate, uno spettacolo splendido, un enorme “film” lussuoso e suggestivo da San Tommaso.jpgammirare, guardare e leggere.

Le Boche de Leon a Venezia

ricordo della congiura.jpgDal 1310, dopo la congiura di Baiamonte Tiepolo furono costruite a Venezia diverse Bocche di Leone  ( Boche de Leon) o Bocche per le denunce segrete (boche de le denuntie), simili alle nostre cassette postali, distribuite almeno una in ogni sestiere, vicino a collocazioni della Magistratura, a Palazzo Ducale o  alle chiese, e servivano a raccogliere notizie, delazioni o segnalazioni contro coloro che si macchiavano dei crimini più vari.

Si chiamavano così perche attorno alla fessura creata per “impostare” i fogli con le denunce scritte veniva scolpita l’immagine di un muso di leone, dall’espressione spaventosa e truce.

Solo i Capi del Sestiere potevano accedere al retro del muro dove erano poste le varie cassette, le cui chiavi venivano tenute dai Magistrati, ed ognuna di esse raccoglieva le delazioni per un tipo diverso di reato: dalle accuse di evasione delle tasse, a quelle che   riguardavano i bestemmiatori, e varie altre.

Consiglio dei dieci 1.jpgb11salabussola.jpgBocca di Leone sul muro della chiesa alle Zattere.jpgBocca di leone per le tasse a Venezia.jpgMolto spesso si trattava di delazioni prive di ogni fondamento, dovute all’invidia o all’odio di una persona verso l’altra, altre volte invece queste segnalazioni salvarono anche la stessa sicurezza della Serenissima.

I Savi dei Dieci e i Consiglieri dei Dieci accettavano le denunce anonime solo se si trattava di affari di Stato, con l’approvazione dei cinque sesti dei votanti.

Non era però così facile, come si può pensare, il consiglio dei dieci.jpgaccusare qualcuno. Nel 1387 il Consiglio dei Dieci ordinava che le accuse anonime inviate tramite lettera, senza firma dell’accusatore e senza attendibili testimoni d’accusa sulle circostanze segnalate, dovevano essere bruciate senza tenerne minimamente conto.

Nel 1542 fu decretata una legge che stabiliva l’accettazione delle denunce  solo se venivano citati almeno tre testimoni presenti  al fatto.

Anticamera Consiglio dei 10 Boca de Leon Palazzo Ducale.jpgSan%20Martino%20bocca.jpgPalazzo Ducale loggia orientale bocca de leon.pngIl Consiglio dei Dieci applicava con scrupolosità la legge stabilita dagli Avogadri dello Stato.Era necessario indagare scrupolosamente per stabilire la verità, con giustizia e chiarezza, non giudicare nessuno in base ai sospetti, ma ricercare le prove concretamente, ed alla fine pronunciare una sentenza pietosa.

Palazzo Ducale 4.jpg250px-Venice_-_St__Martin%27s_Church.jpg250px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Mois%C3%A8.jpgPalazzo Ducale 3.jpgS. Maria della Visitazione.jpgPalazzo Ducale.jpgTutt’ora si  possono ammirare, per la loro spettacolarità a Palazzo Ducale, sul muro della chiesa di S. Maria della Visitazione alle Zattere, sulla Chiesa di S. Martino a Castello,  e quella di S. Moisè a San Marco.

I delatori, come dappertutto cercavano di ottenere vendette o vantaggi rispetto a qualche rivale, ma la saggezza e la coerenza di uno Stato che faceva della giustizia uno sei suoi cardini (basta vedere tutte le statue che la raffigurano) era garanzia per i cittadini della Serenissima che si sentivano tutelati, e che vantavano con orgoglio il loro essere figli della Repubblica di Venezia.

Alla ricerca degli Alchimisti

images.jpgIn questa straordinaria città, ricca di richiami arabi, egiziani e depositaria di libri così importanti per gli studiosi dell’alchimia, della Kabbalah, si trovano sempre riferimenti precisi alla clavicola(chiave) di Re Salomone, al suo anello, al suo sigillo e al labirinto, e pure alla pietra filosofale.

Venezia è una città che ospita, senza alcun mistero, la Sede del Priorato dei Cavalieri di Malta e, in Campo S. Maria Formosa, la sede dei Massoni imagesCA1VXMQP.jpgveneziani, che ospitava ed enumerava importanti persone anche del Seicento e Settecento, tra cui, famosissimo, Giacomo Casanova.
 
Quella del Settecento veneziano fu un’epoca straordinaria, perchè in giro per l’Europa si trovavano altri personaggi enigmatici come Casanova, estremamente misteriosi come il Conte di Saint Germain, nato nel 1698, e di cui non si conosce l’anno di morte….. perchè non risulta morto,  e Alessando Cagliostro, altro alchimista, personaggio unico anch’egli.imagesCAW1JBLK.jpg

Si conobbero tutti e tre ed  è veramente interessante l’autobiografia di Casanova, leggere degli incontri fra Giacomo Casanova e Cagliostro davanti alla Basilica dei SS. Giovanni e Paolo, luogo ricco di particolarità strane, luogo di strane presenze. Tutti e tre legati ai rosacroce, tutti e tre iscritti poi a logge massoniche vissero le loro vite strabiliando l’Europa, o facendosi ridere dietro, ma comunque, erano sempre persone che frequentavano re, regine, persone importanti vivendo sul filo della denuncia per eresia, o costretti in carcere.

imagesCA2CSSO0.jpgTuttora non si sa se sia ancora vivo il principe di Saint Germain, e non si trova nemmeno la tomba di Casanova, che, si dice, sia sepolto nella chiesa di S.Barnaba, dove è sepolto anche il corpo di uno dei custodi del Sacro Graal, il cavaliere Nicodemè de Besant-Mesurier.

Molti suoi contemporanei sostenevano che anche Giacomo Casanova fosse “il conte di Saint Germain” ovvero un uomo che non muore mai. E’ tutto da vedere, è tutto da provare, semmai si potrà provare qualcosa. IimagesCATPEVO9.jpgl Grellet nel suo “Les aventures de Giacomo Casanova en Suisse” (1909) riportava la dichiarazione di B de Marault, contemporaneo di Casanova: “Questo straniero va conosciuto assolutamente. Ha visto e viaggiato tutto, conosce tutte le lingue, mi ha dato prova di grandissima conoscenza delimagesCAOBGL1A.jpgla cabala. C’è chi dice sia il conte di San Germain”, l’uomo che non muore mai. Casanova quindi è ancora tra noi?

 

Mag 13, 2011 - Senza categoria    3 Comments

La Laguna di Venezia e i suoi segreti

La laguna di Venezia , una delle aree archeologiche subacquee più importanti del mondo, con tracce che vanno dalla preistoria all’epoca romana e medioevale. Casualmente, nel 1985 vennero rinvenute nel fondale del bacino di San Marco, esattamente nella zona che va dalla Piazzetta all’isola di San Giorgio,  tracce del Bucintoro, la nave che Guardi e Canaletto hanno spesso dipinto e riprodotto nei loro quadri, la barca trionfale della Serenissima che portava i Dogi e gli ospiti più prestigiosi della Repubblica in regata cerimoniale.

laguna_venezia.jpgIl Bucintoro venne distrutto dalle truppe di Napoleone il 9 gennaio 1798, con tutto il contenuto dell’Arsenale di Venezia, prima dell’arrivo degli Austriaci. I rottami vennero bruciati sull’isola  di San Giorgio, ed i residui buttati in laguna.

La zona comunque era rotta di navi mercantili (poco distante dalla Piazza San Marco c’è la Fondamenta delle Farine), come, inoltrandosi nel Canal Grande si trovano la riva del Carbon e la riva del vin. Nel 1989, ad undici metri di fondale, venne scoperta una zona particolare, che si rifà ai resti del relitto di una nave, chiamata “nave del vetro” affondata nel medioevo al largo della bocca di Malamocco.

Probabilmente proveniva dall’Egitto e, grazie al suo carico di mercanzie fu fonte utile di materiale per gli studiosi, ma che pose un nuovo enigma per gli investigatori: non si sa se tratta di una nave solo o di diversi carichi di altre navi li naufragate, ed in diverse epoche:nella zona di circa 6.000 mq. vennero rinvenuti reperti vari, come pani di vetro semilavorato, oggetti metallici, vasi, e, a suffragare l’ipotesi di cocche veneziane del 1500, la presenza di una petriera da mascolo, ovvero un cannoncino in ferro caricabile posteriormente con un caricatore cilindrico, chiamato appunto mascolo, che sparava palle di pietra (da cui il nome) o pezzi di ferro.

Vi è pure un’insegna d’asta, di sicura origine ottomana (probabilmente relitto turco), e due statuine raffiguranti Ercole e Nettuno, di epoca romana, insieme ad alcune basi di bronzo di fattura religiosa e per ciò è lecito pensare ad un traffico di simulacri religiosi che nel tardo impero romano avrebbero avuto come luogo di collocazione santuari.

Altro ancora c’è da cercare e trovare, in questa laguna ricca di storia e di suggestioni, fulcro di tradizioni e civiltà passate che con i veneziani ebbero libero e profiquo scambio, la storia nell’acqua, e l’acqua è l’elemento principale di questa nostra cultura che ci vede aperti al mondo, di libere vedute, e propensi a capire e farci capire.

Mag 10, 2011 - Arte, Tradizioni    3 Comments

Osèle dogali e romantiche murrine a Venezia

Osele selvadeghe.jpgLa Vigilia del Santo Natale i Dogi veneziani erano soliti regalare ai nobili ed ai membri del Maggior Consiglio, cinque uccelli palustri, provenienti dalle vicine valli da pesca, chiamati ” Osèle selvadeghe”.

In questa consuetudine si affiancò, dal 1275 l’Isola di Murano, sede della potente “corporazione dei vetrai”trasferitasi in quell’isola perchè utilizzare le fornaci a Venezia città poteva comportare grossi rischi di incendi, visto che i tetti delle case erano ricoperti di paglia.

doge Antonio grimani.jpgNel 1521 il Doge Antonio Grimani convertì il dono “in natura” nell’omaggio di una moneta, chiamata appunto ” Osèla”, e Alvisde Mocenigo Osdella.jpgBattitore di oselle.jpgdoge Pietro Loredan osella.jpgFrancesco Loredan Osella.jpgl’occasione della consegna di tali monete venne trasferita alla ricorrenza dell’Ascensione.  L’ultima serie di “Osèle” venne coniata nel 1796. Nel frattempo venne data anche a Murano l’opportunità di coniare tali monete, che erano fatte d’oro o d’argento.

In seguito, oltre ai metalli nobili, furono coniate monete in fusione di vetro, con le matrici stampate a pressa di maglio. Queste furono autorizzate con Bolla Dogale, ed in una facciata veniva riprodotto lo stemma Dogale, e nell’altra il volto del Podestà. Le La prima Osella Muranese.jpgOselle.jpgOselle 3.jpgmedaglie venivano donate anche a cittadini che avevano raggiunto meriti ragguardevoli.

 

 

 

 

LE MURRINE

Murano 1.jpgantica murrina.jpgL’origine della murrina è leggendaria: Anticamente ogni vetraio realizzava delle composizioni con un miscuglio di vetro colorato come campionatura, per poi descrivere  le varie dosature nel suo manuale segreto.

Murano.jpgIl maestro vetraio era geloso delle sue murrine, perchè nascondevano le composizioni selezionate, che diventavano la base esclusiva dei colori per le lavorazioni più pregiate.

Quando c’erano delle murrine mal riuscite venivano gettate in lagura dai vetrai, per non farle ritrovare da nessun altro che potesse copiare la composizione.

Murrine 3.jpgvetreria a Murano.jpgLe murrine erano di forma circolare, col cilindro di uno spessore somigliante ad una moneta. Il diametro poteva variare, ed erano realizzate in una vasta gamma di colori.

Col tempo esse vennero utilizzate come moneta di scambio in certi paesi dell’Asia e della Persia dai mercanti veneziani. In certi casi veniva creato un foro per essere infilate nel cordone  di cuoio della sacca dove venivano custoditi i denari.

Nel corso dei secoli le Murrine vennero regalate alle fanciulle, venivano legate con una cordicella e venivano altra murrina as Venezia.jpgcollana antica con murrina.jpgcollana con pendente antico di mufrrina.jpgappese al collo dell’amata.

orecchinchini di murrina.jpgmurrina 5.jpgAnfora con murrine.jpgaltro impiegto dell'arte della murina.jpgAntiche tradizioni create con il fascino del fuoco , la maestria e l’alchimia degli antichi vetrai veneziani.

Tanti metri sopra il cielo di Venezia

Ermolao Barbaro.jpgJacopo de Barbari, incisore volante, tanti metri sopra il cielo per mostrare una Venezia vera, pullulante di vita, in crescita…è una sorta di excursus nel tempo e nello spazio  di una città carica di misteri, tesori, bellezze languide in bilico tra l’occidente e l’oriente, Oriente che la rende ancor più affascinante ed unica.

E quasi misteriosa è la nascita di questo genio della pittura e dell’incisione. Conosciuto con il nome de’barbari, de barberi, Barbaro,Barberino o Barbarigo (Venezia 1445 – 1516) e la sua unicità è la particolare tecnica di incisione.

Se il nome e la data di nascita sono incerti, egli fu descritto comunque da Albrecht Durer come ” vecchio e stanco”nel 1511.

apolllo e diana.jpgAlvise Vivarini.jpgcauduceo.jpgIl suo simbolo era il caduceo, il simbolo di Mercurio, e sembra pure che non facesse parte della nobile famiglia dei Barbaro , anche considerando che non fu mai elencato nella genealogia di questo casato.

Non si sa molto dei suoi primi decenni, nonostante Alvise Vivarini  sia stato indicato come suo maestro. Nel 1500 lasciò Venezia per la Germania, lavorò per l’imperatore Massimiliano I di Norimberga per un anno, poi si trasferì in Sassonia, per lavorare per Federico il Saggio, tra gli anni 1503, 1505, poi a Brandeburgo, tra il 1506 – 1508. In Germania fu conosciuto come Jacopo Waltch da Walsch, straniero, appellativo spesso usato con gli italiani.

arsenale di de Barbari.jpgapprodo de Barbari.jpgSembra che abbia fatto ritorno a Venezia con Filippo I di Castiglia, per il quale lavorò successivamente in Olanda. Nel 1510 lavorò per il successore di Filippo, Margherita d’Asburgo a Bruxelles e Malines.

veduta venez8ia.jpgveduta 15.jpgsquer1.gifNel gennaio 1511 si ammalò e fece testamento; a marzo l’Arciduchessa gli concesse una pensione a vita, vista la sua vecchiaia e la debolezza (debilitation et vieillesse) morì nel 1516 lasciando all’Arciduchessa ventitrè splendidi piatti cesellati.

venezia 8.jpgverduta.jpgvenezia 12.jpgvenezia 11.jpgLa sua prima opera documentata è l’immensa (1,315 x 2,818 metri, sei pannelli) e cartografia.jpgcon campanile.jpgdall'alto.jpgimpressionante Rialto de Barbari.jpgxilografia Veduta di Venezia del 1500, il 30 ottobre 1500 la Repubblica di Venezia  concesse all’editore tedesco Anton Kolb il privilegio di stamparla, dopoi tre anni impiegati sull’opera ad Museo Correr.jpgincidere minuziosamente su legno di pero le tavole (ora questi  stampi sono San Giorgio De Barbari.jpgcustoditi presso il Museo Correr a Venezia ).

Torre orologio de Barbari.jpgimagesCA4RAKRP.jpgillustgrazione.jpgd'uccelo de Barbari.jpgQuest’opera fu subito considerata un’impresa spettacolare e provocò fin dall’inizio un profondo stupore. Oltre alla veduta di Venezia produsse altre due opere con la stessa tecnica: Il trionfo di un uomo su un satiro, e La Battaglia tra uomini e satiri. Sicuramente, in queste due ultime opere, risulta importante l’influenza di Andrea Mantegna.

veduta 17.jpgveduta venez8ia.jpgprospettica.jpgparticolari de Barbari.jpgnatura morta.jpgVenezia 9.jpgLuca Pacioli.jpgimmagini de Barbari.jpgSono famosi e splendidi anche i suoi dipinti, come la natura morta con pernice, guanti di ferro e dardo di balestra, o il ritratto di Andrea Pacioli. Dipinse anche “Lo sparviere” (National Gallery, Londra) probabilmente facente parte di un’opera di dimensioni maggiori.

veduta 19.jpgveduta 18.jpgveduta 16.jpgTra i vari capolavori sparsi in tutto il Venezia 10.jpgmondo il Louvre possiede una Sacra Famiglia con San Giovanni, e a Filadelfia viene custodito il dipinto ” Il vecchio amoroso della giovane.”