Tagged with " venezia nascosta"
Lug 4, 2009 - Leggende, Luoghi, Misteri    Commenti disabilitati su Le fiaccole che illuminano la Giustizia a Venezia ovvero il Fornaretto di Venezia

Le fiaccole che illuminano la Giustizia a Venezia ovvero il Fornaretto di Venezia

calle della Verona.jpgCalle della Mandola rist.jpgSi chiamava Pietro Faccioli  ed era soprannominato ” Fasiol”(fagiolo) , lavorava nella bottega di fornaio del padre in calle della Mandola civ. 3726-27.(ora vi troverete un ristorante pizzeria).Un giorno di marzo del 1507 “Fasiol”, scendendo i gradini del Ponte dei Assassini, allora di legno ed ora non più esistente visto che il Rio è stato interrato,( Rio Terà dei Assassini) trovò un pugnale con l’impugnatura d’argento ed il fodero ricoperto da pietre preziose incastonate.

Pietro fece vedere il pugnale alla fidanzata Annella, che era da anni al servizio della nobile famiglia Barbo che nei secoli successivi divenne famiglia Balbi: la fidanzata si spaventò e lo spinse a rimettere il pugnale li dove lo aveva trovato, e così lui fece.

All’alba successiva il fornaio stava tornando a casa quando tra la Calle Verona ed il Ponte, ora non più esistente , rio terà as.jpgrio terà dei assassini.jpgscorse un corpo steso a terra: il fornaio pensò si trattasse di un ubriaco, ma quando si chinò, girandolo per accertarsi della situazione e macchiandosi così di sangue, si accorse che si trattava del corpo di un uomo assassinato.

Guardando meglio la vittima si accorse che si trattava di Alvise Guoro, giovane cugino e frequentatore assiduo di Clemenza, moglie di Lorenzo Barbo e padrona di Annella, sua fidanzata.

Il garzone, spaventato, fuggì con le vesti macchiate di sangue, e quando si seppe che c’era stato un assassinio in città tutti dissero che avevano visto il povero Pietro fuggire tutto sporco di sangue, e che l’assassino di sicuro doveva essere stato lui.

i piombi tortura 2.jpgLe guardie della Quarantia Criminal presero il giovane Pietro e lo trasportarono ai Piombi.
Quarantia Criminal a Venezia.jpgNessuno credeva all’innocenza del povero fornaio, tantomeno Lorenzo Barbo, membro del Consiglio dei Dieci, che divenne quarantia-criminal.pnganzi il suo inquisitore più accanito e spietato.

tortura ai piombi.jpgLo sfortunato giovane venne torturato e la macchina della Giustizia si mise inesorabilmente in moto, tanto più che il giovane, non resistendo alla tortura ammise fatti e colpe mai Consiglio dei dieci 1.jpgcommessi, pur di trovare un pò di tregua da tante sofferenze.

Gli inquisitori, all’ammissione del fornaretto decretarono la sua condanna a morte per decapitazione.

L’esecuzione avvenne la mattina del 22 marzo , tra le due colonne di San Todaro e di S. Marco. Subito dopo la sua decapitazione, dalla Calle de Verona arrivò trafelato un servo dei Barbo che correva a gambe levate per fermare l’esecuzione, e gridava:” Il fornaretto è innocente, Messer Barbo lo ha confessato alla moglie di un parente del colonne di Marco e Todaro.jpgGuoro ed è stato lui ad ammettere di aver commesso l’omicidio divorato dalla gelosia”.

Simbolo di Leonardo Loredan.jpgLa voce del servo che gridava l’innocenza di Pietro si diffuse in tutta Venezia. Il giorno dopo il Doge, Leonardo Loredan,  convocò il Consiglio dei Dieci e tutta la Magistratura Veneziana, lanciando un monito contro le sentenze di interesse, che verrà ripetuto fino alla fine della Serenissima, e che farà riflettere gli incaricati prima di emettere una sentenza, ripetendo per tre volte la frase:” Ricordeve del povero fornareto! “e si decise di mettere due fiaccole da accendere di notte e spegnere di giorno all’esterno della Basilica di San Marco di fronte alle due colonne, in ricordo ed in memoria del povero doge Leonardo Loredan.jpgPietro Fasiol, chiamato Fornareto.

fiaccole accese di notte.jpgDi questa vicenda esiste una documentazione storica, unico caso d’allora di Giustizia imperdonabile ed affrettata. E le fiaccole continuano ad illuminare la notte della piazza a fiaccole spente.jpgricordo di un’errore giudiziario ,(basta guardare la Basilica dalla parte del bacino, di San Marco, monito per sè stessa e per chiunque a Venezia arrivasse) ! questa era La Serenissima, che sapeva imparare dai propri errori e cercare di ricordarli nel tempo per non ripeterli mai più!

 

 

 

Giu 27, 2009 - Misteri, Templari e Rosa Croce    Commenti disabilitati su I Rosacroce a Venezia: Realtà o Leggenda?

I Rosacroce a Venezia: Realtà o Leggenda?

I 4 Mori.jpgVenezia, la porta della via della seta e delle spezie coltivava moltissimo i rapporti con l’Islam. Fin dall’828 vi fu uno stretto scambio di informazioni culturali, d’arte e mercato di oggetti pregiati.

 Vi sono numerose tracce di questi rapporti, che coinvolgevano naturalmente anche le scienze e le arti cosidette magiche, giacchè l’Islam ereditava le antiche pratiche “magiche” degli antichi egizi e dei popoli che li avevano preceduti su questi sentieri: basta guardare i 4 Mori a lato della Porta della Carta, a Palazzo Ducale, in cui sono raffigurati Diocleziano, Malerio, Massimiliano e Costanzo, e leggere sotto, alla base, un cartiglio con la scritta in veneziano arcaico: Uomo faccia e dica pure ciò che gli possa e  veda ciò che può capitargli. Interessante è anche il quadrante dell’ orologio della Torre, con i simboli dello zodiaco.

Certo è che, come racconta una leggenda un saggio gnostico alessandrino, Ormus, nell’anno 46 d.c.  si convertì al Cristianesimo assieme a suoi sei discepoli per opera di S. Marco, divenuto poi  il Santo Protettore della Serenissima, fondando una religione  cristiana  in cui  confluivano anche  i misteri egiziani:   religione che rimase nascosta ai più fino all’anno 1407, quando un pellegrino Tedesco, Christian Rosenkreuz (1378-1484) tornato  in Germania dopo un suo pellegrinaggio in Terrasanta, dove avrebbe chymhoch.jpgstudiato occultismo, fondò nel 1407 l’ordine cosidetto dei Rosacroce.

Secondo altre voci il RosenKreuz non era il fondatore , ma solo l’ultimo gran maestro di quella religione segreta e legata all’esoterismo fondata appunto da Ormus. Personaggi famosi a cui venne attribuita l’appartenenza all’ordine vi furono Leonardo da Vinci (1452-1519), Paracelso ( 1493 -1541 ) Nostradamus (1503 -1566) , Giordano Bruno ( 1548-1600), Galileo Galilei (1564 – 1642) Goethe e Mozart la cui opera Il Flauto Magico viene a volte interpretata come un’allusione appena velata ai riti iniziatici, ed almeno tre di questi adepti hanno soggiornato a Venezia, sebbene a pochi anni di differenza, ma frequentando i medesimi ambienti.

Il simbolo dell’ordine è una croce con al centro una sola rosa rossa. Esistono varie interpretazioni. una si riferisce all’evoluzione spirituale dell’uomo: la Croce ne rappresenta il corpo fisico e la rosa la personalità psichica e mentale in sviluppo, come la rosa che si apre lentamente alla luce.

Riguardo i numeri la simbologia dei Rosacroce  fa riferimento   al 7, l’8. l’11 e il 13, o i multipli dell’11. Nell’alfabeto ebraico il numero 5 richiama la quinta lettera dell’alfabeto, il cui simbolo è una rosa ed una croce.

Il Doge traditore

ritratto coperto di Marin Faliero.jpgRitratto coperto di Marin Falier.jpgNella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale, tra i 76 ritratti dei dogi , ne appare uno su cui il Tintoretto dipinse un drappo nero ( a coprire il volto del Doge) ed una scritta: “Hic fuit locus Marini Faletri decapitati pro crimine proditionis”.

Il ritratto era appunto quello del Doge Marin Faliero (1285 – 17 Aprile 1355) che esercitò il Dogado dal 1354 e il 1355, unico giustiziato per alto tradimento e per cui la Serenissima attuò la ” Damnatio Memoriae” ( cancellando ogni traccia del traditore )

Marin Faliero 1.jpgMarin Faliero apparteneva ad una prestigiosa e ricchissima famiglia, e poteva annoverare tra i suoi antenati due dogi: Doge Falier Dodoni Vitale (1084 – 1098 ) ed il figlio di questi, il Doge Falier Dodoni Ordelof  (1102 – 1118). Quest’ultimo fu ucciso a Zara , sepolto a San Marco e definito ” Re dei Re” e correttore delle Leggi.
Vitale.jpgIn quel periodo nel regime dei Dogi vi era il concetto del potere assoluto, e questo concetto probabilmente formò le idee di Ordelof.jpgMarin Faliero.

Residenza di Marin Faliero, palazzo del 200.jpgPalazzo di Marin Falier.jpgAbitava in un Palazzo, bellissimo del duecento, ora sede di un Albergo
Aveva trent’anni quando ebbe l’incarico dalla Repubblica di uccidere Baiamonte Tiepolo, che nel 1310 aveva ordito una sua congiura.Fu un ottimo soldato e partecipò alla riconquista di Zara che si era ribellata nel 1345, fu membro del Consiglio dei Savi, quindi Governatore a Negroponte.

 

Aluica Gradenico.jpgSposò Aluica Gradenico, bellissima e molto giovane figlia di una famiglia nobile, così giovane che alcuni patrizi, tra cui il futuro Doge Michele Steno si permisero di scrivere soldo con Michele Steno.jpgvestito da dogaressa.jpgapprezzamenti offensivi sulle mura del Palazzo.Alla morte di Andrea Dandolo Marin Faliero venne eletto al primo scrutinio, l’11 settembre 1354, mentre si trovava ad Avignore come ambasciatore presso il Papa Innocenzo VI .

colonne Marco e Todaro.jpgBucintoro in un'antica stampa.jpgArrivò a Venezia in Bucintoro, come voleva la tradizione il 5 ottobre 1354. La barca dovette attraccare al centro del molo, nella piazzetta, ed il Corteo Dogale dovette passare tra le colonne di Marco e Todaro, luogo preposto per le esecuzioni delle condanne a morte; questo fatto venne considerato “estremamente di cattivo augurio”

Quello fu per Venezia un anno molto delicato: la guerra contro Genova, la guerra persa precedentemente contro i Veronesi e la peste avevano creato gravi difficoltà economiche e commerciali nella Serenissima, allora nella mente di Marin Faliero, ancora offeso per le disonorevoli scritte di Michele Steno nei riguardi della moglie, scattò l’idea di una congiura Marin Faliero 3.jpgper assicurare il dominio della sua famiglia contro l’intera Aristocrazia che dominava la città.

Si rivolse perciò a chi, pur essendo ricco ma avendo  umili natali non poteva aspirare all’impegno politico, tra cui l’armatore Bertuccio Israello,  tagliapietra(membro della loggia massonica) e ricco proprietario di barconi Filippo Calendario, e Bertrando Bergamasco, ricchissimo pellicciaio.

La data dell’insurrezione venne fissata per il 15 aprile 1355; dovevano impadronirsi con le armi di Palazzo Ducale, uccidere i membri dei vari Consigli, quindi eliminare tutta l’aristocrazia, compresi i figli, sopprimere i membri del Consiglio dei Dieci e nominare infine il Doge ” Signore di Venezia”, con potere assoluto su tutti.

La congiura fallì per l’incauta confidenza fatta dal Bergamasco al Patrizio Nicolò Lion. I congiurati vennero arrestati e sottoposti a tortura: il 16 Aprile vennero giudicati, condannati e giustiziati.

cassa di Faliero.jpgDecapitazione di Marin Faliero.jpgIl 17 Aprile fu la volta di Marin Faliero: La sentenza venne eseguita nel Palazzo Ducale, li dove il Doge traditore aveva prestato giuramento di osservare ” la promissione”. Egli venne decapitato, ed il  Boia, ancora con la spada insanguinata in mano disse: “Vardè tuti! L’è stà fata giustizia del traditor!.”

Il corpo rimase esposto su di una stuoia, con la testa accanto per un giorno, quindi la sera del 18 aprile venne caricato su una gondola e portato al luogo di sepoltura costituito da un cassone in pietra che fu messo dapprima in una cappella nella chiesa di SS. Giovanni e Paolo, quindi, svuotato e senza alcuna iscrizione od ornamento il cassone fu usato come serbatorio d’acqua all’Ospedale Civile, quindi venne collocato nella Loggia esterna dell’antica sede del Museo Correr.

IL 16 Aprile divenne, per decreto del Consiglio dei Dieci, festa nazionale, così come la celebrazione del fallimento della congiura di Baiamonte tiepolo, per ricordare i pericoli che aveva corso la Serenissima , traendone così giusto monito.

 

 

Giu 13, 2009 - Cucina venexiana    4 Comments

Venezia: Naufragio goloso

fegatyo alla veneziana 1.jpgpolenta bianca.jpgGli scambi commerciali di Venezia hanno dato alla cucina veneziana un’impronta completamente nuova; spezie, sapori agrodolci, il contatto con il mais, denominato “granturco”.

Le pietanze più famose, nella cucina veneziana, sono legate a scoperte, momenti diversi, opportunità, volontà, visti i lunghi periodi passati in navigazione e la necessità di conservare al meglio le derrate che venivano portate nelle navi per sopperire ai bisogni alimentari dei membri dell’equipaggio.

Baccalà mantecato con pilenta.jpgNel 1700 si ebbe l’apice dello splendore della cucina veneziana, una sorta di cultura molto particolare che si Baccalà da mantecare.jpgBaccalà Mantecato 1.jpgriflette ancor oggi sulla vita dei suoi abitanti che in certi ambienti riescono ancora a polenta biuanca.jpgfar rivivere antichi fasti ,. così per la cucina che nelle mense dei ricchi conserva una spettacolarità ed un’opulenza di altri tempi.

Ed ecco che il granturco, macinato e diventato farina da polenta, diventa un indispensabile
elemento della cucina veneziana: ecco a voi la polenta!!

polenta er osei 1.jpgpole4nta e osei.jpgEd è l’accompagnamento principe degli “osei” e del ” baccalà mantecato”, delizia dei palati dei veneziani, ma anche di qualche turista che voglia assaggiare questa deliziosa pietanza.

polenta gialla.jpgfegato alal veneziana.jpgE questa pietanza nei banchetti fa parte dei “piatti di mezzo”, con cui condivide il gradimento rispetto al “fegato alla veneziana” piatto eseguito con cipolla, fegato, e che è diventato un classico della cucina tradizionale italiana.

Il baccalà ( stoccafisso ma chiamato così dai veneziani) raggiunge a Venezia vette di perfezione, visto che è arrivato in iSOLE Lofoten.jpgquesta città del tutto inaspettatamente: dal naufragio di una nave veneziana agli ordini di Pietro Querini che avvenne Isole Lofoten 1.jpgnel 1432 sull’isola di Rost, a sud delle isole Lofote in Norvegia.

Qui, l’equipaggio superstite trovò un villaggio di persone tranquille, libere, che vivevano nude e senza problemi. Videro come venivano conservati i merluzzi, cioè essiccati al sole, all’aria, e provarono questi pesci. La scoperta fu sensazionale.

Merluzzi.jpgStoccafiusso delle Lofoten.jpgArcipelago Lofoten.jpgDal loro ritorno in patria si cercarono i sistemi più giusti per cuocere questa specialità:
Soprannominato “bertagnin” lo stoccafisso trovò a Venezia la giusta ricetta per essere consumato: il baccalà mantecato.

baccaloà mantecatop 1.jpgBaccalà Mantecato.jpgPrepararlo è una faccenda lunga: dopo essere stato scottato in acqua bollente, spellato e diliscato , il merluzzo viene sminuzzato  in scaglie che vanno sbattute con un mestolo di legno, aggiungendo via, via olio d’oliva a filo: ed ecco montare la spuma di baccalà, bianca e delicata, che diventa sempre più morbida e saporita; naturalmente accompagnata da aglio e da prezzemolo: la crema che ne nasce è fantastica: saporita, giustamente pepata ; il suo accompagnamento naturale è la polenta, che a Venezia è quella bianca, più sottile e delicata, da servire tenera, quasi cremosa:  e qui si raggiunge la perfezione.”!

Ma anche il pesce della laguna diventa una specialità saporita, fantastica, giusta da assaporare quando si viene a Venezia: ad esempio il brodeto è una delle specialità veneziane, fatto con diversi tipi di pesce, ma sempre delicato e delizioso.

Moeche 4.jpgUna delle preferenze dei veneziani è la “moleca”, cioè il granchio in periodo di muta, che fritto, è una vera delizia, poi c’è il sapore delicato delle “grancevole”, ma la vetta più alta si tocca con il “saor”. Il popolo lagunare ha inventato Moeche.jpgMoeche 1.jpgMoeche e schie.jpgMoeche fritte.jpgquesta salsa più che altro per conservare il pesce durante i lunghi viaggi in mare: le sardine vengono pulite e fritte, quindi si prepara il “saor” con le cipolle stufate, aceto, pinoli, uvetta fatta rinvenire nel vino, e predisposta in strati: sarde, salsa, sarde, ecc.

fegatyo alla veneziana 1.jpgSarde in saor.jpgsaor.jpgPer quanto riguarda la carne è famoso il fegato alla veneziana: 500 grammi di fegato di vitella tagliato a listerelle, cinquecento grammi di cipolle affettate sottili, olio d’oliva, vino bianco una noce di burro , brodo di carne, sale e pepe: per la preparazione si fa stufare la cipolla nel burro e nell’olio, si unisce il fegato e listerelle, si unisce il vino che viene fatto evaporare, sale e pepe, e poi cinque minuti (non di piu).

Questa volta è la polenta gialla che accompagna il piatto, una polentina gentile, molto tenera.

baixcoli 3.jpgbaicoli 2.jpggolosessi.jpgSe volete anche il dolce, ecco qui i baicoli, i “golosessi” ( spiedini di fichi ed albicocche, albicocche seccate e noci caramellate) e tutta la pasticceria di derivazione austriaca, oltre a focacce e cotognate.

Cosa desiderare di più?

 

 

 

Giu 3, 2009 - Luoghi, Società veneziana    2 Comments

Venezia e gli Assassini nascosti nel buio

Calle degli Assassini.jpgRio Terà dei Assassini.jpgVi sono a Venezia un Rio Terà (rio interrato) ed una Calle denominati ” degli Assassini”. Si trovano a San Marco, non molto distanti da Campo S. Angelo. L’antichissima denominazione è dovuta ai frequenti omicidi che vi si verificavano, specialmente di notte, col favore delle tenebre,

Rio Terà dei Assassini 1.jpgNel 1128 il Maggior Consiglio emise un decreto che vietava l’uso delle “barbe alla greca”, ossia barbe posticce. La gente di malaffare usava infatti travestirsi e mascherare i propri lineamenti.

La Repubblica di Venezia era preoccupata per la costante frequenza con cui avvenivano agguati e delitti. Per questo motivo nello stesso anno il fanale.jpgGoverno Veneziano ordinò che le calli venissero illuminate da “cesendeli” che erano piccole lanterne cilindriche a telaio in lamina di ferro battuto, con il tettuccio conico.

L’incarico di accendere queste lanterne all’imbrunire di ogni giorno era delegato ai parroci delle varie zone in cui necessitava questo servizio. Nella parte superiore delle mensole che reggevano questi lumi venivano poste delle immagini sacre, nella speranza che alla loro vista i criminali si ravvedessero e non compissero atti feroci.

La Repubblica di Venezia sosteneva le spese delle lanterne e dei lumi. Nel 1450 il Senato ordinò che qualsiasi cittadino che camminasse per la città dopo le tre di notte doveva essere provvisto di un lume.

Le persone più ricche si facevano accompagnare da due servi di cui uno col lume che gli illuminava il cammino e l’altro gli guardava alle spalle.

Codega.jpgQuarantia Criminal a Venezia.jpgquarantia-criminal.pngCon un decreto della Quarantia Criminal (la nostra pubblica sicurezza) fu data la possibilità ad ogni cittadino di girare armato. Nacque così la “Codega” ( dal greco Guida): Erano persone che accompagnavano le persone alla sera ed alla notte illuminando loro la strada: in genere aspettavano in taverne ed osterie, guadagnandosi così di che vivere.

I Nobili invece avevano l’obbligo di farsi accompagnare dalla scorta del proprio Casato. Nel 1732 il Senato decretò sulla necessità di illuminare tutta la città tramite “ferali” ( fanali), ed a questo scopo tutti i cittadini che avevano antico fanale.jpgfanale veneziano.jpgFanali veneziani.jpgun reddito erano obbligati a pagare una tassa annuale, secondo il loro ceto.

I Frati Camaldolesi a Venezia: Frà Mauro e le sue visioni.

convento a San Michele.jpgfrate Camaldolese.jpg120px-Venezia_-_Chiesa_di_S_Michele_in_Isola.jpgNel 1212 i Vescovi di Torcello e di Olivolo concessero l’isola di San Michele ai frati Camaldolesi, i quali ampliarono una chiesa già esistente e nel 1300 questa venne nominata Abbazia dell’Isola di San Michele.

Qui crearono un importante centro di cultura che ospitava eminenti studiosi di Teologia, libri di viaggi, lapidari, erbari e le cosmografie arabe e cinesi.

Il laboratorio divenne famoso comunque per via delle mappe che qui venivano realizzate, per la navigazione delle navi veneziane, ed altre venivano commissionate anche da sovrani stranieri, come il re del Portogallo Alfonso V. Il più stemma dei frati Camaldolesi.jpg120px-Canaletto%2C_San_Cristoforo%2C_San_Michele_and_Murano.jpg300px-FraMauroMap.jpgRe Alfonso V del Portogallo.jpgimportante di questi cartografi fu Frà Mauro,(nato a Murano e morto a Venezia nel 1460) di cui abbiamo già mostrato il famoso mappamondo. Egli era coadiuvato da Francesco di Cherso, monaco del Monastero, e dal notissimo cartografo Andrea Bianco.

Frà Mauro oltre che cartografo era anche cosmologo, e la sua geografia cercava di rispettare “le giuste proprozioni del mondo”. La Geografia dell’epoca poneva al centro del disco terrestre Gerusalemme, che rimane comunque il centro di ideale, ma per lui la densità di popolazione era  inversamente proporzionale: l’Occidente, più piccolo ma più abitato, e l’Oriente più grande, ma meno abitato.

cartografia di Frà Mauro.jpgancora cartografia di Frà Mauro.jpgIn questo modo il bacino del Mediterrano veniva spostato verso ovest dalla gran Massa Asiatica, e verso nord (anche se leggermente) dall’altrettanto vasta massa africana, che apparve finalmente circondata dall’acqua per cui circumnavigabile. Il frate quindi affermò: ” sensa alguna dubitation se può affermar che questa parte austral e de garbin sia navigabile e che quel mar indian sia oceano e non stagnon, e così afermano tuti queli che navegano quel mar e che habitano quele insule.

navigatore.jpgmissione sulla luna.jpgcratere dedicato a frà Mauro sulla luna.jpgLa cronaca narra che le coordinate per tracciare i percorsi del mappamondo venissero ricavate dalle informazioni che il frate raccoglieva dai navigatori veneziani.
masppa di Frà Mauro per Alfonso V.jpgUn leggenda popolare racconta che Fra Mauro realizzasse le sue mappe cartografiche sotto l’influsso di alcune visioni nei sogni notturni. Egli venne nominato” geographus incomparabilis ” dai membri del Consiglio, ed a lui è dedicato anche un cratere sulla luna che è stato uno degli obiettivi della spedizione Apollo 14.

Papa gregorio XVI.jpgmappa di Frà Mauro 1.jpgLe preziose mappe vennero conservate nell’Abbazia fino al 1811, poi vennero trasferite nelle Sale della Biblioteca Marciana, dove possono essere viste ed ammirate.

L’Abbazia ospitò anche Frà Bartolomeo Alberto Cappellari , (nato a Belluno nel 1765 e morto nel 1846), figlio di un fornaio, grande teologo, che entrò in convento col nome di Frà Mauro, e divenne noto poi per essere diventato Papa Gregorio XVI°, dopo essere stato Abate Generale dell’Ordine.

Nel 1807, con la caduta della Serenissima i frati abbandonarono l’isola per trasferirsi a San Gregorio di Celso a Roma, portando con sè tutti gli archivi e la preziosa biblioteca compiosta da 180 mila volumi e 36 mila codici manoscritti.

Silvio Pellico.jpgPietro Maroncelli.jpgNel 1815, con l’invasione austriaca, un convento divenne un carcere politico: qui vennero reclusi Pietro Maroncelli e Silvio Pellico, prima di finire ai Piombi.

Nel 1829 arrivarono i Padri Riformati che si presero cura, e continuano a farlo, del convento e dell’Abbazia.

immagine del cimitero.jpgCimitero.jpgcimitero monumentale.jpgVedremo in seguito come quest’isola, unita a quella di San Cristoforo della Pace divenne il Cimitero di Venezia, cimitero monumentale dove sono sepolti anche diversi personaggi della storia e dell’arte.

Mag 22, 2009 - Luoghi, Tradizioni    2 Comments

Venezia e la pesca dell’oro in Canal di Cannaregio

Palazzo Labia.jpgPalazzo Labia a San Geremia.jpgPalazzo Labia esterno.jpgPalazzo Labia, ora sede della Rai del Veneto, a cinque minuti dalla Stazione di Santa Lucia, possiede due facciate: la prima sul Campo S. Geremia (vicino all’omonima chiesa) , e l’altra rivolta verso il Canal di Cannaregio, una delle più importanti vie d’acqua della Repubblica, seconda solo al Canal Grande.

Qui il famoso pittore Giovanbattista Tiepolo dipinse, nel Salone a lui ora dedicato, il celebre ciclo ispirato dalle vicende di Antonio e Cleopatra.

Proprietaria del Palazzo fu una famosa famiglia di origine spagnola, proveniente dalla Catalogna che  arrivò a Venezia nel XVI secolo, stabilendosi definitivamente ed entrando relativamente tardi a far parte delle Palazzo Labia interno.jpgPalazzo Labia interno 3.jpgPalazzo Labia stampa.jpgCanale di Cannaregio 3.jpgfamiglie Patrizie Veneziane, ma,  forse proprio per questo motivo, dimostrandosi una delle esponenti più ricche e sfarzose della nobiltà della Serenissima.

La voce di popolo del 1700 narra che i Signori Labia organizzassero spesso sontuosi banchetti, con molti invitati e  famosi per lo sfarzo e la ricchezza veramente memorabili.
Canal di Cannaregio.jpgEd in questi banchetti apparecchiassero le ricche  tavole con vasellame e posate fatte d’oro fine, stoviglie che alla fine del pasto il padrone  di casa, per divertire gli ospiti cominciava a gettare nel Canal Regio, incitandoli  a fare il medesimo gesto.

Ma alla fine della baldoria, quando tutti gli invitati se ne erano andati, gli stessi proprietari ordinavano ai servitori di gettarsi in acqua per riprenderli almeno in parte .
rete da pesca.jpgposate d'oro.jpgoggetti d'oro 3.jpgvasellame d'oro.jpgoggetti d'oro 2.jpgoggetti d'oro 1.jpgTuttavia alcuni pezzi , gettati in canale dalla famiglia e dagli ospiti invitati a farlo al grido di “le abia o non le abia sarò sempre Labia ” non venivano  recuperati
 perchè i servitori se ne guardavano bene da tuffarsi nelle fredde acque, soprattutto in inverno, ed allora i Labia decisero di escogitare un sistema per lo meno geniale:  Specialmente nel periodo autunnale ed invernale nel Rio Regio di Canal Grande venivano stese delle reti da pesca, con cui una parte degli oggetti preziosi veniva comunque recuperata.

 

Apr 30, 2009 - Alchimia, Esoterismo, Personaggi    2 Comments

Il primo alchimista a Venezia

imagesCAZIL914.jpggualdigrande.gifL’alchimista più noto, addirittura leggendario appartenente ai Rosacroce, maestro di Cagliostro ed amico del Conte di Saint Germain, noto come Federico Gualdi, durante il suo soggiorno a Venezia (1650-1682) lasciò il suo segno.

Poliglotta, matematico, astronomo, nel 1662 progettò uno sbarramento mobile nella laguna.

Era considerato come possessore dell’elisir di lunga vita. Raggiunta l’età presunta di 200 o 600 anni, il suo aspetto era quello di un uomo di 40 anni, così come ne testimonierebbe  un ritratto dipinto da Tiziano.

Si attorniava da artisti, studiosi, matematici italiani, francesi e tedeschi, ed una cerchia di discepoli.

imagesCAFZMPNH.jpgIl più noto tra questi Francesco Marin Santinelli, facente parte della corte della regina Maria Cristina di Svezia, che pubblicò con lo pseudonimo di Fra Marcantornio Crossalane Chinese, la lux obnubliterata supte natura rifulgens /1664) tradotta in Francese con il tiolo” La lumiere sostant par soi-meme des tenebres “.

Il modello di questo scritto era la Phylosiophy Hermetic del Gualdi,

Gualdi fu considerato uno dei capi dei Rosacroce  d’oro (ordine fondato di Germania nel 1542) ed in conformità agli statuti dell’ordine si dedicava all’alchimia, alla creazione di spiriti familiari e homuncoli, alla fabbricazione di medicinali ed elisir.

imagesCAX3YE61.jpgimagesCAE4JJY1.jpgimagesCAJATY3Y.jpgimages.jpgimagesCA90TSXA.jpgOggetto d’indagine da parte del Santo Uffizio di Venezia (1676) che comunque non sfociò in un processo, fuggì e ricomparve in imagesCAA9SHUZ.jpgGermania nel 1716.

Apr 7, 2009 - Architettura, Luoghi    Commenti disabilitati su Stanze nascoste, passaggi segreti…dall’oro ai Piombi di Venezia

Stanze nascoste, passaggi segreti…dall’oro ai Piombi di Venezia

Itinerari-sala-della-cancel.jpgponte sospirir.jpgLe prigioni a Venezia risalgono all’XI secolo. Qui il Consiglio dei dieci raccoglieva i suoi prigionieri, dapprima nel corpo stesso del Palazzo, poi in uno separato collegato a Palazzo Ducale dal Ponte dei Sospiri.

mascherone per le denunce anonime.jpgChiunque poteva scrivere una denuncia anonima ed imbucarla nel mascherone, che vedete qui a fianco, ma prima che si desse corso alla denuncia vi erano una serie di condizioni particolari, tra cui testimoni oculari e prove, per cui questo non era certo il miglior ristema per battere un nemico o vendicarsi di qualche offesa.

Itinerari-ufficio-cancellie.jpgNel sottotetto di Palazzo Ducale vi sono stanze nascoste ai più, come la Stanza del Notaio dove si celava l’Archivio segreto dei più importanti atti della Repubblica, l’Ufficio del Cancelliere Grande, dotato di grandi poteri, l’unico magistrato eletto direttamente dal Maggior Consiglio, e le Sale della Cancelleria Segreta, con gli armadi che conservavano gli atti pubblici e le scritture segrete decorati con gli stemmi ed i nomi dei vari cancellieri.

Sala dell'inquisizione.jpgSala degli Inquisitori.jpgtortura%20small.jpgtormento.jpgLa Camera della Tortura, conosciuta come Camera Sala del Consiglio dei Dieci.jpgItinerari-sottotetto-maggio.jpgdel Tormento, che era  collegata attraverso i corridoi del sottotetto direttamente ai piombi, poi, a piano terra la Stanza degli Inquisitori, il cui soffitto è decorato da opere del Tintoretto. Infine la Stanza dei tre Capi da cui, attraverso un passaggio segreto occultato da un finto armadio in legno si arriva direttamente alla Sala del Consiglio dei Dieci.

piombi 1.jpginterno piombi.jpgi piombi.jpgpiombi.jpgLe prigioni erano ripartite nei pozzi, ubicati al pianterreno,  celle umide e malsane,destinate per lo più ai prigionieri comuni, e camerotti, o piombi, posti sotto il tetto coperto da lastre di piombo, da cui il nome, in cui venivano segregati i nobili ed i statua di Daniele Manin.jpgclerici.

Nicolà Tommaseo.jpgNicolò Tommaseo.jpgDaniele Manin.jpgSilvio Pellico.jpgGiordano Bruno.jpgpiombi 2.jpgDa qui passarono Giordano Bruno, Silvio Pellico, Daniele Manin, Nicolò Tommaseo e Giacomo Casanova, che rese famose queste prigioni narrando della sua fuga nelle sue “memorie”, e principalmente nella”Mia fuga dai Piombi” avvenuta nel 1756.

La narrazione di Casanova descrive l’organizzazione carceraria del tempo: i detenuti godevano di assistenza medica, potevano farsi portare i pasti da fuori o ordinarli ai carcerieri, usufruivano di una casanova.jpgfuga.jpgfuga di Casanova.jpgfuga dai piombi.jpgimagesCA43I5ZX.jpgassegnazione in denaro per le  commissioni utili per soddisfare le piccole necessità, che venivano eseguite sempre dai carcerieri, con l’obbligo di specificare le spese.

Potevano inoltre farsi portare mobili e suppellettili, e le pulizie delle celle venivano eseguite giornalmente. Potevano godere inoltre di piccole passeggiate fuori dalla cella stessa, ma restando sempre nel sottotetto.

IL prigioniero passava quindi da stanze opulente e riccamente decorate, gettando un ultimo sguardo alla passaggio dentro al ponte dei sospiri.jpglaguna ed alla libertà, per inoltrarsi in un mondo malsano, umido, spaventoso.

 

 

Feb 23, 2009 - Architettura, Leggende, Luoghi    Commenti disabilitati su particolari…tà di Venezia

particolari…tà di Venezia

Ci sono degli elementi architettonici di Venezia che sono propri tipicamente di questa città e di questo scenario.

camini.jpgcamino veneziano.jpgcamini veneziani incisione.jpgGuardando in alto ecco che si possono vedere i tipici camini, qui infatti il termine camino si riferisce alla parte in muratura posta sopra il tetto, fatta per far uscire i fumi dalla casa.

Il problema più grande per i veneziani era infatti quello di far uscire il fumo senza però far entrare l’umidità, specialmente della nebbia, e la salsedine.

imagesCAMQULZF.jpgimagesCAC3VRO2.jpgimagesCAC75L1C.jpgSi deve tenere poi conto della conformazione di Venezia costituita su 116 isole circondate da 176 rii, con le abitazioni vicinissime le une alle altre e di differente altezza.

Ecco quindi l’esigenza di un marchingegno per estrarre il fumo dall’abitazione ma che doveva anche abbattere le scintille che a volte erano causa di furiosi incendi, (anticamente i tetti delle case erano ricoperti di paglia), e favorire inoltre la circolazione forzata dell’aria all’interno dell’abitazione.

Il suo funzionamento quindi si basava e si basa tutt’ora sull’accorgimento di mettere una tettoietta sulla parte superiore della canna fumaria, in modo da non far entrare la pioggia, e visto che per principio fisico l’aria calda sale, il fumo convogliato nella canna fumaria veniva spinto attraverso buchi laterali di questa canna, e convogliata allo schermo che ne circondava la parte terminale ad uscire superiormente. La forma di questo schermo determinava la forma del camino.

altana.jpgimagesCA6NQ0NF.jpgimagesCA1LTCJP.jpgOcchi sempre per aria, a continuare a guardare i tetti di queste case e palazzi: sopra un’altra sorpresa: piattaforme – terrazze fatte di legno e sostenute da pali, spesso decorate con piante, vasi colorati, fiori: sono le altane, di sapore piacevolmente orientale, osservatori straordinari sulla città

imagesCAAU8UY9.jpgimagesCA8PFNFI.jpgSalendo le scale di una casa veneziana, generalmente buie, si arriva ad una botola, basta aprirla ed ecco che il sole avvolge il fortunato che può affacciarsi a questa “terrazza”, illuminato da questa luce che a Venezia è molto particolare, luce da pittori, luce d’acqua, bagliori iridescenti, e la visuale….da togliere il fiato.

Poi ci si rituffa nelle strade di questa città, chiamate calli: ce ne sono di tutti i tipi, sghembe, larghe, strette, strettissime, tanto che per poter passare bisogna mettersi di lato, ed infine i sotoporteghi, che sono imagesCABZGQCM.jpgimagesCAYONNUB.jpgpassaggi sotto le case, e vanno di calle in calle, o in campiello, in campo, in corte.

imagesCAS2EPOG.jpgIl più famoso a Venezia è forse quello più basso, si trova alla Bragora, nel sestiere di Castello e sulla sua volta è incastonato un cuore di pietra:  a questo è legata una tenera storia, simile a molte altre che si raccontano nelle città di mare

Nella casa sopra il sotoportego viveva un pescatore, Orio. Come ogni sera uscì con la sua barca verso le bocche di Malamocco per gettare le sue reti..arrivato che fu nella zona di pesca il giovanè udì un lamento, ed una soave voce femminile che implorava aiuto.

calle stretta a _V.jpgCalle%20Stretta.jpgSpaventato il giovane  chiese se era una strega caduta in mare, ma all’improvviso dalle onde sorsero due mani e poi un viso incantevole di fanciulla: allora il giovane spostò la rete, ed una splendida coda di sirena si mosse, finalmente libera: la Sirena disse di chiamarsi Melusina.

I due giovani si innamorarono immediatamente l’uno dell’altra, e stabilirono di rivedersi ogni sera, tranne il sabato, per volere di Melusina. Passarono le settimane ed Orio non poteva fare a meno di vedere la sua bella innamorata. Era tanto innamorato che, nonostante il divieto della sirena, il quarto sabato andò, ma non vide la fanciulla. Rimase li in attesa finno a quando lo sciabordio dell’acqua attrasse la sua attenzione, e vide allora una serpe marina. Spaventato si ritrasse, ma la serpe gli parlò con la voce di Melusina e gli raccontò di essere vittima di un maleficio, per cui ogni sabato lei si trasformava in serpente.

imagesCA3AJR1J.jpgPoco dopo i due giovani si sposarono ed ebbero tre figli. La loro vita scorreva felice ed armoniosa, ma un giorno Melusina si ammalò e morì.

Disperato Orio la seppellì in mare, e continuò la sua vita di marinaio.

Ma ogni volta che tornava  trovava la casa in ordine, i figli accuditi, sembrava un miracolo.

Un sabato rientrò prima del solito e vide al centro della cucina una serpe..spaventato prese un’ascia e la uccise.

SOTT.2.jpgimagesCA695J8P.jpgPassarono i giorni e Orio si accorse che la sua casa non era più accudita, così come i suoi tre figli, ed allora si accorse, con orrore, di aver definitivamente ucciso Melusina.

sottoportego alla bragora con il cuore.jpgPer ricordare questa dolce e tragica vicenda un cuore di pietra venne incastrato li dove c’era la casa dei due sfortunati sposi.