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Dic 14, 2010 - Alchimia, Esoterismo, Personaggi    9 Comments

Un giorno a Venezia con Giacomo Casanova

Casanova.jpgUn giorno da vivere con Giacomo Casanova, seduttore, studioso, uomo di vasta cultura, di tanti interessi, portato all’alchimia e poi membro della confraternita dei Rosacroce, amico di Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro, e conoscente ammirato e un pò invidioso del Conte di Saint Germain.

Casanova immagine.jpgUomo che ha cercato dalla vita il piacere, carico di vizi ma anche di risorse per potersi barcamenare tra le varie denunce dell’Inquisizione, che ha passato il Carcere, ne è fuggito, è tornato a Venezia e poi è dovuto fuggire ancora, figlio di due attori, (ma sembra che il padre in effetti fosse un nobile e la madre una bellissima attrice, Giovanna Farussi detta la Buranella).

Palazzo Merati d'Audiffret.jpgChi ne ha letto l’autobiografia conosce benissimo le sue avventure e le sue esperienze di viaggi: ciò che gli piaceva come cibo, vini, donne.

Ecco che allora, in questa giornata partiamo dalle fondamente Nuove, esattamente da Palazzo Merati, , ora d’Audiffret, dove vissero i fratelli e la madre del nostro “scapestrato” seduttore, nato nel 1725.

alcova di Casanova a Palazzo Merati d'Audifnet.pngIn questo ricco appartamento, l’unico ancora rimasto nella zona dove dimorò Casanova dopo aver ricevuto la grazia dal Consiglio della Serenissima, c’è ancora la sua alcova, con il letto a baldacchino e stucchi, testimone delle sue Palazzo Merati.jpglicenziose avventure notturne.

Campo S. Maurizio con Palazzo di Giorgio Baffo.jpgAl mattino probabilmente, dopo essersi alzato, lavato e profumato, (Casanova era molto attento alla propria persona ed al suo aspetto fisico) ecco che usciva ed andava verso Campo S. Maurizio, al Palazzo Bellavite, dove viveva Giorgio Baffo, amico di suo padre, e uno dei più grandi poeti erotici mai conosciuti, che lo iniziò all’idea dei piaceri della vita propabilmente già dalla prima volta che il Giorgio Baffo.jpgRialto.jpgai do Mori.jpgnostro Giacomo, mandato a studiare libro di rime di Giorgio Baffo.jpgil burchiello.jpga Padova, ancora ragazzino, fece con lui il viaggio nel Burchiello (è quella barca che da Venezia, attraverso la Riviera del Brenta, porta a Padova).

Dopo aver conversato, spettegolato e commentato sulle più belle dame veneziane, sui progetti, sulle possibilità di riuscire ad arrivare alla conquista di qualche altro cuore femminile, l’ora di pranzo incalzava, e il nostro Giacomo era anche una buona forchetta, amava mangiare e mangiar bene.

ai do mori a Venezia 3.jpgDove andava? bastava arrivare a Rialto, ed ecco la zona del mercato..subito dopo il bacaro ai do mori.jpgCampo delle Beccarie 2.jpgCampo delle Beccarie.jpgCalle Vallaresso 4.jpgTribunale , vicino al Campo delle Beccarie (dei macellai)nel Sotoportego dei ” Do Mori” un bacaro, dove poteva mangiare deliziosamente, e bere malvasia, aspettando tranquillamente le amanti di turno.

Calle Vallaresso.jpgDopo aver conversato amabilmente, corteggiato e dichiarato amore profondo ed esigente alle donne ammaliate dal suo fascino, ed aver iniziato nuove relazioni, in attesa di consumarle con grande trepidazione e profonda partecipazione, arrivava il momento del gioco, il gioco d’azzardo, che in seguito lo vide come ideatore del gioco del lotto a Parigi: allora bastava raggiungere il ” Ridotto”, così erano definite le case da gioco, dopo le leggi emanate dal Consiglio della Repubblica per regolamentare quella che era un’abitudine dei veneziani, specialmente nobili: ed ecco allora Calle Vallaresso ed il suo ridotto, che poi divenne ed è rimasto Teatro.

Calle Vallaresso 3.jpgQui Casanova si presentava, se nel periodo Carnevalesco ( che andava dal 31 dicembre al martedi’ grasso) coperto da una Calle del Ridotto.jpgCase da gioco a Venezia.jpgbauta, una maschera che copriva completamente il viso, molto gondola coperta.jpgveneziani del 700.jpgbella ed enigmatica, e così acconciato, nel tardo pomeriggio prendeva una gondola e si faceva accompagnare a MUrano: scendeva all’approdo che ora si chiama Fondamenta Venier, dove, proprio di fronte, dalla porticina del muro di cinta del convento usciva M.M. la sua amante suora, con una sua compagna, anch’essa amante del tenebroso Giacomo.

Il Convento era quello di Santa Maria degli Angeli, e la povera suora sicuramente era stata costretta alla vita monastica per motivi ereditari..e qui si consumava una delle gente del 700.jpgPietro Longhi nobili al Ridotto.jpgS. Maria degli Angeli.jpgConvento di S. Maria degli angeli.jpgconvento a Venezia.jpgFondamenta Venier.jpgstorie sentimental-erotiche più importanti di Giacomo Casanova…ora purtroppo quel che resta di questi luoghi è Bauta a Venezia.jpgfatiscente , e rimane ben poco, ma l’atmosfera, il suo modo di essere, di concepire l’innamoramento e l’amore, di vivere appieno la decadenza dei costumi veneziani dell’epoca sono veramente testimonianze affascinanti di un mondo composito e misterioso.

Tra passato e futuro a Venezia: i due mori.

4mori.jpgla-torre-orologio-di-venezia-piazza-san-marco-big.jpgTra passato e futuro: ecco che il tempo rimane in sospeso per due minuti sulla torre dell’orologio di Venezia: una campana ed ai lati due enormi automi in bronzo (chiamati per il loro colore i due mori): fusi da Ambrogio delle Ancore nel 1497 e costruiti con il corpo snodato all’altezza della vita, recano in mano una mazza per uno, con cui percuotono, al battere di ogni ora, la campana posta al centro.

Se è certa l’opera del fonditore, ancora da attribuirsi l’ideazione delle due statue: c’è chi dice Paolo Savin, chi Alessandro Leopardi o Antonio Rizzo,non  così per la campana, sormontata da un globo dorato ed una croce, che reca inciso il nome del suo ideatore, un certo Simeone.

I due automi hanno un aspetto diverso: l’uno, autorevole e forte, il cui viso è contornato da Moro%20e%20campana%201.jpgTorre%20particolare%20Moro.jpguna barba che gli dona un aspetto più vecchio, più vissuto, per l’ideatore del marchingegno è l’emblema del passato, e come tale percuote con la sua mazza la campana un minuto prima dello scadere dell’ora, il secondo, la cui fisionomia propone un giovane uomo nel pieno della sua gioventù rappresenta il futuro, e per questo motivo il suo battere la campana avviene un minuto dopo dello scadere dell’ora: lo scorrere del tempo, la rappresentazione del presente che sta a mezzo trà passato e futuro, tutto questo su una terrazza con una vista mozzafiato su Venezia ed il bacino di San Marco.

Con l’orologio ed il suo simbolismo ecco che la Torre dell’orologio a San Marco a Venezia propone enigmaticamente tutto ciò che riguarda il tempo: le stagioni, i segni zodiacali legati ai mesi, il passato, il presente ( naturalmente interlocutorio perchè mentre si vive diviene già passato)..l’armonia del mondo, il passato e il divenire: e tutto questo è Venezia, simbolo di un passato vissuto sempre un passo avanti degli altri Stati, ed un futuro che è stato ma che continua ad torre2tb.jpgTorre%20orologio.jpgessere, una città senza tempo, sospesa, magica e misteriosa, in simbiosi con la sua essenza acquea, un continuo sciabordio di onde che vanno e vengono…un continuum tra passato…fuggevole presente, e futuro: emanazione unica di qualcosa di straordinario!!

 

Dic 5, 2010 - Società veneziana    5 Comments

La Venezia dei Veneziani: espressione di arte ed artigianato per renderla preziosa, come ora!!!

Venezia_-_Mascherone_con_rictus_facciale_-_Foto_G__Dall%27Orto,_2_lug_2006_-_01.jpgConsiglo dei Dieci.jpgLa negazione dell’arbitrio individuale, così severamente perseguita dal Consiglio dei Dieci ebbe il suo specchio immediato nella conformazione della città, la quale non sarebbe stata pensabile senza quel rigido e perenne sguardo dall’alto  sull’operare del cittadino, nella cerchia privilegiata della capitale.

Venezia ebbe dal suo sorgere il privilegio della difesa naturale che rendeva i cittadini completamente sicuri dal arsenale-di-venezia.jpgpericolo dei nemici esterni (la laguna rappresentava una difesa ideale, molto superiore a qualunque cerchia di mura cittadine, o di altri sistemi di difesa).

L’aggregato cellulare interno, così ricco di piccoli nuclei di spazi, tra campielli, canali, i campi, era facilmente sorvegliabile in mezzo ad una comunità che si controllava reciprocamente , nella stessa trama urbana in cui era raccolta.

La città, formatasi strutturalmente romanico-bizantina, e poi gotica, restò sempre tale, cioè come si presentava nel 1400, anche se in seguito vi furono modifiche rivoluzionare, barocche etc.

La dottrina del Consiglio dei Dieci garantì per secoli una linea di condotta allo Stato: questa linea di condotta ebbe un influsso anche in ciò che fu costruito e nel modo in cui ciò fu costruito!

calle_in_Venezia.jpgFu la volontà popolare che formò le cellule così preziose della città: casa, chiesa, palazzo, ponte, fondamenta, campiello sarebbero stati impensabili se fossero stati imposti dall’alto.

Non c’è città al mondo così artigiana come Venezia, fatta con il gusto artigiano, cioè anche nelle parti più minute ed inafferrabili, comprese quelle che sfuggivano ad ogni classificazione urbanistica.

Fu l’artigiano, assieme ai suoi vicini di casa che primo di tutti godette l’opera d’arte da lui compiuta, nei più diversi modi: capitello, cornice, vera da pozzo, pavimento, intarsio di marmo, portale, stemma, fregio, edicola, colonna, statua o chiave di volta decorata con un volto umano, inferriate eleganti come merletti, simboli di santi, immagini di leggende mescolate con racconti e con insegne di mestieri popolari, animali grotteschi e fantasiosi.

Campo a Venezia.jpgCampo dei Mori.jpgVera da Pozzo a Cannaregio.jpgLa regola che negava l’arbitrio del singolo, tipica del Consiglio dei Dieci, nell’artigianato e nell’arte agì in profondità: Essa fu illuminante nell’arte veneziana attraverso la continuità di pensiero che si imponeva anche nei momenti difficili nella Serenissima, quando il denaro avrebbe potuto imporre un’altra e più impellente ragione di Stato, anche nell’urbanistica stessa, fortunatamente difesa non solo dalle leggi ma anche dalla saggezza popolare.

Mai come a Venezia il popolo indirizzò i propri amministratori verso un modo di concepire lo Stato in totale simbiosi, accettando di venire governati ed amministrati ma imponendo con la propria capacità e volontà un indirizzo preciso che riguardava la sicurezza. la giustizia e la qualità di vita, che, trattandosi di un popolo di mercanti ed artigiani, aveva come primo scopo quello di produrre o scambiare prodotti di alta qualità, arricchendo anche la propria città -Stato di costruzioni, sculture, architettura e pittura degni di un popolo di così elevato senso civico ed estetico, non disgiunto proprio dall’orgoglio del valore intrinseco che riguardava i prodotti dei vari artigiani, dei vari mestieri e delle varie schole; un’isola di cultura vera, di apertura totale verso le altre culture che hanno arricchito ulteriormente questa popolazione preparata, intelligente, attenta alla natura e valida in tutte le proprie espressioni!

Nov 26, 2010 - Cucina venexiana    3 Comments

Ricette della tradizione culinaria veneziana Natalizia a Venezia

Ricette  della vigilia

 

caramei con stecco.jpgMi approprio delle parole del grande Elio Zorzi per descrivere la bontà e le dolcissime tradizioni legate alla vigilia di Natale, e poi di Natale, nelle case Veneziane, tradizioni che nascono dal 1300 e cambiano in base alle nuove scoperte dei mercanti della Serenissima, quindi dei nuovi ingredienti e delle nuove opportunità che essi donano ad una cucina saporita, ricca, legata al mare, alla laguna ed alla terra:

” oh delizie della cena della vigilia, come cantarne degnamente i fasti? Chi saprebbe dire saporosamente la bontà dei risotti di cape, o della minestra di risi e verse, le gioie del salmone fresco, le piccanti voluttà dei bovoli col vin bianco , la bisatta grassezza del bisato allesso, arrosto o in umido, la delicatezza dei maestosi brancini e delle sode boseghe di riso e cape.jpgvalle? E la croccante e sensuale carezza del radicio rosso di Treviso e di Castelfranco che si scioglie tra i denti come un fiore candito? E la piccante dolcezza della mostarda, e le attaccaticce squisitezze dei mandorlati, e la spuma delicata della panna montata con i relativi storti, e con i maroni rosti, o con le balote, cioè le castagne allesse con le foglie di alloro?

Ecco, volevo farvi parte di tradizioni culinarie veneziane legate a questo periodo prenatalizio: ricordi di bambina ancora attuali quando nelle bancarelle vedo i caramei col stecco: 2 mandorle sgusciate, 2 nocciole sgusciate, 2 prugne disossate, 1 fico secco, 1 dattero disossato, 1 albicocca, 4 acini d’uva da tavola, zucchero; far sciogliere lo caramei con stecco1.jpgzucchero finche diventa biondo ed intanto si infilzano in uno stecchino la frutta, per poi immergere questi frutti nel caramello, per poi, dopo averli tolti, lasciarli raffraddare su una piastra di marmo: DELIZIOSI !!!!!

Anguilla in umido 1.jpgMa è proprio la tradizionale cena della vigilia che mi riporta il sapore dell’anguilla in umido: piatto delizioso, servito con la classica polentina bianca, tenerella e fumante…da scaldare il cuore:

polenta bianca.jpg! Kg: di anguille di media grandezza,farina q.b., 60 g. di olio extravergine d’oliva, 450 g. di burro, 1 cucchiaio di conserva di pomodoro, 1 spicchio d’aglio, un piccolo trito di prezzemolo, un pà di salvia, mezzo bicchiere di vino bianco, sale e pepe:
Pulire le anguille,passarle nella farina, e porle sul butirro e l’olio caldo per rosolarle a fuoco vivace. Aggiungere quindi l’aglio, il trito di prezzemolo, e dopo un pò le foglie di salvia . Bagnare con il vino e far sfumare, aggiungere l’alloro e la salsa di pomodoro. Far cuocere a fuoco vivo per un’altra decina Anguilla in umido.jpganguilla in umido 3.jpgdi minuti, quindi, quando l’anguilla risulta tenera e cotta, trasferitela nei piatti, sopra un letto di polentina…..

Dopo l’avvento dello stoccafisso a Venezia ( baccalà in Veneto) ecco che allora alla cena della vigilia si aggiunge il baccalà mantecato:

per 12 persone: 1 Kg. di stoccafisso secco, 2-3 spicchi d’aglio, olo d’oliva extravergine, un trito di prezzemolo fresco, sale e pepe:

Baccalà Mantecato.jpgLo stoccafisso va battuto fino a che diventa morbido, quindi si mette a bagno per circa 48 ore, avendo l’accortezza di Baccalà Mantecvato 1.jpgcambiare molto spesso l’acqua. Metterlo in una pentola con acqua fredda e portarlo a bollore, per circa 45 minuti.
Quando sarà raffreddato metterlo in una ciotola alta, togliere la pelle e le spine, quindi cominciare a pestarlo con un cucchiaio di legno dal manico lungo, versando filo a filo l’olio extravergine, fintanto che ne assorbe. Mano a mano il basccalà diverrà una crema bianca, morbido..a questo punto salare, pepare, aggiungere l’aglio ed il prezzemolo. continuando a mescolare….servirlo poi con la polentina morbida, bianca e tenera.

baccalà fritto.jpgIl baccalà comunque a Venezia si mangia anche in umido o fritto ( questo specialmente nei bacari, una vera delizia!!!)

A Conclusione un dolce che non è Natalizio, ma è tipicamente veneziano: Il Cialdone alla veneziana:

30 g. di zucchero, 300 g. di farina, 30 g. di burro, mezzo bicchiere di panna e latte, sale. 1 tazza di caffè o un cucchiaio di cioccolato o 1 cucchiaino di cannella:

amalgamare lo zucchero la farina ed il burro precedentemente ammollato, la panna ed il latte ottendendo una pastella densa e fluida a cui si aggiunge il pizzico di sale. Si rimesta con cura e si posa una quantità nei ferri per cialde . baccalà in umido.jpgAppena tolti i cialdoni possono essere piegati come fazzoletti e posati su di un vassoio.

 

 

A domani per il pranzo natalizio ed i dolci, fantastici!!!!

 

 

Il “Mostro di Venezia” ed il suo orrido Sguazeto

Anche Venezia ebbe il suo mostro: vicenda che rimase nei suoi annali e, come sempre accadeva, rimase come monito per chi avesse tendenze criminali e orribili:

San Zan àDegolà.jpgIn Campo San Zan Degolà ( S. Giovanni decollato) divenne famosa la ” Taverna da Biagio”, di Biagio Cargnio ( in dialetto Biasio) innanzi tutto per le sue salsicce squisite, Biasio era un luganegher rifinito e bravo, ma, soprattutto, rinomato era il suo “sguazeto”, una sorta di spezzatino, talmente gustoso per gli avventori, che venivano le genti di Mestre per degustare quella specialità.

Accadde un giorno che tra gli avventori capitasse Toni, un carpentiere, persona proba e molto attenta. Naturalmente ordinò una porzione di sguazeto, e con gusto si mise a degustarla: mentre mangiava però, portò la scodella alla bocca per bere il brodo gustoso ma tra i denti rimase una pezzettino probabilmente d’osso: Toni, persona probabilmente schizzinosa sputò l’ossicino e con grande orrore scoprì che non si trattava di osso, no, ma Sguazeto.jpgdi una piccola falange, sicuramente un pezzo di dito di bambino, compresa l’unghia!.

Rimase inorridito, ma nonostante cioò ebbe la lucidità di nascondere il ditino nel fazzoletto, quindi, riposto il ritrovamento nella tasca pagò e uscì.

zandeca.jpgIn poco tempo la taverna venne invasa dai soldati della Quarantia Criminal che, luganeghe.jpgcacciando gli avventori, si ritrovarono nelle cucine ad affrontare una esperienza terribile: parti di bambini tagliati a pezzi, tritati, pronti per diventare salsicce o far parte di quel guazzetto di cui Biasio andava molto orgoglioso e la cui ricetta non aveva voluto mai confidare a nessuno.

Si narra che da molti anni a Venezia erano spariti molti bambini: Il Cargno, scoperto di flagranza di reato confessò i suoi orribili crimini.

quarantia-criminal.pngCondannato a morte, venne trascinato da un cavallo alle prigioni: qui gli furono mozzate le mani e con quelle esecuzione.jpgappese al collo venne prima torturato, quindi trasportato tra le colonne di Marco e Todaro per il supplizio finale: venne decapitato ed il suo corpo diviso in uqatro pezzi, così come aveva fatto ai bambini, e la sua testa esposta in Campo di San Zan Degolà.

La sua taverna e la casa vennero rase al suolo, e l’immagine della sua testa venne riprodotta sul muro vicino al ponte del campo, e , a ricordo di tanto orrore la riva dove anche ora approdano i vaporetti, venne chiamata Riva de Biasio.

testa d'uomo.jpgimmagine bimbo.jpgStoria di orrore, terribile che fa parte comunque del passato di questa città che comunque seppe dare (visti i tempi) una punizione esemplare ad un “mostro”, uno di quegli esseri umani Riva de Biasio.jpgdeviati, terribili, orchi che comunque continuano ad esistere, purtroppo, in tutte le nostre società.

Nov 5, 2010 - Società veneziana    1 Comment

Venezia ed i Greci

Tomas di Roberto il Guiscardo.jpgRoberto il Guiscardo, 4.jpgìRoberto il Guiscardo.jpgVenezia, per motivi politici, si impegnò dal 1081 ad aiutare i Greci contro i Normanni: l’imperatore Alessandro Comneno promise, e concesse nel 1082, ai mercanti veneziani la preminenza su tutti gli altri, per cui, grazie a questo patto Roberto il Guiscardo  venne sconfitto dal Doge simbolo del doge Domenico Salvo.jpgMatrimonio di Domenico Salvo.jpgDomenico Selvo.

Quel patto rivestì un ‘importanza fondamentale nella storia della Repubblica di Venezia, poichè segnava l’inizio della sua potenza politica, militare e commerciale  nel levante.

Mentre in precedenza le imprese navali e commerciali veneziane erano limitate quasi esclusivamente all’Adriatico, dopo il 1082 la Serenissima si espanse verso oriente, e dinastia Comneno.jpgAlessandro di Grecia.jpgspecialmente verso Costantinopoli.

Molti mercanti greci cominciarono a recarsi a Venezia. Dopo la quarta crociata (1204) quando i veneziani si impadronirono di gran parte del territtorio bizantino, lo stabilirsi dei Greci a Creta, monomenlvasia, ( o Malvasia) Corfù ed altrove, fu facilitato.

Poi, sotto la pressione della minaccia turca, che divenne più pressante dopo il 1300, buona parte dei Greci fu costretta a trovare rifugio a Venezia.

ic9one 1.jpgLa caduta dell’Impero bizantino nel 1453 causò la diaspora greca nella Serenissima Repubblica di Venezia.

Nel 1498 il Consiglio dei Dieci diede loro l’opportunità di costituire una scuola o confraternita. L’avvenimento ebbe un’importanza enorme non solo per la comunità, ma anche per l’Ellenismo moderno.

La Confraternita greca a Venezia fu il più antico ed importante centro della diaspora ellenica. Nel corso degli anni successivi essa mantenne legami sociali, economico e culturali  con le terre greche di Oriente.

icona 3.jpgGastaldo fu l’amministratore di questa comunità che vide nel XVI secolo aumentare costantemente la sua influenza e potenza.Il numero dei suoi membri si accrebbe e questi provenivano da tutte le regioni ed esercitavano i mestieri più vari: mercanti, artigiani, operai, artisti, intellettuali soldati .

doge Leonardo Loredan.jpgLa confraternita ebbe inizio alla Scuola di S.Biagio. Nel 1515  il Consiglio dei Dieci approvò la Roberto il Gyiscardo 2.jpgchiesa di San Giorgio dei Greci a Venezia.jpgchiesa di San Giorgio dei Greci a Venezia 2.jpgìinterno 2.jpgcostruzione della Chiesa di S. Giorgio, oggi sede della metropolia in Italia, la più antica e la più gloriosa chiesa greca dell’occidente.
Il Doge Leonardo Loredan accordò la celebrazione della liturgia ortodossa in questa chiesa.

Interno chiesa.jpgCristo Pantacroto.jpgL’interno è magnifico: l’icona di Cristo Pantacrator, (1500 circa) che Andrè Malraux ha definito “Les voix du silence”, una delle più belle creazioni bizantine che egli avesse mai visto, ed il singolare campanile pendente.

Le botteghe degli artisti greci che svolsero la loro attività dal 1500 al 1700, a rialto erano rinomate e ricercate per l’alta qualità delle opere artistiche.

Museo icone biizantine.jpgmuseo.jpgmuseo ellenistico a Venezia.jpgOra Venezia accoglie il più grande museo di icone bizantine che esita al mondo: è l’unico in Europa, e si trova nella Scuola di S. Nicolò dei Greci, opera del LOnghena.

icone 2.jpgicone bizantine a Venezia.jpgPer chi ama la Grecia, per chi ama Venezia, ecco l’unione tra due culture e tradizioni che si sono giorgio_greci.jpgassimilate nei secoli e che conservano il mistero, la bellezza, e le tradizioni fantastiche che danno a Venezia ed al popolo greco la capacità di essersi integrate, capite, ed aver conservato questa tradizione e cultura che ne fanno casi particolari ed unici nelle tradizioni dei popoli.

 

 

Curiosità di Venezia

imagesCAB1DHYA.jpgTra le curiosità di Venezia ci sono le piazze, normalmente chiamate Campi. Effettivamente anticamente in queste aree venivano coltivate le verdure, La Piazza San Marco stessa era anticamente un grande campo coltivato dalle Monache del convento di S. Zaccaria, diviso dalla Piazza vera e propria dal Canale Botario. Nel campo venivano anche coltivati alberi da frutto, oltre che numerose colture.

La struttura toponomastica della città è veramente molto semplice. Vicino ad una chiesa, solitamente di fronte, c’è un campo. Quasi sempre la facciata della Chiesa è posta verso il Rio, dal quale accedevano le persone che in chiesa erano dirette, giunti con le gondole private.

imagesCA6R7RKA.jpgimagesCACY8CK4.jpgSpesso, vicino alla chiesa c’era un cimitero. In alcuni campi sono ancora visibili le testimonianze dell’uso passato. L’esempio più eclatante lo si ritrova nel Campiello dei Morti, quasi di fronte alla Chiesa di S. Stefano, una zona sopraelevata rispetto alla viabilità normale di oltre un metro, ed il nome stesso fa riferimento all’uso a cui era adibito.

imagesCAXPKIHA.jpgAnche a S. Giacomo dell’Orio esiste una corte ed un ponte chiamati dell’Anatomia, perchè li si svolgevano le anatomie delle persone defunte.

Proprio perchè lo spazio non era così abbondante, invalse l’uso di seppellire i morti nelle chiese o negli oratori a loro annesse.

Solo con l’avvento di Napoleone si provvedette a bonificare le zone, coprire con i masegni questi campi, e si utilizzarono due isole, Quella di S. Michele imagesCAZS4L25.jpgimagesCAZRYOIZ.jpgimagesCAT4TALV.jpgdi S. Criostofo, uniti da un ponte, per creare l’unico cimitero della Città.

Altra curiosità di questi campi è che immancabilmente  si trovano i pozzi che permettevano alla popolazione di avere acqua potabile in una città circondata completamente da acqua salata.

La parte esterna del pozzo che noi vediamo, la vera, non è altro che la parte terminale di una complessa costruzione  fatta in modo tale da far filtrare l’acqua piovana che cadendo a terra entra imagesCA6YYT2T.jpgnelle caditoie, viene filtrata da sabbia fine e rimane intrappolata in questa specie di cisterna  da un involucro di creta, imagesCAJMOHVD.jpgche non permetteva nè l’uscita dell’acqua dolce nè l’entrata dell’acqua salata.

Vi erano addetti della Serenissima che controllavano continuamente questi pozzi, per evitare che l’acqua potesse venire inquinata o avvelenata

Molti sono o palazzi che possiedono ,ancora esistenti ,pozzi interni alle corti private. Questi raccoglievano le acque meteorologiche comprese anche quelle provenienti dalle falde dei tetti, che le scaricavano nel cortile e quindi al pozzo attraverso gli scarichi pluviali.

imagesCAX5YIXY.jpgimagesCALMDDN6.jpgL’acqua era un bene così prezioso che si cercava di raccogliere e di non sprecare assolutamente.

 

Ott 27, 2010 - Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su L’Isola di Pellestrina e i suoi murazzi: tra la violenza del mare e la pace della campagna!

L’Isola di Pellestrina e i suoi murazzi: tra la violenza del mare e la pace della campagna!

Il nome iniziale di Pellestrina fu Fossionis Philistinae, o delle ” Fosse Pistrine” venendo quindi denominata Pellestrine. Nei documenti romani quest’is10pellestrina.jpgola viene ricordata come “Fosse Fistine”.

Dalle descrizioni storiche del 300 d.c. si racconta che un generale siracusano, Philistus esiliato ad Adria, fosse arrivato in questa località decidendo di rimanerci. Il territtorio era ed è delimitato dalla laguna e dal mare, nel 452 venne assediato dai barbari di Attila e nel 568 dai barbari longobardi.

Le popolazioni spaventate dall’avvento di tali orde venivano da Este e da Padova: per regolarizzare la popolazione vennero istituiti dei Tribuni, che amministrando le genti locali avevano il compito di far rispettare la Legge.

008ItaliaVeneziaPellestrina.jpgIn seguito vennero istituiti i Gastaldi Dogali che dipendevano, con tutto il territtorio da Malamocco.

Nel 1110 la sede Vescovile che qui risiedeva venne trasferita a Chioggia: con il passaggio di questi poteri per un certo periodo Pellestrina venne governata da Chioggia.

Due terribili eventi catastrofici, un terremoto ed un maremoto avvenuti nel 1104 furono la causa del ridimensionamento dell’Isola che la ridussero ad una fascia sottile di circa tredici chilometri di lunghezza e duecento metri circa di larghezza, ma estesa comunque verso il mare per circa tre, quattro chilometri.

Dopo i Gastaldi dogali l’amministrazione dell’isola venne affidata ai Podestà.

Nell’810 i francesi al seguito di Pipino la saccheggiarono, per poi venire sconfitti da veneziani, e nel 900 l’isola venne assediata dagli Ungari, e dopo la guerra di Chioggia, nel 1379 venne saccheggiata e distrutta dai Genovesi.

stemma di Pellestrina.pngpellestrina.gifCon pazienza le famiglie Scarpa, Zennaro, Vianello e Busetto, pescatori ed ortolani la ricostruirono, ed il simbolo dell’isola è il sunto dei simboli delle quattro, storiche famiglie.

Dall’inizio della Repubblica Venezia varò diverse ordinanze per la difesa delle isole dalla forza del mare. Nel 1335 i proprietari dei vigneti di Malamocco furono obbligati ad erigere degli argini molto forti.

Nel 1501 furono istituiti i tre Savi delle Acque, e nel 1600 fu ordinato che gli argini fossero alti 4 metri. Nel 1751 il Senato ordinò la costruzione dei Murazzi. Questi furono ideati nel 1716 da Padre vincenzo Coronelli, e furono costruiti da Bernardino Zendrini, ingegnere della Repubblica.

murazzi.jpgI Savi delle acque.jpgVenezia_-_Murazzi_Pellestrina.jpgPosti a difesa dalle violente mareggiate e dall’aggressione del mare i ” murazzi”erano e sono una grande muraglia alta 4 metri  e larga 14 metri di grossiblocchi di pietra d’Istria, disposti in tal maniera da provocare il primo frangimento delle onde, e per proteggere la piccola striscia costiera.

Nel 1751 sui Murazzi fu collocata una lapide che riporta quanto segue: ” I curatori delle acque posero le colossali moli di solido marmo contro il mare affinchè siano conservati in perpetuo i sacri estuari sede della Città e della Libertà”.

Tanto ancora c’è da raccontare sulla capacità e l’avvedutezza dei governanti della Venezia_-_Murazzi_-_Lapide_Zendrini.jpgcoronelli_portrait.jpgSerenissima nella conoscenza e nella capacità di prevenire ciò che il mare può comportare in una città costiera, in un così delicato equilibrio di una laguna di questo tipo: Venezia e il mare, Venezia e la Laguna, Venezia e la sua acqua…uomini illuminati ed illustri studiosi che sicuramente vivevano in simbiosi perfetta con una realtà che per Venezia è stata e continua ad essere l’essenza stessa della sua vita!

Breve passeggiata tra i ricordi del Sestier di dorsoduro a Venezia

I sestieri di Venezia.gifLa denominazione del sestiere di Dorsoduro viene fatto risalire o all’aspetto toponomastico del terreno, formato a guisa di dorso, e dall’aspetto geologico, molto compatto e solido, o dal nome di una delle famiglie che per prime venne a dimorare in queste terre, i Dosduri di Padova, che si insediarono verso il 200 o 300 d,C.

Anticamente la località venne denominata Deursum Turris Dorsoduri: in questa parte della città vennero erette delle mura di difesa identiche a quelle costruite nel Castello del Forte di S. Rocco, che si collegavano a Dorsoduro, ed erano unite tra loro da alte mura di cinta, munite di grosse torri. Nei tempi remoti la città aveva poche abitazioni e cittadini che si dedicavano alla coltivazione degli orti ed all’allevamento degli animali domestici.

Un pò alla volta la zona  divenne parte integrante di Venezia nascente, e qui permangono ancora tracce di vecchi mestieri, oltre che a palazzi imponenti e riccamente decorati.

300px-PI5D9E~2Ca%27_Rezzonico.jpgMuseo Gugghenhaim.jpgvenice_gallerie_accademia_2.jpgCà Dario.jpgIn questo sestiere si può ammirare Cà Dario, il palazzo magnifico quanto maledetto in quanto tutti i proprietari sono morti di morte violenta, i Musei dell’Accademia, nel Campo della Carità, antico convento che nel 1619 la Serenissima destinò ad un’Accademia o Collegio per giovani patrizi, ma lo scarso numero delle iscrizioni e delle frequenze convinse gli amministratori preposti ad accogliere soltanto figli di famiglie povere, e i loro studi venivano finanziati con le entrate pubbliche: le materie che venivano loro insegnate erano la grammatica, la Religione, matematica e tecnica della musica.

La sede dell’Università di Cà Foscari è un altro dei numerosissimi palazzi famosi, la sede del Museo Guggheneim, la Chiesa di San Barnaba dove si racconta che sia sepolto il guardiano del Sacro Graal Nicodemè de Besant- Mesurier ed in cui vennero girate alcune scene del film  Indiana Jones e l’ultima crociata,  ed il famoso ponte dei pugni, dove i  si sfidavano in sanbarnaba.jpgCà Foscari.jpgPonte dei Pugni 1.jpg250px-Orma_Ponte_Pugni_1.jpgstrenue “scazzottate” i rappresentanti dei sestieri di Castello e quelli di S. Niccolò dei Mendicoli, sotto il patrocinio ponte-dei-pugni.jpgdel Doge, che in questo modo riusciva a calmare gli animi dei rivali facendo in modo che cadessero in acqua e non si ammazzassero, ed avendo l’accortezza di tenere sempre ripulito il canale in modo che le cadute fossero indolori. Esplicative sono le orme in pietra d’Istria inserite sul Ponte che allora era senza spallette, da dove dovevano fronteggiarsi i contendenti.

Squero con gondola.jpgSquero di S. Trovaso.jpgQui esiste l’ultimo, suggestivo e storico squero di Venezia, in località San Trovaso, dove ancora si costruiscono le gondole con i materiali, l’arte e la maestria dei vecchi maestri d’ascia Veneziani.

dorsoduro-piscina-venier-T.jpgPiscina S. Agnese a Dorsoduro.jpgNei secoli passati in questa zona, come in altri sestieri di Venezia, esistevano dei laghetti o degli stagni chiamati piscine, dove gli abitanti facevano il bagno o lavavano i panni, in seguito questi vennero interrati, ma rimasero i nomi, come Piscina Venier o Piscina S. Agnese

Chiovere%20di%20San%20Rocco.jpgLe tracce dei tintori di lana o di tessuti si possono ritrovare nelle “chiovere” che erano dei campi dove venivano stese le stoffe appena tinte ad asciugare, e a Palazzo Palazzo Gaffaro con pietre forate.jpgPalazzo Gaffaro 1.jpgGaffaro in fondamenta Gaffaro appaiono sulla facciata delle pietre d’Istria forate e fatte ad anello, in cui, si dice, venivano inseriti dei pali dove si appendeva la lana filata e tinta.

Naturalmente ogni Palazzo, Chiesa o elemento di cui ho parlato meritano di essere trattati singolarmente, ma un’immagine d’insieme di una piccola parte di Venezia, che è una piccola ma splendida “bomboniera”, che racchiude in un limitato  territtorio arte, storia dell’artigianato, mestieri, cultura,e storia, per la gioia di noi veneziani e di chi veneziano lo è nell’animo e nell’amore che porta verso questa città, patrimonio del mondo!

Ott 6, 2010 - Esoterismo, Leggende, Misteri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La leggenda dell’usuraio e la sua anima fiammeggiante a Venezia

La leggenda dell’usuraio e la sua anima fiammeggiante a Venezia

Fondamenta Antonio Canal.jpgUna piccola storia,ma che fa parte delle leggende di Venezia: Bartolomeo Zenni era un vecchio usuraio che viveva in fondamenta Canal a Cannaregio. La notte del 13 Maggio 1437, durante un furioso incendio (uno dei tanti che tormentò Venezia) egli cercò di salvarsi, recando con sè una pesante borsa carica d’oro e gioielli: tutti gli averi che l’usuraio si era procurato lucrando sulle persone in necessità.

Tutta la zona era in fermento, e Bartolomeo venne chiamato in aiuto dai vicini per salvare i propri figli, ma invece di accorrere in soccorso dei bambini preferì cercare di mettere in salvo i suoi averi.

Ma il sacco era talmente pesante che non riusciva a sollevarlo, e fu costretto a trascinarlo fino al vicino Canale, per salvarsi dalle fiamme: ma il sacco cadde in acqua e con esso lo stesso Zenni: entrambi scomparsero nelle acque.

Dopo qualche giorno i superstiti videro l’usuraio che trascinava il suo prezioso e pesantissimo carico : egli repirava a malapena e chiedeva a chiunque di dargli una mano per portare con lui l’oneroso fardello: alcuni lo evitarono, altri si allontanarono, e solo quelli che pensarono di dargli comunque, per pietà e carità, una mano, fuggirono alla vista  di quel corpo che mentre camminava bruciava.

Campo dell'Abazia.jpgCampo S. Fosca.jpgChiesa di Santa Fosca.jpgSi narra che l’anima di Bartolomeo Zenni finirà di bruciare e sarà liberata soltanto quando qualcuno lo aiuterà a portare il sacco pieno dei suoi preziosi, sul percorso che va dal Campo dell’Abazia alla Chiesa di S. Fosca, per donare tutti i suoi averi ai poveri!

Chiunque di notte si trovi a passeggiare in quella zona, e incontri un’anima disperata e in preda alla fiamme potrà capire e decidere se porre fine a quel tormento, o lasciare per secoli che lo Zenni paghi la sua colpa!